XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 209 di Giovedì 8 giugno 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Trasmissione di atti all'autorità giudiziaria:
Bindi Rosy , Presidente ... 3  ... 3 

Comunicazioni della presidente:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Falanga Ciro  ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Falanga Ciro  ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Falanga Ciro  ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Falanga Ciro  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Falanga Ciro  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.40.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Trasmissione di atti
all'autorità giudiziaria.

  PRESIDENTE. Comunico che è pervenuta una richiesta di trasmissione di atti all'autorità giudiziaria. Propongo di passare in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Propongo, dunque, che i documenti siano inviati in copia all'autorità giudiziaria richiedente.

  (La Commissione concorda).

Comunicazioni della presidente.

  PRESIDENTE. La seduta odierna in Commissione plenaria è dedicata alle risultanze degli approfondimenti relativi alle prossime elezioni amministrative dell'11 giugno. Ricordo a tutti che il nostro approfondimento su questo argomento, in ottemperanza a quanto previsto dalla legge istitutiva della nostra Commissione, che esplicitamente all'articolo 1, comma 1, lettera f), ci impegna «a svolgere il monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali e a proporre misure idonee a prevenire e contrastare tali fenomeni, verificando l'efficacia delle disposizioni vigenti in materia».
  Come è noto, la nostra Commissione ha dedicato a questo argomento un impegno costante fin da inizio legislatura, quando abbiamo preso in esame in un primo momento le candidature alle elezioni regionali e poi siamo ritornati sul tema, monitorando i comuni sciolti per mafia – ricordo l'attenzione che abbiamo prestato al comune di Reggio Calabria e alla vicenda di mafia capitale – e nella seduta del 27 aprile 2016 abbiamo approvato su questo tema la Relazione sulla trasparenza delle candidature ed efficacia dei controlli per prevenire l'infiltrazione mafiosa negli enti locali in occasione delle elezioni amministrative (Doc. XXIII, n. 13), nella quale avanzavamo proposte e chiedevamo una maggiore incisività dell'impegno di tutte le istituzioni preposte al controllo e alla verifica delle candidature.
  Nella seduta del 31 maggio 2016 abbiamo approvato una relazione sulla situazione dei comuni sciolti per infiltrazioni e condizionamenti di tipo mafioso e sottoposti ad accesso, secondo l'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, prendendo in esame i comuni di San Sostene, Joppolo, Badolato, Sant'Oreste, Platì, Ricadi, Diano Marina, Villa di Briano, Morlupo, Scalea, Finale Emilia, Battipaglia e Roma, in vista delle elezioni del 5 giugno del 2016. Pag. 4
  La Commissione quindi non si è mai sottratta, e tantomeno intende sottrarsi in questa occasione, all'assolvimento dei propri compiti istituzionali, abbiamo soltanto in questi anni ristretto l'obiettivo delle nostre inchieste, soprattutto perché per quanto riguarda le elezioni amministrative i comuni che sono andati al voto lo scorso anno e che tornano al voto quest'anno sono oltre 1.000 e avrebbero impegnato la nostra Commissione, ma soprattutto la Direzione nazionale antimafia, che è la fonte principale delle nostre informazioni, per un tempo che non ci avrebbe sicuramente consentito di relazionare sui risultati della nostra inchiesta in tempo utile. Abbiamo quindi ristretto il nostro obiettivo a quei comuni che erano stati sciolti per mafia e tornavano al voto o avevano avuto una commissione di accesso, non erano stati sciolti, ma presentavano delle criticità e andavano ad elezioni. Aggiungo che in questa circostanza, quella che riguarda il lavoro che abbiamo svolto quest'anno, abbiamo voluto affinare ancora di più i compiti della nostra istituzione parlamentare, cercando un'interlocuzione maggiore e da tempo con tutte le altre istituzioni preposte alle verifiche delle candidature e in particolare con le prefetture. Ricordo a tutti che, in base all'attuale normativa vigente e in particolare alla legge Severino, i candidati sono tenuti a una semplice autocertificazione. Siccome dalle nostre inchieste precedenti avevamo potuto rilevare e sottolineare che l'autocertificazione si presenta come uno strumento non sufficiente, perché sono state presentate anche autocertificazioni non corrispondenti alla situazione reale, almeno dal punto di vista giudiziario, dei vari candidati e sono emerse incandidabilità in fase successiva, abbiamo sollecitato le prefetture preposte al controllo dei comuni sciolti per mafia o che avevano avuto una commissione di accesso e che tornavano al voto, a verificare anche i certificati penali dei candidati. Così come abbiamo sottolineato che il tempo dato a disposizione delle commissioni elettorali, cioè 48 ore, è veramente troppo breve per consentire alle commissioni elettorali di fare la loro verifica e di escludere per tempo, prima che siano pubblicate le liste, i candidati che presentano profili di incandidabilità alla luce della legge Severino.
  In questa tornata elettorale non abbiamo preso in esame la situazione dei carichi pendenti dei singoli candidati e quindi la conformità dei singoli candidati al codice di autoregolamentazione della nostra Commissione, perché per una disposizione del Consiglio superiore della magistratura l'accesso ai dati dei carichi pendenti di cui dispone la Direzione nazionale antimafia richiede una verifica da parte della stessa presso tutte le procure distrettuali e circondariali dalle quali risulti un carico pendente del singolo candidato, un lavoro estremamente complicato del quale ci eravamo fatti carico noi nelle fasi precedenti, ma che in questa circostanza doveva essere svolto dalla Direzione nazionale e come tale avrebbe richiesto dei tempi che non ci avrebbero consentito di arrivare in tempo.
