XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 205 di Giovedì 11 maggio 2017

INDICE

Pubblicità dei lavori:
Gaetti Luigi , Presidente ... 3 

Audizione del direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata, Nando dalla Chiesa:
Gaetti Luigi , Presidente ... 3 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata ... 3 
Buemi Enrico  ... 9 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata ... 9 
Buemi Enrico  ... 9 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata ... 9 
Gaetti Luigi , Presidente ... 10 
Buemi Enrico  ... 10 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 11 
Buemi Enrico  ... 11 
Gaetti Luigi , Presidente ... 11 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata ... 12 
Buemi Enrico  ... 12 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata ... 12 
Buemi Enrico  ... 12 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata ... 12 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 13 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata ... 13 
Gaetti Luigi , Presidente ... 14 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata ... 14 
Gaetti Luigi , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Quarto rapporto sulle aree settentrionali, per la presidenza della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno mafioso ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
LUIGI GAETTI

  La seduta inizia alle 15.45.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non ci sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata, Nando dalla Chiesa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata, professor Nando dalla Chiesa.
  L'audizione odierna è dedicata all'illustrazione del quarto rapporto trimestrale sulle aree settentrionali, redatto dal professore dalla Chiesa insieme ai ricercatori dell'università di Milano e dell'Osservatorio, nell'ambito di un incarico della Commissione relativo ad un'analisi sulle principali dinamiche di azione della criminalità organizzata e della loro evoluzione nel contesto sociale ed economico delle regioni del nord Italia.
  Come si ricorderà, il primo, il secondo e il terzo rapporto, dedicati rispettivamente all'infiltrazione mafiosa negli enti locali, nell'economia legale, e al tema delle attività commerciali illegali e a quelle «tradizionali» delle organizzazioni criminali, sono state illustrate nelle sedute del 6 maggio 2014, del 24 febbraio 2015 e del 30 settembre 2015. Il rapporto che si presenta oggi è dedicato al tema delle mafie straniere al nord.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in seduta segreta.
  Ringrazio il professore dalla Chiesa delle tre relazioni fatte in passato e di questa quarta, lo ringrazio anche di averle illustrate l'estate scorsa anche a Mantova, la mia città, e gli cedo volentieri la parola.

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata. La ringrazio, presidente, grazie ai presenti per l'interesse verso questo tema, che copre l'ultimo rapporto che era stato concordato con la Commissione, come è stato ricordato ce ne sono stati tre, che hanno avuto tutti per oggetto la criminalità di origini italiane e la sua presenza soprattutto nel nord Italia. Il tema è stato le regioni settentrionali, la diffusione, l'inserimento nell'economia legale, lo sviluppo di attività economicamente rilevanti illegali.
  Il quarto rapporto è stato riservato alla criminalità straniera per una ragione che credo intuitiva, nel senso che la stessa Commissione parlamentare, attraverso la sua denominazione, ha riconosciuto l'importanza della criminalità straniera in Italia, per il fatto che si tratta di una criminalità poco studiata, che si presta soprattutto a delle valutazioni di ordine politico sicuramente importanti, ma non è oggetto di una insistente e coerente ricerca scientifica.
  Gli spostamenti di persone da altri Paesi verso il nostro vengono più studiati dai sociologi dell'emigrazione che non dai sociologi della criminalità organizzata, quindi Pag. 4abbiamo questo vuoto di conoscenze che abbiamo cercato di riempire attraverso una scelta di metodo, che cercherò di illustrare, raggiungendo alcuni risultati che illustrerò.
  Lascio alla Commissione le slide che ho portato, che riassumono una parte delle acquisizioni più rilevanti sul piano teorico, e mi limito a tratteggiare le problematicità che si presentano, il metodo che è stato seguito, la distribuzione geografica di queste forme di organizzazioni criminali nelle regioni del nord e alcune caratteristiche di fondo che devono comunque essere evidenziate davanti alla Commissione.
