XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate

Resoconto stenografico



Seduta n. 84 di Mercoledì 17 maggio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gelli Federico , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti di Medici Senza Frontiere Onlus:
Gelli Federico , Presidente ... 3 
Eminente Gabriele , direttore generale di Medici senza frontiere onlus ... 4 
Gelli Federico , Presidente ... 6 
Carnevali Elena (PD)  ... 6 
Colonnese Vega (M5S)  ... 7 
Rondini Marco (LNA)  ... 7 
Fontana Gregorio (FI-PdL)  ... 8 
Dambruoso Stefano (CI)  ... 8 
Beni Paolo (PD)  ... 9 
Patriarca Edoardo (PD)  ... 9 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 10 
Gelli Federico , Presidente ... 10 
Eminente Gabriele , direttore generale di Medici senza frontiere onlus ... 10 
Gelli Federico , Presidente ... 13 
Bertotto Marco , responsabile advocacy di Medici senza frontiere onlus ... 13 
Gelli Federico , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FEDERICO GELLI

  La seduta comincia alle 8.55.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Medici senza frontiere onlus.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di Medici senza frontiere onlus, con riferimento al ruolo delle ONG nelle operazioni di recupero in mare, ma – mi permetto di aggiungere – anche al ruolo importante che le ONG svolgono non solo nell'azione di recupero dei profughi in mare, ma anche nell'attività di gestione dei centri e nel ruolo di presenza e di controllo dei sistemi di accoglienza nel nostro Paese.
  In particolare, a partire da settembre-ottobre 2016, si sarebbe registrata un'impennata degli interventi delle organizzazioni non governative per portare in Italia i migranti. Il tema è oggetto di intervento di molteplici organismi parlamentari; fra l'altro, con la presidente del Comitato Schengen abbiamo pensato ad una modalità di collaborazione per evitare di sovrapporci nei compiti e nelle funzioni rispetto anche alle organizzazioni non governative da audire.
  Questa Commissione ha di recente audito il Procuratore di Catania Zuccaro. Dopo aver convocato i rappresentanti di Medici senza frontiere è sopravvenuta un'importante dichiarazione del procuratore di Trapani – questo è l'elemento di novità – dinanzi alla Commissione Difesa del Senato nella seduta del 10 maggio. In particolare, il dottor Cartosio ha sottolineato che non risultano contatti diretti tra terraferma libica e ONG. Nella stessa seduta, però, ha aggiunto che la Procura di Trapani ha in corso indagini che ipotizzano il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina a carico non delle ONG in sé, ma tra le altre, di alcune persone ad esse appartenenti. La dichiarazione è quindi riferita a persone appartenenti ad alcune ONG, peraltro in una fase ancora coperta da segreto istruttorio.
  Chiediamo pertanto di chiarire i contorni delle attività delle ONG, in specie di Medici senza frontiere che noi conosciamo molto bene, perché abbiamo già avuto occasione di audirli e per l'importante contributo e ruolo che svolgono all'interno dei centri di accoglienza del Paese. Quindi una loro testimonianza ci serve anche per inquadrare il lavoro complessivo che questa ONG svolge all'interno del nostro sistema e come si possano conciliare le esigenze di repressione dei reati legati al traffico illecito con le esigenze di salvaguardia della vita umana in mare, che ovviamente è l'elemento cui siamo interessati principalmente.
  Il Procuratore Zuccaro aveva proposto la presenza di agenti della polizia giudiziaria a bordo delle navi interessate al soccorso. Si immagina non sia la soluzione preferita dalle ONG, almeno dalle dichiarazioni Pag. 4 che abbiamo raccolto, ma su questo ci rimettiamo a quanto verrà esposto dai nostri ospiti.
  Una parola di commento appare opportuna anche sulla più generica accusa di costituire un fattore di attrazione per l'immigrazione clandestina. Purtroppo, come ho già ricordato nella precedente seduta, in tutto questo quadro resta il dato degli oltre 5.000 decessi in mare nel 2016.
  Da ultimo, chiedo ai nostri ospiti se hanno avuto modo di leggere il documento approvato dalla Commissione Difesa del Senato, che è in distribuzione. Il documento ritiene non consentita la creazione di corridoi umanitari da parte di soggetti privati, senza però negarne il ruolo in un quadro di interventi coordinati con la Guardia costiera. Questo giusto per fare un inquadramento, un ragionamento più complessivo.
  A questo punto, darei la parola al direttore generale di Medici senza frontiere onlus, Gabriele Eminente.

