XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 132 di Giovedì 9 novembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, sui principi del federalismo fiscale e l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Maroni Roberto , presidente della Regione Lombardia ... 3 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 7 
D'Incà Federico (M5S)  ... 8 
Paglia Giovanni (SI-SEL-POS)  ... 9 
Marantelli Daniele (PD)  ... 10 
Zanoni Magda Angela  ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 13 
Maroni Roberto , presidente della Regione Lombardia ... 13 
Marantelli Daniele (PD)  ... 17 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 17 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante trasmissione diretta attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, sui principi del federalismo fiscale e l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione, del presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, sui principi del federalismo fiscale e l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, argomento che la Commissione ha già prima dei referendum svolti in Lombardia e Veneto giudicato di grande interesse. Evidentemente, il risultato delle due consultazioni lo ha enfatizzato.
  Abbiamo cominciato ieri col presidente Zaia, oggi abbiamo il presidente Maroni. La settimana prossima – lo anticipo, poi lo definiremo nell'Ufficio di presidenza – avremo il presidente della regione Emilia-Romagna, Bonaccini, il giovedì, mentre ascolteremo il sottosegretario Bressa, il rappresentante del Governo, che mi sembra sia stato indicato per mercoledì.
  Ringrazio il presidente Maroni e i collaboratori che lo accompagnano e gli do subito la parola.

  ROBERTO MARONI, presidente della Regione Lombardia. Siamo arrivati alla conclusione di un percorso iniziato due anni fa, con la delibera del consiglio regionale d'indizione del referendum consultivo per l'autonomia, che si è svolto il 22 ottobre.
  Il nostro referendum non prevedeva un quorum, perché la legge regionale non lo prevede. Lo abbiamo realizzato per la prima volta con un sistema di voto elettronico, usando circa 24.000 voting machine, apparecchiature elettroniche che abbiamo acquisito con una regolare gara, dislocate in oltre 9.200 seggi, quelli tradizionali individuati dal Ministero dell'interno, perché la votazione elettronica è stata fatta con un accordo col Ministero dell'interno medesimo.
  Contemporaneamente alla votazione elettronica sul referendum consultivo, in diciassette comuni – questa è una cosa interessante – si è svolto anche il referendum per la fusione di comuni. È interessante perché questo referendum ha delle conseguenze sull'anagrafe, e quindi occorreva l'autorizzazione esplicita del Ministero dell'interno, cosa che è avvenuta dopo una verifica sulla sicurezza del voto elettronico.
  Queste macchine hanno portato al risultato della votazione per oltre il 95 per cento favorevole al sì. È andato a votare quasi il 40 per cento degli aventi diritto, oltre 3.017.000 lombardi, quindi il risultato è stato di approvazione dell'iniziativa.
  Il nostro referendum, a differenza del quesito referendario del Veneto, era più elaborato. Prevedeva la richiesta ai cittadini lombardi sull'autonomia «Volete che la regione Lombardia, in considerazione della sua specialità..., nel quadro dell'unità Pag. 4nazionale...» e così via. Sono due passaggi importanti.
  Il secondo, «nel quadro dell'unità nazionale», sottolinea il fatto che la nostra richiesta di autonomia non ha nulla a che fare con quello che è successo in Catalogna. È per l'attuazione degli articoli 116 e 117 della Costituzione nei termini previsti dalla Costituzione stessa, cioè una trattativa, un accordo col Governo, e poi il voto da parte del Parlamento.
  «In considerazione della sua specialità» è un inciso importante. L'abbiamo voluto mettere per sottolineare la nostra intenzione di affermare nella trattativa con il Governo una sorta di tertium genus tra la regione a statuto ordinario e la regione a statuto speciale. La condizione di specialità riconosciuta per una serie di caratteristiche a una regione non significa statuto speciale, ma un trattamento diverso rispetto alle regioni a statuto ordinario. C'è da lavorare, ovviamente, ma il fatto che l'abbiamo inserito nel quesito referendario è una cosa importante.
  Abbiamo diffuso anche un documento, che è sul sito della regione Lombardia («Scopri perché la Lombardia è speciale»), con una serie di dati economici che dimostrano che la regione Lombardia riesce a fare cose che altre regioni fanno in modo diverso.
  La sintesi di tutto ciò è una ricerca, che cito sempre, fatta dall'ufficio studi della Confcommercio, che sottolinea un aspetto importante. Non è tanto l'orgoglio per noi di averla fatta, ma può essere davvero un dato utile anche per il Governo. Hanno fatto una verifica nel 2015 di tutti i bilanci delle regioni a statuto ordinario, che, come sapete, fanno le stesse cose, hanno le stesse competenze, e ha calcolato, l'ufficio studi della Confcommercio, che se tutte le regioni spendessero le risorse pubbliche come la regione Lombardia, col nostro modello di spesa pubblica, lo Stato ogni anno per fare le stesse cose che oggi si fanno risparmierebbe ben 23 miliardi di euro semplicemente migliorando la qualità della spesa pubblica.
  Questo è un dato importante e interessante, perché farà parte della trattativa che iniziamo con il Governo, e riguarda in particolare la sanità. L'80 per cento della spesa delle regioni riguarda in particolare i cosiddetti costi standard. Questa è la qualità della spesa.
  A chi ci critica dicendo che col referendum e con l'autonomia togliamo risorse al sud, rispondo che non dico che dobbiamo spendere meno, ma dobbiamo spendere meglio, che è un'altra cosa, e questo anche a vantaggio delle regioni del sud.
  Fatta questa premessa, il quesito referendario prevedeva in generale la richiesta ai cittadini lombardi se volessero l'autonomia su tutte e 23 le materie previste dagli articoli 116 e 117 della Costituzione.
  Come sapete, sono 20 materie di legislazione concorrente e 3 materie di legislazione esclusiva. In realtà, sono più di 23 le materie, perché sono 23 punti, ma ci sono dei punti che comprendono più materie. La tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e dei beni culturali, per esempio, è un unico punto, ma è evidente che ambiente ed ecosistema forse sono la stessa cosa, mentre i beni culturali sono sicuramente un'altra cosa.
  Questo è per dire che la prima cosa che faremo con il Governo dovrà essere quella di capire bene queste materie che cosa significano in sé. Non ci sono precedenti. Non è mai stato fatto. È una fase, quindi, molto interessante.
  Il Veneto, l'Emilia e noi ci siamo subito attivati per definire i contenuti di queste materie. Noi lo abbiamo fatto, con una risoluzione che il consiglio regionale della Lombardia ha approvato il 7 novembre, martedì, che lascio alla Commissione, che individua, fatta una serie di premesse, le materie per le quali la regione Lombardia chiede l'applicazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, indicandole tutte. Per ciascuna di queste materie vengono specificate le richieste che il consiglio regionale avanza, ovviamente dando mandato a me, impegnandomi come presidente ad avviare il percorso. In più, oltre a specificarle – cito la risoluzione – , «l'illustrazione delle materie di cui sopra non è da considerarsi esaustiva e nel corso delle trattative Pag. 5 potrebbero emergere aspetti non considerati nella presente risoluzione».
  Ho voluto che fosse inserito quest'inciso, perché è evidente che è una specificazione delle singole materie, ma, appunto, essendo la prima volta, nel corso della trattativa potranno emergere contenuti che qui non sono riportati. Volevo evitare, se succede questo, di dover tornare in consiglio regionale e riaprire la trattativa.