  Tutto ciò ci fa ancora una volta sottolineare quanto contenuto nella nostra relazione sulla trasparenza delle candidature del 2016, citata poc'anzi, quando noi abbiamo espressamente sollecitato la necessità di una maggiore trasparenza, di una maggiore informatizzazione e della possibilità per ciascun cittadino di accedere – dato che si tratta di dati sensibili ma pubblici per tutti e ostensibili – a un casellario dei carichi pendenti, che deve essere centralizzato a livello nazionale.
  In questo anno persino la nostra Commissione non ha avuto la possibilità, nei tempi dati, dalla pubblicazione delle candidature fino al giorno della celebrazione delle elezioni, di poter svolgere questo lavoro in un numero limitato di comuni, perché naturalmente per ragioni tecniche ci siamo dovuti adeguare alla circolare del Consiglio superiore della magistratura, che condividiamo nel merito, ma che ha creato ulteriori problemi tecnici.
  È evidente che questo dimostra che non c'è sufficiente trasparenza e informazione per quanto riguarda il diritto dell'elettorato attivo e passivo nel nostro Paese. Questa è un'ulteriore sottolineatura che vogliamo fare e che sarà oggetto di un ulteriore approfondimento Pag. 5 nella relazione finale della nostra Commissione. Sappiamo che le sollecitazioni che abbiamo avanzato in questi anni hanno già messo in moto le istituzioni competenti per avere degli strumenti tecnici che consentano di superare le difficoltà alle quali ho fatto riferimento, ma quest'anno questi dati non erano a nostra disposizione, almeno nei tempi utili per poter informare i cittadini.
  Torniamo ai comuni che abbiamo preso in esame. Sono 10 comuni in 5 regioni (Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia). I comuni al voto provenienti da scioglimento per mafia sono Arzano (NA), Bovalino (RC), Bagnara Calabra (RC), Giardinello (PA) e Monte Sant'Angelo (FG). I comuni che tornano al voto dopo essere stati destinatari di accessi ispettivi, per i quali il procedimento non si è concluso con lo scioglimento, sono Torre Annunziata (NA), Campo Calabro (RC) e Castelnuovo di Porto (RM). Tra i comuni al voto c'è anche Cirò (KR), il cui scioglimento per mafia, disposto nel 2013, è stato annullato dal TAR e dal Consiglio di Stato e noi l'abbiamo comunque esaminato e, infine, un caso particolare, quello del comune di Castelvetrano, in provincia di Trapani, già sottoposto ad accesso ispettivo, dove si sarebbe dovuto votare. Tuttavia, il Consiglio dei ministri nella riunione del 6 giugno scorso ne ha deliberato lo scioglimento su conforme proposta del Ministro dell'interno, urgentemente sollecitata anche da parte della Commissione antimafia immediatamente dopo l'audizione del prefetto di Trapani del 31 maggio scorso. Su questo caso particolare tornerò dopo, richiamando comunque l'attenzione della Commissione e l'attenzione anche dell'opinione pubblica.
  Per passare all'esame dei singoli comuni presi in esame serve innanzitutto sottolineare che nei 10 comuni sono state individuate tre cause di incandidabilità, due di queste sono state rilevate successivamente, quella di Castelnuovo di Porto è stata rilevata nei tempi previsti dalla legge.
  La situazione più grave è sicuramente quella che si è presentata nel comune di Bagnara Calabra in provincia di Reggio Calabria, e riguarda il caso della candidata Vincenza Mogavero, lista civica «Per Bagnara», candidato sindaco Massimo Zoccali. La candidata Vincenza Mogavero è stata condannata con sentenza definitiva per il reato di intestazione fittizia di beni, aggravato dall'articolo 7 del decreto-legge n. 152/1991, convertito dalla legge n. 203/1991, a favore della cosca Lo Giudice di Reggio Calabria. Il caso di incandidabilità di Vincenza Mogavero è stato rilevato successivamente alle 48 ore che ha a disposizione la commissione elettorale, quindi a tutt'ora risulta candidata e, se verrà eletta, decadrà, però è chiaro ed evidente che le elezioni in quel comune sono viziate dalla presenza di una candidata che candidata non doveva essere. Questo a dimostrazione ancora una volta che quando noi chiediamo più tempo a disposizione per le commissioni elettorali chiediamo qualche cosa di molto importante, e così quando chiediamo non solo l'autocertificazione, ma la presentazione dei certificati penali da parte dei candidati – e dovremmo dire anche dei carichi pendenti – sicuramente chiediamo qualcosa che tutela il diritto dei cittadini italiani di votare in piena trasparenza e ben informati. È stato naturalmente segnalato tutto alla procura della Repubblica competente.
  L'altro caso che si è presentato è quello nel comune di Monte Sant'Angelo, in provincia di Foggia, che riguarda il candidato Mario Pio Arena, lista civica «Verso il futuro», candidato sindaco Donato Troiano: sentenza definitiva di applicazione della pena di 2 anni e 2 mesi su richiesta delle parti per violazione dell'articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti (DPR n. 309/1990). Anche questo caso di incandidabilità è stato rilevato successivamente, quindi anche Mario Pio Arena risulta a tutt'oggi candidato e nel caso in cui fosse eletto dovrà naturalmente decadere. La prefettura ha provveduto a segnalare il caso alla procura.
  Comune di Castelnuovo di Porto: Simone Picchiotti, lista civica «Insieme per Carla Gloria Sindaco», sentenza definitiva di applicazione della pena su richiesta delle parti per violazione dell'articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti (DPR n. 309/ Pag. 61990). Trascorsi cinque anni dalla pena non era stato riabilitato, il TAR lo ha dichiarato candidabile perché secondo il TAR era sufficiente che fossero trascorsi cinque anni e non era richiesta la sentenza di riabilitazione, il Consiglio di Stato invece ha dato ragione alla prefettura che lo aveva dichiarato incandidabile e oggi risulta incandidabile.
