XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta su sicurezza e degrado delle città

Resoconto stenografico



Seduta n. 25 di Martedì 24 ottobre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Causin Andrea , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti di comitati di quartiere e di associazioni del Comune di Colleferro:
Causin Andrea , Presidente ... 3 
Sofi Rocco , presidente di Areaconsumatori ... 3 
Piso Vincenzo (Misto-UDC-IDEA)  ... 6 
Sofi Rocco , presidente di Areaconsumatori ... 6 
Mannino Claudia (Misto)  ... 6 
Gessi Claudio , associazione Città dell'Uomo ... 6 
Causin Andrea , Presidente ... 10 
Piso Vincenzo (Misto-UDC-IDEA)  ... 11 
Mannino Claudia (Misto)  ... 12 
Sofi Rocco , presidente di Areaconsumatori ... 13 
Piso Vincenzo (Misto-UDC-IDEA)  ... 13 
Sofi Rocco , presidente di Areaconsumatori ... 13 
Piso Vincenzo (Misto-UDC-IDEA)  ... 13 
Sofi Rocco , presidente di Areaconsumatori ... 13 
Piso Vincenzo (Misto-UDC-IDEA)  ... 13 
Gessi Claudio , associazione Città dell'Uomo ... 13 
Piso Vincenzo (Misto-UDC-IDEA)  ... 13 
Gessi Claudio , associazione Città dell'Uomo ... 13 
Sofi Rocco , presidente di Areaconsumatori ... 14 
Causin Andrea , Presidente ... 14 

Audizione di rappresentanti di associazioni e comitati del Comune di Bari:
Causin Andrea , Presidente ... 14 
Palella Giuseppe , presidente associazione Terzo Millennio di Palese ... 14 
Leccese Francesco Gennaro , presidente Pro Loco di Santo Spirito ... 18 
De Adessis Rocco , presidente Pro Loco di Carbonara ... 20 
Palella Giuseppe , presidente associazione Terzo Millennio di Palese ... 22 
Anaclerio Giuseppe , presidente Comitato «Uniti per l'autonomia» di Carbonara-Ceglie e Loseto ... 23 
Leccese Francesco Gennaro , presidente Pro Loco di Santo Spirito ... 24 
Palella Giuseppe , presidente associazione Terzo Millennio di Palese ... 25 
Causin Andrea , Presidente ... 25 
Piso Vincenzo (Misto-UDC-IDEA)  ... 25 
Leccese Francesco Gennaro , presidente Pro Loco di Santo Spirito ... 26 
De Adessis Rocco , presidente Pro Loco di Carbonara ... 26 
Palella Giuseppe , presidente associazione Terzo Millennio di Palese ... 27 
Piso Vincenzo (Misto-UDC-IDEA)  ... 28 
Leccese Francesco Gennaro , presidente Pro Loco di Santo Spirito ... 28 
Piso Vincenzo (Misto-UDC-IDEA)  ... 28 
Mannino Claudia (Misto)  ... 29 
Palella Giuseppe , presidente associazione Terzo Millennio ... 29 
Morassut Roberto (PD)  ... 30 
Leccese Francesco Gennaro , presidente Pro Loco di Santo Spirito ... 30 
Palella Giuseppe , presidente associazione Terzo Millennio di Palese ... 30 
Morassut Roberto (PD)  ... 30 
Palella Giuseppe , presidente associazione Terzo Millennio di Palese ... 31 
Causin Andrea , Presidente ... 31

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA CAUSIN

  La seduta comincia alle 10.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, in seguito, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di comitati di quartiere e di associazioni del Comune di Colleferro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di comitati di quartiere e di associazioni del comune di Colleferro, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Sono presenti: per Areaconsumatori, Rocco Sofi e Michela Orefice; per l'associazione «Città dell'Uomo», Claudio Gessi. È inoltre presente l'onorevole Roberta Angelilli.
  Avverto che gli auditi che, come sempre, hanno a disposizione un tempo limitato, intorno ai quindici minuti, e la facoltà di consegnare alla presidenza della Commissione ulteriore documentazione che integri il contenuto dell'intervento.
  Do la parola all'avvocato Sofi e a seguire agli altri presenti, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere loro, al termine dei loro interventi, domande e richieste di chiarimento.

  ROCCO SOFI, presidente di Areaconsumatori. Vi ringraziamo per aver concesso la nostra presenza nella veste di Areaconsumatori, un'associazione regionale dei consumatori iscritta alla regione Lazio, di cui mi fregio di essere presidente.
  Entro subito nel merito di quest'incontro, frutto anche dell'aggancio che voglio fare alla seduta della Commissione del 14 luglio 2017, quando il sindaco di Roma, Virginia Raggi, in un suo ragionamento disse a chiare lettere che Colleferro era la periferia di Roma quanto a questione rifiuti. Su Colleferro sappiamo benissimo che vi sono una discarica e un impianto di termovalorizzazione. Nella premessa che le direttive europee recepite dall'Italia in ordine al pretrattamento dei rifiuti prevedono, da una parte, l'abbattimento dei volumi e, dall'altro, quello della carica batterica, le due società che gestiscono l'impianto dei termovalorizzatori in questione (EP Sistemi Spa e Lazio Ambiente Spa), in totale dispregio degli intendimenti europei, hanno depositato presso la regione Lazio una relazione di natura volutamente non tecnica, bypassando in tal modo le informazioni relative allo status attuale dei termovalorizzatori e ai dati inerenti alle emissioni e all'impatto ambientale. A tal proposito, si rappresenta che Areaconsumatori, il 6 aprile 2016 a mezzo PEC aveva inviato al comune di Colleferro, a Lazio Ambiente e alla regione Lazio una richiesta di informativa sullo status dell'impianto dei termovalorizzatori siti nel comune di Colleferro. Nel punto finale richiedeva lo status attuale dell'impianto in ipotesi di sua effettiva attività, un'informativa sui controlli di sicurezza atti a garantire il corretto funzionamento dell'impianto stesso a tutela della salute e dell'ambiente del territorio nonché la durata e i termini in ultimo previsti relativi all'attività dei termovalorizzatori stessi. Naturalmente, come ha preannunciato Pag. 4 il presidente Causin, tutta la documentazione inerente alle osservazioni di oggi è facilmente consultabile. Sono trascorsi a oggi la bellezza di 566 giorni, e in 566 giorni nessuna risposta è stata data a quella richiesta.
  I termovalorizzatori in questione oramai appaiono come un modello inadeguato allo smaltimento dei rifiuti a causa dei guasti frequenti. Il professor Gessi poi ci spiegherà meglio e approfondirà l'aspetto storico, ma i termovalorizzatori sono inadeguati allo smaltimento corretto dei rifiuti a causa dei guasti frequenti, che richiedono numerosi interventi di manutenzione su un impianto già vecchio e obsoleto, con conseguente aggravio anche di finanze pubbliche. A comprova di quanto affermato, la stessa associazione che rappresento il 2 novembre 2016 deposita un atto di denuncia querela al comando dei carabinieri di Colleferro, investendo la procura di Velletri territorialmente competente, per casi sospetti di fumo nero e di blocchi, quindi di scoppi su quest'impianto dei termovalorizzatori. In particolar modo, allarmati, i cittadini del posto si rivolgono a noi per avere o cercare notizie più approfondite. Naturalmente, noi ci rechiamo presso la procura di Velletri, che a oggi ha aperto un procedimento penale, il n. 361917, modello 44. Il pubblico ministero che si sta occupando di questa vicenda è il pm dottoressa Corinaldesi.
  Nel corso di questi guasti e stop all'impianto, in cui già sapevamo che gran parte del conferimento del CDR proveniva da Roma – collegamento con la periferia, come giustamente aveva definito il 14 luglio il sindaco Raggi – il 12 marzo 2016 ad Artena, in un comune vicino, il coordinamento territoriale Prenestini-Lepini del Partito Democratico sigla un accordo sul tema gestione dei rifiuti e buone pratiche amministrative. Leggo il punto 6) di questo documento così come è stato stilato: «per quanto riguarda gli inceneritori di Colleferro ancora necessari, che, come già detto, devono essere ripensati tecnologicamente, la soluzione potrebbe essere quella di indire una gara pubblica per la gestione degli impianti a un partner industriale che sia in grado di sobbarcarsi anche i costi dell'ammodernamento degli stessi». Emerge la chiara volontà politica del territorio al revamping. Perché oggi focalizziamo sul revamping? Successivamente capirete meglio il collegamento con una delle società partecipate di Roma, Ama Spa. Emerge chiara, quindi, la volontà politica. I comitati e le associazioni non rimangono fermi a quest'accordo, e anzi vanno in controtendenza, e il 27 ottobre 2016 depositano, in base all'articolo 50 dello statuto comunale del comune di Colleferro – l'impianto dei termovalorizzatori è sito nel territorio di Colleferro – una petizione con centinaia di firme con il titolo «No al revamping degli inceneritori. Sì al loro smantellamento». A oggi su questa petizione il comune di Colleferro rimane sordo, non risponde. Il 22 dicembre 2016, dopo due mesi, Areaconsumatori invia alla Commissione per le petizioni del Parlamento europeo una petizione ai sensi dell'articolo 227 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, avente a oggetto la violazione delle normative comunitarie, in particolare la direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 novembre 2010 relativa alle emissioni industriali, prevenzione e riduzione integrata dell'inquinamento. In riferimento a questa petizione il Parlamento si pronuncia subito, aprendo immediatamente un numero cronologico di protocollo a cui fare riferimento. Successivamente, viene data risposta scritta, l'11 maggio 2017, per quanto attiene la petizione stessa. Vi leggo la risposta che dà il Parlamento europeo. «Sono lieto di comunicare che la Commissione per le petizioni ha avviato l'esame della sua petizione. La Commissione considera la petizione ricevibile – il primo punto, è capire se sia ricevibile o meno l'oggetto della petizione in essere, e loro accolgono la ricevibilità della petizione e dicono anche che – il suo oggetto rientra nell'ambito dell'attività dell'Unione europea, conformemente al Regolamento del Parlamento europeo». La Commissione per le petizioni ha quindi chiesto alla Commissione europea di svolgere un'indagine preliminare sui vari aspetti del problema in base alle informazioni da noi date Pag. 5come Areaconsumatori. Proseguirà l'esame della petizione, naturalmente. Ha anche ravvisato l'opportunità di sottoporre le questioni sollevate nella petizione alla Commissione del Parlamento competente in materia, e quindi ha trasmesso gli atti alla Commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, presidente dottoressa Cecilia Wikström, 11 maggio 2017, protocollo D30 7686.
  Si rileverà ulteriormente che l'operazione di revamping in riferimento all'attuale impianto potrebbe determinare un inutile dispendio di pubbliche finanze senza che ciò determini la risoluzione del problema ambientale sia sul fronte rifiuti (Roma capitale) sia su quello della salute. In tale direzione, auspicabile sarebbe, piuttosto, un investimento nella progettazione della fabbrica dei materiali, che infatti Areaconsumatori è stata la prima a proporre, in base alla petizione popolare di cui ho riferito poc'anzi, e l'oggetto di quella petizione recava esattamente queste indicazioni. «Sottoscriviamo l'impegno a perseguire l'obiettivo dello smantellamento degli inceneritori siti nel comune di Colleferro, località Colle Sughero; a contribuire a definire tempi e modalità di spegnimento, puntando da subito sulla progettazione e realizzazione della fabbrica dei materiali; a sostenere la raccolta differenziata porta a porta in ogni parte della città, garantendo così l'adozione di una tariffa più equa; a considerare i rifiuti come una risorsa ambientale ed economica mediante il riciclo e il riuso dei materiali; a perseguire in via definitiva e urgente la tutela del bene salute, costituzionalmente garantito e già gravemente compromesso in danno degli abitanti della Valle del Sacco, Roma sud, nonché, come ribadisco sempre, della periferia di Roma concettualmente dichiarata». Sono state anche svolte delle interrogazioni a carattere regionale. Ci si potrebbe chiedere come mai non abbiamo interessato la regione. Assolutamente no, e infatti sono state poste delle interrogazioni, e alla luce di questo a oggi risposte concrete non sono state date. Roma, quindi, scarica tutta la sua inefficienza su altri impianti nelle periferie, e in particolar modo nella provincia di Roma, in primis sulla città di Colleferro. Il paradosso, però, se ci ragioniamo un attimo, è che Colleferro in termini di comune e di cittadini fa la raccolta differenziata spinta, ma poi deve subire tutti gli effetti collaterali dovuti alla presenza dei termovalorizzatori, che in realtà servono di fatto solo alla città di Roma.
  Da anni si è proposto un cambiamento per ridurre l'impatto ambientale sul territorio in cui risediamo, pur nella salvaguardia dei posti di lavoro. Dobbiamo anche porre un accento sul discorso dei posti occupazionali. A oggi – lo vedremo tra un po’ dalla mia relazione, prima delle conclusioni – i posti occupazionali sono in grave difficoltà. Mi raccontavano che due o tre mensilità ancora non sono state erogate. Sappiamo benissimo che Lazio Ambiente è una società partecipata della regione Lazio. Andiamo ancora più nel merito di Roma capitale.
  Tra la fine 2016 e i primi mesi del 2017, l'Arpa Lazio apre un procedimento perché vi sono stati dei fatti mediatici. Qui ho anche un articolo del 22 settembre 2016 a firma di Michela Allegri, da cui emergono intercettazioni tra il responsabile dell'impianto e l'allora assessore Muraro del comune di Roma. Vi leggo un passaggio, uscito su tutti i quotidiani nazionali. «Sono venuti i Carabinieri. Mancano le analisi. Ci stanno pure le gomme delle macchine intere, e poi c'è un sacco di metallo», e ancora «“Se” mescola e “se” brucia», come se fosse un gioco. Capite benissimo che vi è una correlazione, un ponte, un legame tra i rifiuti – lo vogliamo definire CDR? definiamolo CDR – di Roma capitale che vanno a essere conferiti nell'impianto della periferia, come diceva il sindaco di Roma. Naturalmente, non rimaniamo fermi, e quindi il 6 luglio 2017 Areaconsumatori sporge una denuncia querela per i fatti così come narrati, ma soprattutto perché l'Arpa Lazio nei primi mesi del 2017 accerta che vi era presenza di cromo esavalente in una misura di ben tre volte superiore ai limiti di legge, oltre alla presenza di ferro e arsenico, all'interno delle falde acquifere superficiali sottostanti l'impianto degli inceneritori di Colleferro. Pag. 6
  Allora, onorevoli, mi avvio alle conclusioni sperando di fare un monito di sensibilizzazione anche alta per quello che stiamo vivendo a Colleferro da anni, dove una famiglia su tre ha problemi seri di salute. Il comune di Roma è stato inizialmente favorevole al revamping («mi sta bene, conferisco») dell'impianto di Colleferro, poiché giudicava strategico il termovalorizzatore di Colleferro per bruciare una parte dei rifiuti indifferenziati di Roma. Roma capitale era a tal punto interessata all'attività dell'impianto di Colleferro. Nei fatti, venivano investiti circa 3 milioni di euro attraverso Ama SpA, la municipalizzata di Roma, per la raccolta, il trasporto, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. L'EP Sistemi è una delle due società cui mi riferivo prima, che gestisce parte dei termovalorizzatori, e Lazio Ambiente ha, insieme ad Ama, quote della società di EP Sistemi. Lazio ambiente e Ama, quindi, hanno le quote in quest'ulteriore scatola.
  Negli ultimi mesi, Roma capitale e Ama hanno invece annunciato di non voler più usufruire dell'impianto. Hanno fatto un'inversione di rotta, e hanno deciso di rinunciare al conferimento del CDR nell'impianto di Colleferro, aggiungendo di essere disposti a effettuare un ulteriore investimento per finanziare la trasformazione dell'impianto stesso da termovalorizzazione a fabbrica dei materiali, un'impiantistica tecnologicamente avanzata che non determina alcun impatto ambientale negativo sul territorio circostante. In data 27 settembre, nell'ultima audizione regionale, cui come Areaconsumatori siamo stati presenti, sulla situazione rifiuti polo Colleferro in consiglio regionale, l'assessore all'ambiente rifiuti Buschini dichiarava di essere d'accordissimo, ma a parole, alla costruzione, al progetto dell'impianto della fabbrica dei materiali. Il problema è che, nonostante sia il comune di Roma sia la regione Lazio siano favorevoli a parole alla discussione e alla dismissione dell'inceneritore e alla trasformazione dell'impianto, nessun progetto concreto è stato presentato nelle sedi ufficiali. A oggi, non è dato saperlo né formalmente né informalmente.
  In assenza di un piano e di un progetto, sempre nella stessa audizione regionale, l'amministratore unico, il dottor Narda, dichiarava nel suo intervento e riferiva alla platea che rimarrà attivo il termovalorizzatore, che dovrebbe tornare in attività a partire dai primi mesi del 2018, una volta ultimate le ultime fasi tecniche del revamping.

