XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 23 settembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 275  BRESSA, C. 1059  FRACCARO, C. 1832  CIVATI E C. 1969  TINAGLI: DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CONFLITTI DI INTERESSI

Audizione di esperti.
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 2 
Toffoletto Alberto , professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Milano ... 2 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 5 
Bertoli Paolo , Professore ordinario di economia aziendale presso l'Università di Pisa ... 5 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 6 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 6 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 7 
Bertoli Paolo , Professore ordinario di economia aziendale presso l'Università di Pisa ... 7 
Toffoletto Alberto , Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano ... 7 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 9 
Toffoletto Alberto , Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano ... 9 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 9 
Toffoletto Alberto , Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano ... 9 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 9 
Toffoletto Alberto , Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano ... 10 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 10 
Toffoletto Alberto , Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano ... 10 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 10 
Toffoletto Alberto , Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano ... 10 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 10 
Toffoletto Alberto , Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano ... 10 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 10 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 11 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 11 
Bertoli Paolo , Professore ordinario di economia aziendale presso l'Università di Pisa ... 11 
Toffoletto Alberto , Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano ... 11 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 11 
Fabbri Marilena (PD)  ... 12 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 12 
Fabbri Marilena (PD)  ... 12 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 12 
Fabbri Marilena (PD)  ... 12 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  La seduta comincia alle 10.50

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di esperti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata in relazione all'esame delle proposte di legge C. 275 Bressa, C. 1059 Fraccaro, C. 1832 Civati e C. 1969 Tinagli recanti disposizioni in materia di conflitti di interessi, l'audizione di esperti.
  Saluto e ringrazio per la loro disponibilità il professor Paolo Bertoli, professore ordinario di economia aziendale presso l'Università di Pisa, e il professor Alberto Toffoletto, professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Milano.
  Ringrazio anche per la sua presenza il sottosegretario Scalfarotto.
  Do ora la parola ai nostri ospiti affinché svolgano la loro relazione.