  GABRIELE EMINENTE, direttore generale di Medici senza frontiere onlus. Grazie, presidente, grazie, onorevoli componenti della Commissione per la vostra presenza oggi e soprattutto per l'invito a questa audizione, che rappresenta per Medici senza frontiere una nuova, importante opportunità, dopo la precedente del 2 maggio presso la Commissione Difesa del Senato, per chiarire il nostro punto di vista e per rispondere alle vostre domande.
  Innanzitutto vogliamo ribadire che, come organizzazione medico-umanitaria, siamo oggi più che mai convinti della scelta che facemmo ad aprile 2015, pochi mesi dopo la chiusura dell'operazione Mare Nostrum, di scendere in mare per salvare vite umane.
  Da quando abbiamo cominciato ad operare, ad aprile del 2015, in quella primavera in mare con le nostre navi ci siamo presi cura di più di 60.000 persone. Fra le donne che abbiamo soccorso 1 su 10 era incinta e purtroppo spesso – direi quasi sempre – quelle gravidanze erano frutto non di una scelta della donna, ma di stupri perpetrati a suo danno durante il percorso migratorio.
  I nostri medici sulle nostre navi hanno curato situazioni gravi di disidratazione, di ipotermia, hanno curato gravissime ustioni chimiche dovute alla miscela dell'acqua di mare, l'acqua salata, con il carburante, nonché le conseguenze di torture e maltrattamenti.
  Oggi vogliamo ribadire che siamo veramente orgogliosi di avere salvato queste 60.000 persone e di avere poi curato loro sulle nostre navi.
  L'audizione presso il Senato, cui faceva riferimento prima il presidente, è avvenuta soltanto quindici giorni fa, ma in queste due settimane sono successe diverse cose. Sono stati giorni abbastanza intensi e vorremmo sottoporre all'attenzione della Commissione almeno tre aspetti legati a questo periodo, due dei quali peraltro sono stati richiamati nell'introduzione del presidente.
  Innanzitutto la notizia di presunte indagini a carico di persone che lavorano – o lavoravano – con Medici senza frontiere, indagini rispetto alle quali ad oggi nessuno di noi ha ricevuto alcun tipo di notifica ufficiale.
  Secondo punto. Vogliamo sottoporre all'attenzione della Commissione l'evidenza di un clima che si è ulteriormente avvelenato, se possibile, frutto delle polemiche e degli attacchi di questi ultimi mesi. Ma soprattutto in queste ultime settimane questo è stato veramente un fatto grave.
  Infine lo sviluppo ulteriore del dibattito, ivi comprese le conclusioni dei lavori sullo stesso argomento da parte dell'altro ramo del Parlamento, a cui il presidente faceva riferimento in precedenza.
  Per quanto riguarda il primo punto, le presunte indagini che coinvolgerebbero persone che hanno lavorato con MSF, lo scorso 11 maggio, quindi pochissimi giorni fa, abbiamo appreso dalla stampa che vi sarebbero indagini che coinvolgono persone fisiche appartenenti a Medici senza frontiere da parte della Procura di Trapani. Ci siamo attivati subito, contattando quella procura, e un incontro è stato già fissato a breve.
  Voglio anche sottolineare che le indiscrezioni pubblicate dalla stampa citano episodi che ci appaiono francamente inconsistenti. Restiamo comunque molto determinati Pag. 5 a comprendere e, se è il caso, chiarire le cose, nei tempi più brevi possibili, per la trasparenza che da sempre contraddistingue la nostra organizzazione e la nostra azione medico-umanitaria.
  Noi di Medici senza frontiere Italia, noi della sezione italiana siamo sereni, ma ci rendiamo conto che non sono sereni coloro che sono intorno a noi: non sono sereni i nostri beneficiari, non sono sereni i nostri operatori, non sono sereni tutti coloro che seguono il nostro lavoro, che ci sostengono, i nostri donatori, e ne abbiamo avuto prova costante nel corso di queste settimane.
  Non sono sereni – e vado al secondo punto – anche perché il clima, come accennavo prima, si è ulteriormente avvelenato. Forse la Commissione sarà al corrente che negli ultimi quindici giorni si sono tenute due manifestazioni palesemente ostili, una a Roma presso la sede dell'Organizzazione internazionale per la migrazione, e l'altra a Prato. Inoltre, venerdì scorso, l'11 maggio, un'altra organizzazione ha manifestato contro la nostra nave Aquarius nel momento in cui stava lasciando il porto di Catania per avviare una nuova operazione di ricerca e soccorso in mare. La nostra nave ha potuto prendere il largo per effettuare le nuove operazioni soltanto dopo l'intervento della Guardia costiera.
  Voglio essere chiaro: non sono questi singoli episodi che ci preoccupano più di tanto, né in generale il fatto che esistano opinioni diverse dalla nostra (ci mancherebbe altro!). Quello che ci preoccupa è l’escalation di avvelenamento del clima, che testimoniamo ormai da diversi mesi e in particolare nelle ultime settimane.
  Negli scorsi anni, nel 2015 e poi nel 2016, le operazioni di salvataggio nel Mediterraneo da parte di tutte le ONG, quindi anche le nostre, erano sempre sistematicamente accompagnate da una espressione di sentimenti di vicinanza di tantissime italiane e italiani e soprattutto dal riconoscimento istituzionale del dovere di salvare vite in mare. Oggi ci troviamo in una situazione francamente opposta. Oggi ci chiediamo al contrario quanto tempo dobbiamo aspettare, quanto tempo manchi per trovarci magari in una situazione in cui una nostra nave in porto, una nave di una ONG che ha appena effettuato un'operazione di soccorso, si trovi a fronteggiare una manifestazione ostile in quel porto. È un'eventualità che noi prendiamo in considerazione.
  Di fatto, più in generale, oggi chi fa ricerca e soccorso in mare e ancora di più le persone soccorse rischiano di trovarsi circondati da un'ostilità che, per il Paese che ha lanciato a ottobre del 2013 l'operazione Mare Nostrum, rappresenta un enorme passo indietro.
  Questo è il risultato di polemiche mediatiche inaccettabili, delle speculazioni che ci troviamo a fronteggiare con le altre ONG da diverso tempo. In particolare da metà aprile siamo stati oggetto di un crescendo di notizie false, a volte ridicole nella loro approssimazione, molto spesso accompagnate, come ricordate bene, da titoli del tutto inaccettabili. Abbiamo sistematicamente risposto e chiesto di pubblicare rettifiche, ma le smentite, anche quando sono pubblicate, non hanno la stessa forza dell'accusa che ci ha infangato in precedenza.