  La prima cosa è che la problematicità di rilevazione è più alta rispetto alle altre organizzazioni. Già studiare organizzazioni che operano nella illegalità è complicato e difficile, perché si tratta di attività sotterranee, in questo caso sono ancora più sotterranee, anche perché sono svolte da persone di cui non sono conosciute alle autorità italiane le caratteristiche e i dati anagrafici, perché si tratta spesso (non sempre) di persone che vivono clandestinamente in Italia, e anche perché le dinamiche che modificano le caratteristiche di queste organizzazioni e anche i loro rapporti di forza e anche alla loro distribuzione territoriale sono dinamiche estremamente mutevoli, c'è una grande effervescenza che fa da sfondo e fa da spiegazione a questi movimenti.
  Se quindi dovessimo riandare alle trasformazioni di queste organizzazioni negli ultimi venticinque, trenta anni, dobbiamo pensare a cosa è accaduto per effetto della caduta del muro di Berlino, cosa è accaduto per effetto del disfacimento dell'impero sovietico, che cosa per la caduta e per la crisi del regime comunista albanese, che cosa per effetto delle guerre balcaniche, che cosa per effetto delle Primavere arabe, che cosa per effetto di carestie e di guerre lontane.
  Davvero le pressioni che i fatti del mondo producono sulle caratteristiche di questa criminalità sono molto alte, e questo produce indubbiamente dei cambiamenti veloci, degli arrivi di massa, che modificano anche i rapporti quantitativi tra le organizzazioni o introducono nel panorama criminale italiano delle organizzazioni criminali che sono già state sperimentate in patria, mentre altre volte abbiamo delle organizzazioni che arrivano molto acerbe e che si formano anche qui. Questo è il primo rilievo, cioè la grande problematicità che esiste nell'affrontare con strumenti adeguati questo tipo di criminalità.
  La seconda osservazione che vorrei proporre alla Commissione è che ci troviamo davanti a un problema che è stato spesso considerato aggiuntivo, integrativo rispetto alla fenomenologia di criminalità organizzata presente nel Paese. La nostra sensazione dopo lo studio che è stato compiuto è che non si tratti di un tratto aggiuntivo, ma si tratti di un elemento costitutivo del panorama criminale, cioè che ha assunto ormai un suo peso importante. Non è un residuo, non è un'appendice del panorama criminale, ma ne costituisce un elemento di grande rilievo, e questo con particolare riferimento al nord, come cercherò di indicare.
  Va sottolineato che questo per fortuna è temperato dal fatto che a queste organizzazioni manchi un complesso di caratteristiche che le potrebbe rendere ancora più aggressive e risolute, ossia sono in gran parte composte da persone che non hanno la cittadinanza, e questo le indebolisce, sono sottoposte a questi continui dinamismi e a questa mobilità nello spazio di altri gruppi, che rende loro più incerto l'orizzonte in cui si muovono, e poi non dispongono, diversamente dalle organizzazioni criminali storiche, di un capitale elettorale, cioè si tratta di persone e di organizzazioni che fanno riferimento a delle aree che sono prive di voto, quindi non sono in grado e non possono spendere questo capitale nei rapporti con la politica e con l'amministrazione.
  Questo le rende indubbiamente più deboli di quanto potrebbero essere in relazione alle capacità di movimento che hanno acquisito.
  Come ci siamo regolati? Noi abbiamo preso in considerazione soprattutto cinque grandi gruppi di organizzazioni: quelle dell'est europeo, in cui abbiamo inglobato sia la componente balcanica, sia la componente Pag. 5 russa e georgiana, abbiamo preso in considerazione la criminalità cinese, quella centrafricana ma con particolare interesse per quella nigeriana, quella nordafricana e quella sudamericana. Sono queste le cinque tipologie di criminalità organizzata che abbiamo indagato.
  Sono diverse tra di loro, perché alcune sono organizzazioni storiche e altre sono allo stato nascente, perché ci sono organizzazioni che sono in ascesa anche su mercati pregiati dal punto di vista criminale e altre che invece sono abbastanza stazionarie. Ci sono delle organizzazioni che puntano a occupare il territorio e a esercitare delle forme di controllo del territorio e altre che invece non hanno questa aspirazione, quindi sono piuttosto diverse tra di loro ed è per questa ragione che le abbiamo studiate una per una e non in modo cumulativo, perché sarebbe stato un metodo piuttosto ingannevole mescolare le pandillas sudamericane con le organizzazioni del Montenegro o della Serbia o albanesi che operano sul mercato degli stupefacenti o della cocaina.