  ALBERTO TOFFOLETTO, professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Milano. Vi ringrazio molto per avermi invitato. Partecipo volentieri e spero di poter dare qualche utile indicazione.
  Io sono professore di diritto commerciale e quindi farò valutazioni dei testi che ho ricevuto ed esaminato nell'ambito delle mie conoscenze. Quello che avrei in mente di fare, molto velocemente, è segnalare alcuni spunti di lettura. I profili che ho immaginato di analizzare sono quelli portanti di questi progetti di legge, che vanno tutti nella stessa direzione e il cui intento molto chiaro è quello di rafforzare il sistema dei presidi per tutelare l'interesse pubblico rispetto all'attività e all'operatività dei soggetti chiamati a svolgere funzioni pubbliche.
  Da questo punto di vista, la mia prima osservazione riguarda l'ambito soggettivo. Le proposte di legge, come sapete, non sono perfettamente allineate. Alcune sono più ampie e altre sono più ristrette. Quello che mi sento di dire è che in altri ordinamenti, per mia conoscenza, il profilo della trasparenza è molto più diffuso. Credo che questo aspetto sia da valutare con la massima attenzione. L'interesse alla trasparenza dovrebbe essere una reale priorità. Si possono diversificare gli strumenti di intervento successivi, ma la trasparenza dovrebbe coinvolgere un livello di funzionari molto più ampio di quello di cui si occupano, allo stato, i diversi progetti.
  Non è detto che questo allargamento debba essere disciplinato nella stessa legge, ma il concetto è che l'ambito soggettivo, per quanto riguarda l'obbligo di dichiarazione – come viene definito in tutti i progetti –, a mio modo di vedere dovrebbe essere molto più ampio.
  Per quanto riguarda l'oggetto dell'obbligo di dichiarazione, vorrei fare un'osservazione tecnica che però credo sia importante. Tre progetti di legge sono orientati verso lo strumento dell'elenco tassativo, Pag. 3mentre uno contiene una clausola generale di dichiarazione dell'utilità. A mio modo di vedere, per costruire un sistema realmente catch all che eviti possibili «buchi» o impedisca che l'innovazione degli strumenti finanziari resti fuori dal novero di quelli indicati occorrerebbe mettere insieme tutte e due le tecniche, sia la clausola generale con l'obbligo di dichiarare tutte le attività e tutte le utilità sia un elenco esemplificativo che aiuti a capire che cosa non deve essere lasciato fuori, escludendo però che sia un elenco tassativo come quello che invece mi sembra contengano tre dei quattro progetti di legge.
  Per quanto riguarda l'obbligo di astensione, mi sembra che la migliore soluzione tra quelle presentate sia quella dell'automatismo. Mi pare che una sola proposta di legge condizioni l'astensione all'intervento dell'Autorità, ma credo che questo sia estremamente complesso da realizzare e metta l'Autorità in una situazione molto difficile. Inoltre, tutto il sistema sarebbe esposto al rischio della discrezionalità dell'Autorità, che una volta potrebbe decidere in un modo e una volta in un altro, entrambe le volte in maniera, almeno in apparenza, correttamente motivata senza possibilità di appello. Credo che sarebbe un errore. Il sistema non deve presentare aspetti discrezionali, deve bensì essere automatico.
  L'obbligo di astensione, quindi, dovrebbe intervenire per tutti coloro che si trovano in una posizione tale da rischiare di prendere provvedimenti che favoriscano il patrimonio o gli interessi propri o dei propri cari.
  So che c’è sempre un ambito di difficoltà interpretativa. Credo che la soluzione più utile sarebbe una trasparenza molto ampia al livello 1. Attraverso la trasparenza del livello 1, infatti, si capisce esattamente quando ci si può trovare in una posizione di conflitto reale o potenziale. L'obbligo di astensione, in questi casi, dovrebbe scattare in modo automatico.
  Per quanto riguarda le sanzioni per la violazione dell'obbligo di astensione, io credo che il discorso debba essere articolato. In uno dei progetti di legge è prevista la commisurazione della sanzione al vantaggio conseguito, il che ha una sua logica. Probabilmente servirebbero sia una sanzione fissa sia una sanzione proporzionale al vantaggio conseguito. Tale sanzione non potrebbe essere una frazione del vantaggio conseguito, ma un suo multiplo perché altrimenti rimarrebbe l'interesse e la convenienza a violare l'obbligo.
  Forse bisognerebbe ragionare in termini di decadenza dalla carica perché la violazione dell'obbligo di astensione è una violazione gravissima. Non si può violare un precetto come l'obbligo di astensione e non subire come conseguenza la decadenza dalla carica.
  Nel sistema attuale mi chiedo se sarebbe logico trasferire le sanzioni anche sulle imprese che sono state favorite. Non è un caso che la legge attuale sia costruita intorno e affidata all'Autorità antitrust. È vero che c’è un profilo di alterazione concorrenziale, ma non è l'unico.
  Bisogna prestare attenzione al tema delle sanzioni e alla precisione dell'impianto sanzionatorio per evitare di moltiplicare sanzioni che rendano incerto il regime sanzionatorio da applicare in funzione del tipo di norma violata. Da questo punto di vista, tutti i progetti di legge fanno salva la possibilità di applicare la norma penale quando è reato, ma occorre considerare che anche altre norme potrebbero intervenire.
  Mi sento, invece, di dire che la nullità degli atti amministrativi compiuti attraverso l'intervento del soggetto che ha violato l'obbligo di astensione sia una sanzione sbagliata per la semplice ragione che, come è noto, la nullità per sua natura è un vizio genetico che impedisce all'atto di produrre effetti. L'illegittimità deve determinare sempre la possibilità di ottenere annullamento destinato ad operare non ex tunc ma ex nunc. Un provvedimento che ha valore per tutti non può sparire, non può non essere mai entrato in vigore perché i cittadini e le imprese hanno operato sulla base di quel provvedimento. Bisogna fare molta attenzione alla sanzione della nullità.Pag. 4
