XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 169 di Martedì 6 giugno 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Comunicazioni del presidente:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 3 

Audizione di Demetrio Carini, direttore della Direzione regionale valutazioni ambientali e bonifiche della regione Lazio, e di Mauro Lasagna, direttore della Direzione regionale risorse idriche, difesa del suolo e rifiuti della regione Lazio:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 ,
Carini Demetrio , Direttore della Direzione regionale valutazioni ambientali e bonifiche della regione Lazio ... 4 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 ,
Carini Demetrio , Direttore della Direzione regionale valutazioni ambientali e bonifiche della regione Lazio ... 4 ,
Lasagna Mauro , Direttore della Direzione regionale risorse idriche, difesa del suolo e rifiuti della regione Lazio ... 6 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 ,
Compagnone Giuseppe  ... 7 ,
Monaco Eugenio Maria , Funzionario regionale area bonifiche della regione Lazio ... 7 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 ,
Monaco Eugenio Maria , Funzionario regionale area bonifiche della regione Lazio ... 11 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 ,
Monaco Eugenio Maria , Funzionario regionale area bonifiche della regione Lazio ... 12 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 9.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione appena svoltasi ha convenuto sulla desecretazione dei documenti acquisiti dalla omologa Commissione nel corso della XVI Legislatura che sono contenuti nel fascicolo 294 e contraddistinti dai numeri 2, 10, 11, 13, 14, 15, 17, 24, 25, 28, 30, 31, 34, 35, 36, 37, 39, 40, 41, 43, 44, 45, 48, 51, 52, 56, 58, 60, 61, 62, 64, 67, 69, 70, 71, 72, 73, 75, 76, 77, 78, 79, 82, 85, 88, 89, 91, 92, 93, 100, 104, 105, 106, 108, 109, 110, 112, 114, 115, 117, 118, 119, 120, 121, 122, 123, 125, 127, 131, 132, 135, 136, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144 e 147, ad eccezione di alcune parti, contenenti dati personali.
  Su tali documenti è infatti pervenuta dal direttore generale del Dipartimento informazioni per la sicurezza la relativa comunicazione di desecretazione.

  (La Commissione concorda).

  PRESIDENTE. Comunico infine che, secondo quanto stabilito nell'odierna riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, la missione nelle Marche, prevista l'8 e il 9 maggio, avrà luogo dal 20 al 22 giugno 2017 e la missione nel Lazio, prevista per il 15 giugno 2017, si svolgerà il 27 giugno 2017.

Audizione di Demetrio Carini, direttore della Direzione regionale valutazioni ambientali e bonifiche della regione Lazio, e di Mauro Lasagna, direttore della Direzione regionale risorse idriche, difesa del suolo e rifiuti della regione Lazio.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'architetto Demetrio Carini, direttore della Direzione regionale valutazioni ambientali e bonifiche della regione Lazio, e dell'ingegner Mauro Lasagna, direttore della Direzione regionale risorse idriche, difesa del suolo e rifiuti della regione Lazio, accompagnati dall'architetto Francesco Saverio Riccitelli, capo segreteria, e dal dottor Eugenio Maria Monaco, funzionario regionale area bonifiche, che ringrazio della presenza.
  L'audizione odierna rientra nell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sullo stato di avanzamento dei lavori di bonifica nei Siti di interesse nazionale, con particolare riferimento a quello del bacino del fiume Sacco.
  Abbiamo un ulteriore interesse, perché stiamo facendo anche una relazione sugli ex siti Caffaro e lì dentro c'è anche un sito Caffaro importante. Quindi, sono due le relazioni, in realtà, che riguardano questo argomento.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi Pag. 4 connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo di depurazione delle acque.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Cedo, quindi, la parola ai nostri ospiti chiedendo loro di fare una breve relazione introduttiva sullo stato dell'arte della situazione. Dopodiché, se c'è qualche domanda da parte dei colleghi, verrà posta.
  Do la parola all'architetto Demetrio Carini.

  DEMETRIO CARINI, Direttore della Direzione regionale valutazioni ambientali e bonifiche della regione Lazio. Buongiorno a tutti. Io dirigo la Direzione di valutazioni ambientali e bonifiche della regione Lazio. Devo premettere che questo incarico l'ho assunto da meno di un anno. Sono subentrato a tutta una serie di attività che sono state già poste in essere negli anni precedenti, perché, come sapete, l'individuazione di questo ambito come sito di interesse nazionale, ossia come area sottoposta a tutela e particolarmente a una serie di interventi di bonifica, ha un'origine abbastanza antica. Dal 2005 parte questa storia.
  Pertanto, posso raccontare la parte che mi ha impegnato in questo lasso di tempo. Lascerò poi la parola all'ingegner Lasagna e, in particolar modo, al dottor Monaco, un funzionario che ha seguito dall'inizio tutte le vicende e che meglio di tutti conosce la storia, sicuramente anche meglio di noi.

  PRESIDENTE. A noi interessano gli ultimi sviluppi. Fino alla revisione della riperimetrazione eravamo, più o meno, stati aggiornati perché avevamo fatto delle audizioni anche qualche mese fa.

