XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III Camera e 3a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 22 di Mercoledì 24 maggio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 

Audizione della Direttrice dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, Dottoressa Laura Frigenti, nell'ambito dello Schema di Documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo 2016-2018 (Atto del Governo n. 414 ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 ,
Frigenti Laura , Direttrice dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo ... 3 ,
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 7 ,
Spadoni Maria Edera (M5S)  ... 7 ,
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 7 ,
Spadoni Maria Edera (M5S)  ... 7 ,
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8 ,
Frigenti Laura , Direttrice dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo ... 8 ,
Monaco Franco  ... 10 ,
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI)  ... 10 ,
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 10 ,
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 ,
Frigenti Laura , Direttrice dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo ... 12 ,
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 15 

ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata dalla Direttrice Laura Frigenti ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Civici e Innovatori: (CI);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-UDC: Misto-UDC;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 8.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione della Direttrice dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, Dottoressa Laura Frigenti, nell'ambito dello Schema di Documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo 2016-2018 (Atto del Governo n. 414).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'esame sullo Schema di Documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo 2016-2018 (Atto n. 414), l'audizione della Direttrice dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, la Dottoressa Laura Frigenti, che saluto e ringrazio a nome delle deputate, dei deputati, dei senatori e delle senatrici presenti.
  Saluto anche la delegazione che accompagna la Dottoressa Frigenti, che è composta dal Dottor Emilio Ciarlo, responsabile per le relazioni esterne dell'Agenzia, dalla Dottoressa Angela Manetto e dal Consigliere Carlo Iacobucci.
  Ricordo che l'esame del provvedimento presso questa Commissione è iniziato lo scorso 17 maggio e che, nel pomeriggio di oggi, si svolgeranno, presso il Senato, le ulteriori audizioni previste, cioè quelle dell'Ambasciatore Pietro Sebastiani, Direttore generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, nonché quelle dei rappresentanti del Coordinamento Italiano delle ONG Internazionali (CINI), dell'Associazione delle Organizzazioni Italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (AOI) e di LINK 2007 Cooperazione in rete.
  Ricordo, altresì, che la Dottoressa Frigenti è già stata audita dalle Commissioni I e III della Camera e 3a del Senato il 10 maggio 2016, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di riorganizzazione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, a norma dell'articolo 20 della legge 11 agosto 2014, n. 125.
  Do ora la parola alla Direttrice Frigenti, che nuovamente ringrazio, per lo svolgimento della sua relazione, che prevede anche una presentazione informatica, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).

  LAURA FRIGENTI, Direttrice dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. Grazie, presidente. La ringrazio molto per l'introduzione e ringrazio per l'opportunità di essere qui con voi oggi, che, come Lei ha giustamente ricordato, a un anno dalla mia ultima audizione, mi dà la possibilità non solo di offrire dei commenti sul Documento triennale di programmazione, che è l'oggetto principale dell'audizione, ma anche forse di darvi un aggiornamento sul lavoro di questa Agenzia, che, l'ultima volta che ci siamo visti, stava muovendo i suoi primissimi passi e, adesso, è un po’ più Pag. 4rodata. Quindi mi fa piacere anche informarvi sul suo progresso.
  Vorrei fare, prima di tutto, qualche commento sul Documento triennale di programmazione, che, essendo relativo agli anni 2016-2018, come potete bene immaginare, era stato ampiamente predisposto in quasi tutta la sua totalità prima dell'entrata in scena dell'Agenzia, quindi noi abbiamo potuto contribuire marginalmente.
  Credo che questo sia un Documento che presenta dei punti di forza e, forse, delle aree sulle quali è importante riflettere insieme, magari pensando a futuri aggiornamenti.
  Tra i punti di forza, dal mio punto di vista, soprattutto nella parte iniziale, c'è una descrizione dettagliata e approfondita di come l'introduzione dell'Agenda 2030 cambi la Strategia globale per lo sviluppo, quindi, di come da una serie di obiettivi circoscritti e limitati, quali i Millennium Development Goals, si passi a un'Agenda effettivamente globale e strategica che presenta delle novità importanti, tra cui, soprattutto, l'interconnessione e la necessità di guardare allo sviluppo nella sua integralità, ma anche – tema importante, sul quale mi piacerebbe ritornare – la necessità di trovare strumenti innovativi per il finanziamento di questa Agenda.
  Credo che il Documento rifletta molto bene come effettivamente l'Italia stia affrontando la necessità di adeguarsi a questo cambio dell'Agenda globale e come la legge n. 125, che è stata approvata prima dell'Agenda 2030, effettivamente offra uno strumento che permette all'Italia di avere tutto quello di cui ha bisogno per poter rispondere a queste sfide e a questi cambiamenti.
  Credo che sia anche importante il fatto che questo Documento faccia giustizia alla tradizione di approfondimento della cooperazione italiana su determinati settori, dando effettivamente una descrizione dettagliata delle aree d'intervento storiche della cooperazione italiana e dimostrando come l'innovazione sia recepita come un qualcosa che nasce dalla continuità.
  Mi sembra di ricordare la presenza di una sezione che si chiama appunto «Continuità e innovazione», quindi il Documento dimostra come effettivamente l'Italia sia orgogliosa dei risultati raggiunti, soprattutto in determinati settori, e come riesca a trarre da questo materia per introdurre degli elementi innovativi nel proprio lavoro.
  Credo che questi siano dei punti di forza del Documento e che sia importante che essi siano riconosciuti.
  Sono sicura che l'Ambasciatore Sebastiani che, con la Direzione generale, deve avere il credito maggiore per questo Documento e che svolgerà la sua audizione più tardi, potrà sicuramente rispondere con maggiori dettagli.
  Dal punto di vista delle aree che personalmente avrei avuto piacere di approfondire, direi due cose.
  La prima è che io, avendo, forse anche nella mia esperienza precedente, ragionato molto sull'efficacia e sull'efficienza dell'aiuto, dal punto di vista della mia responsabilità di Direttrice dell'Agenzia, mi pongo il problema rispetto a che cosa significa massimizzare l'efficienza e l'efficacia per un donatore come l'Italia.