  Capisco la volontà di colpire il provvedimento, ma non lo si può fare con la nullità. Bisogna anche vedere di che provvedimento si tratta. Il provvedimento potrebbe essere illegittimo, ma se è generale è molto difficile colpirlo in quel modo.
  La questione dell'incompatibilità e delle sue conseguenze è l'argomento più difficile e delicato, non tanto per le cariche o gli incarichi che sono stati messi in elenco – io non ho esaminato tutte le incompatibilità – quanto per la questione dei patrimoni.
  Sui patrimoni la struttura più articolata e interessante dal punto di vista dell'impostazione mi pare quella del progetto di legge n. 275 per la quantità di elementi che prende in considerazione e per il modo in cui stabilisce come curare ciascuna circostanza. Credo che circostanze diverse meritino diversa attenzione, come avviene anche negli Stati Uniti.
  Non in tutte le situazioni deve scattare lo stesso tipo di trattamento. Bisogna valutare con molta attenzione. Un conto è detenere una concessionaria pubblica, altro conto è avere una partecipazione significativa in un'importante impresa o un patrimonio liquido affidato in gestione. Occorre grande equilibrio e mi sembra che il progetto di legge n. 275 sia quello più attento.
  A mio modo di vedere in ogni caso le soglie son troppo alte. Ciò che è in grado di «corrompere» l'operato di ciascuno di noi è un livello di interesse patrimoniale variabile. Porre un livello così elevato come i 10 o i 15 milioni di euro di patrimonio non ha a mio avviso alcun senso. Dovrebbe assumere rilevanza e suscitare attenzione un patrimonio di entità molto inferiore. Non solo chi ha un grande patrimonio è in grado di fare qualcosa per favorire sé stesso. Per la grande maggioranza dei consociati potrebbero essere rilevanti anche guadagni nell'ordine di 100.000 euro.
  Trovo che il problema patrimoniale sia uguale per tutti. Tutti dovrebbero prendere il loro patrimonio, farlo diventare liquido e gestirlo in maniera asettica. Chi sia il gestore non credo sia il tema. Semmai il tema più delicato è quello del blind trust, che viene usato nelle situazioni più gravi.
  La questione è delicata. Anche negli Stati Uniti vi sono posizioni diversificate. Leggevo, per esempio, che Bill Clinton per la campagna elettorale della moglie ha deciso di vendere tutto e di non affidarsi più al blind trust. Per la sua campagna elettorale era ricorso a un blind trust, ma quando è venuto il turno di candidarsi della moglie – negli Stati Uniti il blind trust deve essere costituito prima, al momento della candidatura – ha deciso di vendere e mettere tutto in titoli di Stato per evitare il blind trust.
  Ci sono casi di blind trust sotto gli occhi di tutti nei quali l'obbligo di vendita fa un po’ impressione. Ragionandoci, però, una soluzione vera non c’è. Credo che vi si debba arrivare solo come extrema ratio perché nessuno di noi vorrebbe per candidarsi a una carica pubblica essere costretto a vendere il patrimonio. È una cosa che colpisce, ma mi rendo conto che si deve ragionare su come graduare gli strumenti.
  Faccio un'osservazione sull'autorità. I progetti di legge sono diversi, ma mi sento di segnalare la necessità di avere un'Autorità unica. Avere autorità diverse per i diversi livelli di soggetti interessati sarebbe troppo complicato. Inoltre dovrebbe essere un'Autorità ad hoc. La ragione è che in prospettiva futura questo tema si allargherà, come è successo in tutti i Paesi, e colpirà una fascia di pubblici funzionari molto più ampia. Più questa organizzazione sarà dedicata meglio potrà svolgere la propria funzione, che ovviamente è molto delicata per l'interesse del Paese. A mio modo di vedere deve essere una struttura che fa quello di mestiere.
  Chiudo con il regime sanzionatorio per segnalarvi un problema a mio avviso molto rilevante. Stiamo assistendo alla messa in discussione di molte delle nostre regole davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo a causa della combinazione delle sanzioni, vale a dire che la stessa fattispecie viene colpita in diverse leggi con diverse sanzioni. Siccome il fatto di non Pag. 5giudicare due volte la stessa fattispecie è un principio del diritto che avevano già compreso i romani, è chiaro che questo non funziona.
  Mi sembra che i progetti di legge non compiano un'attenta valutazione sulle sanzioni e sulle impugnazioni. Le soluzioni proposte sono quelle consuete, vale a dire il ricorso al Tar o alla Corte d'appello, ma entrambi i giudizi non hanno le caratteristiche richieste dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e cioè non consentono l'udienza pubblica e il giudizio di pieno merito. Quando c’è una sanzione, è fondamentale che siano garantiti i requisiti minimi indicati dalla Convenzione dei diritti dell'uomo. Questo aspetto va curato e bisogna porsi il problema di non creare sanzioni duplicabili con altre sanzioni. Occorre creare un sistema sanzionatorio chiuso che colpisca tutto quello che si ritiene debba essere colpito.
  Vi ringrazio molto dell'attenzione e spero di aver dato un utile contributo. Sono a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Attendiamo da lei un contributo scritto che sarà distribuito a tutti i componenti della Commissione e rimarrà nella disponibilità fisica anche di chi non è potuto essere presente oggi.
  Do ora la parola al professor Paolo Bertoli, che ha già consegnato alla Presidenza alcuni materiali, tra cui un documento sulla differenza tra il trust e il mandato fiduciario e a cui chiedo di volerli sintetizzare per noi.

