XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 127 di Martedì 27 giugno 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Lainati Giorgio , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione della presidente e del consiglio di amministrazione della Rai:
Lainati Giorgio , Presidente ... 3 ,
Freccero Carlo , consigliere di amministrazione della Rai ... 3 ,
Brunetta Renato (FI-PdL) , idAnagrafe.302875 ... 4 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 4 ,
Freccero Carlo , consigliere di amministrazione della Rai ... 4 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 5 ,
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 5 ,
Airola Alberto , idAnagrafe.xxxx ... 6 ,
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 6 ,
Brunetta Renato (FI-PdL) , idAnagrafe.302875 ... 6 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 6 ,
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 6 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 7 ,
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 7 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 7 ,
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 7 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 7 ,
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 7 ,
Gasparri Maurizio , idAnagrafe.xxxx ... 7 ,
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 7 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 7 ,
Borioni Rita , consigliere di amministrazione della Rai ... 7 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 9 ,
Borioni Rita , consigliere di amministrazione della Rai ... 9 ,
Airola Alberto , idAnagrafe.xxxx ... 9 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 9 9 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 9 ,
Gasparri Maurizio , idAnagrafe.xxxx ... 10 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 10 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 10 ,
Airola Alberto , idAnagrafe.xxxx ... 10 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 10 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 10 ,
Brunetta Renato (FI-PdL) , idAnagrafe.302875 ... 10 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 10 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 10 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 10 ,
Brunetta Renato (FI-PdL) , idAnagrafe.302875 ... 10 ,
Lupi Maurizio (AP-CpE-NCD) , idAnagrafe.300447 ... 10 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 10 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 10 ,
Gasparri Maurizio , idAnagrafe.xxxx ... 11 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 11 ,
Brunetta Renato (FI-PdL) , idAnagrafe.302875 ... 11 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 11 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 11 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 11 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 11 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 11 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 11 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 11 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 11 ,
Nesci Dalila (M5S) , idAnagrafe.306109 ... 11 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 11 ,
Nesci Dalila (M5S) , idAnagrafe.306109 ... 12 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 12 ,
Brunetta Renato (FI-PdL) , idAnagrafe.302875 ... 12 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 12 ,
Brunetta Renato (FI-PdL) , idAnagrafe.302875 ... 12 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 12 ,
Brunetta Renato (FI-PdL) , idAnagrafe.302875 ... 12 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD) , idAnagrafe.302746 ... 12 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 12 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD) , idAnagrafe.302746 ... 12 ,
Gasparri Maurizio , idAnagrafe.xxxx ... 12 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 12 ,
Siddi Franco , consigliere di amministrazione della Rai ... 12 ,
Fico Roberto , Presidente ... 15 ,
Siddi Franco , consigliere di amministrazione della Rai ... 15 ,
Airola Alberto , idAnagrafe.xxxx ... 15 ,
Siddi Franco , consigliere di amministrazione della Rai ... 15 ,
Lupi Maurizio (AP-CpE-NCD) , idAnagrafe.300447 ... 15 ,
Maggioni Monica , presidente del consiglio di amministrazione della Rai ... 17 ,
Airola Alberto , idAnagrafe.xxxx ... 18 ,
Fico Roberto , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIORGIO LAINATI

  La seduta comincia alle 13.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione della presidente e del consiglio di amministrazione della Rai.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione della presidente e del consiglio di amministrazione della Rai, ai quali tutti do il benvenuto anche a nome del presidente, che si scusa per un leggero ritardo.
  Sono presenti la presidente, dottoressa Monica Maggioni, e i consiglieri di amministrazione Rita Borioni, Arturo Diaconale, Carlo Freccero, Guelfo Guelfi e Francesco Angelo Siddi, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Ricordo che nella seduta dello scorso 21 giugno la presidente della Rai Monica Maggioni ha svolto la propria relazione, al termine della quale sono intervenuti diversi colleghi per porre domande e richiedere chiarimenti. Al termine del mio intervento darò la parola ai consiglieri di amministrazione che ne faranno richiesta e poi alla presidente del consiglio d'amministrazione Monica Maggioni per rispondere alle domande formulate dai commissari.
  Sapete che i componenti di questa Commissione hanno convenuto in vari uffici di presidenza di contenere i propri speech nei cinque minuti. So che lei, consigliere Freccero, ha chiesto una piccola dilazione. Nella misura del possibile, la presidenza cercherà di venire incontro alle vostre richieste.

  CARLO FRECCERO, consigliere di amministrazione della Rai. Risponderò su cinque punti, anche perché l'altra seduta è stata veramente molto interessante e stimolante da tutti i punti di vista, sia a livello teorico, sia a livello politico.
  Parto subito dal primo punto, collegato al secondo che riguarda Fazio. Il primo punto riguarda la possibilità o meno per la Rai di superare il tetto degli stipendi. Vorrei andare con ordine, ragion per cui userò come falsariga l'intervento dell'onorevole Brunetta, essenziale nel suo rigore, ma costruito a partire da presupposti che non condivido e che cercherò qui di chiarire. Il professor Brunetta è un economista e le sue osservazioni si riferiscono alla produzione materiale. L'immateriale, invece, ha altre regole. Si costruisce sull'immaginario e sul simbolico. Il suo valore finale è profondamente squilibrato a favore non del prodotto standard, ma del prodotto unico, straordinario, inconsueto, capace di fare il boom e di catturare l'attenzione. La stella polare della pubblicità è oggi il lusso, il surplus, il simbolico. La frase del professor Brunetta, che ho estrapolato, «in un'azienda tutti sono portatori di valore aggiunto», è condivisibile, ma la ritengo personalmente demagogica, perché il pubblico ha una fruizione impressionistica del prodotto spettacolo e vuole dei testimonial a cui fare riferimento. Poco dopo Brunetta Pag. 4dirà che in qualche modo anche un ragioniere è un artista quando svolge il suo lavoro correttamente. Allora prendiamo il Festival di Sanremo, che rappresenta uno dei maggiori successi di audience della Rai, e immaginiamo le canzoni in gara cantate dai vari ragionieri e direttori del personale, onesti professionisti che l'onorevole Brunetta gratifica. Quale successo potrebbero avere?
  Arriviamo al secondo fraintendimento, dopo l'identificazione...

  RENATO BRUNETTA. Anche l'artista deve fare il ragioniere...

  PRESIDENTE. Vi chiedo la cortesia, garbatamente, di lasciar parlare il consigliere Freccero. Consigliere, la prego.

