XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 87 di Mercoledì 6 dicembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 3 

Seguito dell'esame della proposta di relazione sulla contraffazione nel settore farmaceutico (relatore on. Russo):
Catania Mario , Presidente ... 3 
Cenni Susanna (PD)  ... 3 
Catania Mario , Presidente ... 3 

Audizione del Sostituto Procuratore della Repubblica del Tribunale di Siena, Aldo Natalini:
Catania Mario , Presidente ... 3 
Natalini Aldo , Sostituto procuratore della Repubblica di Siena ... 4 
Catania Mario , Presidente ... 8 
Natalini Aldo , Sostituto procuratore della Repubblica di Siena ... 8 
Catania Mario , Presidente ... 10 

Audizione dell'avvocato Andrea Caristi e del professor Ferdinando Ofria:
Catania Mario , Presidente ... 11 
Ofria Ferdinando , professore dell'Università di Messina ... 11 
Catania Mario , Presidente ... 12 
Caristi Andrea , avvocato ... 12 
Catania Mario , Presidente ... 13 

ALLEGATO: Relazione approvata ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 14.05.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Esame della proposta di relazione sulla contraffazione nel settore farmaceutico (relatore on. Russo).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, come primo punto, il seguito dei lavori sulla proposta di relazione del collega Paolo Russo, sulla contraffazione nel settore farmaceutico.
  Ci eravamo lasciati la volta scorsa con l'impegno, da parte del relatore, di apportare alcune modifiche al testo già distribuito. Il relatore lo ha fatto. Da parte mia c'è piena condivisione.
  Chiedo adesso anche ai colleghi se ci sono elementi e posizioni al riguardo.

  SUSANNA CENNI. Intervengo solo per confermare quanto già detto nella seduta precedente. Credo che si possa davvero procedere alla conclusione e all'approvazione di questa relazione. Confermo tutto l'apprezzamento per il lavoro che il collega Russo ha svolto.

  PRESIDENTE. Non vedo altre richieste di intervento, quindi penso che possiamo a questo stadio passare alla decisione finale in merito alla relazione.
  Pongo in votazione la proposta di relazione.

  È approvata all'unanimità.

  La relazione del collega Russo è approvata all'unanimità nella versione risultante dal testo integrato con le variazioni concordate nella scorsa seduta.
  Prego gli uffici di procedere come da abitudine e magari anche, se mi consentite, con un pizzico di velocità più del solito. Se c'è una possibilità su mille di riuscire a portare l'esame della relazione in Aula, non dobbiamo lasciarcela sfuggire. Su questo credo che possiamo chiudere il primo punto, visto che non ci sono altri elementi.
  Passiamo al secondo punto all'ordine del giorno.

Audizione del Sostituto Procuratore della Repubblica del Tribunale di Siena, Aldo Natalini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del sostituto Procuratore della Repubblica del tribunale di Siena, il dottor Aldo Natalini, che già abbiamo già audito il 7 maggio 2015.
  Il procuratore Natalini, come noi ben sappiamo, è particolarmente esperto nella materia che costituisce oggetto del nostro lavoro. Ultimamente, oltre ad aver svolto significativi procedimenti nell'ambito della sua attività professionale, ha prodotto anche contributi di tipo dottrinale, che ricordo insieme brevemente.
  Noi abbiamo, ed è acquisita agli atti di questa Commissione, la requisitoria relativa Pag. 4 al procedimento penale 41/2012, sulla materia della contraffazione, in particolare con riferimento all'agroalimentare.
  Abbiamo poi, ovviamente non facente capo al procuratore, ma comunque attinente, la sentenza del tribunale di Siena relativa al medesimo procedimento. Abbiamo poi estratti, che vi sono stati già distribuiti, della rivista sull'agroalimentare n. 3 del 2016 e n. 3 del 2017, recanti i contributi dottrinari prodotti dal dottor Natalini.
  Abbiamo ancora, anch'esso ovviamente non riconducibile direttamente al dottor Natalini, ma comunque attinente alla materia, il testo del disegno di legge recentemente approvato dal Consiglio dei ministri in materia di reati agroalimentari. In ultimo, va aggiunta anche – è notizia recentissima – la pubblicazione di un libro sulla materia scritto dal dottor Natalini, sul quale avremo modo di ascoltare direttamente elementi di conoscenza maggiore. Questa è una novità dell'ultima ora.
  Senza ulteriori indugi, prego il dottor Natalini, in un'ottica informale, nel senso che non c'è un mandato specifico, non c'è una richiesta specifica su un singolo punto o su un singolo procedimento, ma semplicemente la richiesta di offrirci i suoi ulteriori apporti concettuali sulla materia, di relazionarci su tutto quello che ha maturato all'indomani, e fino a oggi, dell'audizione già tenuta nel 2015.