  Tutto questo – penso sia molto importante sottolinearlo al Parlamento – ha creato già un danno enorme alle ONG che sono in mare e in generale al sistema delle ONG in Italia.
  Un breve accenno al terzo punto sullo sviluppo ulteriore del dibattito, e qui accennerò rapidamente anche qual è la primissima impressione rispetto alla lettura che abbiamo potuto avere delle conclusioni della Commissione Difesa del Senato, anche avendo assistito alla conferenza stampa.
  Ci pare evidente purtroppo che tutta l'attenzione sia ancora concentrata su un solo aspetto, il contenimento dei flussi migratori, anche attraverso il contrasto dell'opera dei trafficanti. E questo invece di mettere al centro quella che è la reale necessità: salvare vite umane, che è quello che Medici senza frontiere fa da oltre 45 anni.
  Ci è stato fatto osservare – l'avrete sicuramente sentito, lo avrete letto sui titoli di oggi – che non è compito delle organizzazioni umanitarie attivare autonomamente Pag. 6corridoi umanitari o addirittura contribuire a definire le politiche per quanto riguarda la gestione dei flussi migratori. Noi sottoscriviamo in pieno questa affermazione. Siamo anche noi assolutamente convinti che quello non sia il nostro compito.
  Pensiamo però che sia compito delle organizzazioni umanitarie avvertire le istituzioni di quali siano le conseguenze della assenza di corridoi umanitari, le conseguenze di quelle restrizioni di accesso legale che ancora oggi rendono praticamente impossibile chiedere protezione internazionale in Europa e che costringono chi fugge ad affidarsi a trafficanti senza scrupoli, per avventurarsi in pericolose traversate per mare.
  In conclusione, prima di passare alle vostre domande e auspicabilmente rispondere ad esse, vogliamo sottolineare ancora una volta che la nostra presenza in mare, come quella delle altre ONG, è il risultato di un fallimento: è il fallimento dell'Europa e degli Stati membri nel gestire in maniera umana ed efficace i flussi migratori.
  In questa situazione, che oggi è un dato di fatto, è sempre più ingiustificabile l'assenza di una Mare Nostrum europea, un meccanismo dedicato e proattivo di salvataggio di vite umane messo in atto dall'Europa e dai propri Stati membri. Il fatto che un'organizzazione come Medici senza frontiere, che da oltre 45 anni è impegnata nei peggiori contesti di crisi in Africa, nel sud-est asiatico, nel Medio Oriente, sia impegnata a salvare vite a due passi dalle frontiere europee è di per se stesso l'evidenza di un fallimento.
  Se noi siamo nel Mediterraneo è perché nel corso del 2016 meno di ogni due ore almeno una persona è morta nel nostro mare: circa 5.000 lo scorso anno e oltre 1.200 dall'inizio di quest'anno. Di fronte a tassi di mortalità di questo tipo, un'organizzazione medico-umanitaria come la nostra non può far finta di non vedere.
  Ci auguriamo, quindi, che il lavoro di questa Commissione contribuisca ad un radicale cambio di prospettiva nella discussione di questi giorni, rilanciando un'azione di più lungo respiro che abbia al proprio centro ciò che realmente serve: canali legali e sicuri come via maestra per regolare le partenze e combattere i trafficanti, un meccanismo dedicato di ricerca e soccorso per ridurre le morti in mare e infine la necessaria riforma del Regolamento di Dublino per coinvolgere l'Europa in un'accoglienza che sia degna. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Eminente, del contributo e della chiarezza espositiva. Lascio quindi la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ELENA CARNEVALI. Grazie, presidente. Ringrazio molto il dottor Eminente della quasi commossa relazione che ci ha fatto. Io voglio utilizzare questa occasione per esprimere da parte mia e da parte del Gruppo del Partito Democratico l'apprezzamento per il lavoro che state facendo, la consapevolezza che state agendo in modo non dico sostitutivo, ma sicuramente a fianco alle istituzioni pubbliche che dovrebbero svolgere questo ruolo.
  Mi permetto di utilizzare questo spazio per porre alcune domande che sono frutto di quello che abbiamo potuto sentire nelle audizioni precedenti in questa Commissione e di quello che poi, come lei diceva prima, ha fatto perdere molto dell'apprezzamento e della stima nei confronti delle ONG che invece noi continuiamo a rivolgervi ancora oggi.
  Io ho letto alcune sue interviste in questo periodo e mi è sembrato molto chiaro (vorrei che lo ribadisse in questa Commissione) che le ONG non agiscono su mandato individuale e che, nelle occasioni in cui vi trovate a prestare soccorso in mare, lo fate sulla base delle indicazioni che ricevete da parte della Guardia costiera. La domanda che le rivolgo è quindi se effettuate i soccorsi su un mandato che ricevete e, se ci spiega in modo abbastanza realistico così da poter comprendere come avviene la segnalazione di un mezzo che si trova in condizioni di soccorso, qual è la catena di comando, perché credo sia utile per tutti.
  Vi è poi tutto il tema del soccorso nelle acque internazionali, nelle acque libiche: Pag. 7quindi ci sono state occasioni in cui avete prestato soccorso in acque che non fossero acque internazionali e su quale mandato?
  In alcune dichiarazioni sulla stampa appare abbastanza evidente – perché ci sono numeri, conoscenze e contatti che alcune persone hanno che sono pubblici, si trovano sulle pagine di Facebook – che i migranti, che vengono messi su mezzi sempre più precari, hanno la possibilità di avere un contatto che appunto è pubblico: quindi ci sono state occasioni in cui avete avuto una segnalazione diretta da parte di persone che chiedevano soccorso? E come agite nel momento in cui avete la segnalazione di questa necessità?
  Ho colto nelle sue parole anche un certo dolore perché quanto sta avvenendo sta mettendo in cattiva luce le ONG e creando le condizioni per non operare, al punto che siete stati costretti ad essere accompagnati dalla Guardia costiera per uscire a fare azioni di soccorso. Vorrei utilizzare questa occasione per spiegare meglio a questa Commissione, ma in realtà al Paese, cosa può provocare e quali sono gli effetti e l'impatto. Se c'è un'inchiesta, la magistratura fa il suo mestiere, ma il punto è come sul piano pubblico vengono fornite informazioni che rischiano probabilmente di presumere condizioni di reato che non sono ancora state accertate. Grazie.

