XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 186 di Giovedì 28 settembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione dell'assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto, Gianpaolo Bottacin (Svolgimento e conclusione):
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 4 
Nugnes Paola  ... 6 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 6 
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 
Benassi Alessandro , direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto ... 6 
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 
Puppato Laura  ... 7 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 8 
Benassi Alessandro , direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto ... 9 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 10 
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 10 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 10 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Benassi Alessandro , direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto ... 11 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 11 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 11 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Orellana Luis Alberto  ... 11 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 11 
Benassi Alessandro , direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto ... 12 
Arrigoni Paolo  ... 12 
Benassi Alessandro , direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
Benassi Alessandro , direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto ... 13 
Arrigoni Paolo  ... 13 
Benassi Alessandro , direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto ... 13 
Nugnes Paola  ... 13 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 13 
Nugnes Paola  ... 14 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 14 
Nugnes Paola  ... 14 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 14 
Nugnes Paola  ... 14 
Benassi Alessandro , direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto ... 14 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 14 
Nugnes Paola  ... 14 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 14 
Puppato Laura  ... 14 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 15 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 15 
Benassi Alessandro , direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto ... 15 
Puppato Laura  ... 15 
Bratti Alessandro , Presidente ... 15 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 16 
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 16 
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 
Bottacin Gianpaolo , assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto ... 16 
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 

Audizione dell'assessore alla sanità e programmazione socio-sanitaria della regione Veneto, Luca Coletto (Svolgimento e conclusione):
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 
Coletto Luca , assessore alla sanità e programmazione socio-sanitaria della regione Veneto ... 17 
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 
Coletto Luca , assessore alla sanità e programmazione socio-sanitaria della regione Veneto ... 17 
Russo Francesca , direttore della direzione prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria ... 18 
Coletto Luca , assessore alla sanità e programmazione socio-sanitaria della regione Veneto ... 18 
Russo Francesca , direttore della direzione prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria ... 19 
Coletto Luca , assessore alla sanità e programmazione socio-sanitaria della regione Veneto ... 20 
Bratti Alessandro , Presidente ... 20 
Coletto Luca , assessore alla sanità e programmazione socio-sanitaria della regione Veneto ... 20 
Bratti Alessandro , Presidente ... 20 
Orellana Luis Alberto  ... 20 
Puppato Laura  ... 21 
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 
Russo Francesca , direttore della direzione prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria ... 21 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 22 
Puppato Laura  ... 22 
Russo Francesca , direttore della direzione prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria ... 23 
Puppato Laura  ... 23 
Russo Francesca , direttore della direzione prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria ... 23 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 25 
Russo Francesca , direttore della direzione prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria ... 25 
Coletto Luca , assessore alla sanità e programmazione socio-sanitaria della regione Veneto ... 26 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 26

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione dell'assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto, Gianpaolo Bottacin.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'assessore all'ambiente e a protezione civile della regione Veneto, Gianpaolo Bottacin, accompagnato dal dottor Alessandro Benassi, direttore area tutela e sviluppo della regione Veneto, che ringrazio della presenza.
  L'audizione avrà ad oggetto le problematiche connesse al ciclo dei rifiuti della regione Veneto, con particolare riferimento alle criticità che riguardano l'inquinamento da sostanze per fluoroalchiliche. Sulla questione rifiuti ci siamo già sentiti a suo tempo.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo di depurazione delle acque.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Noi avevamo già svolto una relazione sulle sostanze perfluoroalchiliche perché avevamo ritenuto, nella prima relazione redatta, che il tema meritasse un approfondimento. Avevamo infatti colto le preoccupazioni un po’ di tutti gli enti su tema dell'inquinamento di tali sostanze nelle falde e delle probabili ripercussioni a livello sanitario. Abbiamo, quindi, specificatamente sui PFAS, chiuso i lavori nel febbraio 2017 secondo quelle che erano le conoscenze e il dibattito del tempo.
  Ricordo anche che non siamo una Commissione scientifica. Abbiamo utilizzato dei professionisti per quanto riguarda la parte tecnica, ma ci interessava capire se, più o meno, tutti quelli che dovevano svolgere il loro mestiere lo stavano svolgendo, dal Governo alla regione, all'Istituto superiore di sanità, alle ARPA, comprese le procure, per intenderci. Abbiamo approvato la relazione l'8 febbraio 2017. Oggi, anche alla luce delle indagini svolte dai carabinieri, abbiamo deciso di procedere ad un aggiornamento. In realtà, ci sono anche vicende assolutamente nuove. Infatti, mentre era in corso di svolgimento quest'approfondimento, sono successe un po’ di cose, non ultima – leggevo l'altro giorno – anche la richiesta da parte del presidente della regione al Governo della possibilità che venga dichiarato lo stato d'emergenza proprio per quanto riguarda queste questioni. Siamo quindi tornati in quest'area, abbiamo fatto un ulteriore approfondimento, abbiamo ascoltato una serie di soggetti. Dovevamo inizialmente Pag. 4 ascoltarvi a Vicenza e non vi abbiamo fatto venire a Roma per una sorta di accanimento terapeutico, ma perché ascoltando i comitati abbiamo allungato molti i tempi e, alla fine, abbiamo ritenuto che fosse più giusto dare il giusto spazio, necessario per capire.
  Al di là delle differenti vedute che ci possono essere su alcune questioni, quello della Commissione è sempre un atteggiamento di natura proattiva, positiva, quindi stiamo anche cercando di capire – oltre a condurre l'inchiesta – che cosa eventualmente possiamo fare per catalizzare i processi. Ci siamo resi conto che il tema ha una sua gravità sia da un punto di vista ambientale, sia da un punto di vista sanitario.
  Ascolteremo voi due assessori con le diverse competenze, poi, molto probabilmente, chiuderemo con i Ministri – sia della salute, sia dell'ambiente – il nostro aggiornamento; dopodiché ci fermeremo e speriamo che qualcun altro faccia ciò che deve fare. Vi ho fornito il quadro perché abbiate chiaro il senso dell'attività che stiamo svolgendo. Detto questo, le cedo la parola, assessore; poi vedrà lei come alternare il suo interventi con quello del suo collaboratore. Ci interessa, insomma, capire che cosa è capitato da quando ci siamo visti l'ultima volta ad oggi, quali sono le attività che vi competono e che state svolgendo e quali sono, dal vostro punto di vista, le problematiche. Sicuramente, alla fine, da parte dei colleghi vi sarà rivolta qualche domanda.

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. Naturalmente, non è un problema venire a Roma, anzi, se possiamo dare tutti gli elementi che possono essere utili alla Commissione, siamo disponibili.
  Faccio quindi presenti alla Commissione gli elementi che mi sembrano più significativi e che sono accaduti nell'ultimo periodo, dopodiché siamo a disposizione per eventuali domande. Rimango nell'ambito dell'ambiente. Il mio collega, che è qui, si occuperà dell'aspetto sanitario. Come è già stato detto, c'è stato un sequestro disposto dall'autorità giudiziaria a seguito di indagini svolte dai carabinieri del NOE di Treviso, che seguono anche la provincia di Vicenza, dove insiste la Miteni, l'azienda che è stata a suo tempo individuata come probabile fonte della maggior parte dell'inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche. Nel frattempo, la regione aveva dato indicazioni ad Arpav, che collabora con il comune di Trissino già da anni per quanto riguarda il piano di caratterizzazione (il dottor Benassi mi corregga se sbaglio, in quanto sono cose anche tecniche, quindi egli è qui per rimettermi in carreggiata). Dicevo che è stata fatta una delibera da parte della regione Veneto, suggerendo ad Arpav di effettuare, a seguito del procedimento di caratterizzazione e di bonifica del sito della Miteni, un'approfondita campagna di carotaggi su tutta l'area della Miteni, in realtà estesa anche poco fuori dalla Miteni, con dei carotaggi a maglia 10 per 10, già iniziati.
  Stiamo parlando di 7.000 carotaggi, considerando l'estensione del sito che avete visitato della Miteni, compresa anche la parte a est, cioè dove c'è il corso d'acqua, il Poscola, e dove erano già stati rinvenuti dei rifiuti sepolti. Dalle indagini dei carabinieri e a seguito del sequestro disposto dall'autorità giudiziaria, ci è stata inviata, il 13 giugno, una relazione da parte dei carabinieri, che è stata inviata anche al Ministero dell'ambiente, alla prefettura di Vicenza, all'Istituto superiore di sanità e a noi come assessorato ambiente, ma in realtà, più precisamente, alla struttura tecnica dell'ambiente e della sanità, e alla direzione del presidente, oltre che ad Arpav, alla provincia di Vicenza e al comune di Trissino.
  Questa relazione, per i punti che ci riguardano in modo particolare come regione, richiama la delibera a cui ho appena fatto cenno, quella dei carotaggi 10 per 10, cioè con profondità fino a 10 metri, anche nelle aree interne – nei capannoni per capirsi – e indica questo suggerimento: che la regione del Veneto è pregata di valutare l'opportunità di emanare un apposito provvedimento finalizzato a ricondurre il procedimento amministrativo di bonifica a un ente amministrativo sovraordinato rispetto Pag. 5all'attuale comune, dotato di adeguate capacità tecniche, come la stessa regione del Veneto.
  Come naturalmente ben sapete, era il comune di Trissino che si occupava di gestire quest'aspetto della caratterizzazione e della bonifica. Io mi sono messo in contatto subito con il comandante del NOE di Treviso, dando la massima disponibilità e abbiamo fatto una delibera di giunta dieci giorni dopo, il 23 giugno. Il 5 luglio abbiamo quindi siglato un protocollo d'intesa che comprende il comune di Trissino, la provincia di Vicenza – poi spiegherò il perché – la regione del Veneto, l'Arpav e il Ministero dell'ambiente.
  Perché la provincia di Vicenza? La provincia di Vicenza è l'ente in capo al quale sta la competenza sull'autorizzazione integrata ambientale. Ciò era ovvio ma, al di là di questo fatto specifico, credo che fosse anche comunque utile avere un soggetto in più all'interno di questo protocollo d'intesa. Da lì c'è stata una serie di riunioni tecniche, svolte in regione, appunto, sotto il nostro coordinamento e sono iniziate delle opere di carotaggio e di ricerca di ulteriori rifiuti.
  Come ci si è mossi? Alla relazione dei carabinieri, di 130-140 pagine, tra l'altro redatta dopo il sequestro da parte dell'autorità giudiziaria, hanno lavorato i tecnici di Arpav. C'è il segreto istruttorio, quindi non ci hanno riferito in maniera dettagliata quello che stava succedendo perché sono un braccio operativo che stava dando un supporto tecnico ai carabinieri, quindi all'autorità giudiziaria. In ogni caso, da questa relazione sembrerebbe che sotto delle aree all'interno del sito, secondo prove documentali acquisite dai carabinieri, ci fossero dei rifiuti sepolti, di cui era a conoscenza, forse, la Miteni, o forse chi ne era proprietario prima, quindi anche Mitsubishi Corporation. Ovviamente, c'è stata la comunicazione dei presunti reati e così via.
  Naturalmente, dovendo fare 7.000 carotaggi, da qualche parte si doveva partire. Si è quindi partiti da questa relazione, che ci è stata formalmente comunicata (quindi, ovviamente, è un elemento che noi avevamo a disposizione). Tenete presente, comunque, che lì sono fissi i carabinieri, cioè sono loro che dicono come fare e dove fare. Noi, però, abbiamo suggerito all'interno di questo tavolo tecnico che ha fatto seguito al protocollo d'intesa, di partire dall'area più indiziata. Quest'area è all'interno del sito produttivo, non dentro un capannone, ma in un'area dove ci sono impianti. Abbiamo sfruttato anche il mese di agosto perché è quello in cui le aziende fanno la fermata per manutenzione. Si è addirittura proceduto con delle trincee anziché con dei carotaggi. Va bene, nel senso che la trincea non è puntuale, ma taglia tutto, quindi è ancora più invasiva dal punto di vista dell'azienda, tuttavia è più precisa dal punto di vista degli elementi che si vogliono scoprire. Non so che cosa sia stato trovato; al momento so che sono stati trovati dei rifiuti all'interno del sito produttivo, dove c'è l'argine, ma lo sapevamo anche prima. Non so che cosa sia emerso in questi ambiti; so comunque che si sta procedendo con i carotaggi. L'idea era quella di partire da lì, l'area più indiziata, ma di estendere anche a tutto il resto dell'azienda, partendo prima con delle maglie cosiddette larghe, cioè 50 per 50, e poi, in base all'esito dei carotaggi delle maglie 50 per 50, dando priorità ai carotaggi a maglia fitta, laddove dal primo esito delle maglie larghe fosse emerso qualcosa. Sono tanti, infatti, 7.000 carotaggi, quindi ci si mette veramente parecchio. Ci vuole un giorno per fare un carotaggio e non possiamo aspettare 7.000 giorni. Partiamo da tutto ciò, poi chi farà i carotaggi andrà a concentrarsi sotto il controllo e la verifica dei carabinieri del NOE.
  Questi sono gli elementi più importanti emersi nel corso degli ultimi mesi e che riguardano gli aspetti di bonifica ambientale. Altri elementi – ma il dottor Benassi può essere più preciso – che si riferiscono sempre alla problematica dei PFAS, sono stati gli ulteriori ricorsi che alcune aziende ci hanno fatto per eccesso di potere. Con l'autorizzazione integrata ambientale, a suo tempo competenza della regione, firmata dal dottor Benassi, erano state poste delle limitazioni, o comunque dei valori obiettivo da raggiungere su tutta la famiglia dei PFAS, anche quelli a catena corta, che non Pag. 6sono normati perché nel 2016 il Ministero ha normato solo una parte di queste sostanze, ma altre no. I ricorsi sono pendenti, a parte uno, che però si riferisce – non so se vi avevamo fatto cenno la volta scorsa – a quanto accaduto l'anno precedente, quando nell'autorizzazione integrata ambientale per lo scarico industriale di Miteni era stato chiesto di rispettare le stesse limitazioni che ci avevano suggerito l'Istituto superiore di sanità e il Ministero dell'ambiente. Noi avevamo chiesto al Ministero dell'ambiente, che ha chiesto all'Istituto superiore di sanità, il quale ha dato al Ministero dell'ambiente i dati che aveva dato a noi – parlo della sanità – come valori di performance; il Ministero dell'ambiente ci ha detto di fare riferimento a quelli. Il dottor Benassi, diligentemente, ha fatto riferimento a questi valori, dando un certo tempo – naturalmente, stiamo parlando di scarichi industriali, un po’ diversi dall'acqua potabile – per adeguarsi. Il Ministero dell'ambiente, però, quando ha visto il decreto, ci ha detto che forse era meglio far subito. Il dottor Benassi ha allora rifatto il decreto e le aziende hanno fatto ricorso, non solo la Miteni. Il tribunale superiore delle acque ha dato ragione a loro, quindi siamo stati soccombenti e siamo dovuti tornare alla prima versione, quella che diceva che per l'obiettivo finale c'erano x anni. Naturalmente, se ci fosse una normativa statale precisa...