  CARLO FRECCERO, consigliere di amministrazione della Rai. Quale successo potrebbero avere queste canzoni cantate da onesti professionisti?
  Arriviamo al secondo fraintendimento, dopo l'identificazione delle star con dipendenti pubblici. Qui vorrei ancora porre un problema: le prestazioni di natura artistica cui fa riferimento la legge non si riferiscono all'arte con l'A maiuscola, come lascerebbe credere la funzione di servizio pubblico dell'azienda. «Artistico» significa qui portatore di valore aggiunto, ma non in senso alto di cultura ed educazione, bensì nel senso più concreto di incremento di entrate. È artistico un prodotto che si paga da solo, che non grava sul canone. Al contrario, apporta entrate a un bilancio che con il solo canone andrebbe in rosso.
  Apparentemente la soluzione è semplice: un tetto va applicato, ma cerco di dimostrare che la risposta è più complessa, perché le star che lavorano in televisione non sono dipendenti che lavorano nella produzione di una merce materiale, ma piuttosto – è qui il termine, io sono specialista in queste cose – sono la merce stessa materiale, ossia la merce stessa che viene proposta al pubblico. Sono quell’audience che le emittenti propongono nella pubblicità, traendone contratti economici diversi a seconda del risultato. Lo voglio ripetere ancora una volta, perché è fondamentale nel dibattito: i contratti pubblicitari sono basati sull’audience, che in un sistema come lo spettacolo, in cui – ripeto – la merce non è qualcosa di materiale ma di immateriale, verificabile attraverso i contratti, rappresenta il prodotto finito. L’audience non è separabile dall'artista, che ne rappresenta il testimonial. Ancora, per le merci commerciali il contenimento del prezzo del prodotto finale, come sapete, per battere la concorrenza, deve essere il meno caro possibile, anzi – lo ripeto meglio – a parità di prodotto vince il prodotto meno caro. Per l’audience spesso è il contrario: per catturare audience non basta un prodotto standard. Al contrario, c'è bisogno dell'esclusiva, del personaggio che è in quel momento ai vertici della popolarità. È vero che una società come la nostra è ingiusta perché in presenza di una moneta a scambio fisso, i debiti pubblici si risanano sempre ricorrendo alla svalutazione del lavoro. Il fatto che i salari siano al limite della sopravvivenza e che pochi privilegiati, come calciatori, star e cantanti, godano invece di guadagni stratosferici non può non creare disagio nell'opinione pubblica. Percepiamo tutto questo come ingiusto.
  Passo a Fazio. Su Fazio sono già intervenuto, ma qui vorrei invece essere produttivo e positivo. Chiedo al presidente, ai deputati e ai senatori una cosa molto importante, ossia di intercedere presso il direttore generale perché si possa rimettere in gioco questo contratto. Perché? Lo spiego subito. Voi sapete che in questo momento sono due le cose che si agitano: il portafoglio e il prodotto. Ho collaborato con Fazio, ci ho lavorato parecchie volte e credo che l'amore che ha nel prodotto sia totale. Tuttavia, come si può pensare che un prodotto distrutto da questa campagna, che non ha avuto in questo momento ancora difese pubbliche da parte del direttore generale, possa sopravvivere all’audience? Com'è possibile? Ho paura addirittura che venga distrutta questa audience, ragion per cui chiedo a voi che possiate intercedere presso il direttore generale perché si faccia una rimessa a punto. Non vorrei che domani, alla presentazione dei palinsesti, lui Pag. 5si presentasse come il Marchese del Grillo e che fosse sottoposto a ironie tese a distruggere tutto il lavoro che ha fatto nella sua carriera. Lo chiedo a voi, perché voi potete. Io l'ho chiesto, ma il re delle due Sicilie non mi ha nemmeno sentito, anzi, è andato avanti. Questa è la cosa che voglio dire.
  Come terzo punto, per quanto riguarda il piano dell'informazione, estrapolo dallo stesso la parte del digital first, che potrebbe essere messa in atto immediatamente sotto la direzione di Milena Gabanelli, la quale ha già pronto uno schema di piano editoriale e con la quale ho già parlato. È chiaro che non tocca a me qui spiegare la missione della testata unica del web news, ma vi dico che è già pronta, potrebbe partire subito ed è straordinaria.
  Come quarto punto, arrivo al tema fondamentale, quello sollevato dalla deputata Mirella Liuzzi, sulla presidente e sul tema delle spese. Mi sono informato e ho parlato con l'editore del libro Terrore mediatico, il quale mi ha fatto presente una cosa molto semplice, ossia che la nostra presidente, o meglio l'allora direttrice di Rainews, era intervenuta molte volte sul tema delle dirette riguardanti gli atti terroristici. A causa della sua competenza lui, il professor Giuseppe Laterza, ha individuato in lei l'autore per un libro che riguardava questa tematica. Prima che scrivesse il libro la dottoressa partecipava a convegni. Poi c'è stato il libro, la cui tesi io non condivido, tra parentesi, totalmente. Questo punto lei lo sa molto bene, perché abbiamo avuto anche un dibattito. Sul tema è intervenuta più volte, però, a prescindere dal libro. Anzi, per esempio, è stata ospite sul tema a Grado ed a un confronto a Fasano con Latorre. Invito – mi rivolgo all'onorevole Mirella Liuzzi, che stimo moltissimo – a fare attenzione a due punti di vista: il punto di vista del libro, per cui l'autrice è stata pagata regolarmente dalla Laterza, e il punto sul tema specifico, su cui interveniva. Chiaramente, avendo fatto un lavoro egregio a Rainews, era la Rai che, giustamente, doveva pagare il viaggio.
  Come ultimo punto, rispondo invece all'onorevole Fabio Rampelli, il quale ha detto, giustamente, che la Rai è sottoposta molte volte a questa questione del gender. A differenza di lui, ritengo che la società sia tutta pervasa non solo dall'agonismo della coscienza di classe, ma anche da molteplicità di agonismi, ragion per cui le rivendicazioni economiche, culturali e di gender coesistono e si sommano fra loro. Tuttavia – con questo sono d'accordo con lui – l'egemonia culturale del gender non si può identificare con il gender. Lo ripeto, l'egemonia culturale non si può identificare con il gender o con il solo gender. Non per nulla, ho criticato un programma in cui l’opinion leader si vantava di questo ruolo per essere il più competente di tutti.

  PRESIDENTE. Siamo noi che la ringraziamo. Come vede, consigliere, la presidenza le ha dato il doppio del tempo dei membri della Commissione, venendo incontro alle sue richieste.
  Credo che adesso voglia intervenire il consigliere Guelfo Guelfi.

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. Quello che mi interesserebbe e che mi piacerebbe molto è che ristabilissimo un po’ di relazioni all'interno del luogo e del modo in cui ci troviamo gli uni di fronte agli altri. Noi siamo i consiglieri di amministrazione da voi eletti e voi siete la Commissione di vigilanza che interloquisce con tutti noi a partire da ogni singola questione che attraversi la vita della nostra azienda e le nostre responsabilità. Dico questo perché mi sono trovato a disagio quando nella precedente seduta ho sentito un invito all'azzeramento. Già la parola stessa mi lascia parecchio perplesso. È una parola che non si usa in una condizione qual è il rapporto stabilito tra un consiglio di amministrazione e la Commissione di vigilanza che l'ha eletto. Se la Commissione di vigilanza avesse gli strumenti o la volontà di chiudere questa esperienza, lo dovrebbe fare e lo dovrebbe fare nella sua sede. Non fa parte del confronto del nostro dibattito la possibilità di sentirci minacciati e azzerati, perché la parola non sta in piedi.
  Tra le cose che ci vengono imputate, alcune delle quali, secondo me, stanno nelle Pag. 6nostre responsabilità, è bene confrontarsi sulla modalità che abbiamo assunto nell'affrontare quei temi. Di fondo parto dalla questione che sembra più esterna, ma che fa parte di un clima rispetto a cui vorrei in qualche modo protestare. Riguarda questo oggetto. Questo, signori, è il libro. È il libro che magari sarebbe bene anche che potesse essere letto, di Monica Maggioni, Terrore mediatico. Così si promuove. Colgo anche questa occasione. Perché lo mostro? Perché l'ho letto e l'ho letto prima di conoscere la dottoressa Monica Maggioni, oggi presidente di questo consiglio di amministrazione. Se avessimo tempo, ne leggerei degli ampi stralci, perché questa è un'opera del 2015 che si colloca all'interno di una discussione drammatica che attraversava il nostro Paese, e non solo questo, ma l'Europa intera. È il primo testo all'interno del quale si rintraccia una discussione, a cui faceva riferimento anche il collega Freccero, dicendo che lui non era d'accordo – questo è legittimo – che riguardava il fatto se le decapitazioni perpetrate dall'ISIS potessero o dovessero essere esposte all'attenzione di tutti. La dottoressa Maggioni prima di altri è intervenuta su questo argomento, che è diventato un argomento di discussione comune. La dottoressa Maggioni era anche la direttrice di un'importante testata giornalistica della Rai e con quest'opera, generava un'attenzione e un valore che, giustamente e normalmente, sono stati esercitati. Poi si possono avere...

  ALBERTO AIROLA. Doveva ricadere sull'editore, non sulla Rai.