  VINCENZO PISO. L'amministratore unico di che cosa?

  ROCCO SOFI, presidente di Areaconsumatori. Di Lazio Ambiente. Le conclusioni sono queste. La Commissione ci deve aiutare a far decollare il progetto della trasformazione dell'impianto da termovalorizzatore in fabbrica dei materiali richiamando le parti alle loro responsabilità. Stiamo parlando di problemi soprattutto di salute di quel territorio.
  Per Colleferro, se si concretizzasse il progetto di trasformazione in fabbrica dei materiali, sarebbe il segnale concreto che Roma capitale vuole effettivamente chiudere virtuosamente il ciclo dei rifiuti, ridurre drasticamente l'indifferenziata, puntare con forza sulla raccolta differenziata e smettere di scaricare la sua inefficienza, ma soprattutto, presidente, il degrado, i rifiuti e il conseguente inquinamento sulla città di Colleferro, tanto martoriata in questi anni, evidentemente eletta zona di sacrificio, anche se di periferia, come dice il sindaco attuale.
  Vedete, un filosofo di chiara fama recitava così: «La natura non va forzata, ma persuasa. La persuaderemo soddisfacendo i desideri necessari, e anche quelli naturali, purché non portino danno, ma respingendo fortemente quelli che siano nocivi.».
  È quello che oggi chiediamo a quest'onorevole Commissione. Grazie dell'attenzione.

  CLAUDIA MANNINO. Aveva richiamato all'inizio la composizione societaria della società che gestisce l'impianto.

  CLAUDIO GESSI, associazione Città dell'Uomo. L'impianto di termovalorizzazione Pag. 7è diviso in due linee: Mobilservice è totalmente Lazio Ambiente. EP Sistemi è per il 60 per cento di Lazio Ambiente e per il 40 di Ama.
  In questo tempo abbastanza ristretto, completerò il ragionamento del dottor Sofi. Per capire bene, abbiamo il dovere di contestualizzare la vicenda sul territorio e rispetto alla gente che su quel territorio vive. L'intera vicenda si sviluppa nell'Alta Valle del Sacco, e in particolare nel comune di Colleferro, e poi nel decorso del fiume Sacco, fino a che questo incrocia il Liri e diventa Garigliano.
  Quello di Colleferro è un comune di recente nascita. È nato nel 1935, ma le vicende dello sviluppo dell'area industriale partono qualche anno prima dell'inizio della Prima guerra mondiale, quando viene insediata dal senatore Leopoldo Parodi Delfino in quella zona un'industria di polvere da sparo ed esplosivi, con grande risvolto chimico. Tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, a queste produzioni viene aggiunta quella di concimi, industria meccanica, chimica, potenziata. Perché viene scelta quella zona? Per un triplo motivo. È vicina alla capitale; ha una ricchezza d'acqua, perché lì passa il fiume Sacco, e a quei tempi per la produzione del materiale esplosivo era necessaria tanta acqua; siamo in un periodo in cui si prefigurano le vicende belliche, e la Valle del Sacco è situata tra due catene montuose, i Lepini a sud e gli Ernici Simbruini a nord, che garantiva – parliamo degli anni 1910 – la tranquillità da attacchi aerei. A questo si aggiunge, negli anni ’60, la fusione della BPD con l'allora azienda Snia – non so se vi ricorda qualcosa – la Società di navigazione italo americana, per cui aumenta il potenziale di produzione chimica. Negli anni ’80 ci sarà anche l'esplosione di un impianto, che per fortuna non provocherà danni, mentre dobbiamo ricordare, e questo è uno dei contributi di vite nella storia del nostro territorio, che nel 1938 esplode una parte dell'azienda delle polveri, con 200 vittime.
  Ad aggravare quella situazione con una presenza chimica forte c'è il fatto che, tra la fine del 1919 e l'inizio del 1920, viene costruito in zona un impianto per la produzione di cemento e calce, che apparteneva a un'azienda locale, che nel corso degli anni aumenta la sua potenzialità con tre linee di produzione, cioè tre forni. Nel 1970-72, quest'impianto diventa proprietà di quella che per tanti anni è stata un'azienda leader a livello mondiale nella produzione del cemento, cioè l'Italcementi, che, con acquisizioni in Francia e negli Stati Uniti, era diventata la numero uno. Oggi, Italcementi ha deciso di non essere più italiana, perché un paio di anni fa hanno deciso di vendere a un colosso tedesco. Ad aggravare ulteriormente la situazione ambientale c'è il fatto che, a fianco della città di Colleferro, un territorio estremamente piccolo – praticamente, sono 2.000 ettari – più della metà occupato dalle industrie, c'è una concentrazione di abitanti in una superficie molto ristretta, e decorrono due dorsali di comunicazione estremamente trafficate, le tre corsie dell'alta velocità verso Napoli e la linea TAV, oltre che la linea ferroviaria.
  Questo è il quadro. I dati del CNR e dell'Aeronautica militare dicono con chiarezza che il fatto che Colleferro sia situata proprio a ridosso della catena montuosa dei Monti Lepini, per una serie di ragioni locali, crea condizioni di microclima ristagnante. Questo è nei documenti ufficiali. Nel corso del proseguimento di questa narrazione, dobbiamo sempre avere a mente questo. All'inizio degli anni 1990 – siamo nel 1992-1993 – a Colleferro si decide di creare una discarica, non grande, di circa 80.000 metri quadri, che però ha una ricaduta sulla popolazione molto forte. Questo è il rilievo del rapporto Eras, di cui parleremo dopo, sulla ricaduta della discarica di Colleferro. Questa è quella di Civitavecchia, che ha la stessa superficie, e questa è la ricaduta di Civitavecchia. Cosa peggiore, questa è la discarica di Latina, 12 volte più grande di Colleferro: potete notare che la ricaduta è identica, cioè Colleferro è 12 volte più piccola, ma ha una ricaduta delle emissioni quasi pari a quella di Latina. La discarica è a ridosso del passaggio dell'autostrada e dell'alta velocità. Pag. 8
  A complicare la faccenda, tra la fine degli anni Novanta e l'inizio degli anni Duemila, a 300 metri da questa discarica viene spostato un istituto professionale con centinaia di giovani. Avrete letto dai giornali che spesso i ragazzi si sono sentiti male, con interventi dei mezzi dell'ospedale.
  Nel 1997, inizia l'iter per la costruzione dei due termovalorizzatori. Il comune di Colleferro, allora guidato dal sindaco Silvano Moffa, che poi diventerà presidente della provincia e parlamentare, firma un protocollo insieme al comune di Valmontone e ad altri enti – non vi darò particolari, altrimenti ci vorrebbe troppo tempo – e si decide che su Colleferro verranno costruite due linee di termovalorizzazione, una di totale proprietà oggi della regione Lazio, Mobilservice, ferma in attesa di AIA perché anche lì dovrebbe partire il revamping; la seconda, in cui il revamping è già attivo, è per il 60 per cento Lazio Ambiente, cioè regione Lazio – Lazio Ambiente è 100 per cento regione Lazio – e per il 40 per cento Ama, quindi comune di Roma.
  Vado per flash. Ad agosto del 1998, vengono rilasciate le due concessioni, con una piccola variazione a dicembre. A gennaio dell'anno successivo, 1999, il sindaco Silvano Moffa, evidentemente sollecitato da qualcuno, si ricorda che era necessario acquisire a monte il parere tecnico del dipartimento igiene ambiente dell'ASL locale. Allora, abbiamo le concessioni rilasciate: a gennaio 1999, Moffa chiede il parere. Il parere è protocollato al comune di Colleferro il 1° marzo 1999. Perché due mesi per il parere? Perché l'ASL chiede tutte le notizie al CNR e all'Aeronautica militare per localizzare bene. Nel parere si fa una disquisizione sulla già pesante situazione del comune di Colleferro. Vi leggo solo la parte finale. «Si ritiene inopportuna l'installazione di ulteriori fonti di inquinamento che possano aggravare la già critica situazione dell'area di Colleferro Scalo», che è il luogo dove insistono i termovalorizzatori. Facciamo un piccolo passo indietro. Nel 1990, in quella zona tramite un'indagine erano state trovate tre aree interne allo stabilimento che erano servite come discarica di materiali chimici altamente nocivi. Uno di questi tre siti insiste sull'area in cui vengono costruiti i termovalorizzatori. Nel 2005, tanto per non farci mancare niente, da un'indagine a campionamento per il piano nazionale residui, nel latte delle mucche che pascolavano nelle vicinanze del fiume Sacco viene trovata una massiccia presenza, trenta volte superiore al normale, di una sostanza dal nome complicato, β-esaclorocicloesano, una sostanza organica derivante dalla sintesi di un derivato del cloro, il lindano, pericolosissimo.
  In seguito a questo, tutta la popolazione che insiste da Colleferro in giù, verso Frosinone, sul fiume Sacco, viene sottoposta a monitoraggio continuo, e negli adulti c'è una presenza di questa sostanza elevatissima. Alcuni istituti di ricerca prefigurano una potente azione cancerogena. Torniamo ai termovalorizzatori. A marzo 1999, arriva la relazione, che sparisce, non viene resa pubblica, tant'è vero che il ministero, che rilascia le autorizzazioni, è costretto il 19 gennaio 2001 a scrivere una sua relazione. Nel febbraio 1999, l'ASL RmG esprime il proprio parere igienico-sanitario in riferimento all'installazione a Colleferro di un impianto. In tale parere si ritiene inopportuna l'installazione. Il 31 marzo 1999, il Ministero dell'ambiente esprime parere favorevole con prescrizioni. Omissis. È opportuno tenere presente che il servizio del Ministero dell'ambiente alla suddetta data non era a conoscenza del parere dell'ASL. Che cosa vuol dire? Che c'era un parere negativo che è stato chiuso in un cassetto e non portato all'attenzione di regione Lazio, di provincia di Roma e di Ministero dell'ambiente, che danno pareri favorevoli non sapendo di questa precondizione fortemente negativa. Vado avanti. È strano, vero? Lì c'è stata una commistione di interessi se è vero che il sindaco di Colleferro era Silvano Moffa, l'assessore alla regione un certo Giovanni Hermanin, il Ministro dell'ambiente Willer Bordon e in consiglio regionale c'era un nostro attuale deputato, Renzo Carella. Nessuno si è accorto di niente, per cui la cosa va avanti. Tra l'altro, tenete presente che un impianto di quel tipo, che aveva necessità di un'autorizzazione Pag. 9 piena, invece lavora in procedura semplificata. È una vicenda tragicomica. Noi di Colleferro l'avremmo voluta vivere in senso comico. Il problema è che è una vera e propria tragedia.
  Oltretutto, in questi tempi si sta chiedendo il rinnovo dell'AIA, necessario per legge, e stavolta hanno chiesto il parere in tempi debiti all'ASL, che ha risposto con quattro righe dicendo che valeva il parere del 1999. Inoltre, visto che probabilmente non ne avrebbero tenuto conto, almeno impegnava tutti a fare monitoraggio continuo della situazione. Perché? Perché erano successe alcune cose. Si diceva che con questa procedura semplificata tutto era a posto, che tutte le dichiarazioni, comprese quelle del sindaco, erano a posto, poi nel 2005 un'indagine Arpa Lazio mette a confronto i dati rilevati nel 1999, prima dell'entrata in funzione dei termovalorizzatori, con quelli del 2004 sui metalli pesanti. Ve ne cito solo alcuni. Il mercurio passa da 0,42 a 0,509; il cobalto da 15,2 a 18,5; il cromo da 9,7 a 40,5; il nichel da 13 a 33,7; lo zinco da 97 a 143. Non è che sia andato qualcuno a seminare i metalli pesanti, immaginiamo. Il problema è: che cosa bruciavano nei termovalorizzatori con questa procedura semplificata?
  La notizia che mi dava il mio grande amico, dottor Sofi, di quest'intercettazione dell'ex assessore del comune di Roma, Muraro, 2016, a noi ha fatto fare un viaggio nel passato. Abbiamo rivissuto un momento drammatico, quello che è accaduto negli anni Duemila in quell'impianto. Vi leggo velocemente, dagli atti parlamentari della XVI legislatura della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, seduta 26 maggio 2009, l'audizione capitano Pietro Rajola Pescarini, comandante NOE, Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Roma. Si parla di «combustione di gomme intere di veicoli, combustione di altro materiale non idoneo che veniva annotato dagli operai sui registri appositi di accettazione con diciture quali “pezzatura grossa” o “scadente”, presenza di filtri di industria chimica proveniente dalla Campania» e si descrive come avveniva tutto questo, «il rifiuto conferito non era CDR, ma includeva addirittura filtri di industria chimica spacciati per CDR... l'impianto Ama di Roma conferiva copertoni, coltelli da cucina, forchette, panni, umido e altro, anziché CDR». Il materiale era spacciato per CDR, accompagnato da analisi false. Il materiale spacciato per CDR e conferito negli impianti faceva saltare i limiti previsti di emissione in atmosfera, ma in remoto dalla Toscana si provvedeva a far rientrare i limiti nella norma in modo informatico. Non so se mi sono spiegato. È stato dimostrato nell'indagine che non si bruciava CDR.
  Nella relazione finale di questa Commissione, il presidente Pecorella scrive: «Al momento attuale, le indagini condotte nel Lazio hanno evidenziato elementi specifici di illeciti penali, soprattutto nella gestione dell'impianto di termovalorizzazione di Colleferro. Sulla base delle risultanze, quello che appare comunque evidente è che vi sia stata una carenza nel sistema dei controlli da parte delle autorità (comune, provincia, regione). È certo, infatti, che i dati delle centraline di controllo dei fumi di scarico venivano alterati facilmente accedendo ai relativi file anche da remoto».
  Che cosa hanno respirato i cittadini di Colleferro? Allora, l'intercettazione della Muraro riaccende una sensibilità.
  A rendere il tutto più chiaro, arriva nel 2012 il rapporto ERAS (epidemiologia rifiuti ambiente salute nel Lazio), curato dal dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale. Torno al tragicomico. Non vi do dettagli perché non sono importanti, ma a luglio 2012 sono personalmente interessato da persone dell'ambito medico, che mi dicono che in un cassetto della regione Lazio c'è un rapporto drammatico che riguarda la situazione di Colleferro in relazione ai termovalorizzatori. Era un anno che quel rapporto era chiuso in un cassetto. Riusciamo a farlo uscire a settembre. Che dice questo rapporto? Oltre a studiare la ricaduta delle discariche – vi ho fatto vedere – questo rapporto fa uno studio approfondito sui termovalorizzatori, e qui vi voglio far vedere un'altra cosetta veloce sulla ricaduta dei termovalorizzatori. Non so se siete appassionati di schemi. Questa è Pag. 10la ricaduta sul suolo, scientificamente testato, del termovalorizzatore di Colleferro; questa è la ricaduta sul suolo del termovalorizzatore di Colfelice: si nota la differenza? Quello di Colfelice è più grande di quello di Colleferro. Qui non c'è ricaduta. Questo è Colleferro. Tra l'altro, una delle zone rosse cade in un quartiere in cui la gente aveva comperato le case a un certo prezzo perché periferico, e oggi valgono meno della metà. Potete capire.
  Che cosa dice il rapporto ERAS? Vi leggo solo le due cose fondamentali. Si sono ulteriormente aggravate, in seguito all'attivazione dei termovalorizzatori, le situazioni ambientali, c'è stato un aumento di alcune patologie (+31 per cento di ospedalizzazioni per malattie all'apparato respiratorio; +79 per cento malattie polmonari croniche-ostruttive). Si è osservato un aumento di ricoveri per infezioni acute, in particolare anche per i bambini, del 78 per cento. Non so se voi avete figli e qualche volta li portate al Bambin Gesù. Se vi dovesse capitare, dite loro che siete di Colleferro: non vi anticipo la risposta, perché ormai i medici del Bambin Gesù, quando va una famiglia di Colleferro, esordiscono tutti nella stessa maniera, cioè che la situazione è drammatica. Il rapporto ERAS viene contestato dall'amministrazione comunale. Questa è Sentieri, la rivista di epidemiologia numero uno in Italia, fatta con la collaborazione del ministero, che dedica un capitolo al rapporto ERAS, definendolo un rapporto di avanguardia scientifica per come si fanno le indagini a livello europeo. Noi, però, abbiamo avuto un'altra indagine fatta da Sentieri, che, non avendo i soldi, fa un campionamento in pool, e cioè, invece di fare mille prelievi singoli, ne fa 500 e li mischia, così fa un'indagine sola. Viene fuori una media per cui i cittadini di Colleferro hanno il doppio delle diossine degli abitanti, il che vuol dire che c'è qualche colleferrino che ce l'ha quattro volte. Ci mettiamo quelli β-esaclorocicloesano.
  Vado alla conclusione. I termovalorizzatori sono un cancro per questa città. Il dottor Sofi vi ricordava che uno su tre è toccato. C'è un'ipersensibilità dei cittadini che va tenuta in conto. Quando nel 2011 ci furono le elezioni, un gruppo di persone di buona volontà chiese all'Ipsos di fare un'indagine, «I problemi dell'Italia e di Colleferro per i cittadini di Colleferro». Al primo posto c'erano inquinamento e ambiente. Mentre la preoccupazione media in Italia è del 39 per cento, a Colleferro il 72 per cento dei cittadini è preoccupato per l'inquinamento, l'ambiente e la salute. Pensate che il lavoro viene al 42 per cento, 30 punti sotto. Questo è il dato drammatico della situazione. Siccome questa è la Commissione che si occupa della sicurezza, pensiamo che la prima sicurezza che deve essere garantita ai ragazzi sia quella della salute, dell'ambiente, e siccome non sono da meno del mio amico Rocco Sofi, anch'io concludo con due citazioni.
  Per la mia storia, avendo fatto anche politica e sindacato, penso di essere, sull'orma del libro L'ultimo dei Mohicani, uno degli ultimi degasperiani di questo Paese, anche perché – lo posso dire qui – ho un incarico per conto di vescovi del Lazio perché sono il direttore della commissione regionale per la pastorale sociale e il lavoro, ma anche per la custodia del creato, per cui queste tematiche ci sono a cuore. Vorrei ricordare, allora – qui siete onorevoli eletti dal popolo – quello che diceva De Gasperi: «Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione.» Io ho più di 62 anni. Non mi preoccupo molto per me. Tra l'altro, il mio papà e mio nonno sono morti a settant'anni di evento tumorale; dovrei preoccuparmi, no? Io, invece, penso ai miei nipotini.
  Infine, una cosa che mi ha colpito e che ho portato in una relazione fatta a dei giovani: «Noi non ereditiamo la terra dai nostri antenati. La prendiamo in prestito dai nostri figli», la prendiamo in prestito dai nostri figli. È per questo che oggi insieme col dottor Sofi siamo venuti qui, per ripuntare il dito su una questione centrale nel futuro della vita dei cittadini di quell'area.

