XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 198 di Martedì 14 novembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione della Ministra della salute, Beatrice Lorenzin:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Lorenzin Beatrice (AP-CpE-NCD) , Ministra della salute ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 10 
Lorenzin Beatrice (AP-CpE-NCD) , Ministra della salute ... 11 
Ricciardi Walter , presidente dell'Istituto superiore di sanità ... 11 
Lorenzin Beatrice (AP-CpE-NCD) , Ministra della salute ... 11 
Puppato Laura  ... 11 
Lorenzin Beatrice (AP-CpE-NCD) , Ministra della salute ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
Lorenzin Beatrice (AP-CpE-NCD) , Ministra della salute ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
Ricciardi Walter , presidente dell'Istituto superiore di sanità ... 13 
Lucentini Luca , direttore reparto qualità dell'acqua e salute dell'Istituto superiore di sanità ... 14 
Nugnes Paola  ... 15 
Bratti Alessandro , Presidente ... 15 
Nugnes Paola  ... 15 
Ricciardi Walter , presidente dell'Istituto superiore di sanità ... 15 
Nugnes Paola  ... 16 
Lucentini Luca , direttore reparto qualità dell'acqua e salute dell'Istituto superiore di sanità ... 16 
Lorenzin Beatrice (AP-CpE-NCD) , Ministra della salute ... 16 
Puppato Laura  ... 17 
Lucentini Luca , direttore reparto qualità dell'acqua e salute dell'Istituto superiore di sanità ... 17 
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 
Lucentini Luca , direttore reparto qualità dell'acqua e salute dell'Istituto superiore di sanità ... 17 
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 
Ricciardi Walter , presidente dell'Istituto superiore di sanità ... 17 
Lorenzin Beatrice (AP-CpE-NCD) , Ministra della salute ... 18 
Bratti Alessandro , Presidente ... 19 

(La seduta, sospesa alle 15.20, è ripresa alle 15.25) ... 19 

Comunicazioni del presidente:
Bratti Alessandro , Presidente ... 19

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, nonché dalla trasmissione in diretta streaming sul sito web della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione della Ministra della salute, Beatrice Lorenzin.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della Ministra della salute, Beatrice Lorenzin, accompagnata dal presidente dell'Istituto superiore di sanità, Walter Ricciardi, dal dirigente dell'ufficio per i rapporti con il Parlamento, Giuseppe Cerrone, dal segretario particolare, Emanuele Calvario, dal capo ufficio stampa, Luciano Fassari, e dal dottor Luca Lucentini, direttore reparto qualità dell'acqua e salute.
  L'audizione odierna rientra nell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sulla situazione che si registra in alcune province del Veneto interessate dall'inquinamento delle sostanze perfluoroalchiliche. In particolare, la Commissione ha già approvato su questo argomento un'apposita relazione nella seduta dell'8 febbraio 2017 ed è adesso impegnata a predisporre un aggiornamento.
  In questa prospettiva una delegazione della Commissione si è recata in missione nella provincia di Vicenza dal 13 al 14 settembre scorso, dove ha svolto un ciclo di audizioni e un sopralluogo presso lo stabilimento Miteni.
  Ulteriori audizioni sono state successivamente svolte in sede a Roma, dove è stato ascoltato il Ministro all'ambiente, i due sindaci di Lonigo e di Trissino, i due assessori regionali, all'ambiente e alla sanità, nonché tutti i soggetti che, più o meno, sono coinvolti in questa situazione. Chiudiamo il nostro approfondimento oggi con la sua audizione.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione, dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo della depurazione delle acque.
  Avverto infine i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta. Le chiederemmo, quindi, Ministra, di farci lo stato dell'arte della situazione, ovviamente dal punto di vista della sanità; poi, eventualmente, se c'è qualche domanda da parte dei commissari le verrà fatta. Lei è accompagnata dai suoi tecnici e quindi decida pure come far intervenire i suoi collaboratori.

  BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Ringrazio innanzitutto il presidente della Commissione e tutti i commissari per la meritoria attività che stanno svolgendo in merito alla tutela della legalità nella complessissima «filiera» costituita dal ciclo dei rifiuti e, più in generale, in relazione Pag. 4alle implicazioni connesse all'intero tessuto produttivo del nostro Paese.
  Questa è un'attività di inchiesta che si riverbera innanzitutto sulla tutela dell'ambiente e, giustamente, è stato qui ascoltato il Ministro dell'ambiente. Ho avuto dunque l'occasione di leggere con attenzione le risultanze della sua audizione; così, al fine di rendere più efficace il mio contributo a beneficio dei commissari, considerato che il Ministro Galletti ha già illustrato la cronistoria della vicenda e ha già fornito numerosi elementi informativi in merito alle iniziative attuate dal Governo, mi limiterei a rendere gli elementi di stretta competenza del Ministero della salute.
  Vi anticipo subito che si tratta di un tema estremamente tecnico, quindi mi scuso se la relazione che vi farò potrà sembrare eccessivamente tecnica. Mi accompagnano, oggi, il presidente dell'Istituto superiore di sanità, il dottor Ricciardi, e il dottor Lucentini, che è il direttore del reparto acqua dell'Istituto, il quale più da vicino hanno seguito la vicenda sin dai primi giorni del suo svilupparsi e con cui, quindi, si potranno poi approfondire anche alcune tematiche espressamente tecniche. Preliminarmente ricordo che, a seguito dell'emergenza nella regione Veneto dei fenomeni di contaminazione da composti perfluoroalchilici (PFAS) delle acque superficiali e sotterranee, anche a destinazione d'uso potabile, il Ministero della salute ha operato e continua ad operare in costante coordinamento con l'Istituto superiore di sanità, il quale svolge tutt'oggi l'importante compito di valutazione, gestione e comunicazione dei rischi nei territori interessati da estese contaminazioni delle sostanze in parola.
  Sono lieta di rimarcare che in tale attività l'Istituto ha coinvolto le migliori expertise di livello internazionale, avvalendosi delle esperienze elaborate dall'Organizzazione mondiale della sanità, dall'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA), nonché dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC).
  L'Istituto, dunque, già a ridosso della divulgazione delle conclusioni dello studio di IRSA-CNR, che ha individuato la presenza diffusa e rilevante di PFAS nelle risorse idriche e nelle acque destinate al consumo umano in alcune province della regione Veneto, ha sottoposto al Ministero della salute, con parere del 7 giugno 2013, l'opportunità di attivare – è una delle prime cose di cui mi sono occupata – molteplici azioni multidisciplinari e di garantire la mitigazione sostanziale di ogni esposizione a PFAS da parte della popolazione, valutando eventuali effetti sulla salute dovuti a esposizioni pregresse.
  Nel succitato parere è stato rilevato che sussistevano adeguati margini di sicurezza, considerando le soglie di tolleranza allora definite in sede EFSA e EPA e i livelli di contaminazione da PFAS nelle acque, riportati dallo studio di IRSA-CNR, studio che – si ricorda – è stato condotto su commissione del Ministero dell'ambiente al fine di valutare il rischio ambientale e sanitario associato alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nel bacino del Po e nei principali bacini fluviali italiani, che aveva peraltro evidenziato per la prima volta la contaminazione PFAS originata da un sito produttivo insistente nell'area di ricarica delle falde idropotabili.
  Nonostante tali rassicuranti margini di sicurezza, voglio però rimarcare che si è ritenuto nondimeno di provvedere a una drastica riduzione dell'esposizione a PFAS della popolazione interessata. Le conclusioni del parere, infatti, si richiamavano al principio di precauzione, che costituisce tuttora il principio cardine della prevenzione sanitaria nei Paesi sviluppati. In nome di tale principio, dunque, sono state da subito raccomandate varie misure di controllo per limitare l'esposizione della popolazione, tra le quali l'adozione urgente di approvvigionamenti alternativi e, in subordine, l'adozione di trattamenti di rimozione dei PFAS delle acque captate. Ulteriori raccomandazioni riguardavano altresì la strutturazione dei piani di sicurezza dell'acqua e altre, diverse azioni nel territorio, tra cui, primariamente, la ricerca e la rimozione delle fonti inquinanti.
  Sin da luglio 2013 l'Istituto ha dunque avviato un'azione di sorveglianza costante e specifica sull'attivazione e sull'efficacia dell'implementazione Pag. 5 delle misure di controllo da parte dei soggetti del territorio, consistenti in primo luogo nelle applicazioni di trattamenti di filtrazione avanzati, finalizzati alla sostanziale rimozione dei PFAS nelle acque captate prima della loro distribuzione, mediante le migliori tecnologie progressivamente disponibili.
  Ai fini di una possibile azione volta all'abbattimento dei PFAS nella filiera idropotabile della regione Veneto, l'Istituto, nel gennaio 2014, ha emanato un ulteriore parere basato su un'analisi approfondita delle conoscenze scientifiche disponibili fino a quel momento in materia di PFAS (caratteristiche e diffusione nell'ambiente, profilo tossicologico, stime di esposizione ed evidenze epidemiologiche sugli effetti dell'esposizione a questi composti). Nel parere in questione l'Istituto, in continuità con i precedenti indirizzi, ha evidenziato l'ulteriore raccomandazione di attuare azioni finalizzate alla virtuale assenza – vale a dire il contenuto più basso possibile – di PFAS nelle acque e, soprattutto, nei punti disponibili per il consumo, attraverso l'applicazione delle migliori tecnologie di trattamento, con un approccio teso al miglioramento continuo nelle tecnologie e procedure di rimozione.
  Inoltre, nello stesso parere, l'Istituto, ribadendo che i trattamenti dovrebbero comunque tendere alla massima riduzione dei livelli di PFAS, ha definito i livelli massimi protettivi per la salute della popolazione esposta. Più in particolare – e qui davvero mi scuso per l'eccessiva complessità del passaggio che sto per illustrare, ma essendo questa una Commissione d'inchiesta credo sia d'obbligo la precisione – l'Istituto ha precisato testualmente che «nello scenario di contaminazione rappresentato, si ritiene che l'applicazione delle citate tecnologie possa garantire nelle acque trattate almeno i seguenti livelli di performance».
  I limiti definiti erano quindi degli obiettivi minimi da assicurare mediante i trattamenti tecnologicamente più avanzati delle acque (trattamenti che, comunque, dovevano tendere all'abbattimento il più possibile praticabile delle sostanze dalle acque) ed erano così raccomandati: per il PFOS, limite massimo 0,03 microgrammi per litro; per il PFOA, limite massimo 0,5 microgrammi per litro; mentre per altre dieci sostanze della classe PFAS un limite massimo complessivo di 0,5 microgrammi per litro. Lo stesso Istituto ha ribadito, tuttavia, che si tratta in ogni caso di valori raccomandati e adeguatamente cautelativi per la salute umana sulla base delle conoscenze disponibili.
  Come noto, nel maggio 2014 la Regione Veneto ha stipulato un accordo di collaborazione con l'Istituto al fine di arrivare alla determinazione quantitativa e qualitativa dell'inquinamento e all'estensione delle aree di impatto, sia per quanto riguarda la filiera idropotabile, sia per quanto riguarda le altre matrici ambientali. Tale cooperazione, peraltro, ha incluso diverse altre azioni integrative, tra le quali il supporto al piano di sicurezza dell'acqua e il biomonitoraggio sulla popolazione esposta. Lo studio di biomonitoraggio aveva, tra l'altro, l'essenziale obiettivo di definire compiutamente, attraverso la valutazione delle dosi interne di PFAS nelle persone residenti, l'estensione territoriale dei fenomeni di contaminazione. Indipendentemente dal rapporto convenzionale specifico con la Regione Veneto, l'Istituto, su specifico mandato del Ministero della salute, ha poi emesso le «Linee guida per la valutazione e la gestione del rischio nella filiera delle acque destinate al consumo umano secondo il modello dei water safety plans», uno strumento posto a supporto dello sviluppo progressivo dei PSA (piani di sicurezza delle acque) nell'intero territorio nazionale, al fine di tenere sotto controllo i molteplici – potenzialmente tutti – contaminanti delle filiere idropotabili, a partire dalle risorse idriche dei territori. È opportuno rilevare, peraltro, come nell'allegato di queste linee guida del 2014, i PFAS siano tra i contaminanti non oggetto di ordinario monitoraggio, ma da controllare in base a valutazione sito-specifica. Tale documento ha posto dunque le basi per l'azione di controllo e prevenzione di molteplici parametri emergenti, tra cui i PFAS, non oggetto di ordinario monitoraggio, che integrando la Pag. 6sorveglianza sulla filiera idropotabile con il controllo estensivo sulle risorse idriche ambientali, ai sensi delle recenti modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006, rispetto alla ricerca di PFAS, vengono ora controllati su base sito-specifica nei sistemi degli acquedotti nazionali.
  Fatta questa breve parentesi su tale attività, avente un rilievo nazionale, mi soffermo ora più specificatamente sulle attività che l'Istituto ha svolto in questi anni a esclusivo beneficio della regione Veneto. Innanzitutto devo far presente che proprio nell'ambito di tale attività si è reso possibile definire, già nel 2014, grazie al lavoro dello specifico gruppo tecnico avviato assieme al Ministero dell'ambiente e in sinergia con CNR-IRSA e l'ISPRA, gli standard di qualità ambientale per acque superficiali e sotterranee, per PFOA e composti PFAS.
  È opportuno sottolineare che proprio grazie a tale attività, l'Italia è il primo Paese europeo a definire standard di qualità ambientale per PFAS che costituiscono il presupposto tecnico-scientifico e normativo per acquisire informazioni relative sia ad eventuali fonti di pericolo per l'ambiente di captazione idropotabile, sia per ottenere altri dati di monitoraggio ambientale ai sensi delle norme del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  La sorveglianza sui PFAS, rispetto ai valori soglia e standard di qualità ambientale, potrà consentire, tra l'altro, la rivalutazione di un'eventuale adozione di valori di parametro per PFAS nelle acque destinate al consumo umano a livello nazionale. Nel marzo del 2015, nel proposito della regione Veneto di stabilire limiti per scarichi contenenti PFAS, l'Istituto interveniva, inoltre, per raccomandare valori particolarmente stringenti per PFBA e PFBS, sostanze consentite dal regolamento REACH, che risultano di difficile rimozione nei trattamenti di acque potabili e che pertanto dovrebbero essere intercettati quanto più possibile a monte delle ri-emissioni di acque contaminate nell'ambiente.
  Successivamente, desidero evidenziare che l'Istituto, rispondendo alla regione Veneto, che a seguito di asserite circostanze emergenziali legate a carenze idriche, con possibili e rilevanti impatti sanitari, richiedeva una deroga in detti contesti al valore di parametro precedentemente indicato, ha avuto modo di precisare che, in circostanze eccezionali, concentrazioni fino a 0,5 microgrammi per litro per PFBA e PFBS non erodono i margini di sicurezza e non creano pertanto rischi per la salute umana.
  L'Istituto ha voluto, in ogni caso, evidenziare che superamenti dei limiti di 0,5 microgrammi per litro per la somma di altri PFAS nei punti di utenza, risultano statisticamente irrilevanti negli ultimi due anni di monitoraggio. A fronte di reiterate richieste della regione Veneto per la fissazione di limiti per lo scarico industriale di acque reflue contenenti PFAS, l'Istituto ha poi avuto modo di raccomandare ulteriormente limiti allo scarico per PFOS, PFOA, PFBA, PFBS e «altri PFAS». Nel parere di risposta, nel precisare che le competenze dell'Istituto superiore di sanità non riguardano direttamente valutazioni dei limiti di emissioni di principale pertinenza dell'autorità di controllo ambientale, è stato comunque raccomandato che, per quanto riguarda i composti PFOS e PFOA, i limiti allo scarico coincidono con i limiti di performance riguardanti le acque destinate al consumo umano e individuati con il parere del 2014.
  Anche per quanto riguarda i composti PFBA, PFBS e «altri PFAS», sostanze autorizzate ai sensi del REACH, viene stabilito un valore limite dello stesso ordine di grandezza adottato per le acque potabili (per la precisione 1,5 microgrammi per litro).
  È da sottolineare che la raccomandazione di limiti così stringenti, soprattutto per sostanze il cui uso è consentito, risponde all'urgente esigenza di intercettare ogni ricontaminazione delle acque nel territorio attraverso il ricircolo di queste sostanze PFAS, caratterizzate da straordinaria persistenza e diffusione (la contaminazione è avvenuta per moltissimo tempo).
  Sempre nell'aprile 2016 l'Istituto ha concluso lo studio di biomonitoraggio per la parte relativa alla popolazione generale, trasmettendo immediatamente alla regione Veneto i risultati della determinazione della Pag. 7concentrazione di PFAS nel sangue di residenti in aree a rischio e di residenti in aree di controllo, nonché i risultati dell'analisi genetica di alcuni trasportatori renali, associati alla persistenza di PFAS nell'organismo.
  Desidero inoltre rimarcare che, nello scorso febbraio, l'Istituto ha coordinato l'organizzazione di un convegno internazionale sulla situazione PFAS in Veneto, anche al fine di una possibile indagine epidemiologica nei relativi territori. Tale incontro ha costituito, in concreto, l'occasione affinché i dati e le azioni di valutazione e gestione della contaminazione condotte dall'Istituto superiore di sanità e dalla regione Veneto sotto il coordinamento del Ministero della salute fossero condivisi con le principali istituzioni internazionali (OMS, IARC, EFSA). Ebbene, le conclusioni del convegno hanno considerato efficienti e tempestive le attività ad oggi realizzate a livello centrale e locale, ma hanno piuttosto evidenziato l'urgenza di derivare valori armonizzati a livello internazionale da parte di EFSA e OMS, processo che infatti risulta attualmente in corso.
