XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Mercoledì 3 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE C. 3098  GOVERNO, APPROVATO DAL SENATO, RECANTE DELEGHE AL GOVERNO IN MATERIA DI RIORGANIZZAZIONE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

Audizione di esperti.
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 
Sandulli Maria Alessandra  ... 3 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 4 
Palese Rocco (FI-PdL)  ... 4 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 4 
Amorosino Sandro , Professore ordinario di diritto dell'economia presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza» ... 4 
Meale Agostino , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università degli studi di Bari ... 6 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 7 
Portaluri Pierluigi , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università del Salento ... 7 
Viscomi Antonio , Professore ordinario di diritto del lavoro presso l'Università «Magna Grecia» di Catanzaro ... 9 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 10 
Zoppoli Lorenzo , Professore ordinario di diritto del lavoro presso l'Università «Federico II» di Napoli ... 10 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 11 
Zoppoli Lorenzo , Professore ordinario di diritto del lavoro presso l'Università di Napoli «Federico II» ... 11 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 12 

Audizione di rappresentanti di Unioncamere:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 12 
Ambrosi Sandro , componente del Comitato esecutivo di Unioncamere e Presidente della Camera di commercio di Bari ... 12 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 12 
Ambrosi Sandro , componente del Comitato esecutivo di Unioncamere e Presidente della Camera di commercio di Bari ... 12 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 13 
Gagliardi Claudio , Segretario generale di Unioncamere ... 13 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Gagliardi Claudio , Segretario generale di Unioncamere ... 15 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Gagliardi Claudio , Segretario generale di Unioncamere ... 15 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 

Audizione di rappresentanti di organizzazioni sindacali:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Savarino Pompeo , Presidente dell'Associazione classi dirigenti delle pubbliche amministrazioni (AGDP) ... 15 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 16 
Savarino Pompeo , Presidente dell'Associazione classi dirigenti delle pubbliche amministrazioni (AGDP) ... 16 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 16 
Savarino Pompeo , Presidente dell'Associazione classi dirigenti delle pubbliche amministrazioni (AGDP) ... 16 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 16 
Savarino Pompeo , Presidente di AGDP, Associazione classi dirigenti delle pubbliche amministrazioni ... 16 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 17 
Bertola Michele , Presidente del Comitato etico dell'Associazione nazionale dei direttori generali (ANDIGEL) ... 17 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 17 
Belli Patrizio , componente del direttivo di ASFEL-Associazione servizi finanziari enti locali ... 18 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 18 
Belli Patrizio , componente del direttivo di ASFEL-Associazione servizi finanziari enti locali ... 18 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 18 
Biasioli Stefano , Segretario generale della Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della pubblica amministrazione (CONFEDIR) ... 18 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 19 
Biasioli Stefano , Segretario generale di CONFEDIR, Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della pubblica amministrazione ... 19 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 19 
Casagrande Barbara , Segretaria generale della Confederazione della dirigenza pubblica (CODIRP) ... 19 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 19 
Casagrande Barbara , Segretaria generale della Confederazione della dirigenza pubblica (CODIRP) ... 19 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20 
Casagrande Barbara , Segretaria generale della CODIRP, Confederazione della dirigenza pubblica ... 20 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20 
Sorrentino Serena , Segretaria confederale nazionale della Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL) ... 21 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 22 
Ricciato Fedele , Vicesegretario generale della Confederazione generale dei sindacati autonomi dei lavoratori (CONFSAL) ... 22 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 23 
Blasi Massimo , componente della Segreteria nazionale della Confederazione generale unitaria (CGU-CISAL) ... 23 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 24 
Blasi Massimo , componente della segreteria nazionale della Confederazione generale unitaria (CGU-CISAL) ... 24 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 24 
Cefalo Roberto , dirigente nazionale della Confederazione indipendente sindacati europei (CSE) ... 24 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 25 
Bernava Maurizio , Segretario confederale della Confederazione italiana sindacato lavoratori (CISL) ... 25 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 26 
Rembado Giorgio , Presidente della FP-CIDA – Manager e alte professionalità per l'Italia ... 26 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 27 
Cavallero Giorgio , Segretario generale della Confederazione sindacale medici e dirigenti (COSMeD) ... 27 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 27 
Tortorella Rosario , Segretario nazionale del sindacato direttori penitenziari (SI.DI.PE.) ... 28 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 28 
Bitti Fiovo , Segretario confederale della Unione generale del lavoro (UGL) ... 28 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 29 
Foccillo Antonio , Segretario confederale della Unione italiana del lavoro (UIL) ... 29 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 29 
Foccillo Antonio , Segretario confederale della Unione italiana del lavoro (UIL) ... 29 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 30 
Foccillo Antonio , Segretario confederale della Unione italiana del lavoro (UIL) ... 30 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 30 
Bonazzi Adamo , Segretario generale dell'Unione sindacati autonomi europei (USAE) ... 30 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 31 
Santoro Ermanno , Componente dell'esecutivo nazionale pubblico impiego dell'Unione sindacale di base (USB) ... 31 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 32

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  La seduta comincia alle 19.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di esperti.

  PRESIDENTE. Informo che, in seguito a una richiesta della professoressa Sandulli, che ritengo di accogliere, di poter svolgere per prima la sua relazione a causa di impegni personali improcrastinabili, l'ordine del giorno subirà un'inversione, nel senso che avrà prima luogo l'audizione di esperti e, a seguire, quella dei rappresentanti di Unioncamere, con i quali mi scuso fin da ora.
  L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge c. 3098 Governo, approvato dal Senato, recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, l'audizione di esperti.
  Ricordo che il tempo previsto per ogni intervento è di cinque minuti.
  Do la parola alla Professoressa Maria Alessandra Sandulli, Professoressa ordinaria di diritto amministrativo presso l'Università degli studi di Roma Tre.

  MARIA ALESSANDRA SANDULLI. Professoressa ordinaria di diritto amministrativo presso l'Università degli studi di «Roma Tre». Grazie. Sarò rapidissima, presidente, e mi limiterò ad alcuni brevissimi flash in tema di autotutela, su cui intendo concentrare il mio intervento.
  Innanzitutto, notavo che l'articolo 2 del disegno di legge, alla lettera m) del comma 1, stabilisce la possibilità che le amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza di servizi o si sono comunque espresse nei termini assumano determinazioni in via di autotutela ai sensi degli articoli 21-quinquies o 21-novies della legge n. 241 del 1990, quindi revoca o annullamento.
  A mio avviso, questa disposizione andrebbe eliminata perché in questo modo si distrugge il vantaggio della conferenza dei servizi e se una qualsiasi delle amministrazioni partecipanti pensa di revocare o annullare autonomamente il proprio assenso, chiaramente a rigore dovrebbe cadere tutta la decisione, e questo contraddice, a mio parere, gli obiettivi della riforma.
  A tutto voler concedere, ma proprio se non ci fosse alternativa, si potrebbe prevedere che le amministrazioni possano invitare quella precedente ad avviare una nuova conferenza per valutare se annullare o revocare la determinazione assunta.
  Il secondo punto riguarda l'articolo 5 del disegno di legge. In riferimento all'articolo 21-quinquies, quindi al potere di revoca, il disegno di legge non ne propone modifiche ma ritengo indispensabile eliminare la seconda parte del comma 1-bis dalle parole «e tiene conto» sino alla fine del comma, perché la disposizione pone ingiusti limiti all'indennizzo in caso di revoca e soprattutto fa una forte confusione tra annullamento e Pag. 4revoca e fa ricadere sul beneficiario del provvedimento revocato responsabilità inconciliabili con l'istituto della revoca e proprie piuttosto di quello dell'annullamento, con una confezione inaccettabile in una riforma che mira a dare certezze e a semplificare il sistema.
  Sull'articolo 21-novies, relativo all'annullamento d'ufficio, faccio due rilievi. Va sicuramente benissimo stabilire un termine massimo per l'annullamento, che è quello di diciotto mesi. Mi domando se non occorra, però, prevedere termini più lunghi per l'annullamento giustificato dalla tutela di interessi primari (salute, difesa, ambiente, beni culturali e via dicendo).
  L'altro dubbio che nutro sull'articolo 21-novies è il riferimento alla responsabilità dell'amministrazione per non avere annullato l'atto illegittimo. Da un lato, si dice che non si deve annullare l'atto se non a certe condizioni e dall'altro si mette a carico delle amministrazioni la responsabilità per non aver annullato l'atto illegittimo. Non vorrei che questa sia l'ennesima contraddizione.
  Soprattutto vorrei richiamare l'attenzione sull'articolo 21-quater, comma 2. L'articolo 21-quater è quello che si occupa del potere di sospensione del provvedimento.
  Il disegno di legge non se ne occupa perché finora l'articolo 21-quater non era utilizzato molto dall'amministrazione. Oggi, siccome l'amministrazione si sente bloccata nel potere di autotutela e limitata dal legislatore nel potere di annullamento e nel potere di revoca, sostanzialmente blocca gli investitori attraverso un parere di sospensione, quindi utilizza l'articolo 21-quater, che è una norma eccezionale, come una norma ordinaria. Quindi, inizia procedimenti di revoca, di annullamento, di decadenza e procedimenti di secondo grado di vario tipo, e nelle more della decisione sospende il provvedimento, quindi sospende incentivi, autorizzazioni e proprio tutti quei provvedimenti che la riforma mira a tenere salvi, senza peraltro garantire quelle valutazioni dell'interesse pubblico e quelle gravi ragioni che invece sono imprescindibili in un potere cautelare.
  Io ho ipotizzato un testo di modifica normativa che estende all'articolo 21-quater, quindi al potere di sospensione, quelle stesse garanzie che il disegno di legge prevede nei confronti della revoca e dell'annullamento.
  Lascio un testo scritto a disposizione della Commissione

  PRESIDENTE. Va bene. Grazie, professoressa.
  Sull'ordine dei lavori ha chiesto di intervenire l'onorevole Palese.

  ROCCO PALESE. Signor presidente, sull'ordine dei lavori, chiedo se è possibile aprire il circuito, dato che entrando in Commissione, ho verificato che non funziona.

  PRESIDENTE. Ho già comunicato che la seduta è trasmessa sulla web-tv della Camera. Comunque verificheremo la sua segnalazione.
  Riprendendo l'ordine delle audizioni, do la parola al professor Sandro Amorosino, Professore ordinario di diritto dell'economia presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza», al quale chiedo se ha un documento scritto o se trasmetterà in seguito una sua relazione, se lo ritiene.

  SANDRO AMOROSINO, Professore ordinario di diritto dell'economia presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza». No, presidente, al momento non ho un documento scritto perché, vista la brevità dei tempi, procederò per spigolature.
  Ringrazio la Commissione per la nuova convocazione. Già l'anno scorso venni audito su una proposta di legge a riguardo dell'accesso dei parlamentari agli atti delle pubbliche amministrazioni; vedo che il tema è stato introdotto nel disegno di legge dal Senato, quindi mi compiaccio.
  Tralascio qualsiasi considerazione generale sulla complessità della macchina Pag. 5che viene messa in movimento dal disegno di legge, perché è nota a tutti. Mi limito a telegrafiche considerazioni su alcuni macroproblemi.
  Primo: la conferenza di servizi. Va bene l'istruttoria aperta – l'arena pubblica, come è stata definita – sulle questioni più delicate, ma bisogna imporre che nel decreto delegato sia previsto che non siano arene politiche bensì tecniche, con l'obbligo per tutti gli intervenienti del dissenso costruttivo e con l'inammissibilità dei dissensi pregiudiziali, cioè contro l'oggetto in sé.
  Ho riscontrato un'imprecisione nella relazione introduttiva del relatore a proposito dei dissensi, nell'ambito della conferenza dei servizi, delle amministrazioni di tutela, paesaggio, ambiente, sanità e sicurezza. Per questi non è vero che non è previsto l'intervento della Presidenza del Consiglio, ma questo intervento è già previsto dalla legislazione vigente. La questione è che naturalmente si scarica il problema – sono i problemi di tutta Italia – sul Dipartimento dell'amministrazione pubblica della Presidenza del Consiglio. Bisognerebbe filtrare questo arrivo al Consiglio dei ministri, per esempio rafforzando il meccanismo dell'inammissibilità dei pareri che non riguardano l'oggetto specifico della conferenza, non sono motivati, non sono espressi nella conferenza e non indicano le modifiche indispensabili a rendere accettabile il progetto, cioè il dissenso costruttivo.
  Faccio presente che questi quattro criteri sono già presenti nell'articolo 14-quater, comma 1, della legge n. 241 del 1990. Quindi si tratta solo di rendere esplicito questo meccanismo. In conclusione, inammissibilità dei rifiuti pregiudiziali: «il presepe non mi piace» non deve essere ammissibile nell'amministrazione contemporanea.
  Secondo: niente ripensamenti postumi. Non è ammissibile che prima si dia un parere positivo e poi ci si ripensi. Questa è una pratica che va battuta in breccia.
  Riguardo al silenzio-assenso, è vero che si possono chiedere delle proroghe e un'amministrazione che deve rendere il parere entro trenta giorni può voler approfondire, però in questo caso il termine non va interrotto, non ricomincia da capo. La parte dei trenta giorni che si è consumata prima di accorgersi che mancava qualche cosa, ormai è consumata, quindi il termine va sospeso e non interrotto.
  Va introdotto un principio generale di deamministrativizzazione: tutto ciò che non è esplicitamente disciplinato da norme amministrative deve essere considerato attività libera.
  Bene la limitazione del potere di autotutela, ma non ripeto le cose che ha già detto la professoressa Sandulli e che forse dirà anche il professor Portaluri.
  Attenzione alla moltiplicazione della normativa anticorruzione. Da due anni a questa parte abbiamo assistito a una moltiplicazione di norme, quindi, per parafrasare il titolo di un famoso libro di un economista, alla moltiplicazione di norme a mezzo di norme. Questo non serve assolutamente a niente, ma ha solo complicato la vita delle amministrazioni, che adesso debbono avere la bollinatura per ogni atto ai fini dell'anticorruzione. L'anticorruzione si porta avanti effettivamente solo ricostruendo le strutture di controllo interne alle amministrazioni, quindi è un fatto di organizzazione più che di norme.
  Riguardo all'organizzazione, la critica sommessa è che si parte dal personale e non dalle individuazioni delle funzioni. Anche quantitativamente, la gran parte delle norme sono dedicate al personale e poco – in proporzione, naturalmente – agli indirizzi di riorganizzazione complessiva.
  Richiamo un punto fondamentale sul quale chiudo. Bisogna introdurre nei princìpi di delega l'azione di vessazione delle pubbliche amministrazioni nei confronti dei cittadini.
  Qual è l'azione di vessazione ? Un cittadino riceve un provvedimento sfavorevole; ricorre al TAR e lo fa annullare. L'amministrazione, da quel momento, comincia l'ostruzionismo nei confronti di chi ha osato ribellarsi alla sua prepotenza. In questi casi, già esiste il giudizio di ottemperanza, Pag. 6che però non è immediatamente mordace. Bisogna introdurre una nuova azione molto rapida, che consenta al giudice di sostituirsi all'amministrazione che fa la vessazione postuma, quindi delimitata naturalmente all'azione, a danno del cittadino. Naturalmente poi bisogna rivedere anche il regime delle responsabilità e del risarcimento danni.
  Grazie.