  PAOLO BERTOLI, Professore ordinario di economia aziendale presso l'Università di Pisa. Grazie per l'invito. Cercando di usare bene il tempo a mia disposizione, forse potrebbe essere utile una riflessione per comprendere meglio l'utilizzo degli strumenti.
  I grandi temi sul tappeto, che forse hanno impedito fino a oggi la messa a punto dello strumento, sono quelli che ha citato prima il professor Toffoletto e sono sostanzialmente legati allo spossessamento del patrimonio personale, aspetto che crea evidentemente tanti problemi. Su questo il mio contributo è abbastanza limitato e forse servirebbe un costituzionalista per comprendere la portata di un provvedimento che obbliga un cittadino italiano ad alienare tutto pur di avere una carica politica.
  Mi sembra invece interessante, e nei vari progetti vi sono alcuni spunti al riguardo, parlare degli strumenti partendo dal presupposto che l'unico vero pilastro che potrebbe dare un senso a una norma sul conflitto di interessi è un'ampia trasparenza sulle azioni compiute da chi ricopre cariche pubbliche.
  Più è ampia la trasparenza, più i cittadini sono in grado di comprendere che cosa sta facendo il funzionario pubblico e quali sono gli interessi correlati a ciò che sta facendo meglio e perché ciò significa avere una sanzione importante dal punto di vista reputazionale. Questo mi sembra un aspetto molto rilevante. La domanda è come riuscire a creare un meccanismo che porti la trasparenza nei tempi giusti e con la completezza dovuta.
  L'utilizzo di un'interposizione come, ad esempio, il trust o il mandato fiduciario potrebbe essere molto interessante se al trust o al mandato fiduciario fosse dato il compito di rendere conto. Mi sembra un aspetto su cui varrebbe la pena concentrarsi. Tutto il resto personalmente lo considero molto più fragile ed estremamente complicato. Non a caso dal 1980 in poi abbiamo avuto tanti disegni di legge che non sono arrivati in fondo, e non soltanto per mancanza di volontà. L'argomento è davvero molto difficile.
  Sulla possibilità di rendere una piena informativa, invece, credo ci sia molto da fare. È interessante, ad esempio, il parallelismo con ciò che il legislatore ha stabilito per le società quotate. Secondo me c’è una certa somiglianza. Mi riferisco al cosiddetto internal dealing, vale a dire l'obbligo per un amministratore, che in quanto tale ha informazioni privilegiate, di rendere conto quando compie operazioni che riguardano i titoli della sua società. Il dubbio è che si vendano azioni quando si Pag. 6sa che l'azienda va male e che si comprino quando ci sono progetti che potrebbero far aumentare il valore delle azioni stesse.
  In questo caso il legislatore, secondo me a ragione, ha costruito un meccanismo serio e molto sanzionatorio per cui quell'amministratore deve fornire le informazioni entro certi tempi e in maniera molto rigorosa, in modo che tutti gli stakeholder possano avere le stesse informazioni. Il legislatore ha curato quella che in gergo tecnico si chiama asimmetria di interessi o di conoscenza. Tutti devono sapere chi vende e chi compra e poi sarà il pubblico, la comunità finanziaria, gli investitori a punire chi ha fatto qualcosa di sbagliato.
  Questa parte potrebbe essere mutuata. Più che a un blind trust mi piace pensare a un mandato fiduciario. In tema di mandato fiduciario e trust ci sarebbe molto da dire, ma sarò brevissimo. Perché utilizzare un trust, un istituto che non è regolamentato dalla legge italiana e deve per forza richiamare una normativa estera, quando esiste l'istituto del mandato fiduciario che è tutto italiano, è ben regolamentato e addirittura prevede obblighi formali, l'autorizzazione a operare per le società e così via ?
  La ragione è forse che il blind trust è stato utilizzato all'estero, ma all'estero non c’è il mandato fiduciario. La differenza è che noi abbiamo uno strumento che gli altri non hanno. Negli Stati Uniti c’è solo il blind trust. In Italia abbiamo anche il mandato fiduciario. Un interessante disegno di legge del 1986 ne parlava, ma a un certo punto è stato abbandonato e si è passati al blind trust.
  Cercherò di darvi qualche elemento circa i principali vantaggi dell'uso di quello strumento per garantire trasparenza rispetto a un blind trust. Mentre nel blind trust c’è uno spossessamento sostanziale dei beni e la loro riacquisizione alla fine del mandato, attraverso un passaggio discretamente complesso, il mandato fiduciario prevede una mera intestazione dei beni che deve sottostare a una serie di regole.
  È anche interessante notare che il nostro codice civile consente di utilizzare il mandato fiduciario rendendolo irrevocabile se attivato nell'interesse di un terzo. In questo caso i terzi sarebbero i cittadini italiani. Un mandato fiduciario potrebbe quindi essere irrevocabile grazie a una struttura giuridica che già esiste.
  Altri punti interessanti sono che, fatta la separazione, il fiduciario può agire nei limiti del mandato ricevuto e il mandato ricevuto verrebbe regolamentato dalla legge senza problemi o interpretazioni particolari. Alla fine dell'incarico politico non ci sarebbero problemi fiscali o tributari per ritornare in possesso dei beni perché tutto è trasparente e semplice. Abbiamo in Italia un sistema normato, con soggetti dotati di specifiche autorizzazioni sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico e, per quanto riguarda l'antiriciclaggio, della Banca d'Italia. Per altro, l'antiriciclaggio sta cambiando e la Banca d'Italia sarà più presente nelle attività fiduciarie.
  Io preferirei utilizzare il mandato fiduciario piuttosto che il blind trust, se non altro perché è nostro ed è regolamentato da una norma italiana. Sarebbe abbastanza semplice obbligare la società fiduciaria come terzo garante a rendere le informazioni che è tenuta a rendere su tutte le operazioni compiute. Sarebbe anche facile applicare la logica del trust secondo la quale si può affidare al trustee l'incarico di gestire le attività in piena autonomia, addirittura senza che il disponente venga a conoscenza delle operazioni.
  Su questo continuo personalmente ad avere dei dubbi. Mentre è facile ipotizzarlo per un patrimonio mobiliare, nel caso in cui, ad esempio, si conferisca in trust una partecipazione televisiva, il titolare saprà sempre di quale azienda si tratta. Mi sembra una foglia di fico.
  Credo che il risultato sarebbe, invece, eccellente nell'eliminazione di quella asimmetria informativa che oggi esiste.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  RICCARDO FRACCARO. Ringrazio il professor Bertoli e il professor Toffoletto Pag. 7per le autorevoli opinioni espresse e i contributi che ci hanno dato. Ho colto in particolare alcuni aspetti sui quali vorrei chiedere delucidazioni.
  Professor Toffoletto, lei ha parlato di obbligo di astensione automatico. Riesce a spiegarmi meglio come potrebbe configurarsi questo automatismo e come dovrebbe essere sanzionato il soggetto che viola l'obbligo di astensione ? Ha parlato di annullamento dell'atto, ma chi e con quali mezzi dovrebbe dichiarare l'annullamento dell'atto anziché la nullità ?
  In secondo luogo, vorrei che mi chiarisse quali potrebbero essere i meccanismi preferenziali per trasformare il patrimonio in un patrimonio liquido. Vorrei anche sapere se condivide l'opinione su mandato fiduciario e trust e la preferenza per il primo rispetto al secondo.
  Infine, lei, professor Toffoletto, ha sostenuto la necessità di un'Autorità unica e ad hoc, che non svolga altre attività. Questa sua opinione è opposta a quella del nostro primo audito, il presidente Cantone, che invece ritiene che un'Autorità ad hoc sarebbe troppo politicizzata perché il Parlamento deciderebbe la nomina dei membri e del presidente dell'Autorità che giudica l'incompatibilità dei parlamentari. Secondo il dottor Cantone, nel caso in cui svolgesse altre funzioni, il problema si spalmerebbe. Su questo vorrei una riflessione da parte sua.
  Al professor Bertoli vorrei chiedere invece un chiarimento in tema di trust e mandato fiduciario con riguardo alle conseguenze tributarie. Perché il mandato fiduciario è preferibile al trust da questo punto di vista ?

