XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III-XIV Camera e 3a-14a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 17 luglio 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bordo Michele , Presidente ... 3 

Comunicazioni del Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi, sugli esiti del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno 2013
Bordo Michele , Presidente ... 3 
Moavero Milanesi Enzo , Ministro per gli affari europei ... 3 
Bordo Michele , Presidente ... 7 
Garavini Laura (PD)  ... 7 
Bonomo Francesca (PD)  ... 8 
Buttiglione Rocco (SCPI)  ... 9 
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI)  ... 10 
Marazziti Mario (SCPI)  ... 11 
Bergamini Deborah (PdL)  ... 11 
Ricciatti Lara (SEL)  ... 12 
Tancredi Paolo (PdL)  ... 13 
Cociancich Roberto Giuseppe Guido  ... 14 
Bordo Michele , Presidente ... 14 
Moavero Milanesi Enzo , Ministro per gli affari europei ... 14 
Bordo Michele , Presidente ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA XIV COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI MICHELE BORDO

  La seduta comincia alle 20.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi, sugli esiti del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno 2013

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le Comunicazioni del Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi, sugli esiti del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno 2013. Visto il ritardo, evito ogni preambolo e lascio subito la parola al Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi.

  ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Grazie, Presidente. Cerco di essere molto sintetico nell'introduzione, pur tentando al tempo stesso di essere anche esaustivo, per due motivi: uno collegato a quanto evidenziato dal Presidente, l'altro perché siamo qui per trattare del risultato del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno, quindi di qualche settimana fa, di cui abbiamo letto vari resoconti sui giornali e sul quale ci sono stati numerosi interventi nell'ambito del dibattito politico.
  Mi tengo quindi ai fatti essenziali e poi nella discussione approfondiremo quei temi e quei punti che vi sembreranno di maggiore interesse.
  Dovendo darvi la chiave di lettura per schema base, vedo cinque punti in cui si possono classificare i risultati di questo Consiglio europeo, che è un Consiglio europeo importante, non solo in particolare questo del giugno 2013, ma in generale il Consiglio di giugno, che chiude il ciclo del cosiddetto «semestre europeo» che presiede all'attività di funzionamento in particolare dell'Unione economica e monetaria.
  Il primo gruppo di risultati è infatti proprio quello legato alla conclusione del ciclo del semestre europeo. Qui segnalerei due punti precisi. Uno è la chiusura della procedura per deficit eccessivo nei confronti di alcuni Paesi che avevano questa procedura aperta, tra cui il nostro. È quindi di particolare interesse per l'Italia che il Consiglio europeo abbia fatto proprie le proposte della Commissione europea e le conclusioni del Consiglio Ecofin, confermando l'uscita dell'Italia dalla procedura per deficit eccessivo.
  In altri termini, è stato certificato a tutti i livelli delle varie istanze che esaminano la questione nell'Unione europea che il nostro deficit per l'anno in corso è sceso sotto quella soglia del 3 per cento che il Trattato dell'Unione Europea, quindi non altri atti derivati o trattati, indica come soglia massima di devianza da quell'obiettivo implicito del pareggio del bilancio, che con trattati e con regolamenti successivi è stato esplicitato maggiormente, ma che comunque è già indicato dal Trattato sull'Unione Europea.Pag. 4
  Negli articoli relativi al funzionamento della cosiddetta «Eurozona», quindi dell'Unione economica e monetaria, questo indica come livello di salute dei conti pubblici il bilancio in pareggio, come peraltro la maggior parte delle Costituzioni moderne implicitamente o esplicitamente prevede, e indica questo livello del 3 per cento di deficit come la possibilità di discostamento dall'obiettivo del pareggio per motivi legati alla congiuntura.
  Essere sotto il livello del 3 per cento significa non trovarsi sotto procedura aperta, quindi non trovarsi nella cosiddetta «parte correttiva» del Patto di stabilità e crescita che regge il funzionamento della zona dell'euro; trovarsi invece al di sopra significa essere nella parte correttiva.
  Il secondo elemento legato a questo primo punto della conclusione del semestre europeo riguarda le cosiddette «raccomandazioni specifiche» per Paese. Ogni anno, nel mese di giugno, sulla base del funzionamento dei vari sistemi Paese della zona dell'euro, delle riforme che sono state introdotte e delle riforme che a livello europeo si ritiene opportuno introdurre, i vari Stati ricevono delle raccomandazioni ad hoc, «di sartoria», sulla loro realtà nazionale.
  Sono raccomandazioni, quindi non sono atti giuridicamente vincolanti ma, data l'eminenza da cui promanano, di fatto diventano dei forti consigli, delle linee su cui poi si è confrontati. Queste sono proposte dalla Commissione europea, ma sono poi discusse al Consiglio dei Ministri economia e finanza, quindi c’è un controllo politico e un'adozione di queste raccomandazioni a livello politico da parte dei ministri dei diversi Stati e poi al livello più alto del Consiglio europeo, quindi dei Capi di Stato e di Governo.
  Per quanto riguarda il nostro Paese, le raccomandazioni specifiche adottate nel mese di giugno fanno riferimento ad elementi relativi alla salute dei conti pubblici, quindi ridurre il deficit, tenere sotto controllo debito pubblico e spesa pubblica, ma anche ad elementi di carattere meno direttamente contabile: la semplificazione delle procedure amministrative, la riduzione degli oneri di carattere burocratico, la maggiore efficienza della pubblica amministrazione, rendere più veloci i processi soprattutto nel campo civile, ridurre il tasso di abbandono scolastico, investire in determinate opere infrastrutturali, introdurre riforme importanti nel funzionamento generale del Paese (liberalizzazioni laddove opportuno, e si fa riferimento in particolare alle professioni liberali).
  Un catalogo, organizzato su sei punti di raccomandazione, che può essere di utile ispirazione e riferimento per una complessiva modernizzazione e un miglioramento del sistema Paese.
  Il secondo importante risultato del Consiglio europeo sono le misure che riguardano il funzionamento dell'Unione economica monetaria. Qui ne menziono in particolare tre. Da una parte si è confermato al Consiglio europeo il risultato raggiunto dal Consiglio Ecofin – Consiglio dei ministri di economia e finanze – della settimana precedente, che ha trovato un accordo di compromesso sulla partenza del sistema di garanzia per i fallimenti delle banche, il sistema cosiddetto «di risoluzione delle crisi bancarie», che costituisce la seconda componente della cosiddetta «Unione bancaria», che è costituita da tre elementi.
  Il primo è un sistema unico di vigilanza a livello europeo affidato alla Banca centrale europea, che partirà nel 2014 e riguarderà le banche cosiddette «sistemiche» europee che, per dare una definizione approssimativa che comunque fotografa la situazione base, hanno un'attività di livello transfrontaliero europeo rilevante.
  Il secondo è il sistema unico per la risoluzione delle crisi bancarie che, in caso di crisi e di fallimento bancario, prevede l'intervento della Banca centrale europea come organismo che identifica la situazione di allerta crisi, un organo composto dalle varie autorità nazionali che in ciascun Paese sono competenti in materia, che propone le misure da adottare alla Commissione europea che le adotta.Pag. 5
  Si tratta quindi di un meccanismo che segue le grandi linee di altri collaudati meccanismi a livello europeo, anche se all'apparenza ha una sua caratteristica un po’ barocca, ma ricalca schemi che, per barocchi che siano, hanno dato prova di funzionamento anche in altri settori (pensiamo all'Antitrust).
  Il terzo elemento di questa cosiddetta «Unione bancaria» è la garanzia minima sui depositi dei risparmiatori. Questa è legata ad alcune direttive che sono in corso di finalizzazione nell'approvazione legislativa a livello europeo.
  Su questi tre elementi nel 2014 prenderà corpo questa prima fase base dell'Unione bancaria, che è uno dei fattori giudicati importanti per garantire stabilità e maggior sicurezza al funzionamento dell'area dell'euro.
