XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Giovedì 11 settembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 9 , D'INIZIATIVA POPOLARE, ED ABB., RECANTI MODIFICHE ALLA LEGGE 5 FEBBRAIO 1992, N. 91, IN MATERIA DI CITTADINANZA

Audizione di rappresentanti dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, dell'ANCI e di organizzazioni e istituzioni che operano nel settore.
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 
Guerrera Giacomo , Presidente di UNICEF Italia ... 3 
Toninelli Danilo , Presidente ... 5 
Pighi Giorgio , Rappresentante dell'ANCI ... 5 
Trucco Lorenzo , Presidente dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione ... 7 
Toninelli Danilo , Presidente ... 9 
Codini Ennio , Rappresentante di «Iniziative e studi sulla multietnicità» ... 9 
Toninelli Danilo , Presidente ... 10 
Morozzo Della Rocca Paolo , Rappresentante della Comunità di Sant'Egidio ... 10 
Naletto Grazia , Rappresentante di L'Italia sono anch'io ... 12 
Besker Neva , Rappresentante di Rete G2 Seconde Generazioni ... 13 
Chabib Samira , Presidente dell'Associazione di donne italiane e marocchine «Saadia» ... 14 
Milano Raffaela , Rappresentante di Save the Children Italia ... 16 
Di Lecce Franca , Direttore del Servizio rifugiati e migranti della federazione delle chiese evangeliche in Italia ... 17 
Toninelli Danilo , Presidente ... 18 
Fabbri Marilena (PD) , Relatrice ... 18 
Toninelli Danilo , Presidente ... 21 
Chaouki Khalid (PD)  ... 21 
Toninelli Danilo , Presidente ... 22 
Curto Chiara , Rappresentante di UNICEF Italia ... 22 
Pighi Giorgio , Rappresentante dell'ANCI ... 22 
Codini Ennio , Rappresentante di «Iniziative e studi sulla multietnicità» ... 22 
Morozzo Della Rocca Paolo , Rappresentante della Comunità di Sant'Egidio ... 23 
Pompei Daniela , Rappresentante della Comunità di Sant'Egidio ... 23 
Naletto Grazia , Rappresentante di L'Italia sono anch'io ... 24 
Besker Neva , Rappresentante di Rete G2 seconde generazioni ... 24 
Milano Raffaela , Rappresentante di Save the Children Italia ... 24 
Ghebreghiorges Lucia , Rappresentante di Save the Children Italia ... 24 
Di Lecce Franca , Direttore del Servizio rifugiati e migranti della federazione delle chiese evangeliche in Italia ... 25 
Toninelli Danilo , Presidente ... 25

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  La seduta comincia alle 15.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, dell'ANCI e di organizzazioni e istituzioni che operano nel settore.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in relazione all'esame delle proposte di legge C. 9, di iniziativa popolare ed abbinate recanti, modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza, l'audizione di rappresentanti dell'ANCI e di organizzazione e istituzioni che operano nel settore.
  Il tema, come capite bene, ha tante posizioni, addirittura nell'ambito degli stessi partiti e degli stessi gruppi. È uno di quei temi non soltanto tecnico, giuridico e politico, ma con implicazioni, per certi versi, di carattere anche culturale, etico e filosofico che impegna la I Commissione con una responsabilità intuibile.
  Presiederà il vicepresidente Toninelli. Io ho soltanto l'obbligo, non soltanto per un fatto formale – vi prego di scusarmi – di salutarvi e ringraziarvi per essere qui a offrire un contributo che reputo, come tutta la Commissione ha ritenuto, assolutamente decisivo per avere un'idea chiara della differenza che esiste tra scrivere una norma e capire come quella norma si cali nella concretezza dei problemi della quotidianità, dilemma che affligge sempre chi si occupa di questi problemi.
  Vengo dal mondo delle professioni. Soprattutto, provengo dal mondo della giustizia, quindi conosco bene la differenza tra una norma e la sua applicazione, tra quello che si vorrebbe fosse una norma e come in concreto sia capace di funzioni e disfunzioni.
  Le audizioni hanno proprio lo scopo di riempire questo gap, questa differenza e consentire al Parlamento di avvalersi di esperienze dirette, che aiutino coloro che non le hanno a farle proprie, a tesaurizzarle ai fini di norme che possano essere non soltanto belle, ma anche e soprattutto funzionanti ed efficaci.
  In attesa che arrivi il collega Toninelli, possiamo avviare i lavori. Do la parola al presidente di UNICEF, pregando veramente tutti, poiché le audizioni sono tante, di limitare a quattro o cinque minuti al massimo l'intervento. Qualche contributo scritto è già arrivato: se ve ne fossero altri, vi pregherei di consegnarli alla Presidenza. Saranno messi a disposizione, anche mediante la diffusione via rete, di tutti i membri della Commissione.

  GIACOMO GUERRERA, Presidente di UNICEF Italia. Come UNICEF, ringrazio a nome dell'organizzazione che rappresento per l'invito a partecipare all'odierna indagine conoscitiva in relazione a un tema per noi importante, ma importante per tutti: le modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza.
  A questo proposito, l'UNICEF ha sollecitato e continua a sollecitare una riforma della legge n. 91 del 1992, che sia Pag. 4però orientata ai princìpi del superiore interesse del minore e di non discriminazione, alla base dei princìpi della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia.
  In relazione a ciò, l'UNICEF Italia desidera ricordare al legislatore i vincoli che gli derivano a livello sia internazionale sia nazionale. Il nostro Paese ha ratificato la Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, che prevede questi princìpi e prevede che siano tradotti in pieno all'interno del nostro Paese, ma ci sono anche dei vincoli nazionali, previsti proprio dalla Costituzione italiana, all'articolo 31 e all'articolo 3, che non è il caso che richiami.
  Il legislatore, nel considerare le proposte di legge in esame, non può perciò prescindere dall'oggettiva realtà dei fatti. In base ai dati più recenti da parte dell'ISTAT, cioè, su una popolazione di 60 milioni di abitanti, 5 sono stranieri e quasi un milione di questi è minorenne. Di questi ragazzi, circa la metà è nata in Italia.
  I dati forniti nell'ultimo rapporto MIUR-ISMU parlano di 786.650 alunni con cittadinanza non italiana nell'anno scolastico 2012-2103 e del 47 per cento degli alunni con cittadinanza non italiana, che però è nato in Italia. Questo dato è in netto aumento. Appena 5 anni fa, questa percentuale non era del 47, ma del 37 per cento, quindi c’è un continuo aumento di questo dato.
  Sono sempre di più, inoltre, le acquisizioni di cittadinanza da parte di cittadini stranieri, a ulteriore conferma della stabilizzazione della loro presenza nel territorio nazionale. Dal 2013, su 65.383 acquisizioni di cittadinanza, oltre il 90 per cento ha riguardato persone che in precedenza avevano la cittadinanza di un Paese non comunitario.
  Tutto ciò premesso, l'UNICEF ritiene essenziale un dibattito politico sul tema della cittadinanza, che conduca a una sintesi normativa la più veritiera ed equilibrata possibile rispetto alla situazione reale e alle esigenze concrete del Paese, in risposta a una legge, la n. 91 del 1992, legge perfetta, ma ormai superata, in quanto a vent'anni di distanza la situazione attuale del nostro Paese è diversa.
  Abbiamo operato una grande azione di sensibilizzazione dell'opinione pubblica e della società civile con un progetto specifico, «Io come tu», legato anche alle città amiche, anche in collaborazione con l'ANCI. Questo progetto prevede proprio il coinvolgimento dei Comuni, delle amministrazioni comunali, per concludere con un atto formale ma importante, da un punto di vista di sensibilizzazione, come dicevo, dell'opinione pubblica e della società civile. Questa nostra iniziativa, infatti, ha coinvolto oltre 350 Comuni, ma sono più di 30.000 i bambini che hanno ricevuto l'attestato rilasciato dal Sindaco e da noi dell'UNICEF di cittadinanza onoraria. Precisiamo sempre che si tratta di un atto formale, ma importante per scuotere le coscienze.
  L'UNICEF accoglie perciò con favore ogni iniziativa migliorativa della normativa attuale e che vada nella direzione di ampliare i casi di acquisizione della cittadinanza italiana per nascita, agevolando altresì l'accesso alla cittadinanza italiana per i minori stranieri giunti in Italia in giovane età.
  Come UNICEF, guardiamo con favore alle seguenti ipotesi di riforma dell'attuale legge sulla cittadinanza: l'integrazione delle disposizioni vigenti in materia di acquisizione della cittadinanza, ampliando il novero dei casi per l'acquisizione della cittadinanza al criterio dello ius soli, attribuito attualmente solo in via residuale; in particolare, introducendo nuove ipotesi di acquisizione della cittadinanza per nascita per coloro che nascono sul nostro territorio da genitori stranieri, dei quali almeno uno vi abbia trascorso un determinato periodo di permanenza legale, o che nascono nel nostro territorio da genitori stranieri, dei quali almeno uno sia nato in Italia, senza subordinare tale condizione a un periodo minimo di permanenza legale del genitore nato in Italia.
  È altrettanto importante facilitare l'acquisizione della cittadinanza italiana anche per i minorenni stranieri nati all'estero ed entrati in Italia in giovane età, Pag. 5uno degli aspetti ai quali teniamo particolarmente, privilegiando, tra i requisiti per l'accesso, la permanenza legale sul territorio italiano per un tempo ragionevole e, comunque, inferiore a quello attualmente stabilito per gli adulti stranieri, senza subordinare l'accesso alla frequenza scolastica, tantomeno al profitto scolastico.
  Per concludere, per quanto riguarda la procedura d'acquisto della cittadinanza da parte di un minorenne, bisogna prevedere, a nostro avviso, sia la dichiarazione di volontà espressa da un genitore esercente la patria potestà al momento della nascita, sia la possibilità per il beneficiario, una volta divenuto maggiorenne, di potervi rinunciare.
  Infine, riteniamo indispensabile abolire quel balzello di 200 euro introdotto dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, per le istanze, le dichiarazioni ed elezioni, acquisto, riacquisto, rinuncia, cessazione della cittadinanza. Ci sembra qualcosa di assurdo. Chi avvia queste procedure non lo fa per motivi economici, ma per un diritto e chiedere un compenso, anche se non eccessivo, ma comunque significativo, ci sembra ingiusto, per cui a nostro modo di vedere deve essere abolito.
  L'UNICEF Italia auspica, infine, che sia adottato come testo base definitivo un testo che non restringa le attuali concessioni – sarebbe un fatto gravissimo – bensì ampli l'offerta di cittadinanza ai minori di origine straniera.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DANILO TONINELLI

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Guerrera dell'UNICEF, che è accompagnato dalla dottoressa Curto.
  Do la parola, in rappresentanza dell'ANCI, al dottor Giorgio Pighi che è accompagnato dalla dottoressa Giulia Mariani e dal dottor Emilio Falconio.