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai nostri ospiti per la replica.

  PAOLO BERTOLI, Professore ordinario di economia aziendale presso l'Università di Pisa. La differenza è sostanziale. Nell'ordinamento italiano il mandato fiduciario rappresenta la mera intestazione di un bene. È il cosiddetto mandato senza rappresentanza. Nel momento in cui il fiduciante conferisce un bene, come ad esempio una partecipazione, a una società fiduciaria, nel libro soci all'Ufficio del registro imprese comparirà la società fiduciaria, ma sotto il profilo fiscale vige il cosiddetto principio della trasparenza fiscale per cui gli effetti sono sempre a carico dell'effettivo proprietario del bene e non dell'intestatario.
  Nel trust invece c’è l'effettivo passaggio della proprietà del bene. Nel caso si utilizzi un trust cieco, ci sarebbe un primo passaggio di proprietà dei beni al trustee e un secondo passaggio di proprietà con la restituzione alla scadenza del mandato. Questo crea un discreto problema tributario. Se si volesse utilizzare lo strumento del trust, nella norma bisognerebbe anche prevedere quei meccanismi di trasparenza fiscale che oggi non ci sono.
  Occorrerebbe quindi introdurre una specifica norma fiscale per evitare le conseguenze.

  ALBERTO TOFFOLETTO, Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano. Seguo l'ordine delle domande.
  La prima riguardava obbligo di astensione e automatismo versus applicazione specifica. Credo che le soluzioni automatiche che ho letto nelle proposte di legge dicano – se ho compreso bene – che un eletto ha l'obbligo di dichiarazione ed è tenuto ad astenersi tutte le volte in cui ravvisi che un provvedimento coinvolga i suoi interessi. Mi sembra che questa soluzione sia migliore della previsione, contenuta in uno dei progetti di legge, dell'intervento dell'autorità a ritagliare il confine dell'obbligo di astensione.
  Intendevo dire che mi piace di più la soluzione automatica perché non è possibile prevedere ex ante gli ambiti di astensione. Le cose possono cambiare e gli interessi si spostano. L'automatico obbligo di astensione, previsto in tre dei progetti di legge, mi pare una soluzione migliore. Siccome c’è la trasparenza della titolarità degli interessi, a posteriori si può benissimo valutare se l'obbligo di astensione è stato o meno rispettato.Pag. 8
  La seconda domanda era relativa al perché la nullità non funziona e chi dovrebbe far valere l'annullamento. L'accertamento della violazione dell'obbligo di astensione e l'irrogazione delle sanzioni dovrebbero competere all'Autorità, che è titolare di tutte le informazioni. Chiunque potrebbe fare una segnalazione perché tutto sarebbe trasparente, se questa è la logica. Il provvedimento sarebbe poi soggetto a impugnazione, ma con le cautele di cui parlavo prima. Bisogna valutare davanti a quale giudice impugnare perché ci deve essere sia un'udienza pubblica sia il pieno giudizio di merito, altrimenti non saremmo in linea con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
  L'onorevole Fraccaro mi chiedeva perché non mi piaccia la nullità e cosa succeda al provvedimento viziato dalla partecipazione del soggetto che ha violato il proprio obbligo di astensione e ha reso possibile un provvedimento che forse non ci sarebbe stato. Io le rispondo che bisogna valutare. Nel diritto societario si conosce anche la prova di resistenza. Una prima questione potrebbe essere quella di appurare se il provvedimento sarebbe passato lo stesso e se quindi il voto di quel soggetto era marginale.
  Si potrebbe ragionare anche a proposito dell'invalidità del provvedimento, ma non nella forma della nullità perché la nullità non produce effetti dall'inizio. Un provvedimento sul quale tante persone si orientano non può non esserci mai stato perché sarebbe la fine del mondo. C’è bisogno dell'annullamento che opera ex nunc, cioè dal momento in cui viene accertata la violazione. Tutti gli atti assunti dai consociati in esecuzione di un provvedimento di cui non si conosceva l'invalidità devono restare in piedi.
  Mi ha inoltre chiesto, onorevole Fraccaro, come penso si debba attuare l'incompatibilità patrimoniale. Io credo che questo sia l'argomento più difficile, quello su cui bisogna ragionare meglio. La soluzione che mi sembra più centrata è quella che non fa di tutt'un'erba un fascio perché si tratta di interessi diversi potrebbero essere assoggettati a trattamenti diversi. Anche la legislazione americana va in questa direzione perché, a seconda della composizione del patrimonio, viene fatto di pensare che occorra intervenire in maniera differenziata. Non tutti i patrimoni devono essere affidati al blind trust e trasformati e non tutti i patrimoni possono restare nelle mani del funzionario o del pubblico ufficiale. Si deve differenziare.