  PAOLA NUGNES. Servirebbe una precisazione su questo punto. Il tribunale dell'acqua non vi ha dato ragione sui tempi, cioè, non subito, ma al 2020: si trattava di questo?

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. Sì. Questi ultimi due ricorsi sono di tenore diverso, uno a integrazione dell'altro; sono due ricorsi separati e fanno riferimento proprio all'eccesso di potere. Lo dico in maniera non giuridica: tu a me non puoi porre queste limitazioni se non c'è una normativa su cui ti appoggi. Noi facciamo un atto amministrativo – l'autorizzazione integrata ambientale è un atto amministrativo – ma questo è quello che dicono gli avvocati di Miteni nel loro ricorso. Poi vedremo; saranno i tribunali che valuteranno quest'aspetto; naturalmente, noi speriamo che ci diano ragione.

  PRESIDENTE. Magari il dottor Benassi ci può dare qualche elemento di conoscenza maggiore sull'aspetto delle autorizzazioni, anche rispetto alle questioni pendenti che diceva l'assessore, che forse possono aiutare anche a far capire bene il meccanismo. Poi faremo delle domande.

  ALESSANDRO BENASSI, direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto. Faccio una piccola precisazione su quanto è stato detto prima. La provincia, nel tavolo tecnico, al di là del fatto che abbia l'AIA, è anche l'ente che per legge deve certificare l'eventuale avvenuta bonifica o messa in sicurezza, quindi ha anche un compito amministrativo. Adesso abbiamo due tipi di autorizzazioni. Una è un'AIA, in capo alla provincia, ex regione, che è in fase di rivisitazione. Ci tornerò perché forse la volta scorsa il discorso è stato troncato o mi sono espresso male io. Nel 2014 non esistevano limiti per acque superficiali, neanche gli standard di qualità: nulla. L'unico dato che c'era, erano i livelli di performance per le acque potabili, che sono usciti, se vi ricordate, nel gennaio 2014, quindi non limiti, ma valori di performance, che è una cosa diversa. Fino allora, però, non c'era nulla. È stato anche un problema istituzionale e amministrativo capire come poter inserire quest'aspetto. Credo, come diceva il presidente, che cercare di affrontare e risolvere nei tempi minori possibili questa questione sia interesse di tutti: punto.
  Nel 2014 non c'era nulla per quello che riguardava l'ambiente. In Italia e in Europa c'era solo un livello di performance per l'acqua potabile, ma nell'AIA del 2014 per le acque che la Miteni scarica e scaricava in Poscola (le acque della barriera idraulica, le acque di raffreddamento e le acque di seconda pioggia, trattate con filtri a carboni attivi) fu imposto, da allora, da un livello di performance delle acque potabili, Pag. 7un limite per le acque di scarico uguale. Già mettere un limite per le acque di scarico uguale al limite per le acque potabili è un caso veramente unico al mondo. Inoltre fu posto un limite delle acque di scarico uguale a un livello di performance: perché?
  Non ci ho dormito per molte notti, ve lo dico in modo molto chiaro. Il Poscola – lo avete visto – è un fosso ghiaioso. Dal punto di vista idrogeologico, è conclamato che sia in contatto con la falda sottostante, che è un acquifero indifferenziato. A valle di quest'acquifero vi sono i pozzi di Almisano, che funzionano come presa per l'acqua potabile, quindi quell'acqua di scarico è assimilabile a un'acqua potabile. Questo è stato il ragionamento e questo ha retto fino a oggi. A oggi i dati sono ampiamente sotto i livelli di performance dell'acqua potabile. Le altre acque vanno a finire nel depuratore di Trissino. AVS ha fissato dei limiti, per i quali anche ci sono altri tre ricorsi perché sono limiti molto stretti, anche per il C4. Dopo vi dirò su che cosa ci si sta battendo in questi ricorsi. Il depuratore di Trissino, insieme ad altri quattro depuratori, convoglia tutto nel tubone Arica; abbiamo quindi il decreto Arica, che è quello che ci hanno impugnato al SAP. In giugno abbiamo messo i limiti come le acque potabili tendenziali. Ho mandato comunicazione al Ministero per dire che cosa avevamo fatto e ci hanno risposto da subito; a questo punto ho fatto le modifiche – come vi ho appena detto – e nel gennaio del 2017, quest'anno, il SAP ci ha detto di tornare indietro, perché non c'è il principio di proporzionalità della cosa. Questo è per dirvi che i due punti erano questi: questo è lo stato di fatto.
  I vari ricorsi che abbiamo oggi sono per tre motivi: eccesso di potere per avere messo limiti regionali in assenza di limiti nazionali; avere assimilato i C4, quelli con quattro atomi di carbonio, al C8, quando tutta la letteratura scientifica non si è ancora espressa, anzi, nemmeno il REACH si è espresso su queste cose; l'ultimo aspetto è quello che diceva prima l'assessore.
  Dobbiamo pensare bene al fatto che ci stiamo muovendo in un campo tecnico-scientifico secondo me descritto benissimo dal vostro documento, dall'allegato e anche dall'introduzione del professor Farinola: nulla da dire su ciò. Al contrario, sono stato molto contento di aver trovato una cosa del genere. Ma anche il documento del CNR-IRSA, già del 2013, è fatto bene: non è fatto male, è fatto bene, molto bene. C'è già tutto: è fatto molto bene. Inoltre, c'è anche il fatto che il Ministero, già dal 2013, una volta uscito tutto questo, ha istituito formalmente un gruppo di lavoro per stabilire questi limiti. Il mondo scientifico e tecnico si è mosso. Purtroppo, come spiegavo anche in altri consessi, non è che mettere un limite sia scegliere un valore. Lo zero tecnico di oggi è uno zero che deve essere oggettivato; è un valore che ha un'unità di grandezza: un minore di...
  È un percorso molto significativo. Siamo comunque disponibili a ogni approfondimento.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LAURA PUPPATO. Ho alcune domande relativamente a fatti più recenti, dopo il nostro incontro, per l'appunto relativo alla prima relazione. Vorrei avere conoscenza degli aspetti relativi alla progettazione, che è stata fortemente sollecitata anche politicamente, in ambito regionale del Veneto rispetto alla necessità di un bypass, o comunque di un nuovo reperimento acquedottistico. Ci può spiegare, assessore, con quali caratteristiche e per quale ragione si siano attesi tutti questi mesi? Ci siamo espressi, sia come Parlamento, sia come Governo – sia anche il CIPE – attraverso la sottosegretaria Degani, con la disponibilità di quegli 80 milioni, da molto tempo: a che livello è questa progettualità? Avete presentato documenti in un progetto preliminare, studio di fattibilità o progetto di più avanzata progettualità?
  Sugli aspetti relativi alla disciplina degli scarichi, parlo soprattutto con lei che è il dirigente del settore. Voglio fare l'avvocato del diavolo. È evidente che gli avvocati delle Pag. 8ditte, ma soprattutto della ditta che in questo momento è nell'occhio del ciclone ed è, obiettivamente, nella necessità di difendersi, si giustifichino in ogni modo, anche dicendo che mancano i meccanismi nazionali relativamente alla disciplina degli scarichi, a me pare estremamente chiara. In particolare, relativamente alla parte che riguarda la disciplina degli scarichi industriali, dice che quello individuato nell'ambito delle regioni per la redazione del piano di tutela delle acque, deve essere finalizzato al rispetto degli obiettivi di qualità che si vogliono raggiungere e garantire per i corpi idrici ricettori, da cui dipende «la scelta dei limiti su concentrazioni a carichi massimi ammissibili per gli scarichi in cui essi trovano recapito».
  La disciplina delle acque (che è stata recuperata con il D.Lgs 152, andando a modificarlo, ma che riguarda, come lei ben sa, la direttiva acque e la direttiva alluvioni, quindi tutte le normative relative ai corpi idrici), impone agli Stati che i corpi idrici superficiali (riferimento alla tabella 2, allegato 1, del D.Lgs. 152 del 1999) e le acque sotterranee (tabella 3, allegato 1 dello stesso decreto) raggiungano la qualità quantomeno sufficiente, se non buona-elevata.
  Il tema è che la regione del Veneto, a mio avviso, avrebbe dovuto fare squadra e tenere molto presente il fatto che i limiti che a questo punto ha imposto erano inderogabili per le aziende che scaricavano o che scaricano in quell'ambito, già fortemente inquinato.
  Assessore Bottacin, c'è poi la questione relativa ai prodotti agricoli. Noi abbiamo avuto informazioni e anche una certa rassicurazione che avremo il dato relativo all'eventuale – speriamo di no, ma qualche elemento di dubbio c'è – inquinamento dei prodotti agricoli di quella vasta area (che peraltro vede anche una notevole attività agricola) nell'ambito di un mese. Mi pare di capire che la questione si risolva entro il limite del mese di ottobre. Ebbene, quella che vorrei comprendere è la ragione per la quale non si è ritenuto, ascoltando le associazioni di categoria e gli agricoltori in particolare – proprio ieri abbiamo ascoltato, come noto, anche alcuni sindaci – in via precauzionale di escludere la possibilità di continuare a «dar da bere acqua ai campi» con acqua non completamente depurata, così come invece l'acqua potabile che si beve. Si è fatto ciò per gli animali, ma mi consta, da informazioni che ci hanno dato i sindaci, che i pozzi da cui prelevano direttamente gli agricoltori – evidentemente ci sono falde molto alte – non sono stati chiusi. Per questo scopo, si è continuato a dare acqua non garantita.