  Questo è il primo punto sotto il profilo Unione economica e monetaria, mentre il secondo punto è legato alla formalizzazione dell'ingresso del diciottesimo Paese nell'area dell'euro, la Lettonia, a partire dal primo gennaio 2014, e il terzo punto è stato l'esame di tappa che hanno effettuato i Capi di Stato e di Governo a un anno data del cosiddetto Patto per la crescita e l'occupazione.
  Si è fatto quindi il punto sullo stato dell'arte di un insieme di azioni adottate nel giugno 2012 che sono state messe in opera anche nel corso del 2013 per stimolare la crescita economica e la creazione di posti di lavoro a livello europeo. Queste comprendono sia elementi legislativi legati all'attuazione di normative per il buon funzionamento del mercato interno di altri settori di attività, sia elementi di finanziamento legati soprattutto agli interventi che possono essere fatti dalla BEI, la Banca europea per gli investimenti.
  Come delegazione italiana abbiamo insistito affinché la Banca europea per gli investimenti accentui questa sua azione di intervento per investimenti a favore di piccole e medie imprese e di regioni meno favorite.
  Il terzo elemento dei cinque che rapidamente passiamo in rassegna riguarda una serie di azioni che hanno ulteriormente focalizzato, a livello di priorità politica, gli interventi a favore dell'occupazione giovanile. Questi erano stati decisi con un primo pacchetto di circa 6 miliardi nell'accordo di bilancio del febbraio 2013 ma, nell'ambito di una destinazione flessibile dei fondi europei da decidersi in particolare a partire dal 2016, è stato stabilito che a questi 6 miliardi se ne aggiungano altri 3.
  Tenuto conto che questi fondi per la disoccupazione giovanile andranno a beneficio delle regioni in cui la disoccupazione giovanile supera il livello del 25 per cento, si è calcolato che l'Italia dovrebbe ricevere 1,5 miliardi di euro di questo ammontare complessivo di fondi di 6 più 3 miliardi, cifra da investire in azioni specifiche per la disoccupazione giovanile.
  Nel quadro di questo tipo di iniziativa è stato anche precisato, reiterando quanto già affermato nel Consiglio europeo del marzo 2013, che i Paesi con un deficit inferiore al 3 per cento possono utilizzare il margine tra il deficit nominale a cui arrivano e il tetto massimo del 3 per cento per effettuare investimenti pubblici produttivi.
  Questi investimenti pubblici produttivi possono costituire quindi una spesa addizionale rispetto alla spesa normalmente presa in carico dal bilancio nazionale ed eventualmente dal deficit nominale a cui si sarebbe arrivati a monte di questa spesa addizionale per investimenti pubblici produttivi.
  Questa spesa addizionale è la cifra di differenza rispetto alla situazione dei Paesi che hanno un deficit superiore al 3 per cento, che devono cercare di ridurre la loro spesa ordinaria per scendere sotto il 3 per cento o comunque ridurre il deficit, magari riducendo la spesa, e non possono effettuare spesa addizionale, mentre chi è sotto il 3 per cento, e il nostro Paese lo è formalmente, potrà invece effettuare questa spesa addizionale.
  Questo ci dovrebbe consentire un polmone di spesa supplementare. Dovendolo cifrare, ne parlavamo questa mattina nella Commissione XIV e quindi alcuni di voi lo hanno già sentito, se diamo per buona la Pag. 6cifra di previsione per il 2014 di un deficit rispetto al PIL di circa 2,3-2,4 per cento, stiamo parlando di una possibile spesa addizionale di fondi nazionali di circa 0,5-0,6 per cento del PIL, quindi nell'ordine dei 7, 8 o 9 miliardi, a seconda di dove si collocherà il nostro prodotto interno lordo.
  Poiché nelle decisioni del Consiglio europeo, poi confermate dalle lettere operative della Commissione europea, questa spesa per investimenti produttivi va collegata alla spesa dei fondi del bilancio europeo, dei cosiddetti «fondi strutturali», per ogni euro nazionale che movimentiamo con questa spesa addizionale possiamo contare su un euro e poco più del bilancio europeo.
  Questo darebbe un ammontare totale di 15-16 miliardi, che potrebbero essere immessi nell'economia, se nel 2014 riusciremo effettivamente a tenere un deficit controllato intorno al 2,3-2,4 del nostro PIL, come dicono le previsioni.
  Il quarto elemento dei cinque che vi ho preannunciato riguarda il processo di allargamento dell'Unione europea perché, malgrado il vivace dibattito politico in tutti i Paesi membri – l'Unione europea funziona bene, funziona male, dobbiamo modificarla, dobbiamo uscirne, dobbiamo star dentro – ci sono Paesi nuovi che non fanno parte dell'Unione europea e che desiderano invece entrarvi.
  Tra le decisioni del Consiglio europeo c’è stata la decisione formale e finale sull'entrata della Croazia, che è entrata a partire dal primo luglio e quindi siamo diventati ventotto Paesi membri dell'Unione europea e l'apertura formale di negoziati con la Serbia, che quindi diventa formalmente il Paese candidato con negoziati aperti a partire dal gennaio 2014. Il Governo italiano in continuità di azione con gli ultimi anni ha sempre sostenuto l'opportunità dell'ingresso della Serbia.
  Parallelamente vengono aperti i negoziati di associazione con il Kosovo, che l'Italia riconosce come Stato ma che non tutti i Paesi europei riconoscono, e proprio il risultato del buon dialogo tra Belgrado e Pristina ha costituito la ragione dello sblocco di questi due ulteriori negoziati, quindi l'Unione europea cresce.
  Quinto ed ultimo elemento, che non ha fatto parte delle conclusioni in senso stretto del Consiglio europeo ma ha fatto parte della tornata politica delle giornate del 27 e 28 giugno, è stata la finalizzazione, anche con l'accordo del Parlamento europeo che lo ha formalizzato nella prima settimana di luglio in un voto della seduta plenaria, dell'accordo sul quadro di bilancio per l'Unione 2014-2020.
  Quella cifra, corrispondente all'1 per cento del prodotto interno lordo europeo come risorse di bilancio per l'Unione nel periodo dal 2014 al 2020, che era stata salutata come una cifra non sufficientemente elevata dal Parlamento europeo e anche nel dibattito svolto qui, quando avevo riferito dopo il mese di febbraio al Parlamento sul risultato del Consiglio europeo di allora, è stata finalmente accolta anche dal Parlamento europeo.
  Il Parlamento europeo ha peraltro ottenuto dal Consiglio, quindi dai Governi degli Stati, una revisione di questo bilancio nel 2016, cioè a mezzo periodo. Questo impressiona, perché noi decidiamo oggi in situazione di crisi un bilancio che si proietta in anni in cui tutti pensiamo che la crisi dovrebbe essere finita e quindi è corretto prevedere una revisione del bilancio stesso.
  C’è anche una clausola di flessibilità di trasferimento di fondi fra le varie rubriche e proprio alla luce dell'applicazione di questa clausola è stata già predestinata una parte di questi fondi agli investimenti contro la disoccupazione giovanile. Anche questa pagina volta a dare all'Unione europea un bilancio è stata quindi formalmente chiusa.
  Naturalmente non ci nascondiamo, in termini politici, che avere a livello di Unione europea un bilancio corrispondente, per tutti i ventotto Paesi, all'1 per cento del reddito interno lordo dell'Unione stessa quando gli Stati Uniti d'America, che sono un contesto statale federale compiuto, hanno il 24,7 per cento, ci induce a constatare che stiamo comparando due Pag. 7realtà ampiamente diverse e che quelle azioni anticicliche, antirecessive che gli Stati Uniti hanno potuto porre in essere anche grazie al bilancio federale, evidentemente a livello di Unione europea sono estremamente complesse.
  Da ciò emerge quella maggiore flessibilità che, per poca che sia, è comunque una forma di flessibilità importante, che è stata concessa alla spesa pubblica per quegli Stati che hanno i conti sotto controllo per quanto riguarda il deficit, cioè al di sotto del 3 per cento.
