XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 15 aprile 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Agostini Roberta , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEI PROGETTI DI LEGGE C. 3-35-182-358-551-632-718-746-747-749-876-894-932-998-1025-1026-1116-1143-1401-1452-1453-1511-1514-1657-1704-1794-1914-1946-1947-1977-2038-bis-B , APPROVATA, IN UN TESTO UNIFICATO, DALLA CAMERA E MODIFICATA DAL SENATO, RECANTE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ELEZIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

Audizione di esperti.
Agostini Roberta , Presidente ... 3 
Guzzetta Giovanni , Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata ... 3 
Frosini Tommaso Edoardo , Professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università di Napoli «Suor Orsola Benincasa» ... 5 
Besostri Carlo Felice , esperto della materia ... 7 
Calderisi Giuseppe , esperto della materia ... 9 
Falcone Anna , esperta della materia ... 12 
Fusaro Carlo , Professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Firenze ... 14 
Agostini Roberta , Presidente ... 16 
Spadacini Lorenzo , Ricercatore di diritto costituzionale europeo presso l'Università degli studi di Brescia ... 16 
Agostini Roberta , Presidente ... 19 
Lattuca Enzo (PD)  ... 19 
Quaranta Stefano (SEL)  ... 20 
Toninelli Danilo (M5S)  ... 21 
Sanna Francesco (PD)  ... 22 
Lauricella Giuseppe (PD)  ... 22 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 22 
Besostri Carlo Felice , esperto della materia ... 23 
Falcone Anna , esperta della materia ... 23 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 24 
Falcone Anna , esperta della materia ... 24 
Fusaro Carlo , Professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Firenze ... 24 
Calderisi Giuseppe , esperto della materia ... 24 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 25 
Calderisi Giuseppe , esperto della materia ... 25 
Spadacini Lorenzo , Ricercatore di diritto costituzionale europeo presso l'Università degli studi di Brescia ... 25 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 25 
Spadacini Lorenzo , Ricercatore di diritto costituzionale europeo presso l'Università degli studi di Brescia ... 26 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 26

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ROBERTA AGOSTINI

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di esperti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame dei progetti di legge C. 3-35-182-358-551-632-718-746-747-749-876-894-932-998-1025-1026-1116-1143-1401-1452-1453-1511-1514-1657-1704-1794-1914-1946-1947-1977-2038-bis-B, approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato, recante disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati, l'audizione di esperti.
  Nel corso dell'audizione interverranno Felice Carlo Besostri, esperto della materia; Giuseppe Calderisi, esperto della materia; Anna Falcone, esperta della materia; Carlo Fusaro, ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Firenze; Tommaso Edoardo Frosini, professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università di Napoli «Suor Orsola Benincasa»; Giovanni Guzzetta, ordinario di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata; Lorenzo Spadacini, ricercatore di diritto costituzionale europeo presso l'Università degli Studi di Brescia.
  Faccio presente che il professor Guzzetta, l'avvocato Besostri e il professor Frosini hanno chiesto di poter intervenire per primi.
  Ricordo che, poiché alle 16-16.30 riprenderanno i lavori dell'Aula, gli interventi dovranno essere contenuti entro un tempo massimo di 8-10 minuti; prego quindi i nostri ospiti di attenersi gentilmente a questi tempi.
  Nel ringraziare i nostri ospiti per la loro presenza e per la loro disponibilità, do la parola al professor Guzzetta.

  GIOVANNI GUZZETTA, Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Grazie per l'invito e per aver acconsentito all'anticipazione del mio intervento.
  Sarò brevissimo, anche perché su questo disegno di legge ci siamo più volte pronunciati anche in sede parlamentare.
  Premetto che, ovviamente, il mio non è un intervento sul merito politico o su quella che, da costituzionalista, considero essere la soluzione preferibile o meno, anche perché credo che ci siano in materia tante opinioni quanti sono i costituzionalisti.
  Piuttosto mi soffermerò su eventuali profili di dubbia legittimità costituzionale, facendo però un'altra premessa, vale a dire che il giudizio di legittimità costituzionale in questa materia è un giudizio molto scivoloso, in quanto si tratta di fare una valutazione prognostica su valutazioni che potrebbe fare la Corte costituzionale in presenza di una giurisprudenza, seppure molto importante, che è tuttavia frutto di un'argomentazione fondata sui princìpi di proporzionalità e di ragionevolezza, che sono dei parametri di giudizio della Corte estremamente delicati e sfuggenti.Pag. 4
  Mi soffermerò su tre punti che credo siano tra i più controversi.
  Il primo punto è quello del premio di maggioranza attribuito al secondo turno senza una soglia minima di consenso. Il secondo punto è quello dell'esclusione degli apparentamenti di coalizione. Il terzo punto riguarda la clausola di entrata in vigore nel 2016, nel contesto in cui è in corso, come è noto, una riforma costituzionale che incide certamente sul ruolo della seconda Camera nella rappresentanza.
  Per quanto riguarda il premio di maggioranza, credo che questo sia il tema più delicato. Sinceramente penso che avere certezze, in questa materia, su quale sarà il giudizio della Corte costituzionale sia estremamente difficile. Il giudizio della sentenza n. 1 del 2014 si fonda su una valutazione di bilanciamento tra due esigenze che la Corte ritiene possano o comunque debbano essere entrambe tutelate. Si potrebbe apparentemente dire che non cambia nulla rispetto a quella legge, perché il premio di maggioranza comunque può essere attribuito a una lista che al primo turno abbia ottenuto un consenso basso o particolarmente basso.
  Ora, il problema è proprio di prognosi su quale elemento la Corte potrebbe considerare più rilevante. La sentenza n. 1 del 2014, almeno per come l'ho letta io, si fonda su una critica dall'interno della legge elettorale e cita a proposito anche la sentenza del Bundesverfassungsgericht tedesco. La Corte insiste sull'aspettativa dell'elettore: se l'elettore ha l'aspettativa di intervenire in un procedimento elettorale di tipo proporzionale, non si può poi utilizzare il suo voto per manipolarlo eccessivamente.
  La questione, quindi, è a mio parere di valutare come la Corte costituzionale considererà il secondo voto, che è il voto di ballottaggio. Da una parte, si potrebbe dire che questo secondo voto cambia la natura del sistema, nel senso che suscita una seconda aspettativa nell'elettore, che consiste nel suo potere di determinare la maggioranza – e in questo caso non ci sarebbero problemi di costituzionalità – oppure si potrebbe ritenere che questo secondo voto, in qualche modo, è comunque figlio del primo.
  La circostanza, peraltro, che non siano possibili apparentamenti al secondo turno non consente all'elettore di aumentare il proprio margine di rappresentanza.
  Sinceramente non riesco, alla luce della sentenza, a fare una prognosi su quello che la Corte potrebbe dire. Certo è – ma è banale dirlo – che se una soglia fosse stata prevista per l'accesso al secondo turno, come accade in altri ordinamenti, il problema sarebbe risolto.
  È anche vero, e questo credo che onestamente ce lo dobbiamo dire, che stabilire quale sia la soglia adeguata a soddisfare l'esigenza di proporzionalità della ragionevolezza non è così semplice; tanto poco è semplice che la Corte su questo punto ha glissato. È vero che non vuole incidere sulla discrezionalità del legislatore, però dirci almeno da che punto in poi questa soglia avrebbe dovuto essere considerata troppo bassa, forse sarebbe stato un buon aiuto in questa direzione.
  Per quanto riguarda l'apparentamento, qui la cosa consegue a quello che ho appena detto: è chiaro che l'apparentamento consente di attenuare gli effetti disrappresentativi del secondo turno, quindi consegue in qualche misura a ciò che noi riteniamo essere auspicabile in termini di costituzionalità sulla prima domanda, vale a dire sul premio. È anche vero, però, che sull'apparentamento, cioè sul modello di governo di coalizione, la Corte costituzionale, a differenza che sul premio di maggioranza, non ha mai manifestato espressamente delle perplessità, anche perché il governo di coalizione è un modello che esiste – ahimè – dalle origini della nostra Repubblica.
  Quando la Corte dovette considerare nelle sentenze n. 15 e n. 16 del 2008 l'ammissibilità del referendum per il premio alla singola lista, non colse l'occasione per dire che l'eliminazione dell'apparentamento potesse presentare profili di incostituzionalità. Ovviamente, però, il quadro è diverso, nel senso che siamo in un quadro in cui la sentenza c’è stata e Pag. 5l'apparentamento potrebbe essere effettivamente un meccanismo per attenuare la disrappresentatività.
  Terzo punto, la clausola di entrata in vigore. Ancora una volta siamo chiamati a fare un'ipotesi su come la Corte interpreterà il principio di ragionevolezza. Se dovessimo stare ai manuali, diremmo che dall'Assemblea costituente l'ipotesi di due sistemi elettorali radicalmente diversi per Camera e Senato non è stata considerata un'eventualità negativa o condannabile. Tuttavia, dall'Assemblea costituente a oggi la giurisprudenza costituzionale, specialmente con la sentenza n. 1 del 2014, si è evoluta, nel senso che afferendo all'applicazione del principio di ragionevolezza ci si potrebbe domandare se a Costituzione vigente, e quindi non nel sistema parlamentare disegnato dalla riforma costituzionale, la presenza di due sistemi elettorali molto divaricati non abbia un effetto distorsivo sul meccanismo di funzionamento della forma di governo.
  Questa è una valutazione che io non escludo la Corte possa fare, proprio nell'intento di ricondurre a questi princìpi un po’ evanescenti di proporzionalità e ragionevolezza. Quello che è certo è che se il testo venisse approvato così com’è, un'eventuale illegittimità costituzionale si porrebbe dal giorno in cui scatta il termine, nel caso in cui non sia stata approvata la riforma costituzionale. Insomma, comunque non è allo stato attuale una incostituzionalità, ma scatterebbe nel momento in cui, nel 2016, il sistema diventasse operativo e non ci fosse contestualmente la riforma costituzionale.