  AGOSTINO MEALE, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università degli studi di Bari. Grazie, presidente. Ho scritto la relazione e l'ho già trasmessa ed è a disposizione della Commissione. Quindi, poiché da questo punto di vista sono avvantaggiato, cercherò di essere rapidissimo.
  I punti nodali che voglio sottolineare attengono in particolare sia alla conferenza di servizi che all'autotutela. Ci sono degli aspetti sui quali bisogna soffermare l'attenzione.
  L'articolo 2, che modifica la conferenza di servizi – senza ripetere quello che è stato già detto dai colleghi – prevede comunque acquisito l'assenso delle amministrazioni che tutelano l'ambiente, il paesaggio e la salute. Questa prescrizione e, per la verità, tutte le norme che sono previste nella delega sono già contenute nei diversi articoli della legge n. 241 del 1990, dal 14 al 14-quinquies.
  Tuttavia, l'attuale disposizione normativa prevede che il silenzio-assenso delle amministrazioni che tutelano l'ambiente non si applica in presenza di procedimenti di valutazione di impatto ambientale, valutazione strategica e autorizzazione integrata ambientale. Qui, però, viene espunta questa possibilità. Il silenzio-assenso mi pare un po’ eccessivamente incidente in questo caso, perché va a ritenersi assentito un provvedimento, anche per la mancanza dell'amministrazione, pure quando si tratti di procedimenti complessi. Pensate all'autorizzazione ambientale per la localizzazione di un impianto produttivo, industriale.
  L'attuale normativa consente il silenzio-assenso tra amministrazioni, ma lo evita quando si tratta di valutazione di impatto ambientale. Nella delega, invece, questa previsione viene cancellata, il che viene ribadito anche dall'articolo 3, che quando introduce giustamente il silenzio-assenso anche tra amministrazioni pubbliche, precisa in maniera chiara che questo vale anche per le amministrazioni che tutelano l'ambiente, il paesaggio e la salute, quindi facendo venir meno le attuali garanzie che invece mi paiono più rispettose dei princìpi costituzionali.
  A quanto è stato detto prima vorrei solo aggiungere un elemento. Sul silenzio-assenso tra amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 3, al comma 2 del novellato articolo 17-bis della legge n. 241 del 1990, si prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri previa deliberazione decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento. Vorrei ricordare che sul punto la Corte costituzionale è già intervenuta più volte, dichiarando incostituzionale l'articolo 14-quater e dicendo che quando la competenza è degli enti locali o delle regioni il Governo non può intervenire da solo se non previa la cosiddetta «intesa forte», cioè deve comunque ascoltare, tant’è che l'articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990 è stato nel 2014 modificato, proprio alla luce di questa sentenza della Corte. Quindi, questo comma che, nel caso di silenzio tra amministrazioni, prevede che il Governo da solo possa decidere senza sentire gli enti territorialmente competenti, potrebbe successivamente avere qualche profilo di incostituzionalità.
  Per quanto riguarda, invece, l'autotutela, io aggiungo, rispetto a quello che hanno detto i colleghi, che condivido, due aspetti, molto sinteticamente. Innanzitutto, al momento l'autotutela della pubblica amministrazione che, come sapete tutti, è disciplinata dall'articolo 21-novies, consente all'amministrazione di annullare tutti i provvedimenti amministrativi illegittimi. Invece, la riforma portata dall'articolo 5 aggiunge questo elemento: si possono annullare gli atti in un tempo non superiore a diciotto mesi dall'adozione dei provvedimenti di autorizzazione Pag. 7e di attribuzione di vantaggi economici. Quindi, la riforma limita l'esercizio del potere di autotutela solo a questa tipologia di provvedimenti, mentre nel testo attuale qualunque provvedimento amministrativo, anche non autorizzatorio o non produttivo di vantaggi economici, può essere annullato. La risultante di questa modifica è invece che d'ora in poi oggetto dell'autotutela è solo questa tipologia specifica di provvedimenti. Questo appare problematico, soprattutto alla luce di quelle che sono le modifiche anche che riguardano la SCIA, la segnalazione certificata di inizio attività.
  All'articolo 5, al comma 1, lettera c), numero 2, si aggiunge un comma 2-bis all'articolo 21-novies della legge n. 241 del 1990. Qui c’è un altro elemento, secondo me, abbastanza delicato. Attualmente la pubblica amministrazione, nel caso di dichiarazioni false o mendaci, cioè quando l'imprenditore o l'interessato deposita documenti falsi, può comunque adottare provvedimenti di sospensione. Nel testo modificato dal disegno di legge delega, invece, si dice che possono essere annullati i provvedimenti oggetto di falso solo a seguito di una sentenza passata in giudicato. Quindi, si limita il potere di sospensione, in presenza di un documento falso o di un'attività o di una carenza documentale grave, e lo si lega all'adozione di una sentenza passata in giudicato. Quindi la normativa è molto meno protettiva rispetto all'attuale disposizione.
  Un altro elemento che segnalo è la modifica del comma 4 dell'articolo 19 della legge n. 241, attuata dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 5 del disegno di legge. Attualmente la pubblica amministrazione può agire anche oltre i termini previsti dalla legge per il controllo, in presenza di un pericolo di danno per l'ambiente, la salute e la sicurezza dei cittadini. Ebbene, questa disposizione viene annullata, ossia nella riformulazione del comma 4, decorso il termine di sessanta giorni per il controllo sulle autocertificazioni, l'amministrazione può agire solo con l'autotutela. Anche oggi è così, però oggi, oltre all'autotutela, l'amministrazione, anche dopo i sessanta giorni, se c’è un pericolo per l'ambiente, la salute e la sicurezza, può comunque intervenire. Mi sembra che questa eliminazione possa creare qualche problematica.
  Se ho ancora qualche secondo, vorrei fare un breve accenno sull'articolo 9 relativo alla dirigenza pubblica. Va benissimo l'articolazione in ruoli e in ruoli unici. Su questo, ovviamente, la scelta discrezionale non si discute. L'unico punto che segnalo è la mancanza di coordinamento tra i ruoli e le funzioni dirigenziali che vengono sistematicamente e puntualmente delineati nel disegno di legge con la possibilità prevista dall'articolo 110 del Testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, di nominare dirigenti intuitu personae per gli enti locali, che non viene evocata. Quindi, c’è bisogno di raccordare il fenomeno con quella previsione di nominare i cosiddetti dirigenti staffisti intuitu personae. Oltretutto, non si comprende se questi dirigenti nominati intuitu personae dagli enti locali possono avere funzioni apicali e, in tal caso, come questo si concilia con chi invece sta nel ruolo.
  Telegraficamente vorrei fare l'ultima riflessione.

  PRESIDENTE. Professore, le chiedo scusa, ma siamo ben oltre il tempo stabilito. Dato poi che lei ha trasmesso un contributo scritto, ci possiamo attenere a quel documento. Grazie.
  Do la parola al professor Pierluigi Portaluri, professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università del Salento.

  PIERLUIGI PORTALURI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università del Salento. Grazie per l'invito. Sarò veramente rapido.
  Questo è un disegno di legge davvero interessante, perché tocca temi di diritto procedimentale, quindi non possiamo non accoglierlo con ogni possibile benvenuto. Pag. 8Tuttavia, bisogna stare attenti. La relazione, che ho letto, parla di una riforma che va a complicare positivamente il sistema dopo la legge Delrio e la normazione sulle riforme costituzionali ancora in itinere. Allora, a me sembra che questa normazione vada meglio strutturata.
  Vengo subito al dunque perché i minuti a mia disposizione sono pochi e mi riservo di far avere una memoria.
  I punti sono due: autotutela e, ancora una volta, conferenza di servizi. In questa normazione c’è un convitato di pietra, qualcosa che manca. Perché è stato completamente abbandonato un modo di procedere e di provvedere che nella legge n. 241 del 1990 era molto importante ? Mi riferisco al sistema degli accordi. Gli accordi sono falliti perché non hanno avuto una normazione di sostegno. Se noi adesso sfruttassimo questo treno per rilanciare, con una normazione più a maglie strette, quella norma così laconica, così inutile, così praticamente abbandonata come l'articolo 11 della legge n. 241, probabilmente riusciremmo a completare il disegno della legge n. 241 stessa, che invece non ha avuto alcun successo per ragioni note, ossia la paura che dietro gli accordi si nascondessero traffici innominabili e inaggettivabili.
  Circa l'autotutela, vi chiedo di fare attenzione perché c’è una contraddizione di fondo. Con il decreto – legge n. 133 del 2014, il decreto «Sblocca Italia», è stata elevata a categoria una nuova serie di provvedimenti, quelli che ricordava il professor Meale, cioè quelli attributivi di vantaggi economici e quelli autorizzativi. Siamo in un periodo in cui gli incentivi economici devono essere tutelati, quindi bene ha fatto il decreto «Sblocca Italia» a mettere al riparo dallo ius poenitendi, cioè dalla revoca per ius poenitendi, questa categoria di provvedimenti.
  Sulla scia di questa norma bene si inserisce la norma attuale, che limita a diciotto mesi il periodo di autotutela nei confronti di questi provvedimenti. Quindi, questi provvedimenti non possono essere revocati per ius poenitendi, non possono essere autoannullati decorsi i diciotto mesi. Va benissimo, però togliamo, allora, lo spauracchio della responsabilità. È quello che diceva la professoressa Sandulli: le due cose insieme non possono stare. Se noi affermiamo la responsabilità per omesso autoannullamento, allora non possiamo stupirci che il sistema, che è ordinato alla stabilità tendenziale di questa categoria di provvedimenti, poi non raggiunga il suo obiettivo.
  Infine, sulla conferenza di servizi, la normazione che si sta modificando in materia è largamente condivisibile. Ci sono però alcune insidie terminologiche che potrebbero essere foriere di grande contenzioso. Tecnicamente evitiamo di fare una legge delega che attribuisca al Governo il compito di censire procedimenti. Tutti i commi nei quali il Governo è delegato a censire procedimenti sono fonte di contenzioso. Evitiamoli, cassiamoli. Tutte le volte che ciò è accaduto si è ingenerato un terribile contenzioso.
  Non parliamo, nella lettera d) del comma 1 dell'articolo 2, di onere di chiarezza. I giuristi sanno perfettamente che quello non è un onere, ma un dovere di chiarezza. Non è una questione terminologica. Anche qui potrebbero sorgere problematiche di contenzioso non indifferente.
  È da salutare con coraggio il fatto che i vecchi interessi sensibili (paesaggio e via dicendo) abbiano avuto una trattazione nuova e si sia semplicemente raddoppiato il termine entro il quale si può procedere alla conferenza di servizi ed entro il quale costoro devono esprimere il loro assenso. Evitiamo, anche qui, complicazioni terminologiche. Cosa sono i procedimenti complessi ? È impossibile definirli. Evitiamo, ancora una volta, categorie che non hanno limiti concettuali ben definiti.
  Un'ultima riflessione e poi ho davvero finito. Se tutto il sistema che viene dal decreto «Sblocca Italia» e dal disegno di legge n. 3098 in esame vuole incentivare l'affidabilità del sistema Paese – lo leggo nella relazione – allora non ha nessun senso, ed è una smentita clamorosa e radicale che deve essere cassata senza Pag. 9alcun ripensamento, restituire alle amministrazioni lo ius poenitendi dopo aver partecipato alla conferenza di servizi. La conferenza di servizi ha effetto preclusivo, altrimenti diventa semplicemente un simulacro di incontro, al quale tranquillamente le amministrazioni non parteciperanno o parteciperanno poco preparate, sapendo di avere un secondo tempo nel quale addirittura potranno pentirsi.