  Questa è la presentazione sintetica di un Consiglio europeo complesso, che è comunque durato una giornata e mezza.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la sua relazione. Considerato che abbiamo cominciato con notevole ritardo i nostri lavori, inviterei i colleghi a contenere ogni intervento in un tempo massimo di cinque minuti.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  LAURA GARAVINI. Grazie Presidente, grazie signor Ministro. Desidero esprimere apprezzamento innanzitutto per le modalità con le quali sta portando avanti un dialogo con il Parlamento che non è affatto scontato. Desidero rilevarlo proprio perché, essendo tra noi tanti nuovi colleghi alla prima esperienza, credo che debba essere rimarcato, perché in passato, prima che lei venisse nominato Ministro per gli affari europei già con il Governo Monti, non c'era possibilità di dialogo né in preparazione, né a seguito della conclusione dei lavori del Consiglio europeo.
  Esprimo dunque una prima nota di apprezzamento perché, come esponenti del Partito Democratico, riteniamo che questa debba essere una prassi consolidata e il fatto che lo sia diventata è estremamente positivo.
  Esprimo parole di apprezzamento anche nei confronti del Consiglio europeo che ci ha illustrato, perché è stato un Consiglio di grande valenza. Innanzitutto la possibilità di sancire l'uscita dallo stato di infrazione del nostro Paese è frutto di un ottimo lavoro da lei iniziato in prima persona nel corso degli ultimi mesi, che finalmente ci permette di essere di nuovo annoverati nel gruppo dei «bravi».
  Questo non è soltanto un riconoscimento simbolico, che ci consente non solo di brillare a livello internazionale e dunque di riacquistare quel prestigio che il nostro Paese purtroppo negli anni precedenti aveva perso, ma, attraverso il suo operato e quello del Presidente del Consiglio, anche di portare a casa un altro rilevante risultato, ossia una concessione di maggiore flessibilità in termini di non più rigido, doveroso rispetto dei parametri del 3 per cento.
  Anche questo ci agevola considerevolmente in vista dei prossimi mesi, destinati ad essere ancora caratterizzati non soltanto da un elevato deficit, ma anche dal perdurare della crisi e dunque rappresenta un punto politico di grande rilievo a livello sia internazionale che interno.
  Lei ci ha illustrato un ulteriore successo, parlandoci delle cifre inerenti agli investimenti per l'occupazione giovanile non soltanto in termini monetari, ma anche come indicazione ed espressione di un vero cambio di rotta, di cui si avvertiva fortemente la necessità.
  Rispetto a politiche europee del rigore, dell'austerità, dei tagli, della severità di bilancio, assistiamo finalmente a un'inversione di rotta radicale, che porta non soltanto il nostro Paese, ma l'Europa nel suo complesso a capire la valenza della necessità di investimenti, in particolare di investimenti sull'occupazione soprattutto giovanile.
  Credo che questo debba essere il faro che deve caratterizzare i lavori della politica europea nei prossimi mesi e anche nei prossimi anni, anche in vista del semestre europeo che ci apprestiamo a condurre. D'altro canto, è inutile negare che purtroppo si tratta di cifre economicamente contenute.
  È di certo un grosso successo il fatto che il nostro Paese sia riuscito a contribuire fattivamente allo stanziamento di più miliardi per l'occupazione giovanile e Pag. 8che da 6 si passi a 9 miliardi, così come che per l'Italia si sia passati da 500.000 a 1,5 miliardi di fondi (dunque l'Italia ne ha approfittato in misura più che proporzionale), ma d'altro canto, se si considera quanto l'Europa ha investito per sanare tutti i vari fallimenti bancari, purtroppo queste cifre risultano ancora troppo modeste.
  Su questo chiederei una sua valutazione sulla consapevolezza a livello europeo dell'esigenza di investire di più dal punto di vista sociale, ovvero di maggiori investimenti finalizzati all'occupazione, affinché l'Europa sia sempre più un'Europa sociale e meno un'Europa soltanto economica e finanziaria.

  FRANCESCA BONOMO. Ringrazio il signor Ministro e innanzitutto mi associo all'apprezzamento espresso dall'onorevole Garavini per il dialogo che il Governo sviluppa in maniera costante con il Parlamento. Come membro della Commissione politiche dell'Unione europea ho potuto apprezzare in maniera particolare questo continuo confronto, di cui la ringrazio.
  Desidero esprimere apprezzamento anche per gli esiti di questo Consiglio europeo e in particolare vorrei specificare alcuni punti. L'uscita dalla procedura di deficit eccessivo ci aiuterà ad accrescere la flessibilità di spesa, per cui chiederei al Governo di individuare un meccanismo per favorire gli investimenti dei comuni virtuosi, che non beneficeranno dei 40 miliardi di pagamenti della pubblica amministrazione che come Governo siamo riusciti a sbloccare sul Patto di stabilità. Poiché loro si sono fedelmente attenuti al Patto di stabilità e non hanno fatto investimenti ulteriori rispetto ai loro impegni di spesa, dovrebbero essere i più favoriti da questa misura.
  L'altro appezzamento riguarda l'aumento di fondi sulla Youth Guarantee, laddove 3 miliardi in più sono una cifra rilevante, sicuramente poco rispetto alla risoluzione complessiva del problema, però sono già un buon punto di partenza.
  Per quanto concerne le somme riguardanti l'Italia, mi permetto di invitare il Governo a individuare le misure più incisive per fare rapidamente in modo che questi fondi possano entrare direttamente nel circuito della fruizione da parte dei giovani, perché sicuramente alcune misure sono più efficaci di altre.
  In particolare, una misura molto utile per fare esperienza di formazione è quella del servizio civile, che è un'esperienza già attiva che vede gli enti già pronti ad accogliere i giovani per fare esperienza di lavoro. Sappiamo infatti che spesso dopo un'esperienza di servizio civile entro quattro mesi i giovani trovano un lavoro a tempo indeterminato, quindi potrebbe essere uno strumento da utilizzare per incentivare l'occupazione.
  L'altro strumento attraverso cui incentivare il lavoro è quello dell'apprendistato e apprendiamo con favore che è stato raggiunto l'accordo sull'alleanza europea per l'apprendistato. Vorremmo sapere come il Governo intenda lavorare in questa scia.
  Lei ha più volte evidenziato in Commissione che l'Italia riesce a utilizzare solo il 40 per cento delle risorse che le spetterebbero per reinvestirle in progetti concreti. Adesso abbiamo ottenuto anche più fondi, per cui vorrei chiederle come il Governo intenda individuare all'interno del panorama italiano le best practices delle regioni in cui l'accesso ai bandi dell'Unione europea, la partecipazione e la conclusione si sono rivelate più positive ed efficaci e come poter utilizzare queste best practices per supportare le regioni in difficoltà.
  Accogliamo con favore questo cambio di atteggiamento e il tentativo di confrontarsi anche nella fase ascendente, e su questo sollecitiamo anche incontri ad hoc da lei stimolati.
  Anche noi giovani parlamentari under 35 in questo percorso legato al Consiglio europeo abbiamo cercato di dare un contributo presentando in Parlamento una mozione trasversale nella quale sostenevamo il lavoro che il Governo stava facendo a livello europeo. Abbiamo proposto Pag. 9questo pre-Consiglio europeo dei giovani under 35 e ci incontreremo ufficialmente in novembre in questo Forum dei parlamentari dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo degli under 35.
  Tenevo a informare il Governo di questo appuntamento e chiederle un aiuto nella prosecuzione di questo percorso.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Diamo il benvenuto al signor Ministro che ringraziamo della presenza. La legge n.11 del 2005, che la legge n.234 del 2012 ha completato, ha innovato profondamente i rapporti tra Governo e Parlamento e siamo lieti della puntualità con cui lei adempie alle sue indicazioni.
  Le esprimiamo le nostre congratulazioni per i risultati che ha ottenuto, perché la svolta che lei, insieme con il Presidente Monti, ha avviato nel Consiglio europeo del giugno 2012 comincia a dare frutti.