  Bisogna studiare. Mi rendo conto che è un argomento molto complicato e nel progetto di legge n. 275 c’è il tentativo di fare un ragionamento di questo tipo per differenziare le conseguenze a cui si può arrivare. Credo che questa sia la giusta via. Non esprimo un giudizio sulle soluzioni perché, come ho detto, per me l'attenzione, dal punto di vista quantitativo, dovrebbe essere molto abbassata. Faccio un esempio: un soggetto, divenuto parlamentare, potrebbe essere in grado di favorire anche un'impresa di autotrasporti di livello locale, benché piccola e che non raggiunge i 15 milioni di valore. Questo non va bene. Ritengo che la logica sia questa.
  Mi ha anche chiesto se condivido l'opinione del collega Bertoli su blind trust e mandato fiduciario. La risposta è sì. Il blind trust come concetto, vale a dire una gestione all'insaputa del soggetto interessato, è una logica molto chiara. Lo strumento tecnico in fondo non rileva: che sia una società fiduciaria o che sia tecnicamente un trust non interessa. Anch'io però mi sono chiesto perché parlare di trust quando abbiamo la società fiduciaria.
  Da una parte, sembra che si voglia dire che non c’è l'obbligo di tenere in Italia quella gestione. Poiché la società fiduciaria la conosciamo noi e gli altri ordinamenti conoscono il trust, sembra che si voglia dare la libertà di permettere una gestione fuori dall'Italia. Questo potrebbe essere un buon argomento per prevedere tutti e due gli strumenti.
  La questione del trust è effettivamente molto più radicale perché, come ricordava il collega, c’è una differenza concettuale nella qualità della proprietà. Il tema fiscale, a mio modo di vedere, dal momento Pag. 9che si interviene per imposizione di legge, potrebbe essere neutralizzato stabilendo che quel trasferimento, visto che è fatto nell'interesse pubblico, non è assoggettato a tassazione. Tutto si può risolvere.
  Da un certo punto di vista, la soluzione della società fiduciaria è molto più logica perché il trust è permanente. Si tratta di un trasferimento di proprietà di lunghissimo periodo. Immaginare che dopo qualche anno torni tutto indietro è complicato. È molto più razionale un rapporto contrattuale come l'intestazione fiduciaria in cui comunque il patrimonio è blindato e indisponibile. Spero di avere soddisfatto la sua richiesta, onorevole Fraccaro.
  Da ultimo, l'onorevole Fraccaro mi chiedeva se non temo che l'autorità unica sia politicizzata. Io credo che la questione del conflitto di interessi sia centrale. Lo abbiamo sperimentato e abbiamo visto quanto sia importante e quante polemiche sollevi. Siamo in ritardo di circa quarant'anni rispetto agli Stati più evoluti nell'adozione di una legge e siamo stati criticati. Abbiamo quindi bisogno di costruire un sistema che sia davvero water proof dal punto di vista della capacità di analisi.
  Una seria gestione di questo tema, fosse anche solo la gestione della trasparenza, a mio modo di vedere richiede una struttura molto significativa, che sia in grado di processare informazioni e di metterle in relazione, e non è possibile che questo sia fatto distrattamente da un'Autorità che si occupa di qualcos'altro perché il tema è molto delicato e merita l'attenzione che i cittadini credo vogliano dargli. Per questo ritengo che un'Autorità unica e dedicata sia lo strumento migliore. Si può ovviamente discutere dei metodi di nomina perché c’è sempre un punto in cui il controllore è nominato dal controllato. È materia sensibile, ma credo che il nostro ordinamento costituzionale contenga in sé i meccanismi adatti. Basta pensare alla composizione di una serie di soggetti in cui si ricerca un bilanciamento.
  La politicizzazione può anche essere disarmata dalla durata. Ho notato che in alcune proposte si fa riferimento a un mandato di sette anni per evitare un allineamento esatto con la durata in carica del Parlamento e quindi possibili interferenze dei Governi. Questo, per esempio, è già sufficiente a imporre di fare le cose con equilibrio perché alla tornata elettorale successiva potrebbero non tornare i calcoli.

  PRESIDENTE. Vorrei rivolgerle io una domanda, professor Toffoletto. Lei si è soffermato lungamente sul problema dell'astensione. La domanda del collega Fraccaro riguardava il soggetto che dovrebbe rilevare la nullità o l'annullabilità dell'atto conseguente alla violazione dell'obbligo di astensione.
  Forse non ho ben compreso la sua risposta.