  VEGA COLONNESE. Proprio perché c'è una professionalità apprezzata di Medici senza frontiere, ma anche di altre ONG che hanno operato sempre seriamente, ogni inchiesta va contestualizzata e sicuramente la vostra presenza ci aiuta a capire meglio qual è il ruolo delle ONG, qual è la serietà, perché sappiamo di avere di fronte persone serie. Questo è il punto che deve tranquillizzarci nel dibattito che deve aiutarci a risolvere la questione.
  La collega Carnevali ha già posto una delle domande che volevo porre anche io sul ruolo della Guardia costiera. Ma, per capire meglio come funzioni il salvataggio in mare, esiste un coordinamento anche informale fra le varie ONG oppure si opera in maniera autonoma? Proprio perché apprezziamo il lavoro di Medici senza frontiere sappiamo cosa è stato fatto riguardo al sistema di accoglienza e quanto sia stato fallimentare il sistema di accoglienza attraverso i centri di accoglienza straordinari, gli hotspot.
  Per cambiare l'approccio di accoglienza in Italia quali sono le modifiche che apportereste al sistema generale, quali le gravi anomalie che si riscontrano negli hotspot o comunque nei centri straordinari di accoglienza, che sono gestiti malissimo, e quale proposta fareste per garantire al meglio l'accoglienza delle persone in Italia, per garantire maggiore disponibilità e maggiori servizi? Spesso vengono parcheggiati in centri senza alcun processo d'integrazione o tutele che permettano loro di vivere in maniera dignitosa. Grazie.

  MARCO RONDINI. È probabile che qualche domanda riprenda quanto già chiesto dai colleghi. Lei fa un'analisi del fallimento della politica dell'Unione europea e degli Stati membri messa in campo per gestire quella che è diventata un'emergenza strutturale, quella dell'immigrazione. L'analisi la condividiamo. Condivido meno le soluzioni proposte, ad esempio la creazione dei corridoi umanitari.
  I corridoi umanitari che avete in mente dovrebbero essere riservati a chiunque oppure si dovrebbe operare una distinzione fra gli immigrati che potrebbero vedersi riconosciuto lo status di profugo o qualche forma di protezione internazionale e impedire che possano accedervi i cosiddetti «migranti economici»?
  Mi interessava sapere se abbiate mai operato nelle acque territoriali libiche. Leggiamo anche nel documento che ci è stato trasmesso dal Senato che nel 2017 i soccorsi in mare fatti dalle ONG hanno rappresentato il 34 per cento, nel 2016 il 26 per cento; quindi una buona percentuale. Nonostante questo, però, sono aumentate le morti in mare.
  Ci chiediamo se, come soluzione, in luogo di mettere in piedi una situazione che possa intervenire immediatamente in mare, non sia più opportuno aprire corridoi umanitari riservati solo a chi ne ha diritto, e magari bloccare definitivamente i viaggi della speranza, che sono gestiti dalle organizzazioni Pag. 8 criminali che lucrano su questo traffico. Grazie.