  Abbiamo preferito studiarle non indipendentemente dai collegamenti che stabiliscono tra di loro, ma analiticamente una per una, un gruppo per gruppo. Fra l'altro, quando dico componenti balcaniche dico comunque più organizzazioni criminali, non una sola.
  Vediamo la distribuzione geografica, che è interessante perché corrisponde alle caratteristiche storiche e geografiche che hanno influenzato la crescita di queste organizzazioni. Per esempio, questo grafico si riferisce alla criminalità est europea. Come potete vedere è una criminalità che si disloca soprattutto in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, anche se per ragioni diverse, quindi cercando anche cose diverse, al di là del mercato della cocaina, perché quello che viene cercato in Lombardia non è ciò che viene cercato in Romagna, e anche quello che viene cercato in Piemonte non si caratterizza esattamente per le forme in cui viene cercato con ciò che succede in Lombardia.
  A quanto ci dicono le fonti alle quali abbiamo attinto, sembra che ci sia una maggiore pericolosità dei rumeni in Piemonte rispetto alla Lombardia. Noi abbiamo dovuto comunque raggruppare. Questa è una criminalità est europea.
  Anche i georgiani sono più presenti per esempio nella provincia di Novara rispetto ad altre province, ma possiamo dire che queste tre regioni, per ragioni differenti, siano quelle più interessate dal fenomeno della criminalità est europea. Come si può immaginare, in Romagna è soprattutto la Riviera che viene interessata da investimenti e presenze della criminalità russa.
  È diverso lo schema se andiamo alla criminalità cinese, che presenta dei dati di grande interesse. Come vedete, la criminalità cinese si presenta in forme elevate in Lombardia, non in altre regioni.
  Devo fare un passo indietro: credo che i membri della Commissione ricordino che noi avevamo dato degli indici di densità mafiosa a tutte le province del nord Italia, e devo dire che ci avevamo anche preso, perché alcuni indici erano alti prima ancora che partissero determinati processi. In questo caso non ci siamo sentiti di passare da 1 a 5 perché, per le difficoltà di rilevazione alle quali accennavo prima, sarebbe stato molto scivoloso prendere una gradazione così articolata.
  Abbiamo allora adottato un indice sintetico, che è alto, medio e basso, cioè marginale o non rilevante, dove l'alto indica un'accentuata pericolosità, un'accentuata presenza, che viene rilevata costantemente dalle forze dell'ordine e della magistratura e anche da esponenti delle amministrazioni locali. Ripeto: le ricerche sono molto poche, quindi purtroppo abbiamo dovuto lavorare praticamente in assenza di dati di ricerca.
  La criminalità cinese si concentra in Lombardia dal punto di vista delle sue punte più pericolose. Le regioni che presentano un colore verde più tenue sono quelle in cui c'è una presenza meno rilevante, che potrebbe in qualche caso essere anche definita marginale. Non è comunque poco preoccupante in Piemonte, nel Veneto e in Emilia-Romagna. Presenta dei tratti, a cui farò riferimento nella parte ultima del mio intervento, che caratterizzano questa Pag. 6presenza lombarda con una minacciosità particolare.
  Abbiamo poi una presenza della criminalità nigeriana, che è soprattutto concentrata sul Piemonte e sulla Lombardia, una media presenza su Veneto, Emilia-Romagna e Liguria. Come potete vedere, le regioni che rimangono sempre fuori sono Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta, però è interessante vedere come cambino di volta in volta le aree in cui c'è una maggiore pericolosità.
  Qui è chiaro che gioca un ruolo importante la prima meta che i clan nigeriani hanno avuto in Italia, che è stata Torino, e la capacità che hanno avuto anche di costruire delle piccole forme di controllo del territorio anche nella provincia di Torino, e la presenza in Lombardia come principale mercato delle due attività che le organizzazioni nigeriane praticano in modo privilegiato, cioè lo sfruttamento della prostituzione e il traffico di stupefacenti, il traffico di cocaina. Quindi c'è una storia e c'è un mercato, sono due le giustificazioni che possono spiegare questa particolare concentrazione della criminalità nigeriana su Piemonte e Lombardia.