  Faccio presente, inoltre, che nel giugno di quest'anno il Ministero della salute ha richiamato l'attenzione della regione Veneto sui contenuti del decreto 14 giugno 2017 del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'ambiente, che recepisce la direttiva dell'Unione europea (UE) 2015/1787, la quale, fra l'altro, introduce l'attuazione dei piani di sicurezza sull'intero sistema idropotabile e costituisce la più innovativa metodologia di prevenzione e controllo degli inquinanti potenzialmente presenti nei sistemi idropotabili, elaborata e promossa dall'OMS, cioè il water safety plans. Ho voluto fare questa precisazione poiché devo rimarcare che tale metodologia consente davvero un cambio di passo nelle attività di prevenzione, permettendo di monitorare tutto il sistema di captazione e adduzione delle acque, analizzando e censendo ogni rischio di contaminazione.
  L'attuale sistema di controlli, in effetti, si limita alla verifica periodica di parametri a rubinetto, insufficiente per comprendere l'intero e complesso sistema di gestione dell'acqua. Passiamo quindi da un controllo a rubinetto a un controllo di tutto il ciclo di captazione delle acque, che ci permette anche di avere un monitoraggio e un'analisi profonda della situazione delle acque, sia di quelle superficiali che di quelle sotterranee.
  Desidero inoltre far presente che, grazie a un notevole impegno italiano a livello europeo, l'introduzione dei piani di sicurezza dell'acqua è entrata nella recente direttiva (UE) 2015/1787, che precisa, infatti, al considerando n. 5, che «...al fine di contenere i rischi per la salute umana, i programmi di controllo dovrebbero prendere in considerazione le informazioni provenienti da corpi idrici utilizzati per l'estrazione di acqua potabile» e «...colmare il divario tra estrazione e approvvigionamento dell'acqua».
  Voglio segnalare fin d'ora che una sintesi di tutto il lavoro di monitoraggio svolto dall'Istituto nel periodo 2013-2017, è contenuta nel recente rapporto dal titolo «PFAS nella filiera idropotabile in alcune province del Veneto», pubblicato il 20 luglio di quest'anno. Tale rapporto, che ha finalità espressamente divulgative, finalizzate a socializzare le conclusioni cui l'Istituto è pervenuto in questi anni, proprio al fine di tenere alto il livello dell'attenzione sul tema, contiene importanti considerazioni che ritengo opportuno illustrare, seppur brevemente, in questa sede.
  L'elaborazione statistica delle informazioni su livelli di PFAS, condotta dall'Istituto nel corso della sua attività posta a beneficio della regione Veneto, consente innanzitutto di confermare l'atteso, progressivo miglioramento delle performance di trattamento in relazione alla tendenza di perseguire la virtuale assenza dei composti PFAS nelle acque distribuite.
  In particolare, si è potuta registrare la sostanziale riduzione delle concentrazioni di PFOS e PFOA nelle acque, ciò per ragioni riconducibili principalmente all'evoluzione delle tecnologie di trattamento e ad un costante potenziamento dell'efficienza dei sistemi idropotabili e, più limitatamente, al decremento dei carichi inquinanti in ingresso ai sistemi di trattamento, Pag. 8a causa della massiva contaminazione ambientale e delle falde, probabilmente dovuta anche a sorgenti puntuali di contaminazione per interramento illeciti di rifiuti contenenti PFAS.
  Il rapporto evidenzia, dunque, che allo stato i valori (obiettivi di trattamento di performance per PFOS e PFOA) si considerano ridotti di circa un ordine di grandezza, cioè risultano circa 10 volte inferiori rispetto ai valori massimi di performance indicati dall'Istituto con il parere iniziale del gennaio 2014. Preciso che l'assunzione di un valore obiettivo di trattamento sensibilmente ridotto rispetto ai valori fissati in precedenza, conferma la validità del processo di analisi in corso ed è funzionale – è bene ribadirlo – alla riduzione dell'esposizione della popolazione ad ogni possibile rischio.
  Bisogna precisare, infatti, che in casi come questo i valori debbano ritenersi sempre provvisori poiché sono sempre possibili sia ulteriori ottimizzazioni delle tecnologie di trattamento, sia delle attese riduzioni dei carichi inquinanti delle risorse idriche captate, in forza delle misure di controllo sulle emissioni delle contaminazioni ambientali, sia dell'aggiornamento sulle analisi di rischio e definizione di limiti health-based da parte di autorità sovranazionali (EFSA e WHO), le cui valutazioni sono in corso.
  Il rapporto ha evidenziato, ancora, che i trend di progressiva diminuzione dei valori di esposizione a PFAS attraverso le acque potabili, riguardano tutti i territori interessati. In particolare, considerando l'area maggiormente a rischio, identificata come area rossa dalla regione Veneto e comprendente 21 comuni, in cui i risultati di biomonitoraggio hanno mostrato livelli interni di PFAS nella popolazione statisticamente superiori rispetto ad altre aree, i valori medi attuali di PFAS nelle acque non sembrano evidenziare circostanze territoriali con concentrazioni significativamente più elevate dei dati medi rappresentativi dell'area medesima.
  Al riguardo è utile ribadire che tutte le misure di gestione dei rischi correlati alla presenza di PFAS nelle acque distribuite dall'acquedotto e il rafforzamento della prevenzione della filiera idropotabile interessata, rivelatasi fragile ed esposta a contaminazione industriale, si inquadrano nell'ambito dell'implementazione del piano di sicurezza delle acque (PSA) in corso. Infatti, attraverso una valutazione integrale sulle possibili altre fonti di rischio che minacciano le captazioni, con il concorso di tutti gli enti territoriali si definiscono azioni sinergiche e misure di controllo adeguate e aggiornate, condivise nell'ambito di un team multidisciplinare.
  Anche sotto questo profilo, dunque, posso confermare che è il piano di sicurezza delle acque (PSA) lo strumento strategico – sul quale, se avrò tempo, tornerò nelle conclusioni – che, secondo l'esperienza fatta dall'Istituto presso la regione Veneto, si conferma come elemento indispensabile per assicurare, nella complessità delle attuali reti idriche e infrastrutturali in generale, la garanzia dei necessari livelli di sicurezza per i cittadini.
  Desidero ora soffermarmi su un altro importante capitolo, quello della sicurezza alimentare, sul quale non poteva non concentrarsi l'attività dell'Istituto. A tale riguardo devo informare che risulta attualmente in fase di completamento un ulteriore monitoraggio, finalizzato a valutare la contaminazione da PFAS degli alimenti in alcune aree della regione Veneto e a stimare il contributo dei prodotti alimentari all'esposizione della popolazione residente.
  Il programma di monitoraggio ha preso in esame un campionamento statisticamente significativo di prodotti alimentari di origine animale e di origine vegetale, provenienti da allevamenti e coltivazioni, sia intensivi che rurali, presenti nelle aree di interesse. Sono stati raccolti oltre 1.100 campioni e il termine delle attività è previsto nei prossimi giorni.
  Fermo restando che la valutazione complessiva relativa alla contaminazione degli alimenti e alla ricaduta di tale contaminazione in termini di esposizione della popolazione sarà effettuata al termine delle attività, posso comunque anticipare che i risultati raccolti finora non hanno segnalato criticità che richiedessero l'adozione in itinere di misure particolari. Unica eccezione, Pag. 9 di recente acquisizione ed emersa nel corso di una riunione organizzativa della regione Veneto lo scorso 11 ottobre a Venezia, è quella relativa al livello di contaminazione rilevato in campioni di alcune specie ittiche raccolte nelle acque interne. In merito a tali riscontri, l'Istituto ha concordato con la regione sull'opportunità di definire misure di natura precauzionale, quale il divieto di consumo del pesce di cattura nelle aree interessate.
  Confidando di aver fornito un quadro esaustivo in merito alle iniziative intraprese nell'ambito del territorio veneto, prima di concludere desidero fare un accenno, che ritengo doveroso nella mia qualità di garante della tutela della salute su tutto il territorio nazionale, alle più generali misure adottate dal Ministero della salute al fine di tenere sotto controllo possibili contaminazioni da PFAS. Esse sono sostanzialmente contenute nelle nuove disposizioni introdotte con il decreto interministeriale, salute-ambiente, di recepimento della direttiva dell'Unione europea 2015/1787, che modifica gli allegati II e III della direttiva 98/83/CE sulla qualità delle acque a consumo umano, allineate alle più recenti indicazioni in sede di WHO e di Comunità europea.
  Dico subito che, come assicurato dall'Istituto, tali misure debbono considerarsi adeguate e tutelano pienamente la sicurezza e la salute dei cittadini. In particolare, nell'introdurre l'obbligo di valutazione di rischio nelle filiere idropotabili secondo il modello dei Water safety plans, il citato decreto reca puntuali disposizioni per il controllo di possibili contaminazioni legate a circostanze specifiche che possono interessare la filiera idropotabile, come nella fattispecie dei PFAS, richiedendo espressamente che la valutazione di rischio comprenda «dati di monitoraggio per elementi chimici e sostanze non oggetto di ordinario controllo sulla base di elementi di rischio sito-specifici».
  Le nuove disposizioni inoltre valorizzano il ruolo delle ASL, cui compete «la ricerca supplementare, caso per caso, delle sostanze e dei microrganismi per i quali non sono stati fissati valori di parametro [...], qualora vi sia motivo di sospettare la presenza in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana».
  Consapevole delle complessità delle informazioni che sono state fornite e che potranno essere meglio attrezzate con una lettura approfondita di questa relazione, che metto fin d'ora a disposizione dei commissari, ritengo utile rimarcare sinteticamente i punti essenziali del contributo fornito dal Ministero della salute, principalmente per il tramite dell'Istituto, a beneficio della tutela della salute dei cittadini veneti, e non solo.
  Ricordo innanzitutto che sono molte le azioni di mitigazione della contaminazione ambientale su suolo, su acque di falda, di scarico e potabili, su produzioni primarie e alimentari, che il Ministero della salute ha intrapreso in costante sinergia con l'Istituto, con il Ministero dell'ambiente, con la regione Veneto e con altre istituzioni centrali e territoriali interessate.
  Tali azioni, oltre a garantire la massima tutela della popolazione esposta, in quanto rivelatisi efficaci hanno indirizzato in via più generale i nuovi criteri di prevenzione e risposta rispetto a fenomeni di inquinamenti ambientali con potenziali esiti sanitari.
  Mi fa piacere, peraltro, rimarcare in questa sede che questa tematica è stata condivisa dall'Italia nel recente G7 Salute, che come sapete ha posto la necessità di adottare norme di prevenzione sanitaria collettiva sui determinanti ambientali e climatici, tra cui l'acqua in particolare, improntate ai più avanzati princìpi di analisi di rischio (lo abbiamo fatto tramite il metodo Delphi).
  Tornando alla questione specifica dell'audizione, ricordo che le modalità di azione dell'Istituto, che già in corso d'opera si sono potute avvalere delle migliori expertise a livello internazionale, sono state ampiamente condivise con le principali autorità sanitarie internazionali (IARC, OMS, EFSA, oltre che la stessa Comunità europea). L'azione italiana ha contribuito, peraltro, addirittura alla prima definizione dei valori limiti di inquinanti nelle linee guida mondiali Pag. 10 OMS per la qualità delle acque potabili, nonché dei panel EFSA per contaminanti della catena alimentare.
  Il principale strumento strategico per un approccio definitivo alla valutazione delle soglie di rischio, ai fini di una tutela a 360 gradi della filiera idropotabile, è stato individuato nel piano di sicurezza dell'acqua. L'elaborazione del piano per ciò che concerne la regione Veneto è in pieno svolgimento e ad esso sta contribuendo in modo decisivo proprio l'Istituto.
  Con specifico riferimento alla definizione dei limiti PFAS nelle acque destinate al consumo umano, l'Istituto ha agito con tempestività e rigore scientifico, improntato alla massima precauzione per la gestione dei rischi del territorio veneto interessato dalla contaminazione PFAS, sin dall'emergenza dei fenomeni.
  Le azioni dell'Istituto, illustrate più diffusamente in precedenza, hanno dunque portato a un abbattimento dei valori di soglia tali da ottenere, nelle acque distribuite, livelli di concentrazione di PFOA e PFOS di un ordine di grandezza inferiori rispetto ai valori massimi indicati da questo Istituto nel parere del gennaio 2014.
  Su tali basi, nel parere del settembre 2017 è stata quindi demandata alla regione l'assunzione di un valore obiettivo di trattamento sensibilmente ridotto, in una misura pari a un ordine di grandezza circa 10 volte inferiore rispetto ai valori raccomandati dalle istituzioni sanitarie centrali nel gennaio 2014. Tale indicazione posta alla regione va inoltre associata a misure di gestione di non conformità e ad azioni di rientro rigorosamente in linea con il processo in corso di sostanziale riduzione dell'esposizione a PFAS da parte della popolazione interessata, vale a dire esposta nel tempo a valori relativamente rilevanti di PFAS attraverso il consumo umano di acque. Le azioni intraprese di recente dalla regione Veneto rappresentano, dunque, l'attuazione degli specifici indirizzi da parte del Ministero della salute, sulla base delle valutazioni dell'Istituto, in merito all'opportunità a livello locale di ridurre i valori obiettivi di trattamento, rispecchiando valori attualmente raggiungibili o già raggiunti con i trattamenti in essere. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei per la puntuale esposizione. L'argomento non è di quelli che si prestano a descrizioni generali. Prego, onorevole Zolezzi.