  ANTONIO VISCOMI, Professore ordinario di diritto del lavoro presso l'Università «Magna Grecia» di Catanzaro. Grazie, presidente. Ho già inviato alla Commissione un breve appunto, quindi sarò sintetico e spero di occupare meno di cinque minuti.
  Intendo svolgere quattro osservazioni, due sull'articolo 9 in materia di dirigenza, due sull'articolo 13 in materia di relazioni collettive.
  Sulla questione della dirigenza – prima osservazione – io credo che sia da apprezzare in modo positivo il tentativo di coniugare l'accertamento in sede concorsuale delle conoscenze teoriche attraverso i procedimenti concorsuali tipici corso-concorso e concorso con la verifica sul campo delle competenze. Credo, però, che sia il caso di osservare con maggiore attenzione l'integrazione fra i due momenti per evitare un contenzioso che può essere significativo e dirompente, nella consapevolezza che già i concorsi nell'ambito della pubblica amministrazione subiscono delle procedure giudiziarie consistenti e significative.
  Richiamo l'attenzione, se mi è permesso, sull'inserimento del vincitore di concorso nell'ambito dei ruoli della pubblica amministrazione. Nel procedimento concorsuale corso-concorso il vincitore viene assunto come funzionario per quattro anni, all'esito dei quali deve subire un esame di conferma e poi può essere immesso nei ruoli dei dirigenti a tempo indeterminato. Procedura concorsuale tipica: concorso, prima prova teorica, seconda prova teorica-pratica, dopodiché i vincitori di concorso sono immessi in un periodo di formazione, la graduatoria finale viene redatta alla fine del periodo di formazione, i vincitori sono assunti con un contratto di dirigente a tempo determinato per tre anni, all'esito del quale ovviamente vi è l'esame di conferma e immissione nei ruoli.
  Mi permetto di segnalare le molte asimmetrie che esistono non soltanto fra la procedura di corso-concorso e concorso, ma all'interno delle singole procedure. Mi chiedo, ad esempio, tanto per restare sulla procedura concorsuale, come sia possibile integrare la valutazione del periodo di formazione per la redazione finale della graduatoria. Non si comprende dal testo se è soltanto per la redazione finale della graduatoria, quindi dei vincitori della procedura concorsuale, oppure se il periodo di formazione viene in considerazione per stabilire chi è il vincitore della procedura concorsuale. Questo è significativo ai fini delle conseguenze per l'assegnazione della sede e via elencando.
  Richiamo ancora l'attenzione sull'assunzione come funzionario del vincitore del corso-concorso, una procedura aggravata e molto più complicata. Durerà almeno diciotto mesi. Ad essa stessa partecipano molti funzionari.
  Proviamo a immaginare il percorso di un giovane laureato che accede al corso-concorso, lo supera e per quattro anni farà il funzionario. Dopo quattro anni supera questa prova selettiva e, in caso di esito negativo, in questo caso specifico, il disegno di legge nulla dispone, mentre, nell'ipotesi di concorso, dispone l'inquadramento nei ruoli di funzionario.
  Mi chiedo se questa disciplina, che rinvia così a lungo l'inserimento nei ruoli della dirigenza, sia veramente in grado di attrarre verso la pubblica amministrazione i migliori. Io temo di no, perché crea delle condizioni di incertezza prolungata, rispetto alla quale forse vale la pena proporre un emendamento di omogeneizzazione per il quale chi supera i concorsi entra e viene assunto come dirigente a tempo determinato, salvo poi fare una verifica dopo tre anni ed entrare nel ruolo a tempo indeterminato. Per questa proposta rinvio al testo scritto.Pag. 10
  Svolgo la seconda osservazione sull'articolo 9, molto velocemente. Vi chiedo un'attenzione particolare sui criteri di selezione dei dirigenti, altra questione che sta provocando un elevatissimo contenzioso nelle amministrazioni.
  Da un lato, si va verso la valorizzazione del merito e, quindi, dell'esperienza pregressa. Un criterio a proposito dei ruoli unici stabilisce appunto di tener conto dell'esperienza acquisita. Dall'altro lato, però, voi sapete meglio di me che l'ANAC, l'Autorità nazionale anticorruzione sta introducendo e riaffermando il valore del principio di rotazione, non soltanto in funzione anticorruzione, ma anche come criterio ordinario di assegnazione degli incarichi dirigenziali.
  Forse su questo punto è opportuno fare una specifica osservazione, una specifica valutazione, per comprendere se il principio di rotazione debba o non debba essere un principio ordinario di organizzazione nell'interesse dell'arricchimento professionale dei dirigenti e dell'eliminazione di una serie di incrostazioni all'interno delle pubbliche amministrazioni.
  Per come sono formulati i criteri di delega, in realtà lasciano aperto uno spazio al dubbio e, quindi, al contenzioso giudiziario in sede di assegnazione degli incarichi, proprio per la non corretta correlazione fra quanto stabilisce il Piano nazionale anticorruzione e i criteri previsti nel disegno di legge.
  Aggiungo due osservazioni sulle relazioni collettive. Io apprezzo in modo particolare la valorizzazione del ruolo dell'ARAN, ossia dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, in funzione di assistenza tecnica del dipartimento e di consulenza e di assistenza per la contrattazione integrativa. Io mi domando se non sia giunto il momento di inventare strumenti di affiancamento cooperativo fra le amministrazioni centrali e le amministrazioni periferiche.
  Se io guardo l'esperienza delle ispezioni del Ministero dell'economia e delle finanze degli ultimi tempi, non posso che trarre una conseguenza molto semplice, ossia che probabilmente le amministrazioni avrebbero compiuto meno errori in questi ultimi dieci anni se fossero state correttamente accompagnate nell'applicazione di normative difficilissime sul piano della gestione dei rapporti di lavoro e delle relazioni collettive.
  Anche in questo caso rinvio al testo scritto. Forse si può ipotizzare una valorizzazione non di una sostituzione, ma di un affiancamento cooperativo e condiviso delle amministrazioni centrali, che sono tante al momento e che spesso usano linguaggi differenti, ponendo seri problemi all'amministrazione decentrata, rispetto alle amministrazioni decentrate.
  Passo all'ultimo punto e mi avvio alla conclusione. È relativo all'assetto della contrattazione integrativa, presidente. Nel disegno di legge si parla di concentrazione delle sedi. Io chiedo soltanto alla Commissione di verificare la coerenza fra questo principio di concentrazione e le prospettive di riforma in sede locale aperte dalla legge n. 56 del 2014, che sono affidate però all'autonomia delle regioni. Solleciterei una particolare attenzione a non irrigidire per via legislativa le innovazioni che le regioni stanno introducendo e attuando in relazione all'articolazione degli enti locali e, quindi, alla contrattazione decentrata degli enti locali.
  L'esperienza pregressa della contrattazione collettiva territoriale prevista dal contratto collettivo degli enti locali si è rivelata fallimentare. Probabilmente occorre spingere la contrattazione collettiva medesima a costruire modelli e sistemi di contrattazione collettiva che guardino meno al passato e che siano più capaci di sperimentare nuove soluzioni coerenti con la riforma dell'assetto organizzativo delle amministrazioni locali.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Do la parola al professor Lorenzo Zoppoli, ordinario di diritto del lavoro presso l'Università di Napoli «Federico II», a cui chiedo se ha un contributo scritto.

  LORENZO ZOPPOLI, Professore ordinario di diritto del lavoro presso l'Università Pag. 11«Federico II» di Napoli. Sì, ho un contributo scritto che già ho trasmesso alla Commissione. Non è un documento molto breve, ragion per cui cercherò di compensare con un intervento sintetico.

  PRESIDENTE. Se mi posso permettere, ma lo dico un po’ per tutti, non sarebbe male che voi ci suggeriste le eventuali critiche con proposte di modifiche, riferendovi concretamente al testo. Più che la disquisizione sulle ragioni, che ovviamente è contenuta ampiamente nella nota, vi chiederei di fornire ai componenti della Commissione proprio il bonsai della critica e dell'eventuale mutamento da voi suggerito.

  LORENZO ZOPPOLI, Professore ordinario di diritto del lavoro presso l'Università di Napoli «Federico II». Naturalmente, cinque minuti sono un po’ pochi anche per questo. Oltretutto, le mie critiche, nell'ambito di un apprezzamento complessivo di questo disegno di riforma, sono piuttosto di fondo e, quindi, difficilmente formulabili in termini di emendamenti al testo. Vado, però, a tre punti che volevo affrontare.
  Il primo è che si rileva subito – io mi occupo del personale, naturalmente – un forte sfasamento temporale tra la riforma della dirigenza di cui all'articolo 9 del disegno di legge e il riordino del restante personale. C’è uno sfasamento che io posso anche capire, perché dal testo emerge chiaramente che si ha un'idea in fondo più precisa di quella che deve essere la riforma della dirigenza rispetto al riordino del restante personale. Tuttavia, questo sfasamento ha, secondo me, delle conseguenze piuttosto gravi. Esemplificativamente cito due punti.
  In primo luogo, si sgancia in qualche modo la riforma della dirigenza concettualmente e nei suoi strumenti dalla riforma del restante personale, con conseguenze gravi sul sistema di valutazione. Il sistema di valutazione è centrale nel funzionamento della riforma della dirigenza passata, presente e futura, in base all'articolo 9. Non si può posticipare, a mio parere, anche se ha intrecci con la gestione del restante personale.
  Il secondo aspetto di questa sfasatura è che la riforma della dirigenza sembra allontanarsi sensibilmente dagli equilibri attuali. Non è chiarissimo dove arrivi, ma si allontana sensibilmente. Questo significa che si mette in pista un modello giuridico di rapporto di lavoro pubblico non chiaro, ambiguo.
  Quando poi, però, nel riordino del personale non dirigenziale, all'articolo 13, comma 1, lettera h), si utilizza una categoria come quella della «peculiarità del lavoro pubblico» per riformare, tra l'altro, i lavori flessibili, si introduce una breccia che sa, da un lato, molto di passato e, dall'altro, di un futuro indeterminato, perché questa peculiarità del lavoro pubblico io non so cosa sia oggi. Eviterei assolutamente di utilizzare un concetto di questo genere.
  Passo al secondo punto. Il modello di dirigenza di cui si legge all'articolo 9 è un modello di dirigenza sicuramente molto legificato su tanti aspetti. Balza in particolare la forte legificazione dei meccanismi di assegnazione degli incarichi. Ci si allontana in questo, come dicevo prima, dal modello delle riforme precedenti, anche cogliendo alcune giuste disfunzionalità.
  Tuttavia, quello che io noto è che a questa forte legificazione, a questa iperlegificazione, non fa sufficientemente da contrappeso una regolamentazione attenta a quattro aspetti che dovrebbero essere cruciali per garantire la dirigenza nella sua funzione di assunzione di un'autonoma responsabilità.
  Questi aspetti sono, per alcuni versi, gli incarichi, perché sono legificati, ma poi ci sono dei buchi. Uno veniva prima citato a proposito del rapporto col Testo unico degli enti locali e con la possibilità di ricorrere alla dirigenza esterna. Non va bene lasciare quel tipo di buchi.
  Il secondo riguarda l'assegnazione degli obiettivi e il funzionamento del sistema di valutazione. C’è troppo poca attenzione rispetto alla massa di legificazione che c’è nel disegno di legge.Pag. 12
  Il terzo e il quarto punto riguardano revoca e decadenza. La revoca e la decadenza sono due istituti fondamentali in questo meccanismo, soprattutto perché, se si vuol far funzionare il ruolo unico, bisogna accreditare questi come provvedimenti che tendono a rimuovere il dirigente incapace. A me pare che nel disegno di legge essi siano regolati in maniera assolutamente evanescente, sfuggente. Su questo qualche precisazione – provo anche a dirlo – sarebbe indispensabile.
  Il terzo punto riguarda la seconda tappa di questa riforma, cioè il riordino del restante personale. La si legge negli articoli 12 e 13. Nell'articolo 12 si parla di un'elaborazione di un testo unico in rapporto anche con le altre materie. L'articolo 12 è generico e riguarda tutte le materie su cui il legislatore delegante invita a elaborare un testo unico e presenta alcuni criteri.
  Questi criteri (coordinamento sostanziale e formale, risoluzione di antinomie e questioni di questo tipo) sono eccessivamente generici. Non aiutano affatto a ritornare su un testo unico in materia di lavoro pubblico, perché lì un testo unico esiste, ed è il decreto legislativo n. 165 del 2001, ma è un testo unico del quale bisogna ricostruire il fondamento e i principi, perché è un testo unico oggi disorientato da tutto quello che è successo dopo.
  I criteri dell'articolo 12 non aiutano a formulare questo testo unico. In fondo, si tratta di una sorta di delega in bianco al Governo, che è pericolosa, perché non solo il Governo potrebbe esercitarla nei modi più imprevisti, ma anche perché si espone a rischi di valutazione di costituzionalità successiva, se ci fossero discrasie valutative.
  Potrebbe aiutare l'articolo 13, che contiene dei princìpi e dei criteri specifici sul riordino del lavoro pubblico. Purtroppo, però, sebbene in questo articolo 13 ci siano alcuni criteri utili, l'insieme dei princìpi ivi contenuti mi pare – ripeto – disorganico, generico e alquanto approssimativo.
  Pertanto, questo articolo 13 andrebbe rivisto, avendo presente che un nuovo testo unico sul lavoro pubblico deve tener conto di tutto quello che è successo nel 2001 nel lavoro pubblico e nel lavoro privato e deve ricostruire i princìpi. Nell'articolo 13 non mi pare che ci siano.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Professore, grazie.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Unioncamere.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di Unioncamere.
  Mi scuso ancora con i rappresentanti di Unioncamere per aver posticipato l'audizione.
  Do, quindi, la parola a Sandro Ambrosi, componente del Comitato esecutivo di Unioncamere e Presidente della Camera di commercio di Bari, a cui concedo per il suo intervento otto minuti, proprio per ringraziarlo della gentilezza che ha usato nei confronti degli esperti.

  SANDRO AMBROSI, componente del Comitato esecutivo di Unioncamere e Presidente della Camera di commercio di Bari. Se lei mi consente, suddividerò questi otto minuti con il nostro segretario generale, Claudio Gagliardi.

  PRESIDENTE. Va bene. Non ci sono motivi ostativi.

  SANDRO AMBROSI, componente del Comitato esecutivo di Unioncamere e Presidente della Camera di commercio di Bari. Ringrazio innanzitutto lei e tutta la Commissione per questa opportunità. Io sono qui in sostituzione del Presidente Lo Bello, che ha avuto un'indisposizione e che vi saluta e ringrazia per questa opportunità. Svolgo una piccolissima considerazione da parte mia sulle Camere di commercio e sulla riforma.Pag. 13
  Il sistema camerale è sicuramente un sistema complesso, un sistema che ha bisogno – ne siamo consapevoli; abbiamo accolto favorevolmente l'idea della riforma perché siamo consapevoli di questo – di un ammodernamento, di un aggiornamento e di un'innovazione in senso assoluto per continuare a dare assistenza alle imprese del territorio di appartenenza di ciascuna Camera di commercio.
  Aggiungo però una considerazione. Nella stessa consapevolezza che abbiamo bisogno di una riforma, tant’è che l'abbiamo già iniziata – ad oggi credo che più di 20 Camere abbiano già iniziato l'accorpamento – siamo sicuri anche che il ruolo che le Camere di commercio hanno avuto sino ad oggi, un ruolo di punto di riferimento di quella miriade di aziende poco visibili sul territorio per la loro dimensione, sia un ruolo insostituibile.
  Certamente, è un ruolo che ha bisogno di essere aggiornato, ammodernato, migliorato. Io credo che questa riforma lo migliorerà. Se continuerete, come state facendo oggi, a darci l'opportunità di contribuire con il nostro modestissimo apporto a migliorare il sistema camerale, io ritengo che questo sia nell'assoluto interesse delle miriadi di aziende che hanno un disperato bisogno di punti di riferimento sul territorio in merito al credito, all'innovazione, all'internazionalizzazione e a quant'altro le Camere di commercio ad oggi fanno.
  Certamente, il nostro ruolo va migliorato. Certamente con questa riforma noi cercheremo di migliorarlo e io sono sicuro che il sistema camerale continuerà a contribuire allo sviluppo che sino ad oggi ha dato a tutto il tessuto economico di tutto il Paese.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Gagliardi.