  Se andiamo poi alla criminalità nordafricana, abbiamo una distribuzione ancora diversa, nel senso che c'è ancora la Lombardia, che c'è l'Emilia-Romagna, che c'è la Liguria, continuano ad essere marginali Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, c'è una presenza interessante del Piemonte e del Veneto e questa volta anche del Trentino-Alto Adige, anche per il tipo di attività più diffusa, di minore spessore di criminalità, che porta i gruppi di criminalità etnica nordafricana a diffondersi in tutto il nord, senza avere delle roccaforti specifiche. Possiamo dire che si collochino tendenzialmente su un livello inferiore del mercato del lavoro illegale.
  Infine c'è l'ultimo schema, quello che riguarda la criminalità sudamericana, che è una criminalità incipiente, non ha una pericolosità particolare, però questi indici sono pensati per ogni singola criminalità, quindi l'1 della criminalità sudamericana non è l'1 della criminalità est europea e non è l'1 della criminalità nigeriana, ma ognuno di questi indici è riferito alla presenza di quella criminalità nelle regioni settentrionali.
  In questo caso notiamo che sono la Lombardia e la Liguria quelle che hanno una maggiore presenza, perché anche qui c'è una storia, ed è la storia dei minori che arrivano in famiglie che si separano e che si ricongiungono. Qui c'è una ricerca interessante che spiega le ragioni della propensione alla delinquenza dei minori che arrivano a Genova e a Milano. Tuttavia noi non possiamo dire né che ci sia una tendenza al controllo del territorio, se non molto limitata alle aree sotto stretto controllo di queste bande, né che ci sia una presenza diffusa nelle attività illegali. Vedremo in cosa si caratterizzano questi gruppi.
  Quello che vorrei far notare (e l'avevo già fatto notare nei precedenti rapporti e credo che possa essere interessante per la Commissione verificarlo una volta di più) è il ruolo centrale della Lombardia, cioè la Lombardia è sempre ai livelli più alti con la criminalità italiana e con la criminalità straniera, con tutte le forme di criminalità straniera. Questo può dipendere sicuramente dalle opportunità che la regione offre, dal fatto che è un grande luogo di attrazione, dal fatto che è il più grande mercato della cocaina d'Italia, che è un mercato aperto, dove anche la presenza di criminalità autoctone non basta a scoraggiare l'arrivo di criminalità straniere.
  Questo è un dato interessante perché, se facciamo la somma delle criminalità autoctone e delle criminalità straniere, la Lombardia tende ad acquisire quasi un primato, non perché sia più pericolosa o ci sia una ’ndrangheta più pericolosa che in Calabria, ma perché il processo complessivo di penetrazione di organizzazioni criminali ci sollecita una riflessione su quanto sia vulnerabile questa regione e quanto sia necessario che anche dal punto di vista della domanda di servizi illegali si intervenga sulle forme di complicità, di convergenza, di servizio che vengono fornite alle grandi o alle piccole organizzazioni criminali.
  Il dato centrale che è in continuità con le relazioni precedenti è quello del ruolo baricentrico della Lombardia e del ruolo Pag. 7tendenzialmente marginale delle regioni del nord-est e della Valle d'Aosta, del nord-est a seconda dei casi possono esser solo Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige, a volte anche il Veneto, altre volte può essere solo il Friuli-Venezia Giulia, ma è un'area meno interessata che diventa interessata per certe organizzazioni, in particolare per effetto della sua collocazione sui confini orientali del Paese, che la rende più vicina alle pressioni e alle strategie di ingresso di gruppi provenienti soprattutto dall'est europeo.
  Consegno qui nelle slide, non li riprendo tutti, ma ci sono indubbiamente dei nuovi schemi operativi che operano all'interno di queste organizzazioni. Faccio solo un esempio. Noi eravamo abituati a distinguere le attività dei clan nigeriani a seconda dell'ambito in cui venivano svolte con strutture e gerarchie differenti, quindi nello sfruttamento della prostituzione c'erano gerarchie femminili, c'erano soltanto protezioni lontane della componente maschile, ma sapevamo che si trattava di un'attività dominata dalla presenza femminile delle famose maman che sfruttano le giovani che vengono dalla Nigeria, che a loro volta diventano maman, fino ad emanciparsi.