  GIORGIO PIGHI, Rappresentante dell'ANCI. Ringrazio la presidenza, la I Commissione e l'intera Camera dei deputati per quest'audizione dell'ANCI sul tema della riforma della cittadinanza.
  Si tratta di un tema di cui ci preme sottolineare una duplice caratteristica: in primo luogo, la grande trasformazione qualitativa e quantitativa che il fenomeno ha mostrato negli ultimi anni; in secondo luogo, gli effetti profondi che questa trasformazione determina sulle dinamiche civili e anche sotto il profilo istituzionale all'interno delle amministrazioni comunali.
  Dagli ultimi dati ISTAT di pochi giorni fa, del 5 agosto, risulta che da qualche anno in Italia, come in molti Paesi europei, il numero di acquisizioni di cittadinanza per residenza ha superato quello di persone che diventano italiane a seguito di matrimonio. Questo report aggiunge che le acquisizioni per motivi diversi dalla residenza o dal matrimonio, dal canto loro, riguardano soprattutto minori che diventano italiani per trasmissione del diritto dei genitori e persone che, nate in Italia, al raggiungimento della maggiore età, hanno i requisiti e richiedono la cittadinanza italiana.
  È significativo rilevare che nell'ultimo anno sono state 19.381 le acquisizioni che hanno riguardato queste ultime categorie; oltre 16.000, in questo contesto, quelle che hanno riguardato i minori. Qui siamo in presenza di una vera e rapida trasformazione delle dinamiche sociali.
  A conferma di questo dato, il dossier predisposto dagli uffici della Camera «Norme sulla cittadinanza» sottolinea che tra il 1992 e il 2010 si è mostrato un assoluto cambio di tendenza sulla concessione della cittadinanza. Arriva, cioè, alle medesime conclusioni, lavorando sul periodo più lungo: inizialmente, negli anni Novanta, prevalentemente per matrimonio, con 3.844 casi, contro i 601 per residenza riferiti al 1992; nel 2009-2010, questa dinamica è completamente ribaltata e risultano addirittura 21.630 casi per residenza, contro i 18.593 per matrimonio. Dobbiamo tener presente, appunto, la profonda incidenza sulle dinamiche sociali: quella per matrimonio le ha minime; evidentemente, quella per residenza le ha, sulle amministrazioni comunali, ben più complesse.Pag. 6
  L'ANCI ha sempre mantenuto forte il suo impegno sui diritti di cittadinanza. Ne è testimonianza il progetto di legge ordinaria «Norme per la partecipazione politica ed amministrativa e per il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e nazionalità» nell'ambito della campagna nazionale per i diritti di cittadinanza, che ha iniziato un significativo percorso di accettazione di alcune questioni di rilievo anche rispetto all'acquisizione della cittadinanza da parte delle cosiddette seconde generazioni, fenomeno questo che presto in Italia avrà bisogno di ben altro approfondimento rispetto a quello che l'intero Paese vi sta tuttora dedicando.
  Va sottolineato, inoltre, che nell'autunno del 2005 è stato elaborato il progetto di legge ordinaria «Norme per la partecipazione politica ed amministrativa: il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e nazionalità». Tra il dicembre del 2005 e il giugno del 2006, il progetto è stato inviato dall'allora presidente dell'ANCI, Leonardo Domenici, all'attenzione dei ministri competenti, a tutti i capigruppo parlamentari, ai membri delle Commissioni affari costituzionali e ai presidenti di Regione, ai fini dell'avvio dell’iter parlamentare per l'approvazione definitiva. Nel testo del progetto si proponeva, appunto, l'estensione del diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni locali ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia da almeno 5 anni.
  L'importanza della riforma nasce dalla considerazione che la partecipazione dei cittadini alla vita civile delle comunità di residenza non possa essere garantita senza il diritto di voto. La sensibilità degli amministratori locali su questi temi cresce in misura proporzionale alla crescita del fenomeno migratorio e risponde all'esigenza di vedere colmato quel vuoto di legittimazione di fronte alla presenza di persone in realtà pienamente attive nella vita sociale ed economica della città, che però non dispongono di strumenti per rappresentare le proprie esigenze, primo tra tutti, come dicevo, il diritto al voto.
  A giugno 2011, ha preso il via la campagna nazionale «L'Italia sono anch'io», in occasione del 150o anniversario dell'Unità d'Italia, da parte di 19 organizzazioni della società civile e dell'editore Carlo Feltrinelli. Presidente di comitato promotore era l'allora sindaco di Reggio Emilia, oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio.
  La proposta di legge di iniziativa popolare, recante modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, Nuove norme sulla cittadinanza, prevede alcune modifiche, all'articolo 4, comma 2. Da una parte, si estende, oltre allo straniero nato in Italia, anche allo straniero entrato in Italia entro il decimo anno di età e legalmente soggiornante la possibilità di richiedere la cittadinanza, ampliando il periodo a 2 anni dopo il raggiungimento della maggiore età. Chiunque sia stato sindaco sa che consentire questo diritto è una vera e propria rincorsa, appunto con tanto di telefono e di persone che si spostano in città per renderlo effettivo.
  Dall'altra parte, si introduce il principio dello ius culturae, per cui il minore figlio di genitori stranieri può acquistare la cittadinanza se ha frequentato un corso di istruzione primaria o secondaria di secondo grado o secondaria superiore o un percorso di istruzione e formazione professionali, idoneo al conseguimento di una qualifica professionale.
  Bisogna dire che quest'inserimento sul diritto di cittadinanza della scolarizzazione ha mostrato, tra i gruppi parlamentari, una capacità espansiva estremamente significativa. Su questo punto le convergenze sono veramente molto ampie.
  Bisogna aggiungere che a ottobre del 2011 è stata lanciata dall'ANCI la campagna «18 anni... in Comune !», in collaborazione con Save the Children e Rete G2 Seconde Generazioni, per sollecitare il maggior numero di Sindaci a informare tempestivamente i minori nati in Italia da genitori stranieri sulle modalità di acquisizione della cittadinanza al compimento della maggiore età, come già prima accennavo.Pag. 7
  Attraverso la legge di conversione del cosiddetto Decreto – legge del fare, 9 agosto 2013, n. 98, all'articolo 33 sono stati istituzionalizzati i risultati della campagna. Tale norma, introdotta su iniziativa della Ministra per l'integrazione Cécilie Kyenge, rappresenta un primo significativo segnale di semplificazione delle procedure burocratiche che ancora ostacolano il sereno svolgimento della vita quotidiana di tante ragazze e ragazzi considerati dalla legge stranieri.
  Di recente, abbiamo provveduto a inviare a tutti i comuni italiani la lettera per il sindaco, il fac-simile di modello per le ragazze e i ragazzi, per informarli sui loro diritti e abbiamo anche concluso con Save the Children la stesura della nuova guida alla campagna «18 anni... in Comune !», e i passi verso la cittadinanza italiana, con gli aggiornamenti sulla nuova normativa e sulle nuove procedure burocratiche relative all'applicazione delle disposizioni in materia di certificazione. Si parla di 640 ragazzi che dall'inizio della campagna a oggi hanno ottenuto la cittadinanza in 369 Comuni che hanno aderito alla campagna.
  Un ultimo dato interessante ci è fornito dalla campagna «Io come tu, mai nemici per la pelle» di UNICEF Italia, contro le discriminazioni, cui è già stato fatto cenno dal Presidente di UNICEF, per favorire l'acquisizione della cittadinanza onoraria, a cui l'ANCI ha dato la propria adesione e collaborato per la promozione. Il 4 novembre scorso, l'ANCI ha inviato una lettera a tutti i Sindaci per aderire alla campagna e prevedere una delibera per l'acquisizione della cittadinanza onoraria. Abbiamo raccolti i dati per quest'occasione e, finora, sono stati 282 i Comuni che hanno deliberato.
  I Comuni in questione sono assolutamente rappresentativi di tutto il territorio: il nord-est e il nord-ovest, con 103 delibere; il centro con 72; il sud e le isole con 104. Si riscontra una particolare attenzione al tema da parte della Regione Campania, con 44 delibere. Seguono la Lombardia, con 34, e l'Emilia-Romagna, con 30. Altre Regioni, evidentemente, hanno avuto minore capacità di dare spazio a quest'iniziativa.
  Ovviamente, tenuto conto dei tempi, non potevo che essere riassuntivo, ma gli elementi che siamo in grado di offrire a questo dibattito e la nostra partecipazione alla spinta che la Camera vuol dare a questa riforma della cittadinanza sono veramente significativi.

  LORENZO TRUCCO, Presidente dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione. Ringrazio dell'invito. Illustrerò i punti principali, nel tempo assegnato, della proposta di legge d'iniziativa popolare nell'ambito della campagna «L'Italia sono anch'io», che ha portato appunto alla stesura di questa proposta di legge, frutto veramente di un partecipato percorso di tutto il mondo associativo, che ha cercato di mettere assieme una sorta di sapere comune rispetto a una tematica così importante. Illustrerò, ovviamente, in termini assolutamente sintetici.
  La riforma si basa, sostanzialmente, su tre punti principali. Il primo è la questione dello ius soli, che assume un ruolo di primario rilievo. Non è, però, un'applicazione dello ius soli pieno, puro, perché è legato al fatto che sarà cittadino italiano il figlio, o la figlia ovviamente, di cittadini stranieri di cui almeno uno dei genitori abbia un permesso di soggiorno di almeno un anno. Questo significa che esiste un rapporto col territorio, anche se limitato nel tempo, ma sappiamo che la difficoltà di ottenere un permesso di soggiorno è particolarmente complessa, quindi indica sicuramente un legame col territorio. Si tratta, quindi di un concetto di ius soli che è legato, però, al possesso, da parte di uno dei genitori, di un permesso di soggiorno della durata di almeno un anno.
  C’è in realtà, nella proposta di legge, un caso di ius soli pieno, che riguarda un caso particolare e, credo, particolarmente doloroso: chi è nato in Italia da genitore a sua volta nato in Italia. Questa situazione indica un legame assolutamente già inscindibile. Inoltre, credo sia assolutamente necessario superare una serie di situazioni Pag. 8di gravissima emarginazione e di intollerabilità rispetto a molti soggetti – questa situazione, in effetti, riguarda molte persone di etnia Rom – figli di un genitore nato sul territorio italiano, ma ci sono molti casi in cui il nonno o la nonna sono già nati sul territorio italiano. In questi casi, molto spesso, non solo nessuno ha la cittadinanza, ma per lo più nessuno ha nemmeno un permesso di soggiorno. Questo è l'unico caso di ius soli puro, non legato ad altri requisiti.
  Il secondo asse di modifica riguarda la posizione dei soggetti minori, come in parte è già stato anticipato dal rappresentante dell'ANCI, nel senso che questa categoria, come ormai mi pare sia un dato comune e credo che sia rilevante, deve essere fortemente tutelata e facilitata. Nella legge è previsto che acquista la cittadinanza italiana il minore che ha frequentato un corso di istruzione primaria, secondaria di primo grado o secondaria superiore, o un percorso di istruzione e formazione professionale, idoneo al conseguimento di una qualifica professionale.
  Terzo asse di modifica importante è il tema della cosiddetta naturalizzazione. Come adesso si sa, il concetto dalla naturalizzazione è legato a un sistema di residenza decennale, ma è costruito come percorso d'interesse legittimo, da un punto di vista giuridico, con conseguenze molto importanti da un punto di vista pratico.
  Nella legge, la modifica è vista, invece, come un percorso di diritto soggettivo, quindi con una specifica competenza del Sindaco rispetto alla proposizione dell'istanza. Ripeto che si tratta di un percorso di diritto soggettivo, non più di interesse legittimo, quindi di attribuzione della cittadinanza, a fronte di determinati presupposti: sostanzialmente, la residenza di cinque anni, quindi non più decennale; inoltre, è richiesto il possesso del requisito reddituale, parallelo alla normativa europea, rispetto al permesso di lungo soggiorno CE.
  L'importanza di passare da un concetto d'interesse legittimo a uno di diritto soggettivo è particolarmente rilevante, perché elimina la fase discrezionale, ma a mio avviso è molto rilevante anche come conseguenza rispetto alla condizione molto importante del controllo giurisdizionale. Avremmo, in casi di controllo giurisdizionale, la competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria, quindi dei Tribunali, dunque sparsi anche sul territorio, e non più del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, come avviene attualmente, con tutte le questioni ben risapute di tempi e di costi.
  Altri riferimenti sono al coniugio con il cittadino italiano. In questo caso, si ritorna alla dizione precedente, quindi non più una residenza di due anni dopo il matrimonio: il termine è accorciato a quello di sei mesi.
  Per quanto riguarda una diminuzione del termine previsto per coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale nelle forme sia dell'asilo sia della protezione sussidiaria o hanno posseduto o possiedono lo status di apolide, la riduzione è a un termine triennale, previsto ugualmente, nella stessa misura, per il cittadino dell'Unione europea. L'unica specificazione è che, trattandosi di apolidi o di persone che hanno ottenuto la protezione internazionale, si prescinde dalla formale residenza e anche dal reddito, trattandosi di categorie particolarmente meritevoli di protezione.
  Concludo con un ultimo elemento. Uno dei più gravi problemi che ci troviamo ad affrontare adesso in tema di cittadinanza è la lunghezza esasperante dei tempi. In Italia, siamo molto bravi a porre dei termini nelle leggi, ma poi diciamo che sono ordinatorie e non perentorie: da un punto di vista pratico, la situazione va in stallo, soprattutto per quanto riguarda il percorso della naturalizzazione.
  In molti casi, le persone aspettano da sei o sette anni una risposta, una cosa indegna di una società civile. Nella proposta di legge è indicato un elemento: sostanzialmente, è scritto sinteticamente che, se l'istanza è presente ed è superato il termine massimo improrogabile di 2 Pag. 9anni, essa si deve considerare accolta e non rigettata, per porre fine a questa situazione di ritardi intollerabili.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente dell'ASGI, l'avvocato Trucco.
  Ricordo a tutti i rappresentanti delle associazioni intervenute, nel caso in cui il loro intervento non rispecchi integralmente il testo che avrebbero potuto leggere, di lasciare alla Presidenza al termine dell'audizione il testo integrale, che potremo allegare agli atti per la proposta di legge, in modo da arricchire il provvedimento di contenuti.
  Do ora la parola al responsabile del settore legislazione della Fondazione ISMU – Iniziative e studi sulla multietnicità, Ennio Codini.