  PRESIDENTE. Prima di aprire il dibattito, mi pare doveroso segnalare, anche perché i temi che avete sollevato sono molto importanti e hanno un rilievo di carattere penale, per certi aspetti – ci sono indagini Pag. 11in corso, si parla di sicurezza delle persone, della salute – che sicuramente il tema ambientale e delle discariche attiene a quello del degrado delle periferie, ma non so se sapete che c'è una Commissione che si occupa del tema dei rifiuti, che interviene anche in modo inquirente sia sulle autorizzazioni sia sull'acquisizione di atti e materiali. Quando c'è un problema di udito, se si va dall'oculista, si può non risolverlo. In questo caso, noi siamo l'oculista. Siccome c'è un problema di udito, è giusto che vi indichi che c'è anche l'otorino che si occupa del problema specifico di questa materia, dopodiché abbiamo il piacere di ascoltarvi, acquisire questo materiale. Saremo anche noi i primi a trasmetterlo all'onorevole Bratti, presidente della Commissione d'inchiesta sui rifiuti, ma quello è lo strumento adeguato per intervenire sul vostro problema.

  VINCENZO PISO. È di tutta evidenza che buona parte dei temi che sono stati qui trattati attiene alla Commissione d'inchiesta sui rifiuti. L'audizione da noi richiesta su questo tema ha come punto di caduta ultimo una situazione che riguarda un aspetto complementare rispetto a quelli di carattere sanitario, quello del ciclo dei rifiuti nella nostra regione e del collasso che si rischia su tutta l'area delle nostre periferie, in particolar modo della capitale d'Italia.
  Il quadro che ci è stato descritto della situazione di Colleferro mi sembra abbastanza chiaro, abbastanza netto. Mi sembra anche di capire che buona parte di questo quadro, per lo meno per quanto attiene agli aspetti di carattere sanitario-ambientale, sia anche dovuto al fatto che all'interno di queste linee di termovalorizzazione non veniva bruciato CDR, o soltanto CDR, ma una serie di schifezze, che dovevano invece andare da altra parte. Questo apre poi una serie di riflessioni su come alcuni strumenti vengono utilizzati in questo Paese, in questa Nazione, a dispetto di quello che dovrebbe essere effettivamente. Se ho una macchina che deve andare a diesel e ci metto la benzina o viceversa, è evidente che si producono dei danni, per fortuna solo attinenti, in questo caso, al mezzo meccanico e non alla gente, ma è evidente che qualcosa non funziona. Detto questo, però, e tornando all'interesse più specifico di questa Commissione, mi sembra di aver sentito, letto, una serie di cose che vanno in contraddizione l'una con l'altra: qual è lo stato dell'arte rispetto a questo revamping? Mi sembra di aver capito che da, una parte, c'è un revamping in atto, che presupporrebbe la continuazione dell'utilizzo di queste linee di termovalorizzazione, con una conferma, anche avvenuta piuttosto recentemente, da quanto mi sembra di capire; dall'altra, c'è un discorso, che però fino adesso è rimasto solo sul piano orale, di riutilizzo di quest'impianto per quanto riguarda questa fabbrica dei materiali. Relativamente a tutto questo, qual è lo stato dell'arte? Che cosa concretamente si è fatto? Relativamente al problema del ciclo dei rifiuti, a voi risulta esista un piano «B» sulla chiusura di Colleferro? L'assenza poi di questo piano B – mi sembra di comprendere – da una parte significa probabilmente continuare su questa linea rispetto alle linee di termovalorizzazione di Colleferro; dall'altra, non fa intravedere altro tipo di prospettiva.
  Fino a quando, evidentemente, non si riuscirà a mettere in pista qualcosa che sopperisca alla funzione che fino adesso Colleferro ha avuto, siamo tra l'incudine e il martello: da una parte, c'è un problema enorme di ricaduta ambientale, di carattere sociosanitario per quanto riguarda il territorio di Colleferro, e non solo – i dati che ci sono stati forniti e anche le riprese delle aree interessate vanno ben oltre anche il territorio di Colleferro; dall'altra, c'è la possibilità di un collasso del ciclo dei rifiuti in questa regione, con conseguenze magari non nell'immediato così devastanti da un punto di vista sanitario, ma comunque pesanti. Queste potrebbero, infatti, essere prodromiche a una serie di problemi che ben conosciamo e che per fortuna fino adesso abbiamo soltanto sfiorato nelle nostre periferie. Rischiano, però, di diventare pesanti laddove effettivamente si dovesse arrivare a un collasso totale di questa situazione, come non mi sembra poi particolarmente Pag. 12 lontano se si continua in questa maniera.

  CLAUDIA MANNINO. Sono doppiamente dispiaciuta di quest'audizione, e spiego perché. Anzitutto, emerge da quest'audizione, come da altre, proprio l'esigenza di essere ascoltati. Forse, ci si sta accorgendo ora del problema, non dico voi, ma in generale, o forse per tanti anni determinati problemi sono stati decisamente sottovalutati. Tengo a sottolineare, e lo dico da siciliana, da palermitana, che non abbiamo, per fortuna e purtroppo – lo metto ormai allo stesso livello – impianti di incenerimento dove, a differenza di Colleferro, i rifiuti vengono banalmente incendiati per strada, e quindi c'è una distribuzione sul territorio regionale che sarebbe interessante mettere a confronto con Colleferro e con le altre città dove ci sono inceneritori.
  Dico anche, visto che «siamo» in Commissione d'inchiesta rifiuti in questo momento – anch'io sottolineo che siamo in Commissione d'inchiesta sulle periferie – che nel 2012 la discarica di Bellolampo è andata in fiamme, c'è un procedimento penale in corso. Si sono fatte quelle indagini epidemiologiche che avete fatto voi a Colleferro, ed è tutto fermo lì. Sono doppiamente dispiaciuta, quindi, perché purtroppo le situazioni, le lentezze e le burocrazie sono diffuse. Detto questo e sottolineando che siamo Commissione d'inchiesta sul degrado nelle periferie, che nasce dall'individuazione di due linee di finanziamenti di questo Paese per recuperare il degrado, chiedo a voi, che siete del territorio, se per caso il comune di Colleferro ha presentato proposte in merito ai bandi sulle periferie per rilanciare quell'utilizzo e recupero dei materiali.
  Sono fermamente convinta che gli inceneritori non siano ormai tecnologie contemporanee. Sono più che datate. Sono anche però convinta che i rifiuti portati col CDR o in raccolta differenziata siano frutti di una cittadinanza. A me piacerebbe iniziare a parlare, allora, di processi virtuosi dei cittadini, che iniziano a capire che cosa comprano quando fanno la spesa, in modo che poi non ci troviamo i coltelli nel CDR, che non finiscono là per miracolo. Voglio riportare un po’ alle responsabilità. Avete parlato di revamping. Anche nella mia Sicilia si fanno molto spesso, ma i revamping prevedono autorizzazioni AIA, procedure di VIA, autorizzazioni comunali, conferenze dei servizi, anche alla luce della riforma delle autorizzazioni AIA, oneri di compensazione per l'amministrazione comunale in cui si trova l'inceneritore o l'impianto ambientalmente impattante. Mi è dispiaciuto anche sentire il continuo riferimento – per carità, lo capisco – alla città di Roma e alla quantità di rifiuti che produce Roma, e quindi i cittadini di Roma e tutti quelli che vengono a lavorare o a vivere a Roma anche temporaneamente. Vorrei capire se la vostra indagine è stata presente anche in tutte le fasi di autorizzazione delle varie tappe di revamping sia della linea ancora non attiva sia del revamping attuale, se ci si è costituiti parte civile nel processo, fermo restando che sono sicura che il presidente manderà alla Commissione d'inchiesta sui rifiuti tutto quello che è pervenuto qui, se è stata avviata una richiesta di indagine o una petizione in Commissione europea al fine di avviare una procedura pilot, o comunque un'indagine da parte della Commissione europea, se i rappresentanti romani in Commissione d'inchiesta sui rifiuti hanno sollevato la questione di Colleferro. In questo momento, la Commissione d'inchiesta sui rifiuti sta completando proprio la relazione sul Lazio, e il 90 per cento di quella relazione è concentrata su Roma, e pochissimo si parla di Colleferro.
  Le domande che vi pongo sono tante, ma, al di là del fatto che questa non è la Commissione competente, ma ci siamo occupati in tante realtà di rifiuti, quali sono le azioni? Tutta quella presenza di Colleferro rientra in un piano regionale di gestione dei rifiuti: è stata presentata in regione una variante a quel piano? Sono tante le questioni che magari ci portate sotto forma di relazione, ma ci sono responsabilità anche politiche e amministrative, che non credo abbiamo il tempo di approfondire, ma se le inviate noi le inoltriamo alla Commissione d'inchiesta sui rifiuti.

Pag. 13

  ROCCO SOFI, presidente di Areaconsumatori. Rispondo alle due domande dell'onorevole Piso e, successivamente, a quelle dell'onorevole Mannino.
  Per quanto riguarda lo stato dell'arte e la proprietà dell'impiantistica dei termovalorizzatori di Colleferro, come dicevamo, le linee di termovalorizzazione dei rifiuti sono di EP Sistemi, società partecipata di Lazio Ambiente e di Ama SpA, ma a oggi sappiamo per sentito dire, come avevo già precisato nella mia relazione con le mie osservazioni, che non vi è un documento ufficiale, tranne quell'attuale apertura del procedimento in corso della regione in merito alla comprensione della vera attività amministrativa e burocratica che queste due società ci devono fornire. Regione Lazio e Ama sono nella veste di azionisti, rispettivamente, sia di Lazio Ambiente sia di EP Servizi, e hanno investito 3 milioni di euro per interventi di rigenerazione dell'impianto per il cosiddetto revamping, dimostrando l'intenzione di continuare a utilizzare gli impianti di termovalorizzazione anche in futuro.
  Dalle dichiarazioni dell'ultima audizione del dottor Narda, le indicazioni sono proprio quelle per cui nei primi mesi del 2018, se non vi saranno input di diverso contenuto e diversa forma, riparte l'accensione di questa macchina della termovalorizzazione. Di recente, però, molti comuni hanno deciso di non usufruire più dei servizi di Lazio Ambiente, quindi sono usciti da questa società, e il comune di Colleferro ha manifestato l'intenzione di creare un miniconsorzio – è stato proprio discusso nell'ultima audizione regionale – insieme ad altri otto o dieci comuni per la raccolta dei rifiuti, lo spazzamento e il conferimento. La regione Lazio ha assegnato un finanziamento di 25.000 euro per l'elaborazione di un piano di impresa per il miniconsorzio, la cui stesura definitiva è prevista per il 30 ottobre 2017, ma a oggi non è dato sapere. Non so se il collega Gessi abbia notizie in merito, ma non credo.

  VINCENZO PISO. Mi scusi, avvocato, così diventa anche forse più vivo questo nostro incontro.
  Il miniconsorzio, chiaramente, non include il comune di Roma, che a oggi mi sembra capire essere il soggetto che più conferisce all'interno di Colleferro, per cui il miniconsorzio aiuta...