  L'Italia è sicuramente in un periodo di crescita riguardo l'aiuto allo sviluppo, il che è estremamente benvenuto, ma rimane comunque, rapportata ad altri donatori, un donatore che io chiamo «di taglia media». Quindi mi chiedo se effettivamente avere una diversificazione così capillare e tanti settori sia il modo migliore per noi per utilizzare le nostre risorse. Lo dico anche in previsione della peer review dell'Italia, che dovrebbe farsi l'anno prossimo. Infatti, rispetto ai documenti precedenti, già negli scorsi anni credo che ci fosse stato rivolto un invito a massimizzare la selettività, che mi sembra non sia stato pienamente raccolto.
  Dal punto di vista dell'Agenzia, abbiamo ragionato molto su quali effettivamente siano le scelte strategiche dei temi e dei contenuti che permetterebbero, forse, di raggiungere una maggiore efficacia del nostro aiuto.
  Più tardi, vi vorrei dare un aggiornamento sulle nostre attività e vi vorrei presentare le nostre conclusioni. Pag. 5
  La seconda parte che io credo sia importante è il fatto che siamo in un momento storico dello sviluppo globale in cui, mai come prima, c'è un aumento incredibile di crisi, di emergenze, di situazioni drammatiche, che richiedono ovviamente un aiuto da parte della comunità internazionale. Tuttavia, quest'aiuto entra in concorrenza con risorse già limitate e contratte per l'Agenda dello sviluppo globale. Quindi è assolutamente importante ragionare sugli strumenti finanziari innovativi.
  Credo che quelli che hanno seguito, per esempio, la Conferenza di Addis Abeba del 2015 nonché gli esiti e le follow-up activity che ne sono derivati si rendono conto che molto della potenzialità per raggiungere gli obiettivi dell'Agenda 2030 sarà dovuto alla capacità, da una parte, di sviluppare strumenti finanziari diversi e, dall'altra, di coinvolgere attori diversi, quindi non ragionando solamente in termini di aiuto pubblico, ma anche intorno a obiettivi di sviluppo.
  Personalmente, avrei desiderato vedere una maggiore enfasi posta su quest'aspetto. Per quello che riguarda gli strumenti innovativi, siamo molto fieri di aver partecipato quest'anno, insieme al Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), allo sviluppo dell’Humanitarian Impact Bond.
  Si tratta di uno strumento di tipo assicurativo che sicuramente permette di avere dei grandi risultati sul terreno, facendo leva su risorse limitate. Questa è stata un'esperienza pilota e sono personalmente molto grata alla Direzione generale e al Viceministro Giro, che ci hanno dato fiducia al fine di lavorare con la CICR per mettere insieme questo strumento. Sono molto fiera di dire che l'Italia è stata, insieme al Belgio e alla Svizzera, il primo Paese donatore a livello mondiale che ha cercato di sviluppare questo strumento.
  C'è bisogno di continuare a ragionare su questi temi e su questi strumenti innovativi e diversi perché credo che, purtroppo, davanti alla grande quantità di bisogni, l'aiuto pubblico a dono tradizionale non sia sufficiente al momento, quindi c'è bisogno di capire cosa si può fare.
  Dall'altra parte, c'è bisogno di lavorare maggiormente con tutti gli altri attori della cooperazione che sono riconosciuti pienamente dalla legge, ma che ancora proseguono ognuno per conto proprio, anche per cercare di portarli insieme nel sistema Paese, in cui ci deve essere una convergenza di obiettivi e una confluenza di risorse. Credo che, quando arriveremo alla prossima versione di questo Documento triennale, questi saranno aspetti importanti sui quali bisognerà lavorare, quindi occorre selettività per quello che riguarda gli obiettivi e occorre prendere decisioni storiche.
  Ricordo che, anni fa, per esempio, il DFID (Department for International Development), un donatore ben più grande della cooperazione italiana, prese la decisione drammatica di dire: «Non lavoreremo più in America Latina, dove chiuderemo tutti i nostri uffici, e dedicheremo il 50 per cento delle nostre risorse ai Paesi fragili». Quella fu una decisione difficile da presentare politicamente e all'opinione pubblica, però quella decisione, di cui adesso si valutano gli impatti, ha permesso di avere risultati importanti in termini di efficacia.
  Credo che anche per noi politicamente sia importante ragionare e riflettere su dove vogliamo investire le nostre risorse, avendo, purtroppo, risorse limitate a fronte di bisogni sempre crescenti, in modo da ottenere risultati maggiori.
  Ora, se mi permettete, vorrei spendere cinque minuti soltanto per darvi un update sull'Agenzia, sperando di interpretare un vostro interesse nei confronti del nostro progresso. Abbiamo preparato quattro slide rapidissime.
  Dal punto di vista dei risultati, vi riporto i numeri che sono importanti. L'aiuto pubblico è cresciuto e continua a farlo costantemente: 426 milioni di euro per la cooperazione a dono nel 2016 e 557 milioni di euro per il 2017. Sfortunatamente non crescono le risorse a disposizione dell'Agenzia, che rimane sempre molto limitata dal punto di vista del personale. Questo è un tema che io ho sollevato varie volte: l'Agenzia sta operando con meno del 50 per cento delle persone, a livello di funzionari e di dirigenti, sia in Italia sia all'estero. Ha bisogno Pag. 6veramente non solo di un aumento da un punto di vista quantitativo, ma anche di un'iniezione di energie nuove e giovani e di far confluire nei quadri operativi dell'Agenzia tanta attenzione e tanto entusiasmo, presenti soprattutto nei giovani, intorno a questi temi.
  L'Agenzia rimane una macchina altamente efficiente: solamente 21 dei 447 milioni di euro del bilancio sono usati per le spese generali e il personale. Una statistica molto cara alla cooperazione globale dice che c'è ottimizzazione quando, per ogni dollaro, 10 centesimi sono usati per le spese generali, ma noi, per ogni dollaro, usiamo 5 centesimi per le spese generali; quindi, credo che siamo a un livello di efficienza che è, forse, pericoloso, anche perché, in effetti, c'è bisogno di investire nella struttura, se si vuole migliorare la qualità del lavoro.
  Abbiamo lavorato molto bene, nonostante la limitatezza di risorse: siamo riusciti a erogare 340 milioni di euro su 426 e ne abbiamo allocati 445, deliberando anche fondi residui rimasti dai precedenti bilanci gestiti dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo. Questo ci ha permesso di raggiungere uno degli obiettivi principali della convenzione firmata tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e l'Agenzia, che era appunto relativo all'erogazione dei fondi.