  Noi segnaliamo intanto questi casi che riteniamo abbastanza gravi e frutto non della disattenzione, ma di una carenza dal punto di vista normativo.
  Per quanto riguarda le altre situazioni, voglio prendere in esame innanzitutto il caso del comune di Castelvetrano, che per quanto non vada al voto fa molto riflettere, perché è evidente, come dicevo prima, che è grazie alla sollecitudine con la quale il Ministero dell'interno ha provveduto a sottoporre al Consiglio dei ministri lo scioglimento del comune ed è grazie anche al lavoro svolto da questa Commissione, all'audizione che abbiamo avuto con il prefetto e alla nostra sollecitazione fatta al Ministro, che questo comune non va al voto. Se però fosse andato al voto, si sarebbe trovato tra i candidati sindaci, che sono quattro, Abate Maurizio, di cui vanno ricordate alcune eloquenti dichiarazioni riportate dalla stampa, con cui, in sostanza negando l'esistenza della mafia, inveiva contro Giuseppe Cimarosa, figlio del collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, a sua volta cugino di Matteo Messina Denaro e la cui tomba è stata vilipesa proprio lo scorso maggio, invitandolo a prendere le distanze dal padre, mentre di converso elogiava la criminalità organizzata della quale condivideva le ragioni della devianza. Era candidato sindaco Abate Maurizio e si sarebbero tenute le elezioni con comizi e con dichiarazioni pubbliche del tenore di quelle alle quali ho appena fatto riferimento. Che le sue dichiarazioni non fossero meramente provocatorie lo si coglie in primo luogo dai precedenti del candidato sindaco, il quale è già stato condannato in primo grado per tentata violenza privata con sentenza del marzo 2017, ha in corso un dibattimento per il delitto di furto aggravato ed è stato raggiunto da avviso orale del questore di Trapani il 9 marzo del 2010, ma lo si coglie altresì dal fatto che nella sua unica lista compare tra i candidati al consiglio comunale un nome ben noto a Castelvetrano. Trattasi infatti di un soggetto già condannato per due volte, nel 2000 e nel 2004, per minaccia, nonché fratello di uno dei fedelissimi di Matteo Messina Denaro, scarcerato da poco, dopo quasi un ventennio di reclusione per fatti di mafia e per traffico di stupefacenti.
  Per un altro candidato, Giovanni Pompeo detto Gianni, eletto più volte sindaco di Castelvetrano, va rivelato che nel corso di una pregressa indagine, Golem II, che portò all'arresto di diversi fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, si era registrata una conversazione in cui un associato mafioso lasciava intendere l'esistenza di passati rapporti con il predetto candidato e i vertici mafiosi di Castelvetrano.
  Voi sapete che noi abbiamo acceso un focus su Castelvetrano almeno da due anni, quando, grazie anche al comportamento di alcuni consiglieri comunali – tra i quali vorrei in particolare ricordare il consigliere Calamia – il sindaco aveva avuto parole di rimprovero nei confronti di chi aveva segnalato la presenza mafiosa nella comunità di Castelvetrano, i rapporti tra mafia e massoneria, e non erano stati invece richiamati all'ordine coloro che esprimevano una sorta di solidarietà nei confronti di Matteo Messina Denaro e di tutto l’entourage di Matteo Messina Denaro che veniva assicurato alla giustizia.
  Noi abbiamo svolto una missione a Trapani, avevamo aperto un focus, abbiamo sollecitato nell'audizione del gran maestro del Grande Oriente una particolare attenzione nei confronti di una realtà nella quale risultano essere presenti logge massoniche in numero esorbitante, sicuramente in una percentuale molto alta rispetto al numero degli abitanti, molti dei quali erano esponenti di spicco dell'amministrazione comunale che poi ha avuto la commissione di accesso ed è stata sciolta. Riteniamo, quindi, di aver svolto un'attività di monitoraggio molto importante e dobbiamo esprimere soddisfazione per la decisione assunta dal Consiglio dei ministri su Pag. 7proposta del Ministro dell'interno anche sotto nostra sollecitazione.
  Per quanto riguarda gli altri comuni che invece andranno al voto, cominciamo a prendere in esame quelli calabresi. Oltre il caso che abbiamo segnalato, quello della incandidabilità di Vincenza Mogavero della Lista civica per Bagnara, candidato Massimo Zoccali, che è già indicativa del clima nel quale si svolgono le elezioni, del comune di Bagnara Calabra va ricordato il contesto.
  È un comune di oltre 10 mila abitanti, dopo arresti e omicidi che avevano ridotto il potenziale criminale dei sodalizi Occhiuto e Surace, le indagini di recente condotte nel procedimento Crimine hanno accertato l'esistenza di una locale di Bagnara Calabra e dunque di un'associazione di tipo mafioso, con a capo Zoccali Rocco, classe 1932 – evidentemente un caso di omonimia con il candidato sindaco – personaggio di assoluto rilievo, riconosciuto nell'ambito del procedimento tra i capi e gli organizzatori della ’ndrangheta con il ruolo di «santista» nell'ambito della «provincia». Sapete che il ruolo di santista nella ’ndrangheta è quello che ha il collegamento con le associazioni massoniche.
  La commissione di accesso ha segnalato che il comune di Bagnara Calabra, al pari di altre piccole realtà della provincia reggina, non è sfuggito al fenomeno criminale che permea l'intera regione e che le forme di recrudescenza criminale denotano un collegamento con la vita politica cittadina. Alle elezioni dell'11 giugno per eleggere il sindaco e 16 consiglieri sono state presentate 4 liste civiche per complessivi 60 candidati.