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. Non mi interessa. Il dovere non ricade a partire dal pensiero di Pinco o di Caio. Se ricade, ricade perché giuridicamente esiste una violazione, altrimenti non ricade. Ricade solo nella bocca degli azzeratori, di coloro che pensano che si debba andare avanti con processi verbali di azzeramento. Noi possiamo essere azzerati soltanto dalle pratiche legali di sostituzione e di chiusura, non da quelle verbali. C'è una grande differenza, che vale anche nella questione che riguarda la dottoressa Monica Maggioni e il suo libro.
  Consentitemi di passare a un altro punto. Spero di non occupare tutto il tempo che è stato occupato prima di me e vado veloce. Voglio riferirmi alla vicenda del tetto agli stipendi e delle deroghe. Non abbiamo fatto altro che il nostro dovere, gentili onorevoli, perché ci siamo ritrovati, a valle di una vostra decisione, con la necessità di chiudere l'azienda che stiamo amministrando, di produrci di fronte all'azienda che stiamo amministrando dando il foglio di via a tutto il sistema di rappresentazione delle trasmissioni e delle modalità espressive che quell'azienda conduce e contiene. Abbiamo rinviato un approfondimento dell'opinione che derivava dalla legge approvata dal Parlamento nei confronti del Parlamento stesso. Dopo un percorso ampiamente documentato, che vede stazioni successive e diverse di considerazione, siamo arrivati di fronte a due documenti – uno dell'Avvocatura, l'altro del sottosegretario al Ministero dell'economia – che ci offrivano dei parametri. All'interno di quei parametri abbiamo cercato di andare a identificare... È chiaro, ed è giusto, abbiamo tutte le nostre opinioni diverse. Siamo tutti artisti. A volte alcuni sono più artisti degli altri. Abbiamo buona memoria e ci ricordiamo il processo degli scambi, delle opinioni che andiamo sostenendo. Il fatto è che il consiglio di amministrazione ha definito con una delibera, votata a larga maggioranza, la condizione della deroga, non la sostituzione della legge. Guai! Quella la potete cambiare soltanto voi, quando la vorrete cambiare e se la vorrete cambiare. Abbiamo prodotto un documento che è di vostra conoscenza ed è alla portata del vostro giudizio.

  RENATO BRUNETTA. No, non c'è, non è disponibile!

  PRESIDENTE. Scusi, presidente Brunetta, altrimenti veramente dilatiamo i tempi.

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. Comunque glielo faccio avere. Non è disponibile, ma lo è. Non voglio polemizzare. Onorevole Brunetta, ho Pag. 7molto rispetto di lei, delle sue esperienze e anche delle sue affermazioni, ma il documento c'è.

  PRESIDENTE. Consigliere, si avvii a concludere.

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. Il documento c'è.

  PRESIDENTE. Si avvii a concludere, la prego, consigliere. Abbiamo tempi stretti.

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. C'è all'ordine del giorno una votazione che prevede l'approvazione del Consiglio di amministrazione di quel documento che descrive i processi di deroga. Potrei continuare dicendo che anche l'episodio Fazio sta dentro quel processo lì.
  Finisco subito. Voglio dire l'ultima e veloce cosa. Ho letto una dichiarazione in un'intervista pubblicata dal Giorno, mi sembra, dell'onorevole Anzaldi, in cui si minaccia ricorso alla Corte dei conti, cosa che non fa lui solo, ma fanno anche altri. Non ci vedo niente di straordinario, ma trovo nell'intervista di Anzaldi un carico in cui l'onorevole si augura che, a seguito...

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa, ma è assente il deputato Anzaldi. La pregherei di contenersi su questo tema, tenendo conto che non c'è.

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. Mi sto contenendo. Noi siamo in streaming. Sto solo dicendo quello che ho letto. L'onorevole Anzaldi pubblica...

  MAURIZIO GASPARRI. Poteva venire!

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. Poteva venire. Fatemelo dire: tra virgolette c'è scritto che si augura che la Corte dei conti infili le mani nelle tasche dei consiglieri, dimenticando – il senatore Gasparri l'ha ripetuto più volte – che nelle tasche dei consiglieri, perlomeno di quattro su sette, che sono la maggioranza, non ci troverebbero nemmeno un duino.

  PRESIDENTE. La ringrazio anche per la citazione di una moneta toscana, se non erro.
  A questo punto, do la parola al consigliere Borioni.

  RITA BORIONI, consigliere di amministrazione della Rai. Sono molto d'accordo con quanto ha detto il consigliere Freccero rispetto al diverso modo in cui bisogna valutare la produzione di beni immateriali e dell'industria culturale, che ha cambiato un po’ anche il modo di pensare. È una discussione molto interessante rispetto a quel tema. Aggiungo che mi associo al consigliere Guelfi sulla valutazione rispetto alle polemiche sulla presidente Maggioni.
  Ricollegandomi, invece, a questo tema degli artisti, che hanno un carattere, ovvero quello dell'infungibilità, osservo che il bravissimo, straordinario contabile, quando è straordinario, non diventa un artista, ma confluisce nella scienza. Il bravo ballerino, quando è molto bravo, quando è assolutamente infungibile rispetto a qualunque altro ballerino, come Roberto Bolle o Baryshnikov, diventa un artista. È un'opinione. A proposito di Vespa, nel 2009 alla BBC fu chiesto di ridurre i costi non degli artisti, ma di una cosa che loro chiamano talent, cioè i talenti. Credo che noi viviamo e soffriamo anche di questo errore terminologico a monte. Fermo restando che sono convinta che chi sia artista e chi no lo decidano i posteri, sempre i posteri, tuttavia, è sbagliato l'uso della parola artista, anche perché, con tutto il rispetto per tutti, un artista viene definito dagli altri e non da sé stesso. Si parla, però, dei talenti, ossia di quelle figure che all'interno del mondo largo della comunicazione, della cultura e della creatività vengono considerate non uguali agli altri, cioè infungibili, un po’ come un giocatore di calcio, che non è uguale a un altro. Non è proprio la stessa cosa.
  Alla BBC viene chiesto di ridurre quei costi. Cosa chiedono alla BBC? Il Parlamento inglese non le dice di mettere il Pag. 8tetto. La BBC in circa cinque anni attua questa riduzione, non prima di aver fatto un'analisi dettagliata dei costi e degli accordi e dei contratti in essere e di aver portato avanti una ricerca, affidata a una società di consulenza esterna specializzata, dalla quale risultava che la BBC non pagava oltre il prezzo di mercato i suoi talent e che le sue pratiche contrattuali non avevano un impatto negativo sul mercato. La questione atteneva al fatto che BBC non dovesse drogare il mercato. Lo studio fa anche emergere, però, e questa è la parte molto interessante, che potevano essere fatte delle razionalizzazioni. La BBC le fa in cinque anni e arriva a ottenere un risparmio di circa il 15 per cento, che è molto più basso negli strati degli stipendi alti ma più bassi ed è molto più alto nello strato dei compensi – non stipendi, ma compensi – più alti. Quindi, non c'è un taglio lineare, sostanzialmente. Non viene fatto un taglio lineare, il che credo sia piuttosto interessante. Tutto questo non fa sì che ci siano stati impatti rilevanti sull'offerta della BBC.
  Cosa ci insegna questo? Ci insegna intanto che ridurre i compensi con tagli lineari finisce per creare danni all'interno del mercato. L'applicazione di quel tetto netto così avrebbe fatto risentire della situazione all'offerta della Rai e, quindi, anche agli ascolti della Rai e ai futuri investimenti, in un circolo vizioso negativo, in cui il mercato perde valore e i concorrenti privati si avvantaggiano di costi fuori mercato. Questo sarebbe accaduto. Questo accade. Il talento, invece, è qualcosa che si crea e che va sostenuto. Questo è dentro proprio l'industria della cultura e dei talenti. Mission fondamentale della Rai – questo è scritto in ogni dove – è anche quella di sostenere e far crescere i talenti e l'industria culturale e creativa del Paese. Credo che sia necessario che queste politiche vengano fatte con sempre maggiore forza e decisione, perché ciò fa sì che ci sia un ricambio generazionale continuo e che non si debbano necessariamente tenere quei talenti dentro, ma se ne trovino sempre di ricambio. Questo è assolutamente fondamentale. Questo tipo di questione è una di quelle che sono sicuramente dentro le convenzioni, ma che comunque verranno affrontate da questa Commissione anche nel prossimo contratto di servizio, in cui la Commissione di vigilanza, come gli altri attori, potrà fornire un contributo importantissimo e un indirizzo all'evoluzione di queste questioni collegate tra loro, ossia i compensi degli artisti, il costo complessivo dei programmi e le modalità del loro finanziamento.
  Noi possiamo anche dare 240.000 euro a tutti e poi fare programmi che costano il doppio di quanto costavano prima, per esempio, il che non porterebbe alcun risparmio all'azienda. Potremmo dare 240.000 euro a tutti e mettere 15 star da 240.000 in ogni programma, che sarebbe una cosa idiota e stupida, ma che, nella fattispecie, non creerebbe alcun genere di risparmio all'azienda. Poiché dobbiamo arrivare non a un risparmio, ma a una razionalizzazione delle spese, al sostegno dei talenti e a una migliore qualità del prodotto fornito, queste cose le dobbiamo tenere insieme. La Commissione di vigilanza esprimerà un parere sul nuovo contratto di servizio quinquennale che dà contenuto operativo alla convenzione appena approvata.
  Oggi la Rai deve produrre il 37 per cento totale di ascolti. Non dimentichiamo che c'è questo punto. Produrre il 37 per cento totale di ascolti ha determinati costi. La Rai potrebbe fare il servizio pubblico producendo il 20 per cento di ascolti. I costi sarebbero notevolmente inferiori, probabilmente. Naturalmente, però, per produrre il 20 per cento di ascolti, con tutti gli obblighi, forse avremmo sicuramente meno pubblicità. Banalmente, la nostra è un'azienda che paga circa un miliardo di euro l'anno di stipendi. Paga un miliardo di euro l'anno di stipendi perché ci lavorano 12.000 persone, oltre a circa altri 1.000-1.500 precari. Ciò vorrebbe dire scendere sotto il 37 per cento e, quindi, sotto un dato livello e dover licenziare delle persone. Dovremmo mandare a casa 2-3-4.000 persone. È una scelta. È una scelta di carattere politico.
  Dicevo del 37 per cento degli ascolti e vado a terminare. Per produrre questo 37 per cento di ascolti, Rai ha un costo allineato a quello di Mediaset, considerati i Pag. 9costi aggiuntivi peculiari del servizio pubblico indicati nel contratto di servizio pubblico. Nessun altra televisione deve produrre programmi in lingua arbëreshe e in sloveno. Nessun altro lo deve fare. Nessun altro ha gli obblighi della Rai rispetto alla conservazione delle teche e degli archivi.
  Vorrei soltanto dire una cosa. Prendo un altro minuto e mezzo.