  ROCCO SOFI, presidente di Areaconsumatori. È una nuova piattaforma per...

  VINCENZO PISO. Aiuta relativamente la possibilità di dismettere questo...

  ROCCO SOFI, presidente di Areaconsumatori. Assolutamente, sì. Attualmente, gli impianti di termovalorizzazione sono fermi in attesa del completamento del revamping. Contestualmente, anche la discarica è ferma in attesa della rimozione di un traliccio dell'alta tensione, a seguito del quale potranno essere immessi ulteriori rifiuti per saturare il sito e consentire il cosiddetto capping. A Colleferro infatti esiste anche una discarica. Al momento, ha la forma della gobba del cammello. Al centro vi è questo traliccio dell'Enel.

  VINCENZO PISO. Se ho capito bene, si usa questa tecnica di tirare fuori il traliccio per avere un ulteriore buco da riempire?

  CLAUDIO GESSI, associazione Città dell'Uomo. Sì.

  VINCENZO PISO. Ho capito.

  CLAUDIO GESSI, associazione Città dell'Uomo. Onorevole, senza lo spostamento del traliccio, mi pare fosse rimasto qualche migliaio di metri cubi. Con lo spostamento del traliccio, si andrà dai 300.000 ai 600.000 metri cubi in più. Rocco parlava di capping. Tenete presente che nel corso degli anni la gestione della discarica ha portato nelle casse del comune di Colleferro oltre 30 milioni di euro, gli oneri di compensazione. Quelli servivano per politiche ambientali: sono stati spesi in tutti altri campi, e non solo. C'è un problema molto serio che non abbiamo citato: la chiusura della discarica e la gestione del post mortem, che dura un periodo pari a quello della vita della discarica, Pag. 14 a oggi costerebbe dai 35 ai 40 milioni di euro: non c'è un euro messo da parte.

  ROCCO SOFI, presidente di Areaconsumatori. Nella seduta della commissione regionale è emerso chiaramente che a tutt'oggi non è stato prodotto nessun documento tecnico sul nuovo progetto, che era quello dell'impianto che dicevamo, della fabbrica dei materiali. Entro nella sua seconda domanda, il piano B. A oggi, si parla, ma abbiamo percepito che questo parlare forse è un temporeggiare in virtù delle prossime elezioni che ci saranno all'inizio dell'anno prossimo, però a noi questo poco importa, naturalmente.
  Entro nel merito anche delle domande dell'onorevole Mannino. Non credo che il comune di Colleferro abbia un progetto per quanto attiene alle periferie, o meglio, che abbia richiesto, se non ho capito male la domanda, fondi o una strategia per far confluire elementi a suffragio di quella che potrebbe essere fino a oggi l'eventuale nostra idea della fabbrica materiali. È proprio in virtù di questo che rispondo che a oggi non ci hanno dato risposta. Sono trascorsi diversi mesi dal 26 ottobre 2016 sulla petizione popolare e a oggi neanche a quella hanno dato nessun seguito, neanche con l'apertura di un numero di protocollo, come la Commissione europea ha già ben svolto. Mi riallaccio all'ulteriore domanda che lei faceva. Sì, in Europa sono state aperte due indagini preliminari da parte delle Commissioni competenti, la Commissione per le petizioni e la Commissione per l'ambiente e la sicurezza alimentare. Procedura pilot ancora no, ma nell'attualità dei momenti saremo informati di tutto. Sul discorso della procedura pilot ancora nulla è a nostra conoscenza. Credo di essere stato esaustivo sulle risposte agli onorevoli. Non so se Claudio vuole aggiungere qualche altra cosa. Ringraziamo il presidente per il suo interessamento a traslare parte della documentazione che vi servirà. Vi invieremo felicemente tutta documentazione da trasmettere alla Commissione d'inchiesta sui rifiuti, ma vorrei comunque tenere, e credo anche Claudio sia dello stesso intendimento, in piedi il discorso che riguarda le periferie. Per noi, è tuonata alta quella voce, e concludo, del sindaco Raggi, che nel mese di luglio in questa sede recitava che tanto abbiamo Colleferro, e se non erro l'ha detto anche a Porta a Porta, sito che può ingerire i rifiuti di Roma capitale.
  Ringrazio tutti, in particolar modo l'onorevole Piso, che ci ha dato la possibilità di stare presso la vostra Commissione.

  PRESIDENTE. Nell'attesa della documentazione, ringraziamo i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta sospesa alle 11.45 riprende alle 11.55.

Audizione di rappresentanti di associazioni e comitati del Comune di Bari.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di associazioni e comitati del Comune di Bari, che ringrazio per aver sollecitato questa quest'audizione e aver accolto l'invito della Commissione stessa.
  Sono presenti il dottor Giuseppe Palella, il dottor Rocco De Adessis, il dottor Francesco Gennaro Leccese, l'avvocato Giuseppe Anaclerio e il dottor Giovanni De Adessis, in rappresentanza delle associazioni e dei comitati che hanno richiesto l'incontro.
  Informo i nostri ospiti che interverranno che la relazione dovrà essere contenuta in una quindicina di minuti. Avverto che gli auditi hanno la facoltà di consegnare alla presidenza della Commissione ulteriore documentazione, anche fotografica, che integri il contenuto dell'intervento.
  Do la parola al dottor Palella, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere a lui e agli altri presenti, al termine degli interventi, domande e richieste di chiarimento.

  GIUSEPPE PALELLA, presidente associazione Terzo Millennio di Palese. Un ringraziamento particolare va al presidente e a tutti i componenti della Commissione per aver accolto questa nostra istanza di audizione. Pag. 15
  Mi presento. Sono in rappresentanza di una delle associazioni che hanno richiesto quest'audizione. Sono stato incaricato anche a causa dell'assenza dell'avvocato Lorusso, incaricato da tutte le associazioni, che purtroppo all'ultimo momento per ragioni di carattere professionale ha dovuto disertare quest'appuntamento e si scusa con tutti per questa sua assenza. Sono stato incaricato io di parlare e di presentare questa delegazione e di illustrare le ragioni di questa nostra richiesta. Vorrei ricordare, innanzitutto, che quelle che hanno richiesto l'incontro sono associazioni del territorio della periferia di Bari, di queste due grandi periferie, Palese-Santo Spirito, a nord di Bari, da una parte, circa 35.000 abitanti, e Carbonara-Ceglie-Loseto, dall'altra, con circa 40.000 abitanti. Siamo venuti a conoscenza dalla stampa, come cittadini di queste periferie, che nel mese di giugno scorso la Commissione ha voluto de visu fare sopralluoghi nella città di Bari per visionare le positività, e soprattutto le criticità di questi agglomerati urbani periferici. Ci siamo, però, meravigliati. Dalle notizie di cronaca – io sono giornalista – ho notato l'assenza nell'interlocuzione. Sono state ascoltate dalla Commissione solo le parti istituzionali. Le realtà territoriali che operano e vivono sul territorio, le associazioni, non sono state sentite. Da questo è nata l'idea di chiedere l'audizione, se non altro prima che la Commissione concluda i lavori, per esporre gli aspetti di chi vive quotidianamente questi territori periferici di Bari.
  Vi ringraziamo ancora una volta per questa vostra ospitalità e per l'attenzione che state dedicando al territorio delle periferie baresi. Vi elenco i nomi delle associazioni sottoscrittrici: associazione turistica Pro loco di Santo Spirito; associazione Terzo Millennio Onlus di Palese, di cui sono il presidente; associazione culturale Terra-Mare di Santo Spirito; Confail Inquilini Bari, sezione di Santo Spirito, un sindacato, perché a Santo Spirito si concentrano, nella zona Catino Enziteto, circa mille alloggi di proprietà di edilizia residenziale pubblica, e questa è una sezione che rappresenta questi inquilini. Poi abbiamo l'associazione Agorà di Santo Spirito, la UIL pensionati di Palese-Santo Spirito, l'associazione dilettantistica Costa del Sole di Santo Spirito, l'associazione Terrattiva di Palese, l'associazione Pro Loco di Carbonara, il Comitato Uniti per l'autonomia di Carbonara-Ceglie-Loseto, il Comitato tutela Ospedale «Di Venere» di Carbonara, l'associazione culturale Le Tre Torri di Ceglie, la Fidas, Federazione Italiana Donatori Sangue sezione di Carbonara, l'associazione Nuovo Ars Giuseppe Baliscio di Ceglie del Campo e l'associazione Bari In Quarta di Carbonara. Queste sono le quindici associazioni che hanno richiesto l'audizione.
  In un primo momento, come dicevo, incaricato a rappresentarci tutte è stato l'avvocato Lorusso insieme alla delegazione, di cui adesso vi presento i componenti, e il sottoscritto, presidente della Terzo Millennio. Abbiamo ritenuto di portare qui il presidente della Pro Loco di Santo Spirito, delegato dal presidente professor Vincenzo Colonna, ultraottantacinquenne, che ha incaricato un socio fondatore, il dottor Franco Leccese, mentre per la Pro Loco di Carbonara c'è il dottor De Adessis. Abbiamo poi l'avvocato Giuseppe Anaclerio in rappresentanza del Comitato Uniti per l'Autonomia. Entrambi questi territori nel 2009 sono stati oggetto di un referendum per il distacco da Bari. C'era stata un'iniziativa legislativa da parte della regione, che aveva varato il referendum consultivo. Le popolazioni si sono espresse favorevolmente, in particolare quella di Palese-Santo Spirito ha ottenuto l'80 per cento dei sì all'istituzione del comune autonomo. Entrambe queste realtà furono accorpate a Bari nel 1928. Carbonara e Ceglie erano insieme a Loseto delle realtà comunali, mentre Palese era una frazione di Modugno e Santo Spirito una frazione di Bitonto. Questa provenienza nel tempo ha fatto mantenere certe caratteristiche: in questi territori le popolazioni indigene non si sentono baresi a tutti gli effetti, per cui c'è stata quest'iniziativa dovuta alle tradizioni e alla cultura di questi territori, ma anche per certe problematiche. Queste periferie, infatti, sono da sempre, indipendentemente dai colori Pag. 16politici che amministrano la città di Bari, realtà trascurate rispetto al centro, perché considerate soltanto come territori di servizio. Inoltre, in alcuni casi, come nel caso di Palese-Santo Spirito, sono più vicine a Bitonto o a Giovinazzo che a Bari città. C'è stata, quindi, quest'iniziativa, che poi non è andata a buon fine in consiglio regionale. Comunque, le criticità sono rimaste, come i problemi che adesso vi illustreremo come delegazione. Abbiamo voluto portare i presidenti delle Pro Loco, le associazioni più rappresentative, perché come sapete sono associazioni riconosciute a livello regionale, ma c'è qualcosa di più. I due rappresentanti delle Pro Loco, sia di Santo Spirito sia di Carbonara, sono due ex presidenti di circoscrizione e di colore opposti. Il dottor Leccese è stato a Palese-Santo Spirito presidente per il centrodestra, mentre il dottor Rocco De Adessis è stato presidente di Carbonara per una coalizione di centrosinistra tra il 2004 e il 2009.
  A prescindere da chi gestisce la città di Bari, queste realtà periferiche sono sempre state considerate come delle comunità di serie B rispetto alla realtà cittadina. Molti finanziamenti a livello statale, che dovrebbero essere destinati esclusivamente per riqualificare queste periferie, in alcuni casi sono finiti a riqualificare il centro cittadino, come è successo di recente per la centralissima via Sparano, la quale sta godendo di un finanziamento per le aree depresse. Via Sparano nel centro di Bari tutto è tranne che un'area depressa, tra l'altro con un restyling che è stato fatto meno di vent'anni fa, mentre in periferia abbiamo realtà, come quelle di Palese o di Carbonara, trascurate da anni e mai risolte.
  Accennerò soltanto brevemente, ma troverete tutto nella documentazione che depositeremo presso questa Commissione, insieme anche a una documentazione fotografica che entrambi i rappresentanti di queste realtà produrranno. Alcune per Carbonara le abbiamo già in diretta sul video, perché abbiamo la chiavetta, per l'altra ci scusiamo, abbiamo portato il cartaceo, ma faremo arrivare a breve anche il formato digitale. Ci sono delle situazioni paradossali. Siete stati a visitare il quartiere di Enziteto. Bene, a 500 metri da Enziteto – non so se vi hanno informato – c'è una stazione costruita da vent'anni, una stazione della Ferrotramviaria, che faciliterebbe il collegamento di questa periferia estrema, perché siamo alla periferia estrema, al confine di Bitonto e Giovinazzo, che dista circa 20 chilometri dal centro di Bari. È a 6 chilometri dal palazzo comunale di Bitonto, mentre da quello di Bari dista 20 chilometri. Ebbene, questa stazione, costruita in occasione del raddoppio della linea ferroviaria della Bari Nord Bari-Bitonto, non è mai andata in funzione, perché non hanno mai realizzato la strada di collegamento di 500-600 metri che collega il quartiere di Enziteto con la stazione. Tuttora è presente solo la strada di cantiere. La stazione è stata devastata, oggetto di vandalizzazioni, in questi anni, ma questa è una delle tante criticità di questo territorio.
  Credo che la Commissione, quando è stata in visita a Enziteto, non abbia preso visione della realtà di Santo Spirito, il nucleo originario, dove c'è un lungomare bellissimo, con un porto. In questo lungomare c'è un problema da oltre dieci anni: alla minima pioggia, dalla fogna, dai tombini fuoriesce liquido fognario, che poi si riversa nel porto antistante, qualcosa di raccapricciante per chi vi assiste.
  Queste sono solo due piccole criticità, ma la situazione è ancora più drammatica se qualcuno visita poi queste realtà per quanto riguarda la situazione delle strade, dei marciapiedi: interventi che vengono fatti in maniera disorganica, così come disorganica è stato lo sviluppo di queste realtà, che erano delle realtà paesane, non delle periferie, come il quartiere San Paolo, sorto negli anni ’60. Queste erano realtà con una loro vivacità, che negli ultimi trent'anni in particolare sono state degradate al rango di periferia e sono in una situazione di trascuratezza e di abbandono, un mortorio.
  Io sono giornalista e vivo a Palese. Quando siete arrivati all'aeroporto, vi è capitato di transitare da via Gabriele D'Annunzio, quella che si immette poi sulla SS16bis, non so se avete notato, nel mese di Pag. 17giugno, guardando a destra e a sinistra di questo tratto di strada che collega l'aeroporto con la strada statale 16bis, lo stato, le condizioni di degrado: erbacce e arbusti cresciuti sui marciapiedi, che hanno tolto solo nel mese di settembre, dopo l'inaugurazione della fiera per un articolo di giornale con le foto col quale denunciavamo questa situazione scandalosa per chi arriva in aeroporto e poi si reca in città.
  Non voglio dilungarmi oltre. Le presentazioni le ho fatte. Vi ringrazio ancora per la vostra ospitalità, per aver accolto questo nostro invito e per l'attenzione che potrete rivolgere a queste due comunità. Prima di concludere, però, voglio fare un cenno da sottoporre alla Commissione, anche se non è di vostra competenza, come spunto di riflessione per voi parlamentari, da sottoporre poi ai vostri rispettivi gruppi parlamentari. Vorremmo far presente un'incongruenza che esiste nel nostro ordinamento giuridico. Come Palese-Santo Spirito, ma anche Carbonara, ho accennato prima che siamo stati protagonisti nel 2009 di un referendum promosso dalla regione, con il via libera del comune, il quale aveva chiesto di ascoltare le popolazioni, perché era stato richiesto dalla regione un parere preventivo prima di accogliere la richiesta e procedere al referendum per sapere se queste popolazioni si volevano staccare o meno da Bari. La regione ha speso 700.000 euro per la consultazione di 70 seggi elettorali, una delle consultazioni più costose. Comunque, siccome pagava la regione, che ha rimborsato i comuni di tutte le spese, è costato 700.000 euro, salvo poi dare parere negativo alla regione dopo il referendum. Avrebbe potuto darlo prima, e invece l'ha dato dopo che si erano pronunciati e dopo che la comunità di Palese-Santo Spirito, come quella di Carbonara, aveva detto di sì al distacco da Bari. Aggiungo che la VII commissione consiliare, competente per gli affari istituzionali, otto giorni prima aveva dato parere favorevole al distacco all'unanimità, poi è successo di tutto in consiglio regionale, e magari ve lo accennerà il dottor Leccese, che di questo ha anche un filmato. Quello che volevo sottoporre alla vostra attenzione per quanto riguarda questo aspetto è l'incongruenza nell'ordinamento giuridico nazionale per quanto riguarda i poteri dati alle regioni di istituire o di accorpare i comuni. Questa legge, in vigore dal 1972, ha dimostrato di non funzionare in oltre quarant'anni. Di comuni che sono stati accorpati ce ne sono ben pochi, così come ce ne sono ben pochi di quelli nuovi. Praticamente, si blocca la dinamica istituzionale, in quanto, spogliandosi il Parlamento del potere di istituire nuovi comuni o di accorpare i comuni piccoli affidandosi alle regioni, a livello locale prevalgono gli egoismi e i piccoli interessi particolari. Non si creano nuovi comuni, come nel nostro caso, in cui ci sono tutte le condizioni di legge, oltre che i requisiti di carattere economico e finanziario – queste realtà si possono mantenere – mentre si mantengono in piedi di contro situazioni di piccoli comuni, come nel caso della provincia di Bari di Binetto e Grumo, con Binetto di 1.500 abitanti e Grumo di 18.000, i quali non sono neppure staccati, ma attaccati. Si mantiene, però, in piedi un comune di 1.500 abitanti. Non si fa un comune unico. Ditemi se questo non è uno spreco di costi. Di ieri è la notizia, ma è una rarità, che tra Acquarica del Capo, paese di un parlamentare pugliese, e Presicce, forse dopo novant'anni dall'ultimo accorpamento, fatto dal fascismo col comune di Canneto, creando il comune di Adelfia, due realtà attaccate, in Puglia si riesce a fare una fusione. Nessuna istituzione di nuovi comuni, invece, se non c'è l'interesse del comune di appartenenza, come nel caso di Palese-Santo Spirito e Carbonara, realtà che, pur rappresentando nell'insieme all'incirca il 20 per cento dell'intera popolazione cittadina di Bari, contribuiscono dal punto di vista della fiscalità generale con il 40 per cento e ricevono di questo a malapena il 5 per cento. Da questo nascono tutte le problematiche e le criticità, e non solo. Questi territori, che si degradano col passare del tempo, erano e sono tuttora realtà, come nel caso di Palese-Santo Spirito, con una loro storia, una loro tradizione, anche dal punto di vista religioso. I patroni sono diversi. Non è San Nicola il patrono di Palese, ma San Michele. Pag. 18 Purtroppo, mentre per San Nicola vengono concentrate tutte le risorse per poter mantenere in piedi questa tradizione, a Palese-Santo Spirito, dove i politici di qualsiasi colore vengono comunque a fare passerelle, non concedono un centesimo di euro di contributo. Capite bene che, più tempo passa e più queste diventano delle realtà emarginate. Qualcuno osserva che a Palese c'è l'aeroporto. Ebbene, io faccio un'ultima considerazione prima di concludere: Roma ha potuto perdere Fiumicino nel 1993, mentre Bari non può perdere Palese, perché ha l'aeroporto. Non so se questa può essere una ragione valida.
  Vi ringrazio ancora per la bontà che avete avuto ad ascoltarci e ad accoglierci questa mattina. Confido molto nel vostro lavoro e nelle conclusioni. So che verrete a breve, appena termina il vostro mandato di Commissione, a presentare a Bari il lavoro che avete fatto in quest'anno della Commissione. Confido vivamente, anche se non in questa legislatura, che per la prossima a livello parlamentare avremo fornito degli spunti per tutti i gruppi parlamentari per una riflessione su questa situazione. La legge nazionale che ha demandato alle regioni i poteri di costituire o di accorpare comuni in questi quarant'anni ha dimostrato di non funzionare come avrebbe dovuto, bloccando le dinamiche istituzionali e un diritto come quello dell'autonomia, tema attuale proprio in questi giorni per le regioni. Non voglio assolutamente fare polemiche con chi nella mia regione ha bloccato quest'autonomia comunale, ma poi a livello nazionale si fa paladino di autonomie a livello regionale, in assoluta contraddizione con i comportamenti reali. Mi auguro – ripeto – che il nostro contributo di questa mattina possa essere uno spunto per tutti i gruppi parlamentari, indipendentemente dal colore politico, a una rimeditazione sulle dinamiche istituzionali perché si evitino gli sprechi veri della politica, come quello di mantenere in piedi comuni di 800 abitanti, in Puglia, o separati quelli cui ho accennato, che sono tutt'uno ormai, uno di 1.500 e l'altro di 18.000.
  Certe realtà continuano a mantenersi in piedi solo per degli egoismi particolari anche a livello politico e di clientele politiche, che continuano a mantenerle in piedi contro realtà che potrebbero avere uno sviluppo, crescere ed essere autonome. Di questo poi parleremo, perché sapete meglio di me che la storia dell'Italia è la storia dei comuni, prima ancora che la storia delle regioni.
  Vi ringrazio tutti e vi auguro buon lavoro e buon proseguimento.
  Col permesso del presidente, cedo la parola al dottor Franco Leccese, che ripeto è stato un presidente di centrodestra, socio fondatore della Pro Loco e presidente del Panathlon Bari, oltre che presidente di un'altra associazione sportiva che opera sul posto, uno molto presente a livello locale in questa frazione.