  ALDO NATALINI, Sostituto procuratore della Repubblica di Siena. Per me, è un piacere poter tornare su questi argomenti. Possiamo aggiornare il quadro giurisprudenziale rispetto alle audizioni, che credo ormai siano di un paio di anni fa, nell'ambito delle quali vi esposi i filoni di indagine che avevo istruito, all'epoca pendenti in fase dibattimentale.
  Non vorrei apparire autoreferenziale e non vorrei esserlo, ma nelle more il dato giurisprudenziale più importante è dato da questa sentenza, che però mi dicono tutti essere la prima in Italia che quantomeno in materia di frodi agroalimentari individua, ma il testo è molto diffuso e avrete modo eventualmente di approfondirlo, la costruzione giuridica, che era l'impostazione accusatoria che avevo perseguito con la richiesta di rinvio a giudizio e con le misure cautelari, del profilare – questo è l'aspetto nuovo, sul quale però c'è un dibattito, che immagino il Parlamento potrà approfondire – il reato di associazione per delinquere vigente ex articolo 416 del codice penale non come tradizionalmente è avvenuto in contesti di criminalità organizzata tradizionali, che conosciamo.
  In quest'ultimo caso, c'è un'attività totalmente illecita di base, per cui qualunque sia l'oggetto materiale dell'attività della condotta criminosa, nel momento in cui c'è un'impresa non autorizzata che si occupi di droga, di armi o di macellazione clandestina, a fronte di una situazione illecita di base, è facile, dal punto di vista della prospettazione accusatoria, contestare l'associazione per delinquere quando ci sono strutture organizzate e una serie di reati commessi nell'ambito di una piattaforma anche rudimentale, come dice la giurisprudenza, di tre o più persone.
  La novità di questo caso che segnalai la volta scorsa, ma sostenendo che è problematico l'inquadramento – il problema rimane, al di là del caso concreto, rispetto al quale il tribunale di Siena riconosce l'associazione per delinquere – è il problema di immaginare la punizione di fatti di reato che avvengono di norma in contesto imprenditoriale lecito, quindi non nella situazione di totale illiceità o nella situazione diversa in cui c'è un'apparente liceità, ma è soltanto un paravento. Lì è fin troppo facile per un pubblico ministero, laddove disponga di elementi di prova consistenti, contestare l'associazione per delinquere finalizzata alle frodi in commercio o a reati di contraffazione industriale.
  Lo sviluppo nuovo di quest'indagine, ma al momento il tribunale è in primo grado e vedremo quali saranno gli ulteriori sviluppi (le difese hanno proposto appello) è questo immaginare e ravvisare l'associazione per delinquere in contesto di base lecito – attenzione, è questo il passaggio che può essere anche critico, le difese si sono molto battute su questo, ma la sentenza si dilunga su questo – laddove ci sia una prevalente attività lecita, ma che viene combinata a Pag. 5delle condotte anche illecite, che è una forma diversa da quelle tradizionali.
  La finalizzazione dell'associazione riguarda, in questo caso, frodi in commercio e vendita di sostanze non genuine per genuine. Lo sviluppo importante, però, è al di là del reato fine dell'associazione per delinquere. Ricorderete che nelle audizioni precedenti, quando mi furono chiesti dal presidente anche dei possibili suggerimenti normativi, rappresentai che a volte è difficile portare fino a sentenza di primo grado a tutti i gradi di giudizio la prova di un'associazione per delinquere in questi casi. Dove, infatti, c'è una situazione di totale illiceità e clandestinità, è fin troppo facile, ma nei casi più sfumati, dove c'è da distinguere – lo dico banalmente – il fatturato lecito da quello illecito, diventa molto difficile.
  Allora, ricorderete, onorevoli commissari, che ci fu quella proposta di predisporre una normativa analoga a quella che a oggi già esiste in materia di contraffazione industriale, ancorché configurata come fattispecie aggravante (473-ter codice penale), prevista per quanto riguarda il comparto dei reati di contraffazione di brevetti e di marchi.
  Fu introdotta con una prospettiva, ritengo, del novellatore del 2009 molto lungimirante. Si disse che anche il comparto della contraffazione, industriale in quel caso, doveva essere assimilato alla criminalità organizzata, tant'è che è stata previste anche una serie di norme che assimilano quel tipo di contraffazione alla criminalità organizzata, prevedendosi confisca per equivalente. A un certo punto, è stata prevista anche, in quell'occasione, l'aggravante – attenzione – dell'aver commesso il fatto in maniera sistematica con l'allestimento di mezzi e attività organizzate.
  Secondo la pochissima dottrina che si è occupata di quell'aggravante – peraltro, non conosco applicazioni giurisprudenziali di quell'aggravante, nemmeno in distretti di Prato, ma probabilmente questa Commissione ha informazioni più dettagliate sul punto – si è immaginata un'aggravante che doveva coprire uno spazio intermedio, tra la reiterazione di fatti di reato e, quando non si dispone della prova di un'associazione per delinquere, l'allestimento di mezzi e attività organizzate nel contesto di attività produttive.
  La volta scorsa, segnalai che la difficoltà è questa: quando non si dispone di prove forti, robuste del livello fattuale per poter contestare l'associazione per delinquere, quando non abbiamo quel tipo di aggravante, nel comparto della frode in commercio quel tipo di aggravante non c'è, e rimane un vuoto normativo.
  Allora, fu avanzata una proposta, che poi abbiamo recepito – qui parlo come componente della Commissione Caselli – con il cosiddetto reato di agropirateria, sul quale poi eventualmente potremo spendere due parole. La proposta era di immaginare una fattispecie di reato che colpisse quelle condotte intermedie organizzate che avvengono in attività produttive, in contesti organizzati, reiterate. Diciamo sempre nei convegni in cui ci occupiamo di questo che quando l'agropirata commette il fatto, non lo commette in una sola stagione agronomica. Non avrebbe senso. È come per il caso del reato di corruzione: se c'è un corrotto, tende a reiterare questo tipo di condotte. Non avrebbe senso vendere la propria funzione una volta soltanto.