  CLAUDIO GAGLIARDI, Segretario generale di Unioncamere. Grazie, presidente. Noi lasciamo a disposizione della Commissione un documento contenente dati, documentazioni e analisi che speriamo possano aiutare a individuare anche il percorso migliorativo di questo provvedimento, per quanto riguarda la riforma delle Camere di commercio. Pertanto, io mi concentrerò, ovviamente, sull'articolo 8.
  Il presidente Ambrosi ha già detto come per il sistema camerale questa della riforma sia un'opportunità da accogliere positivamente, proprio per aiutare le imprese, specialmente in un momento come questo, a diventare più competitive sia sul mercato interno, sia sui mercati internazionali.
  Io ho cinque punti che vorrei sottoporre alla vostra attenzione in chiave propositiva. Il primo riguarda il comma 1 dell'articolo 8, alle lettere c) e d), laddove si tratta, rispettivamente, della rivisitazione delle competenze delle Camere di commercio e del Registro delle imprese.
  Noi abbiamo accolto come un fatto molto importante la decisione assunta al Senato di lasciare alle Camere di commercio la gestione del Registro delle imprese, che oggi è un'infrastruttura fondamentale per il Paese, per la trasparenza del mercato e per la pubblicità legale delle imprese. Accogliamo, quindi, con grande favore anche il fatto che questa riforma voglia focalizzare la mission delle Camere di commercio sui temi della pubblicità legale generale di settore, della semplificazione amministrativa e della tutela del mercato.
  Le Camere di commercio oggi si sentono pronte – e, quindi, propongono anche di integrare questo principio di delega – ad affiancare le imprese anzitutto in un importante processo di digitalizzazione. Già oggi le Camere di commercio sono fortemente impegnate su questo fronte. Basti pensare all'impegno assunto sulla fatturazione elettronica, per la quale esse sono a fianco delle imprese e oggi riescono ad aiutarle ad adeguarsi a queste nuove esigenze.
  La digitalizzazione è una strategia fondamentale per la competizione delle imprese. Noi riteniamo che aggiungere a questo principio di delega nella mission delle Camere di commercio un'indicazione diretta per l'affiancamento alle imprese Pag. 14per una completa digitalizzazione sia un fatto di modernizzazione della mission importante.
  L'altro aspetto che riguarda la mission concerne il tema dell'occupazione. Già oggi le Camere di commercio sono molto impegnate, in un momento fondamentale come questo, a far dialogare meglio il sistema della formazione e il mondo del lavoro e, quindi, ad aiutare la transizione tra la formazione e il lavoro.
  Noi guardiamo al sistema duale tedesco come a un sistema che può fornire un contributo fondamentale in questa direzione. Non dimentichiamo che nel sistema duale tedesco le Camere di commercio sono il tessuto connettivo che rende possibile la transizione tra formazione e lavoro. Noi riteniamo che anche per le Camere di commercio italiane, nel momento in cui questa è una strategia che Governo e Parlamento stanno intraprendendo con decisione, possa esserci un ruolo importante.
  Allo stesso modo consideriamo il Registro delle imprese quale straordinario strumento di valorizzazione dell'informazione economica.
  La seconda questione, direttamente collegata a questa delle competenze, è quella trattata alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 8, cioè la questione che riguarda il sistema di finanziamento. Noi sappiamo che il decreto-legge n. 90 del 2014 ha disposto per il triennio 2015-2017 una drastica riduzione del diritto annuale, che arriverà nel 2017 a un taglio del 50 per cento rispetto alla situazione del 2014. Le Camere di commercio hanno reagito riorganizzandosi.
  Naturalmente, questa riorganizzazione ha bisogno anche di un periodo di tempo per esplicarsi pienamente. Intanto abbiamo messo a punto e siamo in grado di applicare da subito una metodologia di costo standard. Noi riteniamo, quindi, che i risparmi richiesti da questa riorganizzazione possano passare in maniera significativa attraverso l'adozione di costi standard.
  Chiediamo, pertanto, che il principio di delega, oltre a tener conto di quanto già stabilito con il decreto-legge n. 90 del 2014, possa tener conto anche della corrispondenza tra il sistema di finanziamento e la mission, ossia le funzioni richieste alle Camere di commercio, richiedendo alle Camere di commercio l'ottimizzazione dei costi attraverso i costi standard.
  Sempre sul sistema di finanziamento ci permettiamo di proporre due ulteriori considerazioni. La prima riguarda il tema dell'attività sanzionatoria. Le Camere di commercio si occupano per conto dello Stato – non soltanto per se stesse, quindi, ma anche per conto di altre pubbliche amministrazioni – di comminare sanzioni alle imprese che incorressero in qualche violazione di legge.
  Per quest'attività le Camere di commercio sostengono tutti i costi, ma le sanzioni non sono riscosse a vantaggio dei bilanci delle Camere di commercio. Noi chiederemmo che almeno una quota, una percentuale, un pezzo di queste sanzioni possa andare a beneficio delle Camere di commercio, almeno a ristoro dei costi che esse debbono sostenere.
  Sempre sul tema del finanziamento segnaliamo il fatto che le Camere di commercio, come tutti gli altri enti pubblici, concorrono a tutta la politica che vincola e obbliga poi nei risparmi di spesa a versare gli stessi risparmi di spesa al bilancio dello Stato.
  Poiché il parametro di riferimento di questi versamenti è stato fissato alcuni anni fa, prima del taglio, ma oggi i bilanci delle Camere di commercio sono inferiori del 35-40-50 per cento, noi chiediamo di rivedere questo tipo di vincolo. Diversamente, le Camere dovranno continuare a erogare al bilancio dello Stato risorse di cui, però, non dispongono più, perché hanno avuto il taglio dei bilanci.
  Le Camere di commercio, come già diceva il Presidente Ambrosi, hanno tempestivamente reagito, cogliendo questa opportunità della riorganizzazione, e stanno ridefinendo la loro geografia sul territorio. Credo che questo sia un esempio piuttosto significativo, nell'ambito della pubblica amministrazione, perché da sole, in autoriforma, Pag. 15le Camere stanno già provvedendo alla riduzione degli enti e stanno accorpandosi.
  Sono 25 le Camere di commercio che già hanno deciso di farlo.

  PRESIDENTE. Debbo chiederle di concludere.

  CLAUDIO GAGLIARDI, Segretario generale di Unioncamere. Sto concludendo.
  Chiediamo di rendere più flessibili i vincoli che ci sono nella normativa approvata al Senato. Oggi si pone come vincolo quello di 80.000 imprese per le Camere di commercio che debbono accorparsi. Noi vediamo che molte Camere raggiungono negli accorpamenti le 75-74.000 imprese. Riteniamo, quindi, che l'abbassamento di questa soglia possa essere utile.
  L'ultima cosa che dico è che il Senato ha proposto una serie di deroghe...

  PRESIDENTE. La inviterei a rifarsi al documento.

  CLAUDIO GAGLIARDI, Segretario generale di Unioncamere. Mi rifaccio al documento.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di organizzazioni sindacali.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge c. 3098 Governo, approvato dal Senato, recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, l'audizione di rappresentanti di organizzazioni sindacali.
  Saluto tutti gli intervenuti. Penso sia chiaro a tutti che il numero delle audizioni e la scelta del presidente della Commissione di dare adito a tutte le chance di approfondimento che questo testo richiede devono fare i conti con una sinergia fra impegno della Commissione e impegno dei soggetti da audire.
  Innanzitutto, io chiederò a ciascun rappresentante delle organizzazioni sindacali che prenderà la parola, se sia stato predisposto un documento scritto da sottoporre all'attenzione della Commissione. I tempi, ovviamente, in analogia con quanto accaduto in precedenti audizioni, non sono superiori ai tre minuti per ciascuno.
  I tempi «europei» sono questi. Purtroppo, non c’è deroga da questo punto di vista, perché si tratta di focalizzare rapidamente e puntualmente gli elementi critici e di affidare magari gli approfondimenti a un documento scritto. Questo, essendo allegato ai lavori della Commissione, sarà poi oggetto di puntuale approfondimento da parte dei componenti della Commissione stessa e, quindi, ovviamente, anche del Governo.
  Desidero precisare che è vietato dal regolamento della Camera effettuare fotografie nei luoghi in cui si svolge il lavoro parlamentare. Se qualcuno, tuttavia, avesse, diciamo «clandestinamente», scattato delle fotografie, è pregato di non metterle in rete, perché si tratterebbe di una grave violazione deontologica dell'obbligo che ciascuno deve avere quando ci si appresta a un luogo come la Camera dei deputati. Lo chiedo come una cortesia, ma prego i commessi di vigilare perché questo divieto sia rispettato.
  Do la parola all'Associazione classi dirigenti delle pubbliche amministrazioni, presente nelle persone del presidente Pompeo Savarino, del vicepresidente Marco De Giorgi, del componente esecutivo Giuseppe Conte, del presidente dell'Associazione Allievi della scuola nazionale dell'amministrazione (SNA) Alfredo Ferrante e del presidente dell'Associazione etica pubblica amministrazione Giuseppe Beato.
  Chiedo al Presidente Savarino se è stato predisposto un documento scritto.

  POMPEO SAVARINO, Presidente dell'Associazione classi dirigenti delle pubbliche amministrazioni (AGDP). Sì, presidente, Pag. 16ma necessita di alcuni aggiornamenti.

  PRESIDENTE. Ce lo può trasmettere anche successivamente per posta elettronica. Tenga quindi conto che la Commissione avrà a disposizione questo documento scritto.

  POMPEO SAVARINO, Presidente dell'Associazione classi dirigenti delle pubbliche amministrazioni (AGDP). Grazie, presidente. Grazie alla Commissione per averci offerto la possibilità di essere auditi sulla riforma della pubblica amministrazione.
  Io vado per flash, a questo punto, perché pensavo di avere a disposizione cinque minuti, ragion per cui riduco notevolmente l'intervento.
  Sulla riforma della pubblica amministrazione noi avremmo auspicato maggior coraggio per quanto riguarda alcune tematiche. Qui si tratta, secondo noi, solo di una riorganizzazione, più che di una riforma della pubblica amministrazione, in quanto prima bisogna capire quale pubblica amministrazione si vuole e su quali tematiche si vuole incidere per reinventarsi la struttura dello Stato in relazione all'ambiente, alla sicurezza, ai lavori pubblici e via elencando. Sulla base di questo si sarebbero potute immettere anche alcune novità normative. Mi soffermerò poi nello specifico su tre o quattro punti.
  Per quanto riguarda il riordino degli uffici, noi sosteniamo che da vent'anni a questa parte ci sono state troppe riforme. Alcune riforme non bisogna farle per legge, bastano anche dei decreti del Presidente della Repubblica o dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, onde evitare che ci sia una proliferazione e un'ipernormazione che creano anche disagio nell'applicazione normativa. A volte in questa ipernormazione non si sa neanche più quali norme si applicano e quali non si applicano. Si attende quindi sempre una circolare esplicativa che spieghi quale aspetto normativo si applica.
  Detto questo, vado sul concreto. Occorre implementare il telelavoro. Su 3,3 milioni di dipendenti solo 5.000 fanno il telelavoro. In una prospettiva da qui a dieci anni andrà in pensione un milione di persone. Dobbiamo, in virtù anche della crisi e degli aspetti economici, implementare lo strumento del telelavoro, che è ottimo, produce e potrebbe anche essere uno strumento per incentivare il lavoro per il genere femminile.
  Il secondo tema riguarda il corso-concorso della Scuola nazionale dell'amministrazione. In questi quindici anni, da quando Bassanini ha introdotto il corso-concorso, sono usciti dalla scuola 500 dirigenti che hanno dato ottimi risultati. Parecchi di questi giovani sono già in posizioni di vertice apicale nelle pubbliche amministrazioni. Questo doppio passaggio funzionari-dirigenti, secondo noi, è sbagliato. Si dovrebbe passare direttamente, come oggi, come dirigenti.
  Il terzo punto riguarda i segretari comunali.

  PRESIDENTE. Questo è l'ultimo tema che le posso consentire.

  POMPEO SAVARINO, Presidente dell'Associazione classi dirigenti delle pubbliche amministrazioni (AGDP). Ne ho altri due, presidente.

  PRESIDENTE. Il tempo è uguale per tutti. Lo voglio dire subito. Lei ha un documento scritto, che corrisponde a quello che lei dice. Dirlo qui non cambia nulla rispetto al documento scritto. Completi questo tema e poi dobbiamo passare ad un altro intervento.

  POMPEO SAVARINO, Presidente di AGDP, Associazione classi dirigenti delle pubbliche amministrazioni. Parlavo dei segretari comunali che vengono soppressi e che sono responsabili del Piano anticorruzione dei comuni. Mi si dice che anche i dirigenti comunali hanno la stessa capacità di mandare avanti l'attività sul Piano dell'anticorruzione.
  Faccio presente che nella Commissione Garofoli, quando all'epoca era Ministro Patroni Griffi e nella Commissione c'era Pag. 17l'attuale Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, emerse proprio che il segretario comunale è un soggetto terzo al territorio.

  PRESIDENTE. La ringrazio, va bene così. Attendiamo il suo approfondimento scritto.
  Passo la parola all'Associazione nazionale dei direttori generali ANDIGEL, nella persona del presidente del Comitato etico ANDIGEL Michele Bertola, direttore generale del comune di Bergamo.