  DEMETRIO CARINI, Direttore della Direzione regionale valutazioni ambientali e bonifiche della regione Lazio. È successo proprio così: dopo il decreto ministeriale n. 7 del 2013, che aveva in qualche modo – uso un termine improprio – declassificato il perimetro del SIN, che, lo ricordo, fino a quella data era naturalmente in carico al Ministero dell'ambiente come gestione e come attività, e dopo un ricorso da parte della regione Lazio, vinto dalla regione, che ha voluto fosse riconosciuto, invece, un interesse nazionale sull'ambiente e sull'ambito, dal 2014 in poi, fino al 2016 sostanzialmente, con il decreto ministeriale n. 321 del 22 novembre 2016, si è andati a riperimetrare nuovamente quest'ambito.
  Dai 62 comuni che originariamente vi erano previsti e ricompresi il sito si è ridotto notevolmente, anche perché, con le analisi e le verifiche fatte sulle matrici ambientali, si è potuto verificare che l'ambito si andava restringendo e si limitava esclusivamente, o quasi esclusivamente, a tutta l'area che va da Colleferro fino a Ceprano, che interessa proprio il fiume Sacco, fino alla convergenza con il fiume Garigliano-Liri. Era questo l'ambito interessato, che vede, in questo caso, coinvolto il territorio di circa 19 comuni, di cui 4 sono nella provincia di Roma e gli altri tutti nella provincia di Frosinone.
  Quest'attività l'abbiamo chiusa avendo dato l'incarico ad ARPA, che, insieme al ministero e a noi, ha lavorato dal 2014 al 2016. Non vi nascondo che c'è stato un coinvolgimento anche dei privati, che si vedono evidentemente interessati a loro volta proprio in relazione alla limitazione che questo vincolo impone alla coltivazione dei terreni e all'uso del suolo. Ci sono state più di mille osservazioni.
  C'è stato, dunque, tutto questo lavoro, finché si è arrivati a concordare e sottoscrivere un protocollo d'intesa e finalmente si è arrivati al decreto ministeriale che ha individuato esattamente il perimetro. In quest'ultimo periodo, come ripeto, per quanto mi riguarda, è su questo che stiamo lavorando. Con una delibera di Giunta regionale, dopo che l'attività del depuratore di Anagni è andata avanti, nel senso che è stato completato l'impianto, abbiamo ceduto in comodato d'uso al Consorzio ASI la gestione di tale impianto. Pag. 5
  Questa è una questione abbastanza rilevante, perché consente proprio di trattare sia rifiuti industriali, sia reflui civili. Effettivamente l'impianto rappresenta per noi un'infrastruttura fondamentale per tutta la collettività su cui insiste il territorio. Questa è un'operazione che abbiamo fatto. Sono ancora impegnati circa 130.000 euro, perché c'è una serie di cose da sistemare, ma sostanzialmente è già in attività questo impianto.
  Questa è la prima cosa che abbiamo fatto, a marzo del 2017. Successivamente abbiamo anche approvato una delibera di Giunta regionale n. 129 del 28 marzo 2017, con cui vogliamo promuovere un'attività di fitodepurazione e di fitorisanamento di questi ambiti. Si tratta di sperimentare anche proposte che ci vengono da istituti di ricerca, sia pubblici, sia privati, nonché da società private, con un'azione soft, meno invasiva, che vada a integrare le rimozioni puntuali delle sorgenti primarie e secondarie dell'inquinamento.
  Vogliamo sperimentare sul sito anche questi tipi di procedure, che accompagneranno anche l'intervento più forte e in qualche modo più incisivo, ma che agiranno in totale sintonia con l'ambiente. Peraltro, trattandosi di tutte attività di sperimentazione proposte, abbiamo praticamente un costo zero su questo, nel senso che la regione non ci mette una lira. Invece, cerchiamo di vedere gli effetti che queste varie società e i vari istituti ci stanno proponendo, proprio per poter testare la bontà delle proposte stesse.
  Inoltre, con delibera di Giunta regionale n. 228 del maggio ultimo scorso abbiamo approvato anche un presidio cosiddetto sanitario che riguarda sempre questi ambiti e questi territori, con un programma di valutazione epidemiologica esteso all'intera popolazione. L'obiettivo qual è? È quello di monitorare e verificare lo stato di salute delle persone, dai bambini agli anziani, utilizzando, naturalmente, l'ASL e il Dipartimento epidemiologico della regione Lazio. Si tratta di una delibera che abbiamo emanato d'intesa con la Direzione regionale della salute, proprio perché si fa insieme questo tipo di attività.
  Contemporaneamente, in questo caso utilizzando le strutture dell'ospedale di Anagni, abbiamo proposto la realizzazione di un presidio salute e ambiente, ovvero di uno sportello di ascolto cui tutti i cittadini possono rivolgersi proprio direttamente sul posto, in maniera tale che venga rafforzato lo screening soprattutto delle attività legate alla salute, con riferimento in particolare alla presenza di tumori, tramite indagini sul territorio con specifici marker indirizzati in questo senso.
  Infine, stiamo facendo anche un'attività di monitoraggio delle acque di uso potabile, irriguo e domestico, sempre nell'ambito delle zone perimetrate dall'ex decreto ministeriale n. 321 del 2016. Stiamo facendo questo insieme alle ASL di Frosinone e di Roma, alla provincia, alla città metropolitana e ai 19 comuni che ricadono nel sito, utilizzando i laboratori di ARPA.
  Che cosa vogliamo fare? Vogliamo censire i pozzi irrigui e domestici, perché è evidente che questi ambiti utilizzano quelle acque sia per l'irrigazione dei terreni, sia, spesso – l'ACEA, per esempio – per emungimento e anche per uso domestico. A maggior ragione, quindi, vanno non solo censiti i pozzi irrigui presenti, ma anche definiti i campioni, che vanno analizzati. Va fatta anche una georeferenziazione dei pozzi che vengono utilizzati a tale scopo e i campioni prelevati da ACEA e dall'ASL vanno inviati ad ARPA perché li analizzi, in modo tale da avere un controllo anche di tutte le acque e del loro uso e della loro potabilità.
  Infine, abbiamo chiesto alle 19 amministrazioni comunali ricadenti nel SIN di trasmetterci anche tutte le situazioni che stanno emergendo in corso d'opera. Per esempio, abbiamo verificato che un ex impianto produttivo, l'ex Olivieri nel comune di Ceprano e Falvaterra, ha creato delle situazioni di potenziale inquinamento. Chiediamo di segnalarci tutte queste situazioni sulle quali si può intervenire, con il principio sempre che chi inquina paga, ricercando effettivamente quello che ha provocato l'inquinamento per poter agire in maniera ispettiva e soprattutto andando a verificare la possibile bonifica di queste Pag. 6aree e imputando la spesa a chi ha generato l'inquinamento.
  Stiamo facendo tutta un'azione di programmazione, dopo tutta la parte che spiegherà poi il collega Lasagna, ossia la parte che afferiva al commissariamento, ossia alla parte di emergenzialità che era emersa dopo il 2005. Noi stiamo facendo, invece, la parte di verificazione delle attività successive.
  Stiamo anche verificando come intervenire sull'ex discarica Le Lame, particolarmente delicata, che interessa il comune di Frosinone e si trova proprio a ridosso del fiume Sacco. Qui ci sono stati, per adesso, dei finanziamenti con l'APQ8 per la messa in sicurezza e la caratterizzazione, ma non sono stati fatti altri interventi su quella discarica.
  Nel frattempo – dico questo a latere, giusto per segnalarlo – siamo ancora sotto infrazione europea per quanto riguarda la UE 2003/2077, che concerne 21 siti, a prescindere dalla questione Valle del Sacco, che ha interessato la regione e che ci vede coinvolti da un dato punto in poi. Peraltro, noi abbiamo anche contestato questa gestione, che era ministeriale fino al 2013. Successivamente, con questa sentenza, le regioni sono state coinvolte, non solo la regione Lazio, ma, come sapete, tutta l'Italia.
  Stiamo, quindi, affrontando la questione e stiamo cercando quasi ogni giorno di tenere sotto controllo, incentivare e aiutare i comuni a produrre i risultati delle analisi. D'intesa con ARPA abbiamo fatto, peraltro, una convenzione, ragion per cui ci stiamo lavorando assiduamente.
  Dei 21 siti siamo arrivati a tirarne fuori 9 dall'infrazione. Altri 7 li avevamo proposti entro dicembre. Ne abbiamo tirati fuori, almeno a giudizio della Commissione europea, 3 e ne abbiamo ancora 7. Entro il 2 giugno abbiamo presentato al ministero, che, come sapete, fa da tramite con la Commissione europea, per i 7 siti tutte le verifiche e le analisi, sperando questa volta di uscire definitivamente.
  Questo è globalmente ciò che da meno di un anno io, con la mia struttura e soprattutto con l'aiuto del dottor Monaco, l'unico funzionario che sta seguendo da sempre questa questione e la conosce meglio di tutti, sto portando avanti.