  TOMMASO EDOARDO FROSINI, Professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università di Napoli «Suor Orsola Benincasa». Grazie, presidente. Saluto lei e la signora Ministro e ringrazio per l'invito. Anch'io molto rapidamente cercherò di stare nel tempo assegnatomi.
  Vorrei partire da un'osservazione. Secondo la cultura istituzionale politica anglosassone, un sistema elettorale serve a fare una maggioranza e un governo. Ora, è chiaro che questa è un'impostazione molto radicale, difficilmente adattabile in società non pienamente omogenee come la nostra. Allora, qual è la finalità di una legge elettorale ? Forse questo è un punto sul quale non si è sufficientemente riflettuto. Ci si è concentrati sulle tecnicalità, sull'eventuale incostituzionalità della legge, ma quale deve essere la finalità ?
  La finalità, a mio avviso, secondo una dottrina ormai unanimemente riconosciuta, è quella di conciliare, di favorire un equilibrio fra la rappresentanza e la governabilità. Questo è il sistema al quale oggi mirano le democrazie contemporanee, ossia cercare, attraverso la legge elettorale, di mettere insieme due valori costituzionali: la rappresentanza e la governabilità.
  Ebbene, se questo deve essere l'obiettivo, credo che la proposta di legge all'esame di questa Commissione colga nel segno. Ciò perché con il premio valorizza l'aspetto della governabilità; il premio è finalizzato a consentire il formarsi di una maggioranza che poi dia concretezza all'attività di un governo che diventa direttivo della maggioranza. Tuttavia, la proposta salvaguarda anche il principio della rappresentanza, perché è un sistema elettorale proporzionale, quindi favorisce la pluralità della rappresentanza politica. Addirittura la stessa clausola fissata al 3 per cento favorisce l'ingresso in Parlamento delle minoranze.
  Quindi, se è condivisa l'idea che un sistema elettorale debba servire oggi, in Italia, a favorire l'equilibrio di questi due princìpi costituzionalmente rilevanti, addirittura direi dei valori costituzionali, la rappresentanza e la governabilità, io credo che questa legge riesca perfettamente a cogliere questa sintesi fra due concezioni che apparivano tendenzialmente divaricate, se non opposte: o si privilegiava la rappresentanza o si puntava eccessivamente sulla governabilità.
  L'idea di una legge proporzionale che con un premio favorisce la governabilità e con il proporzionalismo della distribuzione dei seggi favorisce la rappresentanza, a mio avviso, va a merito del legislatore per essere riuscito a indovinare la sintesi fra i due princìpi.Pag. 6
  Sui profili di legittimità costituzionale non mi soffermo. Non credo che il testo presenti problemi di legittimità costituzionale e debbo dire – lo dico anche con rispetto verso i colleghi, a cominciare da chi mi ha preceduto – che non mi piace questo gioco di ragionare in termini di giudizio preventivo di costituzionalità, ognuno assumendosi un po’ le vesti del giudice costituzionale e andando a vedere, rispetto al parametro della sentenza n. 1 del 2014, quali vulnus ci sarebbero in termini di costituzionalità. La n. 1 del 2014 è una sentenza che fa storia a sé e, a mio avviso, difficilmente potrà ripresentarsi una situazione analoga, specialmente con questo tipo di legge.
  Vengo ad altri punti molto rapidamente. Un altro aspetto che forse occorre evidenziare è che la legge elettorale è più un atto politico che una legge in senso stretto, perché – lasciatemelo dire secondo una nota espressione kelseniana – è la Grundnorm, la norma fondamentale della costituzione materiale. La costituzione materiale si regge sulla base della legge elettorale, perché la legge elettorale a cascata determina la rappresentanza, la formazione dei partiti politici, l'esercizio della sovranità popolare, la formazione del Parlamento. Attraverso la legge elettorale vengono in essere e si concretizzano una serie di princìpi e istituti costituzionali, quindi essa ha una sua rilevanza, di natura politica, talmente forte e significativa che, a mio avviso, la dovrebbe sottrarre da un sindacato di costituzionalità, salvo questa eccezione. Infatti, per la prima volta nella storia della giurisprudenza costituzionale, si è proceduto a valutarne la legittimità.
  Mi rendo conto che ci sono delle criticità. Non sono venuto in questa sede a fare l'elogio o l'apologia della legge elettorale. Dico anche, con un minimo di realismo politico – che non mi appartiene, e lo dico sottovoce essendo stato chiamato qui come esperto e non avendo alcun incarico di natura politica – che è chiaro che se questa legge dovesse essere rimessa in discussione presso quest'Aula verrebbe meno il voto al Senato e verrebbe meno tutta quella operazione di cercare un momento di aggregazione intorno a una scelta della legge elettorale, che è fondamentale. Diversamente si andrebbe a votare con quel modello di legge elettorale disegnato sulla base della normativa di risulta dalla sentenza della Corte costituzionale, come giornalisticamente viene richiamato, il «Consultellum».
  Delle criticità la più evidente, secondo me, è la pluralità delle candidature, anche perché interrompe il rapporto diretto con gli elettori del collegio plurinominale, cioè l'idea che in qualche misura la pluralità delle candidature fa venir meno questa intenzionalità che era quella di accentuare un elemento che finora era venuto meno, cioè il rapporto diretto con gli elettori.
  Sulla clausola di sbarramento del 3 per cento, anche questa molto criticata perché ritenuta troppo bassa, sarei meno critico, francamente. Ogni clausola ha la sua ragione nel sistema politico e nel contesto storico-politico di quel dato contingente. Da noi, in questo momento, la clausola è del 3 per cento, ma chi ha detto che deve essere il 5 per cento, secondo il modello tedesco ? Non è che quella sia la clausola migliore e più giusta per definizione, solo perché l'ha adottata la Germania. Lì l'hanno adottata perché hanno ritenuto che il 5 per cento fosse l'asticella da superare in quel contesto del sistema politico. Nel nostro, magari, potrà andare bene il 3; forse frammenterà un pochino, ma comunque la cosiddetta «governabilità» può essere favorita invece dal premio di maggioranza.
  Passando ad altro punto, preferisco il voto di lista piuttosto che il voto alle coalizioni di liste. Ma come, non abbiamo letto in continuazione critiche di coalizioni variegate, tenute insieme soltanto con la finalità di vincere le elezioni, ma poi incapaci di governare, e adesso muoviamo critiche al fatto che si punti al voto di lista anziché delle coalizioni di lista ?
  Le coalizioni di liste, nella recente esperienza politica italiana, hanno chiaramente fallito. Sono state appunto una mescolanza di identità politiche, le più varie, con il solo obiettivo di risultare Pag. 7maggioritarie il giorno delle elezioni, ma poi rendere assai complicato il mandato di legislatura e soprattutto l'azione politica di governo.
  Infine, secondo me è un punto molto importante il rapporto fra questa legge elettorale e la forma di governo. Anche qui, bisogna dire le cose con chiarezza: questa legge elettorale favorisce e valorizza una forma di governo del cosiddetto «premierato», e lo fa a Costituzione invariata. Sappiamo benissimo che la riforma costituzionale non interessa le norme relative alla forma di governo, anche se ovviamente il monocameralismo politico di fatto ha una ricaduta sul piano della forma di governo, ci mancherebbe, ma non va a modificare nulla dall'articolo 94 della Costituzione in poi, cioè appunto la nomina del Presidente del Consiglio, lo scioglimento delle Camere (articolo 88) e quant'altro, e la revoca, che più volte si era prospettato di dare in capo al Presidente del Consiglio.
  Tuttavia, di fatto introduce il premierato, cioè il modello oggi presente nei maggiori sistemi parlamentari europei, quello che fa sì che il cittadino possa con il voto eleggere e dare mandato alla rappresentanza, ma possa designare o investire – ricordo come quello che diceva un maestro del diritto costituzionale, Leopoldo Elia, a proposito della democrazia di investitura – per il tramite del voto il Governo, in modo tale che si sappia quello che è giusto che il cittadino sappia in una democrazia, cioè chi vince le elezioni e chi governa.
  Quindi, secondo me, la finalità della legge ha, tra gli aspetti degni di apprezzamento, il fatto che combini due princìpi difficili da sintetizzare – ma a mio avviso ci riesce e ci riesce bene – cioè rappresentanza e governabilità, e il fatto che consente di valorizzare un sistema di governo, di rafforzamento dei poteri di fatto, e non di diritto, del Presidente del Consiglio, che consentirà ovviamente un'evoluzione del sistema parlamentare attraverso quella formula che in dottrina si chiama neoparlamentarismo, cioè la capacità di guida del Presidente del Consiglio non investito da un voto elettorale, ma designato sulla base del voto elettorale, come funziona in tutte le democrazie europee, Gran Bretagna, Germania, Spagna e via dicendo. Grazie.

  CARLO FELICE BESOSTRI, esperto della materia. Signor presidente, onorevoli deputati e deputate commissari, ringrazio per l'opportunità datami di intervenire sul testo della legge elettorale.
  Le audizioni svolte ieri, in particolare quella della professoressa Lara Trucco, mi consentono di concentrarmi su questioni di fondo. Per il resto, mi associo a quanto è già stato detto.
  Una sola delle questioni di fondo non ho trattato in questo breve intervento, che ho già anticipato per iscritto alla Commissione, ed è quella della necessità di avere una legge organica sui partiti politici, in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, senza la quale non ci sarà una procedura trasparente di selezione delle candidature, a mio avviso più importante, se avviene con procedure congressuali o primariali regolate dalla legge, dell'alternativa tra lista bloccata o voto di preferenza.
  Sulla nuova legge elettorale sono stato ascoltato dalle competenti Commissioni di Camera (14 gennaio 2014) e Senato (20 novembre 2014) e a quelle audizioni rinvio per le osservazioni di carattere generale, che mantengono la loro validità a prescindere dalle modifiche introdotte dal Senato.
  La legge che ritorna alla Camera dei deputati è stata modificata in punti non secondari, come l'attribuzione del premio di maggioranza a una lista e non più a una coalizione; l'eliminazione di soglie elevate interne alla coalizione, di fatto attributive del premio alla lista egemone della coalizione, con la traslazione di voti – si trattava di un'appropriazione indebita e non di un furto come è stato detto – di sospetta costituzionalità; l'introduzione di preferenze, con effetti di fatto limitati, vista l'esclusione dei capilista, gli unici eleggibili, salvo che per la lista beneficiaria Pag. 8del premio di maggioranza ed eventualmente della seconda ammessa al ballottaggio.
  L'elevazione della soglia per l'attribuzione del premio di maggioranza al 40 per cento non ha, nella mia opinione, un particolare significato, semplicemente perché aumenta la probabilità che il premio sia attribuito con il ballottaggio, eventualità che rappresenta la maggiore criticità della legge in relazione ai princìpi enunciati nella storica sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014.
  Si ha l'impressione che, piuttosto che adeguarsi a quella pronuncia, il legislatore cerchi di eluderla e soprattutto, viste le sostituzioni dei giudici scaduti o di imminente scadenza, di intervenire sulla composizione della Corte costituzionale nella speranza di un giudice delle leggi più comprensivo delle esigenze dell'esecutivo.
  Di contro, assume un particolare significato la reintroduzione di un programma della lista e l'indicazione di un capo politico della stessa, mediante quanto dispone l'articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, come sostituito dal seguente: «Contestualmente al deposito [...] i partiti o i gruppi politici organizzati che si candidano a governare depositano il programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come capo della forza politica. [...] Restano ferme le prerogative spettanti al Presidente della Repubblica previste dall'articolo 92, secondo comma, della Costituzione».
  Nella legge n. 270 del 2005, la norma ha rappresentato il tentativo meglio riuscito, ancorché fosse previsto anche per la singola lista, di dare una dignità politica alle coalizioni e di contrastare per tale via l'obiezione più forte a un sistema elettorale proporzionale.
  I partiti si presentavano singolarmente agli elettori per raccogliere il massimo dei consensi sui loro programmi, ma mantenendosi le mani libere, dopo la proclamazione degli eletti, per coalizzarsi non importa con chi e per la realizzazione di un nuovo programma comune che poteva o non poteva avere un punto di contatto con le proposte programmatiche presentate agli elettori.
  Era una norma che si adattava alle coalizioni che, in quanto destinatarie del premio di maggioranza, indicavano preventivamente il perimetro delle alleanze, il programma e il capo politico. Una formulazione ipocrita per indicare il candidato a presiedere il Consiglio dei Ministri. Formulazione ipocrita, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di precisare, nell'ultimo periodo del comma 1 del novellato articolo 14-bis, che «Restano ferme le prerogative spettanti al Presidente della Repubblica previste dall'articolo 92, secondo comma, della Costituzione».
  Del tutto contraddittoriamente o equivocamente, una volta escluse le coalizioni di liste, viene mantenuta l'espressione «i partiti o i gruppi politici organizzati che si candidano a governare». In presenza di coalizioni, l'indicazione del capo politico rappresentava una sorta di anticipazione dell'indicazione che le forze politiche presenti in Parlamento avrebbero dato al Capo dello Stato nelle consultazioni che precedono il conferimento dell'incarico di formare un Governo che disponga della maggioranza per ottenere la fiducia.
  Con una sola lista destinataria del premio di maggioranza, le consultazioni e le prerogative del Capo dello Stato sono ridotte a una cerimonia degradante nella farsa. Dopo l'invenzione di un sistema elettorale proporzionale con premio di maggioranza – un evidente ossimoro – abbiamo una forma intermedia di designazione del Primo Ministro, sconosciuta ai Paesi dove il premierato forte è consolidato da anni, per esempio il Prime Minister britannico, e dove è il frutto di prassi consolidate del costume politico, ma è designato potenziale un candidato come gli altri, in un collegio uninominale, e l'elezione diretta del Primo Ministro come è stato sperimentato negativamente in Israele per un numero limitato di consultazioni.
  Sarebbe opportuno che si riflettesse sul fatto che una forma di governo di premierato forte non prevista dalla nostra Pag. 9Costituzione nasca indebolendo di fatto il ruolo del Capo dello Stato in una delle sue più importanti funzioni, la nomina del Presidente del Consiglio e, come dirò in seguito, dell'autorità e del prestigio della Corte costituzionale, cioè dei due massimi organi di garanzia.
  La forma di governo viene modificata mediante l'approvazione di una legge ordinaria adottata da un Parlamento eletto con una legge dichiarata in punti fondamentali contraria alla Costituzione, anche se senza effetti pratici, atteso l'articolo 66 della Costituzione, che colpevolmente non si è voluto modificare nel parallelo processo di revisione costituzionale.
  Nella nuova legge elettorale sono ignorate le indicazioni di principio affermate dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 1 del 2014, che pure lascia la più ampia libertà al legislatore, che non è formalmente vincolato a un determinato sistema elettorale, quindi non è vincolato al principio che ciascun voto contribuisca potenzialmente e con pari efficacia alla formazione degli organi elettivi. Questo è condizionato dal fatto che il legislatore nella sua libertà scelga un sistema proporzionale anche in parte proporzionale. Vuole evitare di rispettare questi princìpi ? La Corte glielo consente: adotti un sistema non proporzionale, cioè adotti un sistema maggioritario; opti per un sistema elettorale maggioritario, anche il più estremo, quello vigente in Gran Bretagna o negli Stati Uniti, per il quale first past the post, cioè il primo arrivato con la maggioranza relativa conquista il seggio, quale che sia la sua percentuale e i suoi voti validi o la percentuale dei votanti rispetto agli aventi diritto.
  Una logica brutale ma coerente: per avere la maggioranza devi conquistare la maggioranza assoluta dei seggi attribuiti in collegi uninominali, uno per uno, senza nessun trucco matematico. Ovvero il legislatore, tenendo conto dell'articolazione politica risultante dalle percentuali del voto del maggio 2008, potrebbe optare per un maggioritario con ballottaggio eventuale, nel caso che il candidato al primo turno non ottenga la maggioranza assoluta dei voti validi espressi, pari almeno a un quarto degli elettori iscritti; un significato particolare, questo, di maggioritario non alla francese, che si tende a dimenticare a ragion veduta quando si parla di ballottaggio nel nostro Paese.
  In conclusione, voglio dire che tenendo conto, per dare un premio di maggioranza o per l'accesso, unicamente del dato dei voti validi noi non rispettiamo la volontà degli elettori, perché diverso è il peso di un 40 per cento se va a votare il 66 per cento o, come è successo in Emilia-Romagna, se va a votare meno del 40 per cento. Occorre pertanto introdurre delle soglie per ammettere al ballottaggio le liste o anche per consentire, se non c’è questa soglia o se le due liste più votate non rappresentano una percentuale minima degli aventi diritto al voto, degli apparentamenti.
  Per il resto consegnerò alla Presidenza il testo scritto.