  MICHELE BERTOLA, Presidente del Comitato etico dell'Associazione nazionale dei direttori generali (ANDIGEL). Buonasera. Noi abbiamo predisposto un documento scritto che poi lasceremo, ragion per cui vado dritto al punto, raccogliendo il suo appello e non approfittando della vostra pazienza.
  La riforma permette una grande opportunità per i dirigenti in particolare degli enti locali, quella di tornare a sentirsi in una progressione di carriera, in un cammino. Questa opportunità non va sprecata, soprattutto nei primi anni. In questo senso, noi ci concentriamo su un punto.
  È stato introdotto in Senato, rispetto al disegno di legge originale, un emendamento che obbliga i comuni a individuare un dirigente apicale e a sceglierlo all'interno dell'Albo degli ex segretari.
  Questo – diciamolo in maniera chiara – è stato un percorso che io ritengo anche accettabile. Avendo come orizzonte l'abolizione di una figura, io credo che sia stato opportuno pensare un percorso che possa accompagnare e far crescere questa strada.
  Tuttavia, si corre un rischio, ossia che restringere la scelta del dirigente apicale alla sola figura degli ex segretari comunali rischiacci questa figura, come si accennava anche poco fa, a una visione solamente del rispetto della normativa, che ovviamente è importante e non va vista assolutamente in contrapposizione con l'orientamento al risultato.
  Questa figura del dirigente apicale è il braccio destro del sindaco. Noi riteniamo, e proponiamo anche un emendamento specifico, che questa figura possa essere individuata non solo tra gli ex segretari comunali – ripeto, scelta più che opportuna – ma anche tra figure che abbiano superato una selezione, che abbiano avuto esperienze di direzione generale e che si siano sottoposte a un sistema di accreditamento, che peraltro abbiamo anche realizzato negli anni scorsi e che nella nostra documentazione è allegato e spiegato nel dettaglio.
  Noi crediamo che questa opportunità per i primi tre, quattro o cinque anni dall'inizio della riforma sia una chiave fondamentale. Se noi schiacciamo di nuovo questa figura del dirigente sul versante importante, ma che visto da solo è poco, del rispetto della norma e della legalità, ripercorriamo l'errore già fatto nel 1997.
  Questa iniezione di professionalità diverse noi riteniamo che sia opportuna. Quello che noi individuiamo come dirigente apicale è il braccio destro del sindaco, la figura che deve aiutare a far muovere una macchina amministrativa complessa, che si assume responsabilità e ne risponde, ma che, nel contempo, deve essere capace di orientare tutta la nuova – io la chiamo «nuova» alla luce di questa riforma – classe dirigenziale su un orientamento alla responsabilità, alla sfida e alla crescita professionale che solo con un orientamento al risultato può davvero crescere.
  Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio, anche per la chiarezza. La prego di consegnare il documento scritto agli uffici della Commissione. Se poi ce lo fa avere anche per via informatica, noi saremo in condizione di distribuirlo più facilmente. Questo vale per tutti. Mi rivolgo in particolare all'Associazione classi dirigenti delle pubbliche amministrazioni. Se ci fate avere il documento anche informaticamente, questo ci consente una sua più rapida distribuzione.
  Do ora la parola all'Associazione servizi finanziari enti locali, ASFEL, presente Pag. 18nelle persone di Eugenio Piscino, Presidente, Antonino Mineo, componente del direttivo, Antonio Sorci, componente del direttivo e del Comitato scientifico e Patrizio Belli, componente del direttivo.
  Do la parola a Patrizio Belli, componente del direttivo.

  PATRIZIO BELLI, componente del direttivo di ASFEL-Associazione servizi finanziari enti locali. Grazie. Noi abbiamo già presentato la documentazione scritta, sia in forma cartacea, sia telematicamente all'indirizzo di posta elettronica della segreteria della Commissione.
  Cito solo i titoli delle cinque proposte che noi abbiamo avanzato: assorbimento delle funzioni svolte dalla Direzione centrale della finanza locale presso il Ministero dell'interno e del relativo personale nell'ambito del MEF (Ministero dell'economia e delle finanze), il quale, per quello che riguarda la parte finanziaria, ha ormai assorbito sostanzialmente le competenze, quasi pressoché esautorando il Ministero dell'interno; semplificazione degli oneri di reportistica relativi alla contabilità e alla finanza pubblica e ad altri dati di spesa a carico delle amministrazioni territoriali e invio diretto alla Banca dati delle amministrazioni pubbliche; creazione di un Registro della pubblica amministrazione; maggiori professionalità, poteri, funzioni e tutele per i responsabili del servizio finanziario, di cui dirò qualche cosa in più; piattaforma della tracciabilità e della rendicontazione dei trasferimenti.
  Con riferimento alla quarta proposta, relativa al potenziamento dell'esercizio delle funzioni del responsabile del servizio finanziario, desideriamo sottolineare la sua peculiarità anche rispetto alla disciplina generale che riguarda la dirigenza nell'ambito della pubblica amministrazione e i funzionari responsabili dei vari settori.
  Riteniamo, infatti, che il combinato disposto di una serie di norme negli ultimi anni, tra obiettivi di finanza pubblica, tutela degli equilibri della finanza pubblica complessiva e, in aggiunta, norme che riguardano l'armonizzazione dei sistemi contabili, abbia reso e renda questa figura ormai del tutto sui generis nell'ambito dell'amministrazione locale.

  PRESIDENTE. Lei ha parlato di cinque titoli, se non ho male inteso. Ha ancora un minuto a disposizione.

  PATRIZIO BELLI, componente del direttivo di ASFEL-Associazione servizi finanziari enti locali. Terminerò entro il minuto.
  Noi riteniamo che la figura del responsabile del servizio finanziario possa essere incardinata nell'ambito di uno specifico albo presso il Ministero dell'economia e delle finanze. Con ciò non viene sottratta la figura del responsabile finanziario alla disciplina generale, ma ne viene tutelato il rapporto privilegiato con il Ministero dell'economia e delle finanze, in applicazione dell'esercizio di queste funzioni particolari relative all'equilibrio finanziario e all'armonizzazione dei sistemi contabili. Ne discende una serie di ulteriori norme che riguardano la nomina, le casistiche di revoca e una serie di ulteriori disposizioni specifiche che abbiamo descritto nell'ambito del documento.
  Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. È stato veramente cortese.
  Do la parola alla Confedir, Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della pubblica amministrazione. Sono presenti il Segretario generale Stefano Biasioli, il Segretario amministrativo Michele Poerio, il responsabile della segreteria tecnica Maria Assunta Miele e il Segretario generale DIRSTAT Arcangelo D'Ambrosio.
  Do la parola al Segretario Biasioli.

  STEFANO BIASIOLI, Segretario generale della Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della pubblica amministrazione (CONFEDIR). Per quanto possiamo apprezzare la volontà di effettuare una riforma sostanziale della pubblica amministrazione, noi ci poniamo il Pag. 19problema di come venga fatta questa riforma della pubblica amministrazione.
  Qualcuno ha detto prima che la pubblica amministrazione è un cantiere aperto da vent'anni. Allora noi diciamo che, prima di riformare, si sarebbe dovuto provvedere a un testo unico riassuntivo del decreto legislativo n. 165 del 2001 e successive modifiche e integrazioni, perché, se non si parte dalle fondamenta, non si sa dove si arriva.
  Come secondo punto, manca una netta separazione tra la gestione e la politica, con un aumento del rischio di spoil system selvaggio. Si stravolge l'aspetto ordinamentale del rapporto tra dirigenti e pubblica amministrazione, introducendo un rapporto di lavoro dei dirigenti completamente nuovo e dimenticandosi di quello che è successo e che è stato codificato dai contratti negli ultimi venticinque anni.
  Qual è lo scopo finale dell'articolo 9 del disegno di legge ? Cosa significa razionalizzare la dirigenza pubblica ? Vuol dire semplicemente tagliarla, vuol dire ridurne i costi o cos'altro ? Vengono istituiti tre ruoli, dirigenti dello Stato, della regione e degli enti locali, con una mobilità piena ed eliminazione delle due fasce, ma ci si dimentica che, in realtà, le due fasce non ci sono in tutti i comparti. Che cosa si vuol fare dei comparti ?
  Il disegno di legge, da una parte, accentua il rapporto fiduciario tra dirigenza e politica e, dall'altra, pone una sostanziale pietra sulla contrattualizzazione del lavoro pubblico, di quello della dirigenza scolastica e della dirigenza in particolare.
  Ancora, non siamo assolutamente d'accordo sull'esclusione della dirigenza scolastica dal ruolo unico. Chiediamo, pertanto, che la dirigenza scolastica venga inserita nel ruolo unico per le complesse funzioni che questi dirigenti sono chiamati a svolgere e per la reiterata centralità della scuola, che ha valore strategico per la rinascita del Paese.
  Noi ci dimentichiamo che la ricerca è un elemento fondamentale, che la scuola è un elemento fondamentale. Va, pertanto, definito lo stato giuridico dei ricercatori e dei tecnologi, assieme all'identificazione di un'area vicedirigenziale, area quadri, in cui far confluire il personale laureato ex direttivo. Si tratta di un'area che, se ci fosse stata, avrebbe eliminato tutto il caos che sta succedendo all'Agenzia delle entrate.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Avete un documento scritto ?

  STEFANO BIASIOLI, Segretario generale di CONFEDIR, Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della pubblica amministrazione. Lo consegniamo e comunque lo invieremo anche per via informatica.

  PRESIDENTE. Do la parola alla CODIPR (Confederazione della dirigenza pubblica)-UNADIS (Unione nazionale dei dirigenti dello Stato), per la quale sono presenti la Segretaria generale Barbara Casagrande, il Segretario generale DIREL Mario Sette, il Segretario generale UNADIS Antonio Caponetto, il Segretario organizzativo UNADIS Floriano Faragò e Gloria Del Vecchio, della Sezione UNADIS Segretari comunali.
  Do la parola alla segretaria generale Barbara Casagrande.

  BARBARA CASAGRANDE, Segretaria generale della Confederazione della dirigenza pubblica (CODIRP). Buonasera. Grazie.

  PRESIDENTE. Avete un documento scritto ?

  BARBARA CASAGRANDE, Segretaria generale della Confederazione della dirigenza pubblica (CODIRP). Sì. Abbiamo preparato anche delle slide, che vi abbiamo dato, però, in fotocopia, perché non è possibile proiettarle. Vi faremo avere il documento anche per posta elettronica.
  Grazie a voi per riceverci. Noi contiamo molto sull'attenzione di questa Camera e del Parlamento per questa riforma. Lei lo sa, Ministro: noi non siamo stati mai pregiudizialmente contrari, anzi, da dirigenti della Repubblica, vediamo con favore Pag. 20che si operi per una riforma della pubblica amministrazione, che prevede anche la dirigenza. Ne abbiamo parlato varie volte.
  Confidiamo che qui si possano apportare quei correttivi che noi ci siamo permessi già di segnalare al Senato per il miglior funzionamento della macchina. A noi interessa dirigere una macchina che funzioni bene, che renda dei servizi efficienti ai cittadini e che ci renda orgogliosi di dire ai nostri figli: «Sono un dirigente della Repubblica e lavoro con orgoglio. Non sono un fannullone, non sono il capo dei fannulloni, non sono un corrotto, non sono una persona sleale». È veramente importante per noi che quello che facciamo ci renda orgogliosi, grazie anche a questa riforma.
  In questo senso noi ci siamo permessi dei piccoli correttivi da segnalare, nella ratio della riforma. Noi diciamo che la formazione va valorizzata. Noi abbiamo emendato il testo. Vi forniremo un documento che prevede anche delle proposte puntuali. Quando diciamo che la formazione deve essere valorizzata tramite degli uffici ad hoc nelle strutture che dialoghino con la Scuola superiore della formazione, con la SNA, è perché noi crediamo che la riforma solo con la legge non si possa fare. Essa richiede un processo culturale. Pertanto, ci siamo permessi di lavorare laddove si può fare la cultura della riforma nell'amministrazione.
  Quando parliamo del conferimento degli incarichi, suggeriamo che si faccia un avviso pubblico con la pubblicazione dei curricula, come è stato fatto nell'ANAC per scegliere il segretario generale, in cui con trasparenza tutti i cittadini hanno potuto vedere le competenze. Lo diciamo in quest'ottica, perché crediamo nei valori della trasparenza e della legalità e ci siamo permessi di segnalare dove si può potenziare questo aspetto.
  In buona sostanza, noi diciamo che di questa riforma andrebbe precisato sulla dirigenza che noi dirigenti di ruolo abbiamo il diritto all'incarico, che quell'incarico dirigenziale non è una mera possibilità per chi è un dirigente di ruolo meritevole e selezionato con concorso. Deve essere assolutamente ammesso il licenziamento, come già c’è, ma solo per demerito, oltre che per le ipotesi di reato.
  Diciamo, quindi, assolutamente «no» a una decadenza automatica dal ruolo. Occorre prevedere una stretta connessione tra la valutazione e il venir meno e l'eventuale licenziamento del soggetto non meritevole.
  Noi ci siamo permessi di dire che questo sistema di ruolo unico potrebbe rendere non necessario un accesso agli esterni al ruolo. Se abbiamo un sistema con tantissimi dirigenti di Stato centrale, di regioni e di enti locali – saremo forse 15.000 persone – prima di trovare all'esterno una professionalità dicendo che manca all'interno, teniamo conto con attenzione delle competenze che ci sono, che sono veramente tante.
  Pertanto, diciamo assolutamente «sì» alla valutazione più stringente e più rigorosa della performance organizzativa, oltre che del singolo, legata alla carriera – questo c’è già – ma abbiamo notato che il testo che è uscito dal Senato ha tolto nell'articolo 9 della dirigenza tutto il principio di delega di rivedere la valutazione per la dirigenza. È rimasto nell'articolo 13, che riguarda tutti i dipendenti. Vi invitiamo a valutare l'importanza di questo aspetto.
  Quanto alla Commissione, tre Commissioni sono troppe. Ne basta una sugli incarichi e sulla valutazione, ma la vorremmo paritetica. Noi dirigenti vorremmo poterci stare. Insieme ai magistrati e ai professori universitari vorremmo anche noi avere la possibilità di sedere in questo organismo.

  PRESIDENTE. Vi chiedo se tutto questo è contenuto nel documento.

  BARBARA CASAGRANDE, Segretaria generale della CODIRP, Confederazione della dirigenza pubblica. Assolutamente sì. Svolgo gli ultimi due punti.

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa, ma dobbiamo interrompere il suo intervento. Pag. 21Lo facciamo nostro malgrado, ma dobbiamo essere equanimi nei confronti della gestione dei tempi. La ringrazio e le chiedo gentilmente di inviarci il documento per e-mail.
  Do la parola alla Confederazione generale italiana del lavoro, presente nelle persone di Serena Sorrentino, Segretaria della Confederazione nazionale, Michele Gentile, Area contrattazione settori pubblici CGIL, Rossana Dettori, Segretaria generale Funzione pubblica nazionale CGIL, Marinella Perrini, Funzione pubblica nazionale CGIL, Fabrizio Stocchi, FLC nazionale e Giorgio Saccoia, Ufficio stampa Funzione pubblica.
  Immagino che parlerà la Segretaria Confederale nazionale, Serena Sorrentino, a cui do volentieri la parola. Il documento l'avete inviato ?