  Oltre a questo, sono state anche raggruppate le materie in sei aree. È un esercizio che il consiglio regionale ha voluto fare, che non è assolutamente vincolante, ma che serve a sottolineare una cosa: noi vogliamo arrivare a un accordo con il Governo prima che questo Governo termini il suo mandato, quindi prima delle elezioni. Vogliamo farlo e vogliamo farlo seriamente. Non è un'iniziativa da campagna elettorale, per intenderci. Questo sforzo che il consiglio regionale ha fatto di raggruppare le materie serve anche per dare un po’ di ordine e per facilitare il lavoro.
  Tra le sei aree, c'è quella istituzionale, che comprende una serie delle materie, e cioè rapporti internazionali e con l'Unione europea delle regioni. Vorrei soffermarmi un attimo su questo, perché è interessante.
  Questa Unione europea delle regioni non so bene come debba essere inteso. L'Unione europea delle regioni non c'è, c'è l'Unione europea, punto, a meno che non sia rapporti internazionali delle regioni e rapporti con l'Unione europea nella parte di competenza delle regioni. È, però, interessante, perché io invece la vedo come il futuro dell'Europa, l'Europa delle regioni e non l'Europa degli Stati membri. C'è poi l'ordinamento della comunicazione e organizzazione della giustizia di pace. Queste tre materie sono raggruppate nell'area istituzionale.
  Poi c'è l'area finanziaria, che comprende il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, la previdenza complementare e integrativa, le casse di risparmio, le casse rurali e le aziende di credito a carattere regionale, gli enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.
  La terza è l'area ambiente, protezione civile, territorio e infrastrutture, che comprende le materie seguenti: ambiente ed ecosistema, tutela e valorizzazione, protezione civile, governo del territorio, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, grandi reti di trasporto e di navigazione, porti e aeroporti civili.
  Quella successiva è l'area economica e del lavoro, che comprende le materie tutela e sicurezza del lavoro, ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi. Anche questa è un'unica materia, ma è molto interessante, perché ci sono la ricerca scientifica, la ricerca tecnologica, che è diversa dalla ricerca scientifica, e il sostegno all'innovazione per i settori produttivi, che io intendo in attuazione della ricerca, quindi è la ricerca, che comprende il mondo delle università e i centri di ricerca, ma anche la ricerca applicata, che coinvolge a questo punto e solo a questo punto, o anche un po’ prima, il mondo delle imprese.
  L'investimento sulla ricerca nella regione Lombardia è molto importante. Ricordo solo che, quando sono diventato governatore, nel 2013, l'investimento nella ricerca era l'1,6 per cento del prodotto interno lordo della Lombardia, che è di circa 350 miliardi di euro. L'anno prossimo arriveremo al 3 per cento di prodotto interno lordo tra pubblico e privato, che vuol dire quasi 10 miliardi di euro. Ci sono poi il commercio con l'estero e le professioni, e tutto questo è nella medesima ’area economica e del lavoro.
  L'altra è l'area cultura, istruzione e ricerca scientifica, che comprende le norme generali sull'istruzione previste dal secondo comma dell'articolo 117, ma anche l'istruzione prevista dal terzo comma. Il termine «istruzione» è materia esclusiva dello Stato («norme generali sull'istruzione»), ma anche materia concorrente, e li mettiamo insieme, ovviamente salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell'istruzione e della formazione professionale, che sono già di competenza della regione. Ci sono poi i beni culturali, la tutela e la valorizzazione e l'ordinamento sportivo. Pag. 6
  Infine, l'ultima è l'area sociale e sanitaria, che comprende le materie tutela della salute e alimentazione.
  Quest'esercizio – lo ripeto – è stato fatto per facilitare il lavoro. Il nostro obiettivo è quello di arrivare – lo ribadisco ancora – all'accordo con il Governo prima delle prossime elezioni.
  L'indicazione che viene data al presidente da parte del consiglio si articola in cinque punti: l'impegno che il consiglio mi dà ad avviare, naturalmente con il coinvolgimento del consiglio regionale anche tramite una diretta partecipazione dei suoi rappresentanti, il confronto con il Governo per definire i contenuti di un'intesa ai fini della deliberazione con riferimento alle materie individuate nell'allegato A. Come ho detto, bisogna tenere conto che l'illustrazione delle materie di cui sopra non è da considerarsi esaustiva.
  In secondo luogo, l'impegno è a definire il complessivo assetto delle potestà normative con la definizione di rapporti chiari tra legislazione, potere regolamentare e relative funzioni amministrative, inserendo delle clausole di garanzia a favore dell'autonomia ottenuta rispetto alle successive leggi statali – questo è un punto interessante – anche di stabilità o di coordinamento della finanza pubblica, in osservanza del principio di leale collaborazione tra Stato e regione affinché, ed è questo il punto importante, siano salvaguardati livelli adeguati di risorse finanziarie correlate alle competenze acquisite per non vanificare l'obiettivo di mantenere nel tempo l'autonomia conseguita.
  Questo è un punto importante, perché guarda alla prospettiva: non solo si danno queste competenze e si fissano le risorse per il 2018 o per il 2019, e poi si vedrà.
  Infine, l'impegno è a ottenere la garanzia dell'acquisizione di tutte le risorse necessarie al finanziamento integrale delle funzioni attribuite alla regione. Questo è un punto che immagino sarà oggetto di approfondimento e di discussione con il Governo, magari anche di qualche contrasto, perché le risorse sono una cosa importante.
  Concludo su questo punto. Nella campagna referendaria abbiamo parlato di risorse facendo riferimento al cosiddetto residuo fiscale, che è la differenza tra quanto i contribuenti di una regione pagano in tasse e quanto complessivamente lo Stato riporta in quella regione, quindi non solo in riferimento al bilancio della regione e degli enti locali, ma a tutto ciò che lo Stato fa in quella regione.
  Abbiamo citato il dato della Lombardia, che è un dato rilevante, perché siamo attorno ai 54 miliardi di euro. Abbiamo fatto riferimento nella pubblicazione di cui parlavo prima, cioè «Scopri perché la Lombardia è speciale», al fatto che il dato della Catalogna relativo al residuo fiscale è 8 miliardi di euro e quello della Baviera è 1,5 miliardi di euro. Il dato della Lombardia è 54 miliardi di euro. La seconda regione in classifica dopo la Lombardia è l'Emilia-Romagna, che ha un residuo fiscale di 19 miliardi di euro. Il nostro obiettivo è di ridurre almeno del 50 per cento il residuo fiscale, quindi 27 miliardi di euro. L'aspetto interessante è che il residuo fiscale dell'Emilia-Romagna sul prodotto interno lordo della regione è poco più del 10 per cento e quello della Lombardia è il 17 per cento, 7 punti percentuali in meno per arrivare come l'Emilia-Romagna. Il 7 per cento di 350 miliardi, anche se non sono forte in matematica, è comunque più di 20 miliardi. Se la Lombardia venisse trattata dal Governo come l'Emilia-Romagna da questo punto di vista, già avremmo il doppio del bilancio della regione.
  Questo farà parte della trattativa con il Governo? Sì. Fa parte del quesito referendario? Io dico di sì, proprio perché tra gli impegni che mi sono stati assegnati c'è quello di ottenere garanzie dell'acquisizione di tutte le risorse necessarie al finanziamento integrale delle funzioni attribuite alla regione. Questo è il punto su cui c'è stata una forte discussione.