  FRANCESCO GENNARO LECCESE, presidente Pro Loco di Santo Spirito. Grazie, Peppino, per questa presentazione che hai voluto fare. Mi associo ai ringraziamenti al presidente e a tutti i componenti della Commissione e a coloro i quali ci stanno ascoltando.
  Vorrei concludere con un accenno brevissimo – hai rubato un po’ di tempo agli altri – al consiglio regionale e a una situazione che ci è stata «scippata» dopo che era stato approvato il primo articolo e istituito il comune autonomo di Santo Spirito e Palese con 28 sì e 16 no. Il secondo e il terzo articolo di cui era formata la legge purtroppo ebbero problemi, si bloccarono, insomma uscì un risultato negativo rispetto alla volontà dell'80 per cento della popolazione votante. Non voglio soffermarmi su questo problema, forse prettamente politico, ma illustrare le esigenze del nostro territorio, esigenze che di volta in volta si aggravano, perché non vengono soddisfatte.
  Come diceva il dottor Palella, Santo Spirito era di Bitonto. Nel 1928 passò a Bari, assieme a Palese e Modugno, per fare la grande Bari all'epoca, ma è rimasto solo un sogno, non solo dei baresi, ma anche nostro. Tra noi, Santo Spirito, Palese e Bari, ci sono tradizioni, costumi, una storia completamente diversi. Come ha accennato lui, il patrono San Nicola non è il nostro patrono. Per Bari vengono consumate centinaia di migliaia di euro, invece, per quella Pag. 19tradizione, ma questo potrebbe passare anche in secondo ordine, anche se è un fatto religioso caro ai residenti dei territori, soprattutto agli autoctoni.
  Mi soffermerò qualche secondo, poi concluderò, mettendo in evidenza un problema grossissimo. È stato accennato al problema della fogna nera. Santo Spirito e Palese sono territori turistici, Santo Spirito in particolare, che doveva avere un porto turistico che non è mai stato approvato in conferenza di servizi – chissà perché? – è un bacino portuale con circa 400 imbarcazioni, di cui otto motopescherecci per lavoro e cinque circoli nautici. C'è un indotto economico non indifferente, che probabilmente fa gola ad altri. La cosa grave è che Santo Spirito e Palese sono attraversati da sette passaggi a livello. Direi che questo è un problema veramente grosso, soprattutto per Palese, che ha il territorio spaccato letteralmente in due. C'è casa mia qui e la casa dell'amico di là, con il passaggio a livello, da cui passano circa 210-220 treni al giorno, e potete immaginare, con un susseguirsi di morti. Qualcuno, infatti, magari approfitta di una certa situazione, passa e muore. Solo negli ultimi quattro o cinque anni sono morti sei o sette ragazzi e un anziano. È una situazione che stanno tentando di farci ingoiare murando questi passaggi a livello e aumentando ancora di più il distacco tra la stessa popolazione. Credo che neanche nei Paesi sottosviluppati possa accadere una cosa del genere, in un periodo in cui si parla sempre di progresso. Che cosa hanno voluto fare? È stato detto alla popolazione che è in itinere un progetto per l'interramento o l'aggiramento. È una presa in giro. Non esiste neanche un progetto nell'idea a Roma o nel luogo competente per questa soluzione. È in itinere invece un progetto di chiusura, di muratura dei passaggi a livello. Questo accade nonostante le preoccupazioni e le lagnanze da parte del territorio, che ripeto ha circa 35.000 abitanti, con quasi il 22-23 per cento del bilancio della città di Bari procurato da noi. Soprattutto Santo Spirito, ha nel suo territorio parecchie seconde e terze case, essendo negli anni e nei secoli precedenti, come dicevo, città di Bitonto. Tutti i bitontini dell'epoca, una certa borghesia, hanno costruito queste case, che sono ancora lì, che naturalmente occupano solamente nei mesi estivi. Abbiamo fatto un conteggio al 2009 e portavano a Bari circa 21 milioni di euro l'anno, solamente di Ici sulla seconda casa, dato che nel 2009 non c'era sulla prima casa, e Tarsu, senza contare oneri di urbanizzazione e altro. Sono soldi che noi non vediamo, ma con cui comunque avevamo sperato e speriamo ancora che Bari possa pensare di risolvere qualche problema, di quelli grandi. Voglio fermarmi, perché è inutile che stia a tediare con queste mancanze. Abbiamo portato un book fotografico, naturalmente non professionale. Entro domani manderemo per e-mail le fotografie di posti veramente ad alto degrado.
  Un porto turistico che si rispetti, ad esempio, con oltre 400 imbarcazioni, ha bisogno di una diga foranea, perché siamo scoperti a levante. Sono un velista, quindi un po’ di mare me ne intendo. Tra il greco e il levante, quando si scatenano, soprattutto ai primi di novembre, arrecano danni enormi. Addirittura, arriva il mare con le pietre e con tutto quello che il mare trasporta, tronchi d'albero, nelle case, che sono a sei o sette metri dal mare. È un posto bellissimo, che consiglio a tutti di venire a visitare, ma è un po’ abbandonato. Abbiamo fatto di tutto all'epoca della mia presidenza per poter fare qualcosa. Trovammo un sindaco sensibile a certi problemi, ma certamente i problemi grossi rimangono, perché purtroppo siamo considerati una periferia della periferia. Esiste un progetto che Bari ha fatto per la ristrutturazione della zona a nord del lungomare nord, ma Bari inizia da Torre a Mare e si ferma a San Girolamo, cioè a 12 chilometri da noi. Noi siamo lì, e loro magari ci accontentano mandandoci lo spazzino una volta di più, il che non accade.
  Ho parlato dei passaggi a livello. C'era una piazzetta a Palese, un centro di incontro dei bambini e delle mamme, l'unica piazza che c'era. Purtroppo, hanno voluto costruire, nonostante il diniego da parte della popolazione, anche con manifestazioni di un certo livello, una grandissima Pag. 20partecipazione di gente, la sede nuova del municipio, che oggi è il V municipio, prima circoscrizione di Bari. Ebbene, quello spazio è quasi sparito del tutto. Non ci sono punti di ritrovo. Inoltre, quel progetto non ha considerato alcuni uffici, che sono stati per anni in altri locali presi in affitto. Immaginate un po’ l'attenzione che il comune, la parte centrale, il centro di Bari riserva a queste periferie.
  Mi fermo qui, perché mi rendo anche conto che qualcuno potrebbe dire che sono problemi nostri. Io, invece, mi rivolgo alla Commissione, che ha avuto la cortesia di venire – la ringrazio ancora, presidente – nel nostro territorio, ma avete potuto vedere solamente una piccolissima parte del nostro territorio. Spero che ci potremo incontrare sul posto. Il sindaco attuale e la giunta attuale non hanno avuto l'accortezza di invitare i rappresentanti del territorio, e parlo della Pro Loco, che è pro loco, a favore del territorio, ignorato completamente. Parlo delle associazioni, che sono quelle che comunque creano un indotto, un movimento, cultura. Il sindaco ha dimenticato di far venire o di chiamare queste persone. Ho visto foto scattate a Enziteto, un quartiere che è stato gettato lì, completamente isolato, con tutto quello che avete potuto notare, e che invece ha bisogno di grande attenzione, che certamente non può venire da lontano, ma può essere un'attenzione che il territorio stesso autonomamente può dare. Vi ringrazio per avermi ascoltato.