  SERENA SORRENTINO, Segretaria confederale nazionale della Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL). Possiamo mandarlo per e-mail. Depositiamo una memoria che contiene non soltanto l'analisi del testo, ma anche alcuni emendamenti precisi, laddove noi segnaliamo delle incongruenze e delle possibili correzioni, sebbene l'impianto stesso della delega, dal nostro punto di vista, non sia condivisibile.
  Poiché il tempo è poco, mi limito a rilevare quattro punti e un'appendice finale. In primo luogo, mi riferisco alla tecnica legislativa.
  Questo è un disegno di legge delega che contiene almeno 13 decreti delegati, il che aumenta la frammentarietà dell'intervento, che oltretutto va coordinato con il decreto-legge n. 90 del 2014, che è stato già emanato, i provvedimenti collegati nel disegno di legge cosiddetto «La Buona Scuola» e nel disegno di riordino costituzionale e con una serie di altri interventi che afferiscono o si interfacciano con il disegno di legge di riforma della pubblica amministrazione, non da ultima la legge n. 56 del 2014.
  Il secondo punto riguarda l'impianto. Noi auspicavamo una riforma della pubblica amministrazione, se di riforma di pubblica amministrazione stiamo parlando, che avesse il coraggio di costruire un impianto di modifica della funzione del ruolo della pubblica amministrazione orientata al miglioramento e al potenziamento dei servizi pubblici, nonché al miglioramento della qualità dei sistemi di efficacia e anche di valutazione del lavoro pubblico in relazione agli obiettivi e che costruisse questa cornice attraverso un processo di ri-contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico.
  Notiamo, invece, che ci sono due elementi distinti che ci fanno comprendere che quest'impianto, in realtà, risponde ad altre indicazioni. La prima è la contraddizione che esiste tra un nuovo centralismo sottoposto al principio di uniformità e il disconoscimento del pluralismo istituzionale e in qualche modo anche il conflitto istituzionale a Costituzione vigente e la lesione delle autonomie locali.
  Dall'altro lato, c’è anche una diversa visione della funzione del territorio e della riorganizzazione della pubblica amministrazione del territorio. Pensiamo, per esempio, agli Uffici territoriali di governo che dovranno avere ruoli e funzioni che, almeno da quello che è in nuce adesso nel disegno di legge delega, comporteranno un'assunzione di responsabilità da parte degli Uffici territoriali di governo medesimi completamente diversa da quella che conosciamo oggi, esautorando le stesse autonomie di alcune funzioni.
  Il terzo punto è la relazione tra la disciplina del lavoro pubblico e la contrattazione. Questo per noi è il punto sicuramente più esposto. Noi siamo contrari a una rilegiferazione del rapporto di lavoro pubblico. L'abbiamo visto già in altri provvedimenti. Qui è affermato in maniera compiuta, non soltanto nell'articolo 13, ma anche in altri articoli che rimandano a interventi che tendono a frammentare la gestione dei rapporti di lavoro pubblico, anche in ragione di alcune specificità.
  Questo non è solo in questo provvedimento. Ho richiamato prima «La Buona Scuola», ma ci sono anche altri provvedimenti che sottendono questa linea. Noi, Pag. 22invece, vorremmo ripristinare una vera e propria privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico.
  L'ultima cosa che dico riguarda le risorse. Una riforma che ha un'ambizione, soprattutto nell’incipit, di costruire un grande processo di innovazione non può essere fatta non soltanto non investendo, ma con dei risparmi.
  La questione che mi preme qui sottolineare è che forse il tema del rapporto di lavoro è la determinante fondamentale per una buona riuscita della riforma della pubblica amministrazione. Non si fa una riorganizzazione vera dei servizi pubblici, se non si tiene in conto la valorizzazione del personale, la valutazione e un sistema vero di progressione di carriera e di reclutamento che metta al centro la qualità dei servizi e la qualità del lavoro.

  PRESIDENTE. È stata molto gentile, grazie. Attendiamo il testo scritto per posta elettronica.
  Do la parola alla Confederazione generale dei sindacati autonomi dei lavoratori, CONFSAL, per cui sono presenti Fedele Ricciato, Vicesegretario generale, Massimo Battaglia, membro della Segreteria generale, Sebastiano Callipo, membro dalla Segreteria generale e Giampiero Vangi, membro dalla Segreteria generale.
  Do la parola al Vicesegretario generale Ricciato. Avete un documento ?

  FEDELE RICCIATO, Vicesegretario generale della Confederazione generale dei sindacati autonomi dei lavoratori (CONFSAL). Abbiamo un documento che consegniamo alla Presidenza. Inoltre l'abbiamo già mandato via e-mail. Proprio a questo documento faccio riferimento. Mi limito soltanto al ringraziamento per l'audizione e a due o tre dichiarazioni di principio, perché il tempo è limitato.
  In via preliminare, la pubblica amministrazione o le pubbliche amministrazioni avevano bisogno di una riforma. Di quale riforma ne stiamo discutendo ora. Avremmo voluto discuterla prima. Adesso siamo già in una fase avanzata, ma non è mai troppo tardi.
  Intanto noi rileviamo un eccesso di deleghe. Le ragioni le abbiamo indicate nel documento scritto.
  Rileviamo poi alcuni dubbi di costituzionalità in alcune norme e lo facciamo con una certa preoccupazione, perché da qui potrebbe nascere un contenzioso grave. Questo in via preliminare.
  Sul ricambio generazionale – mi riferisco all'articolo 13, comma 1, lettera i) – noi abbiamo già fatto una proposta, che alleghiamo, sul Fondo di solidarietà e per l'occupazione nella pubblica amministrazione. Ne è a conoscenza il Ministro Madia, che è già in possesso della proposta. Ovviamente, i particolari li leggerete nel documento.
  Con riferimento alle dotazioni organiche, noi rimaniamo molto perplessi sul superamento della dotazione organica teorica. Noi avevamo sempre sostenuto che le dotazioni organiche vanno dimensionate e orientate sul fabbisogno reale. Questa era la strada più impegnativa: superare gli organici teorici per noi è un'incognita.
  Per quanto riguarda la dirigenza, noi abbiamo scritto molto nel documento, ma io voglio sintetizzare il nostro pensiero, che non troviamo tradotto nella riforma. Che cosa intendiamo noi per dirigente ? Il dirigente deve mettersi al servizio dei cittadini, rispettare sempre l'interesse pubblico, valutare la cittadinanza, pensare strategicamente ad agire democraticamente, riconoscere che la responsabilità pubblica non è semplice da applicare, servire piuttosto che governare e valorizzare le persone e non solo la produttività.
  Questi non sono i dieci comandamenti, ma sono princìpi che noi non ritroviamo tutti nel disegno di legge. Questa per noi è una delusione, perché noi vorremmo, più che puntare sulla normativa che regola il dirigente, sulla costruzione di un profilo dirigenziale. Non troviamo neanche un programma. L'unica cosa positiva è che si punta anche sulla formazione, e questo è importante.
  Per i segretari comunali – e chiudo – noi abbiamo chiesto lo stralcio delle Pag. 23norme relative. Le problematiche sono tante. Una è anche quella della dubbia costituzionalità del provvedimento.
  Tutto il resto, ovviamente, lo trovate nel nostro scritto, che è accompagnato anche da due allegati che riguardano, come dicevo prima, uno il ricambio generazionale col Fondo di solidarietà e l'altro lo stralcio, ossia le ragioni della richiesta dello stralcio della normativa sul capitolo dei segretari comunali.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, segretario.
  Do la parola alla CGU-CISAL, Confederazione generale unitaria, per la quale sono presenti Andrea Bottega, componente della Segreteria nazionale, e Massimo Blasi, componente della Segreteria nazionale.
  Do la parola a Massimo Blasi.

  MASSIMO BLASI, componente della Segreteria nazionale della Confederazione generale unitaria (CGU-CISAL). Grazie alla Commissione per questa audizione. Cerchiamo, ovviamente, di essere estremamente sintetici.
  Anche noi rileviamo un'eccessiva frammentazione legislativa che ormai si sta sedimentando sulla materia, con il rischio anche di conflitti soprattutto con le norme contrattuali. Due principali articoli del disegno di legge sono quelli su cui noi ci siamo concentrati.
  Uno è l'articolo 7, che ridisegna un po’ l'assetto dello Stato sul territorio. Ci sono diverse norme che prevedono la riduzione di uffici e la conseguente riduzione del personale. Noi chiediamo l'introduzione di clausole di salvaguardia per tutto il personale interessato da questi processi.
  In particolare, laddove si prevede la riduzione degli UTG, gli uffici territoriali del Governo, non si capisce bene cosa dovrebbe accadere nel momento in cui gli stessi UTG sono destinati a trasformarsi in UTS, uffici territoriali dello Stato. La trasformazione in UTS sicuramente crea sinergie e può dare adito a risparmi. Potrebbe essere questa la strada che consentirebbe già un riassetto abbastanza organico, senza dover rinunciare, però, alla presenza degli UTS in tutte le attuali province.
  L'altro articolo su cui ci siamo concentrati è l'ampia delega o meglio le deleghe che si vogliono conferire con l'articolo 13. C’è uno scarso coinvolgimento delle organizzazioni sindacali, soprattutto perché c’è il rischio di una riappropriazione di spazi della legislazione rispetto alla contrattazione, come già è stato evidenziato.
  Ci sono diversi aspetti che andrebbero corretti. Con le nuove norme, per esempio, in materia di mobilità bisogna rivedere tutta una serie di questioni. Faccio un esempio. L'istituto del nulla osta in caso di mobilità volontaria continua ad avere un senso quando si concepisce poi un rapporto di lavoro che non è con una singola amministrazione, ma con lo Stato, con la Repubblica e con tutte le amministrazioni in generale ?
  C’è la necessità di condividere con i sindacati anche i contenuti della contrattazione aziendale, altrimenti si tratta di un'unilaterale sottrazione di materia che mette fuori gioco l'altro contraente.
  Nella norma sull'incentivo al part-time desta un po’ perplessità il fatto che uno possa mantenere una parità contributiva pagandosela da solo. La battuta è semplice: introduciamo anche la norma che uno si paga lo stipendio e così risolviamo molti problemi.
  Al di là della battuta, ci sono numerose revisioni e semplificazioni dei processi valutativi che pure non sono ben definite. Noi auspichiamo che, invece, servano a rimuovere i limiti in tal senso introdotti dalla legislazione del 2009, dal decreto legislativo n. 150.
  Da ultimo, ci sono due questioni che – quelle sì – andrebbero affrontate e che non sono in delega. Nel documento che abbiamo già mandato noi abbiamo inserito due proposte di modifica dell'attuale testo del decreto n. 165 relativamente all'ammissione dei sindacati rappresentativi alla contrattazione e al problema degli iscritti agli albi professionali, che a tutt'oggi sono Pag. 24costretti a pagare da soli la tassa di iscrizione, nonostante ci siano orientamenti giurisprudenziali diversi.

  PRESIDENTE. Grazie. Avete un documento ?

  MASSIMO BLASI, componente della segreteria nazionale della Confederazione generale unitaria (CGU-CISAL). L'abbiamo già mandato.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola alla CSE, Confederazione indipendente sindacati europei, per la quale sono presenti Elio Di Grazia, dirigente nazionale Ufficio politiche contrattuali, e Roberto Cefalo, dirigente nazionale responsabile Ufficio politiche contrattuali.

  ROBERTO CEFALO, dirigente nazionale della Confederazione indipendente sindacati europei (CSE). Grazie, presidente. Domani mattina invieremo via mail un documento, ovviamente, più ampio rispetto all'intervento in audizione.
  Velocemente, questo è un decreto di ampio respiro, un decreto che potremmo definire omnibus. Come sindacato confederale, rappresentativo del pubblico impiego, noi ci soffermeremo velocemente su alcuni aspetti che riguardano direttamente il lavoro pubblico, fermo restando che gli aspetti della digitalizzazione, del miglior rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione, trasparenza e autotutela sono materie fondamentali che ci stanno a cuore, perché noi pensiamo che la pubblica amministrazione sia un fattore di sviluppo per il Paese e che debba essere un volano per la crescita economica del Paese medesimo. Crediamo fortemente nell'importanza della pubblica amministrazione.
  Quello che ci preoccupa diciamo è l'approccio su questo tipo di riforma. All'interno della pubblica amministrazione si vota, c’è democrazia, ci sono i rappresentanti dei lavoratori che sono stati eletti anche per rappresentare i bisogni e le aspettative dei lavoratori. Vi è quindi democrazia sui posti di lavoro, vi è un sistema di partecipazione diffusa. Noi crediamo che questo sistema di partecipazione possa essere un fattore di accompagnamento ai processi di riforma, anzi che debba essere un processo di accompagnamento ai processi di riforma.
  Pertanto, una riforma che prescinde dalla partecipazione e dal confronto con il sindacato ci preoccupa. È molto preoccupante il fatto che all'interno del disegno di legge delega, come dicevano prima altri colleghi, materie relative alla contrattazione integrativa, alla partecipazione sui posti di lavoro e alla contrattazione siano svuotate. C’è un passaggio indietro anche rispetto a stagioni buie per noi di controriforma della pubblica amministrazione.
  Con riferimento ai tempi di lavoro e di vita, all'orario di lavoro e al telelavoro, invece di fornire una direttiva all'ARAN, il che è dovere del Governo e, quindi, di far dispiegare la contrattazione su queste materie, si pensa di pubblicizzarle e di portarle avanti con direttiva. L'idea di fare dell'ARAN il consulente del Governo, da un lato, ha un senso, ma dall'altro è il segnale di voler mettere in soffitta la contrattazione, che non è un ostacolo agli sviluppi di partecipazione. La contrattazione non è un ostacolo alla democrazia. La contrattazione è una distinzione dei ruoli, è un fattore che fa crescere la democrazia.
  Da un Governo che ha messo al centro del proprio disegno politico le grandi riforme del Paese vedere un attacco alle sedi di contrattazione, ai livelli di contrattazione, alle materie di contrattazione integrativa per noi è di estrema gravità. Lo dice un sindacato che si è battuto e che ha fatto ricorso al giudice di Roma, che ha riconosciuto evidentemente consistenza ai nostri rilievi e ha trasmesso gli atti alla Corte costituzionale. Voi sapete che il 23 dinanzi alla Corte costituzionale è in discussione il parere sull'incostituzionalità del blocco dei contratti.
  Per noi blocco dei contratti non significa solo la parte economica, che pure è fortissima. Significa anche riconoscere all'interno della pubblica amministrazione il diritto a contrattare, pari dignità tra lavoratori Pag. 25del Paese, pari dignità di punti di partenza. Le contrattazioni si possono aprire e concludere diversamente. Si possono anche concludere in un modo per cui i lavoratori non sono contenti, ma c’è contrattazione, come c’è in tutto il mondo del lavoro.
  Noi facciamo un appello forte su questo aspetto e presenteremo anche delle proposte di emendamenti affinché le materie contrattuali e negoziali vengano ricondotte ai livelli negoziali e venga dato mandato all'ARAN di aprire le contrattazioni su questa materia e riprendere un percorso con le parti sociali.
  Finisco dicendo che noi non vorremmo che passasse l'idea che la pubblica amministrazione possa funzionare solamente padronizzandola, pensando di attribuire poteri alla dirigenza ma precarizzandola, pensando che la dirigenza possa avere personale sottopagato, o pagato comunque parzialmente, o con il blocco dei contratti, o senza contrattazione, senza i percorsi di carriera. Pensare che questo possa risolvere i problemi del Paese, invece di mettere in campo un percorso di valorizzazione di tutte le risorse, secondo noi, è un passo indietro.