  PRESIDENTE. È perfino troppo.

  RITA BORIONI, consigliere di amministrazione della Rai. Un minuto. Il nuovo contratto di servizio confermerà o modificherà l'impostazione vigente della separazione contabile che risale al 2005 e fu voluta dalla legge Gasparri. L'attuale schema, come ha accennato la presidente Maggioni all'inizio, distingue tra programmi di servizio pubblico, il cui costo, al netto della pubblicità raccolta, è pagato dal canone, dai programmi che non appartengono ai generi predeterminati di servizio pubblico. Per questi ultimi programmi, che non possono eccedere il 30 per cento del tempo di programmazione, il canone – va ricordato – copre solo i mancati ricavi dovuti ai minori spazi pubblicitari. «Questi mancati ricavi – leggo questo dalla relazione della società di revisione che ha certificato la separazione contabile – sono valorizzati sulla base del costo lordo Mediaset». Questo è il modo in cui è retto questo sistema.
  Vado assolutamente a terminare dicendo che ci sarà modo di discutere nei prossimi mesi delle necessarie modifiche e della coerenza con vecchio e nuovo contratto di servizio, ma è evidente che non si possono volere, da una parte, più ascolti, più obblighi di servizio pubblico, più sostegno all'industria produttiva e, dall'altra, canone più basso e affollamenti pubblicitari ancora più rigidi.

  ALBERTO AIROLA. Magari, invece di licenziare 2-3.000 lavoratori della Rai, potremmo evitare di comprare i prodotti che la Rai...

  PRESIDENTE. Magari se lo dice dopo questo...

  PRESIDENTE. Volevo solo ringraziare nuovamente la consigliera Borioni per il suo intervento e dare la parola al dottor Diaconale.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. A me preme fornire una risposta a un quesito che era stato posto nella precedente audizione e che alcuni componenti della Commissione, avevano sollevato, mi pare, in particolare, l'onorevole Peluffo. Il quesito era se questo consiglio di amministrazione abbia la necessità di rivendicare un maggiore potere rispetto alla legge di riforma che ha attribuito al direttore generale il ruolo di amministratore delegato, caricandolo di maggiori poteri e responsabilità. La risposta che mi preme fornire è negativa. Il consiglio di amministrazione non ha un problema di conflitto con il direttore generale, né con quello precedente, né con quello attuale. Non ha un problema di poteri che vuole recuperare o usurpare. Il consiglio di amministrazione ha un unico dovere: quello di comportarsi secondo le regole del Codice civile, a cui non può derogare. Faccio questa premessa perché, se non si ha questo chiaro, non si riesce a capire neppure il comportamento che ha tenuto il consiglio di amministrazione in tutta la vicenda che è seguita alla legge, quella che ha stabilito i tetti. Su un'unica cosa non condivido la valutazione del presidente Brunetta. Lui è partito dalla definizione di questa legge e l'ha definita una legge chiara. Francamente, poiché all'indomani dell'emanazione della legge è fiorita una serie di interpretazioni tutte divergenti e si è aperta una questione su come si sarebbe dovuta interpretare la legge, dico che quella legge oggettivamente non era chiara. Non era chiara, tant'è che il consiglio di amministrazione in un primo momento ha stabilito e ha verificato che non ci fosse la possibilità di fare deroghe alla legge stessa. Poi, su sollecitazione costante e perenne del Governo, seguita anche dall'Avvocatura dello Stato, ci è stato spiegato che, se si voleva mantenere la concorrenzialità della Rai e la capacità della Rai di essere servizio pubblico, ma anche di stare sul mercato, bisognava a quella legge fissare il principio Pag. 10della deroga secondo la quale per le prestazioni artistiche il tetto non poteva valere. Noi ci siamo attenuti a quell'indicazione dopo aver chiesto ripetutamente l'interpretazione esatta di questa legge al Governo e – debbo dire – anche alla stessa Commissione. Quindi, abbiamo approvato questa benedetta delibera, da cui nascono tutte le vicende su cui si sono accese tante polemiche, a partire dalla vicenda Fazio.
  Il contratto di Fazio va inquadrato in questo contesto. Prima che il contratto di Fazio venisse realizzato, siamo stati sottoposti a un fuoco di fila di gente che ci diceva che, se non avessimo derogato, ci avrebbe denunciato perché avremmo fatto un danno erariale alla Rai. Abbiamo approvato un contratto che ci è stato detto fosse da approvare perché era arrivato agli sgoccioli. Se non l'avessimo approvato il 23 mattina, alle ore 24 del 23 quel contratto sarebbe saltato e Fazio avrebbe firmato un contratto con una società concorrente.

  MAURIZIO GASPARRI. È un falso.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Se c'è stato un falso, chi ha compiuto il falso ne risponderà. A noi è stato detto che il documento esisteva...

  PRESIDENTE. Così facciamo un dibattito. Non va bene, onorevoli colleghi.

  ALBERTO AIROLA. Presidente, serve chiarezza, perché si allude a cose che non vengono portate alla luce dell'Istituzione.

  PRESIDENTE. Se adesso iniziamo il dibattito sulle interruzioni, la senatrice non potrà parlare perché deve andar via. Cerchiamo di parlare alla Commissione nella sua interezza.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. L'unica cosa che chiedo al senatore Airola di comprendere è che io non alludo mai. Parlo sempre con grande chiarezza. Le posso garantire che in questo momento non sto alludendo a nulla. Sto fornendo un'informazione che è stata data a noi. Non possiamo rispondere noi se esiste o non esiste. Presenti un'interrogazione parlamentare e si faccia dare il documento.

  RENATO BRUNETTA. È stata già presentata l'interrogazione per avere il testo di questa delibera. Vogliamo il testo della delibera, compresi i verbali. Siamo una Commissione parlamentare. Ma scherziamo?

  PRESIDENTE. Possiamo fare queste osservazioni dopo che il consigliere avrà terminato? Così non riesce a terminare.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Volevo semplicemente dire che siamo stati praticamente costretti a sottoscrivere un contratto.

  PRESIDENTE. Per favore, così no. Per favore, onorevole... in questo modo...

  RENATO BRUNETTA. Che un consigliere di amministrazione dica che è stato costretto è gravissimo!

  MAURIZIO LUPI. Onorevole Brunetta, le stiamo solo chiedendo di aspettare il suo turno. Ci sono anche altri. Semplicemente basta.