  ALBERTO ZOLEZZI. Le volevo chiedere direttamente, alla fine di queste audizioni, cosa pensi il Ministero riguardo alla sospensione della produzione delle sostanze perfluoroalchiliche. Sappiamo, infatti, che mentre noi parliamo, in questo stesso momento vengono prodotte tali sostanze. Adesso non le voglio citare tutti i dati epidemiologici, che lei conosce sicuramente meglio di me, ma gli studi di letteratura sono comunque molto importanti e impegnativi. Ricordo anche che abbiamo linee guida forse deboli sui PFAS a catena corta attualmente prodotti, ma sono altrettanto deboli anche quelle sulla plasmaferesi per trattare questi dati. Anche su questo le volevo chiedere un parere, cioè sul fatto che – non glielo devo dire io – la popolazione è molto preoccupata perché, da un lato, viene proposta la plasmaferesi, che è un trattamento importante, mentre dall'altro si continuano a produrre questi PFAS: in pratica, è prevista l'abolizione della produzione o anche la sospensione in attesa di avere i dati?
  Ricordiamoci che abbiamo tutta una serie di dati di caratterizzazione (questo è il dato ambientale) ma, in parte, la caratterizzazione non risulta poi così rapida proprio perché lo stabilimento è in funzione. Probabilmente, chiudere almeno le linee di produzione dei PFAS consentirebbe di accelerare la caratterizzazione ambientale dello stabilimento, che risulta molto lenta e da cui risulta sicuramente che c'è qualcosa anche sotto lo stabilimento che va fuori. Le volevo chiedere anche di altre regioni, per esempio della Lombardia, dove già nel 2013 lo studio del CNR, che lei ha citato, riportava valori di 1.000-1.500 nanogrammi nelle acque di alcuni corsi idrici. Vorrei capire se a livello sanitario abbiate pensato a qualcosa per queste ragioni. La ringrazio.