  In uno dei contributi che mi sono permesso di lasciarvi ragionavo sul crimine agroalimentare come reato tendenzialmente seriale in contesto di attività di impresa, spesso impresa tendenzialmente e prevalentemente lecita, e a vittima muta. Non abbiamo una vittima che denuncia il fatto, perché la vittima è inconsapevole, e soprattutto il fatto è tendenzialmente reiterato.
  Non esiste a oggi nel comparto delle frodi agroalimentari un reato abituale. Col reato abituale, un po’ come per il maltrattamento in famiglia, si punisce la reiterazione delle condotte, gli atti persecutori. È la reiterazione che determina l'aumento di punizione per quelle singole condotte, che altrimenti sarebbero punite a titolo di reato autonomo.
  In difetto di questo, a oggi quali strumenti abbiamo? Se non siamo nel comparto della contraffazione industriale, dove al più si potrebbe sfruttare quell'aggravante, Pag. 6 tra gli strumenti c'è verificare la possibilità fattuale probatoria di contestare, nei casi gravi sistematici di frodi indeterminate, commesse per più stagioni, con diverse metodiche, che magari possono cambiare anche a seconda dell'andamento della stagione. Non ogni stagione agronomica è uguale a quella precedente. In quel caso, si può contestare, a certe condizioni, il 416, ma la contestazione del 416 presenta delle problematicità.
  Ecco perché mi permettevo di suggerire nella precedente occasione di colmare quantomeno quel vuoto normativo e riproporre quel modello di aggravante, ma in realtà prevedendolo come fattispecie autonoma.
  Peraltro, nel momento in cui il legislatore prevede un fatto di reato come aggravante, se l'aggravante non è blindata – entro nel tecnico, semmai poi spiegherò meglio che cosa vuol dire – il giudice può comparare nel singolo caso concreto quell'aggravante con eventuali circostanze attenuanti concorrenti, le generiche o altre circostanze attenuanti, nel cosiddetto giudizio di bilanciamento del fatto concreto che il giudice di merito effettua ai sensi dell'articolo 69 del codice penale.
  Questo significa che, se un fatto di carattere sistematico viene configurato dal legislatore come aggravante, una delle possibilità è che l'aggravante sia blindata, e allora si preclude il giudizio di bilanciamento, e il giudice è tenuto, prima, ad applicare gli aumenti di pena di quell'aggravante e, poi, a diminuire. È un modello che il legislatore spesso utilizza anche in vari contesti, da ultimo anche con la legge n. 103 del 2007, la cosiddetta legge Orlando, in materia di rapina, di furti.
  Sono stati riprodotti numerosi casi di aggravanti blindate, anche nel caso del codice della strada. È un modello che la penalistica sta studiando molto oggi, quello delle aggravanti blindate, che però che cos'è? È una correzione al fatto che si prevede un fatto di reato come aggravante.
  L'alternativa era il suggerimento che si proponeva, e nel DDL Caselli proponevamo, e cioè la creazione di un autonomo reato, che quindi preveda il fatto di reato abituale e sistematico commesso in contesto di attività produttive, o comunque mediante l'allestimento di mezzi e attività organizzate.
  Ho mescolato, e non vorrei aver confuso, prospettive de iure condendo con la sentenza, ma in realtà credo che i due argomenti si coniughino. Se non sarò stato chiaro, sono a disposizione. In questo caso – magari vi leggo un paio di passaggi della sentenza di primo grado – siamo riusciti, secondo la prospettiva accusatoria, ma ripeto che penderà l'appello e vedremo se la tesi che per ora il tribunale ha validato rispetto alla tesi accusatoria sarà confermata in appello, a riconoscere il 416 del codice penale in un contesto di base lecito, ma il problema rimane.
  Qual è la criticità, per cui l'invito a una Commissione parlamentare è quello magari di riflettere su quelle che possono essere le criticità, che al di là del singolo caso concreto in una prospettiva più generale possono evidenziarsi?
  Quali sono le criticità, che peraltro non a caso troviamo riprodotte nei motivi di appello dei difensori, del configurare l'associazione per delinquere in un contesto di base lecito, dove c'è una «porzione» del fatturato illecito?
  Il problema è questo, che ripeto nel caso di specie il tribunale risolve accogliendo le tesi del pm, ma il problema a livello di prospettiva anche normativa deve essere approfondito.
  L'associazione per delinquere, banalmente, la commette un gruppo di tre o più persone, quindi intanto è un reato necessariamente plurisoggettivo. Ora, non entro nel tecnico, ma si parla di almeno tre o più persone, poi in realtà possono essere all'inizio anche soltanto due e poi a un certo punto diventare tre. L'importante è che si raggiunga almeno la soglia di tre o più persone. Quest'associazione deve disporre di una base organizzativa – la giurisprudenza dice che può essere anche una base rudimentale – per commettere una serie indeterminata di reati: armi, droga, frodi alimentari.
  Qual è il problema? Non è un argomento che la dottrina abbia molto steso. Per fortuna, probabilmente questa sentenza Pag. 7 spianerà un po’ la strada a questo dibattito. C'è pochissima giurisprudenza sul punto, su contesti di base leciti dove è stato contestato il 416. L'ultimo caso famoso è quello di Scientology, addirittura di un'associazione religiosa, ma lì ci fu un iter molto travagliato a livello giurisprudenziale, con due Cassazioni che dicevano una cosa e la Corte d'appello di Milano un'altra.
  Il problema è – e semplifico molto, nel materiale troverete sviluppato il giuridichese dove si approfondiscono questi temi – che la struttura dell'associazione per delinquere, quella che la giurisprudenza dice che può essere anche una struttura rudimentale, coincide, in contesti di base leciti, con la struttura societaria. I ruoli sono gli stessi.