  Allora si parlò enfaticamente di mettere l'accento sulla crescita e la creazione di impiego, ed erano solo parole, ma in Europa si comincia con le parole e lentamente vengono i fatti, certo più lentamente di quanto desidereremmo, però adesso cominciano ad esserci solidi fatti.
  È necessario prestare grande attenzione alle condizionalità delle aperture in materia di deficit. Ricordo a me stesso che sono denari che non si possono utilizzare per la spesa sociale, ma si possono utilizzare soltanto per un investimento in competitività legato a programmi europei direttamente o indirettamente. Devono inoltre essere tali da non avere la necessità di essere ripetuti nel tempo, per cui le cose che decidiamo devono essere finanziate con i fondi stanziati adesso.
  Dette queste condizionalità, sarebbe interessante definire meglio il perimetro, in modo che si possa cominciare a pensare concretamente all'uso da farne. Sarebbe importante se all'interno di queste condizionalità il Governo riuscisse a inserire il tema della ricerca.
  Sulla ricerca abbiamo dei programmi europei; la partecipazione italiana a programmi europei dovrebbe essere esentata non per quello che corrisponde agli stanziamenti degli anni precedenti (sarebbe un modo per imbrogliare), ma per le quote aggiuntive. Se viene approvato un programma per il quale il nostro finanziamento era stabilito a dieci e noi lo eleviamo a quaranta per migliorare la qualità della nostra partecipazione, questo dovrebbe godere di quella franchigia che avete individuato.
  Siccome la ricerca è un motore fondamentale dell'acquisto di competitività, credo che rientri nello spirito, anche se non nelle prime parole con cui Barroso ha enunciato questa svolta di politica europea.
  Un altro tema importante riguarda il recupero dei centri storici, sulla falsariga del programma URBAN. Anche qui è un investimento di supporto al nostro turismo, in quanto abbiamo visto come in alcune città del Paese (il Presidente Casini lo ha visto ad Otranto) il riassetto urbano sia stato una leva fondamentale di sviluppo e di crescita di competitività.
  Poiché immagino che adesso si debba trattare per definire esattamente il perimetro di questa concessione, sarebbe opportuno inserirvi questi due aspetti e magari altri sui quali possiamo riflettere, sempre restando fedeli alla filosofia fondamentale di questa svolta. Con questi soldi, infatti, non possiamo abbassare l'IMU, evitare l'aumento dell'IVA, pagare per gli esodati, tutte cose che dobbiamo fare invece con risparmi interni.
  In merito a questa Unione bancaria non ho compreso se una banca che fallisce faccia ricorso alla finanza pubblica o stia andando avanti l'idea di un meccanismo di garanzia interbancario. Su questo non vedo grande chiarezza mentre sarebbe di fondamentale importanza, perché libererebbe la finanza pubblica dall'incubo di trovarsi ancora una volta a dover pagare per le perdite della finanza privata. Credo che nel lavoro di costruzione dell'Unione bancaria questo sia un punto fondamentale.
  Allo stesso modo, ed è un tema che forse è immaturo ma matura rapidamente ed il Governo italiano dovrebbe prendere l'iniziativa per farlo maturare, credo che Pag. 10la proposta del Rapporto Liikanen di distinguere fra credito commerciale e credito per attività di banca d'affari e di assegnare ratios più piccoli al credito commerciale in modo da mobilitare risorse sia la condizione per far ripartire l'investimento privato.
  L'investimento pubblico riparte, 15-16 miliardi permettono di fare la prima finanziaria dopo non so quanti anni in cui si stanzia qualcosa per lo sviluppo invece di togliere. Se a questo si potesse unire un allentamento del credito privato e quindi la possibilità di riprendere il finanziamento privato dello sviluppo, questa sarebbe una svolta fondamentale.
  Un altro tema che meriterebbe una trattazione organica è l'esigenza di un'armonizzazione delle leggi sulla formazione professionale, perché non c’è mercato comune del lavoro se non c’è mercato comune della formazione. Recentemente, la Spagna ha siglato un accordo molto interessante con la Germania su questo tema e si parla di un accordo simile tra Italia e Germania, ma forse sarebbe meglio un ampliamento della politica europea di settore. So che non è semplice perché c’è il problema di individuare la base giuridica giusta, tutte cose che lei sa perfettamente meglio di me, però bisognerebbe lavorare in questa direzione, se vogliamo davvero creare occupazione e sviluppo.
  Un'altra visione che guarda al futuro ma per la quale ci sono già delle basi è che ci vorrebbe un Piano Marshall europeo, un sostegno su un fondo da costituire, non su fondi esistenti o sul bilancio approvato che evidentemente è inadeguato, un sostegno europeo per grandi riforme che rendano un Paese effettivamente capace di migliorare radicalmente la propria competitività.
  Ho letto con grande interesse le Comunicazioni 165 e 166 final della Commissione, che mi sembra impostino questa idea, che meriterebbe un appoggio forte da parte del Governo. Spero che, se non nel prossimo, almeno al primo Consiglio europeo della Presidenza italiana possa tornarci a dire che su queste cose abbiamo ottenuto un successo pari a quello che ci ha riportato oggi da Bruxelles.

  PIA ELDA LOCATELLI. Sarò telegrafica, ma voglio esprimere un apprezzamento e un motivo di disappunto.
  Lei ha parlato della finalizzazione dell'accordo del quadro di bilancio, delle prospettive finanziarie, ma sono davvero molto dispiaciuta che si sia chiuso sull'1 per cento, perché è comunque una diminuzione rispetto alla chiusura del 2007, che era avvenuta proprio al limite del tempo, perché l'accordo si era concluso pochi giorni prima di Natale dell'ultimo anno.
  Abbiamo fatto questa chiusura con sei mesi di anticipo rispetto alla deadline con questo 1 per cento che è inferiore all'1,06 per cento della volta scorsa, che a sua volta era una riduzione dell'1,18 per cento voluto dal Parlamento e dell'1,24 per cento voluto dalla Commissione.
  Il problema è che questa «avarizia» è una sorta di espressione di non fiducia nei confronti dell'istituzione europea e dell'Europa in generale. Mi rammarico di questa chiusura anticipata di un negoziato che poteva andare avanti fino a dicembre, anche se aver previsto la possibilità di una revisione nel 2016 lascia qualche speranza, ma credo che sia il compromesso ottenuto dal Parlamento per non chiudere ancora una volta al ribasso rispetto agli accordi di sette anni fa.
  Sono invece molto contenta che si sia aperto formalmente il negoziato con la Serbia, perché è l'avvio di un processo di completamento e di «riempimento» di quel buco dei Balcani occidentali evidente nella cartina geografica. Spero che sia l'inizio di un processo, perché si parte con la Serbia e poi si va avanti con gli altri Paesi.
  Per quanto riguarda il Kosovo, perfetto che partano i negoziati di associazione, che sono una cosa diversa dalla negoziazione formale per entrare, ma il Kosovo non è riconosciuto da tutti i Paesi europei e quindi, cercando di essere ottimisti e pensando a un'accelerazione del processo di integrazione di quella zona geografica, vorrei sapere se l'Unione europea pensi di assumere iniziative perché i Paesi che non Pag. 11l'hanno ancora fatto riconoscano il Kosovo e quindi si possa colmare questo buco che non è soltanto geografico.

  MARIO MARAZZITI. Ringrazio il Ministro Moavero che ci ha portato alcune buone notizie, la migliore delle quali lui definirebbe non cifrabile, cioè il fatto che l'Italia abbia ottenuto questi successi grazie a una credibilità costruita nel tempo.
  Non sarebbero pensabili questi successi, l'uscita dalla procedura di infrazione, l'accettazione della possibilità per l'Italia di pagare fino a 40 miliardi i debiti della pubblica amministrazione in quanto non nuovo debito ma debito emerso, se non ci fosse stato questo lavoro, e quindi io lo ringrazio personalmente e per quello che rappresenta nella continuità del Governo italiano su questo tema.