  Una delle difficoltà è stata che l'Agenzia si è trovata a ereditare un'enorme quantità di progetti, oltre mille, che erano già in gestione e operativi da parte della Direzione generale, in un momento in cui si doveva anche pensare e riflettere sui suoi processi interni e sui meccanismi di organizzazione. Lo abbiamo fatto senza nessuna interruzione e credo che chiunque di voi abbia viaggiato nei Paesi dove si svolgono i nostri interventi ha potuto vedere che le attività sul terreno sono continuate senza soluzione di continuità. Questo ha avuto un costo enorme perché naturalmente è stata canalizzata gran parte delle risorse che avevamo su questo patrimonio di gestione.
  Abbiamo cominciato a lavorare a un processo di raffinamento e di selezione dei progetti. Già nel primo anno abbiamo ridotto le iniziative in essere da mille a 750 e stiamo lavorando in tal senso anche per quello che riguarda la programmazione.
  La programmazione 2016, predisposta dalla Direzione generale, per esempio, aveva 250 nuove iniziative, che, a nostro avviso, rappresentano un numero ingestibile e troppo elevato di iniziative, che sono troppo piccole e frammentate. Già quest'anno, nella nuova programmazione approvata la settimana passata, abbiamo ridotto il numero da 250 a 150 e speriamo di continuare con questo processo di raffinamento perché dobbiamo avere iniziative più importanti, più grandi e di maggiore impatto, che siano programmatiche e pluriennali e non piccoli progetti.
  Credo che, in generale e non solamente per l'Italia, il tema dell'aiuto tramite i progetti sia oramai in chiusura.
  La seconda slide vi dà un'idea dei Paesi nei quali abbiamo uffici operativi. Abbiamo mantenuto tutti gli uffici che avevamo ereditato e, in più, abbiamo aperto altri uffici.
  Per indicare l'emergere di nuovi Paesi prioritari, posso dire che in Giordania abbiamo aperto un ufficio che, tra l'altro, è anche responsabile della gestione di gran parte dei progetti della crisi siriana, su cui l'Italia è un attore estremamente importante, con un grosso pledge nel quadro della Conferenza di Londra, riconfermato nella Conferenza di Bruxelles. Inoltre, abbiamo aperto un ufficio a Mogadiscio per cercare di vedere come si può rispondere operativamente ai tanti bisogni della Somalia, che per noi rimane un Paese prioritario, e abbiamo aperto un ufficio a Cuba.
  Le ultime due slide riguardano i temi cui vi accennavo prima. Abbiamo veramente cercato di fare un ragionamento, chiedendoci, nel caso in cui dovessimo limitarci a fare poche cose, quali sarebbero quelle importanti per noi da un punto di vista strategico e quelle in cui abbiamo effettivamente un valore aggiunto. Lo dico perché non su tutte le cose possiamo essere tutti egualmente bravi.
  Abbiamo identificato tre settori importantissimi. Il primo riguarda migrazioni e sviluppo. Questo è un tema grandissimo Pag. 7che noi affrontiamo solamente da un angolo, quello dell'aiuto allo sviluppo, cioè come può l'aiuto allo sviluppo contribuire alla gestione in maniera sostenibile dei flussi migratori.
  Abbiamo predisposto, in collaborazione con l'Università degli studi di Roma Tor Vergata, il rapporto Towards Sustainable Migration, che abbiamo presentato su vari palcoscenici in Italia e al Parlamento europeo. Due giorni fa, ci è giunta l'informazione che la Banca Mondiale, alla quale avevamo dato questo libro in lettura, ha ritenuto che quella predisposta dall'Italia su questo tema così rilevante sia una strategia importantissima e desidera adottarla, per cui ci ha chiesto, nel quadro degli annual meeting, di organizzare un grande evento congiunto con la stessa Banca per presentare la strategia alla comunità internazionale.
  Credo che questo sia un grande risultato e, personalmente, sento molto questo tema. Una delle ragioni che è alla base della necessità di avere un'Agenzia tecnica è la volontà di far ritornare l'Italia alla ribalta sul palcoscenico delle idee intorno al tema dello sviluppo. Quindi, il fatto che il primo tema con cui ci siamo presentati a livello internazionale abbia avuto un così grande riscontro e un così grande ritorno è effettivamente un grande successo.
  Il secondo tema è anch'esso storico per l'Italia, ossia la cultura come elemento di sviluppo, che riprende un tema sul quale già la DGCS aveva lavorato moltissimo nel quadro della legge n. 49, per esempio sul patrimonio culturale. Rispetto a questo tema si riconosce il fatto che ricostruire il patrimonio storico e culturale di un popolo è parte del processo di ricostituzione della sua identità e che, quindi, oltre a rispondere ai bisogni primari, c'è necessità di ricostruire un senso di identità e un senso di appartenenza storica, soprattutto per le comunità che hanno subìto dei drammi tremendi.
  Penso, per esempio, all'esperienza molto recente che ho fatto visitando i campi profughi siriani in Giordania.
  L'ultimo tema, sul quale non abbiamo presentato una slide, è anch'esso un tema storico prioritario ed è quello della sicurezza alimentare, che stiamo affrontando in parte in preparazione degli eventi del G7, a seguito del quale questo tema uscirà sicuramente con grande risalto.
  È un settore in cui l'Italia, anche per la presenza del polo romano delle agenzie delle Nazioni Unite che si occupano proprio di questi temi, ha un'esperienza storica. Secondo noi, è un tema importantissimo per quello che riguarda lo sviluppo sostenibile e l'uso del patrimonio e delle risorse naturali.
  Si tratta soprattutto di aiutare i Paesi a definire criteri di aggregazione della popolazione in spazi come quelli delle piccole città vicine alle fonti di produzione di risorse naturali, che permettono effettivamente un insediamento più equilibrato della popolazione sul territorio.