  ENNIO CODINI, Rappresentante di «Iniziative e studi sulla multietnicità». Ringrazio, anzitutto, per l'invito rivolto alla Fondazione e procedo al mio intervento, che toccherà, data la richiesta di brevità, solo due punti.
  Il primo concerne la naturalizzazione degli immigrati adulti, cosiddetti extracomunitari. Nei progetti emerge l'ipotesi di ridurre i tempi della previa residenza richiesta. La Fondazione ISMU condivide questo tipo di orientamento. Ritiene, peraltro, che il legislatore debba, in tale prospettiva, prestare particolare attenzione agli ulteriori requisiti richiesti per la naturalizzazione. In particolare, la Fondazione ISMU ritiene che si debba prestare particolare attenzione sia al requisito della competenza linguistica sia a quello della cosiddetta integrazione civica.
  Quanto alla competenza linguistica, la Fondazione ISMU ritiene che si debba costruire la disciplina in coerenza con quella del contratto d'integrazione e con quella del permesso CE. Già in relazione a questi due istituti è previsto che debba essere raggiunto un certo livello di competenza linguistica. La competenza linguistica, relativamente alla cittadinanza, dovrebbe appunto essere coerente con questo percorso del migrante. In relazione a ciò, per valorizzare questo percorso, riteniamo che il livello richiesto dovrebbe essere quello B1, secondo gli standard europei.
  Per quel che riguarda la cosiddetta integrazione civica, riteniamo che sia un aspetto importante, non a caso al centro del dibattito e delle soluzioni legislative sia in Germania sia nel Regno Unito. Riteniamo, a questo proposito, che sia fondamentale che il legislatore preveda una definizione precisa dei saperi richiesti, come avviene, del resto, in Germania e nel Regno Unito. In questo modo, davvero, non si tratta solo, con la concessione della cittadinanza, di accertare un'avvenuta integrazione, ma anche di promuovere percorsi d'integrazione, attraverso, appunto, l'indicazione di precisi standard richiesti.
  In questo modo, tra l'altro, si accresce la certezza del diritto. In altri termini, si riduce opportunamente la discrezionalità, si apre la strada anche a un diverso configurarsi della competenza. Non sarebbe più necessario, in tale contesto, il decreto del Presidente della Repubblica, ben potendo provvedere il Prefetto, come avviene in Francia, con una evidente possibile riduzione dei tempi.
  In questo contesto, andrebbe anche considerata l'ipotesi di consentire un accesso alla cittadinanza in tempi ancora più brevi, come avviene in Germania, per coloro che abbiano compiuto particolari e significativi sforzi d'integrazione nel nostro Paese.
  Mi riferisco, per il secondo punto, alle cosiddette seconde generazioni. Nei progetti riscontriamo l'ipotesi di introdurre una sorta di ius soli qualora almeno uno dei genitori soddisfi determinati requisiti quanto al previo regolare soggiorno. Fondazione ISMU non condivide questo tipo di orientamento, che porterebbe a discriminazioni che non sembrano giustificate nell'ambito familiare, ad esempio tra fratelli, nati anche solo a brevi distanze di tempo, ma in condizioni lievemente diverse per quel che riguarda la previa legale residenza dei genitori.
  Fondazione ISMU non condivide quest'orientamento e intende ricordare che i bambini devono avere tutti gli stessi diritti, a prescindere dal passaporto. La concessione Pag. 10della cittadinanza non deve essere uno strumento per dare diritti ai minori. Non è necessario, quindi, questo tipo di soluzione. Fondazione ISMU condivide, invece, l'orientamento di dare la possibilità di ottenere la cittadinanza sia ai nati in Italia, sia comunque a coloro che hanno seguìto un percorso di scolarizzazione in Italia nel corso dell'adolescenza, secondo il modello francese.
  Perché Fondazione ISMU condivide quest'orientamento ? Anzitutto, perché promuove la frequenza scolastica. Ancora una volta, la disciplina della cittadinanza andrebbe così a divenire fattore che promuove l'integrazione. Inoltre, dare una chance negli anni dell'adolescenza in relazione alla frequenza scolastica significa dare la cittadinanza quando è importante, perché sarà decisiva alla maggiore età per gli ulteriori percorsi di integrazione nella realtà italiana.
  Nell'adolescenza, la persona si interroga sulla propria identità ed è importante che in quel momento le istituzioni propongano alla persona una scelta nel contesto della scuola, che è sempre stata una fondamentale agenzia d'integrazione civica nel nostro Paese. Ancora una volta, in questo modo, la disciplina della cittadinanza andrebbe non solo a sancire, ma anzitutto a promuovere l'integrazione.
  Ulteriori specificazioni saranno in un documento che sarà trasmesso domani alla Commissione in formato elettronico.

  PRESIDENTE. Ringrazio lei e do la parola, ringraziandolo, al professor Paolo Morozzo della Rocca, della Comunità di Sant'Egidio, consulente giuridico, accompagnato dalla dottoressa Daniela Pompei, responsabile della Comunità di Sant'Egidio per i servizi agli immigrati.

  PAOLO MOROZZO DELLA ROCCA, Rappresentante della Comunità di Sant'Egidio. Ringrazio il Presidente per l'opportunità di essere ascoltati su un'impresa politica di grande civiltà, per la quale la Comunità di Sant'Egidio è da tanti anni impegnata.
  In effetti, abbiamo vissuto, ritrovandoci in questa sede con molti degli intervenuti, diverse legislature, lavorando a ipotesi di riforma che ora ci auguriamo possano avere finalmente un risultato positivo. L'auspicio che vorrei fare sin d'ora è che possiate presto giungere, signor Presidente, a un testo unificato e che si possa finalmente giungere a questa legge che tante legislature ha impegnato.
  Come uno sguardo di diritto comparato potrebbe facilmente dimostrare, siamo un Paese dalla cittadinanza impervia, almeno riguardo agli stranieri stabilmente residenti in Italia. In Italia, il tasso di naturalizzazione è di 1,2 su cento stranieri residenti, mentre nell'Unione europea il tasso medio è del 3,7. In Svezia, raggiunge il 5 per cento. È, dunque, urgente la riforma della disciplina per l'acquisto della cittadinanza sia degli immigrati venuti in Italia già da adulti sia dei loro discendenti, nati in Italia o nati all'estero, ma venuti in Italia durante la minore età.
  Può forse essere condivisa la preoccupazione che la cittadinanza non debba essere, per chi è venuto nel nostro Paese già adulto, un'attribuzione scontata. Sarebbe, invece, un grave errore continuare a negare la cittadinanza ai bambini e ai ragazzi che di fatto crescono da italiani. Non parliamo di pochi casi. Le cifre sono state fornite.
  Ci sembrano, dunque, tutte molto ragionevoli le proposte d'introduzione di un ius soli temperato e ulteriormente temperato dalla condizione del soggiorno stabile dei genitori prima della nascita o anche successivamente alla nascita, con attribuzione iure soli magari quando la famiglia abbia già raggiunto un'anzianità residenziale di tre o più anni, ma certamente non più di cinque.
  Tuttavia, non tutti i bambini figli di stranieri che crescono in Italia vi sono nati. Non è così forse per circa il 40 per cento di loro, venuti in Italia da minori dopo essere nati all'estero. Per loro, crediamo ragionevole l'introduzione di un criterio d'acquisto della cittadinanza per ius culturae, come si è detto. La ragione ci pare evidente. Non si diventa, forse, più efficacemente italiani frequentando la scuola piuttosto che semplicemente nascendo ? Pag. 11Lo ius culturae dà nome alla necessità della cittadinanza in un mondo globalizzato nel quale la persona e le sue condizioni vitali contano forse più del suolo e del sangue.
  Se occorre fare i cittadini educandoli al senso di responsabilità per il bene comune, aspettare il compimento della maggiore età significa sciupare gli anni migliori dell'apprendimento affettivo ed esistenziale, il quale, però, a mio parere non è un apprendimento che si rende possibile all'età dell'adolescenza. Ignoriamo che quello di cittadinanza è un sentimento che cresce dalla nascita in poi, quindi penso di dover difendere il criterio dello ius soli, ancorché temperato.
  Per questo, esprimiamo un consenso di fondo alle diverse proposte contenute nei progetti di legge riguardanti l'attribuzione della cittadinanza già alla minore età o nel canale dello ius soli temperato, come dicevo, o al compimento di un ciclo scolastico, degli stranieri nati all'estero, ma venuti in Italia durante la minore età. Ius soli temperato e ius culturae sono due assi portanti di una riforma strategica per il nostro Paese, ma una riforma è fatta anche di miglioramenti meno strategici, eppure ugualmente rilevanti. Vorrei segnalarne alcuni.
  Oggi, ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 91 del 1992, i figli di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con essi, acquistano la cittadinanza italiana. Divenuti maggiorenni, però, potranno rinunciarvi.
  La norma esprime un principio giusto, ma è obsoleta per due ragioni: la prima è che, di fatto, la concessione della cittadinanza al genitore giunge spesso, come veniva ricordato, con tre anni e più di ritardo e così, alla fine, il richiedente diventa cittadino. Certo, il richiedente diventa cittadino, ma il figlio no. Il figlio che all'epoca della domanda aveva 14 o 15 anni rimane straniero, anche se alla data prevista come termine procedimentale, che era di 2 anni, era ancora abbondantemente minorenne.
  Perché non prevedere, allora, con una modifica normativa che il ritardo procedimentale non può danneggiare l'aspettativa di cittadinanza del figlio minorenne ? Ancora, la norma è stata scritta quando i minori di genitori separati erano affidati all'uno o all'altro, per questo aveva senso porre il requisito della convivenza con il genitore naturalizzato. Oggi, però, forse questo requisito dovrebbe essere quello dell'acquisto della cittadinanza del genitore che esercita la responsabilità genitoriale: in un affidamento condiviso, ad esempio, il genitore con il quale il figlio non convive, ma che si occupa stabilmente di lui.
  Oggi, il minore adottato acquista la cittadinanza per iure communicatio dall'adottante. Cosa succede, però, se un minore straniero, una volta abbandonato dai genitori, privati della potestà o deceduti, non viene adottato, come è il caso di migliaia di minori stranieri ? Semplicemente, rimane straniero. Occorrerebbe, invece, rendere più agevole l'acquisto della cittadinanza italiana per i minori dichiarati adottabili e per quelli dati in affidamento sino al compimento della maggiore età.
  Esprimo ancora una preoccupazione. La residenza rimarrà, anche per diverse ragioni in parte rammentate, un elemento fondamentale di molte fattispecie di acquisto della cittadinanza. Chi, però, si occupa di questo tema non da oggi, sa quanti problemi sono sorti dall'illegittima identificazione e confusione tra residenza legale, residenza dello straniero autorizzato al soggiorno e residenza anagrafica, confusione purtroppo contenuta nell'articolo 1 del regolamento di attuazione della legge n. 91 del 1992.
  Pressato da una sequela impressionante di sentenze che disapplicavano il regolamento perché illegittimo, il precedente Governo ha provveduto, con il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, a rendere innocua questa confusione regolamentare per tutti i diciottenni che eleggono la cittadinanza in base all'articolo 4 della legge.
  Il problema, però, rimane per tutte le altre fattispecie, prima tra le quali quella della concessione per residenza, che oggi è Pag. 12decennale e che domani davvero speriamo diventi quinquennale. Forse, da questo punto di vista, per non cadere nel laccio di questa residenza anagrafica arbitraria e poco significativa, è giusta l'idea della proposta di legge n. 525, a firma di Marazziti, di sostituire la dizione con la diversa nozione di soggiorno regolare.
  Andrebbe, infine, prevista una norma, che ho visto in alcuni progetti di legge, la quale, pur valorizzando ancor più di oggi il giuramento da parte della persona capace, risolva però positivamente il dubbio sulla capacità di acquisire la cittadinanza da parte di soggetti disabili, sì, ma nati o cresciuti in Italia o qui residenti da lungo tempo, ad esempio consentendo che la domanda o la dichiarazione di volontà sia inoltrata dal rappresentante legale nell'interesse dell'incapace.