  Oltre il caso di incandidabilità che abbiamo segnalato, per il resto, a fronte di 43 candidati su cui non risultano controindicazioni, ve ne sono 16 su cui risultano segnalazioni per reati di varia tipologia – stupefacenti, abuso d'ufficio, frode in pubbliche forniture, truffa, ingiuria, minaccia, lesioni, pubblicazioni e spettacoli osceni – o frequentazioni con persone a loro volta segnalate. Quattro componenti della precedente amministrazione sono ricandidati, sebbene facessero parte di quella sciolta per infiltrazioni mafiose.
  Per quanto riguarda invece il comune di Bovalino, non sono emerse situazioni di incandidabilità. Ricordo che il comune di Bovalino è situato tra i comuni di San Luca, Africo e Platì, conta circa 9 mila abitanti, la sua posizione ne ha condizionato la vita sociale, politica, economica e istituzionale, perché ha facilitato la proiezione degli interessi delle cosche di ’ndrangheta dei centri montani.
  Il comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose la prima volta con decreto del Presidente della Repubblica il 2 aprile del 2015, avendo l'attività di accesso accertato l'esistenza di infiltrazioni di cosche di ’ndrangheta e che il centro abitato è stato da sempre oggetto degli interessi delle ’ndrine provenienti dai paesi vicini, che hanno instaurato solidi legami con esponenti del mondo istituzionale locale.
  Bovalino risente significativamente dell'influenza delle potenti cosche mafiose radicate nei centri vicini. Il comune è diventato la residenza marina di esponenti di spicco delle ’ndrine di San Luca, come i Pelle, i Romeo, i Nirta, i Giorgi, i Mammoliti, i Vottari e i Manglaviti. Nel centro costiero risiedevano prima del loro arresto Giuseppe Pelle, classe 1960, reggente dell'omonima ’ndrina, e Gioffrè Bruno, classe 1961, «mastro generale» della «provincia». Dal procedimento n. 1095 del 2010, cosiddetto «Reale», è emerso che la cosca Pelle è insediata e attiva a San Luca, Bovalino e territori limitrofi.
  Per eleggere il prossimo sindaco e i prossimi 12 consiglieri comunali sono state presentate 3 liste civiche e 36 candidati, tra questi 16 esenti da vicende giudiziarie, frequentazioni controindicate, da collegamenti con la criminalità organizzata, gli altri o destinatari di segnalazioni della polizia giudiziaria per reati di varia tipologia o con frequentazioni con pregiudicati, alcuni intranei o collegati con ambienti di criminalità organizzata.
  È evidente che noi sottolineiamo questi aspetti – dei quali non forniamo nomi e cognomi perché non sono dati ostensibili, al contrario degli altri che abbiamo segnalato Pag. 8 – perché, come abbiamo sollecitato le prefetture e tutte le istituzioni competenti nella fase della presentazione della candidature, intendiamo sollecitare l'attenzione delle prefetture e di tutte le forze di polizia per una particolare vigilanza durante lo svolgimento della fase elettorale. Lo abbiamo fatto per la campagna elettorale e lo continuiamo a fare soprattutto in questa settimana e per la celebrazione delle stesse elezioni.
  Rimango in Calabria, per quanto riguarda il comune di Campo Calabro, che non era stato sciolto per mafia, ma era stato sottoposto ad accesso ispettivo e, sebbene non sia stato decretato lo scioglimento, presenta alcune criticità. Non sono emerse in questo comune situazioni di incandidabilità alla luce della legge Severino, ma non può non destare allarme la presenza di candidati che hanno già fatto parte di compagini amministrative sciolte per infiltrazioni mafiose, di persone con segnalazioni di polizia giudiziaria per reati di varia gravità e con frequentazioni e legami parentali con persone pregiudicate contigue o intranee a sodalizi criminali.
  In ultimo si evidenzia come la provincia di Reggio Calabria annoveri la presenza di comuni che sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose più volte, anche in periodi ravvicinati se non consecutivi, dato storico che non può non indurre a una riflessione sull'efficacia degli strumenti normativi sui quali ritornerò alla fine della mia illustrazione.
  Passiamo all'ultimo comune della Calabria preso in esame, che è Cirò in provincia di Catanzaro, comune di cui è stato annullato lo scioglimento. Dai dati a nostra disposizione, dalle relazioni che abbiamo potuto approfondire, dal decreto di scioglimento e anche dalla lettura della sentenza del TAR, poi confermata dal Consiglio di Stato, la Commissione ritiene che vi potessero essere tutti gli elementi per mantenere lo scioglimento di questo comune.
  Per quando riguarda questo comune è emersa una situazione abbastanza singolare, per il fatto che la prefettura ha dato atto che sono stati chiesti e ottenuti i certificati penali soltanto per i candidati sindaci e non per tutti i candidati partecipanti alla competizione elettorale. Ancora una volta si sottolinea il poco tempo a disposizione. Verrà accertata la candidabilità successivamente e può darsi che si verifichino casi come quelli che si sono già verificati e che abbiamo segnalato.
  È evidente che ci troviamo di fronte a una carenza di informazioni, è inutile sottolineare che anche qui, ove si dovessero verificare casi di incandidabilità e dovessero essere accertati successivamente, ci troveremo di fronte a una situazione di minore trasparenza rispetto a quella che abbiamo precedentemente segnalato.
  Anche in questo comune ci troviamo di fronte a candidature che presentano la situazione, già sottolineata in altre realtà comunali, di candidati in larga parte appartenenti ad amministrazioni precedenti per cui era stato previsto lo scioglimento.
  Passiamo alla Campania, dove sono presi in esame due comuni: uno è Arzano in provincia di Napoli, che è stato sciolto nel 2008 e nuovamente sciolto nel 2015, durante la consiliatura del sindaco Giuseppe Antonio Fuschino. Il comune torna al voto dopo due anni di commissariamento, determinato da forme di ingerenza della criminalità organizzata e da un inquinamento dell'apparato amministrativo, risultato compromesso a tal punto da far pensare, come pure ci è stato riferito in audizione, a una gestione quasi diretta dei clan camorristici.