  ALBERTO TOFFOLETTO, Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano. La violazione dell'obbligo di astensione, nella mia comprensione, viene accertata dall'Autorità preposta, la quale emette un provvedimento e, quando accerta la violazione, eroga anche la sanzione.
  Questo provvedimento è a sua volta impugnabile davanti al TAR perché è un provvedimento amministrativo, come tutti quelli delle altre autorità.

  PRESIDENTE. Il problema che mi ponevo è se un provvedimento, che può essere anche di rilievo, possa essere annullato o reso nullo da un'Autorità che forse questa legittimazione non ce l'ha.
  Inoltre mi chiedo se questa nullità sia di carattere assoluto o relativo, vale a dire se possa essere invocata in qualsiasi momento oppure no.

  ALBERTO TOFFOLETTO, Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano. Come dicevo, non si tratta di nullità.
  L'accertamento delle violazioni dell'obbligo di astensione spetta all'Autorità e segue un suo percorso.

  PRESIDENTE. Nella proposta Fraccaro c’è proprio questo meccanismo.

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  ALBERTO TOFFOLETTO, Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano. Non è, invece, necessario stabilire qui chi e come possa far valere l'invalidità del provvedimento per la semplice ragione che dipende dal provvedimento. Ogni provvedimento, infatti, segue un proprio percorso di invalidità.
  Il tema è solo quello di stabilire se il provvedimento è valido o invalido. Se si vuol dire che è invalido, sarà impugnabile davanti a un TAR, ma deve essere un'invalidità relativa perché una invalidità assoluta io ritengo che sarebbe pericolosa.
  Siccome in uno dei progetti di legge si parla di nullità, io segnalavo che bisogna essere molto cauti e che di nullità non si può parlare.

  PRESIDENTE. L'annullabilità, invece, sarebbe soggetta anche a una legittimazione attiva ?

  ALBERTO TOFFOLETTO, Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano. Nel diritto amministrativo questa è la regola generale dei soggetti interessati.

  PRESIDENTE. Quindi, lei dice di applicare la regola generale dei portatori di interessi come nella legge n. 241 del 1990.
  Vorrei porre ai nostri ospiti un altro quesito, che ci ha appassionato anche nella scorsa audizione. L'articolo 51, ultimo comma, della Costituzione stabilisce che «chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro». Vi chiedo se questa necessità costituzionale di garantire chi ha funzioni pubbliche elettive, ivi compresi i soggetti che potrebbero andare incontro a incompatibilità e quindi all'obbligo di astensione, interferisca con la lettura di eventuali fenomeni di conflitto di interesse e di incompatibilità.

  ALBERTO TOFFOLETTO, Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano. Secondo me potrebbe, ma la trasparenza neutralizzerebbe il problema. Tutti saprebbero che, ad esempio, sono ex dipendente di una società e, poiché ho il diritto di conservare il mio posto di lavoro al termine del mandato, ho favorito quella società con certi provvedimenti.

  PRESIDENTE. Se per ipotesi si trattasse di un medico che, volendo continuare a fare il medico, cerca di mantenere il livello di professionalità, in che misura questo potrebbe interferire ?
  Si può dire a un medico che non deve fare il medico ? Secondo l'articolo 51 della Costituzione, sarebbe incostituzionale, perché è stabilito il diritto a conservare il proprio posto di lavoro.

  ALBERTO TOFFOLETTO, Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano. Si fa riferimento all'aspettativa. È una logica diversa. Non è il fatto di svolgere la propria professione.
  Si possono stabilire livelli diversi di incompatibilità a seconda del tipo di incarico che si ricopre e mi sembra che queste proposte di legge correttamente seguano la linea per cui i membri del Governo devono astenersi del tutto.

  PRESIDENTE. Nel sollecitare anche gli altri colleghi che intendano farlo a intervenire, vorrei aggiungere che è mia convinzione che la Costituzione rappresenti il parametro ineliminabile e insuperabile di qualsivoglia produzione normativa. Se così non fosse, significherebbe, come diceva qualcuno, interpretarla a seconda del momento. Personalmente credo che non sia così.
  Dovendo tenere conto del fatto che chi ricopre una carica elettiva ha diritto di conservare il proprio posto di lavoro, il che significa non perdere il proprio stipendio o quello che si è costruito se non si è stipendiati, io chiedo ai nostri esperti se questo principio costituzionale per loro è flessibile.

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  RICCARDO FRACCARO. Intervengo per sottoporvi la mia visione dell'articolo 51 della Costituzione.
  Conservare il diritto al posto di lavoro non significa diritto a svolgere quell'attività nel momento in cui si esercita un mandato elettivo. Conservare non significa lavorare. Il posto di lavoro viene mantenuto e, una volta lasciata la carica elettiva, si torna a svolgere la propria professione.
  Altrimenti il termine usato in Costituzione sarebbe stato un altro.

  PRESIDENTE. Conservare vuol dire mantenere il diritto al posto di lavoro che si è lasciato al momento dell'elezione. È un diritto dinamico, non statico. È il diritto di mantenere il livello lavorativo raggiunto. Essere eletto non deve rappresentare una penalizzazione. Questa è la logica dell'articolo 51 della Costituzione.
  Credo che i costituzionalisti lo leggano allo stesso modo, ma chiedo ai nostri ospiti di dire la loro su questa interpretazione più volte prospettata e su quella del collega Fraccaro.