  GRAZIA NALETTO, Rappresentante di L'Italia sono anch'io. Ringraziamo per averci invitato a partecipare a quest'audizione.
  Innanzitutto, vorrei specificare che oggi interverrò a nome della campagna nazionale «L'Italia sono anch'io», promossa da 19 organizzazioni, nel corso del tempo divenute 22. Sono organizzazioni della società civile che hanno promosso una raccolta di firme su due proposte di legge d'iniziativa popolare.
  Vogliamo esprimere qualche perplessità sulla modalità d'interlocuzione con la campagna da parte della Commissione. Abbiamo presentato due proposte di legge d'iniziativa popolare, agli atti dei lavori della Commissione, i cui contenuti sono stati brillantemente illustrati dall'avvocato Trucco. In base a quanto prevede il nostro ordinamento, riteniamo che sarebbe assolutamente opportuno che ci fosse un coinvolgimento, un'interlocuzione con i promotori della campagna, anche durante tutto l’iter parlamentare che riguarda le proposte di legge attualmente in discussione.
  Abbiamo pensato fosse assolutamente opportuno esplicitare questa perplessità, dal momento che la presentazione di queste due proposte di legge d'iniziativa popolare è stata resa possibile da una lunghissima campagna che ha coinvolto tutto il Paese, con la partecipazione di circa cento comitati promotori locali.
  Su queste due proposte di legge, non solo la proposta di legge di riforma sulla cittadinanza, ma anche la proposta di legge sull'introduzione del diritto all'elettorato attivo e passivo alle elezioni amministrative per i cittadini di Paesi terzi, abbiamo depositato alla Camera, rispettivamente, 110.000 e circa 106.000 firme.
  Riteniamo che il significato del lavoro svolto non si riferisca soltanto ai contenuti giuridici che, come ripeto, sono molto dettagliati in quanto formulati in vere e proprie proposte di legge, ma anche al grande significato di avere avviato nel Paese una campagna di carattere culturale, che mettesse al centro il tema della garanzia dei diritti di cittadinanza in relazione a persone stabilmente residenti nel nostro Paese da tempo, che in alcuni casi nascono, ma che in altri lavorano, vivono, studiano ormai da anni nel nostro Paese, e che hanno quindi intessuto relazioni sociali stabili con la società italiana.
  Ebbene, con riferimento a queste persone, riteniamo che debba essere applicato l'articolo 3 della Costituzione, che prevede la garanzia del principio di eguaglianza e l'eliminazione di tutti gli ostacoli che impediscono l'effettiva applicazione di questo principio costituzionale.
  Ripeto, dunque, che quella delle due proposte di legge d'iniziativa popolare che vanno a facilitare innanzitutto l'accesso alla cittadinanza per persone stabilmente residenti nella società italiana è, secondo noi, l'idea di riferimento. Sosteniamo, quindi, non solo, come è ovvio, le proposte che abbiamo depositato, ma anche tutte quelle in discussione e che si sono affiancate nel corso dei lavori parlamentari, che comunque hanno l'obiettivo di facilitare l'accesso alla cittadinanza.
  In secondo luogo, vorremmo porre alla Commissione la questione che riteniamo fondamentale relativa alla disponibilità dei dati ufficiali che riguardano il numero delle domande presentate, il numero degli esiti positivi relativi alle procedure che si Pag. 13sono concluse, ma soprattutto alle domande pendenti. Da questo punto di vista, in particolare, si rileva l'estrema difficoltà di accesso ai dati disponibili presso il Ministero dell'interno e riteniamo che sarebbe forse utile che la Commissione si adoperasse per renderli trasparenti.
  In terzo luogo, vorremmo sollecitare la Commissione a non sottovalutare un legame molto stretto, dal nostro punto di vista, che interessa l'ormai necessaria riforma della legge sulla cittadinanza. In realtà, nel nostro Paese il dibattito sia politico sia pubblico va avanti ormai da almeno una ventina d'anni. Le prime proposte di modifica della legge risalgono alla seconda metà degli anni Novanta, quindi c’è un dibattito politico, giuridico, pubblico ormai assolutamente lungo.
  Vorremmo, però, appunto sollecitare a considerare anche l'importanza di collegare a una riforma della legge sulla cittadinanza anche l'introduzione del diritto al voto. L'esclusione dalla possibilità di partecipare, anche attraverso il voto, alla definizione delle decisioni che riguardano la vita della comunità locale alla quale si appartiene, è di fatto un principio di esclusione dalla partecipazione e dalla democrazia di una grande parte di cittadini, cittadini di fatto, ma non di diritto. In una democrazia che funzioni, la distanza tra queste due condizioni dovrebbe assolutamente restringersi.

  NEVA BESKER, Rappresentante di Rete G2 Seconde Generazioni. Vorrei ringraziare per l'invito rivolto alla Rete G2 a essere sentiti qui oggi.
  Comincerò parlando di Samira Mangoud, un'attivista della Rete G2 Seconde generazioni, nata a Roma nel 1980 da madre filippina e padre egiziano. Al compimento dei 18 anni, non ha fatto richiesta di cittadinanza italiana, pur avendone maturato i requisiti, perché non sapeva di doverla richiedere entro il diciannovesimo anno di età. Oggi Samira non è più tra noi e non ha mai acquisito la cittadinanza, pur considerandosi da sempre una romana «de Roma».
  Vogliamo ricordarla in questa sede perché proprio qui, insieme ad altri rappresentanti della Rete G2, Samira ha partecipato nel 2007 a un'audizione sullo stesso tema, chiedendo con forza, anche alla luce delle sue vicende personali, una nuova legge sulla cittadinanza che considerasse noi, le cosiddette seconde generazioni, figli di questo Paese, in cui siamo nati e cresciuti.
  Samira è nata da italiana, ma ci ha lasciato da cittadina straniera, mentre tentava di acquisire la cittadinanza italiana e mantenere il suo posto di lavoro, che aveva perso perché il suo stato di cittadina straniera non le permetteva di esercitare la sua professione nel pubblico impiego, nel quale di fatto già operava da anni. Perciò, intentò causa al Comune di Roma. Nel 2010, Samira è scomparsa per motivi di salute, a soli 29 anni, prima che il giudice decidesse sul suo caso.
  Casi come quello di Samira non hanno smesso di verificarsi e continueranno a ripetersi finché il Governo non interverrà. In questi giorni, c’è stato l'ultimo episodio di una nostra amica, Domenica Canchano, di origini peruviane, nata all'estero e cresciuta in Italia. È una giornalista di lungo corso, iscritta all'Ordine dei giornalisti della Liguria e rappresentante dell'Associazione nazionale stampa interculturale (ANSI), che collabora con numerose testate nazionali. Proprio in questi giorni, si è vista rifiutare dal tribunale di Torino la possibilità di dirigere una testata perché non risponde al requisito della cittadinanza stabilito dalla legge sulla stampa 8 febbraio 1948, n. 47, secondo la quale il direttore responsabile deve essere cittadino italiano.
  Ora, di questi esempi vissuti ce ne sarebbero infiniti altri. Vogliamo mostrarvi, chiaramente senza inutile retorica, come pur convivendo e crescendo da italiani di fatto, noi, figli dell'immigrazione, ci ritroviamo inesorabilmente, a un certo punto delle nostre vite, a doverci confrontare con continue difficoltà e limitazioni, diretta conseguenza di un modello di acquisizione di cittadinanza ormai anacronistico rispetto alla composizione attuale Pag. 14del Paese. Abbiamo e hanno ripetuto più volte le associazioni presenti in questa sede che la realtà, oggi, è fatta di oltre un milione di figli di immigrati solo tra minorenni, di cui poco più della metà nati in Italia. Per tutti questi motivi, gentile presidente e gentili componenti della Commissione, siamo qui a sollecitare ancora una volta una nuova legge sulla cittadinanza o sostanziali modifiche alle attuali leggi in vigore, che introducano disposizioni più inclusive a favore dei figli dell'immigrazione.
  Nello specifico, accogliamo con favore un consenso pressoché unanime all'attribuzione della cittadinanza italiana ai bambini nati in Italia da genitori stranieri regolarmente soggiornanti. Teniamo molto a che si tenga conto della situazione reale, quindi dei dati che abbiamo appena citato, che si tenga conto anche dei minori nati all'estero e cresciuti in Italia.
  Accogliamo con altrettanto favore che gran parte della proposta di legge all'esame della Commissione preveda l'ottenimento della cittadinanza per questi minori giunti in Italia a seguito del ricongiungimento familiare, quale la proposta di legge A.C. n. 9 d'iniziativa popolare, promossa dall'associazione Rete G2 insieme a 22 organizzazioni della società civile, proprio quella di «L'Italia sono anch'io».
  Esprimiamo, altresì, preoccupazione per quelle proposte di legge che introducono nuovi e più restrittivi criteri, oltre a vincolare l'acquisizione della cittadinanza al profitto scolastico, ledendo il diritto-dovere all'istruzione e formazione professionale costituzionalmente garantito.
  Allo stesso tempo, nell'esprimere grande apprezzamento per le soluzioni che mirano a trovare aperture anche per i minori cresciuti in Italia, ma ivi non nati, chiediamo particolare attenzione nella scelta d'ipotesi che favoriscano l'attribuzione della cittadinanza in conseguenza di cicli scolastici non chiaramente identificati.
  Infine, riteniamo che, alla luce dell'introduzione di nuove forme di acquisizione della cittadinanza per i nuovi figli d'immigrati basati sull'attribuzione, che introducono quindi il principio della cittadinanza come atto dovuto, debba essere escluso, per i minori figli d'immigrati, il contributo di pagamento di 200 euro previsto dall'articolo 9-bis, comma 2, introdotto dalla legge 15 luglio 2009, n.94.
  Dopo diversi anni di attesa, la Rete G2 chiede con forza che si arrivi in tempi brevi a una nuova legge sulla cittadinanza o a modifiche della legge in vigore. Attraverso la campagna di comunicazione e informazione G2 in Parlamento, la nostra rete monitorerà i lavori parlamentari sul tema e ne darà ampio risalto attraverso i social network.