  MAURO LASAGNA, Direttore della Direzione regionale risorse idriche, difesa del suolo e rifiuti della regione Lazio. Sono Mauro Lasagna e sono il direttore della Direzione regionale risorse idriche, difesa del suolo e rifiuti. Mi sono occupato della questione relativa alla fase della Valle del Sacco dal maggio 2015 e ho curato, in particolar modo, tutta la parte legata ai rapporti con la Protezione civile nazionale, ai finanziamenti, alla contabilità speciale e agli interventi che sono ancora in corso di realizzazione e da completare. Nella relazione che abbiamo consegnato c'è un elenco completo dello stato dell'arte e dello stato di avanzamento degli interventi e di che cosa ancora sia necessario fare.
  La contabilità speciale è stata azzerata, come richiesto e come confermato dalla Protezione civile nazionale, alla data del 30 ottobre 2016. Tutto è passato, quindi, sul bilancio regionale. Grosso modo da quella data fino all'effettiva chiusura, che avverrà amministrativamente quando la Protezione civile la sancirà, abbiamo trasferito tutti i fondi. Abbiamo nelle casse regionali tutti i residui dell'attività che dal 2005 il commissario straordinario ha fatto. L'attività è poi passata per la fase commissariale, fino alla parte regionale del commissariamento, con il responsabile degli interventi. Questa fase si è conclusa a ottobre del 2016.
  Adesso, date le molteplici variazioni organizzative intervenute dentro la regione Lazio, in cui sia io, sia il collega siamo stati più volte coinvolti, il giorno 8 ci sarà una Conferenza dei servizi con tutti i soggetti interessati alla vicenda della Valle del Sacco, già convocata presso la regione Lazio, in cui verrà sancito ufficialmente il passaggio dalla situazione ex commissariale alla situazione regionale di bonifica di un sito inquinato.
  Il Dipartimento di protezione civile, che è molto impegnato, giustamente, in questo periodo, per le vicende del terremoto, soltanto recentemente ci ha confermato la bontà della procedura adottata. Non potevamo portare ancora avanti oltre determinati Pag. 7 termini temporali la contabilità speciale. Quindi, il Dipartimento ha sancito quello che effettivamente è già avvenuto il 30 ottobre, ovverosia il passaggio alla gestione direttamente regionale.
  Non ho altro da aggiungere per quello che riguarda gli ultimi eventi. Se ci sono questioni prettamente tecniche su cui volete sapere qualcosa, facciamo riferimento sempre al dottor Monaco, che ne è perfettamente consapevole.

  PRESIDENTE. Volevo chiedervi due cose. Ci ha detto della questione dei terreni e del fatto che probabilmente farete questa sperimentazione sulla fitodepurazione. Sul tema, invece, del trattamento delle acque avete già qualche idea di come tecnicamente aggredire tutto il tema?
  La seconda, invece, è una questione più specifica che riguarda i rapporti con i soggetti, che sono numerosissimi, abbiamo visto. Ci interessava anche capire, rispetto al sito Caffaro, con l'amministratore, che è il dottor Cappelletto, quale tipo di collaborazione avete in atto. C'è una situazione proattiva da parte dell'amministratore o più attendista? Qual è la situazione?

  GIUSEPPE COMPAGNONE. Faccio un piccolo completamento della domanda a proposito della fitodepurazione, così evitiamo di affrontare la questione più volte. Sono convinto che la fitodepurazione sia un ottimo sistema e ne ho anche esperienza diretta. Immagino, però, che la utilizziate per i reflui urbani e non per i reflui industriali, o no?