  GIUSEPPE CALDERISI, esperto della materia. Grazie per l'invito. Ho un testo scritto perché il breve tempo a disposizione mi obbligherà a essere sintetico e a tagliare alcune parti.
  Il testo della proposta di legge è molto diverso da quello approvato dalla Camera in prima lettura. Sono state accolte le più importanti proposte di modifica che vennero allora avanzate dalla minoranza del Partito Democratico e dal resto della maggioranza. Il testo è frutto di un accordo (nell'unico vertice in seno alla maggioranza che si è tenuto, credo, in questa legislatura). Inoltre, è stato votato sia alla Camera in prima lettura al Senato, anche da Forza Italia: il suo voto favorevole è un dato di fatto (sono legittimi i cambiamenti di orientamento politico, ma esulano evidentemente da una valutazione sul merito del provvedimento). Questo per ricordare il grado di consenso raggiunto che ritengo importante nel varo di queste riforme.
  Dato che il dibattito riguarda necessariamente anche l'equilibrio complessivo del sistema, non solo della legge elettorale, ma del sistema istituzionale nel suo complesso – perché sono state lanciate accuse Pag. 10di «deriva autoritaria», «democratura» e via dicendo – non si può prescindere da una valutazione complessiva.
  La mia valutazione è che siamo di fronte a una riforma complessiva molto equilibrata. L'impianto generale si ispira ai sistemi adottati nelle maggiori democrazie europee e alle conclusioni maggiormente condivise della Commissione di costituzionalisti ed esperti nominata dal Governo Letta due anni fa. Questi testi, voglio ricordarlo, sono il frutto di un lavoro iniziato non da un anno, ma da due anni.
  È prevista una sola Camera che accorda e revoca la fiducia al Governo e che è rappresentativa dell'indirizzo politico sull'asse del continuum corpo elettorale-maggioranza-Governo. Il sistema elettorale si basa sullo svolgimento eventuale di un ballottaggio a livello nazionale. Infatti, a fronte di un sistema politico divenuto almeno tripolare, la Commissione per le riforme, dopo un approfonditissimo e meditato dibattito – e grazie all'opera svolta non solo dal Ministro di allora, ma anche in particolare da Luciano Violante, responsabile del Forum riforme istituzionali del Partito Democratico, che era in stretto collegamento con la segreteria del medesimo Partito Democratico di allora – ha espresso in prevalenza l'indicazione per questo sistema, in quanto esso è l'unico, a parte il sistema francese, in grado di far scaturire dalle elezioni un vincitore ed evitare così di essere costretti a governi di larghe intese, come è accaduto due anni fa.
  Il sistema complessivo dato dalle due riforme, costituzionale ed elettorale, delinea – cito la relazione della Commissione, capitolo IV, punto 4 e successivi – «una forma di governo parlamentare del Primo Ministro in grado di far emergere, da una sola consultazione degli elettori, la maggioranza parlamentare e l'indicazione del Presidente del Consiglio, in modo da incorporare la scelta del leader nella scelta della maggioranza». È un'espressione, tra l'altro, mutuata dal professor Elia.
  Insomma, ci stiamo semplicemente avvicinando faticosamente ai sistemi parlamentari delle maggiori democrazie europee, ma ne siamo ancora in buona parte lontani. Voglio ricordare che, non essendo state modificati alcuni articoli della Costituzione (articoli 88, 92 94) relativi alla forma di governo (come pure suggerire la relazione finale dalla Commissione), il Presidente del Consiglio non dispone di poteri formali né di decisione né di proposta per lo scioglimento della Camera politica, neppure in connessione con un meccanismo di sfiducia costruttiva, come in Spagna e in Germania; non dispone del potere di revoca o di proposta di revoca dei ministri, così come non dispone direttamente dell'ordine del giorno della Camera politica, almeno per i tre quarti dei tempi; non dispone del potere di veto sulle deliberazioni che comportino oneri per la finanza pubblica, come in Inghilterra, come in Germania e come in Francia.
  Quindi, le accuse di deriva autoritaria e così via mi sembrano assolutamente prive di fondamento. Abbiamo validi limiti al potere del Governo. Essi consistono nella separazione verticale dei poteri, dall'Unione europea alle Regioni; nel Presidente della Repubblica; nella Corte costituzionale e nel Consiglio Superiore della Magistratura, eletti con quorum che sfuggono alla maggioranza. Essi devono consistere nel ruolo dell'opposizione che, questo sì, va potenziato e forse anche con modifiche al testo di riforma costituzionale. In particolare, penso a una Commissione per l'esercizio della funzione di controllo sulla spesa pubblica, all'enorme ammontare della spesa pubblica a legislazione vigente, oltre che su quella nuova Commissione, la cui presidenza sia affidata a un rappresentante dell'opposizione.
  Non si possono invece trovare questi limiti nella separazione tra legislativo ed esecutivo, perché essa è tipica della forma presidenziale e non di quella parlamentare, dove Governo e maggioranza sono fusi nel rapporto fiduciario.
  Siamo di fronte a processi di globalizzazione e a tecnologie che hanno cambiato e stanno cambiando il mondo a velocità prima inimmaginabili. L'Italia deve ancora realizzare le riforme di cui si parla da trent'anni. Non riusciamo ancora a liberarci Pag. 11del complesso del tiranno, per alcuni ormai un'ossessione, e forse qualche potere forte teme l'insediamento di governi legittimati dal voto degli elettori dotati di poteri minimi necessari per governare.
  Non ho tempo per esaminare tutte le modifiche che sono state apportate al Senato – la soglia per accedere al premio di maggioranza elevata dal 37 al 40 per cento, la soglia di sbarramento portata al 3 per cento in modo da conciliare la governabilità con la rappresentatività. Voglio ricordare le norme per l'equilibrio della rappresentanza dei sessi, la norma «anti-flipper», la riduzione del numero dei collegi. Sono numerose le modifiche che sono state apportate.
  Sono state introdotte le preferenze, che non c'erano, con scelte che ovviamente sono il frutto di una mediazione certamente opinabile, ma non si può pensare di rimettere in discussione tutto, perché se si ricomincia daccapo si rischia di non arrivare mai alla conclusione del processo di riforma. Al riguardo le affermazioni di Giorgio Napolitano sono pienamente condivisibili. A meno che l'obiettivo che ci si prefigge non sia proprio quello di non arrivare mai al traguardo e andare a votare con il «Consultellum». Sarebbe, però, un fallimento esiziale per il Paese non riuscire neanche questa volta a varare le riforme che l'Italia aspetta da tanti anni.
  Tuttavia, non mi esimo dal verificare la validità delle scelte compiute. Vogliamo discutere dei sistemi uninominali maggioritari ? Personalmente preferisco il sistema semipresidenziale francese, ma qui non contano le preferenze personali. Voglio tuttavia ricordare che la scelta di questo sistema basato sul ballottaggio è stata una scelta meditata da parte della Commissione per le riforme e poi del Parlamento.
  Voglio ricordare innanzitutto che con il 40 per cento dei voti si ha già diritto al 45 per cento circa dei seggi, perché c’è sempre una quota di voti dispersi dalle liste sotto la soglia di sbarramento. Quindi, il premio è di fatto del 10 per cento circa dei seggi. Nel ballottaggio è la maggioranza assoluta degli elettori che decide l'assegnazione della maggioranza assoluta dei seggi. Non credo che ci sia meccanismo più democratico di questo, perché gli elettori al primo turno votano il partito che sentono più vicino, al secondo la proposta di governo che sentono meno lontana. Ed è una scelta che li induce alla responsabilità.
  Anche questa storia secondo la quale al secondo turno vanno a votare in pochi non ha fondamento. Se vediamo i dati delle elezioni presidenziali francesi – nel testo scritto ho citato le elezioni del 2002, del 2007 e del 2012, ma si può andare anche più a ritroso – a volte il numero dei votanti è addirittura maggiore, altre volte equivalente. Chirac nel 2002 prese il 19,9 al primo turno e vinse con l'82 per cento di voti; il totale dei voti validi passò da 24,5 a 31 milioni; nel 2007 Sarkozy, con 11,4 milioni di voti al primo turno, vinse con 18,9 milioni di voti; nel 2012 Hollande con 10,2 milioni divoti al primo turno, prese 18 milioni di voti nel secondo turno. Il numero complessivo di voti validi è rimasto dello stesso ordine di grandezza, in alcuni casi è addirittura aumentato.
  Di fronte a una competizione decisiva per il governo del Paese, gli elettori dei partiti esclusi dal ballottaggio sono necessariamente indotti a mettere in secondo piano la scelta identitaria e optare per il second best, il partito che garantisce meglio i loro obiettivi primari, anche se esso non corrisponde totalmente alle loro aspirazioni.
  Lo ripeto, si tratta del sistema più democratico che possa esistere, il sistema che sollecita la scelta più matura e consapevole degli elettori. Ciò, ovviamente, purché la competizione non sia inquinata da assurdi e cervellotici quorum che ne minerebbero pericolosamente la dinamica democratica.
  Per quanto riguarda i sistemi uninominali maggioritari, vi sono due rischi. Ho detto di preferirli, però attenzione, con un sistema uninominale maggioritario, se i partiti o le coalizioni sono tre e sono equivalenti, vi è il rischio che non ci sia alcun vincitore, ma se un partito è al 40 per cento e gli altri stanno sotto il 20, vi è il rischio di «cappotto». In Francia, nel Pag. 121993 l'Unione per la Francia con il 43 per cento di voti ottenne 485 seggi, l'84 per cento del totale dei seggi.
  Credo, quindi, che questa scelta dell’Italicum sia stata una scelta molto equilibrata. Chi vince ottiene solo 340 seggi; includendo anche una parte dei seggi della Circoscrizione estero, siamo circa a 30 seggi in più della maggioranza assoluta, solo il 5 per cento dei seggi. Si tratta, quindi, una scelta molto equilibrata che garantisce uno spazio amplissimo alla rappresentatività del sistema e che però richiede evidentemente la costruzione di una maggioranza coesa.
  Non possiamo affidarci di nuovo a maggioranze eterogenee, frutto di coalizioni insincere, fatte più per vincere che non per governare. Da qui la scelta del premio alla lista, il che non vuol dire che in questa lista o partito non ci debba essere una dialettica interna costruttiva. Non è scritto da nessuna parte. Ma un sistema che abbia maggiore coesione e omogeneità è imprescindibile se vogliamo che il sistema politico istituzionale sia capace di realizzare quelle riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno per competere a livello internazionale.
  Faccio solo due ultime considerazioni, se mi è consentito. Quanto al problema dei capilista bloccati, certamente molte scelte sono opinabili, è stata proposta l'alternativa del listino. Avete pensato però che in Lombardia che ha 101 seggi, un listino per assegnare il 30 per cento dei seggi corrisponde a 30 candidati ? Siamo sicuri che sarebbe più gradito di 17 capilista bloccati il cui nome è stampato sulla scheda nei 17 collegi plurinominali ?
  Inoltre, considerando le pluricandidature non è vero che i partiti piccoli non potrebbero avere eletti con le preferenze. Comunque, faccio presente che in Germania i collegi uninominali sono vinti solo dai partiti maggiori; i partiti piccoli vincono solo seggi con le liste bloccate. Ma in Germania nessuno ha mai posto questa obiezione.
  Lo ripeto, alcune scelte che hanno una natura molto tecnica sono certamente opinabili, ma ritenere che possano determinare la differenza fra una buona riforma e una deriva autoritaria mi sembra proprio eccessivo. Grazie.