  Durante la gestione della commissione straordinaria sono state disposte misure cautelari nei confronti di diversi dipendenti comunali per reati commessi nell'esercizio delle funzioni, (complessivamente 5, uno dei quali coinvolto in altro procedimento penale per frode processuale). Inoltre, nel dicembre 2016 è stata disposta dal GIP presso il tribunale di Napoli la sospensione dall'esercizio di pubblico ufficio o servizio, per truffa ai danni di ente pubblico, peculato e false certificazioni nei confronti di tre dipendenti, tra cui il comandante della polizia municipale.
  Alle prossime elezioni vi sono 4 candidati alla carica di sindaco e 9 liste presentate, 212 sono i candidati. Vi è stata la ricusazione di un candidato in quanto sprovvisto Pag. 9 di certificato elettorale. Evidente la contiguità con la precedente amministrazione: tra i candidati alle elezioni dell'11 giugno 2017 risultano presenti 5 tra ex assessori ed ex consiglieri di maggioranza dell'amministrazione Fuschino, oggetto di scioglimento nel 2015, distribuiti in 3 liste civiche che appoggiano 3 candidati sindaco su 4, ed altri 4, tra ex assessori ed ex consiglieri di maggioranza, tra cui un candidato sindaco, dell'amministrazione De Mare, oggetto di scioglimento nel 2008. Tra questi ultimi, un candidato risulta legato da rapporti personali con un boss, attualmente detenuto, del clan Moccia.
  In questo comune si presenta, per quanto ci riguarda, una situazione particolarmente grave e ci auguriamo davvero che venga fatto il massimo di monitoraggio in questa realtà. Non ci meraviglieremmo se ci fossero le condizioni per un terzo scioglimento consecutivo.
  Comune di Torre Annunziata: le vicende sono note a questa Commissione e non solo, è un comune che ha avuto la commissione di accesso, gli elementi non furono ritenuti sufficienti per lo scioglimento, tuttavia al sindaco in carica furono imposte – dal monitoraggio della prefettura – alcune prescrizioni alle quali si adeguò. Ricordo che questo comune era stato sciolto nel 1993, quando era sindaco Domenico Bertone, ritenuto contiguo al clan camorristico Gionta, che è egemone in quel territorio. L'attuale sindaco in carica, Giosué Starita, fu eletto nel 2012 ed è oggi al secondo mandato, e come tale non si ripresenta.
  I candidati sindaci sono 3, ci sono 25 liste, 580 sono i candidati, tra quelli esaminati è il comune più popoloso che va al voto, con 43 mila abitanti. 19 candidati provengono dalla precedente consiliatura, di cui 10 attualmente consiglieri di maggioranza. Al comune di Torre Annunziata abbiamo prestato una particolare attenzione, facendo audizione anche del procuratore della Repubblica e più volte del prefetto di Napoli, e abbiamo sollecitato per questa comunità una particolare attenzione.
  Ci spostiamo in Puglia, dove va al voto il comune di Monte Sant'Angelo (Foggia) sciolto per mafia, comune nel quale si è verificato il caso di incandidabilità accertato successivamente alla scadenza del termine di cui dispongono le commissioni elettorali. Questo comune è stato sciolto nel 2015, si è trattato del primo consiglio comunale sciolto nella provincia di Foggia per infiltrazione mafiosa. Come è noto, la provincia di Foggia presenta una situazione particolarmente grave in questo momento. Alle prossime elezioni amministrative del comune di Sant'Angelo concorrono per la carica di sindaco 3 candidati appoggiati da altrettante liste, dall'esame dei nominativi dei partecipanti alla competizione elettorale è dato rilevare che nella lista «Verso il futuro» risultano candidati Michele Ferrosi, già vicesindaco della precedente amministrazione sciolta per condizionamento mafioso, e Arena Mario Pio, per il quale è stata accertata, dopo l'ammissione della candidatura alla carica di consigliere, una causa di incandidabilità.
  Va altresì segnalato che alcuni dei candidati presenti in ben due liste si trovano, in ragione di rapporti di parentela o di affinità o anche solo per le frequentazioni, prossimi a esponenti della criminalità locale, così da poter rappresentare elementi di continuità con la precedente amministrazione sciolta, come è stato rilevato anche dalla sentenza del TAR che confermava il decreto di scioglimento.
  Il comune di Castelnuovo di Porto, in provincia di Roma: la commissione di accesso al comune, legata alla vicenda di mafia capitale, fu disposta con decreto del prefetto di Roma il 2 gennaio del 2015, dopo che erano venuti all'evidenza, grazie alle indagini giudiziarie, i rapporti esistenti tra Fabio Stefoni, sindaco del comune di Castelnuovo dal 2009 e riconfermato nella carica nel 2014, con Salvatore Buzzi, finalizzati ad acquisire illeciti vantaggi a favore delle sue cooperative, e allorché il predetto sindaco era stato raggiunto da ordinanza di applicazione della misura cautelare agli arresti domiciliari.
  La commissione di accesso, al di là dei rapporti emersi a carico del sindaco e del Pag. 10vicesindaco con esponenti del sodalizio mafia capitale, non aveva però segnalato collegamenti che potessero ricondurre taluno degli amministratori o dei componenti della giunta o del consiglio comunale alle cosche operanti nel territorio – nel comune di Castelnuovo di Porto risiede anche Antonino Piromalli, affiliato all'omonima cosca – o ad altro sodalizio con connotazioni mafiose, pertanto, su concorde parere del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica tenutosi il 18 agosto 2015, non si erano ritenuti sussistenti i presupposti per l'applicazione della misura di scioglimento.