  ROCCO DE ADESSIS, presidente Pro Loco di Carbonara. Mi associo ai miei colleghi e amici che hanno portato i saluti al presidente della Commissione e a tutti i componenti per la sensibilità umana e la disponibilità amministrativa che li contraddistingue in questa fase politica. Grazie di cuore.
  Parlerò brevemente di alcuni dati storici che caratterizzano sin dal IV secolo avanti Cristo la nostra comunità. La nostra comunità dista circa 7 chilometri dal mare Adriatico a sud-est di Bari e abbraccia una popolazione di 41.000 abitanti su 35 chilometri quadrati. Fino agli inizi del Novecento, la sua economia era basata soprattutto sull'agricoltura, sulla pastorizia e sull'artigianato. La svolta si è avuta alla fine dell'Ottocento, nel 1897, quando una famiglia nobile di Carbonara, la famiglia Di Venere, volle creare qualcosa per i poveri, ma non soltanto nel nostro territorio, anche dei paesi limitrofi. Con un lascito del signor Domenico Di Venere, i suoi quattro figli, due sacerdoti e due che non lo erano, ma erano comunque persone molto sagge e lungimiranti, vollero creare una struttura a favore degli indigenti del territorio, quindi realizzarono una struttura sulla cui porta d'ingresso – l'ho messo nel mio dossier che poi consegnerò alla Commissione – è scritto: «I poveri qui pregano benedicendo l'imperitura pietà dei fondatori Antonio Di Venere e suo figlio Domenico», il maggiore. Le opere pie sino ad allora si basavano soprattutto sulla carità cristiana, che ha nei suoi atti evangelici quello di aiutare chi ha bisogno. Era un atto spontaneistico che si sviluppava in quei luoghi in cui c'erano delle persone sagge e lungimiranti, ma soprattutto di una bontà d'animo indescrivibile. Il tutto sorge, però, in maniera istituzionale dopo l'Unità d'Italia, esattamente il 3 agosto 1862, con la legge n. 753, quando fu voluta un'organizzazione di queste opere pie, che tra l'altro dovevano avere a livello istituzionale anche la presenza di suore della confraternita della Carità. Le opere pie, quindi, non erano più un atto spontaneistico e basato soltanto sulla volontà di alcune persone, ma cominciavano ad avere una struttura organizzativa vera e propria. Con la suddetta legge, soprattutto con l'articolo 26, veniva data un'impronta di assistenza agli indigenti del circondario. La struttura voluta dalla famiglia Di Venere cominciò, però, ad assumere col passare del tempo una vera e propria forma di assistenza e di accoglienza, soprattutto per chi ne aveva bisogno. Tanto per darvi alcuni dati importanti, a seguito del terremoto avvenuto nel 1908 nelle regioni di Calabria e Sicilia, l'opera pia ospitò nei suoi locali molti terremotati che erano rimasti senza alcun riparo; successivamente, in data 19 novembre 1917, dopo Caporetto, ospitò nei suoi locali 54 profughi provenienti dal ricovero per cronici Giustinian di Pag. 21Venezia. Perché questo? Il nostro territorio, anche dal punto di vista ambientale e del clima idoneo a ospitare queste persone, volle curare queste 54 donne, affette soprattutto da patologie dell'apparato cardio-polmonare. Sono state da noi ospitate per oltre un anno, dopodiché il prefetto di Bari individuò altre strutture nella nostra regione, e quindi furono trasferite. Le cronache del tempo riportano, però, che comunque le 54 ospiti avevano acquisito anche una competenza lavorativa. Soprattutto, si erano rimesse dal punto di vista fisico. Andando avanti negli anni, brevemente, nel 1935, durante il ventennio, l'opera pia Di Venere cedette allo Stato 7 quintali di ferro che facevano parte della propria struttura nonché una medaglia d'oro, onere che l'Italia richiedeva fosse sostenuto da parte di ogni struttura. Il 19 dicembre 1940, iniziava a ospitare i primi feriti di guerra. Per questa ragione, Mussolini all'epoca diede il premio del ventennale, nel senso che a ogni dipendente della struttura opera pia Di Venere fu dato un premio che equivaleva a cinque mensilità. Subito dopo, in data 21 dicembre 1945, a guerra terminata, gli veniva conferito il Premio della Repubblica, proprio perché veniva riconosciuta a questa struttura una grande disponibilità ad accogliere chi ne avesse avuto bisogno in quegli anni. Parlo con un certo trasporto anche emotivo, perché quando l'opera pia Di Venere è stata realizzata, ci ha lavorato anche mio nonno, De Adessis Rocco, che in questa struttura faceva il muratore, trasportava sulle spalle i tufi, che non erano leggeri. Non c'erano i mezzi meccanici di adesso. Allo stesso tempo, anch'io da ragazzo ho dato il mio contributo: alla fine di ogni anno scolastico, mia madre e mio padre mi mandavano a lavorare da un fabbro che stava di fronte casa mia, che riparava i letti di una volta, quindi parlo della fine degli anni Sessanta, che, come voi potete ben immaginare, erano di ferro e spesso si rompevano. Io facevo il ragazzo di bottega e aiutavo anche i vecchietti, successivamente, imboccandoli, perché purtroppo il personale non era sufficiente. Mio maestro è stato l'attuale vescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro, col quale andavamo all'ora di pranzo ad aiutare i dipendenti dell'epoca a imboccare i vecchietti non autosufficienti. Nel 1968, con la legge n. 132, legge Mariotti, ci fu lo scorporo tra opera pia Di Venere e ospedale Di Venere, che ha visto uno sviluppo notevole, nel senso che è stato, insieme alla biblioteca Di Venere-Ricchetti, uno dei fulcri dell'attività culturale del nostro territorio. Nell'ospedale Di Venere, infatti, si sono creati molti reparti specialistici, al punto che l'università di Bari mandava i laureati in medicina a specializzarsi anche nel nostro ospedale. Era diventato così importante che venivano anche artisti a livello nazionale. Il tenore Tagliavini era di casa, Renato Rascel e Silvio Gigli ha trasmesso dall'ospedale Di Venere alcune puntate della trasmissione Sorella Radio.
  Infine, voglio fare un riferimento alla biblioteca Ricchetti, che è stata fino a qualche settimana fa il punto di riferimento di molti studiosi del posto. Addirittura, il monsignor Nicodemo di Bari, proprio perché riconosceva a questa biblioteca uno spessore culturale, nella sua relazione al Gaudium et spes relativa al Concilio Vaticano II, Papa Paolo VI, fece menzione appunto della biblioteca Ricchetti. Il nostro ospedale ha anche costruito una scuola per infermieri professionali, la prima nella nostra regione, alla quale partecipavano ragazzi e ragazze di tutta la regione Puglia, e non solo. All'epoca, c'erano anche cinque giovani che provenivano dal continente africano, che dopo il conseguimento del titolo di infermiere professionale, andarono nei loro Paesi a prestare la loro opera e a costruire in quei posti degli ambulatori di infermeria. Un'ultima nota è quella relativa alle benemerenze. Ricordate tutti che nell'anno 1973 l'Italia fu colpita dal colera, in particolar modo l'Italia meridionale: il reparto di medicina dell'ospedale Di Venere fu messo in quarantena con tutto il personale, perché ospitava tutti gli affetti da colera dell'Italia centro-meridionale. L'allora Presidente della Repubblica, Giovanni Leone, inviò successivamente un encomio per quello che aveva fatto.
  Vengo alle conclusioni. Purtroppo, c'è un'altra parte importante che va messa in Pag. 22evidenza, ed è il vergognoso stato in cui è stata abbandonata quella struttura che avete visto più volte, e mi riferisco alla struttura Aldo Moro, che doveva ospitare 240 anziani e dare posto di lavoro a 150 dipendenti. Per motivi politici, faziosi, ecclesiastici e così via, questa struttura non è mai andata in funzione, ma al suo posto sono sorte – chissà perché? – diverse cliniche private. La Costituzione lo prevede, ma non sempre danno quell'assistenza e quel sostegno morale e psicologico agli anziani, che spesso, purtroppo ancora oggi, succede vengano lasciati al loro destino e abbandonati dalle famiglie, soprattutto se non hanno eredità o proprietà da dare ai loro eredi. Voglio fare soltanto alcune brevi proposte per quello che ho detto e che sicuramente concluderà nella sua relazione il dottor Anaclerio: far ritornare a rivivere l'ospedale Di Venere mediante l'apertura di nuovi reparti di degenza, perché il nostro ospedale è stato privato di parecchi reparti, che – chissà perché? – sono stati, in base a quello che loro dicono, il riordino ospedaliero, portati in altri ospedali e sottratti al nostro; attivare la struttura per anziani Aldo Moro, quella che avete visto lì, che darebbe veramente una grossissima mano alla soluzione del problema dei disoccupati; valorizzare e rendere fruibili le aree archeologiche. Molte fotografie le avete viste, perché sono state proiettate, e si riferiscono a quest'area archeologica, alle tombe, a partire dal IV secolo avanti Cristo, quindi al periodo peuceta, e fino al I secolo dopo Cristo, quando il nostro territorio era un municipio romano, dove fu mandato in esilio Caio Bebbio, uno dei contendenti al trono di imperatore a Nerone, la mamma del quale lo mandò appunto in esilio, e morì. È stata scoperta nel 1901 la tomba sepolcrale di questo quadrunviro. Pertanto, valorizzare anche questa parte archeologica significherebbe dare sviluppo anche economico e turistico e – perché no? – come ha fatto il sottoscritto, che ha messo su una rievocazione storica, dare la possibilità ai ragazzi che studiano nella scuola che è al di sopra di una parte di quest'area archeologica di mettere in pratica le acquisizioni scolastiche. L'istituto Calamandrei, infatti, ha al suo interno sia l'indirizzo alberghiero sia l'indirizzo turistico. Questi ragazzi li ho coinvolti personalmente a fare le guide turistiche e a preparare i cibi dell'antica Roma, proprio perché è giusto in quell'ottica anche di alternanza scuola-lavoro far conoscere ai nostri ragazzi qual è stato il passato glorioso.
  A tal proposito, signor presidente, le consegno, oltre alla relazione che ho preparato, anche un libro che ho fatto stampare – sono un appassionato di storia locale, ma soprattutto di archeologia e di storia riferita al periodo peuceta e latino – una documentazione storico-archeologica, nonché un libro scritto insieme ad altri due amici riguardante la storia dell'ospedale Di Venere, dell'opera pia Di Venere e della biblioteca Ricchetti, che non sono stati valorizzati e presi in seria considerazione dai nostri amministratori, non soltanto comunali, ma anche regionali.
  Ci sono anche le tradizioni del nostro territorio, che purtroppo avviene ancora oggi considerato, come veniva detto in precedenza, periferia della periferia, ma noi abbiamo una lunga storia che vogliamo riprendere a percorrere. Vi invito, per quello che sarà nelle vostre possibilità, a darci una mano affinché il nostro territorio torni a essere padrone della sua storia e della sua dignità.

  GIUSEPPE PALELLA, presidente associazione Terzo Millennio di Palese. Per l'ultimo intervento, c'è l'avvocato Giuseppe Anaclerio, che presento. Oltre a essere qui come presidente del comitato che nel 2009 si è mobilitato per ottenere prima il referendum e poi il distacco da Bari, cosa che non è andata a buon fine, come abbiamo accennato, il dottor Anaclerio è un simbolo. È stato per oltre quarant'anni un dirigente apicale del comune di Bari, in alcuni momenti anche in veste di segretario generale facente funzione. Dopo questa lunga e gloriosa carriera all'interno dell'amministrazione centrale, il dottor Anaclerio è uno dei più ferventi autonomisti. Si è reso conto che in oltre i quarant'anni i problemi sostanziali di queste periferie non potranno mai essere affrontati e risolti seriamente da un'amministrazione distante fisicamente Pag. 23 qualche decina di chilometri, ma da un punto di vista mentale distante migliaia di chilometri.

  GIUSEPPE ANACLERIO, presidente Comitato «Uniti per l'autonomia» di Carbonara-Ceglie e Loseto. Quale rappresentante del Comitato autonomistico di Carbonara, Ceglie del Campo e Loseto, di cui porto i saluti a questa Commissione, che ringrazio, sono stato tra i primi firmatari dell'istanza diretta all'onorevole Commissione al fine di ottenere l'audizione per meglio illustrare la situazione delle periferie baresi e, segnatamente, di quelle che un tempo sono state frazioni di Bari e ora sono distinti municipi: Carbonara e Ceglie del Campo e Loseto, che fino al 1928 sono stati altrettanti comuni autonomi. Da tempo, il comitato autonomistico che rappresento sostiene la tesi secondo la quale, al fine di meglio amministrare e salvaguardare il territorio e la sua popolazione dal degrado e dalla insofferenza politica istituzionale l'unica soluzione praticabile sia quella dell'istituzione di un comune autonomo, ma non certo in contrapposizione alla città capoluogo, bensì in collaborazione istituzionale con la stessa per la migliore organizzazione dei servizi da rendere alla popolazione. Da tempo, sottolineiamo e dimostriamo l'inefficacia del decentramento amministrativo, almeno per quello posto in essere dal comune di Bari, che è passato attraverso forme diverse: delegato sindaco, consigli di quartiere, circoscrizioni, circoscrizioni ad autonomia speciale, e ora i municipi, tutte formule roboanti, ma vuote di contenuti attuativi e operativi. Tali istituti, infatti, supportati dal regolamento sul decentramento, di volta in volta sempre più prodigo di attribuzioni, restano solo provvedimenti formali sulla carta per mancanza di risorse finanziarie e umane e anche per una resistenza dell'amministrazione centrale e delle sue strutture operative a spogliarsi di competenze e poteri. Attualmente, i municipi non hanno alcun potere decisionale, salvo quello derivato dalla distribuzione delle modeste risorse economiche stabilite dalla giunta municipale per iniziative culturali sportive e sociali. Manca, secondo noi, un bilancio municipale con poste assegnate e da gestirsi dal consiglio del municipio per le materie assegnate per regolamento. Per inciso, va ricordato che il municipio è un organo comunale eletto dal popolo a suffragio universale, al pari del consiglio comunale.
  Per dire come non funziona il decentramento, manca un ufficio tecnico in grado di predisporre perlomeno progetti di interventi manutentivi, che per regolamento dovrebbe approvare e realizzare il consiglio del municipio, per strade, piazze, edifici e giardini di competenza; manca una brigata dei Vigili urbani, pure prevista dal regolamento, in grado di assicurare ordine, e prevenire così infrazioni, soprattutto nel settore della circolazione e in quello edilizio. A fronte di quest'insipienza dell'amministrazione centrale e impotenza decisionale di quella periferica, la popolazione e il territorio sul quale la stessa vive soffrono di inefficienza e di inefficacia dell'azione amministrativa, con il conseguente insofferente populismo di maniera.
  Va ricordato, come già ha detto il dottor Palella, che il IV municipio, Carbonara Ceglie del Campo e Loseto, ha una popolazione di oltre 40.000 abitanti, è una dislocazione a sud della città di Bari e ha tutte le caratteristiche e i requisiti per diventare comune autonomo: distanza dal capoluogo, entità demografica, storia, cultura, linguaggio, tradizione ed entrate tributare sufficienti per reggersi, appunto, autonomamente, ma tutto questo anche con la possibilità di costituire con il comune di Bari un'unione di comuni per collaborare nell'ambito della città metropolitana. Come già detto, il nostro municipio non dispone di una pur piccola brigata di Vigili urbani, sostituita all'occorrenza e saltuariamente da vigili motociclisti, diretti dal comando barese. La manutenzione di strade, piazze e giardini è occasionale e incompleta. Va rifatta la rete fognaria nera e realizzata quella bianca. Tutte le zone circostanti, infatti, le lame, perlopiù intasate, sono a rischio idrogeologico. A dimostrazione, va ricordata l'alluvione del 2005, un vero e proprio disastro, che per poco non causò vittime umane, mentre dal 2010 un progetto, volto a prevenire il ripetersi di tali Pag. 24situazioni ad alto rischio, si perde nelle pieghe di passaggi burocratici e di problematico utilizzo delle risorse finanziarie disposte dall'Unione europea. La civica amministrazione non ha inteso realizzare un parcheggio sotterraneo della piazza Umberto I di Carbonara in occasione del completo restyling con i fondi europei di quest'ultima piazza, potendo così eliminare l'asfittica e aggressiva circolazione e sosta dei numerosi autoveicoli che vi transitano intorno. Mancano luoghi di aggregazione per i giovani, mentre l'unico campo sportivo di proprietà comunale è perennemente inagibile.
  I nostri anziani ospitati in case di riposo devono essere collocati in strutture di altri comuni, dal momento che l'unica casa di riposo di proprietà comunale è attualmente inagibile con un cantiere avviato e poi misteriosamente sospeso. L'opera pia Di Venere, di cui ha parlato il dottor De Adessis, istituzione di origine privata, è commissariata dalla regione e sottoposta a vincoli ricettivi che ne limitano grandemente l'agibilità.
  L'edilizia, che poi è il vero motore dell'economia, è praticamente ferma nel nostro municipio, in attesa di un fantomatico piano particolareggiato che si aspetta da quarant'anni, motivo per cui molte delle famiglie che faticosamente si formano vanno a vivere in comuni vicini, dando così linfa all'economia di quei paesi, che, rispetto a Carbonara Ceglie e Loseto, sono molto più avanti in sviluppo e progresso economico. Quasi a voler compensare, l'amministrazione centrale continua a dislocare sul nostro territorio nuovi quartieri di case popolari. C'è il quartiere Carbonara 2, il quartiere Santa Rita, i nuovi comprensori a Ceglie del Campo e a Loseto. Si sposta così una popolazione che per radici storiche culturali e ambientali non lega e non crea comunità con quelle storicamente native.
  La civica amministrazione, per fare un esempio della contrapposizione all'interesse del nostro municipio, ha negato con forza inusitata la realizzazione in questo territorio della cosiddetta Cittadella della giustizia, con motivazioni infondate e capricciose, mentre tale struttura con movimenti e frequenze di oltre mille avvocati e altri operatori di giustizia avrebbe dato una svolta economica epocale al nostro territorio e liberato, nello stesso tempo, una zona povera ed emarginata, terra di conquista di accampamenti zingareschi, prostituzione e malaffare.
  A parte depositiamo per l'onorevole Commissione una chiavetta USB, nella quale sono riportate foto che in maniera inequivoca mostrano i segni e i luoghi del degrado. Contestualmente, ci sono anche foto che raffrontano la nostra comunità con quelle vicine, se il dottor De Adessis junior ci fa vedere qualcosa di più.
  Per questo, noi del comitato chiediamo le chiavi di un nuovo comune, nel quale amministratori presenti, attenti e possibilmente decisionisti, usino la competenza e la passione di appartenenza e la fantasia per rendere centrale e viva questa periferia. Tanto avevamo chiesto, come ha detto il dottor Palella, alla regione Puglia, supportando una proposta di legge che accoglieva la nostra richiesta, un referendum che abbiamo vinto malgrado ogni opera di soffocamento, ma vanificata dal consiglio regionale il 5 febbraio 2010 per le pressioni e gli interessi politici ed economici malgrado l'unanime parere favorevole della commissione competente agli affari istituzionali. Va ricordato anche che il consiglio della circoscrizione aveva dato parere favorevole al referendum e all'autonomia. Noi crediamo – ripeto – che l'unica soluzione per vincere questo degrado, quest'abbandono, questa lontananza, sia quella di creare un comune autonomo. Per questo, preghiamo la Commissione – lo dico anch'io – nei limiti in cui è consentito, di intervenire presso la regione e presso il comune di Bari perché in collaborazione, noi e loro, si possa meglio amministrare la periferia.