  Quali sono le risorse? Sono quelle che oggi lo Stato mette per finanziare le competenze che passeranno alla regione e sono solo quelle? Se fosse così, dovremmo semplicemente fare la fotografia di quanto lo Stato oggi spende in regione Lombardia per Pag. 7tutte queste funzioni e sarebbero trasferite al bilancio della regione, ma non sarebbero risorse aggiuntive alla Lombardia, perché già vengono spese dallo Stato.
  Massimo Garavaglia dice che le spenderemmo meglio, quindi ci sarebbe comunque un risparmio che potrebbe essere utilizzato come investimento. Io dico che è così, ma non è solo così. In molte di queste materie ci saranno iniziative che abbiamo intenzione di assumere che oggi non sono previste come finanziamento nel bilancio dello Stato. Cito solo l'esempio delle infrastrutture. Se c'è una nuova infrastruttura che voglio realizzare e che oggi non è prevista nei fondi e nel bilancio dello Stato, questo richiede risorse aggiuntive. Sul traforo dello Stelvio, per esempio, c'è già uno studio di fattibilità, per il quale la provincia autonoma di Trento ha stanziato 300.000 euro, ma nel bilancio dello Stato c'è zero.
  Se dico, allora, che voglio la competenza sulle infrastrutture e, caro Governo, ti presento una serie di progetti che oggi non prevedono alcuno stanziamento a valere sui fondi che già ci sono – c'è il fondo nazionale per le infrastrutture, che non è stato ripartito tra le regioni, quindi non dico di prendere i soldi e le risorse dalle altre regioni, ma dai fondi che lo Stato ha già stanziato – ti chiedo di fare il riparto di quei fondi, assegnando alla Lombardia per finanziare questi progetti queste risorse, che sono quindi risorse aggiuntive.
  Concludo dicendo che è un esercizio, quello a cui ci accingiamo con il Sottosegretario Bressa, molto importante e molto interessante, che richiederà approfondimenti, ma almeno da parte della regione Lombardia nello spirito di leale collaborazione, perché io voglio arrivare a un accordo prima delle prossime elezioni. Non so se sarà possibile, perché naturalmente non dipende solo da noi, ma questo è l'approccio in cui la regione Lombardia si è messa e che io voglio confermare.
  Abbiamo inviato ieri al Presidente del Consiglio dei ministri una lettera con allegata la risoluzione, quindi dal punto di vista formale abbiamo fatto tutti i passi. Oggi pomeriggio, come forse sapete, alle 16 circa insedieremo il tavolo. Vi anticipo che avanzerò al Sottosegretario Bressa la richiesta di organizzare una serie di tavoli, magari con le sei macroaree, uno dei quali da tenere in Lombardia, a Milano, per sottolineare proprio la parità di status tra regione e Governo per dare attuazione alla Costituzione italiana.
  Ho concluso. Vi ringrazio. Lascio la delibera.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente Maroni.
  Prima di dare la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, farò, come ieri, un po’ l'avvocato dello Stato. Con Maroni siamo associati di partito, ma farò alcune osservazioni e forse provocazioni.
  Ovviamente, il tema che sarà agitato dai governatori che non sono della Lombardia, ma del Sud, che ricevono il residuo fiscale che la Lombardia versa, è che potrebbero accedere a loro volta all'articolo 116. Se la regione Lombardia vuole tenersi una parte di quel residuo fiscale, chi ne paga il prezzo? Come è compatibile e coerente, questo tipo di approccio, col fatto che a quei tavoli non ci sono o ci potrebbero essere dei governatori delle regioni riceventi il residuo fiscale e non donanti il residuo fiscale?
  La seconda questione è, secondo me, di carattere più tecnico. Sulla spesa storica consolidata che lo Stato fa in regione Lombardia credo che ci siano numeri e possibilità standard o non standard di trasferire questo tipo di risorse alla regione. Poniamo il caso, però – io richiamo l'accenno del presidente Maroni alle spese infrastrutturali – dei fondi da distribuire in modo discrezionale. Faccio un esempio concreto tanto per capire: se nel bilancio dello Stato c'è un fondo di 100 milioni di euro da distribuire per sport, periferie, ambiente, che è materia che ad esempio la regione Lombardia rivendica, questi 100 milioni vengano distribuiti in modo discrezionale. L'anno scorso, di questi 100 milioni, la regione Lombardia ha preso il 3 per cento, evidentemente molto inferiore rispetto alla popolazione. Questo 3 per cento è lo storico a cui si rifà la regione Lombardia o la regione Lombardia su queste spese discrezionali va a negoziare rispetto ad altri Pag. 8indicatori che non sono la spesa storica consolidata fatta in regione Lombardia?
  La terza questione è interessantissima sotto il profilo di tipo costituzionale. Quello per arrivare a quest'autonomia, è un percorso a ostacoli per le regioni, perché devono fare la richiesta, bisogna fare l'intesa tra Stato e regione, il Parlamento si deve riunire e con una maggioranza qualificata deve approvare quest'intesa.
  Ho trovato interessante il richiamo al fatto che, una volta che l'autonomia è raggiunta, non può essere tolta. A sua volta, infatti, il percorso di uscita da quest'autonomia lo vedo assai complicato per lo Stato, che per farlo, dovrebbe sì chiedere al Parlamento di revocarla o di limitarla con le maggioranze, e fino a lì ci siamo, ma una volta raggiunta e sottoscritta l'intesa con lo Stato, immagino come impossibile che la regione si accordi per revocarla.
  Su quest'aspetto ci sono gli esempi recenti delle regioni a statuto speciale. Quando lo Stato, nel momento di crisi finanziaria, ha cercato di aggredire per ridurre il contributo al Trentino-Alto Adige e altro, ci sono stati dei contenziosi anche davanti alla Corte costituzionale esattamente su questo punto.
  È molto interessante, secondo me, il percorso che qualcuno ha immaginato, almeno in regione Lombardia, in retromarcia rispetto a quello che è stato ottenuto. Oggi, c'è questo tipo di spinta, ma tra cinque o dieci anni per ragioni di carattere politico, economico, finanziario, potrebbe esserci una spinta di tipo diverso. A questo punto, però, senza il consenso della regione la vedo molto difficile da raggiungere.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FEDERICO D'INCÀ. Ringrazio il presidente Maroni dell'audizione.
  Come Movimento 5 Stelle, abbiamo dato l'appoggio ai referendum. Sia in Veneto sia in Lombardia, abbiamo cercato di portare avanti il più possibile questa che è una grande riforma istituzionale del nostro Paese partendo dal basso, nel rispetto della Costituzione, degli articoli 116 e del 117 e dell'articolo 5, che parla di decentramento e di autonomia locale.
  Noto un fattore. Tra l'audizione di ieri del presidente Zaia e la sua vi sono delle forti differenze. Il Veneto sembra più avanti in un percorso di gestione di proposta di legge sull'autonomia, che tra l'altro io ho letto – sono 132 pagine – che riporta alcune argomentazioni prescritte nell'articolo 117 e le amplia in pratica, e anche nella richiesta molto più specifica dei nove decimi, mentre lei parla di metà del residuo fiscale.
  Mi aggiungo anch'io alla domanda del presidente su che cosa pensano le altre regioni del fatto che viene appunto chiesta una parte di residuo fiscale e quali obiettivi realmente si pongono, perché magari si chiede 100 per ottenere chi 90 e chi 50, e poi le altre cose che si ottengono.
  La road map è abbastanza confusa in entrambi i lati, perché non si capisce. Probabilmente, stiamo parlando anche di temi completamente nuovi, per cui è chiaro che le road map si costruiscono di volta in volta.