  PAOLO BERTOLI, Professore ordinario di economia aziendale presso l'Università di Pisa. Se osserviamo il tema dal punto di vista operativo e pratico, considerando le sostanziali differenze che possono esistere tra il lavoro dipendente, il lavoro di un professionista, il lavoro imprenditoriale e via dicendo, certamente appare incompatibile l'esercizio concreto di un'attività attiva – nel senso proprio del termine – di imprenditore, di medico, di avvocato o di quel che sia con l'incarico politico. È un problema pratico.
  Sotto il profilo tecnico, io non sono un esperto, ma conservare vuol dire mantenere. Un professionista iscritto a un albo, ad esempio, potrebbe avere diritto a mantenere l'iscrizione e non essere costretto a rinunciarvi nel periodo in cui accede a cariche politiche. Sotto il profilo pratico, però, svolgere attivamente quel lavoro renderebbe grandemente incerto l'esercizio dell'attività politica, oltre al fatto di percepire una doppia remunerazione, cosa che mi obbliga ad alcune riflessioni.
  Quello che mi sembra fondamentale è che l'eletto non venga danneggiato nella possibilità di ritornare a svolgere il proprio mestiere. Tuttavia, deve esserci un distacco, un momento in cui si lascia quello che si sta facendo, mantenendo le condizioni, per poi ritornare a farlo.
  Chi era primario, tornerà a fare il primario.

  ALBERTO TOFFOLETTO, Professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Milano. Secondo me, conservare è un termine molto ampio e dal punto di vista linguistico può essere interpretato in tutti i modi. È però chiarissimo l'intento e il presidente ha ragione a dire che non deve esserci un danneggiamento.
  Il problema sta in ciò che si è chiamati a fare. Penso che il legislatore ordinario debba declinare questa previsione a seconda del tipo di funzione. I professori universitari eletti in Parlamento, ad esempio, vanno in aspettativa perché la legge lo prevede. In questo modo conservano il proprio posto di lavoro. Questo serve a evitare che un politico sia in un'aula di università a spiegare agli studenti come orientarsi. Si vuole neutralizzare questo aspetto.
  Questi provvedimenti immaginano che le cariche di Governo siano esclusive e che ci si debba cancellare da tutto, il che mi sembra molto corretto dal punto di vista della struttura perché un governante deve essere a tempo pieno e deve svolgere esclusivamente quella funzione.
  Credo spetti al legislatore ordinario dare contenuto alla norma costituzionale e farlo a seconda dei livelli di impegno richiesto. Il ruolo di parlamentare, ad esempio, io non lo vedo incompatibile né con un posto di lavoro subordinato né con la gestione di un'impresa né con l'esercizio di una professione, a patto che vi sia l'obbligo di astensione.
  Nella logica della materia, se un avvocato vota tutti i provvedimenti sull'avvocatura non va bene.

  PRESIDENTE. Lei sta, quindi, dicendo che l'avvocato non deve votare i provvedimenti Pag. 12sull'avvocatura, il medico quelli sui medici e i professori universitari quelli sui professori universitari.
  Ognuno dovrebbe astenersi direttamente e indirettamente da tutto quello che fa in Parlamento.

  MARILENA FABBRI. Il tema del conflitto è già stato in parte regolamentato ad altri livelli. Da un lato, chi ha un incarico pubblico o una carica politica non deve essere penalizzato qualora voglia ritornare al proprio lavoro. Nei livelli istituzionali più bassi, per alcuni ruoli come quello del sindaco è prevista l'aspettativa facoltativa. Nel caso in cui si decida di mettersi in aspettativa dal proprio lavoro si ha diritto all'indennità piena; se invece si decide di continuare a lavorare l'indennità viene dimezzata e l'attività lavorativa viene regolamentata con i permessi e via dicendo.
  Negli enti di livello più basso il conflitto è disciplinato in base al principio secondo cui ci si deve astenere dal decidere nelle materie in cui si abbia un interesse specifico di carattere economico oppure siano coinvolti i parenti fino al quarto grado. C’è del buonsenso nel considerare la tipologia di decisioni che si prendono.
  Il Parlamento è una babele e forse dovremmo porci il problema. Già oggi i dipendenti pubblici sono obbligati a lasciare il proprio posto di lavoro e a mettersi in aspettativa. Il posto viene conservato, ma non hanno la facoltà di scegliere se svolgere contemporaneamente l'incarico parlamentare e il proprio incarico lavorativo.
  A prescindere dal fatto che nella pratica manca il tempo per esercitare entrambi i ruoli, lo stesso obbligo di astensione non è previsto nei confronti delle professioni private.

  PRESIDENTE. Forse perché il professionista ha un livello professionale da mantenere.

  MARILENA FABBRI. Ce l'ha anche il dipendente pubblico.

  PRESIDENTE. Mi auguro che il pubblico ufficiale non abbia un mercato da sostenere.

  MARILENA FABBRI. Scusi presidente, ma per un medico della ASL l'astensione dal lavoro determina un depauperamento della capacità professionale.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.50.