  Come altri hanno già segnalato, purtroppo ci muoviamo ancora entro margini troppo stretti, quindi considero un successo rilevante la cifra di 1,5 miliardi destinata ad azioni contro la disoccupazione giovanile, con la speranza che l'anno prossimo possano essere disponibili 15-16 miliardi, negli spazi che si aprono per la probità nel nostro uso del deficit.
  Ciò detto, mi chiedo se non sia possibile ipotizzare un lavoro dell'Italia ancora più efficace, in modo che prima della fine dell'anno si possa avviare un pensiero europeo in termini di ricalcolo di come valutare gli investimenti produttivi strutturali non solo come debito su un solo esercizio, se grandi investimenti per lo sviluppo.
  Non so se questa sia una strada percorribile, perché il nostro problema è anche un problema europeo: la non disponibilità di risorse sufficienti per tutta Europa per un grande piano di rilancio e di sviluppo che renda più competitiva l'Europa rispetto a Stati Uniti e altri competitor.
  Mi associo alle considerazioni dell'onorevole Buttiglione in merito alla possibilità di creare un fondo europeo per le grandi riforme perché fuori dal calcolo tradizionale. Mi chiedo inoltre se sia ipotizzabile che gli investimenti produttivi siano ammortizzati in più anni come un normale investimento produttivo aziendale, cioè non solo sul primo anno di spesa.
  Vorrei inoltre affrontare il grave problema dell'incapacità di tanti soggetti italiani non solo di accedere ai fondi strutturali, ma anche di spenderli bene in tempi rapidi, la bassa capacità di spesa. In questo le regioni come soggetti principali hanno sostanzialmente fallito, e mi chiedo se non sia possibile costituire un Comitato di Presidenti delle regioni coordinato da lei o da altri all'interno del Governo per dare vita a grandi progetti di cambiamento strutturale anche multiregionali, che possano essere volani di sviluppo e di trasformazione, anche per alzare i limiti dei modesti obiettivi che l'Italia si è fissata nell'ambito degli obiettivi di cambiamento strutturale europei sull'energia o sulla mobilità.
  In molte nostre riunioni anche in Commissione esteri a volte si arriva alla soglia per cui, siccome l'Italia ha tanti problemi, ci si chiede se non sarebbe meglio uscire dall'euro. Se un giorno trovasse il tempo di spiegarci in termini brevi che cosa accadrebbe se l'Italia uscisse dall'euro, sarebbe utile a tutti, perché risparmieremmo questo dibattito all'interno di molte delle nostre Commissioni.

  DEBORAH BERGAMINI. Molto si è detto sugli esiti positivi di questo Consiglio europeo per il nostro Paese, si è molto parlato del sostegno all'occupazione giovanile e credo che il dato più importante sia ovviamente la chiusura dalla procedura di infrazione per ricominciare a pensare in modo programmatico il nostro Paese.
  Ricordo sommessamente che questo è il risultato di manovre e manovre aggiuntive cominciate all'inizio del secondo semestre del 2011 e che, come lei ha evidenziato, se saremo bravi e ci terremo su un rapporto deficit/PIL del 2,3-2,4 per cento nel 2014, questo ci porterà 15-16 miliardi di euro incrementali, cifra anche superiore alle prime che si erano evocate, quindi una buona notizia.
  Credo che un altro elemento chiave sia stato lo sblocco o il mutamento di Pag. 12visione per quanto riguarda il ruolo della BEI versus le piccole e medie imprese. Non si è parlato molto di questo elemento, ma per un Paese come il nostro, che conta sul tessuto produttivo che conosciamo, questo è un elemento chiave. Le chiedo quindi di continuare in questa direzione, perché sono certa che è un interesse prioritario dell'Italia un diverso approccio rispetto alle politiche delle piccole e medie imprese.
  Credo che il vero risultato politico di questo Consiglio europeo trascenda questi – sia pure importanti – risultati, laddove si rileva finalmente una presa d'atto che l'intransigenza, l'approccio dogmatico di rigore e di austerity imposto per lungo tempo, che ha purtroppo prodotto importanti costi anche sociali ai diversi Paesi membri dell'Unione Europea, forse non era quello giusto.
  Chi non molto tempo fa ha provato a far ragionare su questo le istituzioni europee è stato tacciato di euroscetticismo, di euroterrorismo, mentre aveva semplicemente saputo vedere oltre e aveva capito che una politica di austerity così dogmatica non avrebbe portato a nulla di nuovo. È importante dunque che si sia giunti a questa presa di coscienza, come l'esito di questo Consiglio europeo dimostra, quindi continuiamo su questa strada.
  Ricollegandomi alle considerazioni dell'onorevole Marazziti, vorrei affrontare il tema delle trattative sul libero scambio fra Unione europea e Stati Uniti, perché mi piacerebbe sapere se si faccia sul serio oppure no. Abbiamo capito le resistenze che ci sono da parte della Francia, non tutti i Paesi marciano allo stesso passo però, siccome questo è un altro elemento di civiltà e di sviluppo per quanto riguarda i Paesi dell'Unione europea, vorrei sapere se ritenga che su questa strada si possa arrivare a risultati presto o comunque in tempi utili.
  Vorrei chiederle inoltre se centri di potere come il Consiglio europeo siano consapevoli di come queste strutture purtroppo siano percepite come molto distanti dalle opinioni pubbliche e dai cittadini europei, e di come questo sia un elemento non secondario nel momento in cui si richiedono ai cittadini europei sacrifici importanti in vista di un progetto comune e condiviso, e, se c’è la coscienza di questo, vi sia anche la volontà di individuare strade per rinsaldare i rapporti rispetto ai cittadini europei, che spesso non riescono a capire cosa succeda in queste sedi.

  LARA RICCIATTI. Anche noi vogliamo ringraziare il Ministro per essere tornato a riferire in Commissione e soprattutto per il metodo di lavoro e di confronto che ha inaugurato. Questo ci permette di essere costantemente aggiornati e di confrontarci, quindi è un metodo di lavoro che apprezziamo e riconosciamo al Ministro di avere a cuore i rapporti fra Governo e Parlamento.
  Noi non leggiamo questo Consiglio europeo come la svolta dell'Italia che torna da Bruxelles vincitrice. Prendiamo atto dello stanziamento di 1,5 miliardi di euro per l'Italia per la lotta alla disoccupazione giovanile, e sono tra i parlamentari che hanno convintamente firmato la mozione degli under 35, perché immagino un'Europa più sociale, che provi a concentrarsi più sui diritti, sull'idea di un sociale che sia a portata di tutti, un'Europa meno economica e meno finanziaria.
  Ho firmato quella mozione per combattere la disoccupazione giovanile e mi sarebbe piaciuto, è questa la prima domanda che vorrei porre al ministro, capire se il passo successivo possa essere quello di immaginare che anche l'Italia, adattandosi alla normativa europea, istituisca una legge sul reddito minimo garantito in conformità alla legge europea. Dico questo immaginando che lo stimolo dell'occupazione possa anche passare attraverso un'idea di crescita che è stato ripreso in tanti interventi che mi hanno preceduto.
  Credo che l'idea di crescita non debba essere strettamente connessa solo a un'idea di Europa economica e finanziaria e, anche in prospettiva della presidenza italiana, vorrei capire come l'Italia intenda porsi. Il mio partito auspica che l'Italia decida di porsi in maniera netta, chiedendo una modifica del Trattato di convergenza Pag. 13sui bilanci – il cosiddetto fiscal compact – e chiedendo di concordare con i partner europei misure sostanziali a favore della crescita e di prevedere una parziale europeizzazione del debito sovrano per una quota che superi il 60 per cento del PIL.
  Nell'Italia che esce dalla procedura di infrazione, merito anche del Governo precedente, questa politica del rigore non funziona, sta riducendo e fermando l'economia italiana, quindi ci piacerebbe capire dal Ministro come immaginare questa crescita, partendo da un accesso più diretto ai fondi strutturali europei, magari attraverso la creazione di un istituto che individui il perché l'Italia abbia una così scarsa capacità di spesa. Dovremmo cercare di far tesoro delle raccomandazioni con cui ci si chiede di sburocratizzare il Paese, di alleggerire i sistemi e di comprendere i motivi della scarsa capacità di spesa nonostante l'ampia possibilità di accedere ai fondi europei.