  Vorrei riportare anche le parole dell'onorevole Bressa, che dice: «scordatevi le 23 materie», da titolo di un giornale. So che la rassegna stampa del Veneto non fa parte della sua rassegna stampa – può darsi che ci sia, altre volte no – ma sul tema direi che Bressa ha detto pure questo. Chiederei, quindi, anche al presidente un'audizione dell'onorevole Bressa, in modo da poter capire quale tipo di percorso si vuole fare.
  La domanda è questa: non era più corretto pensare a un percorso, almeno tra Lombardia e Veneto, visto che hanno fatto un percorso simile per raggiungere il referendum, anche successivo per capire insieme la proposta di legge e quali materie portare?
  Probabilmente, le 23 materie sono un punto di arrivo del massimale, ma ci sono delle materie secondo noi fondamentali, quali l'istruzione, l'innovazione tecnologica e il rapporto con le università per poter far crescere quel tessuto imprenditoriale che esiste in Lombardia e Veneto. Sinceramente, invece, soprattutto per il Veneto, si è vista una diminuzione per colpa della Pag. 9crisi economica, ma anche un cambio di generazione, e si verifica un'avanzata dell'Emilia-Romagna, che sta avendo una maggiore esplosione del prodotto interno lordo riguardo anche a una vocazione industriale.
  La prima domanda riguarda, quindi, la road map e quali sono le materie secondo lei più importanti. Le riporto la nostra richiesta di pensare all'istruzione e all'università in rapporto all'innovazione tecnologica.
  C'è poi un rapporto interessante. In Veneto si è svolto anche un referendum per l'autonomia di Belluno. Voi avete una provincia molto simile a Belluno, che ha delle caratteristiche simili, indicate anche nella legge Delrio: Sondrio. La valutazione è: che cosa si può fare per le province interamente montane, quali Belluno e Sondrio, nel percorso di autonomia?
  Lei sa anche che è in corso in questo momento, seppur si è fermato ieri per richiesta, stranamente, da parte del consiglio regionale con il presidente Ciambetti – si è valutato che l'atto d'indirizzo della mozione non fosse sufficiente per dichiarare il parere da parte della regione Veneto sull'articolo 132 della Costituzione, quindi avremo un ritardo – ma comunque c'è il passaggio di Sappada. Sappada passa da una regione a statuto ordinario a una speciale.
  È interessantissimo, questo percorso, perché porta una riforma dal basso verso l'alto di questi cittadini che vogliono avere giustizia, perché le differenze tra speciali e ordinarie sono enormi, che poi è il motivo per cui facciamo questo percorso di regionalismo differenziato.
  Vorrei capire. Visto che Sappada potrebbe passare, questo riaccende un percorso referendario che colpisce il Veneto, e la Lombardia in particolare, visto che non vi sono comuni confinanti con la Sardegna e con la Sicilia. Si apre di nuovo questa grande porta.
  Questa porta si apre in questa maniera, cioè che cosa si può fare per questi comuni? Oggi c'è un fondo di confine per la Lombardia, il Veneto e il Trentino-Alto Adige. Lei è un esponente della Lega, così come il collega Giorgetti: credo che nei confronti del Friuli vada aperto un fondo per fermare i passaggi fino a quando non vi sia una maggiore valutazione nella trattativa per l'autonomia del Veneto. Credo che serva un fronte comune per raggiungere questo obiettivo in legge di bilancio.
  Al di là della convocazione di Bressa, dico qui, in modo che sia messo agli atti, che nel caso in cui come Movimento 5 Stelle avessimo la possibilità di governare il Paese, continueremo la trattativa, che non so quanto andrà avanti nel corso dei prossimi quattro mesi, e vogliamo chiuderla nel migliore dei modi per poter cambiare il Paese e avere un Paese meno centralizzato e più decentrato, con una responsabilità del cittadino vicino al legislatore.

  GIOVANNI PAGLIA. Mi è sempre parso abbastanza chiaro quello che ha detto anche lei oggi, presidente, che il nodo del contendere arriverà quando si comincerà a discutere delle risorse, immagino, molto più che delle competenze. Sulle competenze è sempre facile trattare. Ricordo sempre il caso delle strade provinciali, di cui abbiamo discusso più volte. Non è mai molto piacevole ritrovarsi con le competenze se non si ha la certezza delle risorse per gestirle, perché rischia di essere una cosa che inizia con grande entusiasmo, ma si traduce rapidamente nel suo contrario.
  Lei ha fatto un discorso sulla Lombardia che mi pare lascerebbe prefigurare la possibilità di una richiesta di venire allineati all'Emilia-Romagna, sostanzialmente, come punto di caduta eventuale. State facendo, però, questo percorso insieme all'Emilia-Romagna. Ora, in Emilia su questo si è molto più sfumati nel discorso pubblico.
  La mia domanda è questa: se la Lombardia si allinea all'Emilia-Romagna, l'Emilia-Romagna a chi si allinea? In questa trattativa fatta congiuntamente, il discorso è congiunto su competenze e risorse, o solo sulle competenze?
  Essendo il residuo fiscale dell'Emilia-Romagna più basso di quello della Lombardia, se si accedesse a un'idea come quella che suggeriva lei prima, sostanzialmente per la Lombardia vorrebbe dire competenze Pag. 10 più risorse, per l'Emilia-Romagna competenze senza risorse aggiuntive.

  DANIELE MARANTELLI. Io ringrazio il presidente Maroni per aver voluto impostare anche l'incontro di questa mattina in una cornice corretta, come quando diceva alla fine del suo intervento che l'intenzione della Lombardia è quella di creare uno spirito di leale collaborazione con il Governo, metodo assolutamente indispensabile, perché la trattativa è complessa ed è una sfida nuova per tutti.
  Se il Veneto sarà più avanti o più indietro, lo vedremo tra un paio di mesi, quindi non faccio previsioni in questo momento.
  Credo, però, che per il taglio che è stato dato, al di là delle domande, che farò alla fine, forse valga la pena tentare di dare un contributo anche di riflessione.
  La prima cosa che vorrei dire è che quella del Titolo V del 2001 è l'unica riforma votata dal Parlamento e confermata dal referendum, l'unica delle tre. Al di là delle sue imperfezioni, senza di essa oggi non saremmo qui. Questa è la prima riflessione.
  In secondo luogo, io credo che si debba fare un bilancio onesto di questi anni e anche una riflessione radicale, che immagino e auspico i presidenti delle regioni interessate vogliano fare anche col Governo. Che cosa sono diventate le assemblee elettive in questi anni? Questa è la riflessione radicale. La Camera, il Senato, i consigli regionali, i consigli comunali, che cosa sono diventati?
  La riflessione ce la metterei, altrimenti non riusciremmo a spiegarci perché quasi metà dei cittadini ormai ripetutamente – è dimostrato – non crede nelle istituzioni, a partire dai comuni. Non crede, perché non va a votare. E quando uno su due non va a votare nemmeno per il sindaco del proprio paesino di 3.000 abitanti, probabilmente c'è qualcosa di profondo che abbiamo il dovere di comprendere.
  Io penso che la spiegazione stia nel fatto che, se le assemblee diventano dei gusci vuoti, è chiaro che c'è uno scenario nel quale la finanza comanda, i tecnici eseguono e i politici fanno interviste. Siccome, invece, credo nella politica e nelle istituzioni, sono per ribaltare quest'impostazione se vogliamo far ritornare i cittadini protagonisti e affrontare la fragilità delle nostre democrazie.