  PRESIDENTE. Presidente, non si adiri subito. Aspetti la fine.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Posso chiarire anche questo punto? Con il termine «costretti» non intendo che siamo stati costretti con una pistola puntata alla tempia. Siamo stati costretti dal Codice civile, dalla responsabilità, perché se non avessimo avallato quel contratto, ci saremmo trovati – sì – costretti a rispondere per il danno provocato alla Rai per averla messa fuori del mercato. È il Codice civile che ci impone questo comportamento. Se si vuole che la Rai stia sul mercato, è un conto. Se si vuole che la Rai non stia sul mercato, si toglie la pubblicità. Io sostengo la necessità, per esempio, che la Rai viva solo di canone e non stia sul mercato, perché in questo Pag. 11modo la pubblicità che la Rai in questo momento drena servirebbe per mettere equilibrio al sistema editoriale italiano in genere. Tuttavia, fino a quando ci sarà questa norma, fino a quando ci saranno queste leggi che dicono che la Rai deve stare sul mercato, la Rai deve stare sul mercato, altrimenti questa diventa una responsabilità dei consiglieri di amministrazione, che hanno provocato un danno alla Rai stessa. Mi dispiace, ma non ho alcuna intenzione di assumermi responsabilità di questo genere, perché, come dice giustamente il collega Guelfi, già non siamo pagati. In più, ci dobbiamo prendere pure queste responsabilità. Se consentite, è una cosa che non sta né in cielo, né in terra.
  Sul contratto di Fazio non so se quello che ha detto il collega Freccero si possa rivedere. Vi dico quello che farò. Poiché la Rai, oltre che di essere concorrenziale e di stare sul mercato, ha anche l'obbligo di rispettare il pluralismo dell'informazione, se nel suo programma Fazio non rispetterà il pluralismo dell'informazione, chiederò che il contratto venga disdettato per colpa sua.

  MAURIZIO GASPARRI. Allora proceda pure.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Certo, ma non lo posso fare. Se ci sarà questa faziosità, vi posso assicurare...

  RENATO BRUNETTA. C'è già stata.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. C'è già stata, ma non possiamo...

  PRESIDENTE. Per favore, consigliere, la prego.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Arrivo alla fine su due cose che mi hanno colpito particolarmente.
  Una è l'attacco personale alla presidente Maggioni. Io sono per chi scrive libri, ve lo dico con grande franchezza. Per me è meglio scrivere un libro piuttosto che attaccare chi scrive libri. Poi dentro il libro ci possono essere opinioni completamente diverse dalle mie, ma chi compie un'operazione intellettuale deve essere rispettato. Credo che sia indispensabile il rispetto. Allo stesso modo, credo – è l'ultima cosa – che sia indispensabile anche il rispetto per chi compie un'azione come quella di svolgere un'attività di consigliere di amministrazione della Rai, a cui non si può dire, come hanno fatto alcuni, «vi puniremo e toglieremo i soldi ai vostri portafogli». Perché? Perché – ve lo dico con grande franchezza – a chiunque farà azioni di questo genere io personalmente, e credo anche gli altri miei colleghi, reagirò facendo una richiesta di risarcimento danni per lite temeraria.
  Signori, visto che si vuole portare in tribunale qualsiasi cosa...

  PRESIDENTE. Per favore, fate terminare il consigliere.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Caro presidente, mi fa piacere che il mio intervento susciti...

  PRESIDENTE. Sì. Devo dire che ci conosciamo da trent'anni.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Lo sa che accendo fuochi.

  PRESIDENTE. È stato anche il mio direttore.
  Grazie, consigliere. Adesso diamo la parola al consigliere Siddi. Vorrei ricordare ai colleghi che, prima di dare la parola alla presidente, che dovrà peraltro lasciarci per un impegno istituzionale, avremo due rapidissimi interventi su richiesta.

  DALILA NESCI. Presidente, le posso dire una cosa?

  PRESIDENTE. La ringrazio. Le chiedo scusa. Me la può dire dopo, per favore? Io mi stavo attenendo a quanto mi ha lasciato Pag. 12il Presidente Fico. Lei sta intervenendo sull'ordine dei lavori?

  DALILA NESCI. Intervengo sull'ordine dei lavori. I componenti della vigilanza Rai non fanno battaglie a titolo personale o per fare attacchi personali. Siamo commissari della Commissione di vigilanza Rai e facciamo delle battaglie con riferimento al mandato che le persone svolgono. Ci difenda lei!

  PRESIDENTE. Ne sono consapevole. Questa cosa, però, che lei sta chiedendo alla presidenza apre un dibattito, perché adesso non posso non dare la parola al presidente.
  Mi dica, presidente Brunetta.

  RENATO BRUNETTA. Stiamo tutti parlando di questa delibera di deroga. Richiesta più volte, non è stata resa disponibile, talché ho predisposto un'interrogazione...

  PRESIDENTE. Sì, lo so.

  RENATO BRUNETTA. ...che ho già consegnato. Si tratterebbe di conoscere per poter discutere.

  PRESIDENTE. Come lei sa, presidente Brunetta – do immediatamente la parola al consigliere Siddi – fra pochi minuti, se il dibattito lo consentirà, terremo l'Ufficio di presidenza con importanti punti all'ordine del giorno, tra i quali questo. Quindi, per favore...
  Senatore Gasparri, non sono... Ho capito, senatore Gasparri.

  RENATO BRUNETTA. Non ho finito, mi scusi. Volevo tranquillizzare il collega Diaconale sul fatto che il controllo rispetto all'applicazione o meno della legge non è legato alle singole nostre persone, ma alla Corte dei conti, che è un'Istituzione a ciò preposta. Se Diaconale vuole denunciare la Corte dei conti per lite temeraria, lo faccia pure.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Sull'ordine dei lavori faccio una sola notazione. Capisco la continua volontà di attirare l'attenzione sul proprio punto di vista e sulle proprie dichiarazioni, ma non possiamo fare sempre dibattiti sulle stesse cose.

  PRESIDENTE. Lei sa che è consuetudine della nostra Commissione.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Nella scorsa audizione il sottoscritto e altri hanno fatto richiesta di poter conoscere nel dettaglio questa delibera. Pertanto, adesso fare una discussione di nuovo su questo è inutile. È stata fatta la richiesta. Arriverà questa delibera e su questa poi ci esprimeremo. Adesso fare tutto questo dibattito su una cosa già richiesta, presidente, mi sembra davvero fuori luogo.

  MAURIZIO GASPARRI. Voglio far presente che la vicenda del contratto Fazio è avvenuta dopo l'ultima riunione della Commissione. Come avremmo potuto parlarne? La richiesta delle delibere per me riguarda anche il contratto.

  PRESIDENTE. L'onorevole Peluffo parlava della delibera. Sentiamo adesso il consigliere Siddi e poi continueremo su queste discussioni. Prego, consigliere, mi appello a lei e alla sua pazienza, soprattutto per una questione di tempi.