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. Cercherò di fare una premessa per spiegare come funziona il sistema acquedottistico del Veneto, che funziona come in altre parti d'Italia. Ci sono gli ATO e i consigli di bacino, formati, appunto, dai comuni. All'inizio degli anni Duemila, quindi prima del D.Lgs. 152/2006, la regione prevede di creare un'autostrada dell'acqua per interconnettere le varie reti idriche, questo per far fronte – stiamo parlando di prima che emergesse questo problema, naturalmente – a eventuali problemi qualitativi o quantitativi di risorsa idrica. Da lì nasce il grande progetto Mosav, il cosiddetto Modello strutturale degli acquedotti veneti, che prevede queste linee di interconnessione tra un acquedotto e l'altro. Successivamente, interviene il D.Lgs. 152/2006 e anche la legge regionale, con cui si prevede che gli ATO e i consigli di bacino recepiscano nel loro piano d'ambito il pezzo di Mosav che compete al territorio da loro servito, sia per quanto riguarda le opere da inserire nel piano d'ambito, sia per quanto riguarda la programmazione, progettazione e così via. Successivamente emerge questo problema e ci muoviamo insieme tramite una nostra partecipata, Veneto Acque, che si occupa prevalentemente di bonifiche ambientali, per mettere insieme i consorzi, per cercare di capire i vari stati di progettazione e come si può far fronte a questo tipo di problema.
  Ovviamente, qui stiamo parlando di bacini differenti, con dei gestori differenti. I gestori coinvolti sono quattro: l'ATO Brenta, l'ATO Bacchiglione, l'ATO Veronese e Valle del Chiampo. Vengono messi insieme i vari interventi, i vari pezzi e si studia una Pag. 9soluzione, così come previsto dall'accordo innovativo, cosiddetto Fratta-Gorzone, modificato su richiesta del Ministero nel febbraio di quest'anno con l'inserimento del discorso dei PFAS. Il Ministero riteneva che questo potesse essere un elemento per un accordo già esistente, che riguardava depurazioni, quindi non acquedotti, ma che poteva essere lì agganciato modificandolo, per poi agevolare anche il sistema di finanziamento statale.
  In seguito sono stati messi assieme i consorzi, i quali hanno prodotto una sintesi che prevede vari step, vari stralci di interventi che, al termine di tutti gli interventi, diventano anche ridondanti. Il progetto nasceva così e serviva per eventuali carenze di tipo qualitativo-quantitativo. Vengono quindi individuati gli interventi necessari a chiudere i pozzi di Almisano, che dalla falda inquinata alimentano la zona rossa andando a prelevare l'acqua da altre parti, dove l'acqua ha una qualità ed è presente in quantità sufficiente per garantire l'approvvigionamento idrico potabile. Viene definita la programmazione, esattamente come è scritto, mi pare, nell'articolo 3 dell'accordo innovativo – non ricordo, potrei dire una cosa per un'altra – e vengono inviati quest'estate, in agosto, al Ministero dell'ambiente un elenco, una relazione tecnica, la cartografia e le dimensioni dei tubi. Come dicevo, ci sono vari step. C'è quindi una tabella che comprende ciò che ci era chiesto, sostanzialmente un ordine di priorità, una tempistica di realizzazione, con gli importi.
  Ovviamente, è prevista anche la possibilità di fare per stralci tutto questo (quindi, uno, due o tre lotti, a seconda della tipologia di interventi) perché l'intenzione è quella di arrivare in quella zona da tre direttrici principali: da est, da ovest e da sud. In modo particolare, però, dal bacino del Brenta, per esempio partendo dalla parte dove adesso ci sono i pozzi – da Almisano, appunto – e seguendo il percorso verso est, si va a intercettare un acquedotto già esistente, proveniente da Recoaro, che è più a monte, in altro bacino rispetto alla zona inquinata. In questo caso, è un tubo da 300 millimetri, non un tubo da mille, quindi ha una portata che è circa un decimo, perciò vado a risolvere un decimo del problema, tuttavia in stadi successivi è possibile ottenere dei risultati che possono comunque, in tempi molto brevi, portare l'acqua pulita alle zone inquinate.
  La pianificazione prevede una tempistica massima finale e definitiva per il sistema completato di 60 mesi, ma procedendo per stralci, già nel giro di 12 mesi, i primi stralci potrebbero essere completati. Questo è ciò che è previsto da questo coordinamento svolto da Veneto Acque e dai vari consorzi. Su questo ci sono costantemente riunioni in corso, appunto per andare avanti con le progettazioni. Ovviamente, c'è chi è più avanti e chi è più indietro, ma l'obiettivo, come diceva il dottor Benassi, è quello di risolvere il problema, quindi ci siamo.
  Per quanto riguarda gli aspetti dei prodotti agricoli, sono i consorzi di bonifica che seguono quest'aspetto e ad avere la delega è l'assessore all'agricoltura e ai consorzi di bonifica, Pan. Non è un caso, infatti, che nel tavolo tecnico l'abbiamo chiamata commissione ambiente salute. È stata infatti istituita – l'avevamo già detto la volta scorsa – una commissione fatta da tecnici regionali, oggi presieduta dal dottor Nicola Dell'Acqua, che comprende le strutture di sanità e ambiente, ma anche l'agricoltura. Ci stiamo muovendo, ovviamente ognuno nel suo ambito, per cercare di raggiungere l'obiettivo. Non potrei essere preciso su questo punto perché è una cosa che sta seguendo il collega Pan.

  ALESSANDRO BENASSI, direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto. Rispondo alla domanda della senatrice. È proprio questa, come ha tracciato lei, la risposta. Nel 2016 lo Stato ha approvato l'adeguamento al D.Lgs. 152/2006, inserendo alcuni parametri – non tutti – dei PFAS, che come sapete bene sono famiglie sterminate. Su quelli, infatti, subito dopo è stato fatto il decreto Arica, peraltro mettendo insieme in via precauzionale, effettivamente senza una grande base amministrativa – finché regge – l'insieme degli standard di qualità, che oltretutto hanno una tempistica molto lunga per essere raggiunti Pag. 10 (anche di dieci-quindici anni, lo sapete bene), con quelli che erano i livelli di performance per l'acqua potabile. L'adeguamento per gli standard di qualità – cioè per questi parametri, che quindi hanno dieci anni di vita – è del 2016. Abbiamo, però, fatto lo stesso queste azioni, che poi ci hanno impugnato con le migliori tecniche disponibili, ma si fa anche questo. Vorrei anche leggere quello che è a pagina 11 del documento CNR-IRSA, del 2013. Quello che loro dicono alla fine di quest'azione è molto interessante: «La diffusione dei dati prodotti ha permesso il confronto con tutte le istituzioni nazionali ed enti regionali coinvolti, come Ministero dell'ambiente, Ministero della salute, ISS, ISPRA, regione Veneto, Arpa Veneto, AUSL di Vicenza – ovviamente, stiamo parlando del nostro caso – per giungere a trovare e implementare soluzioni comuni all'emergenza messa in luce dalla presente convenzione – che era quella tra Ministero e CNR». Proseguendo ancora si legge: «Da quest'ultima emergenza è nato un gruppo di lavoro sotto l'egida del MATTM, coordinato dal nostro gruppo ISRA-CNR per la fissazione di standard di qualità per i composti PFAS identificati nella presente convenzione». Questo è il documento del CNR, per dire che è stato tutto un meccanismo per fissare un obiettivo, per cercare di raggiungerlo e fare già l'atto amministrativo insieme, cosa che non è molto facile.

  ALBERTO ZOLEZZI. Vorrei un ulteriore commento sulla bonifica per quanto riguarda questa previsione iniziale di maglie 10 per 10. Lei adesso l'ha descritta – la ringrazio di questo – con una partenza prevista 10 per 10. Adesso, in base alle maglie 50 per 50, si vedrà come procedere. Durante l'ispezione abbiamo verificato che in alcune zone, per la presenza dei capannoni, probabilmente non è neanche facile carotare. Può quindi anche essere che a volte non sia di 50 metri, ma di 100, se non di 150, l'intervallo che non sarà campionato. Peraltro, tutto sommato, da quello che viene pescato sembra che buona parte degli inquinanti sia comunque nel nord per circa tre quarti, non così dove invece ci sono le maglie 10 per 10, cioè nella zona vasche.
  A questa si collega un'altra questione, anche questa molto delicata e molto complessa. Non voglio fare polemica con voi, ma visto che avete detto che sono stati normati anche i PFAS a catena corta, vorrei un vostro commento su questo fatto, per cui la linea sia ancora...

  PRESIDENTE. Fate le domande, per cortesia: qual è la domanda?

  ALBERTO ZOLEZZI. La mia domanda è questa: non ritenete, per la tutela ambientale e della salute, di chiudere totalmente, almeno temporaneamente, la produzione della linea dei PFAS, chiaramente anche quelli a catena corta? Inoltre, sappiamo che devono arrivare i dati sulla contaminazione agroalimentare. Su questo è emersa qualche notizia di stampa, ma vorrei capire da voi qualcosa in più.

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. Io posso rispondere sulla prima parte, sul 10 per 10, perché è un aspetto tecnico. Fatto salvo che arriviamo a fare 10 per 10 se non ci sono delle situazioni insormontabili, che vuol dire a rischio. Ricordiamoci che la Miteni è una ditta rientrante tra quelle previste nella «Legge Seveso», ex articolo 8, cioè è una ditta a rischio di incidente rilevante. Voi l'avete vista fisicamente: è la chimica del fluoro, quindi capite che cosa vuol dire. Si va con il 10 per 10 e questo è l'obiettivo finale. Si parte con lo zoom dove i carabinieri hanno indicato che, per cause che risalgono a circa vent'anni fa, ci poteva essere la possibilità che in quella zona ci fossero rifiuti interrati perché l'obiettivo è quello di rimuovere nel minor tempo possibile le sostanze più concentrate ed evitare l'effetto «bustina di thè», per cui quando la falda si alza, dilava e si porta la sostanza in falda. Dopo, invece, si procede subito con il 50 per 50, in modo che, anche se abbiamo lo zoom lì, non perdiamo di vista cose inaspettate. Si va quindi avanti poco alla volta, in base ai tempi che si riescono ad avere. Pag. 11Torno infatti a dire che per fare una carota, prendendo tutte le varie aliquote di campionamento in contraddittorio con Arpa e così via, si impiega un giorno. Voi capite che cosa ciò vuol dire. Se non ci sono cose insormontabili, tutto questo viene assolutamente completato.

  PRESIDENTE. Relativamente all'altra domanda che vi era stata fatta, sulla questione dei PFAS a catena corta, dicevate che non c'è nessun...

  ALESSANDRO BENASSI, direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto. I PFAS a catena corta, anche nella disciplina scientifica degli stessi documenti tecnici che avete dai vostri consulenti, al momento non hanno avuto nessuna restrizione a livello di REACH, che è il regolamento europeo. Questo è uno degli oggetti per cui abbiamo anche il ricorso contro.

  ALBERTO ZOLEZZI. Contro che cosa è il ricorso?

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. Eccesso di potere.

  PRESIDENTE. Hanno messo dei limiti.

  ALBERTO ZOLEZZI. Avete cioè messo dei limiti anche sulla catena corta?

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. In acque di scarico.

  PRESIDENTE. È ciò che aveva detto prima, cioè che non ci sono ancora. Magari sentiamo l'assessore alla sanità su questo, che può darsi abbia qualcosa in più da dire.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. L'altro ieri è venuto il sindaco di Lonigo e ci ha rappresentato quest'atto di diffida da lui fatto e ben distribuito a fine febbraio di quest'anno: quando l'avete ricevuto, che azioni avete intrapreso? Chiedo anche qual è la vostra posizione sull'ipotesi che prospettava quest'atto di chiusura proprio tramite la sorgente principale di inquinamento. Anche qui, l'altro ieri, abbiamo avuto posizioni diverse di due sindaci e vorrei capire la posizione della regione.
  Per quanto riguarda il tema della plasmaferesi, direi di chiedere all'assessore alla sanità. Relativamente alle attuali opere di contenimento, ci è stato rappresentato che arrivano a coprire l'80 per cento dell'inquinante, non il cento per cento: quali azioni si possono ragionevolmente fare per una copertura maggiore, se non proprio il cento per cento? Infine, a proposito dei fanghi di depurazione, ci confermate che vengono tutti intercettati e mandati a incenerimento e giammai a spandimento in agricoltura?