  Allora, bisogna individuare dentro questa struttura un quid pluris non esattamente sovrapponibile alla struttura societaria, altrimenti puniamo ex 416 un dato invece tipico della manifestazione dell'attività d'impresa. Dobbiamo trovare dentro questa struttura societaria degli elementi di opacità, parole in codice, gerghi utilizzati. Avevamo delle intercettazioni e io ho valorizzato questo aspetto, parole in codice, sigle utilizzate per le ricette segrete che venivano utilizzate. Bisogna trovare dentro una struttura di base lecita gli elementi di opacità che con un criterio di anormalità imprenditoriale si distaccano dal dato di base lecito e portano verso un dato illecito.
  È, però, un aspetto non facile da investigare. Non è il caso appunto in cui si effettuano i blitz, si trova una distilleria clandestina di droga o fabbriche che effettuano condotte di contraffazione di farmaci completamente abusive. Là, evidentemente, i casi sono più gravi, ma è molto più facile arrivare a certe contestazioni.
  Qua dobbiamo trovare uno spazio, che può essere anche molto difficile in concreto, per distinguere il dato strutturale imprenditoriale tipico, che in un criterio di ordinaria attività imprenditoriale è evidentemente non solo autorizzato, ma anche costituzionalmente autorizzato, perché è l'attività economica, e trovare il tratto di devianza che dobbiamo ricavare dai ruoli societari.
  Normalmente, nell'associazione per delinquere abbiamo i promotori, i capi, i costitutori, gli organizzatori e i partecipi. Il 416 ha questi diversi capi. Dobbiamo calare questa strutturazione dentro i ruoli societari. Questo richiede a livello investigativo degli approfondimenti importanti.
  L'altro problema è capire e dimostrare questa eccedenza rispetto alla comune organizzazione societaria e anche rispetto ai ruoli comunemente svolti dai soggetti che dobbiamo investigare, che deviano rispetto ai ruoli societari tipici. È in questo spazio intermedio che bisogna ricavare dei tratti di illiceità con degli elementi di prova possibilmente univoci e convergenti, altrimenti non si può arrivare a delle sentenze di condanna oltre ogni ragionevole dubbio.
  Nel caso di specie, la sentenza approfondisce questi aspetti, ma il problema in prospettiva normativa, se passo dal caso concreto a una prospettiva de iure condendo, che penso sia poi quella che dal caso concreto più può interessare a quest'onorevole Commissione, è l'idea per l'appunto di prevedere una tipologia di reato che eviti questo tipo di problematiche. A spazi penalistici vigenti, possono essere colmati nei singoli casi concreti, ma in una prospettiva di riforma e di implementazione delle fattispecie di reato, ma non perché si pretenda sempre e comunque di inserire dosi massicce di repressione di diritto penale ovunque... In realtà, il punto è questo: qui un dato di allarmante pericolosità, non per la salute pubblica, ma nell'ambito dell'ordine commerciale, ed è dato dal fatto che c'è una reiterazione di condotte sistematiche.
  Il codice penale vigente – l'abbiamo detto l'altra volta – continua a punire soltanto la frode in commercio corta, quella dove abbiamo un contatto diretto tra compratore e venditore e si vende il singolo prodotto, con chi consegna una cosa diversa per origine, qualità e provenienza, da quella promessa. È la singola condotta di compravendita a essere punita. In realtà, forse quella individuale potrebbe pure essere un dato che penalisticamente può interessare meno rispetto alla reiterazione degli episodi. Si dovrebbe immaginare una Pag. 8prospettiva non di criminalità organizzata, ma di organizzazione criminale in maniera sistematica, che può avvenire, e anzi è più insidiosa talora, quando avviene in contesti di base prevalentemente leciti.
  È questa la novità: partire dal caso concreto, ragionare su quelle che possono essere queste prospettive, immaginare che non sempre tutti i casi concreti dispongono della possibilità processuale di arrivare a dimostrare quello che vi ho appena detto, e invece prevedere una fattispecie che, senza grossi problemi non dico di forzatura, ma di problematicità di carattere di inquadramento giuridico, possa coprire questi spazi intermedi.
  A volte, c'è una situazione intermedia. Al massimo, abbiamo il 416 del codice penale. Al minimo, abbiamo a oggi le singole condotte di reato ex articoli 515 e 516. In mezzo? Se disporremo anche in futuro nei singoli casi concreti di prove per dimostrare il 416, tanto meglio, ma questo può valere anche per altri comparti, anche per il comparto della contraffazione del farmaco. Il punto è immaginare un modello di reato seriale che punisca le condotte abituali.
  Questa era la parte che mi interessava più approfondire, senza leggere i singoli passaggi. Chi avrà pazienza, li potrà trovare nella sentenza.
  C'è un passaggio interessante che il tribunale coglie, e in questo senso recepisce le considerazioni che svolgevo in requisitoria. Vi leggo soltanto questo: «Si potrebbe dire che, nel caso in cui ci sia un'attività prevalentemente lecita oppure anche lecita, alla quale si aggiunge un'attività in parte illecita – dicevo prima del fatturato buono e del fatturato cattivo – l'insidiosità e la messa in pericolo dell'ordine pubblico economico è persino maggiore». A fronte della stessa efficienza organizzativa di quella struttura societaria, diventa più difficile per l'autorità giudiziaria e per le autorità di Polizia e di prevenzione controllare, perché c'è un'attività florida.
  È quella maggiore insidiosità, che può trovare talora delle risposte penalistiche – staremo a vedere quali saranno gli iter giudiziari – nei casi più conclamati e più importanti, ma si potrebbe superare tutto questo prevedendo una risposta di quel tipo. Questo è il primo passaggio che mi piaceva segnalare alla Commissione.
  Non so se su questo avete delle richieste di chiarimento. Poi magari possiamo passare ad altri argomenti.