  EUGENIO MARIA MONACO, Funzionario regionale area bonifiche della regione Lazio. Buongiorno. Sono Eugenio Monaco, funzionario responsabile della bonifica dei siti inquinati per vari direttori negli ultimi anni, tra i quali l'ingegner Lasagna e, da ultimo, l'architetto Carini.
  Per quanto riguarda le questioni legate all'ex gestione commissariale della Valle del Sacco, sono sempre stato di supporto perché, come diceva l'ingegner Lasagna, era un contenitore un po’ parallelo ed esterno all'amministrazione regionale, ancorché un direttore regionale fosse considerato un soggetto attuatore.
  Faccio una piccolissima premessa, poi magari riuscirò a dettagliare meglio determinate cose. La peculiarità di questo sito di interesse nazionale è una pittoresca gestione che c'è stata del concetto di sito di interesse nazionale dal 2005 a oggi. Fino al 2008 erano perimetrate ben due aree con la stessa legge del 2005: una era data in gestione direttamente all'ufficio commissariale, l'altra, invece, è stata perimetrata tramite un accordo ministero-ARPA Lazio, che andava, però, a perimetrare due siti distanti e completamente differenti, creando un buco all'interno.
  Ecco perché nel 2013 – non c'erano i due direttori; c'erano dei loro predecessori – decidemmo di fare ricorso, perché il declassamento di un sito di interesse nazionale che non fu mai trattato con un capo e una coda sarebbe stato praticamente, secondo noi, un grave danno soprattutto nei confronti della collettività.
  Adesso trovate, quindi, un perimetro molto più snello, che è stato determinato insieme all'Autorità di bacino. Cosa più importante, è stato forse il primo procedimento partecipato dal basso per un sito di interesse nazionale, perché vi hanno partecipato, oltre agli agricoltori e agli industriali, anche le associazioni e le collettività. L'amministrazione regionale è convinta che nessuno meglio di chi vive realmente un territorio sappia delineare quali sono le sue criticità.
  Per quanto concerne la questione della fitodepurazione e del fitorisanamento, non dimentichiamoci che già nel 2005 l'ex ufficio commissariale, giusto per ricordarlo, agiva in deroga alla normativa ordinaria grazie a delle ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri. Queste deroghe erano soprattutto sul testo unico appalti e in parte sul testo unico ambiente. I due direttori si trovano, quindi, a ereditare una situazione progettata e ideata sulla scorta di deroghe alle normative, quindi in procedura straordinaria, e devono portarla a compimento in via ordinaria. Immaginatevi le difficoltà e i quesiti che su queste questioni rivolgiamo alla Presidenza del Consiglio Pag. 8 dei ministri, perché, come diceva una vecchia pubblicità, prevenire è meglio che curare a livello giuridico.
  Ritornando alla fitodepurazione, l'Ufficio commissariale aveva già provato con il pioppo short rotation, una specie fitodepurante chiamiamola 1.0 che era stata lasciata attecchire sulle fasce agricole di esondazioni, che ricordiamo essere state fino al 2013 di pura ed esclusiva gestione dell'Ufficio commissariale Valle del Sacco.
  L'Ufficio commissariale Valle del Sacco aveva competenza esclusiva solo ed esclusivamente nel comprensorio industriale di Colleferro e nelle fasce di esondazioni 100 metri a sinistra e destra idraulica, con un salto massimo di 5 metri, per 9 comuni, tra provincia di Roma e di Frosinone, fino al 2010, contingentati in aumento con ulteriori 7 comuni con un'ulteriore ordinanza del 2010.
  Ad oggi vige, per i primi 9 comuni, un'interdizione totale all'utilizzo di quei terreni. Non soltanto c'è divieto di vendita del prodotto, ma addirittura di allevamento e di coltivazione. Per i 7 comuni successivamente, invece, fu fatta un'interdizione relativa. La chiamiamo relativa perché c'è il vincolo di svolgere le analisi sul prodotto previa immissione sul mercato.
  È per questo motivo che nasce l'idea di portare avanti di nuovo progetti di fitorisanamento e fitodepurazione. Se leggete attentamente il provvedimento regionale, notate che abbiamo inteso assolutamente non destinare quest'attività alla biomassa. Conoscete meglio di noi su altri tavoli, penso, presidente, la problematica che attanaglia la Valle del Sacco anche a livello di qualità dell'aria. Pensiamo a bioraffinazione, quindi finalmente plastica da agricoltura, o a biocarburanti, ma la strategicità della partita è la prossima redazione di bandi a titolo gratuito in cui si metteranno in competizione istituti di ricerca pubblici o privati, ma solo in partenariato con istituti pubblici, per farci comprendere quale sia ad oggi, nel 2017, la specie fitorisanante e fitodepurante migliore.
  Rispondo alla domanda dicendo che non si tratta di processi di abbattimento biologico in uscita dai depuratori o comunque sul carico inquinante antropico. Ci baseremo soprattutto sulle aree agricole interdette, al fine di ricreare una filiera produttiva no food per consentire agli agricoltori di riemergere dal basso. Perché? Perché, come abbiamo già detto, su 9 più 7 comuni fasce di esondazioni c'è totale interdizione dell'agricoltura.
  Chi vincerà questa partita riceverà non un contraccambio economico diretto, ma, più che altro, la possibilità di sedere con le associazioni di categoria e di educare gli agricoltori a quel tipo di cultivar, in maniera tale da consentire il sensibile abbattimento nei terreni di esondazione degli inquinanti. Non ci nascondiamo che, lavorando per la riunione odierna, ho ricevuto anche alcuni studi effettuati su determinati siti industriali, come quello della Caffaro. La quantificazione economica che ho letto all'interno di quella relazione parlava inizialmente di totali asportazioni di terreni contaminati lungo le fasce di esondazione.
  Tra gli addetti ai lavori, purtroppo, questo tipo di attività, ossia la bonifica dei siti inquinati, non è tanto di moda, soprattutto negli enti pubblici. Fatto sta che quel minimo di esperienza che il mestiere mi ha dato mi dice che grossomodo siamo a 300 euro al metro cubo. Quello è il costo per lo smaltimento di qualsiasi terreno inquinato o rifiuto stesso. Immaginatevi l'ordine di grandezza di dover solo pensare di rimuovere terreno ripariale, anche perché parliamo di una sorgente secondaria di contaminazione.
  Le fonti attive sono più di una – è un'altra cosa che si chiarisce – e partono da Colleferro, ma, come abbiamo scritto in relazione, arrivano alla confluenza del Sacco col Liri arricchite, purtroppo, di altre contaminazioni. L'alfa, il beta e il gamma esaclorocicloesano sono soltanto parte dei marker che ritroviamo all'interno delle matrici ambientali.
  Pensiamo, quindi, a fitorisanamento e fitodepurazione come attività di supporto soprattutto sulle aree aggredite dalla fonte principale di contaminazione, ma anche alla rimozione di quelli che sono hotspot, rimozione che è già stata avviata e attuata tra il 2005 e oggi, in quelle fasce che Pag. 9chiamiamo zona nord del Sito di interesse nazionale Valle del Sacco. Queste ci porteranno, a mano a mano, a scendere, se non ad aggredire puntualmente, a seconda dell'ordine di priorità che ci darà lo stato dei luoghi, le varie fattispecie inquinanti.
  Richiamo al volo quello che diceva prima l'architetto Carini sul mostro che abbiamo trovato a Ceprano, precisamente al punto Y rispetto al punto X di partenza. Trattasi di un'ex industria dell'indotto automobilistico dove sotto le presse è stato trovato di tutto e di più a livello di farmaci e di farmaceutica in generale. Si tratta di circa 250 fusti potenzialmente presenti e interrati a 3-5 metri dalla sinistra idraulica del fiume, dell'asta, con scarti di lavorazione sicuramente esogeni rispetto all'attività del sito, e di contenitori, dei bulk, in cui sono potenzialmente stoccati gallio e bario.
  Stiamo sollecitando in tutti i modi – questo è verbalizzato anche in sede di Ministero dell'ambiente, che ricordiamo essere a oggi l'unico soggetto titolare a svolgere il procedimento – la provincia di Frosinone, perché sappiamo che gli unici soggetti competenti ex lege a livello nazionale a individuare i responsabili della contaminazione sono le province, che, drammaticamente, per carità di Dio, si giustificano anche per le ultime vicende legate al personale. Diciamo che sono un po’ in sofferenza. Fatto sta che ad oggi la legge nazionale prevede che la provincia sia l'unico soggetto competente a individuare e a diffidare i responsabili della contaminazione.
  Come dicevano i miei maestri, non esiste un sito peggiore di un sito abbandonato. Di conseguenza, stiamo cercando di far comprendere la situazione agli enti provinciali. Stiamo quasi superando la sottile linea rossa costituzionalmente garantita dalla separazione dei poteri per cercare di comprendere chi sia il soggetto che, secondo il principio chi inquina paga, deve pagare. Questo è soltanto uno spicchio dell'arancia contenuta all'interno di una cassa che, a sua volta, sta all'interno di una pedana. Immaginatevi di che tipo di porzioni di territorio stiamo parlando.
  Per quanto riguarda le zone nord, la richiesta che ci è stata fatta tramite il dottor Castellano, con cui ho avuto dei rapporti per meglio delineare le richieste della presente Commissione, si concentravano soprattutto sull'area Caffaro, quell'enorme area industriale racchiusa all'interno del Consorzio industriale di Colleferro.