  C'era un altro ambito di intervento dei clan nigeriani che era quello del traffico degli stupefacenti, in cui c'era esclusivamente una componente maschile a guidarlo. Quello che si sta osservando è che la componente maschile è entrata anche nello sfruttamento della prostituzione e che sta acquisendo una dominanza sull'insieme delle attività che vengono prodotte dalla criminalità nigeriana. Questa divisione tra maschile e femminile, modello autoritario familiare e modello invece gerarchico criminale, pare affievolirsi molto.
  Ci sono delle differenze anche per quanto riguarda il rapporto con il territorio, per cui clan albanesi o clan nigeriani tendono a sviluppare delle forme di controllo del territorio. Questo è stato evidenziato da una condanna di clan nigeriani per 416-bis in Sicilia, quindi c'è una tendenza di alcuni di questi gruppi a sposare il modello mafioso. In altri casi questo non si verifica.
  Si è pensato che un modello del genere potesse essere già stato applicato dai gruppi rumeni, ma quello che indagini anche recenti ci raccontano è che invece i rumeni svolgono attività sui territori delimitati, ma riconoscendo un «diritto di superficie» ai clan albanesi, che quindi sono i veri controllori del territorio, prestano il territorio a dei clan di altre etnie, che svolgono determinate attività, un po’ sul modello che è stato applicato dalla camorra nei confronti dei gruppi stranieri. La camorra raramente pratica lo sfruttamento della prostituzione, non è che non lo pratichi mai, come potrebbe accadere per ’ndrangheta e cosa nostra, ma lo applica in questo modo, cioè esercitando un controllo sui gruppi che applicano lo sfruttamento della prostituzione oppure sui locali in cui avviene lo sfruttamento della prostituzione.
  Ci sono anche degli schemi differenti. Ne evidenzio uno per indicare la qualità necessaria dell'analisi di determinati fenomeni. Qui parliamo della mafia albanese: presenza di cellule minori, figure stanziali che gestiscono precise tipologie di traffico. Le cellule minori c'erano anche prima, c'era anche prima un consolidato vincolo associativo tra gli appartenenti, la compartimentazione dei ruoli è stata indicata, la struttura reticolare è cresciuta nel tempo, la flessibilità è cresciuta nel tempo e anche il radicamento nel territorio è cresciuto nel tempo, quindi questi sono gli elementi di fondo che presentiamo, alcuni che si sono presentati subito, altri che invece sono aumentati nel corso dei decenni, anche con qualche oscillazione, non in modo lineare.
  Oppure possiamo prendere i reati commessi dalla criminalità est europea. I reati predatori, cioè le rapine, i furti in casa, vedono rumeni, albanesi, georgiani; la clonazione e contraffazione di carte di credito i rumeni; il traffico di esseri umani finalizzato allo sfruttamento della prostituzione albanesi e rumeni; il traffico di stupefacenti albanesi, serbo-montenegrini (questa è la novità molto forte che viene dalla Lombardia), rumeni e (altra novità) bulgari; infiltrazioni nel settore economico-finanziario e riciclaggio russi e georgiani. Pag. 8
  Mi soffermo su questo per richiamare l'attenzione della Commissione sul fatto che non tutte le organizzazioni criminali fanno le stesse cose, ma c'è una divisione del mercato del lavoro illegale, quindi i reati predatori non vedono i serbo-montenegrini, mentre rumeni albanesi e georgiani commettono reati predatori. La clonazione delle carte di credito sembra quasi appannaggio semi-monopolistico dei rumeni, cioè ci sono delle organizzazioni che per le filiere che hanno costruito, per i know how che hanno realizzato, che non sono know how tecnologici ovviamente, ma sono know how sociali, sono know how di relazioni, sono know how di opportunità, riescono a operare molto brillantemente in un settore.
  C'è il traffico di esseri umani che è legato anche alle condizioni di sfruttamento minorile che sono presenti in Albania e in Romania, che garantisce maggiori possibilità di riuscita allo sfruttamento della prostituzione con traffico di esseri umani. Nel traffico di stupefacenti ci sono i due nuovi ingressi, cioè nuove componenti dell'est europeo serbo-montenegrina e anche quella bulgara. Quella serbo-montenegrina sta salendo di posizione in modo molto interessante.
  Nel settore finanziario chi c'è? Ci sono soprattutto le mafie russe, da sempre. Ricordo che avevamo fatto una ricerca nel 2001 con il progetto Falcone per la Commissione europea e anche allora risultava come la mafia russa, diversamente dalle altre mafie europee, si muovesse prevalentemente nei circuiti finanziari piuttosto che nell'occupazione del territorio o nei reati che vi ho indicato prima.