  SAMIRA CHABIB, Presidente dell'Associazione di donne italiane e marocchine «Saadia». Vi ringrazio per avermi dato la possibilità di fare quest'intervento sul tema così importante e delicato della cittadinanza, soprattutto per i minori stranieri.
  Vorrei iniziare dicendo che Francia, Regno Unito e altri Paesi europei vantano una lunga esperienza coloniale, iniziata nel XIX e nel XX secolo, mentre in Italia il fenomeno dell'immigrazione era quasi inesistente fino agli ultimi decenni del Novecento. Con la legge n. 91 del 1992, infatti, si nota che il legislatore non si preoccupa di gestire il problema dell'integrazione politica degli immigrati. La legge del 1992 nemmeno si sofferma sul rapporto tra cittadinanza e conoscenza della lingua, tra cittadinanza ed educazione civica. Quanto al giuramento, in Italia, è previsto come adempimento burocratico, mentre nel Regno Unito, in particolare, è il cuore di una solenne cerimonia dall'alto valore simbolico.
  La cittadinanza non è il semplice rilascio di un attestato burocratico. Al contrario, è il riconoscimento di appartenenza alla Nazione, di integrazione nel suo popolo, di condivisione dei valori sociali e politici. Il riconoscimento formale della cittadinanza non può che essere il punto di arrivo di un percorso d'integrazione che porta ad amare e a rispettare la futura nuova Nazione realizzata da parte dello Pag. 15straniero e ad accettare le regole che stanno alla base del patto sociale e di fedeltà alla Repubblica italiana.
  Questi sono i punti essenziali di partenza per la nostra proposta sul tema dell'acquisizione della cittadinanza, con un occhio di riguardo volto a favorire una piena integrazione che avrà conseguenze importanti sulla società, sull'economia e sulla cultura italiana.
  In primo luogo, proponiamo di ridurre dagli attuali dieci a otto anni di residenza legale nel territorio per la concezione della cittadinanza allo straniero, accompagnata da percorsi formativi e di ordine civico, linguistico, etico e culturale, e che lo straniero abbia i necessari requisiti abitativi, lavorativi e reddituali affidabili e l'assenza di carichi penali pendenti.
  A oggi, di primaria importanza sono i minori stranieri presenti in Italia, coloro conosciuti come seconda generazione. Fanno parte di questa categoria sia i nati in Italia da genitori entrambi stranieri, sia coloro che sono nati all'estero e che sono giunti nel nostro Paese seguendo il percorso migratorio dei propri genitori attraverso il canale del ricongiungimento familiare nonché i minori non accompagnati presenti in Italia senza i genitori.
  Nel caso dei minori stranieri nati in Italia, piccoli, con meno di 10 anni, per ricongiungimento familiare, proponiamo che debbano acquisire pari diritti dei loro coetanei cittadini italiani, con cui condividono il ciclo scolastico e il percorso di crescita e formativo, evitando pericolose estraniazioni in cui i bambini e gli adolescenti nati da genitori stranieri vengano a trovarsi e che ciò sia un danno psicologico nella loro personalità e formazioni, sia nel loro futuro inserimento sociale.
  A essi va concessa la cittadinanza, ultimato il percorso scolastico obbligatorio, come in tutto il mondo civile, per permettere loro di affacciarsi al proprio futuro nelle stesse condizioni dei loro compagni italiani. La cittadinanza rappresenta, quindi, uno strumento in grado di garantire loro maggior sicurezza nel presente e un solido punto di partenza per costruire i progetti futuri. Rimane importante che a questi cittadini sia riconosciuta la facoltà di doppia cittadinanza.
  Pari considerazione va data anche ai figli minori dei genitori stranieri entrati in Italia di età superiore a 10 anni. Non è affatto giusto che questi siano legati ai genitori. All'età di 18 anni diventano cittadini italiani una volta completato l'intero percorso scolastico o professionale. Ove il titolo di studio conseguito nei Paesi di origine non sia riconosciuto dallo Stato italiano, devono completare il necessario ciclo scolastico obbligatorio o, una volta maggiorenni, devono essere assolutamente liberi di scegliere la propria strada senza che la condizione dei genitori possa impedire loro di prendere determinate scelte.
  Vorrei proporre, inoltre, la possibilità di poter scegliere un secondo nome italiano una volta raggiunti i 18 anni. Potrebbe essere un motivo di maggiore integrazione nella società italiana o un modo per garantire ai ragazzi un futuro alla pari dei coetanei italiani.
  Riguardo il matrimonio, ritengo sia giusto far trascorrere 2 anni prima di concedere la cittadinanza. Nel caso in cui vi sia la presenza di prole, però, è indispensabile che il genitore ottenga immediatamente la cittadinanza al fine di non creare disuguaglianza e divisioni interne al nucleo familiare. Sono d'accordo con la proposta di introdurre la revoca della cittadinanza in caso di condanna definitiva per gravi delitti anche per coloro che l'hanno acquistata per matrimonio.
  Infine, la cittadinanza per molti è un concetto astratto, ma per chi nel corso della propria vita ha incontrato degli ostacoli solo per il fatto di non essere cittadino italiano riconosciuto dallo Stato, la cittadinanza è qualcosa di molto concreto. È difficile che un italiano si renda consapevole della differenza che comporta l'essere o meno cittadino italiano. La cittadinanza porta con sé una serie di doveri, ma anche diritti che chi non la possiede non ha.
  Gli stranieri hanno la volontà di possedere la cittadinanza, che equivale alla volontà di poter finalmente godere degli stessi diritti e doveri di cui godono gli Pag. 16italiani. In questo senso, lo Stato italiano dovrebbe comprendere questo desiderio e rilasciare la cittadinanza a coloro i quali dimostrano di averne i requisiti previsti.

  RAFFAELA MILANO, Rappresentante di Save the Children Italia. Anche Save the Children, come tutte le organizzazioni che hanno preso la parola, ritiene di grande importanza questa riforma. È una riforma urgente, che è stata attesa già troppo a lungo. È la riforma di una legge che parla di un Paese che non è più il nostro, perché è profondamente cambiato.
  Molti dati sono stati forniti. Ne ricordo solo uno relativo all'incidenza dei minori cosiddetti stranieri nella scuola d'infanzia: sono 9,8 i bambini di famiglie straniere; ebbene, il 79,9 per cento di questo numero è dato da bambini nati in Italia. Questo dice chiaramente quale sia il trend verso il quale va il nostro Paese.
  Vengo a qualche aspetto specifico per stare nei tempi. Anzitutto, relativamente allo ius soli temperato, anche Save the Children apprezza le proposte che sono state avanzate. Molte mirano ad ampliare il riconoscimento dei diritti di cittadinanza attraverso questo strumento. Esprimiamo particolare apprezzamento per quelle proposte che intervengono per far acquisire la cittadinanza alla nascita per i minori che nascono in Italia da genitori stranieri in possesso di alcuni requisiti legati agli anni di permanenza legale di uno dei genitori. Raccomandiamo di individuare criteri il più possibile estensivi per una soluzione più favorevole e nel superiore interesse dei minori.
  Rispetto alla concessione della cittadinanza, è già stato sottolineato l'aspetto relativo ai minori arrivati da piccoli e cresciuti in Italia. Anche in questo caso, vogliamo testimoniare, essendo direttamente a contatto con tanti minori, l'importanza per il percorso di crescita di un bambino, già da bambini, non solo da adolescenti, di vedere riconosciuta pienamente la propria appartenenza alla comunità nella quale si vive, potendosi sentire a pieno titolo cittadini del proprio Paese.
  Da questo punto di vista, per questo motivo, come per i minori nati in Italia, anche i minori arrivati nei primi anni di vita in Italia costruiscono legami sociali, culturali, identitari con il nostro Paese, che devono portare a ricevere un riconoscimento formale in tempi ragionevoli e, comunque, prima del compimento della maggiore età.
  Vi sono poi i minori che nascono in Italia che, anche rispetto alle norme che possono prevedere lo ius soli temperato, non potranno usufruire di quest'opportunità perché i genitori non hanno i requisiti pregressi di permanenza. In questo caso, proponiamo di rivedere l'attuale normativa fissando un ragionevole periodo di permanenza regolare e continuativa anche dopo la nascita del bambino per la famiglia, al termine del quale ci sia la possibilità comunque per questi bambini di avere la cittadinanza.
  È chiaro che, se la riforma della cittadinanza modificherà, riducendola, l'attuale soglia di residenza legale per gli adulti per l'acquisizione della cittadinanza, questo indirettamente sarà un beneficio anche per i figli minori. In ogni caso, qualsiasi siano le modifiche relative agli adulti, auspichiamo che vi sia questa possibilità.
  Un ultimo punto riguarda il cosiddetto ius culturae, di cui si è parlato. Comprendiamo che in qualche caso sia stata inserita quest'opportunità con un ulteriore ampliamento. Tuttavia, come mi sembra sia già stato espresso da UNICEF, suggeriamo di privilegiare i tempi di permanenza rispetto alla frequenza del ciclo scolastico, perché l'obbligo scolastico è già previsto per legge per tutti i minori.
  Si tratta di un aspetto fondamentale per il quale, ovviamente, già per le leggi vigenti i genitori, gli esercenti potestà genitoriale, sono chiamati a rispondere in caso di inadempienza. Tuttavia, associare quest'obbligo alla possibilità di acquisizione della cittadinanza rischierebbe di precludere la possibilità di accesso alla cittadinanza per i minori che in modo incolpevole, per sola trascuratezza dei genitori, degli esercenti la potestà genitoriale, Pag. 17non abbiano potuto frequentare la scuola in modo assiduo. Ovviamente, questa è una gravissima omissione, ma non può l'eventuale colpa ricadere sul minore, privandolo di una propria personale opportunità.
  In base alla stessa valutazione, mentre su questo tema dello ius culturae ci permettiamo di proporre un ulteriore momento di approfondimento e di riflessione, siamo assolutamente contrari all'introduzione di criteri selettivi rispetto al profitto scolastico.
  Alcune raccomandazioni già sono state sottolineate, quindi mi limito a ricordarle, come il contributo di 200 euro, che evidentemente non deve essere previsto in questo caso. Segnaliamo, invece, un apprezzamento per quelle proposte di legge che hanno anche individuato alcuni profili specifici di minori. Mi riferisco ai minori stranieri non accompagnati, per esempio, ai minori richiedenti asilo, quindi con delle particolari norme di favore dedicate a questi minori che tanto hanno tribolato prima di poter arrivare nel nostro Paese.