  Credo che sia utile, e noi possiamo dare anche un contributo forse come Commissione, riflettere su come ha inciso la crisi. La legge sul federalismo fiscale, la n. 42 del 2009, contò su un consenso largo, ampio, non solo della maggioranza di centrodestra di allora.
  Perché poi ha annaspato per certi e ampi aspetti? Perché si è trovata nel pieno della crisi più importante del dopoguerra. Questa è la spiegazione. Dal 2011, la legislazione di emergenza – di questo stiamo parlando – ha sbaragliato il principio di responsabilità, indebolendo il sistema di welfare anche, secondo me, nelle autonomie più virtuose. Questo è accaduto. Quando si opera con la falce dei tagli lineari, è chiaro che si colpiscono anche regioni e comuni virtuosi.
  Il quesito della Lombardia è chiaro. Mi sembra che sia chiaro, perfettamente corrispondente alle procedure costituzionali, tanto chiaro che i cittadini lombardi, che hanno un certo senso pratico, hanno risposto in maniera chiara.
  Sinceramente, oggi, 9 novembre, a me non appassiona la discussione retrospettiva su costi e opportunità di procedure diverse. Fa parte di un dibattito. Il referendum c'è stato e ha dato un risultato. I referendum non determinano mai un pareggio. C'è chi vince e c'è chi perde.
  Allora, credo che la domanda che dobbiamo farci oggi sia che fare, come si sarebbe detto esattamente cento anni fa.
  Come diceva prima Paglia, è chiaro che la questione regina è l'intreccio competenza-risorsa. Il consiglio regionale della Lombardia ha ritenuto, per semplificare il confronto, se ho capito bene, di individuare sei aree intorno alle quali aprire il confronto.
  Ora, in Commissione bicamerale abbiamo ritenuto di avanzare questa proposta – l'avevo fatta io d'accordo con il presidente Giorgetti e con gli altri colleghi, che l'hanno accolta – proprio per provare a mettere il Parlamento in condizione di accompagnare Pag. 11 questo processo fin dall'inizio. Se questo processo avrà, come spero, un esito positivo, ce l'avrà perché alla fine si approva una legge del Parlamento, altrimenti l'intesa Governo-regioni da sola non sarà sufficiente.
  La nostra intenzione è quella di mettere la trattativa sui binari corretti, far emergere i dati con trasparenza, in modo che la stessa trattativa abbia minori elementi di opacità possibili. Ed è del tutto evidente che una riflessione di questo tipo non potrà prescindere anche dai fatti che stanno accadendo.
  Il presidente Maroni ci ha detto che la loro intenzione è di individuare una specie di soluzione intermedia tra la regione a statuto speciale e quella a statuto ordinario. Io credo che noi non potremo eludere una riflessione su che cosa sono le regioni a statuto speciale ancora oggi. È molto difficile immaginare che ci siano comuni del Veneto che chiedono di aderire alla regione Lombardia. Chiedono, semmai, di andare in Friuli o in Trentino. I confini delle regioni così come sono, sono tuttora adeguati? Io non voglio richiamare questi elementi per complicare la discussione, ma perché è difficile eluderli.
  Per stare alla Lombardia, se dovessi esprimere un auspicio, una priorità, è evidente che nel momento in cui si ha un segnale di ripresa a livello europeo, chiaramente metterei tutti i temi che riguardano l'economia, la formazione, la ricerca in cima all'agenda. Credo che in questo momento la regione che produce oltre un quinto della ricchezza nazionale, che ha un reddito pro capite di oltre 35.000 euro, a occhio e croce – credo di non sbagliarmi – sia quella che utilizzando in pieno queste possibilità può dare un contributo all'insieme del Paese. Certamente, partirei da lì.
  Poi è chiaro che, dal punto di vista del dettaglio, sarebbe molto interessante discutere. La Lombardia ha la peculiarità dell'unico aeroporto internazionale, unico caso europeo, non collegato con la capitale. È incredibile. È come se Barcellona non fosse collegata con Madrid, Lione con Parigi. È davvero un paradosso. Abbiamo un aeroporto internazionale non collegato con la capitale del proprio Paese tramite la compagnia cosiddetta di bandiera.
  Anche per quanto riguarda le infrastrutture, un tema che pongo a Maroni è questo. Sappiamo che questi anni di crisi, tra le realtà che hanno potuto scorrazzare e vivere in maniera tranquilla condizioni di grande vantaggio e privilegio, ci sono i concessionari, con rischi zero, utenti automobilisti e pendolari trattati come galline da spennare, per non parlare di servizi e investimenti.
  Se, come penso, anche questo potrebbe essere un tema di trattativa col Governo, come si pensa di rimettere in discussione concessioni che per esempio hanno durate decennali? Non è stato detto, ma personalmente non trascurerei quella leva se si parla di infrastrutture che stanno dentro strettamente la dimensione regionale, e ce ne sono.
  Per concludere, chiedo al presidente Maroni come pensa anche negli step successivi che da questa realtà – stiamo parlando della Commissione bicamerale – possa venire un apporto, un aiuto, un contributo. Rischiamo di essere un club di intellettuali, ma in questi anni abbiamo potuto constatare attraverso decine di audizioni che ormai disponiamo di un patrimonio di conoscenze e di dati che credo debba essere messo a frutto e messo anche a disposizione, comprese le competenze che qui ci sono.
  Io penso, e ho apprezzato in questo senso l'intenzione, che questo tema debba essere sottratto alla bagarre dalla campagna elettorale. Sicuramente, non avremmo alcun interesse, ma anche nessuna funzione particolare. Se, invece, l'intenzione è quella di affrontare un tema maledettamente complesso, nuovo, attingendo anche al know how che abbiamo accumulato in questi anni, forse possiamo dare un contributo, ma ovviamente ce lo deve dire lei, ed è la stessa domanda che rivolgerò a Bressa. Ce lo deve dire lei, perché questo è quello che noi chiederemo anche agli altri protagonisti. Ci vengono forniti i dati del residuo dalla Catalogna, ma anche dell'Emilia e così via, e io penso che con questi dobbiamo fare i conti. Penso che non dobbiamo Pag. 12 venir meno al principio della solidarietà, che però va applicata con il criterio della perequazione per sottrarsi alla tentazione spesso di praticarla attraverso forme di assistenzialismo che rischiano di alimentare fenomeni non particolarmente apprezzabili, che hanno dato luogo a forme di satrapie locali che non mi pare vadano nella direzione della modernizzazione del Paese, esigenza di cui tutti avvertiamo la necessità.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Anch'io ringrazio per quest'incontro, che credo possa davvero essere utile anche per i nostri lavori. Ho solo due osservazioni.
  Visto che mi occupo di bilanci, per me l'elemento rilevante è lo spostamento delle risorse. Il resto – per carità – è importante, ma non allo stesso livello. E 27 miliardi sono una cifra non banale, tenendo conto che è più di una manovra. Tenendo conto che le manovre sono 20-21 miliardi, è più di una manovra. La cosa che mi preoccupa è che non è una tantum. Se vogliamo ben capire il processo che viene avviato, non è che lo si vuole per un anno a mo’ di restituzione di un piccolo gruzzolo per realizzare qualche infrastruttura o qualche altra cosa, ma si richiede una reale autonomia finanziaria.
  Questo presuppone una programmazione negli anni successivi decisamente rilevante. Credo non sia proponibile una restituzione di tale entità. Mettiamo anche meno, mettiamo la metà, ma anche 14-15 miliardi sono una cifra ancora molto elevata.