  Penso che questi due schemi servano a esemplificare quello che noi rassegniamo come prodotto alla Commissione, cioè che è un sistema assolutamente mobile, che risente delle trasformazioni che avvengono fuori dai nostri confini, da sud e da est in particolare, è un sistema in cui ogni organizzazione cerca di ricavare degli spazi che siano confacenti con le proprie vocazioni e con le proprie capacità criminali, e si dota di strutture differenti, ad esempio non tutte hanno una struttura reticolare come la criminalità albanese di oggi e non tutte, come dicevo, puntano a un radicamento nel territorio.
  Qual è la tipologia delle vittime? Le vittime sono soprattutto i connazionali, come abbiamo rilevato anche per le criminalità italiane, Come dicevamo nel terzo rapporto parlando di usura e di estorsione, sono soprattutto i connazionali che sono vittime, anche perché più difficilmente rompono l'omertà, si sentirebbero spesso di tradire una lealtà di provenienza a denunciare le violenze o gli atti di prepotenza che subiscono. Questo si verifica con tutte le organizzazioni, è un dato generale, soprattutto per quanto riguarda imprenditori e commercianti, ma anche lo sfruttamento della prostituzione e atteggiamenti di violenza come la rapina.
  Dopodiché, c'è una esondazione. Lo dico per evitare che ci si senta tranquilli, pensando che ogni forma di criminalità organizzata agisca all'interno di un perimetro. Non è così: quel perimetro viene sfondato, si va al di fuori quando si è riusciti attraverso una certa esperienza a saggiare quali sono le capacità di resistenza dell'ambiente esterno. Se le capacità di resistenza sono basse, soprattutto se il diritto è incerto, la tendenza a uscire da quei confini c'è, ed è una tendenza che noi abbiamo cercato di sottolineare proprio nelle conclusioni.
  La tipologia dei reati. Sono reati diversi, che presentano delle specificità. Diciamo che sono due i grandi campi di reati in cui queste organizzazioni si valorizzano: il campo di reati che non interessa le organizzazioni italiane, per esempio lo sfruttamento della prostituzione, la contraffazione di merci false all'esterno dell'area della Campania o la produzione di documenti falsi, che interessano le organizzazioni italiane soltanto per le false fatturazioni e per tutta l'area di documentazione che riguarda il tema dell'evasione fiscale, ma l'altra produzione di documentazione non interessa alle organizzazioni italiane, tutto quello che è bollettari, giustificativi, però questo vale soprattutto per le regioni del sud, per questo abbiamo concentrato sulle false fatturazioni. Pag. 9
  L'altro ambito è quello non di ciò che non interessa le organizzazioni criminali italiane, ma riguarda quei mercati che interessano le organizzazioni criminali italiane, ma sono talmente ampi che le organizzazioni criminali italiane non sentono il fastidio della concorrenza, e questo vale soprattutto per il mercato degli stupefacenti e della cocaina in particolare.
  Su questo bisogna sottolineare che le organizzazioni criminali, soprattutto albanesi, slave e nigeriane, stanno acquisendo nel mercato degli stupefacenti una posizione importante. Noi siamo abituati a dare questa lettura: la criminalità straniera è quella che sta ai livelli più bassi, sopra ci sono le criminalità autoctone, che gestiscono i traffici e che si servono verticalmente dell'apporto e dei servizi di criminalità minori.
  Questo vale ancora per la criminalità nordafricana, vale ancora in certa misura per la criminalità sudamericana, di cui bisogna temere il possibile raccordo con i narcos messicani perché alcuni cenni ci sono, ma non vale sicuramente per la criminalità albanese, per quella nigeriana e per quella slava, anzi più volte viene riferito che la criminalità albanese e la criminalità slava sono quelle che approvvigionano la criminalità italiana e spartiscono i mercati in modo più conveniente, perché l'ampliamento delle quote di mercato è il corrispettivo delle merci che vengono conferite all'ingrosso alle organizzazioni italiane. Non c'è più una posizione di minorità, c'è una posizione di condivisione.