  Mi fermo, perché mi rendo conto che ho parlato tantissimo, e mi scuso. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio la Dottoressa.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARIA EDERA SPADONI. Visto che sono le 9,10 e io sono delegata d'Aula, quindi fra 20 minuti devo assolutamente essere in Aula, anche se non ci sono ancora votazioni, chiedo la possibilità di svolgere subito il mio intervento ed eventualmente ascoltare le risposte della Dottoressa Frigenti, così da potere andare in Aula, ovviamente se i colleghi sono d'accordo.

  PRESIDENTE. Prego.

  MARIA EDERA SPADONI. Grazie. Ringrazio la Dottoressa Frigenti. Ho una serie di domande. Alla prima più o meno mi ha risposto, però è stata una risposta alquanto allarmante. Io volevo chiedere lumi sulla situazione del personale dell'Agenzia. Lei prima ha detto che al momento risulta essere meno del 50 per cento rispetto alle esigenze.
  Da qui, la mia successiva domanda: in quale modo possiamo riuscire a implementare questo personale? C'è una problematica Pag. 8 di personale; se non sbaglio, anche l'anno scorso in audizione veniva espressa questa preoccupazione, ma un conto era un'Agenzia creata da pochi mesi e un altro conto è un'Agenzia creata da un anno e mezzo.
  La mia domanda è: in che modo possiamo far sì che ci sia l'implementazione di cui effettivamente l'Agenzia ha bisogno per riuscire a lavorare al meglio? Riformulo la domanda in questo modo.
  Nel Documento triennale, purtroppo, si continua a parlare di aiuto pubblico allo sviluppo e anche Lei, Dottoressa, ha usato più volte la terminologia «aiuto pubblico allo sviluppo». Mi ricordo che quando è stata votata la legge n. 125 del 2014 c'è stato un grandissimo dibattito sul modificare questa terminologia per non parlare più di APS (aiuto pubblico allo sviluppo), ma di cooperazione pubblica allo sviluppo.
  Le opposizioni avevano fatto un grande lavoro con la maggioranza proprio per far sì che passasse questo concetto, quindi mi chiedo perché nel Documento triennale, di nuovo, ci ritroviamo ad avere questa terminologia, che comunque è una terminologia sostanzialmente sbagliata, se vediamo la cooperazione in un certo modo e non come aiuto.
  Sempre nel Documento triennale si parla anche dell'Obiettivo n. 16 dell'Agenda 2030 come di uno dei punti prioritari. Ciò mi fa molto piacere. Io, in quanto presidente del Comitato permanente sull'attuazione dell'Agenda 2030 e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, ho specificato che uno degli obiettivi più importanti dal nostro punto di vista è proprio l'Obiettivo n. 16 su pace e sicurezza.
  Proprio per questo abbiamo svolto anche l'audizione del Ministro plenipotenziario Francesco Azzarello, responsabile dell'Autorità nazionale UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali d'armamento) e abbiamo sollevato la problematica relativa all'import-export di armi nei confronti di quei Paesi che, in qualche modo, violano i diritti umani.
  Come possiamo, da una parte, scrivere nel Documento triennale di cooperazione che una delle priorità dell'Italia è proprio l'Obiettivo n. 16, ovvero pace e sicurezza, e, dall'altra, permettere che ci sia un import-export di armi così importante verso Paesi che, in qualche modo, stanno violando i diritti umani? Questa è una domanda che pongo anche a Lei.
  Infine, da quello che ho letto sul sito info-cooperazione.it, abbiamo un aumento percentuale dell'APS di oltre il 20 per cento che consente al nostro Paese di passare dallo 0,22 allo 0,26 per cento in rapporto al PIL.
  È tutto molto bello, peccato che buona parte di questi fondi vengono usati per l'accoglienza dei rifugiati in Italia, anziché essere destinati ad iniziative nei Paesi partner. Sempre sul sito info-cooperazione.it si parla del 34 per cento delle risorse utilizzate a questo scopo.
  Anche questa è una domanda che mi faccio. L'emergenza migranti ovviamente c'è. Il punto è che, parlando di finanziamenti che dovrebbero andare al sistema di cooperazione, che invece vengono usati per un'emergenza prettamente italiana, mi domando se non sia sballato il numero dell'aumento dell'APS rispetto al PIL, quando si parla di 0,22 e 0,26 per cento. Sono fondi che vengono stanziati per un'emergenza che c'è in Italia.

  PRESIDENTE. Do la parola alla Dottoressa Frigenti per la replica.

  LAURA FRIGENTI, Direttrice dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. Comincio con la domanda sul personale dell'Agenzia. Le ricordo brevemente che l'organico previsto dalla legge per l'Agenzia è composto da 200 funzionari in Italia più gli esperti già ereditati nel quadro della legge n. 49, che sono però una categoria definita ad esaurimento, più 100 funzionari locali nelle sedi estere, più 18 dirigenti.
  Al momento, l'Agenzia ha circa 120 dipendenti. Non posso dirlo con esattezza, perché vi sono costantemente pensionamenti. Credo che, per esempio, quest'anno i pensionamenti saranno altri dieci. Peraltro, si tratta di un gruppo abbastanza avanzato in termini di età. Stiamo procedendo Pag. 9alla finalizzazione del reclutamento di 80 persone nelle sedi locali. Purtroppo, il tema dolente è che solamente otto dirigenti sono al momento presenti in Agenzia.
  Che cosa blocca questo? Per quanto riguarda i funzionari ovviamente è il concorso. Il concorso, come Lei ricorderà, è stato approvato nel quadro della legge di stabilità già in novembre, ma necessita dei vari decreti attuativi dei quali siamo ancora in attesa, e questo per noi è un grosso blocco.
  Per quanto riguarda i dirigenti, che rappresentano una mancanza estremamente drammatica per il nostro lavoro in questo momento, c'è bisogno che all'Agenzia siano riconosciute delle deroghe di eccezionalità, come sono state riconosciute ad altre agenzie nel momento della loro formazione, per cui, per esempio, per i primi cinque anni a queste agenzie è stata concessa la possibilità di utilizzare le quantità di cui all'articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che sono permesse alle amministrazioni normali. A noi, nel quadro dello statuto, questa deroga non è stata riconosciuta. L'abbiamo lamentato già dall'inizio e rimane un problema scottante.