  Faccio un minimo di storia su Colleferro. Colleferro comune nasce dopo l'area industriale. Questo per farvi comprendere di che sito si parla. È nata prima l'area industriale e successivamente c'è stato l'insediamento antropico. Patrono di Colleferro è Santa Barbara. Immaginatevi che cosa si produceva.
  Fatto sta che, oltre all'industrializzazione, che è nata ante Novecento, nel 1912 c'è stata la vera e propria aggressione, o meglio produzione di quei terreni, con l'avvento della Bombrini Parodi Delfino. C'era – mi sembra – un senatore, di cui non mi ricordo il cognome, ma era uno dei due, o Parodi Delfino o Bombrini, che si alleò insieme a questo grande imprenditore per avviare e mettere a produzione quelle aree, soprattutto per quanto riguardava le questioni belliche, anche perché siamo negli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale. C'era tutto l'indotto della chimica legata a questioni belliche, polveri da sparo e via elencando.
  La contrazione ci fu, naturalmente, dopo il secondo dopoguerra, quando, finito il primo e il secondo conflitto, ci fu una sorta di riconversione industriale di quell'area. Fu una riconversione industriale relativa, perché comunque ci si basava sempre solo ed esclusivamente su un indotto della chimica.
  Senza dilungarci troppo, perché potremmo stare qui a parlare per settimane della Valle del Sacco, arriviamo grossomodo ai giorni nostri con la questione Caffaro. Caffaro interviene, quindi, su dei terreni che già storicamente erano stati utilizzati come siti industriali quasi da archeologia industriale. Su queste aree ne troviamo due meglio definite, che sono l'area chetoni-fenilglicina e l'area Caffaro chetoni-benzoino. Pag. 10
  Per quanto concerne la prima ossia l'area chetoni-fenilglicina, almeno per quanto concerne le porzioni, parliamo di 5,3 ettari, sempre racchiusi all'interno di questo enorme consorzio industriale, in cui ci sono altre attività, come FIAT Avio, Alstom, Ferroviaria, Avio. Ci sono tuttora altri insediamenti.
  L'area, in questo caso, è di proprietà, al contrario di quella di benzoino, che, come vedremo, era stata locata, invece, da un altro soggetto. La destinazione urbanistica attuale è area industriale di completamento. Caffaro insisteva con la propria produzione su quell'area dal 1981. Ci si basava proprio sull'impronta di quella che era stata occupata, come dicevamo prima, dalla BPD.
  Fu svolta inizialmente da parte del soggetto obbligato, che, in questo caso, era il proprietario e utilizzatore dell'area, Caffaro, una serie di attività imposte successivamente alla dichiarazione dello stato di emergenza, ancorché i riflettori si accendano sull'area all'incirca negli anni Novanta, quando indagini di magistratura portano a individuare delle discariche – chiamiamole discariche – ossia dei riporti antropici interrati.
  Consuetudinariamente, fino agli anni Settanta, la pratica più utilizzata era l'inertizzazione del rifiuto, perché il pericolo era quello di volatilizzazione. Si facevano delle buchette nei piazzali delle industrie e lì andava a finire tutto. Dagli anni Novanta si viene a conoscere quella che è stata la consuetudine industriale che partiva dal 1912. Nei terreni venivano inseriti in matrice libera degli inquinanti veri e propri, che erano degli scarti di lavorazione.
  Come abbiamo detto, dal 1981 c'è questo tipo di attività della Caffaro. Sulla Caffaro sono intervenuti prima la magistratura e, successivamente, l'Ufficio commissariale, nel 2005, che, con i poteri straordinari dati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, comincia a richiedere delle attività di prevenzione o di messa in sicurezza di emergenza, comunque vogliano chiamarsi, a carico della stessa Caffaro.
  Sempre sull'area chetoni-fenilglicina avviene la redazione di un piano della caratterizzazione riaggiornato in due soluzioni, l'ultima delle quali nel 2008, con la relativa redazione dell'analisi di rischio sito specifica, dei superamenti delle CSC e, successivamente, delle CSR accertate – perché, come abbiamo detto, sulla zona è piovuto sul bagnato – validazioni dei risultati analitici fatte attraverso intercalibrazione dei laboratori tra l'Ufficio commissariale all'epoca e l'Istituto superiore della sanità e alcune attività di messa in sicurezza di emergenza, come la verifica delle condotte delle acque bianche e l'eliminazione dei sedimenti eventualmente presenti nelle aree.
  Tutte le attività di pulizia delle reti delle acque bianche sono state concluse, a opera sempre di Caffaro, nel mese di febbraio del 2007. Anche la verifica della presenza di manufatti contenenti amianto in aree dismesse è stata completata a cura di Caffaro. Anche la localizzazione di rifiuti mediante censimento e caratterizzazione degli stessi è attività completata, così come lo smaltimento dei rifiuti eventualmente ritrovati e la rimozione di alcuni hotspot in varie cadenze.
  Nel mese di marzo 2007 è stato rimosso un hotspot di volume pari a circa 800 metri cubi. Successivamente, in sede di analisi dei campioni delle pareti e del fondo scavo, sono emerse situazioni critiche, che hanno avuto bisogno di ulteriori approfondimenti.
  Nell'agosto 2007 la società ha effettuato un'indagine integrativa per delimitare l'area su cui effettuare le ulteriori rimozioni e nel mese di dicembre, sulla base di questi nuovi dati analitici, la società ha rimosso ulteriori 150 metri cubi di terreno frammisto a rifiuto.
  L'ulteriore verifica delle pareti e del fondo scavo successivamente condotta ha rilevato il permanere di contaminazione oltre i valori consentiti. Per tale ragione, come vi dicevo, l'Ufficio commissariale ha richiesto la redazione di un idoneo progetto di bonifica e, quale azione di messa in sicurezza di emergenza, il confinamento fisico dei terreni contaminati, la cosiddetta collina antropica. Praticamente si tratta di un sito che è stato non rimaneggiato, ma cristallizzato in quel luogo attraverso l'apposizione Pag. 11 di vari strati di telo in HDPE, quasi una messa in sicurezza permanente.
  A partire dal dicembre 2007 la società ha iniziato lo smaltimento delle terre provenienti dalla rimozione di questi hotspot. Complessivamente sono state avviate a smaltimento presso impianti autorizzati 1.374 tonnellate di terre. L'attività è stata conclusa nel mese di aprile 2008.
  Signori, chiedo un altro tipo di attenzione per effettuare un chiarimento. È doveroso, visto che dobbiamo essere il più possibile trasparenti, informarvi che, come diceva anche l'ingegner Lasagna, il vero e proprio passaggio tra straordinario e ordinario c'è stato durante quest'anno. Immaginatevi le difficoltà di un funzionario, perché – ahimè – l'amministrazione regionale per oggi si regge su di me e su un'altra persona appena intervenuta a darmi supporto. Immaginatevi la difficoltà a studiare tutti gli archivi che partono dal 2005 ad oggi. Piano piano ce la stiamo facendo.
  Successivamente è stata svolta un'indagine integrativa riguardo la contaminazione da diossine e furani. Nel mese di dicembre 2007 la società ha avviato un'indagine integrativa per definire l'estensione di una contaminazione da diossina emersa in fase di caratterizzazione del sito. I risultati sono stati consegnati nel mese di marzo del 2008. Da questi è emersa la presenza di ulteriore contaminazione all'interno del punto iniziale. Di conseguenza, vi rendete conto che, oltre alla famosa molecola alfa, beta e gamma HCH, c'è anche un arricchimento dovuto a tutta questa intromissione antropica, durata più di un secolo, che ha portato alla rilevazione di ulteriori contaminanti. Fatto sta che riguardo a questi ulteriori contaminanti sono state rimosse ulteriori 109 tonnellate di terreno contaminato.
  Nel mese di ottobre 2006 l'Ufficio commissariale, sulla base dei dati disponibili, ha richiesto alla società di procedere al barrieramento idraulico dell'acquifero. Le attività sono iniziate nel mese di marzo del 2007 e sono tuttora in corso.
  Caffaro, prima di «lavarsi le mani» di quello che dopo, lo vedremo, sono state delle ulteriori richieste da parte dell'Ufficio commissariale, ha quantomeno posto in essere le opere minime di messa in sicurezza di emergenza anche riguardo all'acquifero. Lì troviamo adesso un impianto di messa in sicurezza d'emergenza dell'acquifero costituito da alcuni pozzi che emungono queste acque, le trattano e le portano nel depuratore consortile, secondo quanto previsto dal quarto comma dell'articolo 243, che parifica totalmente i reflui provenienti da impianti di bonifica o di messa in sicurezza di emergenza ai reflui industriali.
  Studiando in archivio, prima del nostro intervento «in straordinario/ordinario», erano state richieste e attuata dall'ex Ufficio commissariale Valle del Sacco la creazione di un ulteriore bypass a favore di questo enorme depuratore consortile e la messa in opera di filtri a carboni attivi, in maniera tale da garantire un trattamento ancora migliore rispetto al trattamento classico di industriale civile che tratta il depuratore di Colleferro o della CSC.