  ENRICO BUEMI. Per tutte le droghe o cocaina da una parte e marijuana dall'altra?

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata. No, sono mercati differenziati, segmentati. Questo avviene soprattutto per la cocaina, perché c'è una notevole presenza anche delle nuove forme di criminalità soprattutto sui mercati lombardi. Si pensava solo Milano, sono venute fuori operazioni importanti anche a Brescia, lago di Garda, Verona, è una grande area su cui il mercato si sta allargando e che vede un protagonismo di altre organizzazioni criminali straniere.

  ENRICO BUEMI. Quindi la leadership ’ndranghetista sulla cocaina è messa in discussione?

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata. Questo è un grande problema, infatti non so se ricorda la prudenza con cui avevamo toccato questo tema la volta scorsa, perché più fonti ci avevano indicato un arretramento parziale della ’ndrangheta dal mercato della cocaina e io ero molto dubbioso su questo, per cui ho chiesto ai ricercatori di fare un supplemento di lavoro, un supplemento di interviste, di approfondimento.
  Abbiamo visto che in alcune locali di ’ndrangheta il traffico di stupefacenti non risulta tra le attività che vengono imputate, ma c'è più una concentrazione delle energie su attività legali, naturalmente con il metodo mafioso. Abbiamo ritenuto anche che fosse possibile pensare che organizzazioni che ormai si sono fortemente radicate puntino, per sviluppare i propri rapporti privilegiati con il sistema politico-amministrativo e con il sistema imprenditoriale soprattutto, a ridurre il proprio coinvolgimento in attività puramente criminali, e che cerchino invece di accreditarsi sul mercato legale, naturalmente usando i loro metodi, ma è chiaro che un imprenditore che compare al fianco di un altro imprenditore non è un narcotrafficante che compare al fianco di un altro imprenditore.
  Questa era una delle chiavi di spiegazione che avevamo proposto, tuttavia io mi sentirei di dire che la ’ndrangheta è ancora l'elemento più forte sul mercato soprattutto a livello nazionale, mentre sui mercati lombardi probabilmente per tutte e due le ragioni sono arrivati nuovi concorrenti agguerriti, che fanno dei patti, che portano la cocaina e che quindi possono chiedere in cambio una parte del mercato. Un desiderio da parte di alcuni clan più forti di istituzionalizzare la propria presenza nell'attività imprenditoriale, questa potrebbe essere la combinazione, ma lavoriamo sul Pag. 10piano delle ipotesi sensate, perché sono cose che noi abbiamo raccolto nell'ultimo anno, anno e mezzo, quindi credo che si debba andare cauti, però avendolo saputo mi sento anche in dovere di comunicarlo alla Commissione antimafia.
  Chiuderei con questo. Stanno cambiando i modelli di coesistenza, cioè le gerarchie che funzionavano prima non funzionano nella stessa misura, questa avanzata dei clan est europei può portare a delle forme di collisione con i clan nigeriani, perché c'è un'aspirazione a conquistare un mercato dove non si entra in rotta di collisione con le organizzazioni italiane, ma si può ragionevolmente pensare di dover essere gli unici o le uniche organizzazioni criminali che vengono dall'estero che controllano questo mercato.
  Io l'ho segnalato nelle conclusioni, questo problema di una possibile fine o una possibile incrinatura della coesistenza pacifica c'è. I confini operativi tendenzialmente vengono rotti, come abbiamo visto soprattutto con la criminalità cinese. La criminalità cinese non si tiene più nel recinto delle Chinatown, ne fuoriesce, e anzi potrei dire che, mentre prima Chinatown era la premessa della criminalità cinese, nel senso che era il rifugio in cui anche trovare le proprie vittime da estorcere e da usurare, oggi la fuoriuscita dal perimetro di Chinatown produce altre Chinatown progressivamente, attraverso l'apertura di negozi, di centri massaggi, di attività che progressivamente figliano altre attività degli stessi gruppi etnici.
  Viene segnalata per esempio da alcuni investigatori una prima presenza cinese anche nell'utilizzo degli incendi a scopo intimidatorio. Almeno due fonti ce l'hanno detto e su due territori diversi, quindi credo che anche questo debba essere un punto di riflessione importante.