  Io non so dirLe come possiamo risolvere il problema se non sensibilizzando le autorità, che devono effettivamente rendersi conto che c'è bisogno di aiutare una struttura che non è solamente una start-up. Infatti, il dramma di questa Agenzia è che è una struttura che, da una parte, ha tutte le debolezze istituzionali di una start-up e, dall'altra, già dal 1° gennaio dell'anno scorso aveva un ingentissimo portafoglio di iniziative in gestione delle quali noi sentiamo la grande responsabilità. Non abbiamo neanche avuto il lusso di poter crescere nell'incubatrice. Noi siamo cresciuti nell'acqua fredda. Questa è la situazione.
  Per quanto riguarda le Sue altre domande, sono temi che ovviamente mi toccano e mi interessano e rispondo per quanto concerne la ristrettissima parte di nostra competenza. Sono agende grandissime.
  Rispetto alla Sua ultima domanda, io credo che occorra fare due tipi di considerazioni. La prima è che sicuramente, se noi disaggreghiamo il totale dell'APS, ci sono voci che sono relative a interventi nei Paesi e voci che sono relative ad altro tipo di interventi. Devo dire, però, che questa tassonomia è la stessa che viene usata a livello internazionale per tutti i Paesi. Noi rispondiamo alle normative OCSE, che fanno catalogare un certo tipo di spesa per tutti i Paesi che vengono considerati. Se noi scendiamo o saliamo, salgono e scendono gli altri sulla base della stessa considerazione.
  Comunque, come abbiamo cercato di presentare, anche i fondi che noi gestiamo, che sono tutti fondi per interventi nei Paesi, sono saliti, solamente tra il 2016 e il 2017, da 426 milioni di euro a 557 milioni, quindi c'è un incremento sostanziale.
  Io non so che cosa succederà in occasione delle prossime leggi di bilancio, comunque le proiezioni, che ci auspichiamo siano confermate, vedono anch'esse un trend in crescita.
  Per quanto riguarda la terminologia dell'aiuto pubblico allo sviluppo, noi, come sa, non siamo gli autori di questo Documento, ma vi abbiamo contribuito. Credo che sia una terminologia che viene usata per distinguere l'aiuto pubblico che transita attraverso le strutture pubbliche dello Stato dalla cooperazione pubblica allo sviluppo, che è un concetto più generalizzato che riguarda il sistema Italia. C'è una forte mobilitazione di risorse private che vanno in tal senso.
  Io credo che ci sia bisogno di trovare dei termini. Quali siano quelli giusti e quelli sbagliati lo lascio decidere ad altri, però c'è bisogno di essere in grado di distinguere i fondi che vengono dalle finanze dello Stato dagli altri fondi.
  Lo dico perché in una mia precedente esperienza negli Stati Uniti, quando feci un calcolo per il Governo americano riguardo le risorse della cooperazione pubblica allo sviluppo, per esempio, i fondi immobilizzati dagli organismi non governativi erano circa 6 miliardi di dollari l'anno. Si trattava di fondi del piccolo contribuente canalizzati attraverso ONG, che avrebbero fatto del sistema delle ONG americane il sesto donatore mondiale dal punto di vista della quantità delle risorse. Credo che ci sia bisogno di avere ben presente in ogni Paese Pag. 10quale sia la mobilitazione totale del sistema e la mobilitazione dell'aiuto.
  Sull'Obiettivo n. 16, Le posso dire semplicemente che noi sottoscriviamo assolutamente quello che è riflesso nel Documento di programmazione. È un obiettivo fondamentale, perché è un po’ la madre di tutti gli obiettivi, nel senso che è quello che permette agli altri obiettivi di realizzarsi. Quanto alle risorse che vengono investite negli altri obiettivi e ad altre attività al di là di questa Agenda, sono al di fuori della mia possibilità di commentare.

  FRANCO MONACO. Ho solo una domanda, Dottoressa. Lei ha messo molto l'accento sull'esigenza della selettività, che è un'esigenza ragionevole, saggia e anche un po’ obbligata, da quel che capisco, a fronte della scarsità dei mezzi, per un verso, e della gamma degli obiettivi, dall'altro, soprattutto sul fronte della selettività dei progetti e dei fini. Naturalmente, anche in nome dell'efficienza e dell'efficacia, che vedo Le sta molto a cuore, credo che alla selettività dei fini debba corrispondere la selettività dei mezzi e delle risorse.
  La domanda è: come si concilia, se non ho capito male dalle slide, l'apertura di nuove sedi con un organico che, se ho ben capito, è della metà rispetto a quello formale fissato sulla carta? Se non vedo male, trattasi di Giordania, Somalia, Cuba, cioè di sedi che hanno a che fare con situazioni di emergenza. Lei giustamente diceva che c'è la proliferazione delle emergenze e la scarsità delle risorse. Tuttavia, mi chiedo come si concilia, anche ai fini della distribuzione di un personale scarso, l'apertura di nuove sedi. È una domanda specifica.

  PIA ELDA LOCATELLI. Anch'io sono molto incuriosita dal bisogno di razionalizzazione assoluta, che è un bisogno razionale, ma anche determinato dal fatto che, come ha detto il collega Monaco, noi siamo un Paese di media taglia per quanto riguarda la cooperazione.
  Non credo che dipenda dall'Agenzia la definizione degli obiettivi, perché è una questione di politica complessiva, ma come fate a occuparvi della coerenza di obiettivi stabiliti da un ente dal quale dipendete?
  Inoltre, mi interessa capire la confluenza delle risorse, in modo che sia possibile avere la coerenza con gli obiettivi.
  Vorrei sapere come state gestendo – e con quali prospettive – il fatto che avete scelto obiettivi che hanno una massa critica sufficiente per non essere dispersivi, nel rapporto, ad esempio, con tante piccole ONG. Infatti, l'Italia ha questa caratteristica, che può presentare, oltre agli svantaggi di una frammentazione, anche alcuni vantaggi oggettivi.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Vorrei ringraziare molto la Direttrice Frigenti per una relazione che credo ci aiuti molto nel prosieguo del lavoro, sia relativamente al parere che dovremo esprimere sul Documento di programmazione triennale sia, più in generale, per continuare a focalizzarci su come utilizzare meglio la cooperazione internazionale come strumento importante della nostra politica estera.
  Vorrei fare un'osservazione e un paio di domande. L'osservazione è un ringraziamento, perché la parte del Documento triennale relativa al lavoro svolto rispetto alla costituzione e al funzionamento dell'Agenzia è un lavoro che aiuta molto.