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. Quanto alla diffida, naturalmente l'abbiamo ricevuta; era firmata dal sindaco di Lonigo e da altri sindaci, ma non ricordo esattamente quali. Abbiamo risposto al sindaco di Lonigo e ai sindaci, e ci siamo attivati secondo quello che abbiamo appena appena detto sull'aspetto ambientale. Per quanto riguarda l'aspetto sanitario, si è attivata la struttura della sanità e abbiamo anche risposto formalmente al sindaco di Lonigo su quella diffida che ci ha mandato. In modo particolare, nella parte finale si diceva che era molto allarmato – vado a memoria, potrei non essere precisissimo – perché si rischiava per tutti di morire (sto esagerando ma il tono era molto allarmato), tant'è che gli abbiamo risposto che avevamo comunque una serie di elementi (perché ci sono un'indagine epidemiologica e una serie di altre cose) che stavamo raccogliendo. Tuttavia, ribadisco il fatto che, al netto di quanto ha già detto il dottor Benassi, siamo all'interno di una stanza buia.
  Nel 2013 abbiamo aperto la porta in una stanza buia, dove la conoscenza di queste sostanze non c'era: le stiamo scoprendo anche noi. Gli abbiamo chiesto se avesse degli ulteriori elementi che magari noi non avevamo, visto il tono così forte e se eventualmente ce li poteva fornire, ma non abbiamo avuto riscontro su questo. Mi Pag. 12pare di capire che gli elementi fossero quelli che ci sono. Come ambiente – l'ha detto prima il dottor Benassi, che ha firmato il decreto – si è imposto all'azienda (un'industria chimica), di avere sugli scarichi gli stessi valori che ci ha indicato l'Istituto superiore di sanità sull'acqua potabile. Crediamo che sia un valore piuttosto restrittivo.
  Quanto al chiudere l'azienda, come ho detto all'inizio, credo che l'area sia sottoposta a sequestro e i carabinieri stanno svolgendo un'indagine per conto dell'autorità giudiziaria. Noi ci rifacciamo anche a loro. Abbiamo messo a disposizione, come è normale che sia – non occorre che ce lo chiedano – l'Arpav. Stanno svolgendo tutti gli approfondimenti del caso. Credo che spetti a loro darci degli elementi, o comunque intervenire direttamente per chiudere, eventualmente, l'azienda. Faccio, però, un passaggio. Siccome so che molti di voi sono stati sul sito e siccome è emerso anche sulla stampa – quindi non è un segreto – che in alcune parti c'erano dei rifiuti sepolti, al di là dello scarico industriale dell'attuale produzione in essere, se sotto ci sono dei rifiuti sepolti, fintanto che non li rimuovo, il problema c'è ancora. Non è che domani la Miteni non produce più, che chiude; addirittura potrebbe – speriamo mai – fallire e portare i libri in tribunale, ma dopo la questione passa in carico al comune. Oltre al danno, ci sarebbe anche la beffa perché il cittadino dovrebbe pagare anche la bonifica (parlo del cittadino in senso generale).

  ALESSANDRO BENASSI, direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto. Relativamente ai pozzi della barriera idraulica – non parliamo della parte di indagine che stanno facendo e a cui non partecipo, quindi di cui non so dire – siamo in una situazione geomorfologica e idromorfologica molto complessa. Non siamo in una situazione facile perché c'è un cuneo roccioso che si inserisce e quindi è già difficile fisicamente all'esterno – pensate voi in falda – avere un sistema che non «faccia acqua» in nessun punto. Quello che possiamo dire è che, dal 2013, quando è stata imposta questa barriera, sono stati tolti, ad oggi, 53 chili di PFAS (pescati, trattati nei filtri e reimmessi). Adesso si sta cercando anche di fare indagini in aree che non sono nella Miteni, ma anche al margine. Non è, però, un dato scientifico esatto.

  PAOLO ARRIGONI. Assessore, io vorrei fare un approfondimento sui limiti. Innanzitutto vorrei avere la conferma che i limiti oggi imposti dalla regione Veneto su suggerimento dell'Istituto superiore di sanità, siano quelli che riguardano lo scarico della Miteni, in termini di autorizzazione AIA; i limiti delle acque potabili, per il PFOS, C30 nanogrammi, per il PFOA 500 nanogrammi, e gli altri. Per le acque di falda, invece, avete stabilito solo un limite per il PFOA a 500 nanogrammi.
  Per i limiti mancanti, voi avete chiesto al Governo, ai Ministeri, la definizione anche con riferimento alle acque di scarico? Se non ho capito male, in questi mesi c'è stata un'interlocuzione tra il vostro presidente e rappresentanti del Governo (mi pare, forse, il direttore generale Guerra), tanto è vero che mi risulta che il presidente del Veneto abbia deciso di stabilire ulteriori limiti restrittivi. Vi chiedo se questa è ancora un'intenzione, oppure se, come regione, avete già deliberato in tal senso e se, nel caso, ci volete favorire i limiti che avete stabilito.

  ALESSANDRO BENASSI, direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto. Io parlo del CSC, perché è la parte ambientale. Stiamo parlando delle concentrazioni soglia di contaminazione, vuoi per i terreni, vuoi per le acque. Stiamo parlando, nel caso, di bonifica e piano di caratterizzazione. Ai sensi dell'articolo 245 del D.Lgs. 152/2006, è un compito statale. Nel 2014, la prima richiesta di CSC è stata fatta dalla regione perché quando Arpa ha cominciato a fare i primi monitoraggi del terreno e delle acque dei piezometri, ha chiesto a che cosa dovesse riferire poi quei dati. Abbiamo chiesto, appunto, di stabilire il CSC e ci è stato dato per il PFOA. Quello, quindi, è l'unico parametro che esiste ad oggi, dato dalla legge per competenza per le sostanze di questa famiglia. A mano a mano che le analisi vengono fatte, Arpa ci segnala Pag. 13altre sostanze degne eventualmente di avere un limite al fine di poter effettuare al meglio questo piano di caratterizzazione, quindi, dopo, di messa in sicurezza/bonifica.
  L'ultima lettera che è stata inviata – il secondo sollecito, il 20 luglio – parla di altre nove molecole della famiglia PFAS, più altre dieci della famiglia benzotrifloruri. Inoltre, ci sono altre sostanze, che sono il diclorometano, la toluidina, il benzodiossolo difluoro. Sono tutte sostanze tipiche di una produzione probabilmente pregressa, che però, attualmente, sono state rinvenute in questi terreni o nelle acque di falda sottostante. In assenza, però, di CSC non abbiamo lo strumento per poter imporre la bonifica o la messa in sicurezza.

  PRESIDENTE. Questo riguarda la bonifica, ovviamente.

  ALESSANDRO BENASSI, direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto. La bonifica, assolutamente. Per l'acqua potabile, quello è un campo sanitario.

  PAOLO ARRIGONI. Comunque, voi avete chiesto?

  ALESSANDRO BENASSI, direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto. Certo, c'è sempre quest'interlocuzione, come anche per l'aria o per altre cose.

  PAOLA NUGNES. Per quanto riguarda la maglia per le caratterizzazioni, ci avete spiegato con molta chiarezza la questione della maglia 50 per 50, che però esclude i luoghi dove ci sono i capannoni, introducendo il punto centrale, quindi 35 per 35: mi è sembrato di capire che siete d'accordo su questa scelta. Io, però, ho qui un documento del 1° agosto 2017. A una riunione del tavolo del comitato tecnico, in cui l'assessore non era presente, fu però presentata una sua nota, dal dottor Campaci. La nota dell'assessore, facendo riferimento a una delibera regionale, ribadiva la necessità della maglia 10 per 10. Mi chiedo se ci sia stato un cambio di prospettiva da parte dell'assessore.
  Inoltre, nel momento in cui verranno fissati questi altri valori del PFAS, visto che qualcuno era già stato fissato, le acque potabili delle tre province attualmente rientreranno nei limiti? Proprio pragmaticamente, nel momento in cui si fisseranno altri limiti, si potrà valutare che queste acque potabili sono ancora potabili? Non posso poi non riallacciarmi, anche se non è una domanda, al discorso relativo al codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006), laddove si dice chiaramente che non c'è stato un eccesso di...
  La paura che la Miteni se ne vada mi sembra che sia il soggetto principe della discussione.

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. Non c'è nessuna paura che la Miteni se ne vada. A me interessa risolvere il problema e che la regione non sia chiamata a rispondere di danni. Anche in questo caso, oltre al danno, la beffa, perché non è che la regione ha soldi suoi: sono soldi dei cittadini. Non abbiamo cambiato prospettiva. Io ero stato tratto in inganno, come lei, perché facciamo la delibera, porto la delibera in giunta e dico che devono fare questi sforacchiamento ogni 10 metri, profondi 10 metri. Poi, quel giorno, non ricordo dove fossi, non ho partecipato alla riunione tecnica e mi mandano un resoconto, da cui, apparentemente, sembra che facciano le maglie più larghe. Allora mando una nota richiamando la delibera. Non a caso ho citato la delibera, citata anche dai carabinieri, che dicono di essere d'accordo con quello che dice la regione. Il dottor Campaci dice che i carabinieri dicono di concentrarsi in una certa zona perché dalle carte che hanno rilevato, lì dovrebbero esserci i famosi rifiuti interrati. Si parte subito con il 10 per 10, addirittura con la trincea, quindi c'è il collegamento tra un carotaggio e l'altro. Nel resto dell'azienda si dice di partire da 50 per 50, con un buco in punto, poi in un altro, spostandosi quindi di 50 metri con un buco in un altro punto, anche all'interno del capannone, come è scritto nella delibera.

Pag. 14

  PAOLA NUGNES. No, mi perdoni, questo ci è stato spiegato: al netto dei capannoni. Questa è la preoccupazione principale perché, chiaramente, questa maglia, come diceva anche il collega, si smaglierà molto.

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. Nella mia delibera è scritto «anche all'interno del capannone». Se vuole, gliene lascio una copia. Parto con 50, mi sposto di 50, mi sposto di 50, ma perché? A parte dove ho dei sospetti, o meglio, dove i carabinieri ci indicano dei sospetti, per cui si parte in maniera puntuale, dalle altre parti non so cosa c'è: allora parto largo. È chiaro che se faccio tre fori e non trovo niente, se ne faccio altri tre e non trovo niente e solo dopo altri tre trovo qualcosa, lì comincio a stringere, lì mi concentro. Questo mi consente di battere tutta l'area in tempi molto più brevi, piuttosto che partendo da 10, poi 10 e poi 10.

  PAOLA NUGNES. Sulla maglia, quindi, non c'è nessun tipo di difficoltà.

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. No.

  PAOLA NUGNES. Voi approvate questa scelta, quindi. È importante saperlo.

  ALESSANDRO BENASSI, direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto. Ho portato io la delibera in giunta!

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. Sono il presidente di questo tavolo tecnico, quindi, assolutamente sì.

  PAOLA NUGNES. Va bene. È meglio che siate d'accordo.

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. C'è poi una cosa che non è scritta in delibera. Il panel analitico che abbiamo chiesto ad Arpav non è solo quello limitato a questo: in prima battuta, allarghiamo a tutto, poi, mano a mano che abbiamo delle evidenze di assenza – scusate il gioco di parole – lo restringiamo. Sono soldi pubblici e non è giusto buttarli via.