  FRANCA DI LECCE, Direttore del Servizio rifugiati e migranti della federazione delle chiese evangeliche in Italia. La Federazione delle chiese evangeliche in Italia saluta con favore la ripresa della discussione sulla riforma dell'attuale legge sulla cittadinanza e auspica che si giunga in tempi relativamente rapidi a una riforma globale e complessiva della materia, che naturalmente tenga conto del processo di trasformazione della società italiana degli ultimi anni e porti a un ampliamento di diritti e non a una contrazione o restrizione.
  Sappiamo, appunto, che quello d'integrazione è un percorso a tappe in cui la persona acquisisce gradualmente un numero di diritti accompagnati da misure di inserimento sociale (scuola, lavoro, casa, sanità), indispensabili per una partecipazione attiva e responsabile di tutti i cittadini alla vita pubblica.
  In particolare, come Federazione delle chiese evangeliche in Italia, sottolineiamo tre strumenti che riteniamo complementari per il riconoscimento e l'esercizio graduale di diritti sociali, economici, civili e politici: la cittadinanza, il diritto di voto e la libertà religiosa. Mi soffermerò brevemente su alcuni aspetti e sul tema della cittadinanza, oggetto di quest'audizione.
  Come Federazione, riteniamo che una buona riforma della legge sulla cittadinanza sia un elemento cruciale per delineare la cornice entro cui vogliamo disegnare il futuro del nostro Paese. Una buona riforma, secondo noi, deve tenere in considerazione alcuni aspetti, molti dei quali sono stati già sottolineati più volte. Già a partire da un superamento della logica dell'approccio, che non si parli più di una concessione della cittadinanza, ma piuttosto di un diritto. Riteniamo che non sia una questione solamente terminologica.
  Porrò solo tre o quattro questioni brevemente. Naturalmente, l'acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei minori nati, cresciuti in Italia o arrivati quando erano molto piccoli, è un nodo fondamentale. Credo che ci sia su questo un dibattito molto ampio. Ribadiamo assolutamente quest'aspetto, proprio perché parliamo di minori che hanno trascorso tantissimi anni in Italia, 10-15 anni o anche di più sul territorio italiano, e che comunque sono minori su cui lo Stato italiano ha investito non solo in termini economici, ma proprio di legami sociali, di radicamento sul territorio. È, dunque, un investimento che già lo Stato ha fatto su di loro. Riteniamo che siano l'anello cruciale su cui investire per il futuro.
  È, tuttavia, una questione che va affrontata superando posizioni ideologiche e strumentali. Sottolineiamo che un passaggio, un capovolgimento di approccio, che passi dallo ius sanguinis allo ius soli è assolutamente auspicabile, laddove riteniamo lo ius soli non come un mero meccanismo automatico, ma come un riconoscimento effettivo della stabilizzazione positiva delle migrazioni nel nostro Paese. Sottolineiamo anche come auspicabile una semplificazione della procedura che possa evitare diseguaglianza, arbìtri, Pag. 18ingiustizie e che superi definitivamente questo percorso tortuoso che caratterizza oggi l'acquisizione della cittadinanza.
  La seconda questione riguarda gli adulti. Abbiamo visto e credo sia stato detto da tutti, visto che sono l'ultima a essere audita, che la questione dei minori è cruciale. Nondimeno, come Federazione, giudichiamo essenziale una riforma della cittadinanza per residenza, naturalizzazione da parte degli adulti a partire da un approccio che renda l'acquisizione della cittadinanza un diritto soggettivo.
  A nostro avviso, la questione degli adulti, soprattutto nel recente dibattito, è stata un po’ trascurata, se non altro un po’ appiattita. Credo che debba essere ripreso questo legame assoluto quando si parla di riforma della cittadinanza. Lo poniamo qui con forza. Oltretutto, alla fine gli adulti spesso sono i genitori o i potenziali genitori dei minori in questioni di cui stiamo dibattendo.
  Riteniamo veramente doveroso riprendere un po’ il dibattito anche con questo collegamento, proprio perché credo che creare situazioni giuridiche differenti all'interno del nucleo familiare sia un elemento del cui impatto dovremmo preoccuparci già subito. Indirettamente, va a minare anche quell'unità familiare che sta a cuore a tutti noi, laddove la famiglia è considerata un elemento fondante la nostra società.
  Chiaramente, tra i nodi da affrontare, c’è la riduzione dei tempi. Su questo, non mi soffermerò a lungo, perché molto è stato già detto e anche perché, come Federazione delle chiese evangeliche in Italia, siamo membro promotore della campagna «L'Italia sono anch'io», alla cui proposta di iniziativa popolare rimandiamo per ulteriori approfondimenti.
  L'ultima questione riguarda i tempi, la trasparenza e i dati. È necessario fissare tempi certi per l'espletamento dell'intera procedura. Dobbiamo superare l'incertezza e i tempi lunghissimi della procedura attuale, quindi fissare un tempo entro il quale la risposta deve essere considerata accolta.
  È fondamentale per noi anche un'adeguata trasparenza e articolazione in merito alle motivazioni dell'eventuale rigetto della domanda – è una questione che riteniamo importante – nonché l'accesso ai dati statistici rispetto alle domande presentate e alle cittadinanze riconosciute o negate, alle motivazioni del rigetto, come dicevo, ma anche alle pratiche pendenti. Infine, bisogna prevedere un regolamento che dia attuazione alle norme e le riordini in un corpo unitario.
  Concludo con l'auspicio che non solo come Federazione, ma come associazioni, quindi come membro della campagna «L'Italia sono anch'io», possa essere ripreso un dialogo, un'interlocuzione regolare e costante con il comitato promotore della campagna. Riteniamo che la proposta portata avanti dalla campagna abbia un «duplice» merito o vantaggio.
  Oltre a rappresentare un vastissimo cartello di associazioni (religiose, laiche e il mondo sindacale), è una campagna che ha avuto e ha un radicamento sul territorio e che ha raccolto oltre 110.000 firme per la proposta di legge sulla cittadinanza. In realtà, parliamo di radicamento sul territorio, quindi di Samira e di altre persone, protagonisti di questa battaglia che vogliamo combattere insieme.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARILENA FABBRI, Relatrice. Ringrazio il Presidente e tutti gli intervenuti, gli auditi di oggi, perché come relatrice su questo provvedimento è sicuramente stato per me interessante sentire le vostre puntualizzazioni, anche se in maniera sintetica. Sia la correlatrice, che oggi non c’è, ma che seguirà con me il provvedimento, la collega Calabria, sia io, guarderemo con molta attenzione alle vostre considerazioni.
  Terrei a sottolineare alcuni aspetti, sui quali ci eravamo anche noi interrogati, al di là dei temi che sono già stati affrontati sia all'interno della proposta di iniziativa Pag. 19popolare sia delle altre proposte pervenute dai colleghi. Sono oltre una ventina le proposte abbinate a questo provvedimento che, tanto per inciso, auspichiamo abbia effettivamente un percorso celere e arrivi, soprattutto, a buon fine.
  Sappiamo perfettamente, come avete ricordato, che da almeno vent'anni il Parlamento tenta di affrontare questo tema. Sicuramente, i tempi sono maturi. Soprattutto, i rappresentanti dei Comuni, ma anche delle associazioni di seconda generazione, dimostrano che, mentre prima questo fenomeno era residuale, oggi invece è un tema particolarmente significativo, che coinvolge le vite delle tantissime persone che vogliono e chiedono di sentirsi parte di questo Paese.
  Vorrei puntualizzare alcuni aspetti, che non so quanto possano essere affrontati qui oggi nel minuto di replica che avrete. Mi interesserà, eventualmente, poter approfondire con voi di persona o nelle puntualizzazioni che riterrete opportuno fare per iscritto in merito ad alcune questioni su cui anche noi ci siamo soffermati.
  Ovviamente, stiamo lavorando al testo unico, che al momento non c’è: appena condiviso anche con i colleghi che hanno proposto il testo e con la Commissione, lo metteremo a disposizione per un ulteriore confronto rispetto al risultato finale.
  Posso dirvi che sicuramente quelli dello ius soli temperato, dello ius culturae collegato ai minori arrivati in Italia successivamente, dell'introduzione di criteri di miglioramento e di semplificazione rispetto alla procedura per gli adulti, sono assolutamente temi alla nostra attenzione, così come quello dell'adozione degli stranieri adulti.
  Anche su alcuni temi un po’ cruciali mi interessa la vostra opinione, poiché avete esperienza sul campo e vi siete confrontati quotidianamente con le problematicità di chi chiede la cittadinanza.
  Rispetto al tema dello ius soli temperato, mi sembra di aver capito che tutti prevedete che sia almeno uno dei genitori a chiedere la cittadinanza per conto del minore nato al momento della nascita, verificati alcuni requisiti, che poi andremo a disquisire.
  Noi ci interrogavamo, anzitutto, sull'opportunità di sganciare la dichiarazione di un solo genitore a chi esercita la patria potestà, per una questione di par condicio di genere. Nel limitarsi a un solo genitore, ci interrogavamo su cosa succede quando i genitori sono in disaccordo.
  La proposta che farò ai colleghi è quella, eventualmente, di applicare un principio di maggior favore verso il minore: in caso di presenza di disaccordo dei genitori rispetto al chiedere o no la cittadinanza, applicarla d'ufficio in presenza di una volontà, qualora questo non determini la perdita della cittadinanza originaria; di condizionarla, invece, alla volontà di entrambi nel caso in cui l'acquisizione della cittadinanza italiana dovesse determinare la perdita di quella originaria. In questo caso, rimandare alla scelta del minore una volta raggiunta la maggiore età se chiedere o meno la cittadinanza. Vorrei sapere cosa ne pensate.
  Prendo atto, rispetto al minore agganciato allo ius culturae, del tema della frequenza piuttosto che dell'acquisizione del titolo di studio, non legandosi quindi a una questione di merito, perché forse – scusate la battuta – dovremmo anche togliere la cittadinanza a tanti italiani. Prendiamo atto di queste considerazioni. Riteniamo di riprendere quanto già legge, l'articolo 33 del decreto-legge n. 69 del 2013, il decreto del fare, l'obbligo ai Sindaci di informare i minori stranieri diventati maggiorenni del diritto di rinuncia per chi l'ha già acquisita alla nascita o del diritto di acquisizione per quelli che non avranno visto esercitato il diritto da parte dei genitori.
  Ci eravamo posti anche noi il tema della disabilità, in particolare psichica. Siamo a conoscenza di alcuni disguidi rispetto sia alla dichiarazione sia proprio al fare domanda. C’è chi interpreta, comunque, la dichiarazione di volontà di chiedere la cittadinanza già come un primo elemento di ostacolo. Vi è, inoltre, il tema del giuramento. Su questo pensavamo Pag. 20di proporre ai colleghi di consentirci di distinguere i minori disabili nati da disabili, per cui sembra un po’ più facile: anche in questo caso, sono i genitori a poter esercitare la patria potestà.
  Inoltre, c’è il tema dei disabili minori che diventano maggiorenni nel corso della procedura, in qualche modo ostacolati. Si tratterebbe, quindi, di introdurre il tema per cui possono esercitare questo diritto i genitori, in caso di minori, o gli esercenti la tutela, una volta divenuti maggiorenni, esentandoli dal giuramento.
  Il tema residenza legale e permesso di soggiorno ci interessava particolarmente. Avete visto anche voi che alcune proposte collegano il calcolo temporale per far scattare i requisiti alla residenza legale e altri al permesso di soggiorno di lunga permanenza. Ci chiedevamo, dal punto di vista pratico, quale potessero essere i pro e i contro dell'agganciarsi a un criterio piuttosto che a un altro.
  Ci sembrava che la residenza legale consentisse meglio ai Sindaci di verificare il requisito, che questo criterio consentisse poi alla legge di agganciare direttamente degli obblighi ai Comuni di informativa, nel senso che la residenza fosse maggiormente tracciabile e direttamente verificabile dai Sindaci attraverso le anagrafi, anche nel momento in cui le famiglie, i cittadini cambino la residenza.
  Ci sembrava, invece, meno verificabile il tema della durata del permesso di soggiorno di lunga permanenza. Chiediamo a voi: la scelta dell'uno o dell'altro porta vantaggi o svantaggi. Allo stesso modo, ci facevate notare che il concetto di residenza legale è diverso da quello anagrafico, quindi andrebbe maggiormente chiarito ed esplicitato.
  Ci avete anche segnalato il tema del raggiungimento della maggiore età nel corso di procedure già avviate, che a oggi determinano un'interruzione della procedura magari legata all'acquisizione dei genitori della cittadinanza, e della possibilità per i figli di chiedere a loro volta la cittadinanza nel momento in cui scatta la maggiore età. Ci sono stati segnalati questi disguidi.
  Pensavamo, anche in questo caso, di proporre ai colleghi della Commissione la possibilità di dire che le procedure in corso, avviate per qualsiasi motivo o legate magari a nuovi criteri che andiamo a introdurre, dello ius culturae, se riusciremo, o legati all'acquisizione a seguito della cittadinanza della famiglia, che quindi non determinano una interruzione, proseguano sulla base dei requisiti precedentemente richiesti.
  Abbiamo presente il tema del contributo economico. Anche in questo caso vorremmo accogliere una serie di proposte avanzate, come il non applicare il contributo almeno ai minori, ai percorsi legati ai minori. Pensavamo, ma ci si confronterà, di esplicitare meglio le cause di esclusione e rilascio della cittadinanza e di introdurre, eventualmente, in analogia con altri Paesi, la revoca della cittadinanza in casi di gravi delitti, qualora questo ovviamente non determini un'apolidia, quindi comunque ci sia la presenza della doppia cittadinanza.
  Sicuramente, un altro punto da esplicitare è quello evidenziato in merito all'accertamento della competenza linguistica, l'integrazione culturale e civica per gli adulti nella procedura per la naturalizzazione, onde evitare che sia una babele, che si creino criteri differenziati sul territorio nazionale.
  Si diceva di agganciarsi a percorsi già previsti per il rilascio del permesso di soggiorno lungo e di non inventarsi nulla rispetto a percorsi già definiti, allo stesso tempo eventualmente individuando percorsi standard, in modo che il diritto sia garantito su tutto il livello nazionale e ci sia anche una responsabilizzazione dello Stato italiano ad acculturare o, comunque, a creare i presupposti per una reale integrazione da parte di chi vuole effettivamente integrarsi e riconoscersi appieno nello Stato italiano, anche attraverso la cittadinanza.
  Mi chiedevo – non so se qualcuno di voi lo sa – come funzioni un requisito previsto nella legge sul servizio militare. Abbiamo visto che aver esercitato il servizio militare – forse questo è un tema di Pag. 21cui non vi siete occupati – è uno dei presupposti per acquistare la cittadinanza italiana, non automatica a seguito della perdita dei genitori.
  Ci chiedevamo se ci fossero casi che effettivamente conoscevate. Eravamo curiosi. Non essendoci più l'obbligo di leva in Italia, in realtà potrebbe essere un presupposto ormai obsoleto, che non risponde più a un dato di realtà, forse è qualcosa che non si può verificare o, invece, è un'ipotesi residuale, ma che ancora si verifica.
  Mi sono venute in mente queste prime osservazioni. Sicuramente, insieme alla collega Calabria, mi piacerebbe rimanere in contatto con voi e al fine di poter puntualizzare alcuni aspetti alla luce delle osservazioni che ci farete.