  Non si può pensare che questo non avvenga attraverso un fondo dello Stato. Pensare di chiedere alle altre regioni e alle altre autonomie di ristornare tutta questa cifra vuol dire mettere in crisi i bilanci di tutti gli altri. È chiaro che dovrebbe farsene carico lo Stato, perché verrebbe messo in discussione tutto quel principio di sussidiarietà e perequazione, peraltro contenuto anche nella legge n. 42 del 2009 da voi elaborata.
  Penso, da questo punto di vista, forse anche a un ripensamento della legge n. 42 del 2009, che è vero che prevedeva un fondo verticale, mentre adesso ormai purtroppo siamo nell'orizzontalità, ma i soldi sono sempre quelli. Che li giriamo da una parte o da un'altra, che li chiamiamo fondo verticale o orizzontale, alla fine è solo una questione di modalità di distribuzione. Credo che su questo sicuramente occorrerà prevedere una gradualità nelle modalità di redistribuzione di questi fondi. Credo che il tavolo sarà fatto apposta per quello.
  L'altro aspetto che forse mi vede un po’ fuori dal coro è che, io almeno, avevo inteso il processo in senso contrario. Non è che dobbiamo diventare tutte regioni a statuto speciale. Qui non si è ancora parlato del Piemonte, ma non è che il nord-ovest non potrà dire nulla, non è che ciascuno di noi non giudichi la propria regione speciale per tanti motivi diversi.
  Forse, il processo era quello di cominciare, come peraltro si sta già facendo, riducendo poco per volta tutti i privilegi, i vantaggi delle regioni a statuto speciale, che avevano un senso nel dopoguerra, quando sono state istituite – c'era un contesto storico, sociale ed economico diverso – e che non hanno più tanto ragione di essere adesso, passati settant'anni, col contesto sociale completamente mutato.
  In realtà, nel referendum della riforma costituzionale già si andava un po’ verso una strada inversa a quella che proponevo, ma più vicina alla vostra, per cui ogni regione poteva diventare un po’ speciale, avere la sua trattativa e un'identificazione di straordinarietà.
  Come può avvenire questo processo? Questo processo non deve mettere in crisi il sistema Italia, cosa che non credo per la prudenza con cui si è mossa la regione Lombardia, che io ho apprezzato, perché credo che un conto sia rivendicare spazi di autonomia, un altro sia andare verso strade come quelle della Spagna, che giudico destabilizzanti per il Paese e credo non facciano bene neanche a chi la promuove pensando di recuperare per sé, perché la sua economia entra in crisi. Credo che la strada seguita sia quella buona e opportuna.
  A mio giudizio, si dovrebbe un po’ tornare all'origine. Abbiamo detto molto in questi anni che è molto importante che si Pag. 13torni al principio dell'autonomia finanziaria, che in questi anni per vari motivi, negli anni 2010, 2011 e 2012, poi con la crisi, è stato messo in discussione proprio nel tentativo a livello statale di riportare l'economia nel suo complesso all'interno di binari buoni.
  Adesso, però, ci siamo. Questi sono stati anni difficili, che hanno richiesto anche alle autonomie locali un grande sacrificio, ma adesso finalmente la strada è di un miglior assestamento dell'economia, e quindi secondo me possiamo seriamente riprendere in mano il discorso dell'autonomia finanziaria.
  Quello è il discorso da fare, ma bisogna avere il coraggio di farlo fino in fondo. Può darsi che chi ci metterà mano lo pagherà anche politicamente. Alcuni elementi erano di base, fondamentali, della legge n. 42 del 2009, dall'ICI prima casa, trasformata con nomi diversi successivamente per darle connotati diversi, ma la sostanza era sempre quella, al fatto che le regioni, relativamente a funzioni che si stanno definendo meglio, devono avere la loro autonomia finanziaria.
  Questo non vuol dire che non ci debba essere il fondo perequativo così come era previsto nella legge n. 42. La sussidiarietà è un principio fondamentale del nostro Paese. Io credo che le regioni del sud debbano essere stimolate comunque a prendere in mano la loro vita. Credo che andare verso un processo, lento – deve essere un processo lento, perché è chiaro che cifre come quelle che sono state portate sono impossibili da definire nel breve periodo – che porti a una maggiore autonomia, farebbe bene a tutti.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Maroni per la replica.

  ROBERTO MARONI, presidente della Regione Lombardia. Per prima cosa, voglio ringraziare per le sollecitazioni che sono state date, molto interessanti e che danno proprio l'idea della complessità della questione che adesso stiamo affrontando.
  Io non ho la pretesa nella trattativa col Governo di partire già con soluzioni precostituite o con richieste che so già che non potranno essere accolte. Il lavoro che stiamo facendo è molto complesso. Poiché la parola finale dopo l'accordo col Governo toccherà al Parlamento con una legge approvata con una maggioranza qualificata, non sarebbe male, caro presidente, se già durante la trattativa col Governo ci fosse una rappresentanza del Parlamento, e magari di questa Commissione.
  Io sono disponibile, poi non tocca a me la decisione, ma se un membro della Commissione volesse partecipare ai tavoli per curiosità, per vedere, per seguire, io non ho obiezioni, anzi credo che sarebbe opportuna proprio una Commissione bicamerale visto che la legge dovrà andare in Camera e Senato. Questo potrebbe essere utile anche alla trattativa, che altrimenti è una trattativa tra due soggetti che hanno interessi non dico opposti, ma convergenti in modo complicato, mentre un membro della Commissione potrebbe avere una posizione terza rispetto alle due parti in causa e ogni tanto magari aiutare anche a trovare una soluzione.
  È una cosa nuova. Il mio obiettivo è quello di trovare un accordo, non di fare muro contro muro per arrivare a dire alla fine: cari cittadini lombardi, questo cattivo Governo di Roma non ci vuole dare niente. È il contrario.
  Da parte mia, dico che c'è la disponibilità. Non so da parte del Governo perché non gliene ho parlato, ma credo che potrebbe essere utile. Sappiamo che cosa fare, sappiamo che cosa non dobbiamo fare, cioè tenere una posizione di estremismo, che era una malattia infantile.
  Quanto al residuo fiscale e le regioni del sud, questo sarà un tema straordinariamente importante. Sono d'accordo che ci deve essere una gradualità, ovviamente. Sono d'accordo che si debba ripensare anche la legge n. 42.
  Io sono disposto a dare un contributo diretto al fondo di solidarietà come regione Lombardia, ma applicando per esempio i criteri che usa l'Europa con i fondi europei, con un contributo diretto a una regione del sud sulla base di progetti di investimento, non per pagare gli stipendi, così, come Pag. 14capita, controllando come questi investimenti vengono fatti, se sono di qualità e se servono a produrre reddito e crescita economica.
  Si potrebbe anche rivedere questo criterio del fondo in attuazione del principio di sussidiarietà, che ovviamente è un principio sacro per me, ma con un ruolo maggiore delle regioni, senza necessariamente passare da strutture centrali nazionali che poi non hanno risolto la questione meridionale e in più hanno creato la questione settentrionale.
  Io vedo quest'iniziativa che abbiamo preso con il Veneto e con l'Emilia-Romagna proprio come la richiesta di maggiore responsabilità e protagonismo da parte delle regioni, non contro qualcuno, ma per aiutare a risolvere questioni storiche che sono ancora lì, tutte in cerca ancora di una soluzione.