  PRESIDENTE. Solo per capire, questo trattamento, a cui faceva cenno, che viene fatto dalla società si intende sempre dalla società Caffaro, in questo caso? La società Caffaro, o chi per essa oggi, ha in gestione il TAF a causa di questo barrieramento e, quindi, quest'attività di bonifica delle acque? La stanno pagando loro oggi?

  EUGENIO MARIA MONACO, Funzionario regionale area bonifiche della regione Lazio. Assolutamente sì, presidente. L'impianto è stato posto in essere a spese di Caffaro, ma parliamo ormai di quasi dieci anni fa. Ahimè, nel 2009-2010, come vedremo soprattutto nella mia relazione nei confronti di benzoino, Caffaro decide di non collaborare più, o quantomeno di adempiere alla normativa vigente. Di conseguenza, l'Ufficio commissariale si sostituisce in danno a Caffaro nella gestione dell'impianto (pulizia di filtri, individuazione di ditte, conferenza dei servizi e via elencando).
  Ad oggi, di conseguenza, è in piedi una gestione monitorata, perché, come abbiamo detto, tutto va a finire nel depuratore consortile CSC, cioè del gestore del Pag. 12depuratore, che è il gestore del Consorzio industriale, e ci si comporta come con un normale refluo industriale.

  PRESIDENTE. Quindi, di fatto oggi quel trattamento lo fa l'ASI.