  Nella legge noi abbiamo immaginato l'Agenzia come uno strumento di implementazione ed effettivamente il Documento di programmazione triennale dà davvero il senso strategico di alcune scelte organizzative operate.
  Mi riferisco, in particolare, a tante cose che erano emerse nel dibattito parlamentare: la cooperazione decentrata, il rapporto con le organizzazioni della società civile, l'organizzazione per aree funzionali dell'Agenzia.
  Si vede davvero la differenza rispetto all'audizione di un anno fa e tale differenza è dovuta a un lavoro svolto non solo per far funzionare una macchina, ma anche per farla funzionare in direzione di alcune scelte strategiche.
  Credo davvero che il lavoro svolto in questi mesi possa rappresentare le fondamenta. Era quello che ci aspettavamo ed era anche la preoccupazione che avevamo. Temevamo che i primi anni di vita dell'Agenzia sarebbero stati anni difficili, perché Pag. 11c'erano una serie di questioni burocratiche da risolvere, ma anche perché come si creava l'Agenzia e come la si faceva funzionare avrebbe determinato poi la qualità del funzionamento della nostra cooperazione per molti anni a venire. Su questo vorrei dare un feedback molto positivo.
  Ho due domande. Immagino che con un personale ridotto, più risorse e la fatica di costituire una nuova organizzazione ci siano tante cose ancora da fare. Le pongo una domanda, al netto del lavoro sul personale dell'Agenzia su cui noi ci stiamo attivando. Infatti, recentemente è stato presentato a nome mio e del Partito Democratico un emendamento al testo unico sugli enti locali relativamente al tema dei vicedirettori, che è stato poi dichiarato inammissibile. Continueremo a lavorare su questo e a sollecitare per il concorso.
  Al netto di questo, rispetto a tutti gli adempimenti che si stanno facendo per passare dal sistema UTC-UTL al sistema di Agenzia, come sta andando? Ci può dare una valutazione di questo? Eventualmente ci sono cose che noi possiamo fare per aiutare e per rendere meno gravoso un processo che immagino sia estremamente complicato?
  Il secondo tema, su cui ci sono arrivate molte sollecitazioni, riguarda la questione delle organizzazioni della società civile. Mi riferisco al tema della cosiddetta «lista» prevista dall'articolo 26.
  La settimana scorsa abbiamo appreso con grande gioia che il Viceministro ha deciso di stanziare il doppio delle risorse per le organizzazioni della società civile. Credo che questo sia anche un modo per rafforzare l'idea di sistema italiano della cooperazione e per far lavorare tanti soggetti diversi, oltre a quelli che tradizionalmente lavoravano.
  Lo strumento per entrare nel processo è la lista. Abbiamo ricevuto da varie parti, in particolare dai soggetti non tradizionali della cooperazione, alcune sollecitazioni su come funziona, su come si entra e anche rispetto ad alcune difficoltà a essere dichiarati eleggibili.
  Su questo, siccome viene fatto un pensiero strategico, magari qualche parola in più ci può aiutare nel dialogo e ci può aiutare a capire come indirizzare un sistema che, a nostro giudizio, era uno degli elementi forti delle novità introdotte dalla legge.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola alla Dottoressa Frigenti, mi aggiungo anch'io ai colleghi. Le osservazioni che faceva da ultimo l'onorevole Quartapelle, che io condivido, sollevarono un grande dibattito in fase di costruzione dell'Agenzia riguardo alla possibile duplicazione, al ruolo dell'Agenzia e al rapporto con la Direzione generale. Oggi siamo contenti di vedere che alcuni problemi si stanno affrontando e altri, invece, pare si stiano in qualche modo risolvendo.
  Su altre questioni hanno detto bene i miei colleghi, quindi non aggiungo altro. Mi associo a quanto ha detto l'onorevole Locatelli rispetto al sistema di cooperazione italiano e al fatto che le piccole organizzazioni hanno ovviamente maggiore difficoltà a costruire macro-progetti di cooperazione o, comunque, a investire su un livello di progettualità di queste dimensioni.
  Vorrei, quindi, sapere se, da parte dell'Agenzia, c'è anche una strategia o un indirizzo rispetto alla costruzione di consorzi e cooperative.
  Infine, mi pare evidente che strategicamente la cooperazione italiana stia investendo molto sul terreno delle migrazioni. Una preoccupazione, che è stata sollevata soprattutto dalle organizzazioni non governative, è che buona parte di questi investimenti arrivi direttamente nelle mani dei governi e venga utilizzata non tanto per obiettivi tipici della cooperazione allo sviluppo quanto per la gestione diretta dei flussi migratori, spesso per la costruzione di campi o per la gestione delle frontiere.
  Su questo una domanda specifica riguarda il Fondo Africa e i famosi 200 milioni che sono stati stanziati. Mi chiedo se c'è la possibilità di capire qual è l'indirizzo su questi soldi, se l'Agenzia ha un ruolo nella programmazione, se quei 200 milioni, visto che la cifra coincide, sono gli stessi che vengono utilizzati nell'accordo con la Libia. Pag. 12
  Ci sono una serie di punti interrogativi. Non so se potrà rispondere a tutti, però sono domande che Le volevo porre.
  Do la parola alla Dottoressa Frigenti per la replica.

  LAURA FRIGENTI, Direttrice dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. Rispondo in ordine cronologico. Io capisco che sembra una cosa illogica aprire dei nuovi uffici in una situazione di ristrettezza di personale. Ci sono due elementi in tal senso.
  In primo luogo, io mi pongo veramente sempre, come mia responsabilità personale, l'efficienza nell'uso delle risorse. La realtà è che gestire un programma complesso, come ad esempio la crisi siriana, da Roma ha dei costi di gestione enormi. Mi sembra illogico che il contribuente debba pagare spese di missione, viaggi, biglietti aerei, quando io posso creare un'unità tecnica in quel Paese, che è molto più efficace dal punto di vista della gestione, perché si trova lì, lavora con le autorità del Governo, si riunisce ogni giorno, tiene sotto controllo la realtà e ha dei costi operativi molto ristretti.