  PRESIDENTE. Credo che l'intervento del dottor Natalini ci abbia confermato oggi egli si sia ritagliato in questi anni un ruolo di punto di riferimento non solo nell'attività giudiziaria, ma addirittura nell'elaborazione dottrinaria sulla materia.
  Avete ascoltato il tema. È inutile che vi faccia ripetizioni o chiose di alcun genere.
  Chiedo adesso al dottor Natalini se molto sinteticamente ci può accennare non tanto agli altri aspetti giuridici relativi agli atti giudiziari, su cui la Commissione ha avuto documentazione. Si tenga anche conto che siamo in fine legislatura, e quindi la Commissione ovviamente ha un orizzonte limitatissimo. Molti di questi temi non potranno che essere affrontati dal futuro Parlamento.
  Mi farebbe piacere, però, che facesse un accenno al libro che ha recentemente licenziato, offrendoci qualche elemento di riflessione. Per il resto, ripeto, non potremo far altro che lasciare queste indicazioni come contributo di elaborazione alla futura Camera.

  ALDO NATALINI, Sostituto procuratore della Repubblica di Siena. Non voglio fare pubblicità, ma il punto è questo. È una collana nata adesso, che riguarda il decreto legislativo n. 231 del 2001. Questo mi consente anche uno sviluppo su questo argomento.
  In certi tratti, la legislazione penale sulle responsabilità penali individuali, come abbiamo detto più volte nelle varie audizioni, è arretrata, tant'è che ci poniamo il problema di aggiornare il quadro normativo per la responsabilità delle persone fisiche e individuali. Parliamo, appunto, di una frode in commercio che parla ancora di spaccio aperto al pubblico, una cosa che non esiste più. Ormai, andiamo nella grande distribuzione, nel mercato on line, quindi è evidente Pag. 9 che, per quanto attiene alle persone fisiche, la risposta penalistica individuale è vecchia.
  Il decreto legislativo n. 231 del 2001 è stato introdotto in epoca assai recente. Nel 2009, sempre nel contesto di quella legge che riforma una serie di reati confinanti con questa fattispecie, viene introdotto anche il reato di frode in commercio, ma anche gli altri reati (515, 516, lo stesso 473, il 474 codice penale), nel catalogo dei reati presupposto: bene, in questi casi si può dire che, perlomeno dal punto di vista della 231, della responsabilità delle persone giuridiche e non delle persone fisiche, siamo a un livello molto evoluto di risposta legislativa.
  Gli editori vogliono sempre una frase accattivante da mettere in copertina. Per i giuristi, scrivere cose accattivanti diventa difficile, ma mi piaceva utilizzare questo concetto: mentre, per quanto riguarda le persone fisiche, abbiamo una legislazione arretrata, il decreto legislativo n. 231 del 2001 funge quasi da amplificatore rispetto a una struttura normativa quanto alle persone fisiche arretrata.
  La 231 è configurata così: prende come reati presupposto quelli del codice penale e li fa diventare fondamento della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, quindi tipicizza, attraverso il rinvio alle leggi del codice penale o ad altre leggi speciali, quella categoria di reati, e poi li tratta come fonte di tipizzazione ai fini della 231.
  Diventa un amplificatore. Perché? Perché l'armamentario sanzionatorio della 231 è modernissimo. Abbiamo degli strumenti investigativi formidabili. Non parlo soltanto delle sanzioni, ma anche dello strumento della confisca, la confisca del prodotto illecito, la confisca per equivalente.
  Siccome il catalogo della 231 si applica ai contesti delle attività di impresa a struttura societaria o ad associazioni, il crimine economico con la 231 trova una risposta importante. Per la lotta al crimine economico, lo strumento della 231 è adeguato, è forte. Forse, è ancora poco applicato, probabilmente anche dalla magistratura. Ancora non c'è una grossa attenzione ad applicare la 231 sempre con una grande intensità. Nel caso Ilva se n'è parlato molto, come nel caso Thyssen, ma è recente questo tipo di dibattito.
  Probabilmente, una massiccia e forte applicazione della 231 farebbe molto di più di quanto non possa oggi in certi settori il codice penale, ma non in termini repressivi, bensì in termini di prevenzione. Nel catalogo della 231, infatti, non c'è una logica soltanto di repressione a carico delle persone giuridiche. Attraverso l'incentivo dell'adozione dei modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire il reato che nella specie si verifica, che poi rientra nel criterio di ascrizione delle responsabilità, l'azienda costituita societariamente è incentivata a mappare il rischio di reato al proprio interno, perché può giocarsi quell'esimente di fronte a una contestazione di quel fatto di reato. C'è, quindi, questo aspetto promozionale-prevenzionale molto importante nella 231.
  In questo momento, per quanto riguarda l'industria agroalimentare, mi sono occupato di vedere quale fosse il catalogo dei reati presupposto a oggi applicabili, declinabili alla 231, e di vedere che cosa accade quando convertiamo la responsabilità penale individuale per queste fattispecie di reato, immaginate però per qualunque comparto – la frode in commercio può riguardare un ventilatore, un tavolo, un'autovettura, un bene alimentare – soltanto al comparto agroalimentare.
  Mi riferisco dal 515 in poi, introdotti come presupposto della 231, articolo 25-bis.1 introdotto nel 2009, declinandoli ai fini della 231, che a questo punto funge da amplificatore con il suo armamentario sanzionatorio: confische e sequestri a fini di confisca, ma anche l'implementazione di modelli di organizzazione per quanto riguarda le imprese, che poi sono il luogo ideale dove questo genere di reati accadono. Lo dicevamo prima a proposito del contesto della criminalità di impresa.
  Il gioco dell'innesto che la 231 fa a fini di richiamo normativo, perlomeno nel caso delle persone giuridiche e delle imprese che si occupano della filiera alimentare, diventa efficace soltanto grazie alla 231. Pag. 10
  In questo momento, la 231 è uno strumento formidabile. Peraltro, nel caso della filiera dell'olio vergine è stato anche ribadito a livello normativo il criterio di responsabilità ex 231, e c'è anche un altro aspetto molto interessante, che tratto molto marginalmente. Per quanto riguarda la filiera degli oli vergini, la 231 eccezionalmente trova anche un altro catalogo di reati che non sono nella 231: 439 e 440 codice penale nella legge Salva olio sono stati previsti come reati di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, ma soltanto limitatamente alla filiera degli oli.
  Probabilmente, in un'ottica di riforma, quel tipo di reato presupposto (439 e 440) dovrebbe poter essere immaginato come reato presupposto in qualunque filiera, quindi quella prospettiva potrà essere recepita e anche generalizzata.
  In questo momento, per questo tipo di criminalità economica è un amplificatore. Mi piaceva dare questo messaggio.
  Nel libro si affrontano anche le linee guida di categoria dell'industria, che si sono date all'industria in questi anni rispetto anche a questo comparto. Le linee guida hanno questa funzione promozionale. Le associazioni di categoria approvano le loro linee guida, che poi servono alle singole imprese associate per recepirle nei loro modelli di organizzazione e di gestione. Qua forse si percepisce un certo ritardo, perché a volte sono delle linee guida che tengono conto di aspetti più generali, non sempre prettamente adeguati agli specifici rischi che l'impresa agroalimentare pone.
  L'impresa agroalimentare ha delle caratteristiche particolari. È nel prodotto trasformato che si innesta il rischio di reato. È lì che si innesta il maggior rischio. Ebbene, dall'osservatorio che abbiamo avuto modo di approfondire con questo scritto, non sempre le linee guida colgono – mi sembra – un rischio di reato in quel momento, nella fase della trasformazione industriale. Forse è lì che bisognerebbe inserire dei sensori più forti.
  È il prodotto trasformato con delle sottopartite diverse per origine, per provenienza o per qualità, che genera il rischio di reato, che poi è un reato del quale il consumatore – lo dicevo prima – rimane sempre inconsapevole. Non è mai a conoscenza, infatti, del tipo di sottopartita utilizzata. L'altro rischio, come ho detto anche le volte scorse, è che del prodotto trasformato, complessivamente analizzato, non sempre dalle analisi ufficiali trapelano le caratteristiche non corrette a livello di legislazione. A volte, il prodotto trasformato, analizzato, nei casi più sofisticati è perfettamente in regola.
  Lì bisogna inserire un cursore di rischio e, nell'ambito dell'organizzazione dei modelli di gestione ex 231, che la 231 suggerisce a fini esimenti, si potrebbe immaginare un modello particolare per le imprese alimentari.
  A un certo punto, ai fini della 231, inserisco anche il ragionamento che facemmo in sede di Commissione Caselli di prevedere un modello ad hoc di organizzazione dell'ente qualificato come impresa alimentare, che immaginava per le imprese alimentari una forma di incentivo all'adozione di certi modelli in maniera semplificata per non incorrere nelle sanzioni ex 231.
  Era un suggerimento che in quell'occasione ponevamo come proposta de iure condendo. La analizzo anche qui a livello dottrinario, dicendo che quel tipo di modello a oggi non può essere niente più che una proposta, quindi non ha alcun valore, ma potrebbe essere recepita dalle singole imprese come modello di autonormazione che le singole imprese alimentari si danno, strutturando i propri modelli di organizzazione e di gestione sulla base della proposta di modello di organizzazione che in sede di disegno di legge Caselli proponevamo.
  Ci sono alcune suggestioni che poi possono essere rimesse all'attenzione del decisore politico su una materia molto nuova, quindi evidentemente ancora da approfondire.
  Mi permetto di lasciare una copia alla Commissione.