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  BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Il tema è stato approfondito a vario livello, però credo che il presidente Ricciardi possa rispondere più puntualmente in base anche alle rilevazioni e alla plasmaferesi, di cui abbiamo dati un po’ diversi.

  WALTER RICCIARDI, presidente dell'Istituto superiore di sanità. Storicamente la rivoluzione industriale ha prodotto una quantità di sostanze chimiche che vengono sintetizzate dall'industria e vengono immesse nell'ambiente in migliaia al giorno; sono cioè migliaia le nuove sostanze chimiche che la ricerca industriale produce per fabbricare tutte le cose che noi utilizziamo.
  Le autorità di controllo si sono interessate specificamente di questo argomento esclusivamente in funzione delle catastrofi ambientali che si sono verificate: la prima negli Stati Uniti, la seconda in Germania, la terza in Italia. Queste catastrofi, che hanno riguardato specificamente i PFAS, sono inquadrate nell'ambito di una collaborazione internazionale che, a livello comunitario europeo, è particolarmente sviluppata, tant'è vero che la Commissione europea ha creato degli organismi e ha creato un registro specifico, a cui il Ministro ha fatto cenno, che si chiama REACH, in cui, man mano che gli organismi di controllo evidenziano che ci possono essere degli effetti per via di queste sostanze chimiche sulla salute umana, vengono segnalate, vengono discusse a livello internazionale e vengono analizzate eventuali misure di sospensione o di restrizione.
  Questo è avvenuto nel caso specifico da parte nostra e da parte della Germania. La Germania ha fatto delle scelte differenti, non avendo, per esempio, un Istituto superiore di sanità bensì degli istituti competenti, che ha spezzettato tra Berlino, Monaco di Baviera e altri centri. Tuttavia, la struttura competente tedesca ha manifestato al REACH la necessità di restringere questa produzione, cioè di essere molto cautelativi. La Commissione europea ha attivato, peraltro, un suo specifico registro, a cui tutti i 28 Paesi possono partecipare per comunicare l'avanzamento. Peraltro, siccome noi abbiamo, ovviamente su mandato del Ministero della salute, il compito di tutelare l'evidenza scientifica ai fini della salute umana, devo dire che il nostro intervento, che è stato ex novo, ha avuto anche delle resistenze da parte dell'industria, che nei nostri confronti ha fatto anche numerosi ricorsi sui limiti che noi abbiamo fatto (ricorsi che noi abbiamo peraltro sempre vinto e superato in funzione dell'evidenza scientifica). Sostanzialmente, quindi, questi sono parametri che, per quanto riguarda le implicazioni sulla salute, in questo momento vengono decisi a livello comunitario. Spero di aver chiarito la situazione.
  Con riguardo alla plasmaferesi, questo è un intervento invasivo, che in certe situazioni consente la rimozione di sostanze tossiche presenti all'interno dell'organismo. È un intervento sul quale sono stati fatti studi scientifici controllati, il che significa che sottoponi dei soggetti in maniera controllata, così da evitare che ci possano essere rischi per la loro salute, a fronte di una situazione del genere. Tuttavia, a nostro modo di vedere, non è un trattamento che in questo momento risponde all'evidenza scientifica e credo che sottoporre delle persone a un trattamento che non ha queste caratteristiche esponga a qualche rischio di carattere medico-legale.

  BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Con la regione Lombardia noi abbiamo fatto alcune valutazioni perché sono stati fatti dei controlli, oltre al Veneto, sulle acque sotterranee captate in diverse zone industriali, per esempio nell'area metropolitana di Milano, o per potenziali contaminanti da scarichi incontrollati, quindi le acque superficiali captate dai corsi d'acqua interessati da importanti fonti inquinanti sia civili che industriali, quali Arno e Po, però in nessuno di questi casi sono state evidenziate significative criticità di contaminazione. Da questo punto di vista, quindi, abbiamo avuto dati assolutamente rassicuranti.

  LAURA PUPPATO. Ringrazio il Ministro e il presidente dell'Istituto superiore di Pag. 12sanità. Grazie anche per la collaborazione che avete fornito a piene mani rispetto alle richieste che provengono dal Veneto e che sono provenute nel corso di questo tempo. Ormai sono circa quattro anni e mezzo che è stato scoperto l'inquinamento da perfluoroalchilici, proprio a seguito delle analisi condotte su indicazione europea con il CNR e per noi è incredibile che un tempo così lungo non abbia ancora portato a una effettiva modifica della situazione, nel senso che abbiamo avuto una prosecuzione dell'attività dell'impresa che, notoriamente, è responsabile di circa il 98 per cento della quantità di inquinanti perfluoroalchilici che sono stati sversati.
  Noi parliamo sempre, Ministro, della qualità ambientale e dei limiti fissati in relazione ai perfluoroalchilici nelle acque. Non ho compreso, anche oggi, se ci siano dei limiti di riferimento per i perfluoroalchilici nel sangue. Credo che valga la pena di capire la situazione effettiva, nel senso che l'allarme perdura ormai da più di due anni nella popolazione residente (ci sono state anche delle visite, più di recente, innanzi al Ministro dell'ambiente da parte di ragazzi con indosso magliette su cui erano riportati valori di 300-400 nanogrammi per litro di tali sostanze nel sangue).
  Il tema che si pone, quindi, è che se, da una parte, la plasmaferesi non garantisce dal punto di vista dei rischi connessi (mi corregga se sbaglio), dall'altra il rischio concreto è di procedere in una sorta di vicolo cieco, proprio perché non ci sono alternative. Ci è già stato rappresentato, anche dai genitori che più volte hanno partecipato alle nostre audizioni, il fatto che si siano verificate forme di assunzione, che a loro dire potrebbero dare origine ad ulteriori preoccupazioni, inerenti, per esempio, alle attività sportive: è il caso delle piscine, per la precisione. Pare molto strano, infatti, il fatto che avendo i genitori di questi ragazzi deciso l'acquisto di acqua in bottiglia, per qualunque scopo, questi stessi ragazzi, a distanza di sei mesi o un anno, fatte le analisi, avessero avuto persino un peggioramento del quantitativo di perfluoroalchilici nel sangue. Vorrei capire, quindi, se il vostro Istituto abbia una valutazione che possa servire a comprendere fenomeni di questo genere.
  Lei ha detto che avete prelevato 1.100 campioni in relazione ai prodotti vegetali e ai prodotti animali; oggi ci avete dato una notizia, anche se non abbiamo ancora la chiusura della verifica dei prelievi sia vegetali che animali; resta però il problema delle specie ittiche nelle aree interne, quindi nei fiumi e nei laghetti interni, laddove è stato emanato il divieto di cattura e di vendita di questo prodotto (ed è la prima volta che lo sento, quindi voglio che venga ribadito). Noi avevamo invece avuto informazione (a questo punto non so quanto sia attendibile) in relazione al tema delle uova. Vorrei sapere se anche in questo senso abbiamo delle novità.
  Chiudo con la questione relativa ai dipendenti perché il dottor Merler, che sta svolgendo lo studio epidemiologico in Veneto in relazione all'indicazione data dal dottor Mantoan, della direzione sanitaria del Veneto, ci ha parlato, in maniera molto precisa, di parametri completamente sballati in relazione al tema dei lavoratori, dove i dati, purtroppo, ci sono perché le industrie chimiche offrono dati consolidati per quanto attiene alla morbilità e mortalità.
  Qui abbiamo, obiettivamente, un aumento importante di mortalità per cirrosi epatica, tumori epatici, diabete mellito, malattie cardiovascolari ed è «impressionante» (cito il termine usato dal dottor Merler) il confronto con l'officina grandi riparazioni, quindi l'analogo. Anche da questo punto di vista vorrei capire se ci sono elementi che possano essere utili a questa Commissione, o comunque all'indagine in corso, per capire cosa è meglio fare perché c'è una sorta di latitanza da parte della regione nei confronti di questi temi.

  BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Innanzitutto vorrei dire che poiché le domande fatte sono molto puntuali, è necessario che noi ci atteniamo a risposte estremamente puntuali e non generiche perché questa è una Commissione d'inchiesta e, qualsiasi cosa diciamo in questa sede, potrebbe essere parte anche di azioni successive sia dal punto di vista risarcitorio, Pag. 13sia da altri punti di vista. Visto che stiamo parlando di aspetti molto tecnici, cederei la parola al professor Ricciardi e al professor Lucentini, che si occupa della sicurezza delle acque, facendo una valutazione preliminare. Abbiamo fatto un monitoraggio sulle persone a diversi livelli e abbiamo diversi livelli di riscontro: uno è quello sulla popolazione in generale – come anche sugli adolescenti – e che, da un certo punto di vista, sono fortunatamente rassicuranti, fermo restando il fatto che se anche nell'acqua ingerita oggi non c'è più PFAS, ciò che è avvenuto nel passato si è accumulato, quindi questo è uno dei dati per cui si mantiene la persistenza del parametro; l'altra, invece, è la situazione dei lavoratori che sono stati esposti direttamente ai PFAS. Ci sono, quindi, due situazioni diverse.
  Il professore vi spiegherà meglio questi punti. Io, non avendo la relazione, non posso fare anticipazioni, ma potrei dire, però, in modo informale, che dai primi lavori fatti, sui vegetali non abbiamo riscontrato tematiche, mentre le abbiamo riscontrate sulla parte ittica. Sulle uova non sono in grado di darvi una risposta oggi in modo preciso.