  FRANCESCO GENNARO LECCESE, presidente Pro Loco di Santo Spirito. Vorrei aggiungere una cosa a corredo e a conclusione di quello che è stato detto, poi magari lascerò la parola a Peppino Palella.
  Come vede, presidente, siamo qui per parlare dei disagi delle periferie, ma viene fuori tutta quella tristezza, quella rabbia, Pag. 25da parte di una popolazione completamente abbandonata a se stessa. Per pulire una strada, bisogna avere la conoscenza personale del netturbino o del direttore dell'Amiu, così come per qualsiasi cosa. Qui c'è veramente rabbia da parte nostra. Bisognava parlare dei disagi. È tutto un disagio in questi due territori grandi, dove tra l'altro, soprattutto a Carbonara, c'è una vasta possibilità di costruire e di rendere un indotto economico notevole per le imprese e per la cittadinanza. Mi scusi se ho voluto rafforzare questo discorso. Praticamente, l'aspetto di quest'udienza ha cambiato un po’ quelle che erano le richieste da parte vostra.

  GIUSEPPE PALELLA, presidente associazione Terzo Millennio di Palese. Per concludere, ringrazio ancora tutti voi per la cortesia avuta nei confronti di queste quindici associazioni, ma mi faccio portatore anche dell'intera comunità di cui queste associazioni fanno parte. Siamo fiduciosi che su ciò che non è stato risolto, sulle giuste attenzioni che non sono mai state date a livello locale a queste realtà potranno, grazie al vostro lavoro e agli interventi che farete in sede parlamentare, accendersi i riflettori sugli spunti di riflessione che sono stati da noi sottoposti questa mattina a tutti voi.
  Vi ringrazio ancora. Buona giornata e buon lavoro. Speriamo di rivederci a Bari per le conclusioni dei lavori della vostra Commissione.

  PRESIDENTE. Prima di passare la parola ai colleghi per eventuali domande, vi ringraziamo, perché il materiale e le cose che ci avete detto sicuramente contribuiranno in modo determinante a completare la parte di relazione che riguarda la città di Bari. Acquisiamo sia il materiale fotografico sia tutte le indicazioni che ci avete dato su luoghi che effettivamente non abbiamo visitato. In secondo luogo, capirete che ci sono tantissime aspettative sul lavoro di questa Commissione, che si occupa di un problema enorme e se ne è occupata in pochissimi mesi. Non abbiamo potuto, proprio per la questione dei tempi a disposizione, organizzare un lavoro di carattere approfondito che riguardasse ogni città, ogni quartiere, ogni tipo di problematica specifica. Questo non vuol dire che le problematiche specifiche siano meno importanti, ma c'è un limite oggettivo dato dalle forze della Commissione e dal tempo a disposizione. Quando ci muoviamo sulle città, proprio per questo, anche per una questione di cortesia istituzionale, ci interfacciamo con le istituzioni locali, in modo particolare il gabinetto del sindaco, per costruire le visite, o a volte ci si muove anche su relazioni che ciascuno di noi ha per il legame con il proprio territorio. Sicuramente, le nostre visite non pretendono di essere esaustive e di poter comprendere appieno la realtà, ed è per questo che, quando abbiamo delle richieste come la vostra di essere auditi, le accettiamo volentieri.
  Daremo assolutamente il giusto valore e la giusta importanza alle cose che ci avete detto, sperando che, se nel prosieguo dei prossimi mesi la Commissione verrà riconfermata per l'attività parlamentare, cosa che stiamo tentando – la scadenza naturale della Commissione sarebbe il 25 novembre, da qua a un mese – se andremo cioè fino a fine legislatura, potremo anche assumerci l'impegno, nella restituzione ai territori delle cose che abbiamo visto e della relazione che predisporremo, di fare anche una vista a Bari e di vedere de visu le situazioni che ci avete illustrato.

  VINCENZO PISO. Parlo da persona che non conosce nello specifico la situazione, ma mi sembra di aver capito che qui siamo di fronte a un piccolo scontro di carattere istituzionale tra la vostra realtà e il comune di Bari, anche se poi fate parte di quest'ambito amministrativo, scontro che, facendo le debite proporzioni, possiamo riscontrare un po’ in tutte le grandi aree metropolitane, una contrapposizione centro-periferia.
  Nel merito di questo contrasto e delle vostre richieste relativamente a questa autonomia sinceramente non mi sento oggi di entrare più di tanto, ma indubbiamente mi ha colpito una serie di immagini che avete avuto la gentilezza di rappresentarci, una Pag. 26serie di opere incomplete, di opere inutili. Rispetto a tutto questo ci sono stati interventi? Non so, la Corte dei conti? Interventi da parte della procura? Ci sono progetti da parte dell'amministrazione centrale per cercare di rimagliare una serie di situazioni, che mi sembra evidente così lasciate chiaramente amplificano il degrado? Su tutto questo che dovrebbe essere probabilmente ordinaria amministrazione e senza entrare – ribadisco – nell'ambito del vostro conflitto istituzionale, ci sono state indicazioni? È accaduto qualcosa o siamo di fronte al nulla cosmico?

  FRANCESCO GENNARO LECCESE, presidente Pro Loco di Santo Spirito. Le do io la risposta, se mi permette. Il bilancio triennale 2016-2018 non prevede alcuna opera straordinaria per il nostro territorio. Glielo fornisco. Non c'è niente. C'è solo il dragaggio del porto di 400.000 euro appena, che poi non si fa, come al solito, viene rimandato e rimandato, poi quei soldi spariscono. Le parlo anche un po’ da esperto della situazione, a prescindere il fatto che sono stato presidente della circoscrizione, sono stato un alto funzionario della provincia di Bari nel settore ambiente, ho toccato de visu tutto quello che riguardava sia l'economia sia, soprattutto, i lavori. Quando sono stato presidente, c'era il centrodestra: nonostante una classe politica vicina, ho sudato tante camicie per avere delle sciocchezze, delle sciocchezze, grazie alle amicizie, ma non con la politica, con il funzionario assessore, mio collega di ufficio, con queste piccole cose. È questo che non va. Non va. Non interessa se quello è di destra, di sinistra. Non deve esistere questo discorso. Se la popolazione ha bisogno, bisogna fare di tutto per accontentarla, ma non cose grandi. Noi non chiediamo niente. Spero che questa Commissione riesca a mantenere il suo mandato fino alle prossime consultazioni elettorali e di incontrarci sul posto non con il sindaco – se vuole, chiamiamo anche lui – perché lui non conosce il territorio. E mi assumo tutte le responsabilità di quello che sto dicendo.
  Tra l'altro, nella legge del 2014 sulle area metropolitane era previsto che le circoscrizioni, i municipi potessero diventare autonomi. È stata cassata nel regolamento, non esiste più questa possibilità! Non è così che funziona.

  ROCCO DE ADESSIS, presidente Pro Loco di Carbonara. Vorrei aggiungere una considerazione a quello che è stato detto poc'anzi.
  Anche noi sul IV municipio abbiamo neanche le briciole. Abbiamo soltanto parole. Mi riferisco a quello che ho poc'anzi detto. La nostra colonna portante era l'ospedale Di Venere, nel quale c'erano addirittura mille posti letto e circa 900 dipendenti di tutte le professionalità. Aveva contribuito allo sviluppo del territorio, perché era aumentato il reddito pro capite, c'erano tante attività anche culturali e sociali che si erano espresse in maniera bellissima sul nostro territorio. Faccio un esempio. Sono stato anche presidente di un'associazione fondata nel 1982 di donatori volontari di sangue, che aveva raggiunto i livelli previsti dall'OMS, cioè di quattro donazioni ogni mille abitanti. Eravamo andati anche oltre. Purtroppo, siamo stati messi da parte. L'opera pia Di Venere oggi vive soltanto così, grazie all'impegno di alcuni operatori, ma non va così, non va così. I soldi sottratti affinché questa nobile istituzione voluta dalla famiglia Di Venere continuasse a operare vanno – chissà perché? – in qualche altra direzione.
  L'ultima richiesta che ho fatto nella relazione che ho consegnato poc'anzi al presidente per tutta la Commissione è quella relativa all'area archeologica. Abbiamo fatto richiesta di valorizzare questi siti, che sono immensi, si riferiscono a un periodo storico che va dal IV secolo avanti Cristo, dal periodo peuceta, fino a metà del II secolo dopo Cristo. Diventerebbe un volano di sviluppo, un volano culturale, farebbe avvicinare i ragazzi anche alla conoscenza del proprio territorio. Come presidente di circoscrizione, siccome sono un appassionato di storia, archeologia e di altro, mi sto dando da fare: vi dico le cose come realmente stanno. Il 31 luglio di quest'anno, il sottoscritto ha consegnato nelle mani del sovrintendente archeologico per i beni culturali del nostro territorio una richiesta Pag. 27per poter adottare quest'area archeologica, ma ancora oggi stiamo aspettando la risposta. L'area archeologica, invece, diventerebbe volano di sviluppo. Davanti a quest'area archeologica passano i pullman che portano i turisti che si fermano al porto di Bari verso Alberobello, verso le Grotte di Castellana, verso Ostuni e così via. Basta fare una deviazione di appena due chilometri. Ci passano davanti. D'accordo? A questo punto, se vogliamo veramente fare qualcosa per il nostro territorio, per le nostre periferie, cerchiamo di conoscere innanzitutto la storia del territorio che amministriamo, che è stato abbandonato.
  Sono stato amministratore del centrosinistra, il primo presidente eletto dai cittadini, non sono stato il frutto di un gioco, di uno scambio tra i vari partiti, ma uno che è nato in quella terra e che vuole morire in quella terra, ma mi sento di dire che sono stato abbandonato come istituzione dai nostri stessi amici di partito. Dal 1999 – voi avete gli atti documentali – sia la parte amministrativa cittadina sia quella regionale ci hanno abbandonati. Hanno usato il nostro territorio soltanto come bancomat di voti, e questo per un amministratore non è concepibile, indipendentemente dal colore politico. Venivamo considerati di sinistra quando al governo c'era il centrodestra; venivano considerati di destra quando al governo c'era il centrosinistra. Noi che cosa siamo? Noi siamo cittadini che pagano le tasse, come gli altri! Siamo cittadini come quelli che abitano in via Sparano a Bari, sul lungomare di Bari, nella Bari bene, si fa per dire. Non siamo mica, come si dice a Bari, dei debosciati. Siamo cittadini con una tradizione, con una storia, che il presidente sicuramente insieme alla Commissione avrà modo di leggere e di approfondire. Quando verrete a Bari, e mi auguro che lo facciate quanto prima, vi porteremo a vedere de visu quelle realtà che purtroppo molti amministratori non hanno voluto conoscere, ma sono sotto gli occhi di tutti. Quelli non sono fotomontaggi. Quelle sono realtà che ancora oggi gridano vendetta! Grazie per l'ascolto.

  GIUSEPPE PALELLA, presidente associazione Terzo Millennio di Palese. Mi scusi, onorevole Piso, le rispondo io.
  Personalmente, e penso anche altri qui presenti, non ho notizie in tal senso – ho inteso il senso delle sue domande – tranne che l'intervento della Corte dei conti, sollecitato sempre dai comitati autonomisti relativi a questi 700.000 euro spesi per un referendum. Ed è stato lo stesso comune di Bari a invogliare la regione a celebrare il referendum. Poi il comune di Bari a posteriori, per giustificare questo suo diniego, ha commissionato uno studio all'IPRES, un istituto di cui è socio fondatore lo stesso comune di Bari, il quale nel giro di trenta giorni ha dato una relazione, ma a posteriori, un anno dopo che era stato dato parere negativo, quindi si era fatto bocciare in regione il progetto di legge per l'autonomia, è venuto fuori questo studio dell'IPRES. Si capisce che è stato uno studio commissionato giusto per giustificare alla Corte dei conti, quando in un primo momento la volontà era di non acconsentire al distacco di queste realtà, e viene stranamente fuori che il comune di Bari spende quasi 11 milioni di euro l'anno per mantenere le realtà di Palese e Santo Spirito, e va in deficit di 11 milioni rispetto alle entrate, e 6 milioni l'anno a Carbonara Ceglie e Loseto; un assurdo perché da analisi fatte di questa stessa relazione, è esattamente il contrario: ci troviamo di fronte a degli assurdi per cui in realtà periferiche, come quelle che avete visitato, quartieri molto popolari come San Paolo, addirittura risulta che il comune di Bari, per quanto riguarda la fiscalità, va in attivo di circa 1.300 euro per ogni abitante. È una relazione falsata rispetto alla realtà.
  Lei ha parlato di conflitti. Mi permetto di fare una precisazione. Non c'è nessun conflitto istituzionale per un fatto molto semplice: ci sono realtà come quella di un quartiere periferico di Modugno, diviso da una strada dalla zona periferica di Bari, alla quale potrebbe essere ridisegnato e accorpato per efficientare l'azione amministrativa, ma viene lasciato al comune di Modugno, dal quale dista alcuni chilometri, e viene diviso addirittura dall'intera area Pag. 28industriale. Si impedisce, invece, di costituire nuove realtà istituzionali che possono portare a uno sviluppo di questi territori. Sono quarant'anni che Palese non ha un piano della zona artigianale, pur essendo stata prevista dallo stesso comune di Bari nel piano regolatore un'area a zona artigianale: su quell'area qualche anno fa si è costruita una scuola per l'infanzia di sole due aule, in un quartiere dove ci sono appena sei o sette bambini in età prescolare. Per noi residenti di questi quartieri, non è una questione di conflitto, è una questione di giustizia. Non è una questione di conflitto, ma di efficientare. Avremmo le potenzialità con le nostre stesse risorse di automantenerci e di creare sviluppo e condizioni per nuovi posti di lavoro, cosa che Bari non ci consente. Ci sta degradando soltanto. Ci sta portando queste zone, che erano realtà paesane, a realtà periferiche, in degrado, dove ormai imperversa la malavita, il degrado costante, proprio per le cose che sono state illustrate. Più che di conflitto, parlerei a questo punto, magari in maniera un po’ forzata, di infantilismo amministrativo nel gestire. Intervengono degli egoismi molto particolari nel voler mantenere a sé legate queste realtà, che sono fonti di gettito fiscale notevole. Non è così, però, che funziona la dinamica istituzionale in uno Stato di diritto.