  ANNA FALCONE, esperta della materia. La proposta di legge elettorale che dovrà essere discussa a breve dalla Camera si presta a una serie di eccezioni, sia nel merito che nel metodo.
  Noi abbiamo dei parametri, tra l'altro, molto chiari: non è soltanto la Costituzione, ma sono le indicazioni che ci vengono dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014 e anche le esperienze sui sistemi elettorali del passato.
  Da questo punto di vista, vorrei evidenziare alcuni punti che tecnicamente non reggerebbero, con grande probabilità, a un sindacato di costituzionalità.
  Innanzitutto, l'assenza di una soglia di sbarramento per accedere al secondo turno, qualunque sia l'interpretazione che si voglia dare a questa scelta, è una violazione della sentenza n. 1 del 2014 in uno dei suoi punti essenziali, ovvero la violazione del principio di ragionevolezza.
  Questo premio di maggioranza che verrebbe attribuito al secondo turno, infatti, sarebbe un premio di maggioranza estremamente elastico, che in un sistema pluripartitico come rimane quello italiano potrebbe dar luogo anche ad alcuni paradossi. Immaginiamo l'attribuzione del premio a una lista che non abbia raggiunto magari il 15 o anche il 20 per cento. L'attribuzione dei parlamentari grazie al premio potrebbe essere superiore all'attribuzione dei parlamentari che quella lista avrebbe ottenuto al primo turno.
  Tra l'altro, il divieto di coalizione al secondo turno non fa che aggravare questa situazione. Quindi, ne consegue anche una violazione del principio di uguaglianza del voto e del principio di proporzionalità fra voto in entrata e voto in uscita.
  Un argomento che sollevava il professor Guzzetta e che credo vada ripreso riguarda proprio il valore che il cittadino elettore dà al voto e che, effettivamente, cambia dal primo al secondo turno. Proprio in ragione del fatto che l'elettore è consapevole che al secondo turno va a Pag. 13votare per il governo e non si aspetta più una rappresentanza, soprattutto chi abbia votato per una lista diversa, il ballottaggio dovrebbe riequilibrare questa prospettiva, garantendo quantomeno una soglia d'accesso per poter accedere al secondo turno.
  Un altro aspetto critico riguarda i capilista bloccati. Qui richiamo quanto diceva prima anche l'avvocato Besostri. Noi abbiamo un problema che, prima ancora della scelta sul sistema elettorale, riguarda la selezione delle candidature. Questo è un problema che permane sia in caso di liste bloccate sia in caso di scelta dei candidati che si andranno a eleggere con le preferenze.
  Da questo punto di vista, e analizzando anche come hanno funzionato i previgenti sistemi elettorali, pare che questa proposta di legge assuma il peggio delle due formule. Per quale motivo ? Perché i capilista bloccati non sono suffragati necessariamente, con dei sistemi che valgano per tutti i partiti e i movimenti politici che partecipano all'elezione, da sistemi di selezione democratici. Noi non abbiamo una legge sulle primarie.
  I partiti e i movimenti politici che partecipano alle elezioni hanno dei meccanismi interni di organizzazione che sono più o meno democratici, ma le ultime esperienze ci hanno dimostrato come la selezione delle candidature rimanga particolarmente opaca, quindi di fatto gli elettori si troveranno a partecipare a delle elezioni in cui il capolista è bloccato. Può essere candidato, per come è il testo adesso, fino a dieci collegi, quindi c’è anche una violazione del voto diretto, perché fino all'ultimo, fino a quando non saprò quale sarà il collegio per cui opterà il candidato eletto, non saprò neanche a chi effettivamente andrà il mio voto, con un'ulteriore violazione di uno degli aspetti centrali della sentenza n. 1 del 2014.
  Anche per l'elezione dei candidati potenzialmente eleggibili con le preferenze, non si supera il problema delle preferenze fiume o comunque del voto clientelare, che aveva determinato in passato l'eliminazione del sistema delle preferenze.
  Quindi, rimane centrale nel nostro sistema, a prescindere dalla scelta del meccanismo elettorale, un'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, una garanzia del metodo democratico all'interno dei partiti politici che continua a essere il nodo sul quale il Parlamento continua a non volersi pronunciare.
  Noi abbiamo un accenno nella normativa che ha eliminato il finanziamento pubblico, la legge n. 13 del 2014 di conversione del decreto-legge n. 149 del 2013, che però è una misura assolutamente eventuale, perché impone ai partiti politici e ai movimenti che vogliano accedere alle nuove forme di finanziamento tramite il 2 per mille di avere al loro interno uno statuto democratico. Tuttavia, l'indicazione che dà la legge dei contenuti di democrazia che devono essere presenti nello statuto è ancora molto vaga e sicuramente la garanzia della democrazia organizzativa e quindi anche del metodo di partecipazione alla politica tramite i partiti non può essere lasciata a una legge che stabilisca i criteri di accesso al finanziamento, anziché a una legge che finalmente garantisca i diritti politici e di rappresentanza politica dei cittadini prima e a prescindere dalle elezioni e prima e a prescindere dal finanziamento alle attività politiche dei partiti e dei movimenti politici.
  C’è un problema che ovviamente riguarda anche il modo in cui noi intendiamo il principio democratico. Chiunque di noi abbia studiato diritto costituzionale o abbia avuto la fortuna e l'onore di insegnare diritto costituzionale nell'università sa che il principio democratico impone che una democrazia è tale se una maggioranza auspicabilmente reale governa il Paese e la minoranza esercita i poteri di controllo e le funzioni di garanzia, non se il cittadino sa, la sera delle elezioni – o quella prima, a volte – chi vince e chi perde.
  Il premio di maggioranza, non solo e non tanto quello che viene attribuito al primo turno, ma soprattutto quello che viene attribuito al secondo turno, falsa questi equilibri e di fatto finisce per introdurre Pag. 14un premierato, e quindi per modificare la forma di governo a Costituzione invariata. Questo distorce anche il senso e il significato delle maggioranze che erano state richieste per l'elezione degli organismi di garanzia e – voglio fare un esempio che non è stato fatto finora – anche per modificare i regolamenti parlamentari. Mi richiamo a una violazione di metodo, ma di rilievo costituzionale, che è stata fatta nella votazione di questo testo al Senato.
  Tutti conosciamo la vicenda del superemendamento premissivo presentato dal senatore Esposito che conteneva in sé gli aspetti essenziali di questa proposta di legge e che ha determinato un effetto caducatorio di una serie di emendamenti non solo dell'opposizione ma anche della maggioranza. Io ritengo che questa sia una procedura assolutamente da evitare, anche alla Camera, perché viola nella sua sostanza, non solo nell'aspetto formale, l'articolo 72, quarto comma, della Costituzione. Se questa legge dovesse passare e, poniamo il caso, dovesse arrivare al governo una maggioranza espressione di una sola lista e risultata vincitrice al ballottaggio – dunque in realtà una minoranza del Paese che rappresenti in quel momento la maggioranza relativa – la maggioranza espressione del Parlamento avrebbe la possibilità di modificare anche i regolamenti parlamentari, cristallizzando questa procedura anche in violazione, eventualmente, dell'articolo 72, quarto comma.
  È un rischio lontano ? Io penso che, nel momento in cui si analizza con tanta attenzione una legge elettorale, bisognerebbe evitare certi rischi e fare in modo che venga impedito quello che è un malcostume che molto spesso si realizza nel nostro ordinamento, cioè che nel passaggio dalle fonti principali, dalla Costituzione, alla legge ordinaria e alle fonti attuative, le fonti attuative e anche una fonte di primo grado quali sono i regolamenti parlamentari finiscano per svuotare di significato quelli che sono i princìpi democratici del nostro ordinamento.