  PRESIDENTE. L'importante è che quando ci saranno i dati...

  BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Ve li comunicheremo immediatamente.

  PRESIDENTE. Esatto. Prego, professore.

  WALTER RICCIARDI, presidente dell'Istituto superiore di sanità. Gli argomenti che sono stati sottolineati si giovano dell'approccio che noi abbiamo adottato sin dal primo momento, cioè di fare una task force che mettesse insieme tutte le competenze migliori del nostro Istituto, che nel caso specifico provengono da due dipartimenti, quello a cui fa capo il dottor Lucentini, che è il dipartimento ambiente e salute, e quello diretto dal dottor Agrimi, che è il dipartimento di sanità pubblica, veterinaria e sicurezza alimentare, in quanto, chiaramente, le ricadute sono veicolate sull'uomo tramite le acque potabili o anche le acque di balneazione. Esiste infatti una plausibilità del contatto dermico con acque inquinanti, ma anche con gli alimenti. Nel caso specifico, sono stati studiati soprattutto i vegetali e, tra gli alimenti animali, i pesci, le uova e le carni. Chiaramente, come dicevo prima, questa è una sostanza artificiale, quindi non dovrebbe essere presente all'interno del corpo umano. Oggi, però, le metodologie di rilevazione sono estremamente sofisticate e riescono a quantificare in maniera estremamente precisa.
  Il Ministro ha già detto ciò che è successo. L'esposizione prolungata e l'ingestione di acqua da parte di soggetti di diverse fasce di età, peraltro con diverse fasi di accrescimento perché il turnover è più lento o più veloce a seconda dell'età, ha determinato, oggettivamente, il fatto che in quella fascia di popolazione ci sia stato un accumulo notevole. Noi abbiamo limitato o bloccato, di fatto, l'acquisizione di nuove sostanze, però tutto questo si è accumulato nel tempo.
  Noi abbiamo suggerito, fin dal primo momento, di muoversi secondo l'evidenza scientifica, quindi la prima cosa è biomonitorare attentamente, cioè monitorare nel corso del tempo. La preoccupazione c'è, però siamo sollevati dal fatto che gli studi epidemiologici condotti a livello mondiale non configurano queste sostanze come le sostanze più terribili di impatto. Infatti ci sono altre catastrofi in cui, invece, l'esposizione a sostanza ha provocato danni acuti e cronici. In questo caso, invece, tali conseguenze non ci dovrebbero essere assolutamente, però si depone (lascerò su questo la parola al dottor Lucentini) nel senso di danni sui quali c'è ancora grande incertezza. Gli studi in merito non sono molti e, di fatto, quello più importante sarà quello che coordineremo noi, che stiamo partendo adesso dopo aver fatto il disegno con le migliori autorità internazionali.
  Per quanto riguarda l'utilizzazione di strumenti importanti, in teoria la plasmaferesi, così come i diversi strumenti di rimozione di sostanze tossiche dal corpo Pag. 14umano, può avere una plausibilità. La cosa importante è condurla in maniera oggettiva, quindi con un consenso fortemente informato, nell'ambito di una strategia fortemente coordinata, nell'ambito di fondi pubblici che vengano adeguatamente ben spesi. Questo è il suggerimento che noi ci sentiamo di dare e che daremo. Lascio la parola al dottor Lucentini per gli altri argomenti che lei ha citato, senatrice.

  LUCA LUCENTINI, direttore reparto qualità dell'acqua e salute dell'Istituto superiore di sanità. Grazie molte. Non posso far altro che ricollegarmi, cercando di integrare quelle poche informazioni mancanti, a quanto esposto sinora dall'onorevole Ministro e dal professor Ricciardi. Teniamo conto che siamo andati a restringere il più possibile le fonti di esposizione, a partire da quella che la letteratura ci indicava – e già le evidenze sul territorio mostravano – come la principale via d'esposizione, cioè l'acqua, quest'ultima da considerare in toto, non solo nella filiera idropotabile ma anche nell'esposizione per via di acque sotterranee e superficiali diverse, le quali possono dar luogo, comunque, a contaminazioni di produzione primaria e alimentari attraverso l'agricoltura e l'allevamento, o anche di trasformazione.
  In questo sottolineiamo che anche l'estensione territoriale dei fenomeni non era nota, sia perché, come spesso avviene, purtroppo ci troviamo con infrastrutture non del tutto caratterizzate, quindi anche capire quale acqua era stata distribuita in precedenza non era semplice. Anche per questo è stato necessario il biomonitoraggio, per localizzare cioè l'estensione, in quanto nel giro di poco tempo si doveva capire se fosse interessato tutto il Veneto o solo una piccola parte. Il tutto doveva funzionare insieme ad un'altra dinamica di studio della geologia del territorio. Peraltro, quello stesso stabilimento ha causato nel 1977 un'analoga contaminazione e questo fa riflettere. Per fortuna, ora, con un'azione che definirei muscolare, il Ministero della salute ha imposto l'obbligo dei piani di sicurezza dell'acqua per imparare dalle lezioni avute.
  Il biomonitoraggio aveva considerato, ovviamente, in primis gli allevatori, ovvero soggetti esposti attraverso altre vie, ad esempio i pozzi privati che sono stati controllati più tardi. Anche qui si scontano difficoltà ataviche del Paese nel censimento e nel controllo dei pozzi, quindi, anche qui, questa esperienza deve far riflettere su quali controlli effettuare. Ad oggi possiamo dire che la situazione è per la gran parte sotto controllo. C'è però un elemento che ancora fa riflettere. Se infatti esaminiamo gli ultimi dati e suddividiamo l'area rossa in area A e area B, notiamo che l'area rossa ha ricevuto la stessa acqua potabile e quindi la popolazione è stata esposta agli stessi identici contenuti di contaminanti attraverso l'acqua potabile; tuttavia, l'area A la possiamo considerare quella a monte della sorgente di contaminazione, che quindi non ha ricevuto altre acque al di là di quella potabile e quindi non è stata esposta attraverso altre catene, mentre l'area B, invece, oltre all'acqua potabile, è stata esposta a una contaminazione ambientale diffusa perché si trovava a valle del territorio.
  I numeri sono pochi, quindi ci sono dati del tutto provvisori e da consolidare, però si inizia a intravedere che un terzo di contaminazione di natura interna potrebbe essere dovuta a fattori esterni all'acqua potabile, diretta o indiretta. Su questo aspetto si stanno ora concentrando tutti gli sforzi. In realtà, si tratta di un lavoro di affinamento e la ripetizione del biomonitoraggio su sospetti precedentemente monitorati ci dà un'altra valenza, ma anche le vie di escrezione sono diverse rispetto ai soggetti, entrando in gioco anche altri fattori di confusione, quindi avremmo bisogno di grandi numeri per comprendere bene i fenomeni: ci si sta arrivando e gli sforzi di tutte le istituzioni sono tesi a comprendere anche fattori diversi di possibile esposizione, per poi mitigarli.
  Approfitto dell'importante indicazione del dottor Merler in quanto, attraverso la sua conoscenza di sostanze prodotte da quello stabilimento produttivo (si tratta di una fonte di conoscenza primaria), potremo controllare, anche attraverso le acque, ciò che è stato trattato in quelle aziende Pag. 15perché non sono stati prodotti solo PFAS. Alcune sostanze sono già state controllate (mi riferisco ai fluoro adenomeri e ai benzotrifluoruri), ma altre potrebbero essere state prodotte. Approfittiamo, quindi, di questo patrimonio di conoscenze per trasferirle all'acqua: è un'altra informazione importante, che ci viene attraverso il team dei piani di sicurezza.