  Alle prossime elezioni amministrative concorrono per la carica di sindaco tre candidati appoggiati da altrettante liste per un totale di 36 candidati. In seguito alle verifiche svolte dalla sottocommissione elettorale circondariale competente sono stati esclusi due candidati, Di Giovanni Luca per motivi formali e Picchiotti Simone, inserito nella lista «Insieme per Carla Gloria sindaco», per la sussistenza di una causa di incandidabilità, a cui abbiamo fatto riferimento all'inizio della nostra comunicazione. Non sono state segnalate particolari situazioni di gravità in questa fase, ma il comune resta comunque degno di una particolare attenzione.
  A conclusione dell'esame delle singole situazioni mi sia consentito, ancorché brevemente, di fare alcune sottolineature, alle quali avevo già accennato nella parte introduttiva e alle quali ho fatto riferimento anche durante l'illustrazione dei singoli casi.
  Questa Commissione, come ha già fatto durante tutto il suo mandato, dedicherà una particolare attenzione nella relazione finale al tema delle infiltrazioni mafiose negli enti locali e all'argomento dello scioglimento dei comuni per mafia, perché anche in questa inchiesta che abbiamo svolto nei comuni che vanno al voto quest'anno si ripresentano le stesse criticità sia per quanto riguarda il procedimento elettorale, sia per quanto riguarda la legislazione sugli scioglimenti.
  Io credo che dovremo introdurre delle norme più rigorose, ma soprattutto più chiare, per quanto riguarda la possibilità di ricandidatura da parte di esponenti delle amministrazioni che sono state sciolte per infiltrazioni mafiose. Questa contiguità nelle candidature tra le amministrazioni sciolte e le amministrazioni che tornano al voto sicuramente non è un dato positivo e penso che in larga parte dipenda dalla poca chiarezza e dal poco rigore della legge sullo scioglimento dei comuni.
  Si riconferma la necessità di valutare, soprattutto in alcuni casi, se il periodo dei due anni di commissariamento sia sufficiente e se, nel momento in cui si procede al commissariamento, ci si debba limitare allo scioglimento degli organi politici o non si debba dotare la commissione di poteri per poter intervenire sui ruoli amministrativi e sui funzionari della pubblica amministrazione, e soprattutto, rivolgiamo un appello alle forze politiche perché dedichino a questi comuni una particolare attenzione.
  Voglio fare questa sottolineatura in maniera particolare, perché ancora una volta, come si può constatare, ci si trova di fronte quasi esclusivamente a liste civiche, che nei contesti esaminati, anziché esprimere vivacità e ricchezza della società civile, segnalano la tendenza delle forze politiche, soprattutto in alcune regioni del nostro Paese, a mascherarsi e a diventare irriconoscibili.
  È un fenomeno che incoraggia il trasformismo politico locale, riduce le differenze tra una proposta e l'altra in favore di una politica che si fonda sulla ricerca di un consenso pulviscolare, molto legato a situazioni personali o familiari, dove la contiguità con certi ambienti non può non essere segnalata, e che quindi rischia di alimentarsi di compromessi e di favoritismi, esalta la personalizzazione e la formazione di gruppi di potere clientelare legati a singoli candidati, e soprattutto rischia di essere veicolo di malaffare e di infiltrazioni criminali negli enti locali.
  Il principale varco dei condizionamenti e delle infiltrazioni mafiose nella gestione delle risorse pubbliche è rappresentato dalle amministrazioni e dalle politiche locali, le più esposte sia alle forme esplicite di assoggettamento attraverso minacce e intimidazioni Pag. 11 violente, sia a quelle mediate dalla corruzione e dalla convergenza di interessi.
  Le consultazioni locali, quindi, purtroppo rappresentano un momento chiave per un ingresso legale della criminalità nella vita dell'ente, attraverso la raccolta del consenso elettorale libero o indotto per propri esponenti o fiancheggiatori. È stata la via privilegiata seguita dalle mafie non solo nelle aree di storico insediamento e radicamento nel meridione, ma ormai anche nei piccoli comuni del centro-nord del Paese. Si pensi allo scioglimento di comuni in Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia-Romagna, dove anche pochi voti possono influire in modo determinante sull'esito delle consultazioni.
  È quindi necessario ancora una volta un appello alle forze politiche, che non dovrebbero mascherarsi dietro le liste civiche, bensì dedicare alle comunità che subiscono e che rischiano di subire più di altre il condizionamento mafioso una particolare attenzione, per metterci la faccia, formare classe dirigente preparata, con la schiena dritta, capace di resistere alle infiltrazioni mafiose.
  Purtroppo anche in questa tornata elettorale dobbiamo sottolineare che questo non è avvenuto, lo avevamo auspicato negli anni precedenti, in particolare nella relazione dello scorso anno, relazione che fu molto citata anche dai media e di cui fu sottolineato il valore, perché tra l'altro conteneva già questo richiamo, che siamo costretti a rivolgere anche quest'anno, anche se – voglio sottolinearlo – c'è un aspetto positivo nell'inchiesta che abbiamo svolto quest'anno, che sottolineo con particolare soddisfazione, a cui ho accennato all'inizio ma voglio concludere con questa sottolineatura.
  Sicuramente in altri contesti vi è stata un'attenzione maggiore da parte delle forze politiche nel valutare la qualità delle candidature, laddove hanno esposto anche i loro simboli, ma soprattutto esprimiamo soddisfazione perché, una volta sollecitate anche dalla nostra Commissione, le istituzioni competenti, in particolare le prefetture, hanno supplito anche alla carenza dell'attuale legislazione, rendendo meno indispensabile, rispetto alle altre volte, il lavoro della nostra Commissione.