  EUGENIO MARIA MONACO, Funzionario regionale area bonifiche della regione Lazio. Assolutamente sì. Diciamo di sì, perché, sempre per le previsioni giuridiche del n. 243, come abbiamo detto, si tratta di refluo industriale. Ad oggi, fortunatamente, è così. Vedremo in conclusione della mia esposizione quali sono le attività che ancora l'Ufficio commissariale, o meglio, l'ormai ex Ufficio commissariale, deve portare in essere.
  Tra queste si tratta di consentire l'avviamento di un grande impianto di bonifica, che però è gestito da SECOSVIM, che sarebbe il soggetto proprietario della maggior parte delle aree occupate dall'ex Bombrini Parodi Delfino. Nel momento stesso in cui si avvierà... Le difficoltà, lo sappiamo, come diciamo, sono più della materia e del fatto che ancora non vada così tanto di moda negli enti pubblici piuttosto che del resto, anche perché le infrastrutture ci sono.
  Per fare il quadro completo su Caffaro chetoni, oltre a queste attività di messa in sicurezza di emergenza «parziali» previste, come quella della rimozione dell’hotspot, è stato predisposto un progetto di bonifica. Abbiamo detto che c'è già stata l'analisi di rischio. Il progetto di bonifica, però, è stato predisposto dall'Ufficio commissariale, se ricordo bene, con redazione affidata all'Università La Sapienza. Parliamo sempre degli anni 2010-2011.
  Fatto sta che il nesso che esiste tra l'affidamento dei lavori di bonifica di Caffaro chetoni e il relativo completamento è determinato dal sito ARPA 2, che – poi magari lo dettaglieremo meglio – risulta essere un sarcofago, un impianto di messa in sicurezza permanente che io chiamo borderline rispetto a una discarica. Tant'è vero che con il direttore Lasagna, quando fino a un anno fa era il mio direttore, abbiamo fatto un apposito quesito alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ma abbiamo discusso anche con il Ministero dell'ambiente per far comprendere che questo impianto è stato totalmente progettato e predisposto, la gara è stata fatta e tutto il resto, ma in regime straordinario. Come ci dobbiamo comportare adesso in regime ordinario? Lo interpretiamo come un sito di stoccaggio definitivo?
  Presidente, il contaminante, il lindano ad oggi non vede in Italia alcun tipo di impianto idoneo per il relativo trattamento. All'epoca l'Ufficio commissariale aveva individuato un solo impianto in Germania, che, tra parentesi, non era in grado di trattare se non un determinato quantitativo annuo di quel materiale a cifre folli.
  È per questo motivo che fu scelto, in totale regime emergenziale, di creare due sarcofaghi. Uno è chiamato ARPA 1 ed è del tutto finito. Al suo interno sono andati a finire anche i terreni della bonifica del sito benzoino, di cui parlavamo prima. Parliamo praticamente di un bunker in cemento armato con tanto di pozzi di drenaggio delle acque di prima pioggia, nonché tutta una serie di pozzi di monitoraggio per rendersi conto di quale sia la situazione.
  ARPA 2 era il gemello, tra parentesi – ritorno al cenno che facevo prima sul ritrovamento delle discariche – in siti interessati da queste discariche. I veri siti di discarica dove fu scoperta la maggior aggressione umana industriale nei confronti delle matrici suolo e sottosuolo sono le aree di ARPA 1, ARPA 2 e Cava di Pozzolana, che non erano altro che dei veri e propri riporti di materiale antropico. Questo è il motivo della scelta di arginare e confinare almeno in ARPA 1 quel tipo di contaminante, che è terreno frammisto alla molecola famosa. Quando fu dichiarato fuorilegge il DDT, il lindano si fece carne di porco, all'epoca.
  ARPA 2 è, quindi, il secondo sarcofago che serve alla bonifica di chetoni-fenilglicina, progetto già esistente.
  Passando ad ARPA 1, predisposto con anticipazioni della contabilità speciale, ma coperto con finanziamento statale regionale Pag. 13 APQ 8, abbiamo già una prima quantificazione economica dell'attività.
  Per quanto concerne, invece, il sito benzoino, sappiamo che questo sito, che ha un'ampiezza di circa 1,6 ettari, ha visto presente Caffaro come attività industriale dal 1989. Si tratta di un sito non in proprietà di Caffaro, ma in locazione. Il proprietario è SECOSVIM, che, come abbiamo detto, è subentrata alla proprietà Bombrini Parodi Delfino quasi per intero ed è stata utilizzata fino al 2006. Dal 2006 le attività industriali della Caffaro su questo sito non sono state più portate avanti.
  Il nome la dice lunga, da quanto ho potuto comprendere, sulla tipologia di produzione avviata su quel sito stesso. Anche in questo caso tutte le fasi legate all'indagine ambientale diretta e indiretta sono state eseguite all'epoca dall'utilizzatore del sito, che nell'anno 2009-2010, come abbiamo detto, si dichiara, invece, soggetto non proprietario e si ritiene non responsabile della contaminazione individuata su benzoino. Di conseguenza, dà il via alle danze degli interventi sostitutivi in danno da parte dell'Ufficio commissariale Valle del Sacco.
  In questo caso c'è stata una completa bonifica dell'area, attraverso anticipazioni da parte della contabilità speciale dello Stato, ma coperte, in questo caso, con un programma finanziario quasi per intero POR-FESR 2007-2013, che non è andato a totale buon fine per un semplice motivo: la Comunità europea mal comprende le deroghe alla normativa comunitaria. Quelli che per noi sono commissariamenti per la Comunità europea sono degli abusi d'ufficio, chiamiamoli così.
  Fatto sta che la normativa nazionale oggi lo prevedeva. Pertanto, abbiamo cercato di salvare il salvabile. Come sapete, il POR ha addirittura due uffici di controllo, il primo audit di primo livello e il secondo audit di secondo livello, che è totalmente imparziale rispetto al primo. Nel secondo caso ci è arrivato un bel taglio, che noi, come amministrazione regionale in ordinario, abbiamo accettato di buona lena, visto che le regole sono le prime cose da rispettarsi, soprattutto in materie come questa.
  Molto è stato fatto su quel sito. Si è partiti dalla demolizione di manufatti insistenti su quell'area, che era un'area industriale, comprensiva di rimozione delle strutture in amianto presenti. Tali tipi di attività erano funzionali alla successiva bonifica del suolo e del sottosuolo saturo e insaturo, è stato svolto praticamente un unico intervento che partiva da un importo di 5,5 milioni, ma che si è ridotto notevolmente. Nelle relazioni depositate trovate addirittura il dettaglio economico della spesa.
  L'intervento è stato spacchettato in tre: demolizione manufatti, pulizia del fosso Cupo, un canale di raccolta di varie acque di lavaggio di varie zone industriali ricomprese all'interno del Consorzio industriale ASI, e, infine, la bonifica della zona satura e insatura, dove era presente il lindano.
  È stato portato a compimento questo tipo di attività e, quindi, diciamo che il sito del benzoino è sicuramente in una situazione molto migliore rispetto a quella presente per quanto riguarda Caffaro chetoni, ancorché in sostituzione in danno. Tra parentesi, tutte le cause sono state avviate all'epoca dall'Ufficio commissariale, con azione di rivalsa sia su onere reale, sia su privilegio speciale. Non mi ricordo, però, quale sia il tribunale dell'azione.
  Quindi, sul sito benzoino molto è stato fatto nello specifico, visto che abbiamo fatto su Caffaro chetoni la rimozione degli hotspot, cioè la rimozione del terreno contaminato, attività completata nel 2006. Questo ad opera di Caffaro, come messa in sicurezza di emergenza. Nel mese di maggio del 2007 è stata effettuata una caratterizzazione integrativa nei pressi di ulteriori hotspot da fitofarmaci.
  In merito alla caratterizzazione integrativa delle aree risultate contaminate da diossine e furani: anche in questo caso, ne è emersa la presenza di ulteriore contaminazione all'intorno del punto iniziale. L'Ufficio commissariale ha, quindi, richiesto un'ulteriore integrazione della caratterizzazione e la MISE delle terre mediante confinamento fisico. L'attività è stata completata, ma con sistemi rivelatisi inefficaci. Pertanto, nel 2009, in data 7 maggio, l'Ufficio commissariale ha reiterato la richiesta Pag. 14di adozione di messa in sicurezza di emergenza, utilizzando materiali idonei.