  CARLO FUSARO, Professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Firenze. Signora presidente, signora Ministra, signori deputati, premetto subito che come le altre volte ho avuto l'onore di essere in altre Commissioni, io parlo, più che da esperto, da cittadino. Non credo ai finti esperti. Credo che siamo tutti cittadini, soprattutto quando affrontiamo tematiche al massimo tasso di politicità come queste, dove la signoria del Parlamento deve potersi manifestare in tutta la sua pienezza, certo nel rispetto della Costituzione, ma non dei costruttivismi interpretativi ai quali la stessa Corte costituzionale, che un tempo li aveva criticati, ha prestato in qualche modo indulgenza nella sentenza n. 1 del 2014.
  Il mio obiettivo nel tempo che ho a disposizione è quello di cercare di sintetizzare poche note su tre punti. Il primo, la differenza tra il testo Camera del marzo 2014 e il testo Senato approvato pochi mesi fa; il secondo, le critiche principali – alcune, ovviamente, non tutte – che sono portate ora a questo testo; il terzo, trarre qualche conclusione.
  Su quanto è già stato osservato non rientro, anche perché i signori deputati e le signore deputate conoscono perfettamente ciò di cui si parla. Mi permetto però di sottolineare alcuni aspetti.
  Innanzitutto le due leggi, prima e dopo il «make up» del Senato, hanno una serie di elementi comuni, il principale dei quali è quello di prevedere il cosiddetto «voto decisivo». Anche di questo si è discusso già attraverso diversi interventi dei colleghi e anche a me pare la questione cruciale, ma ci torno fra un attimo.
  Vorrei sottolineare che fra le molte differenze, che di solito non vengono enfatizzate, del testo Senato rispetto al testo Camera, credo che meritino grande apprezzamento quelle in materia di riequilibrio della rappresentanza di genere, che costituiscono quanto di più completo ed efficace si sia visto finora a livello di elezioni parlamentari, naturalmente fermo restando che liste bloccate sarebbero ancora Pag. 15meglio, sotto quell'aspetto, se i comportamenti delle forze politiche sono virtuosi.
  In secondo luogo, cosa del tutto trascurata, questa legge introduce in forma ordinaria il voto per una serie di cittadini temporaneamente all'estero. Prima era riservato ai professori universitari, ai militari e praticamente a nessun altro. Questo è un elemento di grande rilevanza giuridica e costituzionale in senso alto. Si sarebbe forse potuto fare in modo tecnicamente diverso, ma ciò avrebbe comportato gravi problemi. Intendo dire che i cittadini temporaneamente all'estero dovrebbero vedere il loro voto entrare nella somma dei singoli collegi cui appartengono e non nel calderone del voto degli italiani all'estero, ma probabilmente ciò avrebbe comportato problemi tecnici non da poco.
  Veniamo alle critiche. Le critiche a questo testo, in chi le analizzi freddamente, mettendole nella successione del tempo e anche i nomi dei protagonisti, appaiono effettivamente all'osservatore obiettivo vagamente singolari. Vengono combattuti con uguale energia e con uguale passione e uguale enfasi sia inizialmente una serie di possibili e anche effettivi potenziali difetti della legge versione Camera, quanto le soluzioni che al Senato sono state introdotte per farvi fronte, con degli spostamenti concettuali che a me sono parsi particolarmente singolari.
  Un aspetto è quello della formula cosiddetta «premiale», perché poi si può discutere se il ballottaggio conferisca un premio. Certo, conferisce una serie di seggi aggiuntivi, ma è una competizione a parte, sulla quale mi soffermerò presto. Intendevo dire, invece, la questione del voto decisivo in un solo ramo del Parlamento, che a mio avviso è una soluzione saggia, anzi l'unica soluzione saggia, ove ci si voglia indirizzare verso formule di voto decisivo.
  La vera grande critica alla legge Calderoli del 2005 era proprio questa – e questa fu sollevata sin dal 2007, senza peraltro suscitare particolare interesse e particolare attenzione – cioè l'insostenibilità concettuale di due meccanismi di voto decisivo in due rami del Parlamento entrambi titolari del rapporto fiduciario, ma eletti da elettorati diversi.
  È una irreconciliabile contraddizione. Allora, non sarebbe affatto contrastante con la ragionevolezza immaginare che anche nell'eventualità sfortunata che questo Parlamento non riesca a completare il processo di revisione costituzionale in corso e oggi all'esame del Senato, si avesse nondimeno un voto decisivo in uno dei due rami del Parlamento, perché questo indubbiamente consentirebbe di produrre una capacità di aggregazione perlomeno tendenziale e parziale, un indirizzo del quale non si potrebbe non tenere conto.
  D'altra parte, non credo di dover essere io a ricordare che questo è l'unico ramo del Parlamento eletto a suffragio universale. Il rispetto dell'altro ramo vi induce probabilmente a non marcare mai questo punto, ma ci sono sette generazioni di differenza, visto che si ragiona in quest'Aula, e l'ho sentito affermare poco fa con termini appassionati, di sovranità popolare, articolo 1 della Costituzione, e democrazia.
  Un'altra osservazione, ma la tralascio, poteva essere quella delle riforme che si fanno tutti insieme. C’è un testo scritto al quale naturalmente mi rifaccio. Il punto del premio, il punto del voto decisivo è veramente la questione cruciale, che travolge completamente tutta la questione che sento evocare della critica perché non ci sarebbe uno sbarramento per l'accesso al secondo turno. Credo ci sia il dovere di fronte all'opinione pubblica di essere chiari. In effetti, è stata chiara per esempio l'avvocatessa Falcone. Se si contesta l'opportunità del voto decisivo, allora basta, fine del discorso, ma questo ramo del Parlamento si è già pronunciato.
  Io parto dal punto di vista che il voto decisivo sia una scelta – personalmente la condivido – saggia. Se questo è, tertium non datur. Come faccio a immaginare una soglia per l'accesso al secondo turno ? O attribuisco il voto a turno unico, e ricasco nel problema che potrebbe essere assegnato a chi ha una legittimazione limitata, Pag. 16o lo attribuisco con un ballottaggio e, se ballottaggio ha da essere, io non posso immaginare che ci sia una soglia di accesso.
  Discorso diverso è quello degli apparentamenti e del premio alla sola lista. Qui, a dire il vero, il collega Calderisi ha già detto cose piuttosto chiare. Forse abbiamo dimenticato la legislatura 2006-2008; forse si è dimenticato il lungo periodo in cui si sono violentemente e giustamente criticate coalizioni «acchiappatutto», che avevano diviso l'elettorato in due campi ma che poi avevano prodotto tutt'altro che governabilità per il frantumarsi di queste coalizioni raccogliticce.
  Il premio, o quel che sia, l'aggiunta di seggi per garantire il voto decisivo alla lista che vince corrisponde indubbiamente al tentativo di costruire un sistema partitico, di grandi partiti a vocazione maggioritaria, peraltro con lo sbarramento al 3 per cento al primo turno, conciliandolo con un'ampia rappresentatività. Tanto ampia che improvvisamente coloro che – secondo me con una certa ragionevolezza – avevano criticato la soglia precedente, che era troppo alta per le forze non coalizzate quando le coalizioni ancora erano previste dalla legge, adesso lamentano che il 3 per cento sia poco perché consentirebbe un eccesso di frammentazione dell'opposizione.
  Lo stesso discorso vale per l'entità del premio che non può essere commisurata ai voti dati al primo turno. Siamo nell'ambito di una logica di un sistema completamente diverso.
  Non ho il tempo di fare la sintesi di tutte le numerose migliorie (per una volta la navetta ha prodotto un risultato a mio avviso grandemente positivo) che si sono avute fra testo Camera e testo Senato.
  Qui parla veramente solo il cittadino, cittadino che peraltro è stato in quest'Aula per un breve tempo, ma mi riesce difficile immaginare come si potrebbe spiegare mai all'opinione pubblica che quella medesima Camera dei deputati che ha approvato il testo poi trasmesso al Senato non approvasse quello notevolmente migliorato che dal Senato è tornato, in tutte le sue scelte più qualificanti.
  Semmai da cittadino, ma qui anche da esperto, la vera polizza di assicurazione contro ogni rischio di concentrazione eccessiva del potere sono le rimesse periodiche in discussione di chi governa. Si valuti allora se si ritiene opportuno eventualmente in sede di revisione costituzionale ridurre da 5 a 4 anni le legislature, e a questo punto accelerare i tempi della rimessa in discussione di chi abbia vinto le elezioni, auspicabilmente nell'ambito di una forma di Governo rafforzata dall'abolizione del doppio meccanismo fiduciario.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Salutiamo la Ministra Boschi che deve lasciarci perché è impegnata con il question time in Aula e quindi si scusa.
  Do la parola al professor Spadacini.