  GREGORIO FONTANA. Ringraziamo i rappresentanti dell'associazione Medici senza frontiere perché in questo periodo sono stati chiamati più volte da Commissioni parlamentari e gli argomenti all'ordine del giorno sono stati molto scottanti. La nostra Commissione, come è noto, si occupa di quello che avviene dall'identificazione in poi, quindi di tutto quello che concerne l'accoglienza, per cui quello che succede prima certamente è importante per avere un quadro complessivo, ma non è di competenza specifica di questa Commissione.
  La Commissione del Senato ha fatto un ottimo lavoro perché non solo ha posto un problema e ha fatto un approfondimento, ma in poche settimane è giunta a importanti conclusioni. Il compito delle Commissioni di indagine e delle indagini conoscitive è giungere a delle conclusioni, non fare random audizioni senza poi arrivare a un punto di conclusione.
  Mi pare che il documento della Commissione del Senato sia assolutamente soddisfacente, sebbene lasci ancora delle ombre, quando al punto 4) accenna ad organizzazioni (non certamente Medici senza frontiere) che in maniera volontaria e non coordinata da autorità intervengono nell'area di salvataggio. Questo era il vero punto, che quindi è stato confermato dalle conclusioni della Commissione del Senato.
  Vorrei però riportare l'attenzione sui compiti specifici della Commissione e capire qual è il ruolo dell'associazione Medici senza frontiere nella fase di accoglienza nei porti italiani e conoscere la valutazione di Medici senza frontiere in base alla sua esperienza della cosiddetta «nuova gestione» degli hotspot e delle procedure di identificazione svolte fuori da questi, perché è importante capire se funzionino davvero o se in realtà l'identificazione avvenga fuori da questi centri, specialmente in considerazione dell'alto numero dei richiedenti asilo sbarcati in questi ultimi tempi.

  STEFANO DAMBRUOSO. Ringrazio l'audito che ci consente di tornare su un tema di grande importanza e colgo l'occasione per dimostrare, anche da parte del Gruppo che rappresento, Civici innovatori, un apprezzamento convinto sul lavoro da sempre svolto da Medici senza frontiere, anche nelle vicende che oggi sono oggetto di analisi critica. Ritengo non solo importante, ma meritoria la testimonianza di oggi sull'importanza del salvataggio in questo contesto.
  Mi associo alle domande poste da alcuni colleghi intervenuti in precedenza e quindi all'esito di quelle risposte coglierò eventualmente ulteriori elementi per porre domande, ma mi piace chiedere una cosa. Lei ha giustamente rivendicato l'importanza del lavoro svolto da Medici senza frontiere, ma fra le righe ha esteso il valore del lavoro svolto da tutte le ONG che oggi risultano coinvolte in questa attività di accertamento sviluppatasi nel corso di queste ultime settimane. Ma è proprio utile considerare tutte le ONG sullo stesso livello, in termini uguali? È possibile fare una distinzione? È possibile individuare delle ONG che non meritano la collaborazione dei porti di attracco, come è emerso dal lavoro fatto in Commissione Difesa, dalle parole del senatore Latorre che la presiede, laddove si è distinta un'attività fra ONG?
  Le ONG di cui stiamo parlando sono tutte nazionali, almeno quelle con cui avete avuto la possibilità di incrociare i vostri lavori. È possibile avere delle certezze sulla assoluta legittimità dell'operato di quelle non nazionali?
  Nel caso in cui, come è emerso dall'attività fatta in Commissione Difesa del Senato, vi fossero delle opacità, lei non ritiene importante, parallelamente ad una difesa ferma dell'importanza del lavoro di soccorso svolto da ONG come la vostra, ribadire l'esigenza di distinguere fra ONG sane e ONG poco trasparenti e su questo collaborare, visto che in mare avete un contatto diretto in un'area di azione come quella delle acque nazionali e internazionali e quindi collaborare con la magistratura che ha chiesto questo tipo di ausilio?
  Da ultimo, il grande tema che emerge sempre, una volta sollecitati sui luoghi di partenza degli interventi comunitari e nazionali Pag. 9 in Libia, è cosa si possa fare in un Paese senza Governo. Voi avete avuto un'esperienza diretta con il tentativo di portare il vostro soccorso direttamente alla fonte, con questa governabilità assente, che consente ai trafficanti di esseri umani di fare quello che vogliono? Cosa è possibile aspettarsi in assenza di un Governo che collabori? Come si può coniugare il soccorso legittimo che voi operate con il mantenimento dell'attività illecita dei trafficanti di esseri umani, che in assenza di un Governo credibile in Libia continuano a proliferare? Grazie.

  PAOLO BENI. Tre domande velocissime. Spendo solo dieci secondi per dire che condivido pienamente le cose che il dottor Eminente ha detto rispetto alle valutazioni che faceva: non sono sicuramente le ONG il fattore di attrazione, ma quello che spinge i migranti ad arrivare sulle nostre coste sono le ragioni che costringono queste persone a fuggire. È il venir meno degli Stati e dei Governi europei alle loro responsabilità che costringe le ONG a questo ruolo improprio. Non mi voglio dilungare su queste, che sono valutazioni politiche, però tenevo a dirlo.
  Premesso che la soluzione si potrà avere soltanto ripristinando la possibilità di ingresso regolare attraverso canali sicuri, in questa situazione che si è determinata negli ultimi mesi, in cui c'è stato un incremento degli interventi in mare da parte delle organizzazioni non governative, c'è una relazione secondo voi fra questo aumento degli interventi e l'arretramento dei mezzi militari italiani e di altri Paesi rispetto al confine delle acque libiche? Come valutate il rapporto anche fra l'agenzia Frontex e la gestione delle operazioni in quel tratto di mare?
  La terza questione riguarda il vostro parere sul ruolo dell'operazione Sophia nell'addestramento del personale della Guardia costiera libica. Noi abbiamo sentito anche l'ammiraglio Credendino su questo, quindi vorrei conoscere anche il vostro punto di vista sui rapporti fra voi e l'operazione militare. Grazie.