  La società si è dichiarata indisponibile a procedere e l'Ufficio commissariale ha proceduto in sostituzione in danno.
  Con riguardo al barrieramento idraulico dell'acquifero, anche in questo caso c'è un impianto di messa in sicurezza d'emergenza praticamente fotocopia rispetto a quello di chetoni-fenilglicina. L'attività è iniziata a partire dal mese di luglio del 2007. Questo ci fa comprendere che fu proprio Caffaro a porre in essere l'infrastruttura, anche se di un impiantino si parla, perché il vero impianto, la «cattedrale», è quello che partirà, con la bonifica che insiste sull'acquifero più profondo e più capillarmente disposto.
  La società, non ritenendosi responsabile dell'inquinamento e non essendo proprietaria del sito, ha proceduto alla gestione del sistema MISE dell'acquifero soggiacente il sito fino al mese di maggio del 2010. A partire da tale data fino a oggi le attività di gestione della barriera idraulica sono state sostenute dall'Ufficio commissariale, che agisce in sostituzione in danno. L'Ufficio commissariale ha affidato all'Università La Sapienza di Roma la progettazione degli interventi di bonifica in sostituzione in danno sia della società Caffaro soggetto industriale, che ha utilizzato l'area, come abbiamo detto, dal 1989 al 2006, sia della società SECOSVIM, proprietaria delle aree, che ha concesso le aree stesse per quel tipo di attività alla proprietà Caffaro.
  Il progetto definitivo di bonifica della matrice suolo e sottosuolo insatura e degli acquiferi sottesi è stato approvato nella Conferenza dei servizi del 2009, in pieno regime emergenziale derogatorio alla normativa ordinaria. L'Ufficio commissariale, che agisce in sostituzione in danno, ha ultimato le azioni di bonifica del sito procedute dalle fasi di decommissioning degli impianti presenti. I lavori sono stati ultimati nel dicembre del 2012 e autocollaudati dopo due anni e due mesi, per il drammatico passaggio di consegne che c'è stato. La Presidenza del Consiglio dei ministri comincia, infatti, ad anticipare la morte per eutanasia di questo ex Ufficio commissariale nel 2012.
  Immaginatevi, quindi, anche la difficoltà di portare avanti determinate questioni in questo limbo – chiamiamolo così – che si concluderà, come i due direttori vi hanno fatto comprendere, adesso con la Conferenza dei servizi dell'8 prossimo, augurandoci che il Ministero dell'ambiente, che è l'unico soggetto titolare a portare avanti almeno il procedimento di convocazione della Conferenza dei servizi e di tutto il resto, metta sotto i riflettori, come noi stiamo facendo, tutta questa zona.
  Un passaggio doveroso è che i contaminanti li troviamo anche a 60-70 chilometri dalla sorgente, in comune di Falvaterra, prospiciente Ceprano. Proprio dove è ubicato quel sito che abbiamo chiamato in precedenza ex Olivieri, ex Stelvio, troviamo quel tipo di contaminante. Immaginatevi il lavoro che ci sarà da fare, anche questo è un cronoprogramma sicuramente lento, perché l'attenuazione naturale sappiamo essere una tenue speranza, soprattutto con questo tipo di contaminanti e di sostanze recalcitranti. Allo stesso tempo, con un cronoprogramma di ampio raggio e di lunga veduta sicuramente si riusciranno ad aggredire gli inquinanti.
  Sicuramente l'attività di fitorisanamento e fitodepurazione è – lo ribadisco – un'attività di supporto a quelle che devono essere le rimozioni di sorgente primaria di contaminazione. Quindi, il completamento delle attività a monte, ossia a Colleferro, risulta essere fondamentale come programmato dall'allora ex Ufficio commissariale.
  Purtroppo, come amministrazione regionale, non abbiamo voce in capitolo, nel senso che siamo un semplice soggetto attuatore di quello che è stato precedentemente individuato e che adesso stiamo rivedendo, come quella che sarà la ricaratterizzazione delle fasce agricole di esondazioni, ma anche un rapporto integrato con il fitorisanamento e la fitodepurazione.
  La consegna dei lavori avverrà appena possibile per quanto riguarda il cantiere ARPA 2. Siamo – perdonatemi il termine – in trattativa con il Ministero dell'ambiente, perché è corretto e giusto rinquadrare in un Pag. 15pieno regime giuridico ex articolo 252 un procedimento ex commissariale, ossia la bonifica di chetoni-fenilglicina e l'ampliamento del grande impianto di bonifica gestito direttamente da SECOSVIM. Tra parentesi, SECOSVIM è oggetto di accordo di programma su determinate questioni e, quindi, sborserà, se non ricordo male, 5 milioni di euro per portare avanti determinate attività.
  Per quanto concerne ciò che è a valle del sito di Colleferro è interessante comprendere che in precedenza, come dicevo, c'erano dei buchi. Praticamente dalla zona nord di Colleferro si passava direttamente alla zona al confine con Ferentino, circa 40 chilometri a sud di Colleferro. Non erano inseriti il Consorzio industriale di Anagni, che vede anche siti industriali in attività.
  Tra parentesi, c'era anche un impianto di produzione pneumatici e di incenerimento degli stessi, ma c'è anche un ex sito bellico, come la polveriera di Anagni, che ha un'estensione, se ricordo bene, pari a circa 140 ettari di terreno. Immaginatevi come sia stato consegnato al comune bonificato per quanto riguarda la BOB, ossia la bonifica degli ordigni bellici, da parte del Ministero della difesa.
  Tuttora è stato individuato come uno dei siti meritevoli di essere indagati da parte delle amministrazioni comunali, perché, come diceva il direttore Carini, nella richiesta di programmazione che ci ha fatto il ministero circa un anno fa abbiamo tirato fuori dei punti fondamentali.
  Uno dei punti fondamentali era l'individuazione di quali fossero i siti che più immediatamente, a livello proprio visivo, ma anche a livello di aggressione sanitaria, fossero da mettere sotto i riflettori: sito industriale di Anagni, Consorzio industriale di Anagni, che dopo si affaccia a quello di Ferentino, che costituisce un unicum con quello di Frosinone e di Ceccano – Ceccano, non ci dimentichiamo, purtroppo, è salito agli onori delle cronache come uno dei Paesi più inquinati d'Europa, sia a livello della matrice aria, sia a livello di suolo, sottosuolo ed acque sotterranee – e, successivamente, il Consorzio industriale di Ceprano.
  Altra peculiarità è che all'interno di queste aree perimetrate come consorzi industriali insiste una grandissima superficie agricola. Per assurdo, troviamo delle fabbriche che confinano, anche se catastalmente individuate con destinazione d'uso industriale, con terreni che sono praticamente agricoli. Troveremo situazioni in cui c'è la farmaceutica e a fianco le pecore.
  Perché? Perché la Valle del Sacco, in quanto zona valliva, era stata storicamente utilizzata. Quindi, possiamo dire che abbiamo creato un mostro, nel senso che si tratta innanzitutto del sito di interesse nazionale più vasto d'Italia, ma sicuramente con la maggiore superficie agricola. Auspichiamo che anche il ministero finalmente faccia uscire il regolamento di cui all'articolo 241, visto che sono passati undici anni e che adesso ci serve realmente. Bisognerebbe comprendere come agire.
  Potrei continuare, presidente, ma penso che basti.

  PRESIDENTE. Credo che il quadro sia molto chiaro. Purtroppo, è molto complesso, ma abbastanza chiaro. Abbiamo visto anche i siti di Bussi e Pieve Vergonte. Sono siti che hanno una storia analoga, perché erano utilizzati per scopi bellici, e sono quasi tutti siti vallivi, perché nella prima guerra mondiale dovevano essere nascosti dagli incursori. Le eredità sono tutte molto complesse. Il problema è che, anche per l'estensione, per i soggetti che ci sono all'interno e per questa commistione con terreni agricoli, la questione è particolarmente complicata.
  Credo che la spiegazione sia stata esaustiva e ci consentirà di chiudere questa fase finale sulla relazione. Stiamo interloquendo con il ministero anche su altri argomenti. Cercheremo anche di capire come abbia intenzione eventualmente di intervenire a supporto anche delle cose che avete detto prima.
  Vi ringraziamo e dichiaro chiusa la seduta.

  La seduta termina alle 10.55.