  PRESIDENTE. La ringrazio.
  Do la parola alla Confederazione italiana sindacato lavoratori, CISL, per la quale sono presenti Maurizio Bernava, Segretario confederale, Daniela Volpato, Segretaria generale aggiunto FP-CISL, Rita Frigerio, Segretaria nazionale CISL Scuola, Carmine Russo, Dipartimento CISL per le politiche di riforma delle PA, di cittadinanza, tutela e promozione, solidarietà e tutele sociali.
  Do la parola al Segretario Bernava.

  MAURIZIO BERNAVA, Segretario confederale della Confederazione italiana sindacato lavoratori (CISL). Grazie, presidente, ministro e onorevoli di questa opportunità. Noi abbiamo già inviato un documento scritto, che in una parte contiene una riflessione generale e in una parte contiene alcuni emendamenti proprio nel merito delle questioni.
  Approfitto dei pochi minuti a disposizione per farvi un appello. Io credo che questa riforma sia partita con un approccio molto tradizionale, già visto, con un ennesimo tentativo di normare e rinormare questioni che hanno già affrontato altri Governi in altre occasioni, mentre noi riteniamo che ci volesse una riforma più coraggiosa, che mettesse più al centro l'obiettivo di rispondere riorganizzando i servizi, per cogliere gli obiettivi che abbiamo.
  In una fase particolare come questa, di austerity, con scarse risorse e una tendenza ancora di sofferenza del debito pubblico, io credo che occorresse più coraggio per chiedere, a cominciare da chi rappresenta i lavoratori, un vero e proprio patto di azione comune e per aprire gli spazi di contrattazione e di partecipazione, piuttosto che affrontare la riforma in questo modo, che, purtroppo, rafforza la tendenza in atto a partire dal 2009, che prevede di mettere, con un'azione unilaterale, tutto in mano alla legge.
  Faccio un appello a tentare di raggiungere qui alla Camera l'obiettivo principale, quello di un vero e proprio allineamento tra le fonti, quelle legislative e quelle contrattuali, fra contratto e legge. Credo che l'obiettivo sia quello di offrire alla comunità servizi non solo essenziali, ma anche orientati a criteri di economicità ed efficienza, e credo che il Paese ne abbia bisogno.
  Bisogna aprire spazi al confronto non solo di tipo partecipativo su obiettivi condivisi ed è opportuno che ci sia in questo intervento alla Camera un filo logico e coerente. Non si può continuare a legificare su tutto. Se questo è l'obiettivo del Governo, noi vorremmo essere sfidati su questo ed essere chiamati al coraggio. Se si continua così, si avrà un effetto opposto: ci sarà un meccanismo di irrigidimento delle scelte.
  In questo Paese da parecchi anni il quadro è cambiato. Abbiamo una tendenza a riordinare il livello istituzionale, il Titolo V, è in atto la spending review, contraddittoria e frammentata ma c’è, c’è il blocco del contratto da parecchi anni Pag. 26(l'ultimo contratto è stato fatto nel 2008-2009), sono in atto processi di riordino. Bisogna capire che è necessario riequilibrare la parte legislativa e quella contrattuale, e soprattutto fare quanto avviene nel settore privato della produzione, laddove per rispondere all'esigenza di riorganizzazione, quindi di prodotto e di qualità dei servizi, e per essere competitivi in una logica di economicità, si è aperti alla valutazione collettiva, non si è chiusi.
  Utilizzo questi pochi attimi a mia disposizione per lanciare un appello alla Camera a modificare il disegno di legge in questa direzione. Si possono evitare interventi frammentari e contraddittori che, se non sono sorretti dalla chiarezza di obiettivi, di meccanismi di responsabilità e di netta separazione fra compiti di indirizzo e gestione politica e dirigenti, con meccanismi di verifica e valutazione che riguarderanno anche il processo organizzativo e le prestazioni dei dipendenti, non portano da nessuna parte.
  Siccome abbiamo interesse che il Paese possa coniugare l'esigenza di razionalizzazione con l'innovazione e la tutela, credo che questo sia il percorso per farlo. Ci appelliamo affinché la Camera colmi questa lacuna. Credo che un riequilibrio tra le due fonti, legge e contratto, sia indispensabile e vitale per il futuro dei servizi pubblici di questo Paese.

  PRESIDENTE. La ringraziamo per il contributo prezioso. Lascio la parola al presidente della FP-CIDA, Confederazione Manager e alte professionalità per l'Italia, Giorgio Rembado, accompagnato da Giorgio Germani, Vicepresidente, Liana Verzicco, Segretaria generale Anpri/Fp-Cida e da Alberto Sartoni, direttore.

  GIORGIO REMBADO, Presidente della FP-CIDA – Manager e alte professionalità per l'Italia. Grazie, presidente. Abbiamo già inviato un documento scritto che depositerò anche alla fine dell'audizione.
  Data la scarsità di tempo a disposizione, mi soffermerò su alcune criticità che vediamo nel provvedimento, prima fra tutte una tendenza preoccupante alla precarizzazione della dirigenza e a un'accezione sostanzialmente negativa del ruolo unico. Lo dico senza nessuna contrapposizione al ruolo unico, perché la misura in sé è condivisibile, ma in questo modo pare essere, anziché la sede dell'incontro tra le esigenze delle amministrazioni e le competenze dei dirigenti, il luogo dove il dirigente pubblico viene collocato senza alcun incarico e con la prospettiva di licenziamento.
  Brevissimamente, tre o quattro annotazioni sull'articolo 9 del disegno di legge relativo alla dirigenza pubblica. Manca a nostro giudizio una chiara classificazione dei ruoli dei dirigenti, prevedendo due distinti contenitori, uno relativo ai ruoli professionali (medici, dirigenti tecnici e ricercatori), un altro ai ruoli gestionali (dirigenti amministrativi e dirigenti scolastici).
  Un secondo aspetto che volevo sottolineare è la richiesta dell'istituzione di un'area contrattuale della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria in aggiunta alle quattro già previste dal decreto legislativo n. 150 del 2009.
  Anche per noi è di grande importanza il diritto del dirigente all'assegnazione di altro incarico dirigenziale in assenza di valutazione gravemente negativa sulle funzioni precedentemente esercitate alla scadenza dell'incarico. Sottolineiamo l'importanza e la necessità di un'eliminazione o almeno di una drastica diminuzione della facoltà di conferire incarichi dirigenziali a tempo determinato, tanto più in presenza di ruoli unici che possono diventare lo strumento per trovare all'interno dell'amministrazione i dirigenti dotati delle competenze richieste e necessarie.
  Passo poi velocemente all'articolo 10 del disegno di legge, che si riferisce ai ricercatori degli enti di ricerca, dove a noi pare mancare un bilanciamento all'autonomia gestionale dei vertici di nomina politica, che è diventata preponderante.
  Per ricercatori e tecnologi la nostra richiesta è di una definizione di stato giuridico della titolarità e portabilità dei propri progetti di ricerca e dei relativi finanziamenti ad essi correlati e il riconoscimento Pag. 27come autori delle ricerche svolte. Questo è tanto più necessario, se si pensa che a ricercatori e tecnologi non è attualmente riconosciuto il ruolo di dirigenza professionale. Lascerò depositata insieme alla memoria anche una petizione di 1.800 ricercatori e tecnologi, che chiedono di riproporre alla Camera il testo originario.
  Per concludere, vorremmo vedere riconosciuti nel provvedimento di legge delega quali princìpi e criteri direttivi almeno questi elementi: la possibilità di ridisegnare le singole pubbliche amministrazioni sulla base delle missioni e dei programmi, richiamando l'attenzione sul fatto che la riforma del bilancio risalente a una legge del 2009 è rimasta tuttora sostanzialmente inattuata.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente, è stato veramente gentile.
  Lascio la parola al segretario generale della COSMeD, Confederazione sindacale medici e dirigenti, Giorgio Cavallero che è accompagnato da Alberto Spanò, capo delegazione Associazione medici dirigenti (Anaao Assomed), da Alessandro Vergallo, capo delegazione A.a.r.o.i.-E.m.a.c. (associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani – emergenza area critica) e da Elisa Paterone, Fedir Sanità.

  GIORGIO CAVALLERO, Segretario generale della Confederazione sindacale medici e dirigenti (COSMeD). Buonasera. Provvederemo a inviare tempestivamente il documento sia cartaceo che in forma elettronica.
  In tre minuti vorremmo elencare le principali criticità del disegno di legge. L'83 per cento dei dirigenti contrattualizzati della pubblica amministrazione sono medici e dirigenti sanitari e di questi non si parla nel disegno di legge in oggetto, o meglio si dice che non fanno parte della dirigenza delle regioni, «con esclusione della dirigenza medico-veterinaria e sanitaria».
  Questo preoccupa perché vorremmo sapere dove siamo collocati, cioè chi siamo e dove andremo a finire. Siamo d'accordo di essere assolutamente distinti dalla dirigenza delle regioni, la nostra è una professione ed è una categoria assolutamente normata da una disposizione specifica, il decreto legislativo n. 229 del 1999, con un suo itinerario preciso, contrattuale ed economico, ma anche formativo completamente diverso dalla restante dirigenza.
  L'esclusione dal ruolo delle regioni starebbe a indicare una certa specificità che ci viene riconosciuta, però bisogna andare oltre, rendersi conto di dove saremo collocati e in particolare, se non si vuole legificare tutto, ma si vuole riproporre un valore alla contrattazione, intesa anche come organizzazione del lavoro e come capacità di recepire le innovazioni, rivendichiamo la presenza di un'area di contratto autonomo, che peraltro abbiamo sempre avuto.
  Sulle altre questioni ricordo l'importanza dell'incarico, soprattutto in presenza di valutazioni non negative, come un elemento da conferire tassativamente ai dirigenti, l'importanza di una riforma del lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni, già prescritta dalla legge n. 30 del 2003, la legge Biagi nel 2003, e l'importanza di superare determinate modalità di reclutamento degli apicali.
  Faccio presente che ancora oggi, nella dirigenza tecnica, professionale e amministrativa la nomina degli apicali avviene per chiamata diretta dell'organo politico e senza concorso; quindi vanno riportate nell'ambito della concorsualità e della valutazione le carriere che sono destinate ai nostri dirigenti. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, segretario. Cedo la parola al SI.DI.PE., sindacato nazionale direttori penitenziari, che è rappresentato dalla Presidente Cinzia Calandrino, dal Segretario nazionale, Antonio Foccillo, dal Segretario nazionale Rosario Tortorella e da Maria Antonietta Cerbo, membro del consiglio direttivo. Saluto e ascolterò i nostri ospiti con particolare attenzione, dato che mi occupo professionalmente degli istituti penitenziari.Pag. 28
  Do la parola al Segretario nazionale Tortorella.

  ROSARIO TORTORELLA, Segretario nazionale del sindacato direttori penitenziari (SI.DI.PE.). Grazie, presidente, innanzitutto la ringraziamo di questa audizione e portiamo il saluto anche agli onorevoli e al ministro.
  Concentriamo la nostra attenzione sull'articolo 9, comma 1, lettera b) del disegno di legge che prevede il ruolo unico della dirigenza, per quanto riguarda la dirigenza contrattualizzata di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001, e poi, come ipotesi eventuale, l'inserimento all'interno del ruolo anche delle carriere speciali, ad esclusione della carriera diplomatica.
  Questo inciso rende estremamente delicata la questione, perché il personale della carriera dirigenziale penitenziaria potrebbe in via teorica inserirsi in questo ambito. Per i motivi che seguiranno abbiamo quindi proposto che si aggiunga tra le esclusioni anche il personale della carriera dirigenziale penitenziaria, perché i dirigenti di istituto penitenziario e di esecuzione penale esterna svolgono funzioni di rilevanza pubblicistica, si occupano dell'esecuzione delle pene detentive e delle misure alternative alla detenzione e quindi esercitano una funzione tipica dello Stato.
  A questo si aggiunge l'aspetto legato alla sicurezza pubblica, perché il sistema penitenziario notoriamente fa parte del sistema della sicurezza dello Stato, oltre a svolgere una funzione essenziale, che è quella rieducativa della pena, anch'essa di rilievo costituzionale.
  Per queste ragioni il legislatore del 2005, attraverso la legge delega n. 154, ha riconosciuto a questo personale lo status di dirigenti di diritto pubblico, e con il decreto legislativo n. 63 del 2006 ne ha fatto una carriera speciale con un proprio ordinamento.
  Ricordo che il direttore dell'Istituto penitenziario è responsabile della sicurezza, del trattamento rieducativo, è superiore gerarchico del Corpo di polizia penitenziaria, autorizza l'eventuale uso delle armi all'interno dell'istituto di pena, tutti aspetti che fanno confluire questo personale nell'ambito di una carriera che non può essere inserita all'interno di un ruolo unico per l'altissima specialità.
  Queste sono le argomentazioni che sinteticamente intendiamo sottoporre all'attenzione di questa Commissione e dello stesso Governo, perché evidentemente, laddove si dovesse ipotizzare l'inserimento della carriera dirigenziale penitenziaria all'interno della dirigenza ordinaria, si determinerebbe un problema enorme dal punto di vista della gestione della sicurezza penitenziaria e della sicurezza dello Stato.
  Abbiamo già inviato una memoria scritta, che adesso lascio agli atti per la vostra cortese e qualificata attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al Segretario generale della UGL, Unione Generale del lavoro, Fiovo Bitti, accompagnato da Augusto Ghinelli, Segretario confederale, Eugenio Baratoccelli, responsabile UGL Intesa Funzione pubblica e Crescenzo Ranaudo, Ufficio stampa.