  Ci sentiamo, quindi, di ringraziare i prefetti per il lavoro che hanno svolto, per la collaborazione che hanno fornito alla Commissione, esprimiamo un particolare apprezzamento per il prefetto di Trapani visto il risultato di Castelvetrano, per i prefetti di Roma, di Napoli, di Reggio Calabria e di Foggia, e auspichiamo che una buona prassi suggerisca anche leggi migliori di quelle di cui disponiamo. Grazie a tutti, il senatore Falanga chiede la parola.

  CIRO FALANGA. Ho trovato estremamente interessanti, presidente, le ultime due osservazioni per quanto attiene alle liste civiche, che indubbiamente nascono come movimenti volti a realizzare dei fermenti culturali o politici delle piccole comunità, ma che poi alla fine si sono rivelate dei modi per nascondere determinate partecipazioni alla vita politica delle città. Sul punto, però, mi permetterei di suggerire di dare uno sguardo attraverso gli uffici della Commissione alla legge, perché si può concludere con una proposta di modificazione normativa.

  PRESIDENTE. Assolutamente.

  CIRO FALANGA. Se si interviene sulla legge che dà alle liste civiche la possibilità di partecipare al rinnovo dei consigli comunali, si raggiungono due scopi.

  PRESIDENTE. La interrompo solo per esigenze di comunicazione con la sala stampa. Mi sono dimenticata di illustrare la situazione del comune di Giardinello, in provincia di Palermo, che è il comune più piccolo. Lei concluda, però dopo, siccome non abbiamo una relazione scritta da fornire, pregherei di ascoltare anche la comunicazione su questo comune.

  CIRO FALANGA. Certo. Il partito politico che presenta la candidatura di un soggetto incandidabile se ne assume la responsabilità e subisce anche il danno nella presentazione di candidature del genere. Senza dire che, visti i tempi stretti per i Pag. 12controlli della commissione elettorale, il partito politico sa prima della presentazione della candidatura chi siano coloro che chiedono di candidarsi, quindi quel lavoro di attenzione può essere fatto dal partito politico, non dalla lista civica, perché vediamo che le liste civiche nascono al momento del voto, ma spariscono il giorno dopo, avvalorando la tesi secondo cui la lista civica sarebbe soltanto un taxi che serve per far andare al comune determinate persone. Se quindi rivolgiamo l'attenzione a questo aspetto, raggiungiamo più scopi, innanzitutto quello di affidare ai partiti politici l'onere di verifica dei requisiti dei singoli candidati, e in secondo luogo quello di far sì che la politica, laddove i partiti politici si attrezzino in maniera seria in questa direzione, si riappropri dell'autorevolezza che merita. È opportuno quindi valutare come la legge sui comuni possa essere modificata e fare in modo che queste liste civiche non possano essere presentate nelle singole competizioni in maniera così allegra.

  PRESIDENTE. Grazie, leggerei i dati riguardanti il comune di Giardinello, in provincia di Palermo. Dopo le elezioni del 2012 in cui fu eletto sindaco Giovanni Geloso, un'indagine della magistratura – operazione «Nuovo mandamento» eseguita nel 2013 – faceva emergere che la famiglia mafiosa di Giardinello aveva interferito pesantemente sulla campagna elettorale, sostenendo il candidato sindaco poi eletto e alcuni dei consiglieri comunali, nonché poi sulla formazione della giunta.
  Dopo l'accesso di una commissione di indagine si accertava non solo l'infiltrazione mafiosa nella res publica, ma anche che ciò che era accaduto in prosecuzione con la precedente amministrazione del 2007, in cui peraltro il sindaco Geloso aveva già ricoperto la carica di consigliere comunale. Il vicesindaco, nonché assessore, era stato tale nell'amministrazione uscente, altri cinque amministratori erano stati tali nel 2007, oltre a due consiglieri poi dimissionari, in quanto coinvolti nelle indagini, uno di loro arrestato per estorsione con l'aggravante mafiosa, e un altro con quote in società raggiunte da interdittiva antimafia.
  In ragione di quanto accertato, il consiglio comunale di Giardinello veniva sciolto nell'agosto del 2014 per 18 mesi, tuttavia il TAR con pronuncia del 12 marzo del 2015 annullava il provvedimento e la disciolta compagine rientrava nelle cariche. Il Consiglio di Stato invece, con decisione del 29 settembre 2015, confermava la legittimità dello scioglimento, reintegrando la gestione commissariale, poi ancora prorogata in ragione di rilevanti finanziamenti pubblici ottenuti dal comune per la realizzazione di alcune opere pubbliche. Per le elezioni del prossimo 11 giugno vi sono tre soggetti candidati sindaco, ciascuno sostenuto da una lista. Non sono emerse allo stato situazioni di incandidabilità, tuttavia uno dei candidati sindaco ha già ricoperto tale carica nella compagine del 2007 che, come detto, era in piena continuità con l'amministrazione successiva, poi disciolta per mafia. Tra gli attuali candidati consiglieri, inoltre, quattro erano già appartenenti alla disciolta amministrazione, tuttavia, sebbene nei loro confronti sia stata avanzata istanza per dichiararne l'incandidabilità, la stessa è stata respinta dal TAR.
  Risulta altresì che un attuale candidato sindaco si sia in passato rivolto a un capomafia locale per ottenere il sostegno elettorale per il proprio figlio, poi eletto. Ciò è avvenuto nel 2012, ma il contesto è quello al quale ho fatto prima riferimento.
  Visto che ho preso di nuovo la parola, mi permetto di fare altre due sottolineature. Una riguarda la Sicilia in particolare, che soprattutto per quanto riguarda il procedimento elettorale ha una legislazione per gli enti locali diversa da quella nazionale, per esempio le commissioni elettorali hanno a disposizione non 48 ore, ma ancora meno, sostanzialmente 24, laddove il contesto consiglierebbe eventualmente di aumentare le ore a disposizione delle commissioni elettorali, e ci sono poi norme che riguardano il commissariamento dei comuni molto diverse da quelle nazionali.