  LAURA PUPPATO. Ho due domande, presidente. Siete intervenuti per imporre limiti diversi da quelli, altrimenti elevatissimi, oggi presenti, almeno per delibera del 22 maggio 2015 dell'Alto Vicentino Servizi. Abbiamo letto che l'acido perfluoro pentanoico è a 15.000 nanogrammi/litro, l'esanoico a 50.000 nanogrammi/litro e via di questo passo. Vorrei capire, da questo punto di vista, sugli scarichi in fognatura come vi state regolando rispetto alle acque di processo, non di dilavamento della Miteni, che ancora sono un problema che credo lo saranno sempre più a seguito delle piogge. Inoltre, non voglio dar ragione ai sindaci, anche se troppo spesso ce l'hanno, ma nel documento di valutazione degli effetti a lungo termine sulla salute dei dipendenti della Miteni (un'azienda chimica che ha prodotto intermedi derivati perfluorurati per l'industria agroalimentare farmaceutica), del 20 marzo 2017, che ci è stato consegnato nell'audizione che abbiamo fatto un paio di settimane fa a Vicenza dal dottor Merler e dalla dottoressa Russo, è riportato che le malattie respiratorie, i tumori maligni e le malattie cardiovascolari hanno un'aumentata causa di mortalità. Ciò è significativo e risultano estremamente importanti due cause di decesso ulteriori: l'ipertensione arteriosa e il diabete mellito di tipo 2. Siccome leggo nella vostra relazione, dell'11 settembre, dell'invio al Ministero per andare a ragguagliarlo sulla necessità di investire gli 80 milioni di euro sul nuovo acquedotto, che voi stessi dite essere una cosa molto importante, permettetemi di leggervi questo passaggio: «A oggi, i dispositivi di filtraggio dell'acqua potabile installati dai gestori di servizio idrico presso le centrali di produzioni locali, consentono di rispettare i livelli di performance stabiliti dall'Istituto superiore di sanità, permettendo di fornire acqua potabile alla cittadinanza con un sufficiente grado di sicurezza, ma le dotazioni impiantistiche attuali e le migliori tecnologie disponibili sul Pag. 15mercato relative ai sistemi di filtraggio non sono in grado di consentire la totale assenza di tali composti nelle acque potabili distribuite in rete».
  Ci sono due vostre delibere, della giunta regionale (la prima di recepimento dei valori indicati dall'Istituto superiore di sanità nel 2014, in febbraio; la seconda, importantissima, del 29 ottobre di due anni fa, dell'ottobre 2015), con cui erano state individuate la gravità, la contaminazione e così via. Sono passati due anni: con quali tempi vogliamo realizzare questo progetto, su cui, assessore Bottacin, noi battagliamo a mezzo stampa, anche se non sempre correttamente? Io penso che due anni siano un tempo biblico!

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. Lo penso anch'io.

  ALBERTO ZOLEZZI. Relativamente ai fanghi, ai reflui, ai percolati contaminati da PFAS, adesso avete cambiato la destinazione. Mi risulta che prima i fanghi del depuratore di Trissino finissero a Mariana Mantovana, mentre adesso pare che non ci finiscano più: avete qualche aggiornamento? È chiaro che non c'è una normativa precisa.

  ALESSANDRO BENASSI, direttore area tutela e sviluppo del territorio della regione Veneto. Non è che i fanghi vengano gestiti dalla pubblica amministrazione. Sono rifiuti speciali e quindi sapete bene che l'azienda, rispettando le regole, soggetta ai controlli della provincia e di Arpa, deve portali in siti idonei, che sfruttano il principio di prossimità, ovvero non esistendo l'impianto devono andare nelle regioni vicine. Qui ho i grafici degli ultimi dati che ho chiesto formalmente ad Arpa il 20 settembre (quindi sono molto recenti). Ci sono gli AVS in fognatura e anche il Poscola. Dove è scritto «Dati Arpa», questi sono formali. Poi abbiamo avuto anche dal gestore, ma non ho una richiesta formale, anche i loro controlli. Mi fido anche di AVS, per l'amore di Dio, ma per me è Arpa che ...

  LAURA PUPPATO. Un sollecito da veneta: provvedete con questo progetto! È una storia un po’ assurda, non trova?

  PRESIDENTE. Scusate, vorrei chiedervi un paio di cose. Vi risulta, relativamente all'interlocuzione con l'azienda, che ci sia una comunicazione per un eventuale cambiamento, ovvero per una sorta di riconversione produttiva dell'impianto? Nella nostra visita ci hanno fatto vedere che hanno una parte che ancora lavora sul tema perfluoroalchilici a catena corta, ma ci è sembrato di capire che si stanno orientando più verso una produzione di carattere farmaceutico, anche di un certo livello: qualcuno sta interloquendo con questo soggetto da questo punto di vista?
  In secondo luogo, avendo quell'azienda molto bisogno di acqua – probabilmente, questa è una cosa che non succedeva da voi, ma è così un po’ da tutte le parti – questi impianti venivano costruiti in prossimità di fiumi oppure, come in questo caso, al di sopra di una ricarica di falda: il peggio che ci può essere in assoluto.
  Relativamente a queste situazioni, ci dicevano che vi eravate fatti promotori di una sorta di caso pilota. Nella discussione, visto che il tema si sta allargando, ovviamente tutti vi guarderanno sia per gli approfondimenti tecnici, ma anche per le azioni che fate. Questo tema di non mettere più imprese di una certa pressione inquinante al di sopra delle ricariche di falda, credo che sia essenziale. La domanda è se il tema è stato posto e se qualche ragionamento è stato fatto.
  Vorrei anche cercare di capire un'altra cosa. Al di là della polemica politica, che ci può stare, io credo, però, che su queste questioni sarebbe bene mettere un po’ da parte i litigi e, magari, fare qualcosa di concreto su un altro fronte, tanto ce ne son tanti di temi su cui litigare. Voi avete messo in campo un tavolo con il Ministero. Noi abbiamo sentito anche dei funzionari ministeriali e sentiremo anche i Ministeri. Anche in questo caso ci sono delle risposte che, a volte, lasciano un po’ perplessi. Noi abbiamo parlato, come voi, con le persone. Ci sono delle persone che, anche giustamente, non distinguono un presidente di Pag. 16una regione da un Ministro, o da un sindaco: costoro si aspettano delle risposte dalle istituzioni. Alla fine, le domande che fanno tante persone sono anche molto semplici: posso bere quest'acqua, sì o no? Sto bene o sto male? Non stanno lì a dare colpe o a litigare su chi debba porre il limite, se il Ministero della sanità o l'Istituto superiore di sanità. Nel tavolo che avete istituito non pensate che sarebbe anche utile – lo diremo anche ai Ministri – cercare di parlare, su un tema così complicato, più o meno lo stesso linguaggio? Servirebbe a evitare proprio che su una situazione già difficile si rischi di alimentare paure o di non dare l'informazione corretta ai cittadini, che ci sembra siano molto preoccupati. Di più: ci sembra che questa preoccupazione stia montando.

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. Per quanto riguarda la riconversione dell'azienda, io ho notizie trasferitemi dalla collega Donazzan, che si occupa di politiche del lavoro. So che ha avuto degli incontri con l'azienda, cioè con l'amministratore delegato di Miteni – non con i vertici del gruppo a quanto mi risulta – e con i sindacati. L'informazione che le è stata data è che c'è l'idea di fare una riconversione verso il farmaceutico. Io ho letto su qualche giornale, che però – perdonatemi – non ricordo, che Miteni sta cercando 15 persone provenienti dall'ambito farmaceutico.

  PRESIDENTE. Sì, ce lo hanno detto.

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. Questa dovrebbe essere una conferma, ma sono notizie di giornale. Per quanto riguarda le aziende sopra le falde di ricarica, abbiamo introdotto nel piano di tutela delle acque un articolo specifico, che se volete vi leggo, che va a impedire alle aziende che possano farlo, o arrechino rischio in tal senso, come nel caso che è emerso. Vorrei dire, però, che quando è emerso il problema, l'Istituto superiore di sanità, il 7 giugno 2013, ci scriveva che non ravvisava rischio immediato per la popolazione esposta. Quando dicevo della «stanza buia», intendevo dire questo: siamo partiti da lì, da un tema sconosciuto ai più, con pochissima bibliografia. Non c'era la strumentazione per misurare e stiamo oggi misurando in miliardesimi di grammo, per capirci: siamo partiti da lì. Condivido il fatto di mettere da parte qualche polemica, ma c'è anche da parlare i linguaggi giusti: in questo ha ragione il presidente. Come dicevo prima, anch'io sto dalla parte dei sindaci e infatti stiamo dando loro una mano perché la competenza sugli acquedotti, come dicevo, sarebbe dei sindaci attraverso i consigli di bacino. Abbiamo cercato di metterli insieme per dare una mano a mettere insieme le progettazioni per arrivare alla conclusione del problema. Non vorrei che passasse il messaggio che stiamo facendo delle cose sbagliate. Lo stesso vale per i carabinieri – l'ho letto prima – i quali sanno che c'è la competenza del comune, ma ci chiedono di dare una mano e noi lo facciamo: non vorrei che passassimo per quelli inquisiti, mentre stiamo cercando di dare una mano!

  PRESIDENTE. Un'ultima domanda. Queste sostituzioni di filtri, ovviamente, hanno dei costi e, secondo la legge attuale, questi costi dovrebbero essere scaricati sulle bollette dei cittadini. Questo è un altro tema su cui i cittadini sono abbastanza inquietati.

  GIANPAOLO BOTTACIN, assessore all'ambiente e protezione civile della regione Veneto. Legittimamente! Comunque, abbiamo sollecitato il Ministero e stiamo lavorando insieme per il danno ambientale, confermato anche dalla relazione dei carabinieri, che comunica, come dicevo, anche al Ministero dell'ambiente la finalità del danno ambientale, che serve anche per chiedere poi i danni. Secondo il principio per cui chi inquina paga, chi ha inquinato deve pagare. Ci siamo costituiti parte offesa, noi e il comune di Trissino, e abbiamo invitato tutti i sindaci a far ciò. Per far questo mettiamo a disposizione la nostra delibera, il nostro supporto anche legale, Pag. 17della nostra avvocatura regionale. Ci stiamo muovendo in questa direzione. Per quanto riguarda i filtri, poi ne parlerà la collega Coletto ma, ovviamente, se si abbassano i limiti sull'acqua potabile, si devono cambiare i filtri più frequentemente. Martedì dovrei portare una delibera in giunta, in cui mettiamo 1,3 milioni per finanziare e dare una mano ai consorzi (ci hanno quantificato ciò in 750.000 euro). Se comunque abbassiamo così i limiti, non è detto che non ci siano altre realtà che li superino e allora dobbiamo pensare anche agli altri consorzi perché non è che si può far una cosa per quelli e pensare poi che gli altri si arrangino.

  PRESIDENTE. Assessore, la ringraziamo. Restiamo in contatto. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione dell'assessore alla sanità e programmazione socio-sanitaria della regione Veneto, Luca Coletto.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'assessore alla sanità e programmazione socio-sanitaria della regione Veneto, Luca Coletto, accompagnato dalla dirigente della direzione regionale prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria della regione Veneto, Francesca Russo, che ringrazio per la presenza. L'audizione ha per oggetto il tema della criticità riguardante larghe fasce di popolazione residente in Veneto (che interessa, di fatto, le tre province di Padova, Verona e Vicenza), con riferimento all'inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche, cosiddette «PFAS».
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo della depurazione delle acque.
  Avverto infine i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Come credo sappiate, abbiamo proceduto con una prima indagine di carattere precipuamente ambientale, ma con alcuni elementi anche di carattere sanitario perché le due cose sono abbastanza collegate. Siamo recentemente tornati in Veneto, dove abbiamo svolto ulteriori audizioni di approfondimento. Abbiamo parlato con gli organismi tecnico-sanitari della regione stessa e abbiamo ascoltato le strutture della sanità, nonché la parte ambientale. Stiamo ora procedendo ad un aggiornamento del lavoro condotto anche alla luce delle ultime indagini svolte dai carabinieri, che hanno fatto anche ulteriori verbali per altre attività ispettive realizzate. Stiamo dunque chiudendo questo aggiornamento e abbiamo appena finito di ascoltare il suo collega Bottacin sui temi ambientali.
  Oggi, da lei vorremmo avere un quadro sulle ultime situazioni dal punto di vista sanitario. Oltre al tema dei limiti delle acque potabili, ci interessa infatti capire tutta la parte di carattere epidemiologico, ma anche quella legata alle azioni che sono state intraprese. Non in ultimo – lo dico in premessa ma poi ci ritorneremo – ci interessa il tema, che è stato sollevato, riguardante i prodotti agricoli. Le chiediamo se sono state fatte analisi e se ci sono dei dati che state ultimando perché ci hanno detto che c'è una situazione in itinere. Do quindi la parola all'assessore Coletto, lasciandole decidere come avvalersi della sua collaboratrice.