  Il nostro residuo fiscale è questo. Potrei dire che chiedete troppo se applichiamo i principi di equità e di giustizia. Noi abbiamo un residuo fiscale che è il 17 per cento del prodotto interno lordo e la seconda regione in classifica ha un residuo fiscale del 10 per cento: è giusto, questo? In base a quale criterio? Non vedo un criterio oggettivo che dica che sì. Potrei anche partire dicendo che voglio essere trattato come le altre regioni.
  Che cosa farà l'Emilia-Romagna? Chiederà un residuo fiscale per arrivare alla terza in classifica, che è il Veneto, che ha però la stessa percentuale dell'Emilia-Romagna 10 – 10 virgola. Se questo mette in moto un meccanismo che rivede il sistema di finanziamento e di riparto, perché no? È chiaro che ci sono regioni che hanno un residuo fiscale positivo e non negativo, cioè che prendono più di quanto pagano, ma andiamo a vedere la qualità della spesa in quelle regioni, ovviamente in un arco di tempo sufficiente.
  Ho fatto riferimento all'inizio proprio ai costi standard nella sanità perché è un tema su cui noi, e non solo noi, ci siamo esercitati molto. È vero? E abbiamo le soluzioni. Costi standard nella sanità vuol dire migliorare la qualità della spesa riducendola. Come ho detto prima, e l'ufficio studi della Confcommercio l'ha detto: meno 23 miliardi di euro se solo si adottassero i criteri di spesa della regione Lombardia.
  Dopodiché, in tante regioni ci sono eccellenze nella spesa. Si tratterebbe di individuare i comportamenti benchmark in tutte le regioni e, nel giro di cinque anni, si potrebbe ridurre la spesa a una cifra superiore ai 23 miliardi, che vuol dire già avere a disposizione risorse straordinarie non per ridurre i servizi, ma per fare esattamente le stesse cose nel modo migliore e più efficiente.
  Le regioni del sud secondo me l'hanno capito. C'è stata all'inizio, soprattutto sui giornali, un po’ di polemica contro di noi, ma io ho parlato con De Luca, il presidente della Campania per intenderci, e con Emiliano, e non solo.
  Forse non sapete che abbiamo firmato col presidente De Luca qualche mese fa un accordo proprio sui costi standard. La Campania ha firmato con la regione Lombardia un'intesa che dice: cara regione Lombardia, io voglio adottare nella sanità il tuo metodo, il tuo modello, i costi standard che tu usi; dammi una mano per farlo. Stiamo lavorando in questa direzione.
  È una sfida straordinaria per il presidente della regione Campania, perché vuol dire un ribaltamento, ma da parte loro secondo me c'è questa disponibilità. È chiaro che non si può dire tutto subito («dammi 50 miliardi e sono affari tuoi»), ma l'impegno comune a trovare il sistema per migliorare la spesa in un arco di tempo ragionevole secondo me c'è.
  Se al tavolo che faremo col Governo si dovessero aggiungere anche i presidenti delle regioni del sud, come sembra ipotizzabile, si confermerebbe questa volontà. Io la vedo non come un ostacolo, ma come una sfida. Le sfide sono difficili, naturalmente, e questa è molto complicata, ma se non c'è l'opposizione netta, e non c'è, da parte dei presidenti delle regioni del sud, quelle a statuto ordinario, credo che potrebbe essere davvero una fase interessante per scrivere nuove regole anche nel rapporto tra il centro e i territori.
  Quanto a quello che diceva il presidente Giorgetti sul tema dei fondi delle periferie, Pag. 15certo, la regione Lombardia ha preso il 3 per cento. Quale criterio si può proporre? Ce ne sono tanti, come quello della popolazione, quello del prodotto interno lordo o altri. Se non si usa un criterio oggettivo, storicamente noi siamo sempre penalizzati, la Lombardia è sempre penalizzata. Si è visto anche nel riparto del fondo sanitario. Siamo troppo generosi, e quando c'è la richiesta di contributi, Massimo Garavaglia dice sempre di sì. No, non dice sempre di sì.
  Si possono trovare dei criteri, anche se non so quali, ma questa è l'occasione proprio non solo per discutere, e per questo parlo di coinvolgimento già da subito anche della Commissione, di quali competenze e di quanti soldi, ma complessivamente dei temi che sono stati posti, come quello del ripensamento della legge n. 42. Questa è l'occasione per metterli sul tavolo.
  Poi, non riusciremo a farlo perché non c'è il tempo, ma lasceremo al Parlamento e al Governo che verranno – questo è il mio impegno – un lavoro che potrà essere completato e che riguarda tutti i temi dell'autonomia, del sistema delle autonomie, che è un sistema straordinariamente forte. Nonostante il tentativo di abolire le province, e si è abolito il budget, il bilancio delle province sulle strade provinciali, per esempio, è un tema straordinario su cui credo che davvero ci siano le condizioni per fare un ragionamento.
  Che cosa si chiede? «Scordatevi le 23 materie» dice Bressa. Io la vedo come l'inizio della trattativa. Io voglio arrivare ad avere il 50 per cento del residuo fiscale, ma gli chiederò di avere il 100 per cento, così parte la trattativa.
  Perché «Scordatevi le 23 materie»? Che senso ha? Io credo che, se la Costituzione dice che le regioni possono avere queste 23 materie, se c'è una regione che può gestire tutte le 23 materie, questa sia la Lombardia, non perché siamo più bravi degli altri, ma per la dimensione, per la capacità che abbiamo, per la complessità all'interno della regione.
  Abbiamo le montagne, abbiamo la città più grande d'Italia, Milano, città metropolitana, che ha 3 milioni di abitanti, e abbiamo i comuni più piccoli d'Italia, come Pedesina, in provincia di Sondrio, di 32 abitanti, Morterone, in provincia di Lecco, di 35. E non si fondono, questi comuni, perché l'autonomia, l'identità è fortissima. E abbiamo 1.530 comuni e 11 province. C'è tutto nella Lombardia. Perché la Lombardia non può essere la regione che si prende tutte e 23 le materie? Se non lo facciamo noi, chi può farlo?
  Intendo questa dichiarazione di Bressa come un: cominciamo a trattare e poi si vedrà. Non credo neanche che il Governo abbia interesse a concederne di meno. Non capisco quale potrebbe essere il motivo.
  La road map la definiamo oggi con Bressa. Io l'ho già sentito. Faremo dei tavoli, faremo incontri settimanali, se serve anche più di un incontro a settimana. Vogliamo arrivare a concludere, per il sì o per il no, ma a concludere la fase di trattativa entro la fine del mese di gennaio. Questo è l'obiettivo temporale che già ci siamo dati.
  Poi non posso garantire che arriveremo a firmare l'accordo. È una cosa vera, è una trattativa vera. L'obiettivo temporale, però, è di arrivare a concludere la trattativa entro la fine del mese di gennaio.
  Quanto al percorso comune con il Veneto, noi stiamo facendo un percorso comune con l'Emilia-Romagna, mentre il Veneto ha altri tempi. Noi abbiamo approvato la risoluzione, il Veneto ha scelto un'altra strada. L'autonomia delle regioni vuol dire anche questo. Ha scelto la strada, se non ho capito male, di approvare in consiglio regionale un testo della legge che poi il Parlamento dovrà approvare, ma dopo la trattativa col Governo.
  Ora, io sono uno concreto: prima facciamo la trattativa con il Governo e poi vedremo che cosa proporre al Parlamento, anche perché sarà il prossimo Parlamento ad approvarla, non questo. Il Veneto ha seguìto questa strada.