  Noi auspichiamo una revisione di questa legislazione, anche se conosciamo bene l'autonomia speciale della regione siciliana. Ci sono alcune norme di quella regione che Pag. 13la Commissione si permetterà di segnalare come particolarmente critiche.
  L'ultimo appello voglio farlo a tutto il Parlamento. Stiamo discutendo l'approvazione di una legge elettorale, al di là di quelle che saranno le sorti dell'attuale fase e dell'attuale progetto di legge in esame, potrebbe essere l'occasione, prima della conclusione di questa legislatura, almeno per le candidature nazionali – ma noi, per i motivi che abbiamo detto, teniamo a sottolineare anche per le amministrazioni locali, anche per le elezioni regionali – di rivedere, come la relazione della nostra Commissione ha già segnalato dallo scorso anno, alcune disposizioni del procedimento elettorale, perché questo garantirebbe sicuramente maggiore trasparenza e maggiore possibilità di libera scelta da parte dei cittadini.

  CIRO FALANGA. Una ulteriore e finale sottolineatura: da alcuni passaggi della sua relazione si può leggere un contrasto o comunque un giudizio nei confronti della magistratura amministrativa, cioè dei TAR, c'è un passaggio in cui si dice che il comune è stato sciolto, il TAR ha annullato il provvedimento di scioglimento, il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del TAR, noi però riteniamo che andasse sciolto. Mi pare che in questo passaggio, presidente, si possano dire le stesse cose magari con espressioni più diplomatiche, perché così dicendo pare quasi di contrastare la giustizia amministrativa e non mi pare istituzionalmente opportuno, però veda lei. Io personalmente da una critica alla sentenza di un giudice prendo le distanze, perché per quanto mi riguarda quando un magistrato esamina gli atti... anche perché io quegli atti non li ho letti nella loro interezza, quindi non posso esprimere un giudizio di critica alla decisione di un giudice amministrativo senza aver letto gli atti. Da questa espressione personalmente prendo le distanze e ovviamente invito lei a riflettere sulla opportunità di essere così categorica nel dire che è stato annullato il provvedimento di scioglimento e che per quanto ci riguarda quel provvedimento non doveva essere annullato, tutto ciò senza aver letto gli atti, perché abbiamo letto solo la sentenza.

  PRESIDENTE. Io parlo con cognizione di causa, lei no e fa bene a prendere le distanze.

  CIRO FALANGA. Semplicemente perché non le ho lette, però lei sa che io nutro nei suoi confronti dei sentimenti di grande apprezzamento, di grande stima e sono certo che la sua lettura sarà stata attenta e puntuale.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà, senatore, la ringrazio anche per gli apprezzamenti che sono ricambiati, come lei sa. Al di là del caso specifico, io penso che noi possiamo permetterci di commentare però anche le sentenze dei giudici amministrativi, con il rispetto nei confronti di tutti, tant'è vero che in quel comune si è andati al voto. Credo però che esista un problema e che, se ci sarà tempo, un'audizione con la giustizia amministrativa in questa Commissione dovremmo farla sia per quanto riguarda le decisioni che vengono assunte per lo scioglimento dei comuni, sia per quanto riguarda le decisioni che vengono assunte per le interdittive. Può darsi che debba essere rivista la normativa e siamo noi che più volte l'abbiamo sollecitato, può darsi che debbano essere adottati provvedimenti da parte dell'amministrazione degli interni in maniera più chiara e motivati in maniera più articolata oppure che ci debbano essere delle linee guida, come ci ha detto lo stesso Ministro dell'interno precedente quando è venuto in audizione, soprattutto sulle interdittive, che uniformino il sistema. Tuttavia, questo conflitto istituzionale che si verifica tra misure di prevenzione, che siano le interdittive o che sia lo scioglimento dei comuni, e la giurisdizione amministrativa, in materie che attengono al contrasto alle mafie, finisce qualche volta per fare un regalo alle mafie stesse e alla loro capacità di penetrazione sia nelle imprese che nelle amministrazioni comunali. Da questo punto di vista, quindi, auspichiamo sicuramente una maggiore chiarezza del legislatore, però sentiamo anche Pag. 14 la necessità di un confronto con la giustizia amministrativa per capire anche meglio cosa ispira alcune decisioni, perché in alcuni casi – mi prendo ancora più libertà, senatore, da questo punto di vista – si evince da qualche sentenza la non comprensione profonda della finalità delle misure di prevenzione, perché troppo spesso si fa riferimento alla mancanza di procedimenti penali o di decisioni in sede penale. Le misure di prevenzione sono state giustamente pensate e istituite nel nostro ordinamento per combattere le mafie prima dei giudizi penali, si chiamano misure di prevenzione apposta, per impedire cioè che sia in contesti imprenditoriali, economici e finanziari, sia in contesti amministrativi si verifichino danni che talvolta diventano irreparabili. Nel caso di Roma, ad esempio, la procura è arrivata prima della prefettura, mentre con le misure di prevenzione dovrebbe essere il contrario. Dovrebbero arrivare prima le misure di prevenzione, che peraltro si dovrebbero affinare perché, come abbiamo suggerito noi, se ci fosse una terza via nella quale non si scioglie, ma si affianca l'amministrazione e anche per le interdittive non si scioglie ma si fa un controllo giudiziario, ci troveremmo in situazioni nelle quali si consentirebbe alla politica di procedere nell'esercizio delle proprie responsabilità e al tempo stesso di intervenire nelle fasi critiche.
  Se non ci sono altri interventi, dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 15.50.