  VINCENZO PISO. Mi perdoni, forse ho usato un termine un po’ colorito, un po’ forte, per cercare di rappresentare a voce alta una situazione che comunque, secondo me, per quello che avete rappresentato, ha alla base evidentemente una serie di contraddizioni e inefficienze di carattere amministrativo, che si riverberano in maniera pesante sul vostro territorio.
  Devo dire, però, che l'avete presa un po’ da lontano. Che cosa intendo dire? Si parla, per esempio, di differenze di carattere culturale – per carità, ribadisco che non conosco il vostro territorio – non riesco a intravedere questa differenza culturale tra un abitante di Bari e voi. È come se io dovessi... è notevole? Perdonatemi, premesso che capisco perfettamente e posso anche sostenere queste inefficienze di carattere amministrativo, se dovessimo, come sistema Paese, andare appresso a tutte le differenze che esistono sul piano culturale all'interno della nostra Nazione, correremmo il rischio veramente di arrivare a una situazione assolutamente ingovernabile. Premetto la mia simpatia per tutte le specificità. Io sono romano, per modo di dire, perché poi sono di origine siciliana, ma se dovessimo trasportare questo discorso su Roma, qui torniamo al tempo degli Osci, dei Sabini e così via, veramente ci mettiamo tutti l'elmo in testa. Molta simpatia, quindi, rispetto alle differenze di carattere culturale, ma mi sembra che oggi dobbiamo incidere in maniera forte su un problema di carattere amministrativo che state vivendo in maniera pesante sulla vostra pelle, se no non sareste venuti qui a rappresentare con così tanta forza queste discrasie, queste contraddizioni, questo peso sulla mancanza di sviluppo del vostro territorio, che possiamo usare anche come paradigma per altre realtà. Non vi nascondo che situazioni similari le abbiamo in altre grandi aree metropolitane della nostra Nazione, a iniziare da Roma, senza voler andare troppo lontano. Mi concentrerei più su quest'aspetto, già di per sé bello corposo, bello pesante, e vedere come cercare di affrontarlo e di risolverlo.

  FRANCESCO GENNARO LECCESE, presidente Pro Loco di Santo Spirito. Abbiamo voluto dare una visione non importante ai fini del degrado, ma importante per la storia, che comunque sono cose diverse. Non per questo chiediamo o abbiamo chiesto l'autonomia. Roma, come diceva, è fatta da tanti quartieri e ognuno ha la sua storia, come anche a Bari e altrove. Questa è stata solo una cosa in più che abbiamo voluto spiegare, un po’ per giustificare forse alla stessa città questa disattenzione nei confronti dei territori limitrofi, che una volta però non erano i suoi. È rimasto nella mentalità barese, ma è lampante, che noi siamo estranei.

  VINCENZO PISO. Lo capisco, ma inizio a guardare a tutti questi fenomeni con un po’ di preoccupazione. Lo dico da cittadino Pag. 29italiano, da parlamentare. Parlo sempre di casa mia, di Roma: qui a Roma inizia a prendere corpo la distinzione tra chi abita a Roma nord e chi abita a Roma sud. Oramai, veramente su questa deriva non so dove si possa arrivare. Inizio a essere un po’ preoccupato. Detto questo, per carità, immagino che esistano differenze di carattere culturale, anche perché il nostro, grazie a Dio, come Nazione, è un territorio estremamente ricco. Facciamo, però, in modo che questa diventi una valenza positiva e concentriamoci sugli aspetti assolutamente negativi, su questa deficienza da un punto di vista amministrativo che sta letteralmente ammazzando alcuni territori della nostra penisola. Su questo, per carità, c'è iperdisponibilità.

  CLAUDIA MANNINO. Intervengo solo per portare un esempio brevissimo e per condividere quello che diceva il collega Piso. In Francia, in questi anni, si sta passando a un accorpamento dei comuni: i 35.000 comuni dello Stato francese devono essere accorpati. Se le amministrazioni non si accorpano da sole, interviene direttamente il prefetto. Questo è per dire che tutti quei disservizi che giustamente le varie comunità periferiche lamentano (le circoscrizioni che non funzionano, le programmazioni delle circoscrizioni che non vengono prese in considerazione dalla programmazione annuale o pluriennale delle amministrazioni centrali) sono una fotografia di un Paese. Giustamente, più che motivare la scelta di un'autonomia o di un'indipendenza con ragioni storiche, cercherei di capire proprio nelle istituzioni opportune quali sono i meccanismi che non funzionano, che sono stati evidenziati, ma è su scala nazionale questo sistema, ma perché non funzionano le comunicazioni e le rappresentanze territoriali.

  GIUSEPPE PALELLA, presidente associazione Terzo Millennio. Per concludere, è condivisibile ciò che avete detto lei e il suo collega, ma ci troviamo di fronte a situazioni ormai incancrenite e ultraquarantennali. C'è stato un breve periodo della storia repubblicana, dal Dopoguerra fino a agli inizi degli anni Ottanta, in cui queste differenze anche di carattere culturale non sono emerse. Questa voglia nella popolazione di distacco non emerse, perché evidentemente nel meccanismo di amministrazione dei territori venivano tenute in considerazione anche le esigenze del territorio e chi le amministrava da fuori e non conosceva le realtà teneva conto delle indicazioni che partivano dal territorio. Qui ci siamo trovati negli ultimi 25-30 anni di fronte all'assurdo che gli amministratori comunali non ascoltano più neppure i pareri o le indicazioni dei loro stessi organi, che sono gli organi circoscrizionali, e fanno esattamente l'opposto. Da questo deriva questo sentimento di distacco e di risveglio delle tradizioni, la storia di queste realtà, che furono forzatamente – non dimentichiamolo – accorpate alla città di Bari.
  Come Commissione d'indagine, anche su questo secondo me dovreste concentrare un po’ la vostra attenzione: come mai le amministrazioni, che dovrebbero cercare di armonizzare per efficientare l'azione amministrativa, vanno in senso esattamente opposto? Di fronte a questo persistere, le popolazioni giustamente hanno un risveglio, un rigurgito di ritorno all'antico, di distacco da chi le amministra oggi. Il suo collega faceva l'esempio di Roma: non ci sono i presupposti? Magari a Bari hanno da ridire anche altri quartieri periferici di Bari, anche più popolosi, ma non hanno i presupposti normativi ed economico finanziari per automantenersi. Cosa diversa è per queste realtà che nel 2009 hanno chiesto il distacco.
  A questo punto, sottoporrei un altro punto di riflessione. Forse sarebbe più efficiente un'azione amministrativa per Santo Spirito se tornasse sotto Bitonto anziché sotto Bari. Da un punto di vista geografico, è molto più vicina e meglio collegata a Bitonto che non alla città di Bari. Gli spunti di riflessione sono parecchi. Capisco il ragionamento del suo collega, onorevole Piso, che ha parlato prima, ma sta di fatto che la fotografia di quello che sta succedendo e che è successo è questa, a meno che non si pensi di poter bloccare le dinamiche istituzionali previste nell'ordinamento, Pag. 30 previste nella Costituzione all'articolo 5, quello delle autonomie, dove ci sono i presupposti normativi stabiliti dal legislatore. Qui i presupposti ce li abbiamo tutti.

  ROBERTO MORASSUT. Avete avuto un'interlocuzione con la regione? È la regione quella che legifera sull'articolazione amministrativa. Come Commissione, da questo punto di vista non abbiamo proprio poteri, semmai possiamo prendere atto di situazioni come questa, cioè di opere pubbliche bloccate, che non sono neanche l'unico caso in Italia, cose gravi, interventi che si fermano, si impantanano per le più diverse motivazioni di carattere procedurale, burocratico, perché non c'è la disponibilità delle aree, perché mancano i finanziamenti, perché dirottati. C'è questo disordine. Questo è un punto che ci riguarda. Questo disordine amministrativo ai vari livelli, che fa disperdere risorse, allunga i tempi, non consente di fare gli interventi, e quindi di riqualificare le città, e conseguentemente fa degradare le periferie, è un grande problema italiano. Di questo ci occuperemo. Per quello che riguarda – questa è un'osservazione – l'articolazione amministrativa all'interno dei comuni, questo è prettamente un tema regionale, che purtroppo esula dai nostri compiti... Gran parte della discussione è stata su questo, allora volevo sottolinearlo per evitare che ci siano aspettative su quello che la Commissione può fare. Può auspicare, può segnalare.

  FRANCESCO GENNARO LECCESE, presidente Pro Loco di Santo Spirito. Certo. Non c'era quando abbiamo affrontato proprio quest'argomento.
  Avrebbe dovuto essere un problema non delle regioni, ma del Parlamento, come fanno per i sindaci che indicano certe cose. Purtroppo, sono le regioni, che dopo aver approvato il primo articolo, ed era istituito il comune autonomo, ha bloccato gli altri due e ha detto no. È evidente la storia, ma è accaduto questo, dopo che la commissione regionale (destra, sinistra e centro) all'unanimità aveva espresso parere favorevole. Ho voluto solo dirle questo. Lei non c'era.

  GIUSEPPE PALELLA, presidente associazione Terzo Millennio di Palese. Lei non c'era quando ho voluto fornire uno spunto di riflessione.
  Siamo perfettamente consapevoli che non rientra nel vostro lavoro prendere in considerazione questo tema, perché il potere è in capo alle regioni, ma ho dato in premessa uno spunto di riflessione. Questa normativa nazionale, che mette certe competenze in capo alle regioni, in quarant'anni ha dimostrato di non funzionare, come in questo caso. Le regioni, in questi quarant'anni, dal 1972, di rado hanno costituito nuovi comuni e ancor più di rado hanno accorpato quelli molto piccoli. Qualcosa non funziona. Quello che non funziona, secondo noi, è quello che è accaduto a Bari, dove ci sono interessi egoistici e particolaristici del territorio che soffocano realtà che potrebbero essere efficientate costituendole in realtà autonome, e soffocano la possibilità di accorpare tanti piccoli comuni limitrofi, tra i quali addirittura c'è continuità territoriale. Uno di 18.000 e l'altro di 1.500, di 2.000, potrebbero diventare un unico comune, ma si mantengono in piedi queste realtà con tutte le strutture comunali, sindaci e apparati politici. Ci sono sempre interessi di carattere localistico che la regione non riesce a superare.
  In precedenza, era lo Stato a istituire nuovi comuni, così come è lo Stato a gestire la legge elettorale che regolamenta come avviene l'elezione dei sindaci e dei consigli comunali, competenza che non fa capo alle regioni. Dal 2011, le regioni si possono dare la legge di elezione dei propri organi, ma non possono legiferare in materia di elezione dei sindaci e dei consigli comunali. Questo è uno spunto di riflessione che le abbiamo voluto fornire, perché ci siamo trovati di fronte a controsensi clamorosi: uno è quello attuale. È stato il nostro attuale presidente della regione a impedire che nel 2010 si costituisse il comune di Palese-Santo Spirito, pur avendo lui dato il via libera alla regione per procedere al referendum, dicendo che voleva ascoltare. Dopo che ha ascoltato, ha detto no, ma nel frattempo ha fatto spendere 700.000 euro. Oggi è uno dei paladini delle autonomie, di dare maggiore autonomia alle regioni.

  ROBERTO MORASSUT. Purtroppo, quella è una norma costituzionale per cui Pag. 31le regioni hanno in capo tale competenza, ma per esempio la legge recentemente istituita delle nuove città metropolitane, la 56, come sapete, pur con alcuni limiti, da questo punto di vista vi offre un'opportunità. Non so se si è tentato il percorso di seguire quanto è scritto nella legge riguardante la creazione di unioni tra comuni, la costituzione di nuovi comuni che siano unioni. Quello non spetta alla regione. Questa è anche iniziativa dal basso, direttamente dai comuni, che si associano e propongono una modifica legislativa anche alle regioni.

  GIUSEPPE PALELLA, presidente associazione Terzo Millennio di Palese. Non ha funzionato. L'articolo 22 della legge n. 54 del 2014, se non ricordo male, dà la possibilità alla città madre delle città metropolitane di scindersi, laddove ci sono le condizioni, in sotto comuni, e a Bari ci sono le condizioni per costruire almeno due sotto comuni. Non ha funzionato. Nel regolamento che hanno fatto dopo non l'hanno fatto, altrimenti, oltre al fatto che si sarebbero dovuti costituire questi due nuovi comuni, quella possibilità sarebbe stata subordinata al fatto di poter esprimere il sindaco della città metropolitana con l'elezione diretta. In un primo momento abbiamo avuto anche degli approcci con i sindaci. Si erano creati blocchi trasversali di sindaci di centrodestra e centrosinistra nei confronti della città capoluogo. Nel riparto dei consiglieri metropolitani, Bari con i suoi attuali 330.000 abitanti diventa prevalente e riesce poi a condizionare. Si era creato un primo blocco, poi hanno raggiunto degli accordi con altri per fare in maniera che non si giungesse a quel risultato e di mantenere sia l'elezione indiretta fatta dai consiglieri comunali, come sapete, sia di evitare che si potessero poi scorporare alcune realtà che hanno i presupposti normativi per farlo. Questo poi comporta gravissime inefficienze a livello amministrativo per le comunità.
  A Palese, uno dei problemi più drammatici è quello accennato dal mio concittadino Leccese, e riguarda la Rete Ferroviaria Italiana, che spacca in due la comunità. Parole di uno dei capi compartimento, l'ingegner Pasquale Borrelli, nel lontano 2002, pronunciate in un'assemblea pubblica per cui questa è l'unica realtà tra Lecce e Trieste che sta ancora in queste condizioni, non si è capito perché. Non solo sta in queste condizioni. In sessant'anni, la città di Bari non ha pensato a creare, quando c'erano le condizioni, le aree libere, sottopassi o sovrappassi che creassero l'osmosi sul territorio. Ci siamo ridotti adesso, dove c'è l'esigenza dell'alta capacità, alla necessità di eliminare i passaggi a livelli, ben sette passaggi a livello, che creano delle vittime, alla costituzione di un muro. Sapete com'è andata a finire la storia? Si è partiti con il progetto. Fino al 2010, era in piedi nell'ambito del nodo ferroviario di Bari sia l'interramento di 4 chilometri e 200 metri per Palese Santo Spirito, nella parte sud, sia portare fuori, dove viaggiano nelle 24 ore 60-70 convogli, nella parte nord, che collega Bari con Napoli e Roma. Sapete come è andata a finire? Quando si sono dimezzate le risorse nazionali disponibili per integrare il finanziamento europeo, comune e regione hanno chiesto al ministero di attuare il progetto a sud e non quello a nord. A sud non esiste nessun passaggio a livello. Tutte le criticità sono nella città di Bari, sovrappassi, sottopassi: non ci sono stati incidenti mortali. Il finanziamento ottenuto per la parte nord poi è stato chiesto di spostarlo al sud, che riguarda due quartieri della città, Japigia e Madonnella. Questa è la realtà di come funzionano le cose.
  Ecco perché dicevo che non è un problema di conflittualità istituzionale. Il problema è che serve un'istituzione al di sopra di comune e regione che razionalizzi e prenda gli opportuni provvedimenti per evitare che questo accada.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.35.