  LORENZO SPADACINI, Ricercatore di diritto costituzionale europeo presso l'Università degli studi di Brescia. Grazie per l'invito. Ho depositato una relazione scritta, che è quindi già a disposizione della Commissione. Il poco tempo disponibile per questa audizione mi ha indotto a fare una scelta in qualche modo anticonformista nella misura in cui non mi occuperò delle questioni più dibattute, delle quali io stesso ho potuto parlare in precedenti audizioni, che sono quelle relative all'illegittimità costituzionale del premio di maggioranza, all'introduzione del doppio turno nazionale, che io ritengo essere una elusione sostanziale della soglia per attribuire il premio, all'incompatibilità complessiva della proposta di legge in esame con la forma di Governo parlamentare e con la stessa natura rappresentativa delle Camere.
  Con riguardo a questi profili penso abbiate a disposizione argomenti sufficienti in un senso o nell'altro. Siccome se n’è già parlato, ho deciso di illustrare tre punti apparentemente più marginali, ma che offriranno il destro per ritornare su queste stesse questioni da una prospettiva diversa.Pag. 17
  Si tratta innanzitutto della disciplina adottata per le regioni con minoranze linguistiche e del suo impatto sul resto dell'impianto normativo, in secondo luogo si tratta della ripartizione dei seggi tra i collegi nei quali sono suddivise le circoscrizioni elettorali dopo le modifiche introdotte al Senato, e in terzo luogo dei problemi relativi al differimento dell'applicabilità della riforma in relazione alla disposizione relativa al differimento al 1 luglio 2016 degli effetti della riforma medesima.
  Veniamo al primo punto, che è quello relativo alla disciplina speciale per la Valle d'Aosta e per il Trentino – Alto Adige. Il legislatore ha scelto di introdurre una disciplina speciale per queste due regioni con minoranze linguistiche e così esiste un collegio uninominale in Valle d'Aosta, e in Trentino-Alto Adige esistono otto collegi uninominali e tre destinati al recupero.
  Nella relazione scritta alla quale rinvio – non ne tratto in questo intervento per ragioni di tempo – argomento che la scelta di queste discipline speciali è molto dubbia dal punto di vista della legittimità costituzionale, perché rappresenta un cattivo bilanciamento tra principio di uguaglianza e principio di tutela delle minoranze.
  Qui invece mi interessa sottolineare che la disciplina introdotta in Valle d'Aosta e in Trentino-Alto Adige, poiché utilizza in un sistema tutt'affatto diverso i voti della Valle d'Aosta e del Trentino-Alto Adige al fine del superamento delle soglie di accesso per il premio o per l'accesso al ballottaggio, ha determinato la necessità di un coordinamento tra le disposizioni di Valle d'Aosta e Trentino – Alto Adige e la disciplina nazionale.
  Queste disposizioni di coordinamento hanno indotto a prevedere alcuni collegamenti tra i candidati nei collegi nelle due regioni e le liste nazionali. In Valle d'Aosta, dunque, tutti i candidati nei collegi uninominali debbono essere collegati con una lista nazionale. L'esito di questa disposizione però è una patente violazione dell'articolo 6 della Costituzione, perché in questo modo, ai sensi di questo testo di legge, si obbliga la minoranza linguistica a trovare una lista nazionale alla quale collegarsi, perché altrimenti non potrà presentare la candidatura, quindi ai sensi di questa legge si obbliga la minoranza linguistica a trovare qualcuno che a livello nazionale sia disponibile a concederle il collegamento. A mio modo di vedere è una violazione chiara dell'articolo 6 della Costituzione.
  Tralascio altre questioni simili riguardo al Trentino-Alto Adige e vengo a una questione che è sempre frutto del cattivo coordinamento tra le discipline speciali per Valle d'Aosta e Trentino – Alto Adige e l'attribuzione dei seggi di minoranza. È un difetto grave della legge, perché a mio modo di vedere l'unica interpretazione possibile dell'articolo 83, comma 3, del testo unico determinerà la circostanza che l'ufficio centrale elettorale sarà costretto a proclamare non 630 deputati, bensì un numero compreso tra 631 e 640 deputati, con violazione ovvia dell'articolo 56, secondo comma, della Costituzione.
  Questa mi sembra però l'unica interpretazione possibile, perché l'articolo 83 stabilisce che l'ufficio centrale, una volta attribuito il premio di maggioranza, sottragga a 618 seggi 340 seggi, cioè quelli in premio, per cui ne residuano 278 seggi da distribuire alle minoranze.
  Il punto è che alcuni di questi seggi potrebbero essere già stati assegnati in Valle d'Aosta o Trentino-Alto Adige nei collegi uninominali. In particolare, potrà capitare che nel caso in cui i candidati collegati alla lista di maggioranza non abbiano vinto alcuno dei nove collegi uninominali (non avremo vinto necessariamente nemmeno il seggio residuo nella quota proporzionale del Trentino perché destinato alla migliore tra le liste di minoranza), vi saranno dieci seggi, già assegnati alle liste di minoranza in Trentino e in Valle d'Aosta che andrebbero tolti dai 278 destinati alle liste di minoranze a livello nazionale e che diventerebbero dunque 268, ma la legge non lo specifica, con la conseguenza che verranno proclamati ai sensi di quella legge più deputati di quelli che la Costituzione prevede.Pag. 18
  È un problema di costituzionalità. L'ufficio centrale che effettuerà queste operazioni non è un'autorità giurisdizionale, non può sollevare la questione di costituzionalità, c’è il rischio che approvando la legge così com’è sapremo forse il risultato la sera stessa delle elezioni, ma il giorno dopo ci accorgeremo che sono stati eletti 10, 7, 6, un numero compreso tra 1 e 10 deputati in più di quelli che la Costituzione prevede. L'argomentazione è spiegata meglio nella relazione scritta.
  Altro punto riguarda l'impatto di questa disciplina speciale per Valle d'Aosta e Trentino – Alto Adige con la disciplina generale del ballottaggio. In queste due regioni per le quali c’è una disciplina speciale gli elettori sono ugualmente chiamati a votare anche per il turno di ballottaggio, naturalmente qualora il turno di ballottaggio ci fosse. Faccio notare che – il caso della Valle d'Aosta è infatti molto chiaro – gli elettori della Val d'Aosta votano in un collegio uninominale e la sera stessa delle elezioni del primo turno hanno completamente esaurito la loro rappresentanza parlamentare, perché hanno sicuramente eletto il deputato della Valle d'Aosta. Questi elettori nel secondo turno per quale rappresentanza sono chiamati a votare ?
  Richiamo questo punto perché è del tutto indicativo della circostanza che qui, attraverso il premio, si sta introducendo la surrettizia elezione diretta dell'esecutivo e allora si dice che, siccome nessuno tra gli elettori italiani può essere escluso dalla possibilità di stabilire a chi vada il premio e dunque chi sia il capo dell'esecutivo, a questo punto anche gli elettori della Valle d'Aosta o del Trentino – Alto Adige che hanno votato nei collegi uninominali al primo turno eleggendo i loro rappresentanti devono essere ammessi a votare al secondo turno.
  Delle due l'una: o vengono ammessi al secondo turno perché stiamo eleggendo qualcosa di diverso rispetto alla rappresentanza parlamentare (la loro rappresentanza parlamentare è infatti già integralmente eletta), oppure li facciamo votare in modo tale che esprimano la rappresentanza parlamentare di altri italiani, infatti il loro voto influisce sulla determinazione di seggi parlamentari che sono assegnati ad altre circoscrizioni e destinati dunque a rappresentare altri italiani. Il voto di questi ultimi in effetti influenza la distribuzione dei seggi in tutte le circoscrizioni italiane, ma essi possono incidere sulla composizione della rappresentanza della circoscrizione Valle d'Aosta e della circoscrizione Trentino-Alto Adige, dunque non c’è reciprocità tra gli elettori delle due regioni speciali e gli altri e ciò comporta una violazione dell'articolo 3 e dell'articolo 48 della Costituzione.
  Faccio presente peraltro che, se la ratio della legge della legge fosse accettabile, cioè che tutti i cittadini devono essere ammessi a votare al secondo turno per attribuire a qualcuno il premio di maggioranza, esistono 3,5 milioni di italiani all'estero che sono stati esclusi da questa possibilità, peraltro in un contesto nel quale la fungibilità di elettorati tra l'estero e l'Italia è stata accentuata, perché ci sono alcuni italiani residenti in Italia temporaneamente all'estero che possono votare nelle circoscrizioni estere o nelle circoscrizioni italiane, il cui diritto di voto cambia totalmente a seconda che esercitino questa opzione, e viceversa alcuni italiani all'estero che possono votare nelle circoscrizioni italiane.
  Elimino tutta un'altra serie di considerazioni perché il tempo sta terminando, in particolare rinuncio a illustrare il punto relativo alla distribuzione dei seggi tra i collegi e rinvio alla relazione scritta, ma aggiungo un'ultima notazione che attiene al differimento degli effetti della legge al 1o luglio 2016.
  La disposizione è formulata molto male o meglio ci sono due disposizioni formulate diversamente, che potranno comportare problemi interpretativi sui quali non indulgo. Vorrei soltanto far notare che, poiché l'articolo 2 della proposta di legge nel comma 35 dispone che le disposizioni di cui all'articolo 2, che sono le disposizioni della novella, cioè che dispongono le abrogazioni, sostituzioni, modificazioni nel Testo Unico della Camera, si applicano a Pag. 19partire dal 1o luglio 2016, la novellazione del vecchio testo avverrà al 1o luglio 2016. Ciò farà sì che fino al 1o luglio 2016 resterà in vigore anche formalmente il vecchio Testo unico.
  Volevo sottolineare che con questa modalità adottata il legislatore realizzerebbe quel che si è finora ritenuto vietato, cioè la possibilità di un referendum abrogativo totale sulla legge elettorale in corso di approvazione perché, se essa non produce l'effetto abrogativo fino al 1o luglio 2016, un referendum di abrogazione totale, la cui iniziativa fosse adottata oggi, sarebbe capace di intervenire prima della sua applicabilità, con la conseguenza che potremmo avere per la prima volta un referendum abrogativo sull'insieme della legge elettorale che state approvando, restando in vigore il «Consultellum» che non ha scadenza.
  Spero di essere rimasto nei tempi e vi ringrazio per la pazienza.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  ENZO LATTUCA. Grazie, presidente. Vorrei formulare tre domande agli esperti che abbiamo il piacere di aver audito oggi, tralasciando alcune valutazioni politiche che legittimamente ci hanno consegnato come contributo e raccogliendo il consiglio datoci ieri dal professor Barbera di farci carico dell'orgoglio e della responsabilità di operare valutazioni politiche fino in fondo. Non raccolgo quindi alcuni consigli riguardo alle conseguenze che avrebbero le modifiche nel passaggio al Senato, perché non credo che sia opportuno parlarne in questa sede.
  Mi spiace che non sia più presente il professor Frosini, che ha dedicato buona parte dei suoi studi all'approfondimento di sistemi politici e costituzionali extra europei. Chiedo se risulta agli esperti l'esistenza nelle democrazie occidentali ma anche in altri sistemi di formule elettorali majority assuring o di voto decisivo come definiva il professor Fusaro per l'elezione dell'Assemblea del Parlamento ovvero di un sistema che non si limita a favorire o incentivare, ma garantisce al cento per cento che il primo partito al primo o al secondo turno si veda assegnata la maggioranza assoluta dei seggi.
  Ieri il professor D'Alimonte definiva questo come un sistema che garantisce l'elezione diretta del Capo del Governo. Questo sistema esiste in altri Paesi e soprattutto è compatibile con la forma di Governo parlamentare ?
  Il professor Fusaro diceva che uno dei difetti principali della legge Calderoli – forse il principale, segnalato dall'inizio – era la coesistenza di due sistemi per le elezioni di Camera e Senato potenzialmente in grado di creare due maggioranze diverse. Ricordava il professor Fusaro la differenza nell'elettorato attivo tra Camera e Senato, il fatto che si vota su due schede diverse che di per sé non garantisce la stessa maggioranza alla Camera e al Senato, però definiva questo sistema, che prevedeva potenzialmente due maggioranze diverse con l'attribuzione di premi diversi e con meccanismi diversi, una inconciliabile contraddizione.
  Mi chiedo come si possa ritrovare la medesima se non ancora aggravata inconciliabile contraddizione in un sistema che potenzialmente il 2 luglio del 2016 porta questo Paese a votare sia per la Camera che per il Senato, alla Camera con un sistema majority assuring, che è disposto a limitare il principio di rappresentanza per garantire governabilità, al Senato con un sistema sostanzialmente proporzionale, solo con alcune soglie di sbarramento, che tale principio non garantisce.
  Peraltro, vorrei far notare che la tesi del professor Fusaro è anche ripresa dalla Corte costituzionale nella parte in cui dichiara l'incostituzionalità dei premi regionali al Senato per la legge elettorale del Senato, proprio perché questi premi non sono atti a garantire una maggioranza in questa Camera e la stessa maggioranza nell'altro ramo del Parlamento.
  Ultima domanda: ritengono i nostri esperti che il combinato disposto di collegio unico nazionale con applicazione di un premio di maggioranza al primo o al Pag. 20secondo turno, capilista bloccati e doppia preferenza, pluricandidature senza obbligo di opzione per il collegio dove si è ottenuto magari il risultato migliore, 100 collegi territoriali di dimensione diversa, garantisca, come richiesto dalla Corte costituzionale, sulla base delle censure operate sulla legge Calderoli, la libera determinazione della scelta dell'elettore nei confronti dell'eletto ?
  Nutro seri dubbi che l'insieme di questi istituti possa garantire questa libera determinazione, anche perché il voto dato in un collegio soprattutto a un partito piccolo potrebbe essere utilizzato per eleggere il capolista di un altro collegio, del quale l'elettore del collegio non conosce nemmeno l'esistenza.
  L'ultima considerazione riguarda i cittadini temporaneamente all'estero, a cui sono contento sia stato riconosciuto il diritto di voto. Era stato presentato un emendamento alla Camera, ma allora non fu approvato proprio perché si pensava che al Senato poi non potesse essere confermato, invece ciò è avvenuto.
  Si presenta però il problema che il professor Spadacini segnalava, ovvero questi italiani temporaneamente all'estero possono votare nella circoscrizione estero e perdono di fatto il diritto di partecipare al turno di ballottaggio. Un caro amico che in questo momento è studente Erasmus mi ha segnalato questa cosa e mi ha manifestato il suo intendimento di attivare un percorso per coinvolgere la Corte costituzionale a questo riguardo.