  PRESIDENTE. Come avete ascoltato, anche quest'aspetto, del tutto diverso da quello precedentemente affrontato, impatta in modo evidente su una certa dinamica, non Pag. 11dico in questo caso al centro della nostra attività – qui, in realtà, non parliamo tanto di contraffazione – ma comunque nel perimetro di una serie di tipologie di reato, in particolare del settore agroalimentare, particolarmente «imputabili» a imprese del settore stesso. Lo dico diversamente, perché forse sono stato un po’ oscuro in questo passaggio.
  La 231 e tutta la materia correlata che riguarda la responsabilità della persona giuridica sul piano penale, possono riguardare in modo particolare tutto il mondo delle imprese agroalimentari, dove una serie di tipologie di reato possono essere commesse dall'impresa stessa, ripeto non tanto la contraffazione in questo caso, che mi sembra piuttosto un caso limite, quanto altre tipologie di reato collaterali, quelle prese in considerazione anche dalla proposta della Commissione Caselli.
  Anche su questo devo dire che in questa fase di fine legislatura prendiamo atto del contributo che ci porge oggi il dottor Natalini con il libro di cui è autore.
  Penso che sarebbe stato opportuno in questa fase, se non fossimo a fine legislatura, aprire una discussione anche relativa – non lo abbiamo fatto per scelta – al disegno di legge presentato dal Governo a seguito del lavoro della Commissione Caselli, su cui ci sono stati molti consensi, ma anche alcuni rilievi che, come è inutile nascondere, credo abbiano rallentato anche, come è parso evidente, l'iter di approvazione da parte del Consiglio dei ministri.
  Tutto questo rimane una considerazione di carattere teorico nella fase in cui siamo oggi, al 6 dicembre, in una legislatura che volge al termine. Non è pensabile che questa Commissione apra una fase di approfondimento e discussione sulla materia.
  Ringrazierei a questo stadio il dottor Natalini, confermando anche a nome di tutti voi la grande stima che il dottor Natalini si è ritagliato agli occhi di questa Commissione, ma anche di tutto il mondo che segue questa tematica. Sono sicuro che il dottor Natalini avrà modo di continuare a portare il suo contributo anche nella prossima legislatura. Per oggi lo ringrazio vivamente e avverto che la documentazione depositata è a disposizione presso l'archivio della Commissione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione dell'avvocato Andrea Caristi e del professor Ferdinando Ofria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'avvocato Andrea Caristi e del professor Ferdinando Ofria, ambedue consulenti di questa Commissione, che hanno recentemente licenziato alle stampe un libro sulla materia del nostro lavoro. Il libro si chiama «Contraffazione: l'incidenza del fenomeno in Italia», che ora chiederò al professor Ofria e all'avvocato Caristi di sinteticamente illustrare a questa Commissione.