  Io la rispetto, ovviamente, e mi auguro che la prossima settimana, quando concluderà questo percorso, si aggiunga al tavolo con Lombardia ed Emilia, ma il tavolo Lombardia ed Emilia in realtà è contemporaneo come trattativa. Ciascuna regione, però, poi farà valere le sue ragioni. Io non Pag. 16dico che le competenze che chiediamo saranno le stesse dell'Emilia. Parlo solo ad esempio delle infrastrutture: la Lombardia ha caratteristiche diverse da quelle dell'Emilia. Noi siamo al centro, per esempio, dei corridoi europei nord-sud ed est-ovest, l'Emilia-Romagna no. Abbiamo, quindi, esigenze diverse da quelle dell'Emilia, ed è giusto che sia così. C'è la contemporaneità nella trattativa, ma ciascuna regione è autonoma nel chiedere le competenze.
  Quella dell'istruzione è certamente una competenza fondamentale, ed è nelle priorità delle nostre richieste, non c'è il minimo dubbio.
  Quanto a Belluno e Sondrio, abbiamo fatto una legge in Lombardia per dare uno status speciale a Sondrio. C'è anche il Verbano Cusio Ossola. Sono le uniche tre province montane.
  C'è grande attenzione al tema della montagna in generale, non solo per Sondrio. Parlo della Lombardia, perché c'è anche la Val Camonica che chiede perché Valtellina sì e la Val Camonica no, c'è Bergamo che chiede perché la Val Seriana sì e la Val Brembana no. Non è ancora arrivata la provincia di Varese con la Valcuvia, ma arriverà.
  Quello della montagna, che rappresenta quasi il 45 per cento del territorio della Lombardia, è un tema straordinariamente importante, che si articola in tante materie, ma è un tema che voglio mettere al centro.
  Per quanto riguarda la montagna, Marantelli richiamava le concessioni. Lei si riferiva alle concessioni autostradali, ma noi mettiamo anche produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia. È proprio scritto: «Si chiede l'attribuzione alla regione della possibilità di gestire in piena autonomia le procedure di assegnazione delle concessioni di grande derivazione idroelettrica, della riscossione dei relativi canoni nonché della corretta disciplina applicativa riguardo la retrocessione dei beni alla proprietà pubblica al termine della concessione».
  È un tema rilevante che riguarda importi anche rilevanti. Queste sono risorse che, se rimangono in Lombardia, vanno a ridurre proprio il residuo fiscale. Sono questioni molto importanti e interessanti.
  Quanto alla riduzione dello statuto speciale, io sono contrario a intervenire, anche perché non compete a me, ma al Parlamento eventualmente, ma per un motivo molto concreto.
  La provincia di Trento, che ha meno di un milione di abitanti, ha 6 miliardi di bilancio. Se io avessi lo stesso rapporto, invece che 23 miliardi, avrei più di 100 miliardi come regione Lombardia. Dico, quindi, che ben venga la provincia di Trento, perché il mio obiettivo è di arrivare come loro.
  Se cancelliamo le regioni a statuto speciale, quanti di questi 6 miliardi arriverebbero alla regione Lombardia? Zero. Che interesse ho? Non ho un interesse concreto. Non avrei alcun vantaggio nella riduzione dello statuto speciale delle regioni, anzi mi va bene che ci stiano, perché così dico che voglio passare da regione a statuto ordinario, con le stesse caratteristiche della Basilicata, con tutto il rispetto, che ha gli abitanti di un medio comune della Lombardia. Penso a una via di mezzo, a un nuovo sistema, un nuovo modello, tutto da scrivere, tra le regioni piccole, che possono mettersi insieme o meno, non lo so, non ho la soluzione. È un tema interessante.
  Piccole regioni, la Basilicata, il Molise, hanno senso o si devono mettere insieme ad altri? Qui c'è – non dimentichiamolo – il tema dell'identità che ciascuno sente, che non può essere cancellata solo per le dimensioni. Bisogna mettere in comune i servizi. Lo sappiamo bene, lo stiamo facendo con i comuni.
  Riconoscere, però, alla regione Lombardia, che ha 10 milioni di abitanti, confina con un Paese extracomunitario (la Svizzera), come non succede alle altre regioni, tranne che per un pezzettino del Piemonte con Verbano Cusio Ossola, uno status di regione speciale, credo possa essere utile anche per le altre regioni.
  Quello che io faccio non è per isolarmi e, conseguentemente, per danneggiare gli altri. È il contrario. Io voglio che la Lombardia sia liberata dai vincoli, dai pesi, che sia la locomotiva che poi tira di più anche Pag. 17le altre. Mi pare di capire che anche da parte del Governo c'è questa consapevolezza.
  Poi, la trattativa sarà quella che sarà, ma sono soddisfatto. Da quello che ho sentito, non c'è da parte del Governo un atteggiamento di chiusura a prescindere, per cui la trattativa è finta. Non so se si arriverà a concludere, ma se c'è questa leale collaborazione, secondo me possiamo anche inventare qualcosa di interessante e di nuovo.
  Quanto a Sappada, noi confiniamo con la provincia di Trento e quella di Bolzano e non ci sono comuni che vogliono andare lì. Ci sono comuni che vogliono andare, semmai, col Canton Ticino, ma è un'altra storia.
  Lì abbiamo inventato, tra l'altro la fascia della carta sconto benzina. In una zona di confine con il Canton Ticino di 20 chilometri c'è un'agevolazione per la benzina. Riduciamo le accise, altrimenti c'era la coda in Svizzera anche dei milanesi.
  Per risolvere questo problema, mettiamo nella nostra richiesta la costituzione delle ZES, le zone economiche speciali. Noi parliamo di confine col Canton Ticino, ma si potrebbe fare anche al confine con le regioni a statuto speciale. Questo serve agli operatori economici che stanno di qua a non subire la concorrenza quasi sleale che c'è dall'altra parte del confine, questo sì. Se, però, il comune di Sappada vuole andare di là perché sente di appartenere come identità a un'altra regione, io sono per l'identità, assolutamente. Adesso quelli del Verbano, Cusio, Ossola sono venuti a dirmi che vogliono venire in Lombardia: con metà del Lago Maggiore, io dico ben vengano, ma devono fare il referendum.
  Per venire all'ultimo tema, quello dell'autonomia finanziaria, certo, io sono assolutamente d'accordo. Siccome è un tema che non posso trattare direttamente col Governo, perché devo trattare delle 23 materie, è una conseguenza, una premessa o tutte e due le cose insieme. Io credo utile davvero che al tavolo debba partecipare anche chi rappresenta il Parlamento, proprio perché non è un accordo col Governo, ma è un accordo col Governo che poi deve andare in Parlamento. Se il coinvolgimento del Parlamento c'è da subito, magari ci risolve qualche problema alla fine.

  DANIELE MARANTELLI. Vorrei aggiungere, per completezza di informazione, che la legge sulla benzina è stata approvata in regione Lombardia e resa possibile perché vi fu un provvedimento, cui diede un contributo Giorgetti, in una legge finanziaria che un autonomista come Giorgio Macciotta, che era sottosegretario, introdusse. Dico bene, presidente Giorgetti, o sbaglio?

  PRESIDENTE. Dice bene, esattamente. La classe politica che conosceva le citazioni era anche pratica nel risolvere i problemi, chiusa parentesi.
  Ringrazio gli assessori Garavaglia e Fava e i funzionari della regione Lombardia e ringrazio il presidente Maroni per il suo intervento e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.30.

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