  FRANCO SIDDI, consigliere di amministrazione della Rai. Ci provo e ringrazio per la parola. Credo che sia naturale che la delibera venga resa alla Commissione, se la chiede. Se posso dare un consiglio, suggerirei di chiedere anche il piano organico dei criteri, perché le delibere da sole a volte non bastano a capire quello che si fa. Su questo punto più trasparenti si è e meglio è.
  Condivido con l'onorevole Brunetta una considerazione: sarebbe bene pubblicare i compensi, non solo dei dirigenti, non solo dei dipendenti, ma di tutti. Ormai l'ha fatto anche la BBC. Tuttavia, credo che qualcuno debba chiedere al Garante per la protezione dei dati personali italiana se ciò sia possibile. Il Garante ci ha detto di no. Ha detto che non sarebbe possibile. Personalmente, penso che sarebbe molto utile. Probabilmente, Pag. 13 se fossero pubblici questi compensi, anche i contratti, compresi quelli che fanno più discutere, come quello di Fazio, andrebbero leggermente in modo diverso, fermo restando che hanno non solo una loro legittimità, ma anche una loro fondatezza rispetto agli obblighi che la legge ha imposto alla Rai. È vero che la legge alla Rai ha chiesto di essere servizio pubblico e di ispirarsi alla trasparenza, ma ha chiesto anche di ispirarsi ai princìpi di efficacia, efficienza e competitività. Quest'ultimo aspetto, che ha toccato prima la nostra collega Borioni, credo vada sottolineato. È il primo punto per il quale l'Avvocatura dello Stato, su richiesta del Governo, che ha trasmesso poi questo alla Rai, ha ritenuto che per le prestazioni artistiche fosse necessaria – non utile – una deroga. Senza quella, con la legge del tetto a 240.000, che non è una legge cancellata dalla Rai (non la può cancellare, ci mancherebbe altro), la Rai avrebbe avuto un danno nella sua attività strategica, nella sua attività volta a essere competitiva e nella sua attività volta a garantire qualità di programmazione e anche risultati economici necessari per l'intera sua produzione, compresa quella esclusivamente di servizio pubblico e quella che deve far fronte all'apparato che tiene la Rai in piedi, ossia i suoi dipendenti, la sua organizzazione e la sua produzione.
  Deve migliorare in quel settore? Sicuramente sì, deve migliorare. È l'indirizzo che ha dato il consiglio di amministrazione. Il consiglio di amministrazione, come la Commissione, deve fornire indirizzi. Il consiglio di amministrazione al direttore generale fornisce indirizzi. È stato chiesto della separazione chiara dei poteri. La legge l'ha imposta, ma ha stabilito che il consiglio di amministrazione abbia il dovere di assumere delibere strategiche. Sulla materia il consiglio di amministrazione, proprio nell'interesse pubblico della Rai, e anche nel suo interesse competitivo, ha votato quella delibera alla luce degli atti pervenuti solo ad aprile. Perché prima no? Perché prima di aprile non c'era alcuna risposta. C'era il silenzio totale rispetto a questo punto e tutti dicevamo che il tetto dovesse essere di 240.000 euro per tutti e che capitasse quello che doveva capitare. Poi qualcuno si sarebbe assunto delle responsabilità. Evidentemente anche nella legislazione occorrerà fare dei correttivi se si vogliono introdurre elementi differenti, altrimenti facciamo un ping pong permanente, in cui abbiamo un consiglio di amministrazione che deve fornire gli indirizzi e assumere le delibere strategiche e una Commissione che deve fornire gli indirizzi ma che, a sua volta, vorrebbe quasi deliberare al posto del consiglio di amministrazione. A me farebbe anche comodo, così finalmente potrebbero essere altri a chiedere di andare alla Corte dei conti. Non è questo il punto. Credo che una competizione di questo genere, quasi intimidatoria, non serva. Credo che occorra capire come si fa a tenere in piedi e in equilibrio un'azienda di servizio pubblico, come la Rai, che produce in gran parte beni immateriali, come ha ricordato il consigliere Freccero, e che deve produrre attraverso la sua attività anche beni materiali, garantendo lavoro al mondo della cultura, della documentazione, dell'archivio storico delle immagini e del sonoro, dello sviluppo digitale. La nuova convenzione, peraltro, assegna alla Rai tantissimi compiti in più. Per onorare questi obblighi, occorrono risorse. Le risorse solo del canone così non bastano. O si decide che il canone è tale che basta per tutto e lo si riporta a 110 euro, si toglie la pubblicità e finalmente saniamo questo punto di conflitto permanente, o altrimenti non si può.
  Rapidissimamente vado sulle domande che erano state poste in origine. Perché il direttore generale si è dimesso? L'ha ricordato la presidente. Il consiglio di amministrazione non ha chiesto le dimissioni del direttore generale. Aveva delle interlocuzioni in corso, in particolare nell'ultima fase, sul piano delle News. Ci sono state differenze notevoli rispetto a quel piano, perché il direttore generale riproponeva in gran parte il piano precedente, che non arrivò al voto, lo ricordo. Stavolta, invece, il direttore generale l'ha voluto portare al voto in un estratto. Anziché portare uno stralcio, però, ha detto che quello era il piano complessivo della Rai. Come ha riferito la presidente, non c'era, a giudizio Pag. 14della maggioranza assoluta del consiglio di amministrazione, un riscontro tale da poter affermare che quello fosse il piano puntuale per tutta la Rai e per tutti i suoi servizi, non solo i TG, ma anche le reti, l'informazione per l'estero e la radio. Questo mancava. A quel punto, se quello era il piano, il consiglio di amministrazione ha detto che non andava bene. Se il direttore generale ci avesse detto che avremmo stralciato la bozza del digitale, forse ne avremmo discusso e ci sarebbe stato – chissà – un altro esito, ma è tutto da vedere, sul piano organizzativo, perché penso che quello sia un compito del direttore generale e del consiglio di amministrazione nella loro dialettica. Il direttore generale, a quel punto, ha deciso di andare. A me è dispiaciuto molto, perché credo che per la programmazione culturale dei programmi della Rai avrebbe fatto moltissimo e potesse fare moltissimo. Ha deciso invece di chiudere.
  Per quanto riguarda i tetti, abbiamo già anticipato che c'è stata la legge e c'è stata la considerazione dell'Avvocatura dello Stato, su istanza del Governo, a fare un piano di criteri. Questo è stato adottato. Il piano dei criteri dà mandato al direttore generale e alle sue strutture – sia ben chiaro – di certificare sempre la prestazione artistica. Dev'essere artistica la prestazione. Non credo a chi si camuffa e vuole essere un giorno giornalista e un giorno artista. Dipende da quello che fa. Chiaramente, se uno vuol fare l'artista, lo faccia e avrà il trattamento che gli spetta da questo punto di vista, ovviamente nelle possibilità del mercato.
  L'ambizione è che sia la Rai a fare il mercato. La Rai può oggi fare il mercato più di ieri e non subirlo. Con la vicenda Fazio l'ha fatto fino in fondo? Non lo so. Non lo sappiamo. Si è fatto il massimo possibile nelle condizioni date e nel tempo dato, assicurando che la Rai avesse una figura di primo piano che fosse simbolica rispetto alla programmazione che è stata impostata e che prevede il passaggio da Fazio Rai Tre a Rai Uno. Ne deriva un ribaltamento, evidentemente, a cascata di tutti i programmi che ci sono a valle e a monte su Rai Uno, ma anche in altre reti, e anche con un ribaltamento della programmazione degli investimenti e soprattutto della raccolta pubblicitaria che deve essere fatta e che prevede, perciò, che i palinsesti siano presentati domani al pubblico e agli investitori. In questo senso è stata fatta una politica di investimento. L'abbiamo assunta così noi. Si tratta di una politica di investimento strategico che corrisponde a quel capitolo di industria del culturale che deve appartenere anch'esso alla Rai. È questo ciò che è stato fatto.
  Per quanto riguarda il resto, in futuro bisognerà stare attenti. Questo non vuol dire che si sia aperto un paradigma, ci mancherebbe. Abbiamo chiesto al direttore generale di vigilare e di garantire che a «comandare» – scusate se uso il termine «comandare» – cioè a dirigere davvero, sui programmi sia la Rai e non soggetti esterni. Abbiamo chiesto che non ci siano giardini privati affidati a conduttori che hanno avuto magari in assegnazione un programma, ma che ci sia la corrispondenza dell'impegno creativo dei conduttori all'obiettivo generale della Rai. Se questo non accade, ci sarà la censura da parte del consiglio di amministrazione, almeno da parte mia, per quanto mi riguarda, come consigliere, sia ben chiaro. Allo stesso modo, dovremo cercare di trovare la strada, e ci dovremo aiutare di più per questo, per liberare la Rai sempre di più dallo strapotere dei soggetti esterni e dei manager. Nella condizione data è molto difficile, come capita in altri settori dell'economia non solo culturale, come quella sportiva e quella degli spettacoli vari. Per fare questo occorre fare un passo avanti culturale. La consigliera Borioni vi ha ricordato che la BBC ha impiegato cinque anni per fare una politica diversa di tagli. Non si può fare da un giorno all'altro così, senza mettere in ginocchio un'azienda.
  L'altra domanda riguardava il piano News. Ne abbiamo già accennato, di fatto. Il piano News bisogna farlo, evidentemente. Bisogna farlo, però, coerente con ciò che la Pag. 15Commissione ci ha detto, ossia rimodulazione delle testate, presenza...

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  PRESIDENTE. Concluda.