  STEFANO QUARANTA. Due domande, la prima brevissima e immediata: come i nostri esperti valuterebbero l'eventuale voto di fiducia sulla legge elettorale.
  La seconda questione invece attiene alla coerenza di questo sistema. Ho sentito molti riferimenti a un avvicinamento a modelli europei, ma la mia perplessità sta proprio in questo: temo molto i disegni incoerenti frutto del genio italico, che abbiamo già visto nel cosiddetto Senato delle autonomie, che mi lascia molte perplessità.
  Al di là del fatto che si sia proporzionalisti o per il maggioritario, mentre io mi sentirei di riconoscermi in un sistema tedesco o in un sistema francese, trovo invece che ci sia una qualche incoerenza in questo sistema e vorrei capire le valutazioni che si fanno. Tutto questo a mio giudizio partendo da un presupposto, in quanto il frutto delle mie brevi considerazioni è legato al fatto che si sostiene non come diceva il professor Frosini che questa proposta raggiunga l'equilibrio fra rappresentanza e governabilità, ma su questo famoso refrain che ci sentiamo dire tutti i giorni, ossia che gli elettori vogliono sapere chi vince la sera stessa delle elezioni, tema che a me pare che non esista in nessun altro Paese europeo, a proposito appunto di modelli europei.
  Da questo poi si fa discendere una serie di cose, che per portare a questo risultato che è molto dubbio – è anche molto dubbio interpretare il fatto che gli elettori vogliano questo, perché se facessi parte del sistema politico, mi preoccuperei più di evitare che gli elettori non tornino più a votare, vista la continua diminuzione di consensi, piuttosto che interpretare questo tipo di volontà che mi pare non esista in nessun altro Paese europeo – si assume un sistema di carattere proporzionale e si mette insieme il premio oltre il 40 per cento e lo sbarramento al 3, cose che a me pare non possano stare insieme, perché lo sbarramento è già una forma di dare più forza e più potere ai grandi partiti, e che questo si debba sposare con il premio oltre il 40 per cento mi sembra un'incoerenza, cioè sono due cose che non dovrebbero stare insieme.
  Per non farci mancare nulla, a questo si aggiunge il doppio turno, che è una cosa tipica dei sistemi maggioritari, senza però il permesso di coalizzarsi. A me risulta che dove c’è il doppio turno soprattutto di collegio – qui siamo a una originalità ancora diversa perché siamo al doppio turno nazionale – si dia la possibilità di coalizzarsi.
  Apro una breve parentesi su questo perché a me non convince affatto l'idea che il tema dell'omogeneità stia nel premio Pag. 21alle coalizioni piuttosto che al singolo partito, perché noi abbiamo già vissuto nell'esperienza italiana entrambe le cose, avendo spesso coalizioni formate da partiti litigiose o grandi listoni formati a loro volta da singoli partiti o da singole sensibilità altrettanto litigiosi, quindi non credo sia questo il tema.
  Il tema semmai, se vogliamo risolvere questo problema, starebbe nella libertà delle forze politiche di coalizzarsi o meno. Questo è molto più legato al fatto che, essendoci naturalmente le coalizioni che oggi sono vietate, si possa stare in coalizione oppure no avendo lo stesso tipo di sbarramento.
  In questa doppia lettura dell’Italicum siamo passati dal fatto che prima per sopravvivere le forze medie o piccole dovevano per forza coalizzarsi, perché c'era lo sbarramento al 4,5 o quello all'8, al fatto che non ti devi coalizzare e devi stare fuori, perché c’è lo sbarramento al 3 per cento. Questa mi sembra una cosa del tutto incoerente, per lasciar perdere questa doppia candidatura laddove nella vulgata il candidato bloccato viene venduto come il candidato del collegio, cosa che non c'entra niente, anche qui mescolando proporzionale e maggioritario uninominale, e poi abbiamo invece gli eletti con le preferenze, per non parlare delle candidature multiple.
  Il tema secondo me è la coerenza: vorrei capire per quale ragione si tengano insieme pezzi di proporzionale e di maggioritario, mettendo di nuovo a rischio di costituzionalità questa legge, perché mi pare che da un lato i cittadini non scelgano affatto i candidati, dall'altro che il tema della potenziale sproporzione tra voti e premio sia del tutto ancora in campo, perché non si è fatta una scelta chiara tra maggioritario e proporzionale. Abbiamo messo insieme due cose che insieme mi pare non stiano in nessun altro Paese europeo, visto che si fa sempre riferimento a questi famosi modelli europei.

  DANILO TONINELLI. Non farò considerazioni di natura politica perché non è questa la sede e mi rammarica aver ascoltato, anche se non ero presente ieri, alcune dichiarazioni di esperti o presunti tali e oggi stesso aver ascoltato altre affermazioni di natura politica che sinceramente non comprendo soprattutto da parte di esperti che, se si chiamano tali e sono tali, dovrebbero dare l'apporto tecnico necessario e sufficiente alla politica e al Parlamento per formare l'idea politica migliore per fare la scelta migliore per il Paese. Sappiamo però che la realtà è ben diversa e anche i loro interventi lo dimostrano.
  Detto questo, avrei fatto anch'io la domanda sul voto di fiducia che ha appena fatto il collega Quaranta e a cui mi associo. Ho altre due domande che pongo a tutti gli esperti. Laddove al secondo turno, al cosiddetto ballottaggio, andasse a votare il 30-40 per cento degli elettori, ritenete democratica la votazione ? Esiste o non esiste un effetto flipper ? Essendo la distribuzione dei seggi di natura nazionale come fosse un collegio unico nazionale, può o non può accadere, come ci ha già dimostrato il dossier elaborato dagli uffici della Camera in prima lettura, che un voto dato in un determinato collegio plurinominale vada ad eleggere un candidato in un altro collegio addirittura in un'altra circoscrizione ?
  Faccio l'esempio in cui una percentuale molto alta di una forza politica presa in una circoscrizione di un collegio, che non corrisponde a una percentuale altrettanto alta, superiore alla soglia a livello nazionale, comporti con l'assegnazione del premio di maggioranza la assegnazione di un seggio differente nel collegio in cui quella forza politica ha raggiunto anche il 40 per cento di voti.
  Può avvenire che una forza politica con una percentuale molto alta possa vedersi non assegnato il seggio, tenendo conto della distribuzione nazionale aggiuntiva della quota del premio di maggioranza, e di questioni di natura meramente matematica e distributiva e delle disproporzioni a livello circoscrizionale e del collegio plurinominale ?

Pag. 22

  FRANCESCO SANNA. Siccome qui ragioniamo anche di opzioni alternative sullo stesso problema, vorrei chiedere ai nostri illustri ospiti se ritengano maggiormente rispondente ai criteri individuati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014, circa la capacità da attribuire al voto del cittadino di individuare il candidato da eleggere, un sistema differente che però abbiamo già conosciuto ai tempi della legge Mattarella, cioè quello delle liste plurinominali a voto bloccato, soprattutto laddove queste dovessero rappresentare la quota di premio di maggioranza alle liste.

  GIUSEPPE LAURICELLA. Vorrei anch'io sottolineare, perché mi sono sembrati dei passaggi non gradevoli, il fatto di avere suggerimenti politici più che tecnici, perché siamo qui ad ascoltare i tecnici in quanto tali e abbiamo già troppi politici da ascoltare nelle sedi che ci riguardano quotidianamente. Tra l'altro, ero un tecnico, però in questa sede mi spoglio delle mie vesti di tecnico per sentire i tecnici, quindi per la politica mi riserverei altri ambiti e altri momenti.
  Tornando al tecnico e sperando di rimanerci anche nelle risposte, vorrei capire se, come anche ieri ho chiesto ad altri esperti, sia veramente la soluzione del ballottaggio quella di avere le quote anche più basse rispetto al grado di partecipazione, ai voti espressi, oppure – parlo egoisticamente dal punto di vista del Partito Democratico e comunque del Governo e della maggioranza – convenga invece eliminare il ballottaggio.
  Se si eliminasse il ballottaggio, il partito che dovesse raggiungere il 40 per cento potrebbe governare da solo, ma qualora non raggiungesse il 40 per cento, democraticamente si arriverebbe a una coalizione, perché nessuno ha raggiunto una soglia importante per avere la legittimazione a governare da solo, ma nello stesso tempo eviterebbe un rischioso ballottaggio, perché si potrebbe verificare l'ipotesi, che si verifica ricorrentemente a livello locale, che al ballottaggio vinca la forza più piccola, che ha avuto minore consenso al primo turno.
  Al secondo turno si scatenano gli «appetiti» di chi magari si è astenuto al primo turno e partecipa al secondo turno con il solo intento di votare contro il sistema, oggi rappresentato dal Partito Democratico e dalle forze di maggioranza piuttosto che dal Governo. Questo è un primo punto che pongo al vostro alla vostra riflessione.
  Il secondo invece è stato un passaggio già avvenuto nella prima fase di approvazione qui alla Camera, in cui avevo presentato un emendamento che ebbe anche una certa risonanza, ossia se non sia essenziale tenere il collegamento tra la riforma costituzionale e la riforma elettorale, perché, se manca questo collegamento, la legge elettorale che andiamo ad approvare rimane scoperta dal punto di vista della funzionalità, perché devi andare a votare con due sistemi diversi, e qui abbiamo sentito opinioni contrastanti sul piano della costituzionalità.
  Alcuni, come ieri il professor Barbera, ci hanno detto che non ci sono problemi, perché Senato e Camera sono nati anche dal punto di vista della Costituente in maniera differenziata, nei tempi e via dicendo. Altri invece dicono che ci sarebbe il problema, perché le ultime sentenze della Corte costituzionale ci richiamano a una omogeneità dal punto di vista del rapporto di fiducia, perché, se non approviamo la riforma costituzionale, rimane il rapporto di fiducia bicamerale, non solo di una Camera; oppure si deve andare a modificare la legge dell’Italicum per adeguarlo anche al Senato.
  Il problema rimane, quindi o noi leghiamo la vita di queste due riforme, oppure mi pare che il problema si ponga e chiedevo una vostra opinione.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  PRESIDENTE. Innanzitutto mi scuso per il ritardo, ma ragioni politiche non mi hanno consentito di ascoltare gli interventi Pag. 23degli esperti, ma ho avuto la possibilità di avere qualche ragguaglio metodologico su come sono andati i lavori.
  Purtroppo abbiamo un Ufficio di presidenza che dobbiamo tenere necessariamente e, con la premessa che ovviamente la Commissione tiene conto dei contributi tecnici, non certamente dei contributi politici che sono inutilizzabili per i nostri lavori, lascio purtroppo a ciascuno degli intervenuti due minuti a testa.
  Per le repliche sono ammesse risposte scritte. Però, dato che mi piacerebbe lasciare a verbale anche una risposta utile, cedo la parola professor Besostri.