  Credo che questo però si possa fare solo cercando di immaginare un'Europa più sociale e meno dell'equità, del rigore, dell'economia e della finanza. Ringrazio comunque il Ministro per le risposte che vorrà darci, non mi dilungo perché l'ora è tarda e soprattutto perché molte domande che vorrei porre al Ministro sono già state poste in precedenza dai miei colleghi.

  PAOLO TANCREDI. Ringrazio il Ministro per la disponibilità consueta e la puntualità. Ritengo che, se realizzassimo dei momenti concentrati su alcuni argomenti, non ci ritroveremmo ogni volta a parlare di tutto l'argomento Europa, quindi su questo possiamo migliorare.
  Sono anch'io molto soddisfatto dei risultati del Consiglio europeo, ma ritengo che si tratti di un primo passo, cioè di un'inversione di tendenza su cui dovremo misurarci in futuro. Anch'io sono molto deluso dall'accordo sul quadro finanziario pluriennale, come credo tutti, ma ritengo che l'accordo dovesse essere chiuso e non si potesse aspettare molto.
  Il paragone con il bilancio federale degli Stati Uniti, Ministro, è suggestivo ma improprio, perché noi abbiamo un gap anche di governance politica di questo meccanismo che abbiamo messo in piedi che negli Stati Uniti invece funziona diversamente. Non dobbiamo dimenticare, come fanno molti autorevoli esponenti istituzionali o commentatori dichiarando che l'Italia ha fatto molto sul deficit ma non sul debito, che lavorare sul deficit significa tenere sotto controllo il debito, ma abbiamo tante partite finanziarie una tantum che vanno sul debito e non sul deficit, e quelle non vengono considerate in quell'1 per cento.
  La più macroscopica è l’European stability mechanism (ESM) ma abbiamo anche il fondo salva Stati in passato utilizzato, quindi ulteriori 40 miliardi l'anno. Trovo preoccupante l'ipotesi di utilizzare un 10 per cento circa del Fondo del meccanismo europeo di stabilità sull'Unione bancaria, nel senso che l'ESM, anche se non se ne è ancora stabilito l'utilizzo preciso, ha avuto la funzione di arginare la crisi dei debiti sovrani: questo fondo è un risultato importante del quale anche noi abbiamo beneficiato.
  Oggi si ipotizza un intervento nel capitale di rischio delle banche. È chiaro che il fallimento degli istituti bancari è un problema, però le stime dicono che oggi il fabbisogno di ricapitalizzazione degli istituti bancari europei ammonti a circa 2.000 miliardi, quindi i 50-60 miliardi messi a disposizione del fondo ESM sarebbero ben poca cosa.
  Non ho sentito citare nel dibattito il tema degli attuali fondi di garanzia interbancari e di come una normativa europea possa metterli a frutto in un sistema generalizzato di salvataggio dei fondi delle banche. Vorrei sapere a che punto sia questo dibattito e se sia possibile intervenire, perché le soluzioni messe in campo oggi non possono essere esaustive.
  Il ritardo nella vigilanza unificata europea è un problema che penalizza sicuramente gli istituti bancari italiani, perché noi abbiamo una vigilanza rigida e sono tra coloro che ritengono che la nostra sia più rigida di quella di tanti altri Paesi. Ritengo che questo sia uno snodo fondamentale Pag. 14e che il modo in cui verrà affrontato sarà decisivo per il futuro della convergenza delle politiche economiche e finanziarie.

  ROBERTO GIUSEPPE GUIDO COCIANCICH. Anch'io mi unisco al plauso al Ministro per il successo ottenuto, come già molti hanno rilevato e, vista la ricchezza dei commenti già espressi, mi limiterò semplicemente a una domanda.
  Tra le iniziative immaginate c’è quella di dare avvio ai project bonds, che mi sembrano degli strumenti innovativi rispetto a quelli tradizionalmente utilizzati delle politiche europee, in grado di rappresentare un fattore di movimentazione degli investimenti, che per noti motivi a livello nazionale sono bloccati.
  Non mi è chiaro però il meccanismo immaginato, cioè come verranno ripartiti, quali progetti saranno selezionati, cioè qual è l'idea che sottende l'impulso a questo nuovo concetto di intervento europeo sui grandi progetti e se la dotazione iniziale di 4,5 miliardi debba stabilizzarsi, anche se mi sembrerebbe modesta rispetto alla dotazione di un fondo per questo tipo di attività, o rappresenti invece un test che, qualora dovesse dare risultati positivi, potrebbe essere incrementato.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi, per la replica.

  ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Grazie. Inizierei dalla considerazione che è stata sollevata sul risultato generale del Consiglio europeo e anche dall'osservazione sulla percezione che obiettivamente esiste qui, ma ancora di più nell'opinione pubblica, sulla distanza delle istituzioni europee.
  La distanza delle istituzioni europee esiste come percezione e credo che ne siamo tutti discretamente responsabili anche a livello nazionale, perché da una parte tendiamo a imputare alle decisioni delle istituzioni europee, che per giunta decliniamo con questa terza persona – l'Europa – che esternalizziamo quasi dalla nostra responsabilità diretta, tante cose che magari sono ricette amare o decisioni più dure, mentre dall'altra tendiamo ad appropriarci politicamente come meriti di tutte le ricadute positive.
  Lo facciamo in Italia, lo si fa in tutti gli altri Paesi, anzi devo dire che tutto sommato, se si dovesse fare una graduatoria tra chi tende a imputare a livello nazionale tutto ciò che di meno buono c’è alle decisioni di un'Europa terza e ad appropriarsi di tutto ciò che bene avviene a livello puramente di merito del Governo che ha vinto una determinata battaglia, noi non saremmo nemmeno nella fascia alta della classifica.
  Questa abitudine europea generalizzata tende a dare l'idea di un'Europa che decide sopra le nostre teste, e non è vero perché l'Europa decide o attraverso ministri che sono espressione democratica degli Stati o, come il Consiglio europeo, attraverso Capi di Stato e di Governo che sono espressione democratica degli Stati, o attraverso un Parlamento europeo eletto a suffragio universale, come avverrà l'anno prossimo.
  C’è qui la necessità di riuscire a comunicare meglio; chi si occupa maggiormente di Europa, e mi metto in testa alla lista, deve effettivamente impegnarsi in questo, perché altrimenti si constata questa distanza. Certi appuntamenti e una maggiore attenzione da parte dei mass media su ciò che avviene in Europa, in particolare anche in coincidenza con questi anni di crisi economica, hanno avuto un risultato positivo proprio grazie all'azione dei mezzi di comunicazione ed è quello di aver avvicinato le decisioni europee all'interesse più diretto di tutti noi non solo attori istituzionali, ma cittadini.
  Se quindi oggi in una conversazione si evocano elementi che fino a pochi anni fa avrebbero riguardato circoli molto ristretti di addetti ai lavori, molti conoscono l'argomento e mi è capitato in conversazioni normali, con amici estranei alla cerchia di chi si occupa di attività istituzionali, di sentirmi interrogare, per esempio, sul fiscal compact. Questo interesse testimonia come questo atto di attività europea sia Pag. 15passato nel dibattito corrente, per non parlare dello spread che ormai è come il termometro.
  Le decisioni delle agenzie di rating, che valutano le situazioni degli Stati, fino a poco tempo fa erano materia per studiosi di alta economia, mentre oggi sono diventate prima pagina dei giornali. Credo che un'azione molto positiva venga svolta dai mezzi di comunicazione e vi sia un margine di miglioramento a livello istituzionale.
  Tra l'altro, le riunioni del Consiglio europeo sono diventate molto frequenti: i Capi di Stato e di Governo si incontrano quasi ogni mese, nel 2012 si sono visti otto-nove volte, ed è come fare un Congresso di Vienna al mese, perché sono i leader dell'Europa unita, di un'Europa che sta costruendo la pace.