  EDOARDO PATRIARCA. Grazie, dottor Eminente. Volevo anch'io porle due domande. In un altro confronto pubblico soltanto qualche giorno fa ho avuto occasione di ascoltarle, quindi preferisco fargliele perché hanno raccolto qualche considerazione positiva, con la premessa, che ricordavano il collega Beni e la collega Carnevali, che il lavoro che state facendo è importantissimo e prezioso.
  Medici senza frontiere è una ONG nota da anni, con una grandissima credibilità e stima anche tra i donatori. So bene cosa voglia dire in questi casi, non ultima la vicenda di Capo Rizzuto e le ricadute «devastanti» di credibilità e di reputazione, quando viene messa in dubbio la fiducia e la stima verso alcune organizzazioni, in termini non solo di donazioni, ma anche di fiducia e di affidabilità percepita, che è importante, se è vero che nelle ultime rilevazioni, dopo Papa Francesco, c'è il terzo settore, il volontariato e le ONG, come istituzioni a cui gli italiani daranno fiducia e rinnovano stima.
  Io vorrei porle due domande, una delle quali già posta dal collega Dambruoso. Le chiedo se (eventualmente possiamo anche secretare) conosca altre ONG e se sia a conoscenza di situazioni ambigue, di comportamenti non trasparenti, se abbia intravisto alcuni elementi di criticità posti anche da commentatori molto rispettabili e onesti, se possa accennarvi.
  Partendo da una considerazione che mi è stata fatta in un dibattito soltanto qualche giorno fa, l'attività di salvataggio per evitare che bambini e donne muoiano sta creando comunque una zona grigia, quindi non voluta dalle ONG, ma di fatto strumentalizzata dai trafficanti di donne e di uomini che ci guadagnano tanto. Nella stima che rinnovo alle ONG per questo lavoro incredibile c'è una zona grigia, perché si crea una commistione, non dovuta alle ONG, ma di fatto esistente tra i trafficanti di donne e di uomini e la situazione che si viene a creare.
  Mi dicevano appunto che parliamo di 80-100.000 euro a ogni invio di barche, un business in Libia immenso. Mi dicevano Pag. 10alcuni colleghi che, dopo il petrolio, il vero business in Libia è il traffico delle persone.

  MARIA CHIARA GADDA. Nel rinnovarvi la mia stima e anche il rammarico per quello che sta succedendo in questi mesi e in queste settimane soprattutto, vorrei rivolgere due brevi domande. Sappiamo che il riconoscimento dei trafficanti di uomini e degli scafisti spesso può avvenire anche direttamente sul barcone o sul gommone. Volevo capire se abbiate delle procedure interne per il riconoscimento e la segnalazione di queste persone alle autorità competenti già al momento del trasbordo dal natante partito dalla Libia al vostro mezzo.
  Questo vale per i trafficanti di uomini o anche per eventuali situazioni di tratta, quindi se le vostre navi siano dotate di telecamere e apparecchiature in grado di consentire alle autorità competenti che intervengono in un secondo momento di certificare questi fatti assolutamente importanti.
  L'altro aspetto è un ulteriore passaggio rispetto alla domanda posta dall'onorevole Carnevali. Abbiamo sempre parlato di mezzi di tipo militare o ONG che svolgono questo servizio nel Mar Mediterraneo, ma c'è un terzo soggetto che spesso non viene citato, le navi mercantili che si trovano per diversi motivi nel Mar Mediterraneo.
  Credo che questo testimoni come il fenomeno non sia prevedibile come qualcuno ama dire, perché se tra i criteri di coordinamento tra navi militari, ONG e navi mercantili esiste anche la vicinanza al mezzo, e guardando il report che ci ha consegnato la Commissione del Senato anche nel caso delle navi mercantili parliamo di qualche migliaio di persone, significa che il fenomeno non è così prevedibile.
  Certo è vero che il trend si è modificato nel corso del tempo. Considerata la premessa introduttiva e la vostra specializzazione, quindi il soccorso di tipo medico che voi fate in mare legato a persone che hanno subìto violenze o hanno patologie determinate dal viaggio e dalle condizioni che questo comporta, questo coordinamento con ONG che hanno una specializzazione particolare non è preferibile rispetto a un soccorso fatto per motivi di emergenza con navi mercantili, che non hanno le stesse caratteristiche? Vorrei capire se con questi soggetti privati avete delle collaborazioni, se siete stati chiamati per collaborare, che tipo di coordinamento esista.

  PRESIDENTE. Cedo la parola al dottor Eminente per la replica.