  FERDINANDO OFRIA, professore dell'Università di Messina. Come già anticipato, siamo consulenti di questa Commissione e abbiamo anche relazionato circa un anno fa sul tema. Alla luce degli argomenti trattati in quella audizione, insieme con l'avvocato Caristi abbiamo pensato di maturare, di sviluppare alcuni argomenti sul fenomeno della contraffazione.
  Abbiamo curato questo saggio tenendo presenti le problematiche della contraffazione dal punto di vista sia giuridico, sia economico, sia sociologico. Io sono un economista, l'avvocato è giurista, e dal punto di vista sociologico ci siamo avvalsi, almeno io mi sono avvalso, anche di studiosi e di ricercatori dell'università di Messina. Ho creato un gruppo studio, e abbiamo considerato alcuni temi del fenomeno.
  In occasione dell'audizione di circa un anno fa, abbiamo considerato la contraffazione come un fenomeno da aggredire dal lato dell'offerta. Le politiche sono note. L'altro aspetto era quel del lato della domanda: perché i consumatori, molte volte in modo consenziente, acquistano questi beni?
  Si è detto che spesso quello contraffatto è un bene che in microeconomia si dice inferiore. La domanda si riduce al crescere del reddito, paradossalmente. Esempio classico sono i legumi del dopoguerra: il contadino, non avendo molti soldi, comprava i Pag. 12legumi; nel momento in cui aumentò il reddito, si ridusse la domanda di legumi per l'acquisto della carne. Anche i beni contraffatti spesso vengono acquistati per motivi di status sociale o per altri motivi, ma crescendo il reddito, il consumatore preferisce acquistare il bene originale.
  Alla luce di quest'esempio, abbiamo tentato, mediante uno studio sociologico, ovviamente sul territorio della provincia di Messina, di analizzare mediante focus tematici questo fenomeno.
  Abbiamo constatato e verificato che vi è una correlazione stretta, forte, significativa, tra l'acquisto dei beni contraffatti e il reddito. Quando il reddito è basso, c'è una prevalenza ad acquistare il bene, perché l'acquisto di questo bene rappresenta uno status sociale.
  In questo caso, non si guarda solo alla legge, ma bisogna intervenire dal punto di vista culturale. Un ruolo rilevante e significativo ha il tema dell'educazione scolastica, l'educazione della popolazione, gli interventi nella scuola e, talvolta, anche le politiche di contrasto, di formazione sociale, che hanno come obiettivo lo sviluppo sociale, per cui la formazione acquisisce un ruolo rilevante.
  Anche le politiche dell'Unione europea previste dall'Accordo di partenariato, per intenderci quelle finanziate con il fondo sociale europeo, dovranno, secondo la nostra visione, essere indirizzate a far sì che ci sia un miglioramento, una crescita culturale per rendere meno sensibile il cittadino, la popolazione a questa domanda, frutto per lo più di un fenomeno di tipo consumistico.
  Questo è il punto, l'essenza del nostro studio.