  FRANCO SIDDI, consigliere di amministrazione della Rai. Ho quasi finito. Allora dico solo una battuta: il nuovo direttore generale è appena arrivato. Diamogli il tempo di avanzare una proposta che sia coerente con quanto la convenzione e – penso – il contratto di servizio nuovo ormai definiranno.
  L'ultima cosa riguardava anche da parte mia il riferimento alla contestazione – diciamo così – del libro della Maggioni. Mi pare che le risposte siano state abbastanza chiare da parte di tutti. Per quanto ne so, dalle verifiche che ho accertato, da presidente della Rai la dottoressa Maggioni non ha fatto presentazioni del suo libro. Ha fatto altri tipi di dibattiti, agganciati, per quanto mi risulta, ad altre iniziative nelle quali ha promosso comunque l'interesse Rai. Quando l'ha fatto da direttore di Rainews – l'ha chiarito abbondantemente, a suo tempo, il direttore Gubitosi – si trattava di un'attività non collaterale, ma precipua della stessa Rai, che aveva fatto delle scelte specifiche in materia, proponendosi proprio attraverso la dottoressa Maggioni, direttore di Rainews, di non trasmettere integralmente – ricordatevelo – i filmati dell'ISIS, una linea poi adottata praticamente da quasi tutto il giornalismo non solo italiano, ma anche internazionale. Discutere di quel tema significava promuovere assolutamente la Rai, la sua qualità, la sua produzione e il suo primato culturale, professionale e giornalistico. Non credo che si sia creato alcun danno. Si possono anche qui con trasparenza dimostrare le cose con molta serenità. Credo sia utile fare le battaglie sui punti strategici veri per fare il salto di qualità della Rai, di cui tutti abbiamo bisogno. Tutti vorremmo lavorare in un contesto oggettivamente meno ansimato e meno ansioso.

  ALBERTO AIROLA. Quindi, lei afferma che, se non ci fosse stato il piano news, quel piano sarebbe passato.

  FRANCO SIDDI, consigliere di amministrazione della Rai. Non lo so. No, non ho detto questo. Aggiungo un dettaglio, se il presidente me lo consente: abbiamo chiesto al direttore generale se per lui quello fosse il piano definitivo e conclusivo. La risposta è stata sì. Gli abbiamo chiesto se fosse sicuro che non stesse portando solo uno stralcio. La risposta è stata no. Allora, se era così, non si poteva approvare. Io ho detto che dal web non si torna. Il digitale è una strada irrinunciabile.

  MAURIZIO LUPI. Chiedo scusa, so che la presidente deve scappare, quindi, farò semplicemente tre brevissime annotazioni, anche perché ci eravamo iscritti a prosecuzione del dibattito della volta precedente. Le mie osservazioni sono rapidissime. Le faccio anche perché rimangano agli atti.
  Credo che la Commissione di vigilanza, il consiglio di amministrazione e il direttore generale abbiano compiti diversi. Se non capiamo questo, non solo non svolgiamo fino in fondo il nostro dovere, ma rischiamo di essere strumentalizzati secondo il soggetto a cui attribuiamo i compiti. Faccio un esempio molto semplice: è il direttore generale, che piaccia o non piaccia, che ha un compito che gli è stato affidato da una legge. Il piano news lo fa il direttore generale, bravo o non bravo che sia, capace o non capace che sia. Se il piano generale delle news non viene presentato, è colpa, o responsabilità, o merito del direttore generale. Al consiglio di amministrazione della Rai devo chiedere, nella funzione di indirizzo, di controllo e di garanzia del pluralismo che gli è assegnata dalla legge, non di fare il piano news, ma, nella sua autonomia e nel suo compito, di dire se quel piano news che è stato presentato al consiglio di amministrazione sia corretto o non corretto. Se il consiglio di amministrazione boccia quel piano news, non ha una responsabilità diversa. Ha fatto il suo compito. La Commissione di vigilanza non deve processare il consiglio di amministrazione della Rai o la sua presidente. Può capirne le ragioni, ma dovrà interloquire con il past direttore generale o con il nuovo direttore generale per capire quale sia la ragione per cui questo piano news non vada bene. Una volta che, come sempre avviene in tutte le aziende di questo mondo, Pag. 16non va bene, lo invita dopo una settimana a ripresentarlo, o a correggerlo in un dato modo. Se non teniamo questo tipo di impostazione, rischiamo, con riguardo a ogni membro della Commissione di vigilanza, di strumentalizzare il nostro interlocutore, secondo le nostre necessità. Se devo difendere il direttore generale perché, in quel momento, piace a me, chiamo il consiglio di amministrazione e lo processo. Se devo attaccare il direttore generale, chiamo il direttore generale eccetera. Così non andiamo più da nessuna parte. Secondo me – passo poi al secondo punto – veniamo meno al compito della Commissione di vigilanza, cioè sviliamo il compito nostro. Siamo meno autorevoli.
  Mi fa piacere, come seconda osservazione, che sia tornato il presidente della Commissione di vigilanza Rai, perché anche su questo voglio fare un'osservazione. Non c'ero, ma ho letto con molta attenzione il verbale della volta precedente, ivi compresi la relazione della presidente Maggioni e gli interventi dei colleghi. Visto che oggi sono tornati tutti i consiglieri a parlare, ritengo che il sindacato ispettivo sia una funzione fondamentale per ogni singolo parlamentare e che sia legittimo che ogni singolo parlamentare su qualunque cosa possa chiedere, perché non svolge una funzione di pregiudizio, ma svolge una funzione di sindacato ispettivo. Facciamo attenzione, però: uno è libero di fare dodici volte la stessa domanda sul sindacato ispettivo su quell'oggetto, se non ha soddisfazione, ma, nel momento in cui viene fornita una risposta puntuale e precisa e si va – lo suggerisco al presidente – su un grado superiore, utilizzando una responsabilità diversa, che non appartiene più al singolo parlamentare ma (faccio il mio esempio) al presidente di un Gruppo parlamentare, che ha anche una funzione politica e istituzionale, quindi al presidente della Commissione di vigilanza, che riprende quella domanda e la ripropone esattamente nello stesso modo, il rischio per il presidente e, quindi, per la Commissione di vigilanza non è di fare il sindacato ispettivo, ma di fare velatamente quello che è apparso nelle risposte. Mi riferisco al fatto di utilizzare il sindacato ispettivo per non permettere o per non lasciare l'autonomia alla presidente e al consiglio di amministrazione di svolgere liberamente e fino in fondo il loro mestiere. Facciamo attenzione a questo. Poi ognuno si assume le sue responsabilità. Ho sempre concepito le cose in questo modo, tutte le volte che ho ricoperto una carica istituzionale. Non a caso, il presidente della Commissione di vigilanza è un membro dell'opposizione proprio per questa garanzia. Utilizzare non bene questa carica rischia di svilire il ruolo del presidente. In sintesi, riproporre una questione che mi sembra banale e sciocca, a cui si è già risposto e che è talmente evidente che non abbia alcuna possibilità di andare avanti, solo perché bisogna in questo modo processare il singolo o l'altro mi sembra una stupidata, prima che politica, da un punto di vista dell'esercizio della nostra responsabilità.
  Passo al terzo elemento e concludo, perché vorrei entrare, invece, nel merito. Mi riferisco all'elemento legato al tetto degli stipendi e dei salari. Riprendo una frase del presidente Maggioni, la quale ha asserito di aver deciso di andare verso una direzione, parlando del tetto e della possibilità della deroga al tetto, con due parole, «elementi di attrattività» e «responsabilità», che ho risentito negli interventi. Credo di essere stato uno di quelli che dicono che il tetto è uno strumento, ma che l'utilizzo del tetto in modo esasperato rischia, nel momento in cui il servizio pubblico sta anche sul mercato, di depauperarlo. Va bene, ma facciamo attenzione: anche qui ho visto uno scarico di responsabilità. Il nostro interlocutore, in questo caso, secondo quello che dice Renato Brunetta in maniera molto chiara e giusta – abbiamo i documenti – non è il consiglio di amministrazione, ma il direttore generale. Anche se nuovo, anche se da me stimato, perché l'abbiamo sempre detto, deve venire qui e mi deve spiegare la ragione per cui ha fatto quattro anni di contratto. Qual è la ragione? Lo dico io qual è la ragione, perché faccio parte di un consiglio di amministrazione e so come funziona. Perché, in quel caso, la responsabilità si scarica e si condivide su altri. Di che cosa stiamo parlando? Dico anche un'altra cosa. È giusto andare sul mercato. A me va benissimo Fazio e mi fa molto piacere – è a verbale Pag. 17di questa Commissione di vigilanza – che, qualora non sia garantito il pluralismo, quella possa essere una clausola rescissoria, perché il compito che è stato affidato alla Rai è esattamente quello. È uno dei compiti del contratto di servizio e, quindi, può venir meno. Prestiamo attenzione, però: un conto è sforare il tetto – sono assolutamente d'accordo – un altro conto è permettere alla Rai di essere attrattiva e competitiva – sono assolutamente d'accordo con Fazio e con tutti gli altri, ci mancherebbe altro – ma un altro conto ancora è non tener presente che il servizio pubblico ha anche una funzione sul mercato di calmierare i tetti. È come nel calcio mercato: se poi alla fine siamo schiavi dei Raiola di turno e la Rai non capisce che c'è un valore di mercato e che c'è anche una funzione di valore aggiunto che la Rai dà... Prima dava 2 milioni, ma riconferma un milione, ricordando all'interessato che è nella Rai. Oppure, quanto costa quel progetto? Voglio semplicemente dire, e ho concluso, che mi piacerebbe, e lo vedremo dopo nell'Ufficio di presidenza, non per processare il direttore generale, a cui ribadisco, ovviamente, la mia totale stima (ce l'avevo prima e non vedo perché non debba averla adesso), che il direttore generale venisse qui a spiegare con gli atti quale sia la ragione – perché quello è un esempio, un modello – per cui si sia scelto un contratto quadriennale e si sia scelto di arrivare a quelle funzioni e se quei costi siano complessivi, come dicono tanti colleghi, compresi i colleghi del PD, o se a quei costi se ne aggiungano altri. Complessivamente, con riguardo al piano news e al palinsesto, ci dovrebbe spiegare quale sia il progetto che vogliamo di Rai di servizio pubblico, in cui Fazio è un elemento fondamentale, ma è un elemento.