  LUCA COLETTO, assessore alla sanità e programmazione socio-sanitaria della regione Veneto. Sulle questioni tecniche farei intervenire la dottoressa.

  PRESIDENTE. Certo.

  LUCA COLETTO, assessore alla sanità e programmazione socio-sanitaria della regione Veneto. Grazie e buongiorno a tutti. Ripercorrerei velocemente la storia dei PFAS, senza voler annoiare nessuno naturalmente, Pag. 18 per collocare dentro una cornice esatta la questione. Abbiamo avuto notizia dal Ministero e dall'Europa circa l'indagine fatta a cura del CNR nel giugno del 2013 per verificare l'entità di inquinamento da PFAS, cioè da sostanze perfluoroalchiliche. La ricerca, sostanzialmente, è basata su una «direttiva europea». Siamo stati informati di questa cosa e siamo intervenuti quasi in tempo reale; ad agosto avevamo già posizionato i filtri a carboni attivi in maniera tale da abbattere il livello di inquinanti presenti principalmente nella rete acquedottistica.
  C'è poca letteratura al riguardo. Sapete che su questo tema ci sono stati due incidenti rilevanti, uno in America e uno in Germania. Sulla base di ciò che si legge in letteratura e per ciò che si conosce su queste sostanze inquinanti, che peraltro non sono collocate come tali a livello normativo italiano (almeno, all'epoca non lo erano e non c'era traccia di tali sostanze), abbiamo inteso bloccarle e ci siamo dati dei «limiti», che successivamente sono stati riconosciuti come limiti di performance dell'Istituto superiore di sanità, limiti per un valore di 500 nanogrammi. Non essendoci i limiti, quindi, li abbiamo recuperati facendo una verifica a livello europeo. Quello considerato è un limite tedesco, suggerito per brevi periodi e non per un lunghi periodi, ma sopportabile anche per i bambini. Siamo così andati avanti e abbiamo collocato questi filtri. Abbiamo quindi sottoscritto, innanzitutto, una collaborazione con l'Istituto superiore di sanità. Questa è stata la prima cosa che abbiamo fatto e che reputo la più importante, considerato che, non essendoci letteratura, avevamo bisogno di un appoggio tecnico-scientifico che fosse all'altezza: con l'ISS abbiamo sempre lavorato e collaborato non bene, ma molto bene!
  Siamo dunque arrivati dove siamo arrivati, nel senso che abbiamo costruito un percorso, anche per quanto riguarda la trattazione dell'acqua della rete. Successivamente ci sono stati dei provvedimenti, che posso lasciare agli atti, in cui ci sono tutte le azioni che si sono susseguite in questi anni, dal 2013 in poi. Siamo poi intervenuti sui pozzi privati con una delibera in cui si «ordinava» ai sindaci di verificare l'entità di inquinamento, cioè se questo fosse presente nei pozzi privati, in modo da tutelare la salute pubblica. Dopo i pozzi privati e la rete acquedottistica, abbiamo iniziato, nel 2014, in accordo con l'Istituto superiore di sanità, il biomonitoraggio, cioè la verifica della presenza di inquinanti nel sangue di chi abita in quell'ambito. Abbiamo definito anche delle zone, A e B. Queste due zone sono sostanzialmente a cavallo tra la provincia di Vicenza e la provincia di Verona, dove si estende il plume di inquinante e dove c'è stato l'assorbimento da parte della falda, che lo ha poi distribuito verso sud in un ambito molto importante che riguarda – mi corregga se sbaglio, dottoressa – circa 200.000...

  FRANCESCA RUSSO, direttore della direzione prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria. Sono 127.000 quelli dell'area rossa, che è divisa in zona A e zona B; 85.000, invece, sono quelli che rientrano nel disegno attuale di screening.

  LUCA COLETTO, assessore alla sanità e programmazione socio-sanitaria della regione Veneto. Sì, si tratta di 85.000 abitanti, dai 14 ai 65 anni, che abbiamo diviso per zone. Questo, naturalmente, è stato fatto con l'assistenza dell'Istituto superiore di sanità, che ha validato tutte le nostre azioni perché nessuno si sogna di prendere iniziative che non siano validate dall'Istituto superiore di sanità, vista e considerata la delicatezza del tema e l'importanza che hanno come risultati queste tematiche. Sono invece 127.000 gli abitanti della zona A e della zona B. Ricapitolando, nella zona A ce ne sono 73.000 e nella zona B 55.000, mentre quelli sottoposti a screening sono 85.000 e hanno un'età compresa tra i 14 e i 65 anni.
  È intenzione della regione Veneto abbassare sotto i 14 anni lo screening perché abbiamo visto che tra i ragazzi sottoposti a screening, soprattutto nella zona A, è presente una percentuale di inquinante doppia rispetto a quelli della zona B. Si tratta di entità piuttosto importanti e, man mano Pag. 19che andiamo avanti, sempre in sinergia con l'Istituto superiore sanità, c'è una correzione del tiro proprio perché, non essendoci la letteratura, la stiamo pian piano costruendo, anche attraverso gli ambulatori di primo livello che intercettano la popolazione e fanno lo screening sugli 85.000 di cui ho detto. Successivamente la popolazione viene chiamata negli ambulatori di secondo livello dove, dati alla mano, cerchiamo di individuare – anche per questo motivo tendiamo ad abbassare l'età dello screening – le possibili patologie che potrebbero diventare croniche andando avanti con l'età, quindi, costruendo lo screening territoriale facciamo anche una sorta di prevenzione.
  Per quanto riguarda la questione dell'agricoltura, magari sarà più chiara la dottoressa nel definire quello che stiamo facendo. Stiamo portando avanti lo screening anche a livello degli alimenti, sia per quanto riguarda i vegetali, sia per quanto riguarda le questioni legate ad allevamenti, zootecnia e quant'altro. I dati dovrebbero essere pronti – lo dice l'Istituto superiore di sanità – verso la fine ottobre, quindi avremo anche delle tabelle che ci daranno ulteriori certezze per quanto riguarda gli alimenti. Per quanto riguarda l'agricoltura c'è un dato che emerge a chiare lettere: la presenza di inquinanti nel sangue degli allevatori è piuttosto alta e corrisponde stranamente con la zona dell'ex ULSS 5. Su questo, però, la dottoressa Russo potrà essere più chiara.

  FRANCESCA RUSSO, direttore della direzione prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria. Mi permetto di intervenire. Per quanto riguarda gli allevatori, quando è stato fatto il disegno dello studio con l'Istituto superiore di sanità, sulla base dei dati ambientali (anche perché solo di quelli disponevamo quando, nel 2014, abbiamo fatto il disegno dello studio), abbiamo individuato un campione di popolazione esposta e lo abbiamo paragonato con un campione di popolazione non esposta. Nell'ambito della popolazione esposta, abbiamo pensato sin da subito che, probabilmente, un sottogruppo di popolazione che viveva in ambiente rurale poteva essere maggiormente esposto rispetto alla popolazione che viveva in ambiente urbano, quindi abbiamo chiesto all'azienda ULSS 6 e all'azienda ULSS 5 (zona di Vicenza e zona ovest del vicentino) di individuare delle aziende agricole per reclutare circa 120 soggetti su cui fare la valutazione delle sostanze accumulate nel sangue per vedere se, effettivamente, in questa popolazione c'era un bioaccumulo superiore rispetto a quello della popolazione urbana.
  Dapprima, siamo riusciti a fare il reclutamento della popolazione urbana, che ha risposto più favorevolmente, quindi l'Istituto superiore di sanità ha elaborato i dati e ce li ha presentati, anche se non avevamo ancora quelli della popolazione rurale, per la quale è stato più difficile reclutare gli abitanti, che rispondevano meno alle caratteristiche da noi individuate (tra cui quella di dover essere nell'azienda agricola da almeno dieci anni). Per esempio, molte aziende erano passate ai figli o alcuni non erano presenti. Insomma è stato molto più difficile far ciò, tant'è che non riuscendo a raggiungere il campione di 120 soggetti, proprio in quanto avevamo avuto già i risultati del biomonitoraggio sulla popolazione urbana, abbiamo incluso nel campionamento della popolazione che viveva nelle aziende agricole anche quelli che facevano riferimento al sottogruppo dell'ex ULSS 17 dell'area di Montagnana, dell'ex ULSS 20 dell'area di Verona e dell'ex ULSS 21 dell'area di Legnago. In questo modo, abbiamo avuto la possibilità di vedere come il fenomeno si distribuiva nell'ambito dell'area rossa.
  Certamente la dimensione campionaria è piuttosto piccola, ma è molto significativa del trend e del gradiente a cui voleva accennare l'assessore. Abbiamo visto che, effettivamente, per la popolazione degli allevatori nell'area maggiormente interessata, quella più vicina al plume di contaminazione e comunque all'azienda individuata, la concentrazione mediana di PFOA – PFOA e PFOS sono le sostanze che si bioaccumulano più frequentemente, trattandosi di composti a catena lunga che permangono per molto tempo – era doppia rispetto a quella della popolazione urbana, cioè nella popolazione Pag. 20 urbana avevamo una mediana che si aggirava intorno ai 70-75 nanogrammi per millilitro di sangue, mentre nella popolazione in ambiente rurale una concentrazione doppia, ossia di 160. Comunque, vi abbiamo consegnato su ciò tutta la documentazione.
  Inoltre, se osserviamo come questo gradiente, anche sui piccoli numeri, si distribuisce nelle altre zone, vediamo che subito dopo, in termini di grandezza e di concentrazione, c'è l'area di Montagnana e, a decrescere, quella di Verona e di Legnago. Questo dato è confermato nell'ambito dello screening che stiamo facendo sulla popolazione. Naturalmente i numeri devono dare sostegno alla nostra prima valutazione, però vediamo che anche sulla popolazione dei giovani (abbiamo avviato lo screening partendo dai nati nel 2002) c'è lo stesso gradiente, cioè la mediana della concentrazione di PFOA, quindi il bioaccumulo, è maggiore nei soggetti che erano nell'area rossa A. Nell'area rossa A, oltre alla contaminazione diffusa attraverso l'acqua potabile, c'è la contaminazione delle acque superficiali e delle acque sotterranee e, man mano che ci allontaniamo da questa zona, dove diminuisce la contaminazione delle acque superficiali e delle acque sotterranee, il gradiente di concentrazione scende. Per quanto riguarda gli allevatori, oltre all'esposizione alla matrice acqua, direi che c'è stata praticamente un'esposizione a tutto tondo a livello dell'ambiente perché, quando la popolazione è stata esposta, in assenza di misure di mitigazione del rischio, questa ha assorbito del tutto l'ambiente in cui viveva, quindi gli allevatori e coloro che vivevano nelle aziende agro-zootecniche probabilmente hanno avuto, in base a quello che abbiamo visto, l'esposizione maggiore. Adesso abbiamo a disposizione l'osservazione di questo gradiente, che è confermata dai dati che abbiamo sugli allevatori e anche, purtroppo, dai dati che stiamo raccogliendo sulla popolazione generale, a partire dai nati nel 2002.