  PRESIDENTE. Ringrazio la relatrice Fabbri, il cui intervento era articolato, complesso e compiuto.
  Invito i rappresentanti delle associazioni oggi presenti ad accogliere l'invito della deputata Fabbri a un contatto diretto con lei e con la Commissione e con gli uffici, in quanto immagino che una domanda così articolata non possa consentirvi una risposta in un lasso di tempo di uno o due minuti.
  Passo la parola all'onorevole Chaouki.

  KHALID CHAOUKI. Mi unisco, come Partito Democratico, al ringraziamento alle associazioni e all'ANCI per la presenza e, soprattutto, per la perseveranza in tutti questi anni e la pazienza di ritornare in queste aule per ricominciare questo cammino.
  Da parte nostra, ribadisco l'impegno a far sì che questa sia davvero la volta buona. Speriamo e siamo certi che ci sarà tutta la volontà di portare avanti questo percorso cercando davvero, nella massima condivisione possibile, di arrivare in tempi anche brevi alla definizione di una riforma urgente, prioritaria e, soprattutto, oggi strategica anche per il futuro del nostro Paese, come anche voi avete sottolineato.
  Crediamo – su questo vorrei anche aprire un confronto – debba esserci una distinzione molto netta tra i nati in Italia e chi cresce in Italia, quindi per i nati in Italia legando il tema della cittadinanza alla nascita e all'acquisizione dei genitori, mentre per chi arriva qui da piccolo legandolo ovviamente a un percorso di formazione. Guai a confondere i due piani, a prevedere forme di verifica della cittadinanza anche per chi nasce in questo Paese, altrimenti è inutile che parliamo di ius soli temperato. Per noi, questo è un tema importante anche dal punto di vista culturale di come dobbiamo affrontare questo percorso.
  Ovviamente, un aspetto riguarda chi arriva da piccolo. Su questo vorremmo capire anche insieme a voi – è una domanda su cui vi sollecito – e alla relatrice, che avrà tutto il nostro appoggio e sostegno nelle prossime settimane, quali altri percorsi, oltre alla scuola, prevedere. Ovviamente, non si tratta del conseguimento di un titolo di studio, ma soprattutto di un determinato periodo di frequenza scolastica. È chiaro che rischiamo di essere discriminatori rispetto a chi, per vari motivi, non ha la possibilità di arrivare alla fine del ciclo scolastico. Bisogna capire come si può dare un valore aggiuntivo rispetto ad altre attività.
  In questo senso, anche il vostro lavoro nel mondo del volontariato, del terzo settore può sicuramente offrirci una serie di possibilità che vanno oggi espresse e vanno fatte conoscere. Questo è un elemento che serve anche per far capire alla cittadinanza tutta quanto oggi i nuovi italiani siano già parte integrante della comunità.
  La seconda domanda e la seconda sollecitazione riguarda gli adulti. La scelta della relatrice è quella di prevedere anche una riforma in tema di naturalizzazione. Rispetto a questo, quali sono le verifiche ? I cosiddetti test. Sappiamo benissimo oggi che c’è molta discrezionalità sia nel periodo della verifica linguistica, e non solo, sia nel periodo di valutazione.
  Rispetto al tipo di verifica, che riteniamo sia giusto, importante, perché per un adulto in particolare è una scelta importante, vorremmo capire insieme quale sia il modello. Abbiamo, infatti, Pag. 22diversi modelli di verifica, un dibattito europeo e anche negli Stati Uniti molto ricco e articolato. Vorrei sapere, rispetto a questo, se avete qualche proposta specifica da verificare insieme.

  PRESIDENTE. Do la parola a chiunque degli auditi voglia intervenire in sede di replica.

  CHIARA CURTO, Rappresentante di UNICEF Italia. Ci riserviamo di inviare in un momento successivo le risposte a quanto richiesto dalla relatrice Fabbri e dell'onorevole Chaouki.

  GIORGIO PIGHI, Rappresentante dell'ANCI. Devo fare una sottolineatura molto favorevole ad alcuni spunti emersi nelle affermazioni dell'onorevole Fabbri.
  Rispetto all'inevitabile maggiore complessità che introduce una legislazione sulla cittadinanza, come quella in via di formazione, è evidente che si possono scegliere due strade. Una è quella di dettare dei criteri generali ai quali uniformarsi e la seconda è cercare di intercettare, con un criterio molto più analitico, tutte le criticità cui si può andare incontro, eventualmente poi accompagnandole con una clausola complessiva che possa riguardare quell'ipotesi che anche con la più fervida fantasia non si riuscirebbe a prevedere.
  Trovo l'idea della scelta del criterio analitico, come mi sembra d'aver capito, particolarmente condivisibile. In alcuni momenti nella storia dei Paesi delle categorie valgono più di altre. Dobbiamo considerare che questo tema della burocratizzazione e sburocratizzazione, che oggi stiamo coniugando soprattutto in relazione alle attività di impresa, si ripropone con le stesse caratteristiche e talvolta con anche maggiore astrusità nelle attività dei Comuni, in particolare in quelle che riguardano lo stato civile.
  Ne citerò quattro, tra le tante ipotesi che si vogliono prendere in esame: residenza legale; residenza anagrafica; dissenso tra i genitori; incapacità dei genitori o dell'unico genitore che esercita la potestà; incapacità del minore. Poi ne sono state definite altre.
  So bene che si tratta di lavorare in un intreccio di vantaggi e di svantaggi delle singole soluzioni particolarmente complesso, ma il criterio unificante deve essere che l'ufficiale di stato civile possa decidere applicandolo in maniera assolutamente rapida. Il criterio proposto del dissenso tra i genitori, ad esempio, di individuare un favore della cittadinanza, salvo alcuni elementi che potrebbero renderla critica, come la perdita della cittadinanza del luogo di origine, è a mio avviso più idoneo.
  Chi si trova a gestire questa cittadinanza deve essere messo in condizione di non avere bisogno di avviare procedimenti particolarmente complessi, salvo i casi – in particolare, incapacità dei genitori o incapacità dello stesso minore – in cui è necessario avviare un procedimento di volontaria giurisdizione davanti al giudice tutelare. Voglio sottolinearlo perché questo è un dato nell'attuale fase particolarmente importante per i Comuni.
  Questi temi di stato civile sull'immigrazione stanno rappresentando per noi una criticità veramente molto significativa. Questa legge sulla cittadinanza deve servire anche a risolvere questi problemi.