  MONICA MAGGIONI, presidente del consiglio di amministrazione della Rai. Scusatemi davvero infinitamente perché non ci saranno praticamente repliche mie. Eravamo d'accordo dall'altra volta che sarei uscita alle 14.15 ed è davvero complicato per me.
  Cerco di sintetizzare, ringraziando i consiglieri per quello che hanno detto, i commissari e anche chi aveva dubbi. L'azienda ha risposto ad alcune domande che mi riguardano e continuerà a rispondere a chiunque abbia dubbi, perché veramente non c'è nulla di cui vergognarsi. Quindi, ogni domanda è la benvenuta e a ogni domanda ci sarà una risposta. Grazie anche dei dubbi, che sono un punto centrale anche in democrazia per andare avanti senza la cultura del sospetto.
  Per chiudere rapidamente, i consiglieri hanno già detto, molto bene secondo me, della condizione in cui si è trovato il consiglio anche rispetto a queste scelte specifiche. Non sto a rifarvi – sarebbe un torto alla vostra intelligenza – il percorso che avevo svolto in apertura della seduta precedente sull'accordo quadro.
  Lasciatemi solo aggiungere su Fazio che, nello specifico, questo consiglio non avrebbe potuto caricarsi l'onere di dire che Fabio Fazio andava alla concorrenza. Permettetemi anche di aggiungere che il contratto non l'ho visto. Quale concorrente fa vedere il contratto preliminare che ha fatto o che sta facendo? Bisogna non aver passato un secondo in una dimensione competitiva per non sapere che quel contratto, che non ho dubbi sul fatto che potesse esistere, e che quella negoziazione avessero già raggiunto un loro punto di caduta. Sono certa, però, che non li vedremo mai e sono altrettanto certa che chi ha negoziato negherà fino alla morte di aver negoziato. Questo fa parte della logica delle cose e non ci sorprende. Credo, invece, che ci sia un elemento su cui porre lo sguardo. Ancorché faccia la giornalista, non mi stupisce quanto impatto possa avere questa questione, quanto difficile sia da giustificare e quanto complessa sia da motivare. C'è un elemento, però, se lo vogliamo riportare il più possibile a razionalità e non a un momento in cui rincorriamo solo il titolo o lo slogan, sul quale, essendo voi una Commissione di vigilanza molto seria, che insieme a noi lavora per capire dove sta andando e cosa fa Rai, vi prego di porre molta attenzione, ossia le valutazioni legate allo spostamento da Rai Tre a Rai Uno. Non è un passaggio banale. È un passaggio centrale in termini di valorizzazione di quel prodotto. È un passaggio centrale e si vedrà quando andremo a vedere quanto pesi, a quel punto, anche nei conti di Pag. 18Rai questo passaggio. Sapete molto meglio di me, credo, che uno spot su Rai Uno non vale come uno spot su Rai Tre e che il valore di un programma o di un artista su Rai Uno non è lo stesso che su Rai Tre. C'è un altro elemento. Fazio fa parte di una storia Rai, che Rai ha costruito spendendo, anche perché la costruzione dei percorsi si fa pagando e spendendo. Pensare di veder transitare quel marchio, perché comunque anche il titolo era suo, quel volto e quel format da un'altra parte oggi sarebbe stato un trauma che non so se Rai avrebbe retto in termini di sistema. Non c'è nessuno indispensabile. No, ma è vero che nessuno di noi oggi è in grado di scommettere su quale sarebbe stato il cambiamento. Bisogna avere più elementi di riferimento dentro Rai, più opzioni, più possibilità di investire su altre facce? Non dobbiamo perdere l'occasione di far sì che quei tetti e quei limiti significhino che investiamo anche su altre persone e non diventiamo schiavi di nessuno, perché nessuno si rende indispensabile? Sì, è probabilmente – spero – la politica che il nuovo direttore generale farà e di cui anche con lui parlerete, ma quello è un tema prospettico.
  Diversa è la condizione oggettiva in cui ci siamo trovati oggi, una condizione oggettiva cui ci ha consegnato comunque, permettetemi di ricordarlo, una legge che non io, che non conto nulla e non so nulla in modo specifico di legge, ma l'Avvocatura dello Stato ha definito non inequivoca e sulla quale tanto si è consumato in termini di tempo, di dibattito e di contraddizioni, proprio perché c'è quella definizione di non inequivocità. Dopodiché, ognuno di noi ha i suoi pensieri e ognuno di noi sa quanto sia difficile passare attraverso determinate fasi, ma non posso fare a meno di pensare che ci sono un'azienda e 13.000 dipendenti e che uno scossone, in termini di ascolto, molto significativo a un'azienda di questo tipo all'interno di quel sistema e di quei bilanci si sarebbe potuto tradurre in problemi seri e sistemici per l'azienda. Questo rischio non ce la siamo sentiti di affrontarlo. È la scelta migliore? Non credo, ma vi garantisco che non è la condizione migliore nemmeno lavorare costantemente come piccioni con un mirino disegnato sulla schiena. Non è esattamente la condizione migliore. È il ruolo che ci è dato. Lo facciamo e cerchiamo di farlo al meglio. Qualche volta lo faremo bene fino in fondo e qualche altra volta no. Di questo soprattutto avranno modo di lamentarsi i cittadini. Continuo a pensare, però, che tenere quest'azienda all'interno centrale e prioritaria rispetto al sistema dei media sia innanzitutto non solo una garanzia per quelli che dentro l'azienda lavorano, ma anche per quelli che il canone pagano e che forse riusciranno ad avere sempre più, e questo lo auspico, una programmazione degna del canone che pagano.
  L'ultimissima cosa riguarda il progetto news. Sapete molto meglio di me – sono convinta che ognuno di voi possa recitare la sequenza delle vicende legate al progetto news – che il direttore generale nuovo è appena arrivato. Dubito che un direttore generale che ha il suo curriculum non si ponga il piano news come punto centrale o come punto di partenza di un'azione futura. Appena inizierà a parlarne anche con noi, anche con il consiglio di amministrazione, credo che non ci saranno problemi a darsi dei tempi molto stretti per realizzarlo e portarlo a termine.
  Mi scuso infinitamente per la sintesi, ma sto veramente trasgredendo rispetto a un impegno istituzionale molto serio che ho preso. Non è che sia più serio di quello di rendere conto a voi, ma in questo caso devo veramente fuggire. Vi ringrazio molto.

  ALBERTO AIROLA. Quindi gli unici due piccioni sono stati Campo Dall'Orto e Verdelli.

  PRESIDENTE. Ringrazio la presidente Maggioni e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.40.

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