  LUCA COLETTO, assessore alla sanità e programmazione socio-sanitaria della regione Veneto. Se posso, vorrei concludere parlando anche dell'ulteriore abbassamento dei limiti di performance che abbiamo annunciato qualche giorno fa e che porteremo come delibera martedì prossimo. Questo fa capo a un piano di sicurezza dell'acqua, partito dal Ministero della salute nel 2015, che ha completato il suo percorso e che ha dato la possibilità alle regioni di definire livelli di performance più bassi. Abbiamo preso al volo quest'opportunità. Il decreto interministeriale è stato pubblicato il 18 agosto 2017 e abbiamo deciso di abbassare i livelli di inquinanti e di portare i PFOA a una concentrazione minore o uguale a 70 microgrammi, e i PFOS a un valore minore o uguale a 20, per un totale di 90 nella somma dei due.
  Questo è uno degli obiettivi che ci siamo prefissi, sulla base del decreto interministeriale, ma anche dei miglioramenti di questi anni, dal 2013 al 2017, nonché del miglioramento della tecnologia. Non è stato semplice far ciò, non essendoci letteratura e non essendoci tecnologie adatte ad abbattere immediatamente, se non addirittura eliminare, questo tipo di inquinante nell'acqua potabile. Per esempio, per quanto riguarda il PFOA, siamo partiti nel 2013 con lo 0,024 e oggi siamo allo 0,77 di mediana. C'è stato un miglioramento tecnologico che, implementandolo, ci ha permesso di arrivare a questi risultati.

  PRESIDENTE. Il valore è di 0,077?

  LUCA COLETTO, assessore alla sanità e programmazione socio-sanitaria della regione Veneto. Sì. Siamo riusciti ad abbassare ulteriormente questi livelli. Abbiamo fatto dei passaggi che ci hanno certificato, con verifiche sul campo, questa possibilità. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Vorrei porre una domanda sulla plasmaferesi. Si è parlato di farla ai bambini, ai ragazzi e ad altri, per cui vorrei sapere qual è la vostra posizione, cioè se la suggerite in alcuni casi o sempre e con quali modalità. Vi chiedo Pag. 21commentare su questa pratica per cui alcuni ospedali addirittura si sono già attivati.

  LAURA PUPPATO. Vorrei chiedervi se avete numeri in relazione a quanti sono i soggetti che hanno finora accettato di fare plasmaferesi e se ci sono delle evidenze rispetto a questa tematica, che dal punto di vista medico è molto interessante, ma dal punto di vista della salute delle persone è preoccupante. Vorrei capire se in relazione alla plasmaferesi abbiamo anche dei risultati di un ulteriore procedimento di contaminazione determinato dall'eventuale contaminazione degli organi fondamentali, come il fegato, i reni eccetera.

  PRESIDENTE. Darei la possibilità di rispondere sulla plasmaferesi e poi continuiamo con le domande.

  FRANCESCA RUSSO, direttore della direzione prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria. Per quanto riguarda la plasmaferesi, il riscontro di questi contaminanti nell'organismo delle persone ci ha messo di fronte alla necessità di individuare dei percorsi. Abbiamo fatto una delibera, alla fine del 2016, in cui abbiamo individuato dei percorsi: un percorso di reclutamento e un percorso di presa in carico della popolazione, che si basa sulla determinazione della concentrazione di dodici sostanze relativamente ai PFAS e sulla valutazione, attraverso esami ematochimici, dello stato di salute del soggetto reclutato.
  Come abbiamo fatto questa scelta? La scelta è stata presa attraverso una commissione costituita anche da clinici. Naturalmente, abbiamo individuato quelli che potevano essere gli elementi spia di eventuali alterazioni a livello del metabolismo glucidico, del metabolismo lipidico e del funzionamento renale, per individuare eventuali situazioni di rischio e prenderle in tempo, prima che queste possano portare a vere e proprie manifestazioni di malattia. È chiaro che, individuata la concentrazione e individuata l'eventuale alterazione, ci vuole un passaggio successivo che risponda, da un lato, alle alte concentrazioni e, dall'altro, alle alte concentrazioni e alla presenza di eventuali alterazioni.
  La risposta alla presenza di eventuali alterazioni e della contemporanea presenza di elevate concentrazioni di PFAS necessitava di una presa in carico da parte dei clinici, per cui abbiamo individuato un ambulatorio, che nel mese di novembre sarà già operativo e che abbiamo definito «di secondo livello». Ci sarà un team di specialisti, tra cui cardiologi ed endocrinologi o altri specialisti, a seconda del tipo di alterazione individuata.
  Questo vuol dire, in pratica, che alla persona o al ragazzo – al momento, stiamo seguendo i più giovani – con un'alterazione a livello di glicemia, di pressione arteriosa o di enzimi epatici e di enzimi renali viene fissato un appuntamento per andare direttamente al secondo livello, dove i colleghi lo visitano e fanno l'anamnesi, poi richiedendo, se necessario, esami di approfondimento e stabiliscono un percorso personalizzato sul soggetto.
  Allo stato attuale non sappiamo se l'eventuale alterazione di uno di questi elementi sia direttamente collegata ai PFAS ma, per esperienza di letteratura e per quello che è successo in altri Paesi, anche grazie all'importante studio C8, che ha individuato l'elencazione di alterazioni metaboliche di cui parlavo prima, sappiamo che ci può essere un collegamento.
  Pertanto dobbiamo fare in modo che non si manifesti, come dicevo prima, la malattia, quindi prendiamo in carico il singolo soggetto e ne definiamo un percorso. Tra l'altro, questo percorso viene fatto tutto in estensione perché il percorso è simile a quello degli screening oncologici e, preso in carico il soggetto, lo si segue nel tempo. Questo discorso riguarda il soggetto che presenta alterazioni. Tuttavia, i soggetti presentano anche elevati livelli di PFOA e di PFOS, per cui, in quel caso, con i colleghi dei centri immunotrasfusionali, secondo quanto stabilito dalle linee guida relative alla plasmaferesi e allo scambio plasmatico, abbiamo individuato procedure che vengono normalmente usato nella pratica clinica per rimuovere delle sostanze tossiche presenti nel sangue, quindi, se ci sono Pag. 22delle sostanze tossiche determinate da avvelenamenti e da condizioni particolari, si utilizza la plasmaferesi, che altro non è che una donazione, per cui viene eliminata la parte corpuscolata del sangue e sostituita con albumina, in modo da allontanare materialmente le sostanze che si attaccano a queste cellule.
  Abbiamo disegnato, insieme ai colleghi dei centri immunotrasfusionali di Vicenza e di Padova, un percorso che indicava, sulla base dei dati a disposizione, una soglia per quanto riguarda la fascia pediatrica, fino a 14 anni, e una soglia per quanto riguarda gli adulti, dai 14 anni in su, quindi a partire dai 15 anni. Sono state indicate una soglia di 100 e una soglia di 150. Ai soggetti che presentano valori al di sopra di queste soglie di concentrazioni per il bioaccumulo di PFOA nel sangue, viene data la possibilità, volontariamente e indipendentemente dalla presa in carico dal punto di vista clinico, di poter far ricorso a questo tipo di procedura, quindi, di prendere appuntamento in questo senso. Abbiamo fatto ieri un incontro con i colleghi che hanno già avviato questo tipo di percorso. La collega di Vicenza, che era presente, ci ha detto che, rispetto a quello che ci aspettavamo, ossia un'adesione alta relativamente a questa metodica, al momento non c'è molta frequenza. Adesso non so quali siano i numeri della frequenza assoluta, comunque posso dire che alcuni genitori che sono andati a colloquio hanno detto, dopo aver ricevuto spiegazioni sulla plasmaferesi, che volevano pensarci. Tra l'altro, questa metodica di allontanamento di sostanze presenti nel sangue viene preceduta da un'anamnesi e da un controllo, quindi viene fatto tutto quello che è previsto dal protocollo e c'è tutta una procedura in questo senso. Dopodiché, si fa il percorso di plasmaferesi, che prevede due o tre donazioni specifiche, con cui viene allontanata la parte corpuscolata nel sangue. Questo tipo di percorso serve ad abbattere più velocemente la concentrazione di queste sostanze nel sangue. Noi sappiamo che queste sostanze hanno un tempo di dimezzamento molto lungo, che supera anche i cinque anni. Dalla letteratura sembra che queste sostanze tendano anche ad accumularsi in alcuni organi, come diceva l'onorevole, per cui diamo la possibilità di allontanarle più velocemente e abbassarle nell'organismo per evitare che si possa dare origine ad alterazioni del metabolismo. Non so se con questo discorso ho risposto sulla plasmaferesi.
  Oltre al discorso sulla plasmaferesi e a quello sul secondo livello, vorrei dire un'altra cosa, che è proprio di ieri ed è a completamento anche di quello che ho detto prima. Abbiamo un po’ modificato la nostra modalità di arruolamento della popolazione e di consegna dei referti alla stessa: rispetto a prima, li chiamiamo per fare il prelievo e, nel momento in cui questi vengono, sottoponiamo il questionario e consegniamo anche il referto, per spiegare a voce il percorso che vogliamo offrire.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  PRESIDENTE. Do la parola alla senatrice Puppato.

  LAURA PUPPATO. Grazie, presidente. Vorrei porre alcune domande. In primo luogo vorrei sapere se abbiamo il punto sullo studio epidemiologico sulla popolazione che state svolgendo, oltre quello relativo ai dipendenti consegnato nelle ultime audizioni, che è tutt'altro che rassicurante perché, anche se numericamente i dati sono quelli che sono, visto che parliamo di poco più di cento dipendenti, l'aumentato rischio di patologie cardiovascolari, tumori maligni e malattie respiratorie, è statisticamente significativo. Le cause di decesso per ipertensione arteriosa e diabete mellito di tipo 2 sono obiettivamente (anche se i valori, in questo caso, sono davvero alti) un riferimento cui attenersi, anche per quanto riguarda la necessità – mi pare lo stiate facendo con estrema cura – di mantenere quanto più precauzionalmente sano sia possibile la popolazione residente, che peraltro è numerosissima. Anche per questo motivo stiamo diventando un caso mondiale di riferimento e, purtroppo, facciamo da cavia, nostro malgrado, come si suole dire. Pag. 23
  Vorrei capire, dottoressa, se c'è un'anticipazione e se abbiamo qualche dato. Vorrei capire se ci può dire quando, altrimenti, potremmo avere qualche dato su questo studio epidemiologico e sul tasso di mortalità della popolazione residente. C'è poi un'altra questione. Assessore, noi abbiamo ascoltato i sindaci e lei sa che c'è stata una richiesta e un appello molto forte di sette sindaci del vicentino e di altri nel veronese, che chiedono quantomeno un'accelerazione nel cambio dei filtri perché, obiettivamente, permangono ancora percentuali di un certo tipo di sostanze perfluoroalchiliche nell'acqua potabile.
  Del resto, come diceva il suo collega Bottacin, lo avete scritto voi – o meglio non lei, bensì la parte ambiente della regione – nella comunicazione fatta l'11 settembre al Ministero per anticipare uno studio di fattibilità, che in realtà quella è una relazione con alcune ipotesi di costo per i nuovi acquedotti. Nella comunicazione c'è scritto: «le dotazioni impiantistiche attuali e le migliori tecnologie disponibili, relativamente ai sistemi di filtraggio, non sono in grado di consentire la totale assenza di composti nelle acque potabili distribuite in rete».
  Mi viene in qualche modo da dire che, per quanto ci sia stato sui giornali per mesi il tema dei limiti da imporre o da non imporre, con i noti dubbi (li imponi tu o li impongo io?), le note risposte (tocca a te o a me?), in realtà stiamo parlando di aria fritta perché il problema c'è già stato e c'è un'autodenuncia con cui si dice: «non siamo nelle condizioni di filtrare adeguatamente per azzerare la situazione».
  Mi chiedo che senso possano avere, in realtà, anche i nuovi limiti di PFOS a 20 e di PFOA a 70, fintanto che non si adotta questa importantissima azione. Come lei sa, ogni tanto con il suo collega Bottacin abbiamo qualche polemica, però la facciamo a fin di bene perché, da almeno due anni, se non da due anni e mezzo, sappiamo che serve un acquedotto nuovo, quindi non riusciamo a capire, dopo aver promesso, dal CIPE del 2016, anche 80 milioni, come mai non si acceleri la procedura di progettazione. Altrimenti ci troviamo come il gatto che si mangia la coda: discutiamo dei limiti quando, in realtà, il problema non è quello dei limiti futuri! Per l'amor di Dio, questi più sono bassi meglio è, ma il problema è quello che stiamo vivendo, quello che stanno vivendo le popolazioni residenti e quello che vivono anche gli allevatori, come ci state dicendo. Tra l'altro, c'è anche il problema, su cui speriamo non ci siano ulteriori elementi, per gli ortaggi e via dicendo. Il tema della qualità delle acque è un elemento fondamentale e su questo tema, purtroppo, siamo messi male, quindi vorrei capire se potete aiutarci anche voi a sollecitare in tal senso. Grazie.