  PRESIDENTE. Avvocato Caristi, penso che lei desideri aggiungere qualcosa a questa presentazione.

  ANDREA CARISTI, avvocato. Sì, presidente. Molto brevemente, come vi ha anticipato il professor Ofria, la pubblicazione che vi sottoponiamo all'attenzione è multidisciplinare. L'aspetto di cui mi sono occupato personalmente, del quale peraltro mi ero occupato anche per questa stessa Commissione in qualità di esperto della medesima, è quello della contraffazione a mezzo Web.
  In generale, il Web presenta problematiche che sono anche sul tappeto e nel dibattito in questi giorni. Sono vari e gravi i profili problematici che un'efficace azione di contrasto e di lotta alla contraffazione presenta quando si tratta della rete Internet. Nel lavoro abbiamo ribadito alcuni dei punti già evidenziati nel corso del mio intervento.
  Durante gli stessi lavori della Commissione, ho avuto modo di vedere dalla relazione sul tema alcuni aspetti che nel frattempo hanno subìto un mutamento nell'ambito del dibattito più ampio, che chiaramente coinvolge anche la dimensione comunitaria.
  Nonostante, con riguardo specifico al settore della tutela della proprietà intellettuale e del diritto d'autore, in via regolamentare per mezzo dell'Agcom si sia sposata un po’ la via del cosiddetto notice and take down, viene detto nel libro ed è emerso anche nel corso di questi lavori un primo drammatico problema per chi voglia porsi in posizione di contrasto rispetto a un fatto contraffattivo su internet, cioè quello di individuare l'autore della condotta. Da tempo, si è perimetrato nell'ambito dell’internet services provider l'anello della filiera concretamente aggredibile.
  Questo, ed è stato anche più volte detto, si scontra in linea generale con l'assetto normativo comunitario attuale della rete. In linea di massima, avendo sposato il principio della cosiddetta neutralità della rete nell'ottica originaria del primo internet, il legislatore anche comunitario voleva favorire lo sviluppo delle attività a mezzo internet, quindi si è pensato che caricare il fornitore di servizi di una responsabilità diretta avrebbe potuto impedirlo.
  Allo stato attuale, tutto questo è dibattuto. Di fronte all'esperienza concreta, e non solo in ambito contraffattivo, ma anche negli altri fatti che destano allarme sociale – penso al cyberbullismo e al tema attuale delle cosiddette fake news – probabilmente è indispensabile a livello comunitario Pag. 13 o, come si è pensato anche di fare sotto il profilo fiscale, intanto a livello nazionale, trovare un punto di equilibrio diverso, visto che lo stato di fatto è mutato rispetto alle intenzioni originarie.
  Questo è, in sintesi, il tema del mio contributo al libro.

  PRESIDENTE. Bene. Come vedete, i nostri auditi oggi ci tornano a sottolineare due tematiche su cui molto abbiamo lavorato in questi anni: da un lato, l'atteggiamento del consumatore, la psicologia che c'è dietro la volontà di acquistare un prodotto contraffatto, e il modo in cui, di conseguenza, deve essere approcciato il comportamento stesso del consumatore; dall'altro lato, l'avvocato Caristi ci ricordava, e nel libro su questo si torna, tutto lo snodo relativo al Web e all’e-commerce e, in generale, alla presenza di prodotti contraffatti acquistabili su internet, alla responsabilità dell’internet service provider, tutto quello che è sullo sfondo di questa problematica.
  Sono due ambiti che abbiamo lungamente sviscerato in questi anni, su cui i contributi sono particolarmente graditi. È chiaro, come ho già detto nella precedente audizione con il sostituto procuratore, dottor Natalini, che si è ritagliato una particolare esperienza e competenza in materia di contraffazione, essendo noi alla fine di un'attività di legislatura, non possiamo avviare elaborazioni successive.
  Il vostro contributo rimane, però, agli atti di questa Commissione. Il libro che oggi ci avete presentato, e che ci avevate già peraltro precedentemente segnalato e inviato, è agli atti ed è a conoscenza dei commissari. Io credo che sarà uno degli elementi su cui si ragionerà nella prossima legislatura, laddove, come penso, anche nella prossima legislatura si tornerà a occuparsi di contraffazione.
  A questo stadio, vi ringrazio. So che avete affrontato un viaggio non breve per venire qui, ma sappiate che il vostro contributo è stato particolarmente apprezzato.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.

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ALLEGATO

RELAZIONE SULLA CONTRAFFAZIONE
NEL SETTORE FARMACEUTICO

(relatore on. Paolo Russo)

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