  FIOVO BITTI, Segretario confederale della Unione generale del lavoro (UGL). Grazie, presidente. Abbiamo lasciato agli atti un documento. Sarò velocissimo. Crediamo che si debba partire da due presupposti: il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro dei dipendenti pubblici e la partecipazione dei lavoratori attraverso le loro organizzazioni sindacali di rappresentanza.
  Nel merito del disegno di legge evidenzio soltanto pochi aspetti. La digitalizzazione deve essere accompagnata da un adeguato percorso formativo rivolto al personale dipendente. Rispetto alla riorganizzazione dell'amministrazione dello Stato, l'articolo 7, paventiamo il forte rischio che la riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio (ma il discorso vale anche per le forze di Polizia) venga percepita negativamente da parte della cittadinanza.
  Rispetto all'articolo 8 chiediamo di fare attenzione alle forti penalizzazioni per il Pag. 29personale dipendente e per gli stessi cittadini nell'ambito del processo di riorganizzazione delle Camere di commercio. La soglia di 80.000 imprese iscritte per l'accorpamento non appare congrua, bisognerebbe dimezzarla.
  Rispetto all'articolo 9 sulla dirigenza pubblica dovrebbe prevedersi anche l'introduzione della vice dirigenza. Con riguardo all'articolo 10 sugli enti pubblici di ricerca chiediamo un'azione più rapida. Potrebbe anche essere utile uno stralcio da questo disegno di legge, per agire con un decreto-legge per dare certezze ai lavoratori del settore.
  L'articolo 13, in materia di riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze dell'amministrazione pubblica, deve essere chiaramente affrontato con le organizzazioni sindacali. Per quanto riguarda le partecipazioni chiediamo un approccio meno ragionieristico, a vantaggio di uno più socialmente sostenibile. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Passo volentieri la parola ad Antonio Foccillo, segretario confederale della UIL, che è accompagnato da Marco Maldone, funzionario.

  ANTONIO FOCCILLO, Segretario confederale della Unione italiana del lavoro (UIL). Buonasera. Grazie dell'invito che abbiamo molto apprezzato, anche perché questa riforma, come altri provvedimenti del Governo, ha avuto un confronto non sempre continuativo laddove, come emerso già in altri interventi, il sindacato confederale, checché se ne dica, rappresenta una grossa fetta di lavoratori, di utenti e di cittadini.
  Le tre sigle confederali CGIL CISL e UIL rappresentano complessivamente 11 milioni di persone, e nelle ultime elezioni il sindacato ha avuto la presenza al voto del 75-80 per cento dei lavoratori. Per rispetto verso questa rappresentanza votata dai lavoratori sarebbe quindi stato meglio evitare l'autoreferenzialità e confrontarsi di più con le organizzazioni sindacali, perché il pluralismo e il dialogo sono l'alimento della democrazia.
  Anche io presenterò un documento e domani mattina lo invieremo alla Commissione. Voglio dire due cose brevissime. La prima è che ovviamente per l'ennesima volta e per l'ennesimo provvedimento viene privilegiata la legge rispetto alla contrattazione. Addirittura viene superata la norma Brunetta, che pure aveva limitato di molto la contrattazione.
  Passiamo da una privatizzazione completa del rapporto di lavoro a una legislazione che interviene e limita il contratto di lavoro, per cui chiediamo che almeno su questo si faccia chiarezza e si possano presentare degli emendamenti per modificarlo.
  Seconda questione. Sulla dirigenza è già stato detto tutto, ma vorrei solo evidenziare dei tratti di incostituzionalità, soprattutto nel momento in cui partecipo a un concorso pubblico e dopo tre anni rischio di essere licenziato. Noi siamo per la valutazione, ma c’è un problema di criteri oggettivi e del soggetto che fa la valutazione, quindi sarebbe opportuno che fosse un soggetto neutrale.
  C’è una contraddizione fra questa volontà, espressa anche nella riforma, di colpire il malaffare nella pubblica amministrazione e l'abolizione di due figure impegnate in questo compito, ossia dei segretari comunali – abolizione che ovviamente non condividiamo, perché si tratta degli unici in grado di valutare la legittimità di chi fa la norma evitando eventuali abusi – e del Corpo forestale dello Stato.
  Non siamo pregiudizialmente contrari a un riordino delle forze di polizia, perché ci rendiamo conto che ce ne sono tante, però chiediamo lo stralcio per quanto riguarda il Corpo forestale dello Stato, che ha il compito preciso di combattere l'ecomafia. Metterlo insieme ad altre forze di polizia ne farebbe venire meno la specifica professionalità soprattutto in questo tipo di controllo. Penultima questione...

  PRESIDENTE. Se questi dati sono contenuti nel documento, le chiederei di passare all'ultima questione, perché il tempo è già abbondantemente scaduto.

  ANTONIO FOCCILLO, Segretario confederale della Unione italiana del lavoro Pag. 30(UIL). Ho terminato. Solo una cosa sul ricambio generazionale: so che il Governo l'ha subìta e non l'aveva proposta, ma mi sembra aleatoria l'eventualità che uno si paghi i contributi e si metta in part-time per favorire il ricambio generazionale, mi sembra difficile da far passare nell'opinione comune.
  Infine, la contrattazione collettiva. Ci sono degli elementi che intervengono nella contrattazione, ma come sono previsti i doveri dei lavoratori, bisogna prevederne anche i diritti. Sono sei anni e la norma prevede addirittura dodici anni di non rinnovo dei contratti. Credo che una riforma senza l'adesione di chi ci lavora dentro difficilmente potrà andare avanti.

  PRESIDENTE. Mi corre l'obbligo però, rispetto al suo esordio, essendo il responsabile della convocazione delle audizioni in quanto Presidente della I Commissione, di precisarle che abbiamo seguito un criterio ampio e non credo che ci siano associazioni e rappresentanti dei lavoratori principali e secondari o di nicchia.
  Abbiamo seguito indicazioni dei gruppi e le richieste di audizione. Credo che avere più interlocutori che rappresentano anche un minor numero di lavoratori non credo che sia da un punto di vista dell'interesse della Commissione e del Governo, che vi assicuro essere aperto a questi contributi, un segnale di mancanza di attenzione, anzi mi sembra che più siamo e meglio è.

  ANTONIO FOCCILLO, Segretario confederale della Unione italiana del lavoro (UIL). Ma non era riferito alla Commissione.

  PRESIDENTE. Ho capito, però siamo in sede di audizione, sono il responsabile di queste convocazioni e ho seguito un criterio di ampliamento, perché tutti potessero dire la propria nell'interesse di un buon provvedimento.
  Detto questo, cedo la parola ad Adamo Bonazzi, segretario generale dell'Unione sindacati autonomi europei, che è accompagnato dal Segretario confederale Palotto e dal coordinatore pubblico impiego Francesco Balducci che, essendo pugliese, saluto con particolare consanguineità.

  ADAMO BONAZZI, Segretario generale dell'Unione sindacati autonomi europei (USAE). Grazie, presidente. Abbiamo lasciato agli atti il documento, che invieremo anche per posta elettronica con delle proposte di emendamento.
  Vorrei partire dal fondo di questa legge, che contiene molte proposte di deleghe che sono molto ampie, però prevede soprattutto che debba essere applicata ad invarianza di spesa. Dopo la spending review, dopo i tagli delle finanziarie, dopo gli interventi di blocco contrattuale, è difficile pensare ancora una volta di riformare un settore importante come quello della pubblica amministrazione senza metterci dentro un penny. Qualsiasi azienda che voglia ristrutturarsi sa che affrontare una ristrutturazione significa prevedere degli investimenti e dei capitolati di spesa specifici.
  Ciò detto, riprendo il discorso di altri colleghi rispetto alla questione dello scippo della materia contrattuale. Il decreto legislativo n. 165 del 2001 deriva da lunghe riforme, aveva privatizzato il rapporto di lavoro pubblico, nel senso che le pubbliche amministrazioni sono tali come proprietà, ma applicano il Titolo V del Codice civile, quindi il Codice del lavoro.
  Oggi andiamo a prevedere nell'articolo 13 una delega specifica, in cui si dichiara che si deve incidere sulle materie della contrattazione, non tanto su quella nazionale, quanto addirittura su quella decentrata.
  Naturalmente questo è un problema rilevante, perché lo Stato deve decidere cosa vuole dalla pubblica amministrazione e che natura hanno i lavoratori della pubblica amministrazione, ma secondo noi il problema più grosso di questo disegno di legge deriva dalla mancanza del quadro costituzionale in cui deve essere applicata.
  Oggi, infatti, diamo delle deleghe con determinate caratteristiche, ma non abbiamo ancora chiaro quale tipo di Parlamento, quale tipo di Governo ci saranno Pag. 31domani mattina o usciranno da un'altra riforma che sta facendo il suo iter in Parlamento e che potrebbe cambiare di molto la conformazione di questo Stato.
  Il corto circuito che si può creare è evidente nella questione dei dipendenti delle province. Aver previsto da una parte che le province debbano sparire e dall'altra che debbano essere trasformate in qualcosa di diverso ha fatto sì che oggi decine di migliaia di lavoratori siano in fibrillazione.
  Siamo sempre stati per la chiarezza soprattutto per quanto riguarda la dirigenza apicale, perché dire che la dirigenza è neutra è una falsità: un dirigente ha un suo orientamento politico, è onestissimo, è fedele, fa quanto gli viene detto, ma lo fa con un proprio orientamento. Cercare di slegare la dirigenza dalla politica significa creare un corto circuito istituzionale.
  Per certi aspetti meglio uno spoil system, come avviene in altri Paesi, in cui cambia il Governo centrale e locale, e cambia la dirigenza apicale. Questo naturalmente ha un senso, se si vuol fare un certo ragionamento. Per il resto, mi rimetto al documento che abbiamo inviato.

  PRESIDENTE. Le siamo grati per questo. Cedo la parola a Ermanno Santoro, componente dell'esecutivo nazionale pubblico impiego della USB, Unione sindacale di base, accompagnato da Cristiano Fiorentini, componente dell'esecutivo nazionale pubblico impiego.

  ERMANNO SANTORO, Componente dell'esecutivo nazionale pubblico impiego dell'Unione sindacale di base (USB). Grazie, presidente. Invieremo domani un documento scritto, qui ci limitiamo ad alcune osservazioni. Esprimiamo un giudizio negativo su questa parte della riforma, che, come è stato già detto, si articola sostanzialmente in una serie di deleghe in bianco, tra l'altro da esercitare in un tempo abbastanza lungo.
  Crediamo che la pubblica amministrazione in questo momento abbia bisogno di risposte immediate e chiare, e non di deleghe in bianco a un Governo che ha già varato un decreto, il decreto-legge n. 90 del 2014, su cui abbiamo espresso un giudizio negativo in un'altra Commissione di questo autorevole ramo del Parlamento.
  Qui richiamiamo alcuni punti della riforma che consideriamo particolarmente gravi. Ad esempio l'articolo 7, il ridisegno della pubblica amministrazione, per noi configura un arretramento dello Stato dal territorio. Crediamo infatti che lo Stato non debba arretrare dal territorio, ma debba mantenere i suoi presìdi, diffondere e potenziare i servizi alla cittadinanza.
  Riguardo all'articolo 9, la dirigenza pubblica, secondo la nostra lettura del disegno di legge delega, di fatto viene assoggettata al controllo del potere politico, ben peggio di quanto facciano i peggiori meccanismi di spoil system. Crediamo che una dirigenza pubblica debba conservare un'autonomia decisionale e operativa, per garantire l'imparzialità e la correttezza nell'esercizio delle funzioni pubbliche che le sono affidate.
  Con riferimento all'articolo 13, il disegno di legge dà mandato al Governo di riscrivere sulla fiducia ampie porzioni del decreto legislativo n. 165 del 2001. Questo configura un salto nel vuoto, una riscrittura in bianco di una materia importantissima, che avrebbe bisogno di essere riordinata prima che riformata.
  Alcuni passaggi secondo noi nascondono il tentativo – neanche troppo velato – di trasformare questa riforma in un'arma di propaganda nei confronti dell'opinione pubblica. Questa non è una riforma a costo zero, perché quando si chiude un ufficio pubblico ci sono lavoratori e lavoratrici che si spostano, che sono costretti a viaggiare, ci sono cittadini utenti che perdono un servizio di prossimità e ci sono quindi dei costi che vengono scaricati sulla collettività.
  In tutti questi anni abbiamo assistito a miriadi di riforme, la pressione fiscale nel Paese continua a salire, a maggior ragione la pressione fiscale territoriale, e questo dimostra che dove si interviene con la spending review non ci sono comunque benefici per i cittadini.Pag. 32
  Sottolineiamo con forza che, come fa un datore di lavoro quando si accinge a mettere mano alla propria azienda, la pubblica amministrazione, che è l'azienda più grande e più strategica di questo Paese, dovrebbe ricordarsi e preoccuparsi che dal 2007 questi 3,2 milioni di lavoratrici e lavoratori pubblici con una retribuzione media di 1.500 euro mensili non hanno più il rinnovo contrattuale. Nel DEF è stata anche congelata la vacanza contrattuale, per cui riteniamo che, oltre al danno, ci sia anche la beffa di un accanimento nei confronti di una categoria già penalizzata.
  Quando una riforma verrà preceduta dallo stanziamento di adeguate risorse che coprono il vuoto di questi anni, riterremo quantomeno che sarà stato fatto un passo in avanti.
  Il nostro giudizio politico, prima ancora che nel merito della riforma, è quindi assolutamente negativo.

  PRESIDENTE. Ringrazio per la qualità degli interventi e per il contributo da voi offerto a questo provvedimento. Nel ringraziare tutti i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 21.55.