  Peraltro, in contesti di crisi come quella siriana, in cui il bersaglio è mobile e la situazione è molto fluida, avere una persona sul terreno che è in grado di dirmi: «Guarda, aggiustiamo il tiro, disegniamo il progetto in un modo diverso, facciamo questo cambiamento» mi garantisce, non solo un'efficienza delle risorse, ma anche un'efficacia dei fondi e dell'aiuto che per me è importantissima.
  Lo stesso vale per un problema complicato come la Somalia, dove, per carità, ancora non riusciamo ad essere presenti su tutto il territorio, però quanto meno nella zona dove le condizioni di sicurezza lo permettono è possibile per i nostri esperti essere presenti, interagire con le autorità locali, interagire con gli altri donatori, imparare insieme. Tutto va molto meglio che se fosse gestito da Roma, dove io mando con il paracadute tre persone per dieci giorni, fanno quello che possono, ma poi alla fine non hanno un impatto.
  Inoltre, c'è una questione operativa molto semplice: io ho una flessibilità di assunzione di esperti a contratto negli uffici locali che non ho a Roma, per cui se io ho bisogno di cinque medici ad Amman li posso prendere, mentre a Roma siamo ancora in attesa da un anno, nella stessa identica situazione. Dunque, anche da quel punto di vista, è una scelta strategica che funziona.
  Mi sembra che le domande dell'onorevole Locatelli cercassero di spingermi ad andare un po’ più a fondo su come lavoriamo come sistema. La legge è molto chiara sulla divisione delle responsabilità, nel senso che ci dice che la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo dà gli indirizzi politico-strategici e, ovviamente, ha un ruolo di vigilanza importante sulle attività dell'Agenzia e che quest'ultima ha un ruolo operativo.
  In realtà, non è una divisione così schematica, perché, come Lei immagina, chi ha i piedi sul terreno e l'orecchio più vicino alla realtà riesce anche a raccogliere degli input che è importante far confluire nella fase politico-strategica di definizione degli obiettivi. Pertanto, c'è un'interazione costante tra noi e la Direzione, pur ovviamente nel rispetto dei ruoli.
  Ad esempio, la programmazione, che è il processo attraverso il quale questi obiettivi si concretizzano nelle scelte relative a cosa decidiamo di finanziare, è partita da un lavoro bottom-up che è nato dagli uffici. Gli uffici sul territorio hanno predisposto delle proposte per ciascun Paese, che sono state messe insieme a Roma da noi e dalla DGCS. C'è stato un processo di analisi in cui si è coinvolto molto il Viceministro Giro. Il Viceministro, secondo questa legge, è la figura in cui le due anime della cooperazione dovrebbero confluire e trovare unità.
  C'è stato questo processo e, alla fine, il documento che noi abbiamo portato venerdì scorso all'approvazione del comitato congiunto è un documento che riflette priorità concordate da entrambi.
  Mi farà piacere se Lei farà la stessa domanda all'Ambasciatore Sebastiani oggi pomeriggio per sentire come lui vede questo aspetto. Tutto questo funziona, come sempre nella vita, perché gli individui decidono Pag. 13 di farlo funzionare. In questo momento c'è una relazione armonica tra noi e la Direzione generale e, quindi, in tal senso, riusciamo ognuno a contribuire per quello che può e per quello che sa, con la finalità di farlo funzionare al meglio.
  In quel documento programmatico, proprio nel processo di definizione della programmazione, c'è la risposta alla Sua seconda domanda: come articoliamo queste priorità all'interno di interventi specifici che decidiamo di finanziare. Quello è il momento in cui la scelta si presenta.
  In seguito, siccome il mondo è fluido, le crisi continuano a emergere e le necessità cambiano, avviamo un processo di aggiornamento costante, per cui ogni x numero di mesi continuiamo a vederci e diciamo: «Aggiustiamo, togliamo questo, questo non è più importante, c'è bisogno di trovare delle risorse per rispondere a quest'altra cosa. Come ci organizziamo?».
  Vengo al tema delle ONG, facendolo convergere con la domanda che ha posto l'onorevole Quartapelle. Faccio una premessa in tal senso: quando smetterò con questo lavoro, scriverò un libro su come questi processi devono essere fatti o non essere fatti. Sicuramente, la prima lezione che personalmente ho imparato sulla mia pelle è che questa transizione a scogliera, per cui dal 31 dicembre funzionava una struttura e dal 1° gennaio si pensava che ci fosse una struttura nuova che potesse, con la bacchetta magica, entrare ed ereditare tutto quanto, non è, come si dice, una good practice, ma una bad practice.
  Una conseguenza di questo processo è che, naturalmente, noi abbiamo dovuto presentare entro il 31 gennaio 2016, quindi a meno di trenta giorni dall'entrata in funzione dell'Agenzia, la lista per i criteri delle organizzazioni non governative, perché ovviamente era fondamentale riuscire a distribuire i contributi alle organizzazioni entro la fine dell'anno. Per poter fare questo, marciando all'indietro, c'era bisogno di fare il bando per l'estate. Per fare questo, c'era bisogno di partire con i criteri.
  Questo naturalmente ha fatto sì che i criteri che noi abbiamo presentato – lo dico a mia vergogna personale – fossero i più conservativi possibile. Noi abbiamo preso quelli che c'erano nella lista precedente e li abbiamo un po’ aggiustati ai margini, perché questo si poteva fare in ventiquattro giorni.
  Io credo che le organizzazioni interessate, soprattutto quelle che non sono poi rientrate nella lista, abbiano capito che abbiamo risposto a un obbligo per convenzione che non avevamo certamente scelto noi e che stiamo cercando di rimediare avendo un dialogo assolutamente diverso con gli organismi non governativi.
  Abbiamo aperto dei tavoli con questi ultimi per cercare di capire come possiamo far confluire all'interno della lista già da ora anche le organizzazioni più piccole, quelle che non sarebbero eleggibili per essere beneficiarie in prima battuta. Abbiamo pensato a come le possiamo far entrare all'interno di schemi consortili e così via.
  Nel corso dell'ultimo comitato congiunto abbiamo presentato una nota informativa per il processo di allargamento degli elenchi, che permetterà di far sì che finalmente nel 2018 l'elenco sia aperto a tutte quelle organizzazioni che la legge n. 125 definisce come organizzazioni della società civile, che è uno spettro di organizzazioni ben più ampio delle ONG che al momento stanno beneficiando dei fondi.