  La Serbia non è solo un nuovo Stato che desidera entrare nell'Europa: l'anno prossimo sarà il 2014 e cento anni prima con la Serbia protagonista e la fatale città di Sarajevo iniziava la tragedia della prima guerra mondiale, che è l'inizio di una terribile guerra civile europea, che poi finisce nel 1945, forse nel 1989 con il muro di Berlino o forse qualche anno dopo proprio nella ex Jugoslavia, quando finalmente le armi cessano di sparare in Europa.
  C’è quindi anche in questo un senso della storia che ci accompagna, della tragedia del 1900 e della virtù dell'intuizione del processo di integrazione europea che ci ha regalato la pace, ma non ce l'ha regalata per farci vincere il premio Nobel, che pure è un riconoscimento importante, ma ce l'ha regalata per consentire alle generazioni a cui apparteniamo tutti in questa stanza di non conoscere più la guerra.
  Di qui l'importanza di tutto ciò per chi è al di sotto dei 35 anni, perché le giovani generazioni non solo non hanno conosciuto la guerra, forse ne hanno sentito parlare dai nonni che gliel'hanno raccontata per averla vissuta nella loro giovinezza, ma non hanno conosciuto neanche le barriere doganali o le file agli aeroporti per presentare il passaporto, anche se magari se vanno in Inghilterra beneficiano di un tuffo in quella realtà oggi superata.
  Quando avevo 14-16 anni e si andava Inghilterra a studiare l'inglese si comperavano anche dei golf che nel nostro Paese non si trovavano o si trovavano a prezzi molto più cari. Oggi, magari troviamo addirittura negozi italiani di quel tipo di prodotto nella stessa Londra, quindi c’è un'Europa dei giovani che è molto più avanti nella realtà dell'Europa che si è costruita in questi anni, e io credo che piano piano anche i livelli politici e di Governo se ne renderanno pienamente conto, ed è una realtà che rappresenta il nostro solo futuro, al di là addirittura dell'idea di un'uscita dall'euro e dall'Unione europea.
  Tra l'altro, per inciso, il Trattato disciplina la possibilità di uscita dall'Unione europea ma non disciplina la possibilità di uscita dall'euro, e forse non è una dimenticanza soltanto: c’è anche un senso istituzionale. In ogni modo, ci sono molti studi e ad hoc possiamo anche discutere dei problemi collegati a un evento di quel genere, però c’è obiettivamente una costruzione di futuro nell'ambito europeo e io credo che effettivamente il Consiglio europeo di giugno abbia messo una pietra importante in questa costruzione di futuro, perché ha indubbiamente sancito, come avete colto in tutti i vostri interventi, un cambio di rotta.
  A quel trinomio di rigore, di moneta e di stabilità, a cui portava il rigore monetario, abbiamo affiancato un trinomio diverso, che si può riassumere in crescita, occupazione e sociale.
  La dimensione sociale come definizione compare e ritorna per la prima volta nelle conclusioni del Consiglio europeo del mese di dicembre 2012, dopo un buon ventennio di assenza. Si parla anche di dialogo sociale, di attenzione specifica anche attraverso azioni concrete (l'azione per i giovani ne è una prova), ma esiste una dimensione sociale che è figlia di quel drammatico impatto che si è visto sulle società degli Stati europei, in misura addirittura epocale in alcuni Paesi, a causa della crisi economica.Pag. 16
  D'altra parte, la crisi economica non è un avvenimento del mondo economico monetario, bensì l'avvenimento più sconvolgente dalla fine della seconda guerra mondiale, è un avvenimento più grave, come ci ha ricordato anche recentemente il nostro ministro dell'economia, rispetto a quella del 1929 che avevamo sempre studiato sui libri con un certo raccapriccio.
  Siamo di fronte a un sommovimento rispetto al quale la reazione europea è positiva anche nella sua capacità di evolvere, dopodiché è ampiamente stimolabile e anche criticabile nella sua capacità di portare immediatamente o rapidamente come auspicheremmo quei risultati di soluzione che ancora stiamo costruendo.
  Se però compariamo la situazione antecedente la crisi e quelle debolezze intrinseche che facevano parte dei trattati per la costituzione dell'Unione economica e monetaria e quindi dell'area dell'euro, adesso sono quantomeno identificate e in buona parte affrontate, e quelle che non sono affrontate sono comunque viste come elementi che dovranno essere affrontati, laddove occorra, anche con una modifica dei trattati.
  Può sembrare ovvio, ma all'indomani del fallimento del Trattato costituzionale – che fu fallimento in quanto respinto da Referendum in due Paesi fondatori della Comunità economica europea per non dire già della Comunità economica del carbone e dell'acciaio, Francia e Olanda, un Paese cosiddetto «grande» e un Paese cosiddetto «piccolo»: quindi l'Europa evoluta è stata rigettata non da nuovi arrivati ma dai fondatori – si fece il Trattato di Lisbona, e all'indomani del Trattato di Lisbona si disse che per almeno quindici-venti anni non avremmo più parlato di modifiche del Trattato, perché i cittadini palesemente non ne vogliono sapere e i testi che abbiamo vanno bene così.
  La crisi ci ha fatto capire che probabilmente questo libro delle modifiche del Trattato andrà riaperto. Poi si vedrà quali modifiche, in che misura, se approfondite o chirurgiche, laddove molto si può fare anche a Trattati costanti ed è quello che si sta cercando di fare.
  Quella flessibilità che traduciamo nei nostri discorsi come possibilità di investimenti produttivi, possibilità di fare della spesa addizionale al di sotto di quel limite del 3 per cento, è una prova della stessa duttilità delle regole europee, che non sono dei monoliti rigidi bianchi o neri, ma presentano, come le regole ben fatte dovrebbero presentare, dei margini di flessibilità.
  Il fatto che il nostro Paese ne possa approfittare fin dall'origine del riconoscimento è un elemento molto importante. Per noi è stato fondamentale dimostrare di essere capaci con le nostre sole forze nel giro di meno di tre anni di rientrare al di sotto del 3 per cento quando, come avete ricordato, nella primavera-estate del 2011 sembravamo essere scossi da una tempesta quasi incontrollabile. Noi, non solo siamo usciti con le nostre forze, ma abbiamo contribuito con nostri fondi al miglioramento della situazione e anche al salvataggio di altri Paesi, con un'incidenza anche sul nostro debito pubblico.
  Non c’è quindi un'Italia che è stata salvata: c’è l'Italia che è stata capace di dare il suo aiuto per salvare altri e che ha saputo recuperare con le proprie forze. Non lo dico per orgoglio nazionale retorico: lo dico perché è una realtà della capacità di risposta che ha dato l'Italia e che hanno dato gli italiani, ben al di là del Governo e dello stesso Parlamento, se mi posso permettere.
  Naturalmente molto resta ancora da fare e molto resta ancora da costruire, abbiamo il fardello del debito, però l'aver chiuso il rubinetto principale di alimentazione del debito che è il deficit, riportandolo sotto controllo, rappresenta un punto di arrivo realmente importante, e questa possibilità di fare della spesa per investimento produttivo ci dà un vincolo di spesa virtuosa suscettibile di costruire crescita che si cumula a quella spesa per i fondi europei e dovrebbe portare a un risultato accresciutamente – se posso usare un termine che non esiste – positivo, perché ci permette di sbloccare Pag. 17alcuni degli elementi che normalmente ritardano la nostra capacità di spesa dei fondi europei.
  La nostra non capacità di spesa dei fondi europei rappresenta un grave inadempimento nei confronti dei cittadini italiani che, come contribuenti, sono copartecipi del ruolo dell'Italia contribuente netto dell'Unione europea. La partecipazione all'Unione europea rappresenta per noi un costo economico negativo a bilancio fatto. Noi abbiamo un saldo medio nel bilancio 2007-2013 dell'Unione europea di 4 miliardi e 500, forse 600, milioni.