  FRANCESCA RUSSO, direttore della direzione prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria. Relativamente alla valutazione epidemiologica dello stato di salute della popolazione nell'area interessata, abbiamo fatto degli studi di tipo ecologico. Si definiscono ecologici gli studi che si basano sui dati già disponibili. Per fortuna, viviamo in una regione dove i flussi sanitari sono informatizzati. Questo ci ha permesso di pubblicare, come abbiamo fatto, i dati. Nell'area interessata, abbiamo riscontrato sulla popolazione generale un aumento rispetto al resto della regione in termini di mortalità e di prevalenza di alcune malattie di tipo cardiovascolare, del diabete mellito e, anche se in percentuale più bassa, di alterazioni funzionali della tiroide. Per quanto riguarda i tumori...

  LAURA PUPPATO. Siccome prima abbiamo ascoltato il suo collega Bottacin, con il dottor Benassi, vorrei che glielo diciate che i dati ci sono! Altrimenti, continuiamo...

  FRANCESCA RUSSO, direttore della direzione prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria. Non solo lo abbiamo detto, ma abbiamo anche pubblicato i dati. Come ho detto prima, stiamo chiamando singolarmente le persone e stiamo cercando di fare con l'Istituto superiore di sanità anche quello che si chiama «ricostituzione dell'esposizione a rubinetto», cioè la storia residenziale Pag. 24 del soggetto, correlata con la concentrazione di queste sostanze nel sangue, ci darà la possibilità di capire, in termini di esposizione diretta, che cosa ha comportato l'esposizione all'acqua rispetto alla concentrazione di queste sostanze.
  Il lavoro che stiamo facendo ha diverse finalità. La prima finalità è quella di evitare che le persone sviluppino la malattia: è la più importante e significativa, ma non c'è solo quella. C'è anche una risposta alla popolazione rispetto alla propria condizione, che è anche difficile da comunicare, a fronte di un insieme di incertezze che esistono sulla cosiddetta «dose-risposta», cioè non sappiamo se a un valore più alto corrisponda una maggiore possibilità. Ci sono molte incertezze che comunichiamo – quando parlo con le mamme, lo dico – perché non abbiamo tutte le risposte, ma vogliamo rendere tutti consapevoli, quindi la conoscenza e le conoscenze vengono costruite insieme, nel momento in cui raccogliamo tutti i dati. Continueremo questo lavoro, che porterà a una georeferenziazione e a una costruzione dell'esposizione residenziale dei soggetti, che saranno correlate ai dati che raccogliamo.
  C'è un altro elemento che abbiamo già portato avanti e adesso stiamo affinando: uno studio epidemiologico con l'Istituto superiore di sanità per fare una sorta di ricostruzione retrospettiva e anche prospettica. Osserviamo insieme la popolazione che arruoliamo da un punto di vista epidemiologico, che a volte è più lungo e più tortuoso rispetto a quello che dobbiamo garantire di prevenzione nell'immediato. Seguiremo questo studio con l'Istituto superiore di sanità per vedere come si attesta all'andamento di alcune malattie, quindi lo possiamo fare nel tempo.
  Prima di dare la parola all'assessore vorrei dire che, per quanto riguarda l'acqua potabile, il discorso dei limiti è molto importante nella comunicazione. Abbiamo chiesto al Ministero della salute dei valori di performance, che ci sono stati dati su parere dell'Istituto superiore di sanità a gennaio 2014. I nostri dati mettono in evidenza che, effettivamente, l'adozione dei filtri a carbone attivo sia, al momento, l'unica possibilità che abbiamo per abbattere questi inquinanti nell'acqua potabile, anche se stiamo studiando delle metodiche alternative.
  Ci siamo aggiudicati anche un progetto europeo con l'Università degli studi di Padova e con l'ARPAV per studiare delle resine che siano diverse e che possano, magari, funzionare ancora meglio, ma siamo a livello di studio. Abbiamo avuto, quindi, questi valori di performance obiettivo stabiliti dal Ministero della salute. Inoltre abbiamo un monitoraggio mensile di tutti i punti individuati, su cui il monitoraggio viene ripetuto perché, altrimenti, non sarebbero confrontabili per valutarne l'andamento.
  L'ultimo lavoro dell'Istituto superiore di sanità, presentato anche al Ministero della salute, cui accennava l'assessore prima, praticamente mette in evidenza che i valori mediani si sono mantenuti nel tempo più bassi rispetto ai valori limite dei valori di performance. Faccio un esempio: se il valore di performance del PFOA era 500, il valore che sta in mezzo si è sempre attestato molto al di sotto e questo è avvenuto progressivamente negli anni, fino al 2017, quando abbiamo visto che quel valore si attesta intorno ai 70. Questo vuol dire che le tecnologie messe a disposizione, cui è legato il parametro di performance, si sono talmente evolute da poter abbattere i contaminanti fino a questo livello. Allora, che cosa abbiamo fatto e che cosa stiamo facendo? Ci siamo dati un valore di performance molto più restrittivo, che abbiamo condiviso con l'Istituto anche lunedì, quando abbiamo visto anche i gestori. Si tratta di un parametro molto ambizioso, con cui portare a 90 la somma PFOA e PFOS, considerando che il PFOS non deve superare il valore 30, nell'obiettivo di tendere a quello che ci chiedeva il Ministero della salute e l'Istituto superiore di sanità e a quello che è giusto, ossia la virtuale assenza.
  Questo non è un parametro tanto per dire, ma è un parametro molto importante che ci diamo ed è un impegno che la regione, dal punto di vista della sanità, offre alla parte dei gestori, che pure non Pag. 25dipendendo da noi, ma comunque hanno il controllo e, di conseguenza, la responsabilità dell'erogazione dell'acqua con determinate concentrazioni di contaminante. Tutto ciò al fine di cercare di sviluppare al massimo il cambio dei filtri, altre procedure e via dicendo, che abbassino via via le concentrazioni. Questo – e finisco – sarà un termine temporaneo perché anche il parere del Ministero della salute dice che qualora la regione si voglia dare dei valori di performance, deve considerare che anche a livello europeo ci si esprima: noi abbiamo chiesto ciò. Nel momento in cui saranno disponibili dei valori di performance a livello europeo, certamente ci adegueremo ma, nel frattempo, credo che la nostra esperienza abbia fatto scuola anche in questo senso.

  ALBERTO ZOLEZZI. Grazie molte. La situazione è complessa e facciamo le domande per tentare di chiarire, senza attaccare nessuno. Per quanto riguarda il fatto che si arrivi eventualmente in alcuni casi a plasmaferesi e addirittura plasma-exchange, è nata una mia domanda sulla base delle audizioni, che rivolgo anche a voi. In realtà, stiamo esponendo persone di una popolazione comunque amplia ad altri tipi di PFAS, quelli a corta catena, la cui produzione, come sappiamo, è ancora attiva. Ci sono alcuni studi per i quali anche quelli a corta catena possono dare problemi perché, anche se permangono per tempi minori rispetto a quelli a lunga catena, comunque in questo momento li mandiamo sugli stessi soggetti che sono stati esposti, magari per decenni, a questo mix di corta e lunga catena. Come valutate l'idea di dare elementi per chiudere la linea di produzione dei PFAS della Miteni? Oltretutto, questo si collegherebbe non solo all'aspetto diretto della sostanza, ma anche un altro aspetto, quello di liberare una parte dell'azienda, anche per accelerare le caratterizzazioni e le bonifiche. In questo momento, i rifiuti più o meno occultati sotto l'azienda, stanno in qualche modo percolando. Anche questo è un dato di lentezza che, diminuendo la superficie produttiva, potrebbe migliorare. Vorrei chiedervi per quanto tempo è previsto questo approfondimento epidemiologico? Circa due anni? Teoricamente si può anche chiedere una sospensiva, per il principio di precauzione, nella produzione dei PFAS. Inoltre, non vorrei che venisse fuori che comunque ci sono stati danni alla popolazione importanti, come lei ha citato per lo studio C8 negli Stati Uniti.
  Un altro studio è quello della Germania sullo spandimento di reflui, fanghi, percolati e quant'altro. Anche in quel caso, c'è stato un danno sanitario-ambientale molto importante. Prima ci è stato detto che, visto che la normativa italiana parla dei fanghi come rifiuti speciali smaltibili a carico dei privati, alcuni reflui erano smaltiti in alcune discariche, mentre i percolati andavano fuori regione e fuori provincia: i fanghi del depuratore di Trissino andavano a Mariana Mantovana e, forse, adesso andranno da un'altra parte. Vorrei chiedere se anche sui reflui avete qualche idea. Grazie.

  FRANCESCA RUSSO, direttore della direzione prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria. Se permette, assessore, vorrei rispondere alla domanda che riguarda i PFAS a corta catena. Quelli a catena corta sono dei composti su cui si conosce ancora poco. In letteratura, in termini di tossicità di questi composti, ci sono poche notizie. Sappiamo che quelli permangono, come diceva lei, per più breve tempo nell'organismo, quindi anche nei dosaggi che stiamo facendo adesso vediamo che molti non sono neanche dosabili. Abbiamo trovato, però, una certa concentrazione non significativa o comunque la presenza di quelli a sei e a cinque elementi di carbonio, quindi pentavalenti ed esavalenti (esanoico e pentanoico). Via via che avremo la numerosità, vedremo di interpretarli insieme all'Istituto superiore di sanità, però abbiamo già fatto un passo verso la segnalazione alla Commissione europea e specificatamente all'ECHA per quanto riguarda l'autorizzazione dell'utilizzo nei processi di produzione di queste sostanze nell'ambito del Regolamento REACH. Abbiamo preparato una relazione, che abbiamo mandato al Ministero della salute e che vorremmo fosse portata a livello europeo e a livello di Pag. 26ECHA, insieme alla Germania che sta facendo lo stesso per i corta catena e soprattutto per quelli a cinque e a sei atomi di carbonio, per fare in modo che questi elementi possano uscire dalla catena produttiva. In questo senso, ci stiamo muovendo attraverso il Regolamento REACH.
  Per quanto riguarda i provvedimenti, ci sono dei provvedimenti di chiusura dell'azienda, ma su cui non mi esprimo. Posso solo dire che abbiamo, sin dall'inizio, inviato in maniera continua e regolare tutte le cose che abbiamo acquisito anche alla procura. Abbiamo anche fatto degli incontri e sono andata personalmente a parlare con chi della procura segue questo tipo di argomento. Ci siamo confrontati a febbraio, a Venezia, anche con chi in Ohio, alla DuPont, aveva seguito questo tipo di percorso. Abbiamo fatto tradurre i nostri provvedimenti e li abbiamo inviati a Fletcher, un esperto di sanità pubblica che ha studiato il C8, perché li valutasse e, naturalmente, anche all'OMS, soprattutto a Marco Martuzzi del Centro di epidemiologia ambientale dell'OMS di Bonn, in modo da avere in questo percorso un sostegno e, eventualmente, un aiuto nell'elaborazione delle strategie sulle prove che via via raccogliamo. Siamo assolutamente aperti da questo punto di vista a tutti gli eventuali tasselli che si aggiungono sulla valutazione tossicologica. Voglio dire anche che sarà di prossima pubblicazione un bando per una ricerca specifica, che lanciamo per università o esperti nazionali ed internazionali che vogliano approfondire il profilo tossicologico di queste sostanze, quindi si tratta di una ricerca che facciamo insieme alla popolazione e per la popolazione. Sui rifiuti, non so se vuole dire qualcosa l'assessore.

  LUCA COLETTO, assessore alla sanità e programmazione socio-sanitaria della regione Veneto. Non saprei che cosa aggiungere sull'ambito dei rifiuti. Reputo interessante una questione: evitare lo spargimento sul territorio nell'ambito agricolo di questi reflui perché, come abbiamo potuto verificare e come diceva l'onorevole poc'anzi, ci sono stati situazioni assolutamente negative. Per quanto mi riguarda, quindi, sono assolutamente d'accordo.

  PRESIDENTE. Non essendoci altri interventi, ringrazio gli intervenuti e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.10.