  PAOLA NUGNES. Provo a riassumere il mio pensiero in tre domande. Il dottor Ricciardi ha detto che l'industria chimica ha prodotto tante sostanze, che si sono poi rivelate molto dannose per l'ambiente e per l'uomo, anche se ci è stato spiegato che il legame carbonio/fluoro è così persistente che bisognava intuirlo in fase preventiva sulla produzione. Lei ha parlato di principio di cautela, quindi le chiedo se, in un territorio così devastato da questo fatto che è accaduto, tale principio di cautela non detterebbe la necessità del fermo della Miteni, almeno per il tempo del monitoraggio (con la presenza dei capannoni questo monitoraggio richiederà molto tempo). Sarebbe opportuno puntare in maniera certa e sicura alla restrizione nel registro REACH delle sostanze (non solo PFAS) che vengono prodotte dalla chimica.
  Per quanto riguarda il monitoraggio alimentare, ho letto soltanto sui giornali – perché non è un dato ancora pubblicato – che c'è una grossa discrepanza rispetto al monitoraggio effettuato nel 2015, che viene dichiarato grezzo, i quanto questo avrebbe dei sistemi di indagine più sofisticati. Se però aumento la mia capacità di indagine, il risultato non è quello di far emergere maggiori evidenze? Un'indagine grezza potrebbe trarmi in errore e impedirmi di trovare gli elementi proprio perché ho degli strumenti troppo grezzi. Nel momento in cui, invece, miglioro la mia strumentazione, vado più a fondo e quindi mi sembra che ci sia una grande contraddizione, che vi chiederei di spiegare.
  Terzo tema. Chiaramente, lei è il Ministro della salute, non il Ministro dell'ambiente, ma le due istituzioni non possono andare separate. In pratica, noi ci stiamo occupando soltanto di un versante, direi che stiamo giocando in difesa (nel senso calcistico del termine) con la popolazione. Stiamo mettendo dei filtri e stiamo dicendo di avere approvvigionamenti diversificati delle acque, di non mangiare il pesce, forse anche di non mangiare le uova. Insomma, giochiamo in difesa, eppure non ci occupiamo della tutela ambientale, quindi della biodiversità di tutto il ciclo. Questo non può non ripercuotersi comunque anche sulla salute e lei sa ciò sicuramente meglio di me.

  PRESIDENTE. Qual è la domanda, scusi?

  PAOLA NUGNES. La domanda è la seguente: se le risultanze a oggi sono quelle che lei ci sta dicendo, allora non è più necessario cercare approvvigionamenti idrici alternativi, cioè possiamo dire alla popolazione che i livelli sono tali che non si deve....

  WALTER RICCIARDI, presidente dell'Istituto superiore di sanità. Io posso rispondere per quanto riguarda gli aspetti scientifici e posso assicurare alla senatrice che noi stiamo mettendo in campo le migliori competenze metodologiche, analitiche, laboratoristiche, peraltro in maniera integrata. Tradizionalmente, spesso queste erano analisi che venivano fatte a silos, quindi, uno faceva quello, l'altro faceva un'altra cosa. Noi, invece, abbiamo un team assolutamente armonico.
  È chiaro che per avere i risultati dalle indagini epidemiologiche, che sono in questo caso basati sull'osservazione perché non è eticamente corretto fare indagini sperimentali in quanto ciò prevederebbe di sottoporre un gruppo di popolazione a fattore di rischio, non potendo far ciò perché sarebbe non etico, dobbiamo limitarci ad osservare il fenomeno attraverso degli strumenti estremamente sofisticati, che ci stanno comunque consentendo di imparare sempre di più su questa cosa, che peraltro vedrà l'Italia contribuire in maniera importante alla letteratura scientifica in materia.
  Per quanto riguarda l'impatto sulla popolazione, credo che il Ministro sia stato chiaro: in questo momento tutto quello che è stato possibile fare a livello nazionale, Pag. 16regionale, locale, internazionale (nel senso che abbiamo portato questo sia a livello di REACH, sia a livello di Commissione europea), è stato fatto. Non mi soffermo sulle scelte legate agli stabilimenti produttivi, che non sono di mia competenza, però mi sembra che sia la regione, attraverso l'AIA, che debba effettuare le proprie scelte.

  PAOLA NUGNES. Se però delle indicazioni venissero dall'Istituto superiore di sanità, forse....

  LUCA LUCENTINI, direttore reparto qualità dell'acqua e salute dell'Istituto superiore di sanità. Se posso permettermi, l'Istituto ha travalicato anche il suo ruolo, sottolineandolo nei pareri quando è intervenuto sui limiti allo scarico. In questa querelle su chi doveva fissare i limiti allo scarico, quindi ancor prima di smettere di produrre, questa è l'indicazione che, ovviamente, anche il buonsenso faceva emettere già un mese dopo l'emergenza della contaminazione. Tuttavia si è aspettato qualche anno prima di fissare limiti allo scarico per via di un palleggio di responsabilità.
  L'Istituto ha fatto ciò, ottenendo, poi, come risultato, dei ricorsi perché è abbastanza inconsueto fissare limiti analoghi alle acque potabili per prodotti consentiti dal REACH.
  Una parentesi: i limiti dell'Italia per composti consentiti sono stati, da subito, i più bassi, laddove altri Paesi hanno limiti elevati per composti che sono prodotti, cioè per sostanze oggetto di commercio. Abbiamo sollevato questa problematica, come giustamente sottolineava il professor Ricciardi. Tutte le domande che sono arrivate all'Istituto non sono mai rimaste inevase, anche travalicando il confine previsto, considerando cioè il fatto che il desiderio di ridurre drasticamente l'esposizione ha portato a sconfinare in altri campi, come deve essere quando è in gioco la salute.

  BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. A supporto di ciò, devo dire che noi siamo stati allertati immediatamente, non appena siamo venuti a conoscenza di una situazione di inquinamento così forte, di cui poi con il tempo abbiamo compreso la pervasività. L'Istituto superiore di sanità, come già ricordato, ci ha fatto raccomandazioni che non erano neanche nella nostra competenza dal punto di vista costituzionale, però ci siamo richiamati ad un interesse della salute che è più forte di tutti e abbiamo lavorato in collaborazione, cercando di aiutare anche le autorità locali a mettere in campo delle misure non facili. Mentre infatti si effettuava il monitoraggio su persone, animali e vegetali e quindi si cominciavano ad avere i primi esiti su un dato inquinante così importante, il terzo caso al mondo nella storia dell'industrializzazione (perlomeno, il terzo conosciuto), cercavamo anche di aiutare le autorità locali a mettere in campo delle misure che potessero far interrompere immediatamente il protrarsi del fenomeno inquinante, sia alla sorgente, sia al rubinetto. Il tema è che, purtroppo, ci troviamo di fronte a una sostanza che, come giustamente ricordava il professor Ricciardi, non si smaltisce, quindi bisogna lavorare sul futuro, in quanto i tempi di smaltimento sono lunghissimi.
  Accanto a tutto questo devo dire che il lavoro con il Ministero dell'ambiente è stato particolarmente utile da due punti di vista. Il primo riguarda tutto il piano di salute delle acque, che si attua su diversi livelli, essendo totalmente innovativo per l'Italia e passando anche da una nuova responsabilizzazione delle ASL nei territori, con un coinvolgimento più forte della parte sanitaria nel monitoraggio delle acque. Ricordo che questo caso è stato scoperto dal CNR e questo deve essere di aiuto nell'applicazione delle nuove linee guida che abbiamo fatto.
  A questo punto, come Ministero, per noi il fattore più importante è monitorare nei prossimi anni l'attuazione e l'implementazione di queste norme, facendo attenzione a che si abbia una catena di controllo che ci permetta di avere, in tempo reale, lo stato dell'arte di tutte le ASL italiane anche da questo punto di vista. È sicuramente una delle sfide più grandi dal punto di vista non solo ambientale ma, in generale, sulla salute delle persone.

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  LAURA PUPPATO. La Ministra Lorenzin evidenziava che siamo stati il primo Paese a fissare per i composti PFAS standard di qualità ambientale, tuttavia, subito dopo, ha detto che la regione a quel tempo chiedeva deroghe a quei parametri. Ci può dire quando la regione ha presentato la richiesta per il superamento dei limiti e, se c'è della documentazione, eventualmente ce la può produrre?
  Dal fatto che non c'è stata una specifica risposta a una specifica domanda, per tornare alle parole che ha usato lei, presidente, immagino che non ci siano dei limiti prefissati relativamente ai nanogrammi per litro nel sangue: è così?

  LUCA LUCENTINI, direttore reparto qualità dell'acqua e salute dell'Istituto superiore di sanità. In realtà, gli standard di qualità ambientale si riferiscono ad obiettivi di qualità da raggiungere attraverso il controllo delle emissioni – quindi degli scarichi – nelle acque ambientali sotterranee e superficiali. A queste, fortunatamente, nessuno ha chiesto deroga, essendo le basi per fissare gli standard. Fu richiesta una deroga particolare per due composti a catena corta direttamente nelle acque potabili, chiedendo di enuclearli dalla somma di altri PFAS, il cui valore era 0,5, in quanto per questi composti, obiettivamente consentiti secondo il REACH, che hanno persistenza minore e minore tossicità, ci fu richiesto, in condizioni di siccità, nell'impossibilità di effettuare controlavaggi (quindi per motivi operativi e circostanziati) di distribuire acqua con livelli più alti. Noi, ovviamente, prendemmo atto di questa complessità e rispondemmo che non venivano erosi i margini di sicurezza, cercando di limitare ciò a circostanze eccezionali, che poi non si sono fortunatamente verificate, quindi c'è un problema più formale che sostanziale, fortunatamente.