  Con la trattativa sul Quadro finanziario pluriennale, che vede molti di noi europeisti non contenti ma ha permesso di ridurre questo saldo netto, l'aumento del bilancio dell'Unione europea richiederebbe per un Paese come il nostro, che è un contributore netto, anche un aumento della spesa per questo bilancio. Ciò rende imperativa la capacità di utilizzare quei fondi che dal bilancio dell'Unione europea ritornano e che noi utilizziamo male per motivi di organizzazione interna, per motivi di ripartizione di competenza tra Stato centrale, regioni ed enti locali, per carenze ataviche del nostro sistema Paese e di noi tutti nel programmare in maniera efficace le iniziative future.
  Forse questo elemento virtuoso di possibilità maggiori di spesa nazionale ci consente di allentare il Patto di stabilità interno e di permettere ai Comuni più virtuosi di spendere meglio e, se riusciamo a programmare iniziative in grado di creare dei miglioramenti globali e delle strutture in senso lato del Paese, riusciamo a imprimere un impulso reale di crescita.
  Cosa penso che possano essere degli elementi di spesa: il discorso sarebbe lungo, ma faccio un rapidissimo, semplice esempio. Noi abbiamo una serie di inadempienze rispetto alle normative europee in materia ambientale (qualità dell'aria, qualità delle acque, depurazione, coibentazione degli edifici, risparmio energetico). A mio parere sarebbe estremamente virtuoso utilizzare i fondi europei e gli addizionali fondi nazionali per fare un grande tagliando di manutenzione al Paese.
  Questo comporta interventi di edilizia urbana, interventi a livello ambientale, un miglioramento globale della qualità Paese che noi possiamo realizzare usufruendo di questi maggiori margini di spesa pubblica. È diverso da spendere per costruire strade e autostrade, che magari sono tuttora necessarie, però può consentire un interessante miglioramento nel «tagliando di manutenzione» al Paese. Forse questa è un'occasione rispetto alla quale possiamo fare tutti insieme una riflessione programmatica.
  In un campo come questo potrebbero trovare applicazione i project bonds, che sono dei modi di finanziamento a progetto per raccogliere risorse anche da strumenti finanziari non necessariamente pubblici. Non dimentichiamo che nel nostro Paese molti dei finanziamenti arrivano essenzialmente dal sistema bancario, mentre in altri Paesi, finanziariamente più evoluti, strumenti diversi di raccolta fondi di capitali a rischio e quant'altro consentono di ampliare le possibilità di garantire un flusso di denaro presso l'economia.
  Mi dicono che nel nostro Paese i depositi bancari sono ancora sufficientemente elevati, ma i denari che confluiscono verso l'economia reale sono invece insufficienti. Bisogna ristabilire questa grande cinghia di trasmissione, anche usufruendo delle opportunità offerte dal meccanismo europeo.
  Qui può intervenire anche la Banca europea degli investimenti. Noi abbiamo sottolineato con forza, l'ha fatto il Presidente del Consiglio, l'ho fatto anch'io e il Ministro dell'economia, che la Banca europea degli investimenti è una grande banca pubblica europea che movimenta risorse finanziarie superiori alla Banca mondiale. In compenso, la Banca mondiale forse è più famosa della BEI.
  Spiegava il Presidente della BEI al Consiglio europeo di dover fare molta attenzione a cosa finanziare per mantenere la tripla A di valutazione delle agenzie di rating in maniera da poter raccogliere; Pag. 18però nell'acronimo BEI è più importante la «B» di banca o la «I» di investimenti ? Noi pensiamo che sia più importante la «I» di investimenti, altrimenti la «E» di europea avrebbe poco senso: è una banca pubblica, deve operare per le aree europee che ne hanno bisogno, per le piccole e medie imprese.
  Segnalo di passaggio che nelle conclusioni degli ultimi Consigli europei a partire da giugno 2012, accanto al termine «piccole e medie imprese», compare regolarmente il termine «microimprese» e non è un caso: abbiamo insistito specificamente come Italia che fosse presente quella terminologia.
  Concludo rapidamente su due discorsi: Unione bancaria e l'Accordo transatlantico tra Stati Uniti e Unione europea. Unione bancaria: sulla vigilanza e sugli altri due elementi si partirà nel 2014, la vigilanza unica parte così com’è disegnata nel modello migliore, affidata alla BCE con garanzie analoghe a quelle a cui siamo stati abituati nel nostro Paese.
  Qui la Germania ha fatto un passo importante, perché in Germania la vigilanza è affidata non alla Banca centrale, ma al Ministero dell'economia sulla base di una tesi che vede un potenziale conflitto di interessi tra Banca centrale e banche, ma si è comunque accolta la tesi maggioritaria fra gli altri Paesi. Partirà per le banche cosiddette «sistemiche» europee, ma è il primo passo e poi si estenderà anche alle altre, e continuiamo a ritenere che sia prioritario.
  Per quanto riguarda il sistema sui fallimenti bancari, l'idea è proprio di non metterli più a carico della collettività, ma di metterli a carico, nell'ordine, degli azionisti e obbligazionisti, per una quota dei correntisti – qualora la banca non dovesse essere semplicemente ristrutturata ma andasse realmente in fallimento –, di questo Fondo interbancario di garanzia che sarebbe finanziato dalle banche stesse con un 1 per cento del loro giro d'affari globali e, come garanzia di rete di sicurezza che non dovrebbe in linea di principio attivarsi, del meccanismo di stabilità, il cosiddetto ESM.
  Questo svolge una funzione di garanzia globale di sistema, da cui comunque traiamo un vantaggio indiretto perché, dato il livello del nostro debito pubblico, siamo un Paese sistemicamente più a rischio di altri, anche se il miglioramento formalmente riconosciuto sul deficit ci ha messo in una posizione migliore.
  L'avanzamento dell'Unione bancaria c’è e pensiamo che possa andare anche oltre, e con noi lo pensano anche altri Governi, ma come in molte delle cose europee si procede a passi di lunghezza variabile, nel caso di specie credo di piccoli passi, ma certamente non quei grandi passi che ci si sarebbe potuti aspettare.
  L'importante però è che, pur nella sua discontinuità, il processo europeo mantenga costantemente un suo divenire, che non è costantemente garantito. A chi dà per scontato il fatto che i Paesi europei affrontino insieme la crisi economica odierna e dà per critico il fatto che non lo facciano con sufficiente velocità e ambizione io ricordo che, quando una crisi di portata minore investì l'Europa negli anni Settanta, i due shock petroliferi, l'Europa, che era già un'Europa di Comunità europea sufficientemente avanzata, non operò unita ma operò separata.
  Ognuno fece infatti la sua scelta energetica nazionale in sostituzione di un petrolio che diventava più caro e oggi ci troviamo ad avere tra le priorità del 2014-2015 la creazione di un mercato interno europeo dell'energia, pagando quei trenta-quaranta anni precedenti di scelte diversificate. Non era quindi evidente che ci potesse essere una risposta unitaria dell'Europa alla crisi, ma c’è stata.
  Stati Uniti e Europa, Accordo transatlantico: è un tema serio, ci si lavora seriamente, i negoziati sono iniziati, la piattaforma negoziale esclude unicamente la parte legata alla cosiddetta «eccezione culturale», sulla quale la Francia si è molto battuta. Noi non ci siamo impegnati particolarmente su questo fronte, non ne abbiamo nemmeno troppo discusso nei livelli politici, mentre forse meriterebbe una riflessione: siamo la seconda industria della cultura in Europa e come produzione Pag. 19audiovisiva siamo anche in posizione interessante, non dimentichiamo il cinema, quindi la Francia ha posto un problema che può avere un interesse anche per il nostro Paese.
  La proiezione della possibilità di crescita che può derivare dall'Accordo transatlantico su merci e servizi, a prescindere da questo settore che attualmente non fa parte della piattaforma, annovera il nostro Paese fra quelli che dovrebbero trarne il maggior numero di vantaggi in termini di crescita, quindi lo guardiamo in termini molto positivi e costruttivi. Vi ringrazio ancora molto per le domande.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 21.45.