  GABRIELE EMINENTE, direttore generale di Medici senza frontiere onlus. Cercherò di rispondere alla maggior parte delle domande che sono state poste. Sicuramente su molti di questi punti poi il mio collega Marco Bertotto potrà approfondire ulteriormente, in particolare in merito alle diverse richieste di chiarimento delle modalità operative e tecniche con cui si svolgono le attività di ricerca e soccorso in mare.
  A grandi linee, per quanto riguarda i punti sollevati dall'onorevole Carnevali, ovvero il coordinamento da parte della Guardia costiera e il tema delle acque internazionali libiche e quello dei contatti diretti, ovviamente ribadisco quello che abbiamo sempre detto in tutte le sedi: l'attività di ricerca e soccorso in mare avviene, per noi come per tutti, sotto lo stretto coordinamento della Guardia costiera e del cosiddetto MRCC, il Centro di coordinamento delle attività di soccorso marittimo, che è qui a Roma.
  In questo momento l'area geografica di cui stiamo parlando è sotto il coordinamento del MRCC italiano. Uno degli sviluppi degli ultimissimi giorni, anche richiamato nel documento conclusivo della Commissione Difesa del Senato approvato ieri, è il potenziamento di un MRCC libico, che è collegato ad un altro punto. Tutte le nostre attività sono quindi coordinate dalla Guardia costiera.
  Per quanto riguarda il tema delle acque libiche, acque internazionali, come dicevo prima, da quando abbiamo cominciato sono state effettuate più di 300 operazioni di ricerca e soccorso in mare, e sono 5 quelle in cui, con il consenso, informazione e coordinamento delle autorità preposte, abbiamo operato all'interno delle acque territoriali Pag. 11 libiche; quindi parliamo di un 1-2 per cento di casi e comunque, anche in quei casi, per ragioni di necessità, sotto il coordinamento delle autorità.
  L'onorevole Rondini rispetto al tema dei corridoi umanitari aveva fatto cenno all'eventuale distinzione fra richiedenti asilo e migranti economici. Ritorno a quello che accennavamo in apertura dell'audizione: è evidente che non è un'organizzazione come Medici senza frontiere o in generale un'organizzazione non governativa, nel nostro caso medico-umanitaria, che deve dettare la linea al Governo italiano e alle istituzioni europee su un tema di questo tipo, quindi non è nostro compito dare ricette da questo punto di vista.
  Abbiamo però un'opinione: per chiunque si configuri la possibilità di richiedere asilo, questa possibilità è un diritto che deve essere riconosciuto e dovrebbe essere riconosciuto senza intraprendere un viaggio così pericoloso in mare.
  Per quanto riguarda il tema della migrazione «economica» auspicheremmo che gli Stati europei affrontassero anche questo tema con maggiore lungimiranza, cioè prevedessero forme per affrontare questo tema nel momento in cui oggi in realtà il tema non è affrontato, perché semplicemente ci sono muri, cioè non c'è nessuna possibilità, mentre se una delle mie figlie volesse andare domani a lavorare all'estero al di fuori dell'Unione europea, questa possibilità comunque c'è e auspicabilmente prendendo un aereo, non prendendo una nave per attraversare l'oceano e andare in Canada.
  A questo tema era collegato anche un altro punto sollevato dell'onorevole Rondini che però è stato richiamato anche da altri deputati: l'aumento delle percentuali di intervento delle ONG nelle attività di ricerca e soccorso in mare dal 26 al 34 per cento nel primo anno di attività (la percentuale era ben sotto il 26 per cento).
  Qui considero molto importante fare un'osservazione di carattere generale. Utilizzo magari una metafora impropria, però non stiamo parlando di un mercato e di diversi attori che cercano di guadagnare quote di mercato, ma la dinamica è esattamente opposta. Ovvero, se c'è un ruolo crescente da parte delle organizzazioni non governative, è perché le organizzazioni non governative (lo dico con estrema chiarezza) loro malgrado – perché noi vorremmo essere con tutte le nostre forze in Africa, nel Sud-Est asiatico, nel Medio Oriente – sono costrette a intervenire per riempire un vuoto.
  L'aumento che si è registrato fra il primo e secondo anno è stato quasi un gioco di vasi comunicanti tra le navi mercantili e le ONG. Questo è sicuramente un fattore positivo (mi ricollego anche a un altro intervento fatto verso la fine) perché nel caso delle organizzazioni non governative e di tutti gli attori attrezzati per fare ricerca e soccorso in mare (la Guardia costiera e gli altri) ci troviamo di fronte a imbarcazioni che sono nate per questo, sono strutturate per questo, sono pensate per questo, laddove evidentemente le navi mercantili, che molto spesso sono navi enormi, altissime, alle quali è molto difficile accedere, non sono nate per questo.
  Visualmente sottopongo alla Commissione due momenti. Il primo, la settimana del 18 aprile 2015, che è stato un momento determinante per la scelta di tante ONG, tra cui la nostra, di intervenire in mare. In quella settimana sono morte 1.200 persone. Di queste 1.200 purtroppo 700 in un unico tentativo di salvataggio che fu fatto da una nave cargo della compagnia MSC battente bandiera portoghese con equipaggio prevalentemente filippino.
  Il processo ha scagionato la compagnia e il comandante della nave, ma il dato di fatto è che quella tragedia era dovuta al fatto che il tentativo di soccorso era portato avanti da chi evidentemente non era preparato a farlo, soprattutto nelle fasi più delicate che sono quelle dell'approccio alla barca. Difatti, come ahimè tante volte è successo, il barcone si rovesciò per lo spostamento improvviso delle persone a bordo.
  Quindi quando parliamo di aumento della percentuale di intervento delle ONG, parliamo innanzitutto della sostituzione soprattutto nel primo anno del lavoro delle ONG a quello delle navi mercantili; e questo è un fattore positivo. Pag. 12
  Un'altra immagine che sottopongo alla Commissione, molto più recente, che sicuramente avrete visto nei giornali negli ultimi giorni, è una delle navi delle ONG (in realtà c'è più di un'immagine di questo tipo) in una foto molto bella, dall'alto, completamente circondata da barchini, da piccoli gommoni. Cosa ci dice quella fotografia? Ci dice che c'è una situazione tale per cui comunque le forze oggi non sono ancora sufficienti, gli assetti a mare non sono ancora sufficienti.
  Lo diciamo da tempo, ma è importante ribadirlo ogni volta: se ripartisse domani un meccanismo efficace di Mare Nostrum europea, noi dopodomani ci fermeremmo, non rimetteremmo le navi a mare, non ci sarebbe più bisogno di noi e saremmo ben lieti di questo.
  Questa prospettiva quindi va ribaltata: non è l'aumento della percentuale dell'azione delle ONG perché le ONG vogliono, non si sa per quale motivo, aumentare la loro presenza, ma è l'assenza degli altri, e sicuramente da questo punto di vista, venendo ai momenti più recenti, anche l'arretramento di altri attori a cui faceva riferimento l'onorevole Beni o Patriarca è stato un altro fattore determinante nell'aumentare ulteriormente la nostra attività.
  Se però le ONG oggi a mare, a fronte di situazioni come quelle che abbiamo visto nella settimana di Pasqua, non fossero 9 ma 19, sarebbe meglio, perché eravamo così sopraffatti dal numero di persone che arrivavano rispetto alla possibilità reale di prendersene carico che il dato di fatto è quello.
  Sul tema della opacità ed eventuale distinzione fra ONG presumibilmente più virtuose o meno virtuose, la premessa è che MSF non è qui per dare patenti di bontà o di accreditamento al lavoro delle altre organizzazioni non governative. Parliamo di organizzazioni con modalità di lavoro diverse. Non tutte le navi ad esempio sono attrezzate per prestare cure mediche a bordo, tant'è vero che ci sono state e ci sono anche attività di trasbordo in occasione di diversi salvataggi per gestire situazioni di questo tipo.
  Per rispondere in maniera molto chiara rispetto alla domanda altrettanto chiara che mi è stata fatta, io non sono a conoscenza di situazioni che riguardano le altre organizzazioni non governative che in qualche modo configurino una sorta di opacità. La mia risposta quindi è questa.
  È stata evocata in più di un'occasione la Libia e cosa si può fare rispetto alla situazione di partenza. È stata evocata anche l'eventualità riportata ieri del potenziamento della struttura di coordinamento di soccorso marittimo in Libia, quindi limitando l'attività svolta da Roma a favore delle strutture libiche.
  Richiamo una cosa accaduta non più tardi di un mese e mezzo fa alla Camera dei deputati, ma in quel caso era la Commissione esteri. La Commissione Affari esteri ci ha audito in un'occasione informale, perché erano a Roma due nostri colleghi che sono responsabili delle attività di Medici senza frontiere in Libia. Questi hanno riferito di una situazione realmente drammatica per quanto riguarda i centri di detenzione (Medici senza frontiere lavora nei centri di detenzione che sono a Tripoli), drammatica per la situazione umanitaria e la totale assenza di rispetto dei diritti umani delle persone recluse e anche perché (non dico certo qualcosa di nuovo alla Commissione) la situazione in Libia è lontanissima da quella di uno Stato che si è dotato di un sistema amministrativo, un sistema di gestione per i temi di cui stiamo parlando.
  La nostra prospettiva, anche tenuto conto della difficoltà delle agenzie internazionali ad operare (penso all'UNHCR o all'Organizzazione internazionale per la migrazione) e ad avere un ruolo consistente in quel Paese, è estremamente pessimistica. Il nostro collega che era qui a Roma e che ha riferito alla Commissione Affari esteri ha parlato di una situazione che configurerebbe quasi la necessità di un'evacuazione umanitaria da quel Paese.
  Questo mi permette di fare un piccolo accenno che si ricollega a quanto dicevamo prima sulla distinzione fra potenziali richiedenti asilo e cosiddetti «migranti economici». Al di là del fatto che questa Pag. 13distinzione è sempre più sfumata ed è sempre più difficile farla rispetto alle situazioni dei Paesi di provenienza, tutti coloro che si trovano in Libia (mi riferisco alle persone che sono arrivate in Libia recentemente, ma, essendo stata la Libia per decenni un luogo di immigrazione importante, ci sono componenti molto importanti di persone che hanno vissuto in quel Paese per anni), sia che abbiano una situazione che può configurare una forma di protezione, sia che possano essere annoverati tra i migranti economici, si trovano in una situazione così drammatica dal punto di vista dei loro diritti che questa distinzione viene meno. Questo ci riporta anche alla popolazione con cui ci confrontiamo nel momento in cui facciamo attività di ricerca e soccorso in mare.
  Quanto al riconoscimento dei trafficanti, evidentemente non è un compito che spetta a Medici senza frontiere. Noi siamo un'organizzazione di medici, non operiamo attività di polizia giudiziaria, quindi è qualcosa che non facciamo; le nostre navi non sono attrezzate per questo, sono attrezzate per occuparsi delle patologie che richiamavo all'inizio.
  L'onorevole Gadda sollevava un'altra questione riguardo ai soggetti privati e alle navi mercantili, ma credo di averle risposto con la risposta precedente. Un ultimo aspetto che resta (riprendo un accenno dell'onorevole Patriarca) riguarda i danni che la situazione di cui stiamo parlando ha prodotto sull'affidabilità percepita delle organizzazioni non governative, e veniva citato questo sondaggio rispetto ad altre istituzioni o personalità.
  L'onorevole Patriarca citava il caso recentissimo delle indagini sul CARA di Isola Capo Rizzuto. Anche qui faccio solo un brevissimo accenno: è abbastanza amaro vedere come, nei telegiornali di ieri sera (e sono convinto della totale buonafede di chi ha montato quei servizi), vi fosse una sequenza tale per cui c'era prima il servizio che illustrava la conferenza stampa del senatore Latorre, che quindi parlava del ruolo delle ONG, e immediatamente dopo, senza soluzione di continuità, c'era il servizio sul CARA di Crotone.
  Ripeto: non è il caso certamente dei telegiornali di ieri sera, ma purtroppo invece è il caso di molta parte della tempesta di fango che ci ha investito nel corso di queste settimane da parte di una certa stampa. Questo è un danno che, indipendentemente da quelle che sono le conclusioni delle varie Commissioni, indipendentemente da quelle che sono le iniziative (se ce ne saranno, perché è tutto da vedere) di carattere giudiziario, questo è un danno che resterà, che ci preoccupa molto e rispetto al quale dovremo capire come ricostruire, nel nostro Paese in particolare, quel patrimonio di reputazione e di affidabilità che abbiamo costruito in tantissimi anni.