  ENNIO CODINI, Rappresentante di «Iniziative e studi sulla multietnicità». Le domande sono molte. Anche noi, ovviamente, rinviamo a una risposta nel testo scritto, ma tengo a due sole osservazioni su due punti.
  Si è richiamato il tema del giuramento. La posizione di Fondazione ISMU rispetto al giuramento è molto netta, che cioè si debba affrontare anzitutto la seguente questione: o lo si configura come un obbligo burocratico o diventa una festa civile. Se è un obbligo burocratico, forse è meglio non prevederlo. Rischia di essere un adempimento in più privo di significato che appesantisce la procedura. L'ho sperimentato quando ho giurato come avvocato e ricordo che è stata solo, ahimè, una perdita di tempo. Questa è una questione dirimente.Pag. 23
  Innanzitutto, se si vuole prevedere il giuramento, come in effetti si riscontra in diversi ordinamenti, deve essere un’ importante festa civile e va così configurato. Questo è il punto base. Se lo si configura così, allora vale la pena di interrogarsi su tutti gli altri aspetti tecnici importanti.
  L'altro punto preso a caso tra quelli proposti riguarda l'accertamento del requisito linguistico, accertamento delle competenze civiche o come le si vuole chiamare. Anche in questo caso, la posizione della Fondazione ISMU è molto netta: siamo per la soluzione discrezionalità zero, automatismo, test. Il Regno Unito e la Germania sono già sostanzialmente a questo punto. La Francia, tenacemente legata al modello del colloquio, della discrezionalità, della valutazione caso per caso, sta evolvendo il proprio ordinamento in modo molto netto verso l'automatismo. Riteniamo che questa sia la via da seguire.
  Per il resto, rinvio alle considerazioni che faremo per iscritto.

  PAOLO MOROZZO DELLA ROCCA, Rappresentante della Comunità di Sant'Egidio. Col permesso del presidente, chiederei alla dottoressa Pompei di prendere la parola in questo secondo turno.

  DANIELA POMPEI, Rappresentante della Comunità di Sant'Egidio. Ovviamente, non rispondo a tutte le sollecitazioni, che sono molte. Chiaramente, anche noi ci riserviamo, casomai, di avere un incontro direttamente in via informale con le relatrici. Su due punti, però, mi sembra importante intervenire.
  Il primo riguarda lo ius culturae, il tema della frequenza scolastica. A nostro avviso, è importante chiedere la frequenza, non l'esito. È vero, infatti, che nella nostra legislazione abbiamo l'obbligo, ma sarebbe diritto-dovere che non viene più controllato da nessuno. L'abbiamo verificato nella situazione dell'estrema fragilità Che emerge particolarmente sui minori Rom. Sugli immigrati, il problema è che nessuno sa chi deve andare a scuola o meno per certi aspetti. È molto complicato.
  A nostro avviso, il discorso di creare una relazione per un po’ di anni con altri minori è importante. Lo riteniamo fondamentale in un percorso di costruzione. Questo aiuterebbe, perché a volte ci siamo trovati di fronte anche a certe domande. Alcune comunità, in particolare asiatiche, ci dicono che sarebbero favorevoli, per la tutela della propria cultura, a una scuola solo di un certo gruppo linguistico. Non l'abbiamo mai di fatto accettato, ma in altri contesti, in Gran Bretagna accade.
  La Gran Bretagna, però, dal punto di vista dell'integrazione ha qualche problema. Non prendo a modello la Gran Bretagna. Mi sembra che il modello italiano sul tema della scuola favorisca la relazione. Per questo, potrebbe rappresentare un aiuto.
  Sul tema della residenza reale, siamo contrarissimi alla residenza anagrafica, di fatto molto complicata da ottenere. Secondo la nostra legislazione, il cittadino non italiano può avere il permesso di soggiorno, che è la cosa più importante dal punto di vista della regolarità, ma non è automatico che, dal momento in cui ha il permesso di soggiorno, abbia la residenza. Questi sono davvero anni di diversità. Abbiamo avuto numerosi esempi. Qui i rappresentanti di G2 potrebbero aiutarmi. Uno dei blocchi sul tema dell'accesso alla cittadinanza è il fatto che il bambino è nato in Italia, i genitori non hanno potuto avere la residenza perché non avevano il contratto d'affitto regolare dopo dieci anni e il bambino ha perso il diritto. Non va assolutamente bene.
  Siccome nella legge italiana, dal punto di vista della regolarità, ha un controllo di polizia solo il permesso di soggiorno, si deve cambiare totalmente il discorso della residenza. Anche se abbiamo avuto un alleggerimento, infatti, nella pratica non è così. Le dico, presidente, che a Roma, come Comunità di Sant'Egidio, nel nostro indirizzo, dove vengono a scuola e a mangiare, abbiamo 10.000 iscritti per i quali ci siamo assunti la responsabilità di dare la residenza, per riconoscere loro una regolarità. Sono tutte donne, uomini, gente normalissima che lavora, ben inserita nel tessuto cittadino italiano. Non sono i senza dimora: eppure, abbiamo dovuto usare lo Pag. 24strumento dei senza dimora. Questo non va bene. A nostro avviso, sarebbe meglio il permesso di soggiorno, la regolarità.
  Mi sono soffermata solo su questi due aspetti. Gli altri sono molto interessanti, ma ne riparleremo.

  GRAZIA NALETTO, Rappresentante di L'Italia sono anch'io. Intervengo molto sinteticamente per dire che concordiamo assolutamente con le risposte adesso fornite dalla dottoressa Pompei. Su questi due punti, quindi, evito di ripetermi.
  Effettivamente, i quesiti posti dall'onorevole Fabbri sono molti, per cui probabilmente ci ripromettiamo di presentare nei prossimi giorni alcune note scritte, ma rivolgo un solo invito per una preoccupazione. Non vorremmo che il tentativo assolutamente giusto di analizzare tutte le possibili criticità che possono porsi laddove si va ad adottare una nuova norma, soprattutto nella sua applicazione, comporti il rischio di non arrivare alla definizione almeno di quelli che qui questo pomeriggio, ma in realtà ormai da lungo tempo, sono i punti su cui c’è un accordo sicuramente molto ampio tra le organizzazioni della società civile, ma anche tra le associazioni ed alcuni enti locali e anche all'interno delle aule parlamentari stesse.
  L'invito è a non rischiare, con l'eccesso di ambizione nella copertura di tutte le possibili criticità che potrebbero presentarsi, di fermare la possibilità di adottare in modo molto veloce una norma che intervenga sui punti fondamentali che qui sono stati evidenziati.

  NEVA BESKER, Rappresentante di Rete G2 seconde generazioni. Anche noi ci riserviamo di inviare le risposte e ulteriori precisazioni alla Commissione e, in particolare, alla relatrice, l'onorevole Fabbri.
  Formulerò solo due precisazioni. Concordiamo pienamente con la dottoressa Pompei e con quanto ha detto riguardo alla residenza legale. Vorrei fare una precisazione anche sul legare questo tema al permesso di soggiorno a lungo soggiornanti. Il permesso di soggiorno a lungo soggiornanti richiede la residenza legale. Tra l'altro, non è automatico ottenerlo. L'ottenimento del permesso di soggiorno per lungo soggiornanti è discrezionale e dipende da Comune a Comune, da Prefettura a Prefettura, quindi non lo legheremmo, semmai, a una permanenza regolare.
  In ogni caso, invieremo le precisazioni. Ovviamente, onorevole Fabbri, siamo favorevoli a un incontro diretto con lei per un confronto.

  RAFFAELA MILANO, Rappresentante di Save the Children Italia. Col permesso del presidente, cederei la parola a Lucia Ghebreghiorges.

  LUCIA GHEBREGHIORGES, Rappresentante di Save the Children Italia. Accompagno Raffaela Milano.
  Accogliamo con favore l'appello della relatrice, l'onorevole Fabbri. Molto brevemente, vorrei solo specificare una cosa, che è un po’ la centralità del nostro intervento. Bisognerebbe fare una riflessione, come abbiamo detto prima anche con la dottoressa Milano, per approfondire meglio la questione ius culturae e frequenza scolastica.
  Ci teniamo a dirlo perché, come UNICEF e Rete G2, riteniamo che si possano individuare anche criteri altrettanto congrui e idonei per dimostrare un'avvenuta inclusione, se l'obiettivo è quello. Non riusciamo bene a capire un aspetto, anche alla luce di 22 proposte, di cui non tutte facevano riferimento a questo, ma molto differenti tra loro anche nell'impianto.
  In alcuni casi, questa forma di «frequenza scolastica», cicli scolastici, obbligo scolastico veniva anche posta con un obiettivo di ulteriore apertura. Spesso compariva in un articolo 4-bis o in 4-ter, quindi era anche vista per ampliare per i minori arrivati da piccoli, laddove non ci sono precedenti e non ci sono quasi precedenti, anche in tutta Europa, su quest'innovazione che stiamo chiedendo tutti di minori arrivati da piccoli.
  Tutti siamo qui e speriamo nella migliore delle leggi possibili anche in termini di applicabilità. In varie proposte di legge Pag. 25è esplicitato solo fino a un certo punto, si parla di frequenza di un ciclo, di uno o di due: bisogna essere molto precisi. Come avviene l'attribuzione dopo l'obbligo scolastico ?
  L'obbligo scolastico è già previsto per legge. Come Save the Children, abbiamo anche ricordato che ci sono categorie di minori particolarmente vulnerabili, spesso impossibilitate a conseguire l'obbligo scolastico, come i minori impiegati illegalmente nel lavoro minorile, di cui comunque anche noi abbiamo sempre raccolto dati e anche molto forti. Su tutto questo penso che prima si debba veramente fare un focus sui minori arrivati da piccoli, proprio perché non ci sono precedenti e c’è il rischio dell'applicabilità proprio di questo tipo di misure.
  Un altro piccolo punto è che bisogna stare molto attenti a parlare di culture anche nella definizione. Parlare di ius culturae significa dare un'indicazione molto precisa anche di questioni più di valore che legate al fondamento giuridico. Si vuole dare, quindi, anche un indirizzo molto preciso. Non voglio fare proprio una battuta dicendo che abbiamo fatto l'Italia e ora facciamo gli italiani e partiamo da questi. Attenzione a questo. Si sta parlando, comunque, di minori. Non ci sono precedenti e potrebbe essere anche molto innovativo da questo punto di vista.
  Ci riserviamo, quindi, ulteriori incontri e anche a mandare un approfondimento su questo.

  FRANCA DI LECCE, Direttore del Servizio rifugiati e migranti della federazione delle chiese evangeliche in Italia. Interverrò brevemente, perché sulle sollecitazioni poste dalla relatrice onorevole Fabbri alcune risposte ci sono state, non certo esaustive, ma credo che tutti ci impegniamo a un'interlocuzione più regolare.
  L'unica riflessione un po’ a caldo, anche rispetto a quanto emerso dall'intervento della relatrice, riguarda il fatto che non sarei tanto preoccupata di come spendere tante energie sulla revoca. Credo che anche su questo possiamo riflettere insieme in un futuro, ovviamente non troppo lontano.
  Un discorso sulla revoca è, a mio avviso, molto complesso. Credo che, effettivamente, non sia una priorità assoluta, almeno per noi associazioni che ci lavoriamo. Aprirebbe scenari anche inquietanti e, comunque, è come se rispondesse più a una logica punitiva, che non credo sia lo spirito della riforma che attualmente vogliamo portare avanti. Questa era la mia unica riflessione a caldo.

  PRESIDENTE. Non essendoci altri interventi, a nome della Commissione ringrazio tutti i rappresentanti delle associazioni intervenute per l'impegno, la completezza delle informazioni e dei contenuti che hanno portato.
  Per conto mio, posso dire come la Commissione affari costituzionali porrà un'importante attenzione a questo provvedimento, che riguarda un argomento di cui si dibatte da molti anni e che, probabilmente, è giunto a un tempo maturo. Ci si potrà, quindi, rivedere.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.35.