  Quello che abbiamo cercato di fare, proprio per aiutare in tal senso, è stabilire dei criteri di premialità, già dal bando dell'anno scorso e ancor di più nel bando di quest'anno, che favorivano l'associazione tra organizzazioni di varia natura, non solamente organizzazioni della società civile, ma tutti gli attori del capo VI. Infatti, un punto importante per noi è proprio rispondere a questa definizione di una pluralità di soggetti riportata dalla legge.
  L'anno scorso, per esempio, con il primo bando che abbiamo presentato, abbiamo avuto un'ottima risposta, perché abbiamo avuto oltre cento organizzazioni di varia natura che, in diverse forme, forse non essendo in prima battuta, ma sicuramente in forma associativa, hanno beneficiato dei fondi del bando. Tra queste c'erano anche Pag. 14tante organizzazioni che altrimenti sarebbero state escluse, quindi ciò ha aiutato.
  Quest'anno ci siamo veramente dati da fare per ampliare questo schema a tutti gli altri settori. Forse avrete visto che già venerdì scorso al comitato congiunto abbiamo presentato all'approvazione il bando per gli enti territoriali, altro attore importantissimo, con il quale abbiamo instaurato un dialogo fondamentale, perché anche loro hanno molte attività sul terreno, con un'enorme ricchezza sia di contatti che di capacità operative. C'è forse bisogno di far sì che tutto questo sia un po’ più convogliato verso obiettivi comuni per il Paese e su questo stiamo cercando di organizzarci.
  Stiamo lavorando con le diaspore per l'organizzazione di un summit delle diaspore, che è un processo importantissimo che porterà al rafforzamento di tali organizzazioni e anche a un coordinamento tra tante piccolissime strutture presenti sul territorio, che sono però molto scoordinate tra di loro e che effettivamente hanno bisogno di creare un loro sistema per potersi presentare come una forza proponente con più energia nel quadro della cooperazione allo sviluppo.
  A luglio, al prossimo comitato congiunto, presenteremo in anteprima straordinaria il primo bando per il settore privato, che è veramente il primo approccio della cooperazione italiana al settore privato come un attore di sviluppo e che presenta degli elementi, a mio avviso, altamente innovativi e su cui mi farà piacere avere dei commenti.
  Le cose da fare sono tantissime, al di là dell'organizzazione strutturale. Quello che noi stiamo cercando di fare è mettere un po’ d'ordine in questo mare magnum di cose in cui non sempre è facile capire cosa va fatto prima e cosa va fatto dopo.
  Noi abbiamo deciso di partire dalla struttura prima di tutto e, quindi, abbiamo fatto un lavoro di ridefinizione della struttura, del flusso del lavoro, dei flussi operativi e dell'organizzazione del lavoro, che dovrà risultare in una ridefinizione del decreto di organizzazione dell'Agenzia, che era stato fatto, anche questo, prima che l'Agenzia diventasse operativa e che rispondeva più a una ripartizione per uffici dell'ex DGCS di quanto risponda ai bisogni di ora.
  Ci tengo a dire che questa è una delle prime cose da fare, perché la velocità e l'efficienza nel rispondere sono molto importanti anche sull'impatto, come abbiamo visto. Procedure obsolete e irrazionali impediscono di muoversi rapidamente quanto si vorrebbe, quindi c'è veramente bisogno di ridefinire tutta una serie di processi, che spero permetteranno all'Agenzia di essere quella che secondo me il legislatore voleva che fosse, cioè una macchina operativa agile, che si muove con disciplina, ma anche con capacità di rispondere molto rapidamente.
  L'altra cosa molto importante da fare per noi, ovviamente, è sistemare tutto il processo di controllo interno. L'Agenzia non è soggetta al controllo degli uffici centrali del bilancio né a revisione preventiva da parte della Corte dei conti. Ha una revisione ex post, il che, da una parte, rende le cose più semplici, dall'altra, ovviamente, rende la struttura più fragile.
  Noi abbiamo l'ambizione di completare il processo di accreditamento per i fondi europei entro la fine di quest'anno. Per fare questo – tra pochissimi giorni presenterò la domanda che lancerà il processo di audit – c'è bisogno di tutta una serie di controlli interni che possano passare il vaglio del team di auditor. Questo è un obiettivo molto importante per noi per quest'anno.
  Inoltre, c'è bisogno di continuare a lavorare sugli strumenti finanziari e operativi. Ripeto che in questo credo moltissimo, perché più noi siamo in grado di usare con intelligenza le risorse che abbiamo, più possiamo fare con le risorse che abbiamo, più le facciamo fruttare meglio. Io credo che questo sia importante.
  Io personalmente sono stata molto contenta del lavoro sull’Humanitarian Impact Bond con il CICR. Spero che sia soltanto l'inizio di tutta una serie di nuovi prodotti finanziari. Al di là delle frontiere del nostro Paese, c'è un intero mondo che sta riflettendo intorno a questi temi. È molto importante che l'Agenzia sia seduta a questi tavoli, partecipi, contribuisca con le nostre Pag. 15 idee e sia in grado di recepire quello che viene fatto dagli altri.
  Vengo alla Sua domanda, presidente, sul Fondo Africa. Il Fondo Africa, come Lei sa, è gestito da altre Direzioni generali all'interno del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Una parte delle risorse, pari, se non sbaglio, a 25 milioni di euro, sono state allocate per attività di cooperazione allo sviluppo, per programmi in Paesi prioritari, quindi non saranno attività di gestione di campi o rafforzamento delle frontiere, ma saranno proprio attività sul terreno, principalmente vincolate con l'obiettivo di creare opportunità, lavoro e migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, al fine di rallentare un po’ la pressione a lasciare i propri Paesi.
  Sul resto, mi dispiace, ma non posso veramente rispondere, perché non so.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste, io La ringrazio moltissimo per questa audizione, che è stata – penso di parlare a nome di tutti i colleghi – chiarificatrice di una serie di questioni.
  La saluto e ringrazio anche i Suoi assistenti. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.45.

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ALLEGATO

PRESENTAZIONE INFORMATICA ILLUSTRATA
DALLA DIRETTRICE LAURA FRIGENTI


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