  PRESIDENTE. Se il dottor Bertotto vuole, può integrare brevemente.

  MARCO BERTOTTO, responsabile advocacy di Medici senza frontiere onlus. Brevemente, solo per integrare alcune informazioni sul funzionamento delle operazioni di soccorso e sugli aspetti che riguardano l'accoglienza a terra.
  Per quanto riguarda il funzionamento delle operazioni di soccorso, come già detto, sono tutte coordinate dall'attività della Guardia costiera. Credo che neanche nel rapporto della Commissione Difesa al Senato sia data evidenza di un'attività autonoma delle organizzazioni che opererebbero senza coordinamento, semplicemente per il fatto che questo è impossibile. Il coordinamento parte in mare e la definizione del porto di sbarco è trasmessa dalla Guardia costiera su indicazione del Ministero dell'interno, per cui nei fatti un'azione autonoma delle ONG in acque internazionali non troverebbe riscontro nelle conseguenze che riguardano lo sbarco in Italia.
  Di conseguenza, su eventuali contatti diretti tra le navi delle ONG e i trafficanti in Libia non è stata data alcuna forma di evidenza. Da questo punto di vista, il rapporto 2016 della Guardia costiera evidenzia che c'è stata effettivamente una modifica dei meccanismi che attivano un intervento di soccorso.
  Nel 2015 nella grandissima maggioranza delle situazioni il contatto era tramite Pag. 14 telefono satellitare tra l'imbarcazione e la centrale di coordinamento della Guardia costiera. Negli ultimi mesi, a partire dal 2016, sono aumentate le intercettazioni in mare, e questo è legato a una modifica delle modalità di funzionamento delle attività dei trafficanti, tra cui anche la propensione ad effettuare lanci congiunti di molti gommoni.
  Questo fa sì che aumenti il numero di intercettazioni, perché l'unità che interviene per operare il soccorso si trova circondata da un numero importante di gommoni e quindi segnala, invece che attivare un contatto telefonico. Chiarisco però che anche in caso di avvistamento viene comunque contattata la Guardia costiera italiana, quindi inizia l'attività di soccorso.
  C'è stato (lo dice la Guardia costiera) un 10 per cento di segnalazioni telefoniche che non sono arrivate direttamente alla Guardia costiera, ma sono transitate da altri contatti. Voi sapete di organizzazioni, di sacerdoti, di familiari, di componenti della diaspora che hanno attivato questo meccanismo di soccorso. Non escludiamo che vi siano stati casi anche di trafficanti che hanno contattato la Guardia costiera, ma è lo stesso principio per cui un piromane chiama i vigili del fuoco e i vigili del fuoco spengono l'incendio, poi si pongono il problema di accertare le responsabilità. Dal punto di vista del soccorso in mare ci sembra quindi più importante concentrarci sulle modalità di intervento piuttosto che sui meccanismi di attivazione.
  Un elemento interessante è quello sollevato dall'onorevole Patriarca riguardo a un rischio di involontaria strumentalizzazione da parte dei trafficanti. Ebbene, questo rischio esiste. Quello che noi contestiamo in tutto questo dibattito è che ci si sia concentrati su un attore, le ONG, che nel quadro globale è un attore minoritario rispetto alle dinamiche che stiamo affrontando, e su un singolo fattore, la ricerca e il soccorso, che è una componente che ha un impatto, ma ha un obiettivo, salvare vite umane, trascurando tutto il resto, trascurando, nel valutare le modifiche del comportamento dei trafficanti, anche l'impatto delle operazioni antitraffico.
  La distruzione dei barconi non può essere un motivo per cui ad esempio si è pauperizzata l'infrastruttura utilizzata dai trafficanti e oggi i viaggi sono resi più pericolosi dal fatto che è più difficile recuperare in Libia un barcone solido e sicuro?
  Quello è un impatto reale di un'attività antitraffico che va considerato, così come vanno considerate le modifiche che ci sono sul territorio della Libia. Tutti abbiamo letto reportage che raccontano del coinvolgimento delle milizie, del ruolo delle autorità libiche nelle attività dei trafficanti, dell'industrializzazione del processo dei trafficanti.
  Quello che a noi non sta bene è questa lettura causale, che fa sì che l'attività di soccorso delle ONG abbia «determinato» il problema. Ci permettiamo di respingere al mittente questa affermazione, dicendo che il problema è causato da politiche europee che sono state inefficaci nella gestione umana di questi flussi, che non hanno realmente portato dei risultati dal punto di vista della lotta ai trafficanti e che hanno contribuito a costruire una situazione di mortalità in mare, che è inaccettabile, e l'attività di soccorso è un tentativo di ridurre le esternalità, le conseguenze negative di questa situazione.
  Concludo con alcuni altri aspetti che venivano sollevati. Il ruolo di Frontex e la formazione della Guardia costiera libica da parte di Sophia.
  Frontex e Sophia sono due attori che hanno un ruolo anche nelle attività di soccorso, ma non hanno un mandato specifico di soccorso in mare. E questa è una delle ragioni che ci porta a continuare a richiedere l'istituzione di un meccanismo dedicato di soccorso in mare (nell'aggettivo «dedicato» c'è tutta la nostra denuncia sull'inefficacia attuale di un meccanismo che deve affidarsi al ruolo delle ONG o alla presenza casuale di navi commerciali o all'attività della Guardia costiera, ma di fatto manca un coinvolgimento delle istituzioni europee nella gestione del soccorso Pag. 15in mare e quindi nel risolvere la questione delle morti in mare).
  Sulla formazione della Guardia costiera libica, evidentemente un'organizzazione umanitaria non può che vedere con favore tutte quelle attività che cercano di migliorare le capacità di soccorso in mare da parte delle autorità. Ci permettiamo però – perché non saremmo un'organizzazione umanitaria se non mettessimo in rilievo anche questo elemento – di segnalare quali sono le conseguenze di questa maggiore attività della Guardia costiera libica.
  Le conseguenze sono di fatto soccorsi che costituiscono intercettazioni e trasferimenti di queste persone di nuovo sul territorio libico, il che è ovviamente corretto da un punto di vista legale: non si tratta di un blocco, non si tratta di un respingimento, sono attori statali che svolgono un'attività di soccorso. Ci permettiamo però di dire che, per quelle che sono le condizioni nei centri di detenzione per migranti in Libia, l'obbligo di detenzione dei migranti in Libia, la situazione di Stato fallito e le situazioni di vulnerabilità delle persone che fuggono dalla Libia, questa attenzione orientata al contenimento dei flussi può essere ragionevole se uno fa una valutazione puramente di opinione dominante nell'opinione pubblica, di attenzione delle autorità a regolare i flussi; ma da un punto di vista umanitario ha delle conseguenze devastanti, che non possiamo non denunciare.
  Quando sosteniamo che la soluzione per noi non è l'intervento di soccorso nelle acque libiche non lo diciamo perché non debba essere operato un soccorso, siamo i primi a dire che innanzitutto togliamo le persone dal rischio della vita in mare; ma crediamo che la gestione politica del fenomeno dovrebbe avere una prospettiva diversa.
  Un ultimo riferimento per non eludere completamente la domanda. Ci è stato domandato quali sono i suggerimenti, le indicazioni, le modifiche e il ruolo che MSF svolge nell'attività a terra. Noi abbiamo un'attività che definiamo «pronto soccorso psicologico di primo intervento», abbiamo dei team mobili che si spostano con un accordo con le autorità italiane nei porti italiani in situazioni di naufragi, incidenti, perdite di vite in mare, in modo da fornire una prima attività di assistenza, di supporto emozionale, di cura per i sopravvissuti.
  Abbiamo delle attività di salute mentale all'interno di alcuni CAS in alcune province siciliane, abbiamo degli interventi nelle zone di frontiera, in un ambito anche più informale, a Ventimiglia e a Como, abbiamo a Roma un centro per il trattamento delle vittime di tortura, svolgiamo delle attività sia in un ambito formale, il sistema di accoglienza, che in un contesto informale.
  Non siamo presenti all'interno degli hotspot, quindi la buona domanda su come funzionano le identificazioni è una domanda per il Ministero dell'interno, a cui noi non siamo in grado di rispondere.
  Quello che ci sentiamo di dire è che purtroppo, anche nella piena comprensione della difficoltà di gestire un fenomeno di significativo aumento dei numeri, che quindi sfida qualunque sistema di organizzazione, laddove però l'Italia non è un Paese nuovo a questi fenomeni, ci sembra che una gestione ancora orientata a un approccio estremamente emergenziale, con una percentuale di persone in un'accoglienza straordinaria, quindi senza servizi orientati all'integrazione sociale delle persone, costituisca un problema rilevante.
  Allo stesso modo (mi rendo conto che può sembrare un commento un po’ naïf) l'estrema attenzione dedicata al tema della sicurezza, alla lotta al traffico, al fotosegnalamento, che è assolutamente legittima, si scontra però con l'esigenza di garantire condizioni di accoglienza nelle modalità e anche nei tempi rispetto alle condizioni traumatiche in cui arrivano queste persone, che probabilmente richiederebbero un approccio e una modalità di intervento diversi.

  PRESIDENTE. Io ringrazio e mi associo ai ringraziamenti dei colleghi per il vostro importante contributo e il lavoro svolto, e Pag. 16non solo nel salvataggio in mare, perché abbiamo avuto modo di apprezzare il vostro serio e competente intervento in tutto il sistema di accoglienza.
  Credo che questa audizione, al di là delle suddivisioni delle competenze istituzionali che noi abbiamo, sia servita soprattutto a fare chiarezza e a dare una puntuale e tempestiva informazione a tutti coloro che ci hanno seguito rispetto alla funzione e all'importanza della vostra ONG all'interno del panorama nazionale e internazionale.
  Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.10.