  PRESIDENTE. C'era poi la questione della concentrazione di PFAS nel sangue...

  LUCA LUCENTINI, direttore reparto qualità dell'acqua e salute dell'Istituto superiore di sanità. Rispetto ai limiti, abbiamo obiettivi che aspirano all'assenza. Purtroppo, come è stato detto, queste sono sostanze progettate per essere indistruttibili e anche per disperdersi nell'ambiente. Il loro destino è di finire nel fondo oceanico e, nella migliore delle ipotesi, per quello che ci aspettiamo, di restare lì, quindi con riguardo alla riduzione nel sangue, non possono esistere limiti di legge. Esistono dei valori di fondo, che purtroppo attestano una presenza ubiquitaria dei composti sia nel comparto ambientale, sia anche nelle matrici umane, di pochi nanogrammi/litro, a seconda dei diversi composti. Questi rappresentano valori che non vorremmo accettare, ma con cui dobbiamo coesistere, cercando politiche di lungo periodo che contribuiscano ad eliminarli del tutto.

  PRESIDENTE. Avrei due domande molto veloci. La prima è più di carattere puntuale: l'Istituto superiore di sanità è stato coinvolto nell'attività che sta svolgendo la procura di Vicenza? La seconda è di carattere generale: a vostro giudizio (mi riferisco, ovviamente, soprattutto all'Istituto superiore di sanità), visto che in futuro avremo a che fare, probabilmente, non solo con i PFAS ma anche con una serie di inquinanti emergenti, mi chiedo se il sistema di controllo del Paese, da un punto di vista anche analitico, sia pronto o debba essere ammodernato per trovare soluzioni, cioè per trovare la possibilità di far fronte a quelli che saranno i nuovi inquinanti, posto che ogni secolo ha avuto i suoi e, ogni cinquant'anni circa, il parco inquinanti da ricercare ovviamente cambia.
  Dal punto di vista analitico ci sembra di capire che si andrà sempre di più verso sostanze che hanno effetti a livello di picogrammi o nanogrammi e questo significa che le attrezzature per individuarli dovranno essere più sofisticate, più costose, con sistemi organizzati diversi. In tal senso, quindi, c'è un'interlocuzione anche con gli altri Ministeri, o comunque con gli organismi regionali, i quali hanno i laboratori, onde essere pronti in vista di quella situazione?

  WALTER RICCIARDI, presidente dell'Istituto superiore di sanità. Alla prima domanda Pag. 18 rispondo di sì: assolutamente. I dottori Comba, Crebelli e Lucentini sono periti della procura. Per quanto riguarda la seconda, direi di no, nel senso che, ovviamente, l'Italia è costituita da un territorio molto eterogeneo. Bisogna sottolineare che la capacità analitica, in termini di attrezzature oltre che di know how professionale, è molto sofisticata, anche grazie alle decisioni del Ministro e del Parlamento. Siamo molto contenti di aver potuto stabilizzare tutta una serie di persone che, da anni, lavoravano in condizioni di precariato. Questa è una prima risposta, molto pratica: se non avessimo avuto queste persone, anche la nostra capacità – cioè dell'Istituto, dell'organo tecnico-scientifico del servizio sanitario nazionale – non sarebbe stata all'altezza; invece lo è assolutamente e a livelli di estrema competitività.
  Due settimane fa abbiamo avuto in Istituto la riunione di tutti i presidenti e i direttori degli Istituti superiori di sanità del mondo (non su questo tema, ma in generale) e anche i colleghi di Paesi molto più ricchi di noi (il Robert Koch in Germania ha un patrimonio 5 volte superiore) ci hanno fatto i complimenti. Però visto che la nostra è una base regionale, il suggerimento è che le regioni, soprattutto quelle a più alto rischio ambientale, dovrebbero attrezzarsi. Comunque, nel caso, in generale, noi ci siamo.

  BEATRICE LORENZIN, Ministra della salute. Questa è una Commissione d'inchiesta, ma è anche una Commissione composta da politici e vorrei che ci fosse una presa di coscienza (lo dico alla fine del mio mandato) su cosa è il Ministero della salute e su cosa dovrebbe essere nei prossimi anni. Noi abbiamo di fronte delle sfide epocali, cioè delle sfide di trasformazione dal punto di vista sanitario, dal punto di vista demografico (le due cose sono veramente in collegamento), nonché dal punto di vista epidemiologico. Abbiamo scelto di dedicare il G7 salute a Milano all'impatto dei cambiamenti climatici e dei fattori inquinanti di sviluppo sulla salute umana e animale; subito dopo abbiamo parlato della salute della fanciulla e della donna; poi della resistenza agli antibiotici per uomini e animali. Sono tutti fattori collegati, anche se non posso fare qui una dissertazione scientifica di due ore. Abbiamo, ad esempio, la siccità, l'abbassamento delle falde, l'emergenza di fattori inquinanti o della tossicità dell'acqua (guardiamo a quello che è successo a Bracciano la scorsa estate). Vi è, quindi, la necessità di conservazione delle acque, di tenerle pulite. La stessa cosa riguarda altri fattori ambientali, la salute della città; avremo city event del G7 a Roma dedicato a questo proprio l'11 dicembre, con le nuove molecole. Noi stiamo avendo sempre più evidenze scientifiche sull'impatto degli inquinanti atmosferici dovuti al riscaldamento e ai veicoli sui fattori di salute, quindi la ricerca ci porta ad avere anche nuove sfide e nuovi strumenti.
  Il ruolo del Ministero della salute, a Costituzione vigente, deve essere un ruolo in cui vengono rafforzati questi aspetti perché abbiamo necessità di avere i dati per fare valutazioni evidence based sull'epidemiologia, quindi di rafforzare il flusso e la capacità di arrivo di dati dalle regioni, con dati epidemiologici, dati puntuali, struttura per struttura, realtà per realtà, sia per la salute delle persone, sia per la salute degli animali. Di queste due cose, una non è meno importante dall'altra perché entrambe impattano nella nostra alimentazione e nella nostra filiera.
  Il secondo punto, importantissimo, è che ci viene sempre più richiesto, a Costituzione vigente, un'attività di monitoraggio e di controllo. L'attività di monitoraggio e di controllo si fa attraverso strumenti e tecnologie che richiedono investimenti, risorse. Abbiamo dedicato molto a questo tema in questi anni, ma sulla base di quel poco che avevamo e quindi bisogna capire quali sono le priorità e le risorse umane.
  L'emendamento che ha permesso la stabilizzazione degli IRCCS ha avuto una vita di circa quattro anni, legge di bilancio per legge di bilancio. Alla fine siamo riusciti a portarla a casa, ma vi assicuro che è necessario rafforzare la componente veterinaria, cioè proprio le risorse umane per fare i controlli e i check sulla veterinaria, il che vuol dire anche la sicurezza dei nostri impianti di trasformazione del cibo e degli Pag. 19alimenti, che è uno dei fattori di successo, che interessa il 40 per cento dell’export dei prodotti italiani. Si tratta, quindi, di sicurezza alimentare, della nostra salute, ma anche di economia: se non abbiamo le persone per fare le famose task force del Ministero, se siamo sempre gli stessi è difficile. Abbiamo una necessità obiettiva, per la quale il personale del Ministero della salute – non me ne voglia nessun altro – ha bisogno di un rafforzamento qualitativo attraverso concorsi, giovani, persone con expertise e non può essere considerato alla stregua di un dipartimento «X» della pubblica amministrazione perché non è così: siamo con lo stesso organico e la stessa qualità di organico da 17 anni. Capirete che questo comporta, poi, delle problematicità.
  Queste sono le sfide basiche, quelle più semplici, per poter essere più operativi nei prossimi anni, dopodiché ci sono le grandi sfide di sistema, che tuttavia, in mancanza dei dati, non si possono affrontare.

  PRESIDENTE. Bene. Ringraziamo la Ministra Lorenzin per il suo intervento. Sospendiamo la seduta per la riunione dell'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.

  La seduta, sospesa alle 15.20, è ripresa alle 15.25.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che, così come stabilito nella odierna riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, la missione in Toscana, già prevista dal 15 al 16 novembre, avrà luogo dal 27 novembre al 1° dicembre. Avranno inoltre luogo una missione in Sicilia, il 16 e 17 novembre 2017, e una missione in Veneto e in Lombardia, dal 4 al 6 dicembre 2017. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.