  CARLO FELICE BESOSTRI, esperto della materia. Naturalmente non si può rispondere a tutti. Vorrei soltanto trattare una questione di fondo: la pretesa di conoscere la sera delle elezioni chi governerà è una pretesa assurda che non esiste altrove. Persino nei sistemi presidenziali alla sera delle elezioni Obama o Hollande sa che è il Presidente degli Stati Uniti e della Francia.
  Se potrà governare, dipende nel caso francese dal risultato delle elezioni trenta giorni dopo dell'Assemblea, e nel caso del Presidente degli Stati Uniti dalla elezione contemporanea di Camera e Senato e di quelle di mezzo termine, perciò questa è un'idea di per sé sbagliata di fondo che non c’è nemmeno nei sistemi che individuano il sistema presidenziale.
  Ci si rende conto di questo e quindi adesso non ci si accontenta più e, sia per il Senato e si è sperimentato per la legge Delrio, si fanno le elezioni di secondo grado, che costituiscono un vantaggio di sapere chi governerà la sera prima delle elezioni, che indubbiamente semplifica le cose.
  Siamo arrivati addirittura per le province ad avere una lista unica con un numero di candidati pari ai posti da eleggere. Nella vicina Svizzera, dove evidentemente fanno i conti, in questo caso non si tengono le elezioni, perché, se il numero dei candidati è pari a quelli da eleggere, risparmiamo la farsa di andare a votare.

  ANNA FALCONE, esperta della materia. Mi scuso anch'io preventivamente per l'impossibilità di rispondere a tutti. Cercherò di dare alcuni spunti che mi auguro siano omnicomprensivi almeno di alcune delle domande poste.
  Una delle questioni fondamentali tecnicamente è quella della coerenza del sistema. Questo è un modello che, come abbiamo visto, sacrifica di molto la rappresentanza purtroppo senza garantire con un grado di certezza accettabile la governabilità, perché il meccanismo del premio di maggioranza, sia al primo che al secondo turno, non fa altro che forzare un sistema politico e partitico che si è visto nel tempo essere molto resistente a tutti i tentativi di semplificazione, in un quadro nel quale anche la lista che dovesse vincere al secondo turno non potrebbe evitare di avere al suo interno dei contrasti.
  Anche nell'attuale Parlamento assistiamo a una situazione in cui anche i partiti maggiori hanno al loro interno dei contrasti, che non garantiscono assolutamente il fatto che le leggi su cui si incentra l'indirizzo politico di quel partito siano effettivamente approvate. Il nostro rimane un sistema di natura parlamentare, in cui le leggi più importanti devono essere non solo discusse nel Parlamento, ma devono essere nella disponibilità sia della maggioranza che dell'opposizione.
  Il problema della governabilità tra l'altro resiste e sussiste proprio in virtù del fatto che è vero che bisognerebbe ragionare su un maggiore coordinamento fra la riforma elettorale e le riforme istituzionali.
  Vero è che non è previsto nel rapporto Camera e Senato un rapporto di fiducia, ma è altrettanto vero che il Senato mantiene delle competenze su materie importanti. Queste competenze condizioneranno necessariamente il Governo nel dover ricercare, visto il diverso meccanismo elettorale a cui sarà soggetto il Senato se andrà in porto la riforma, delle maggioranze variabili e successive.
  Tutti questi elementi più altri che non ho il tempo di ricordare dimostrano come il meccanismo non presenti quella ragionevolezza Pag. 24interna, per cui al sacrificio della rappresentanza si ottenga l'effetto della governabilità.

  PRESIDENTE. Professoressa, purtroppo devo pregarla di rispondere per iscritto all'altro quesito.

  ANNA FALCONE, esperta della materia. Mi scuso io per non poter rispondere.

  CARLO FUSARO, Professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Firenze. Premesso che mi impegno a completare lo scritto rispondendo puntualmente agli onorevoli deputati che sono intervenuti, impiego questo breve tempo per dire all'onorevole Lattuca che in effetti in Francia a livello sub statale e in Messico a livello statale hanno elaborato sistemi che sono simili a questo, il che naturalmente secondo me non depone a favore, né contro, ma rispondo tecnicamente.
  La questione vera è: voto decisivo sì o voto decisivo no. Mi sono preso una serie congrua di rabbuffi, mi scuso se ho urtato la suscettibilità di qualcuno, ma domandarmi su questo – non dico l'onorevole Lattuca, ma altri che sono intervenuti – è esattamente pormi una questione di altissima valenza politica. La rimetto a voi, registro solo che questo ramo del Parlamento e anche l'altro si sono già pronunciati al riguardo e io francamente avevo osato dare per definita la questione dell'opportunità del voto decisivo. Vedo che taluni legittimamente intendono rimetterla in discussione.
  Sempre l'onorevole Lattuca affrontava la questione del sistema di capilista, pluricandidature, preferenze. Premesso che sono un avversario delle preferenze assolutamente drastico, devo rispettare le scelte che sono state compiute.
  Non credo che ci sia però un problema serio di legittimità costituzionale con la formula equilibrata, ancorché compromissoria, che è stata raggiunta. Tra l'altro, mi permetto umilmente di osservare che il Senato della Repubblica le preferenze non le ebbe mai fino al gennaio del 2014, dove pure al Senato ovviamente il cittadino elettore, votando per un collegio, non poteva sapere se votava in realtà per fare uscire uno di un altro collegio. È chiaro questo a tutti, evidentemente. Questo problema quindi non è mai esistito.
  Il voto di fiducia è un'altra questione che è rimessa alla valutazione politica del Governo. Registro solo che, al di là del 1953, con questi Regolamenti parlamentari è stato fatto nel 1990 un paio di volte.

  GIUSEPPE CALDERISI, esperto della materia. Voglio sottolineare che gli indirizzi di fondo delle riforme hanno una valenza politica ineludibile. Ad esempio, la Commissione per le riforme, composta da 35 costituzionalisti ed esperti neutri più altri 7 che avevano il compito di redigere la relazione finale, si è avvalsa di queste competenze, ma ha assunto indirizzi che hanno anche una valenza politica, in base agli orientamenti di politica costituzionale, anche in base alla situazione del sistema politico e alle opinioni e tendenze politico-culturali delle forze politiche.
  L'opzione per un sistema di voto «decisivo» è stata discussa molto dalla Commissione per le riforme, perché questa legislatura è nata con una situazione di paralisi o di stallo istituzionale, perché per trent'anni non abbiamo fatto la riforma del bicameralismo. Vi sono solo due opzioni per un sistema «decisivo»: o il sistema semipresidenziale francese, oppure la forma di governo del primo ministro, e la Commissione per le riforme ha optato per questa seconda soluzione.
  Questa scelta non nasce nell'ultimo anno, nasce due anni fa. Lo voglio sottolineare con forza all'onorevole Lattuca anche per quanto riguarda il problema dello sfasamento temporale delle riforme: siamo in una fase di transizione, finché non riusciamo a superare il bicameralismo perfetto, siamo in una situazione di difficoltà oggettiva dal punto di vista istituzionale, ma dobbiamo venirne fuori facendo la riforma.
  Sul problema del «flipper» voglio dire all'onorevole Toninelli che è stato fatto un cambiamento profondo al Senato: i seggi Pag. 25sono assegnati a tutte le forze politiche, grandi e piccole, nei collegi plurinominali dove ciascuna di esse ha ottenuto i migliori risultati percentuali, quindi non c’è un'attribuzione casuale dei seggi.
  È chiaro che, essendo un sistema con collegi piccoli, se assegnassimo i seggi con il sistema spagnolo, li assegneremmo solo alle forze maggiori, ma è stata invece compiuta un'opzione di compromesso fra un sistema con collegi piccoli e con il riparto nazionale dei seggi.
  Ribadisco che i diversi aspetti del sistema sono frutto di mediazioni politiche. Ma non intravedo problemi di costituzionalità; vedo solo problemi di opportunità, di preferibilità e di opinabilità delle diverse opinioni.

  PRESIDENTE. Sta dicendo che gli esperti esprimono opinioni anche politiche.

  GIUSEPPE CALDERISI, esperto della materia. No, le mediazioni fra collegi, i capilista bloccati e tutto il resto sono state fatte dalle forze politiche qui in Parlamento, non dai costituzionalisti e dagli esperti. Le mediazioni sono frutto di mediazioni politiche. E ribadisco che non intravedo problemi di costituzionalità.

  LORENZO SPADACINI, Ricercatore di diritto costituzionale europeo presso l'Università degli studi di Brescia. Grazie, presidente. Anch'io volevo tornare sul tema del sistema majority assuring sollevato dall'onorevole Lattuca, perché non solo non esiste un sistema di questo genere in nessuna delle democrazie classiche, ma il punto è che esso non può esistere in un sistema democratico.
  C’è una certa confusione sulla forma di governo, perché l'elezione che può essere decisiva in democrazia è l'elezione dell'esecutivo, che in alcune democrazie è direttamente eletto e in altre non è direttamente eletto. In tutte le democrazie, però, tanto a forma di governo presidenziale, quanto a forma di governo parlamentare, l'elezione dell'Assemblea non può essere organizzata in modo che emerga sempre e comunque dal voto degli elettori una maggioranza. Non solo questo non accade, ma non può accadere, perché il Parlamento, da quando esiste, è anzitutto un organo rappresentativo.
  Può accadere in alcuni sistemi elettorali accidentalmente, perché il collegio uninominale nasce in Gran Bretagna prima che ci sia non soltanto il rapporto fiduciario, ma prima che ci sia lo stesso Governo. Quindi, esso non nasce per favorire la governabilità. Non c'era nemmeno il Governo quando nasce il collegio uninominale.
  Può accadere che alcuni sistemi elettorali favoriscano l'emersione di una maggioranza «elettorale», ma nessuno può imporlo come fa questo, perché altrimenti si vorrebbe imporre per legge che il Parlamento sempre produca una maggioranza, quando questa eventualità deve dipendere dalle dinamiche politiche del Paese.
  Voi dovete rivendicare l'autonomia politica di questa Camera rispetto ai tecnici, ma anche il Paese deve mantenere la sua autonomia politica nel senso di potersi politicamente dividere in due, se ve ne sono le condizioni politiche, oppure in tre (o in più parti) se esistono condizioni politiche diverse. È quel che accade in Gran Bretagna. Può darsi che quel sistema funzioni con l'alternanza tra due partiti – il collegio uninominale induce, favorisce questo elemento –, ma può darsi che questo non accada e a quel punto si farà il Governo di coalizione.
  È vero che nelle forme di governo parlamentare naturalmente il Parlamento dà la fiducia, ma la sua funzione principale ovunque resta la funzione legislativa, cioè quella di stabilire la normazione generale, per la quale occorre il consenso della maggioranza dei rappresentanti dei cittadini.

  PRESIDENTE. Do qualche secondo in più al professor Spadacini, perché è l'unico esperto indicato dal gruppo del Movimento 5 Stelle, quindi mi sembra corretto.

Pag. 26

  LORENZO SPADACINI, Ricercatore di diritto costituzionale europeo presso l'Università degli studi di Brescia. Ho pressoché terminato, nel senso che il mio punto è che non solo non esiste, ma non può esistere un sistema elettorale per una Camera che sia sempre «decisivo», perché ciò contraddice la forma di governo parlamentare e la forma di Stato democratico. Perché il sistema sia «decisivo», infatti, in determinate circostanze deve trascurare ogni verosimiglianza di rappresentatività e così avremmo un assetto dei poteri entro il quale le norme generali sono stabilite da un Parlamento che non è rappresentativo. Viceversa, il Parlamento deve essere rappresentativo anche se si può costruire la rappresentanza in modi diversi, con sistemi proporzionali, con o senza soglia, o con sistemi maggioritari.
  Non si può produrre però un sistema che subordina la composizione delle Camere a un'elezione che di fatto ha un altro contenuto, che è il plebiscito per l'esecutivo, al quale accede graziosamente una composizione delle Camere sempre conforme al colore politico del capo.

  PRESIDENTE. Grazie, attendiamo eventuali integrazioni per iscritto.
  Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.25.