  Come ho detto prima per i nigeriani, ma anche per gli albanesi, i modelli organizzativi tendono a evolvere. Mentre le organizzazioni quindici o venti anni fa avevano delle strutture organizzative abbastanza incerte, adesso si stanno dando delle organizzazioni, anche quando sono costruite a rete.
  Infine, quella che chiamiamo l'apertura sociale, perché si tratta di organizzazioni che per fortuna si rivolgono a un retroterra etnico che non dispone della risorsa del voto. Nel momento in cui questa risorsa dovesse essere utilizzata (non sto ovviamente auspicando che non possa essere utilizzata) queste organizzazioni criminali sarebbero in grado di esercitare un peso sicuramente maggiore, perché avrebbero la possibilità di sviluppare delle modalità di influenza importanti anche sulla sfera pubblica, sulle pubbliche amministrazioni.
  C'è un'apertura sociale ovviamente molto più limitata rispetto a quella di cui godono le organizzazioni italiane, ma si incominciano ad avere segnali, anche perché molte sono le forme di imprenditoria che nascono in aree non criminali, ma con le quali possono esserci delle relazioni fondate sul vincolo di nazionalità o di compaesanità.
  Io mi fermerei qui. Queste erano le cose più importanti che pensavo di dire, le slide sono più articolate, rimangono a vostra disposizione esattamente come il rapporto, però, siccome il rapporto è veramente ricco, noi abbiamo cercato di evitare di trasformare in una passeggiata di notizie di cronaca questo rapporto e di costruire più schemi concettuali possibili. Tutte le informazioni che vengono dalla stampa sono messe in nota, perché l'importante è che uno possa dare un senso alle informazioni che riceve e, non essendo mai state studiate dal punto di vista scientifico, essendo gli ultimi studi scientifici del 2006-2007, il rischio era di fornirvi una valanga di notizie di stampa, e non sarebbe stato molto intellegibile il materiale.
  Il periodo è lo stesso utilizzato per gli altri rapporti, cioè quello concordato 2009-2014, però siamo arrivati anche al 2017, perché, presentandolo adesso, ci sembrava che le informazioni più importanti degli ultimi due anni dovessero essere messe a vostra disposizione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, adesso passiamo alle domande. Prego, senatore Buemi.

  ENRICO BUEMI. Intanto se era possibile avere le fotocopie delle slide, che consentono Pag. 11 una sintesi anche visiva della problematica. Non ho sentito parlare di rapporto delle organizzazioni criminali extra italiane sulla questione dell'immigrazione clandestina. Il fenomeno ovviamente è all'attenzione delle istituzioni italiane, della Commissione difesa nell'indagine conoscitiva su coloro che si occupano di trasporto e tratta di esseri umani, però manca la parte di gestione del fenomeno nel territorio italiano, ossia cosa succeda dopo l'attività di accoglienza. Sembra un po’ strano che queste organizzazioni, che hanno ovviamente interessi ai loro concittadini per lo sfruttamento di qualsiasi situazione che possa avere uno spazio criminale economico di interesse, non si occupino dei loro connazionali.

  FRANCESCO D'UVA. Voglio ringraziare il professor dalla Chiesa per questo quarto e ultimo rapporto sulle organizzazioni criminali al nord, che è stato molto interessante e molto importante.
  La Toscana purtroppo non rientra nelle regioni interessate, ma quando si parla di Cina giustamente penso, oltre che a Milano, alla nota situazione che c'è a Prato, ma in realtà ci sono collegamenti anche con Roma e con Catania, quindi sarebbe stato un altro lavoro, non quello in oggetto. Io avrei delle domande.
  Quando si parlava di criminalità organizzata nigeriana, ho pensato al fatto che a Palermo in qualche modo si era già subappaltato alla Black Axe, quindi mi chiedevo se tra le organizzazioni che operano nel nord Italia ci fosse anche questa Black Axe che già abbiamo visto operare addirittura nel palermitano. Mi chiedevo anche quanto fosse forte questa organizzazione, visto che ha addirittura trovato spazio al sud Italia, quindi figuriamoci laddove il territorio è meno controllato di quello meridionale!
  Finora abbiamo sempre parlato di criminalità organizzata e non di criminalità organizzata di stampo mafioso. Siccome sono convinto che l'Italia sia il Paese in cui la lotta alla mafia sia più seria, perché c'è una consapevolezza del fenomeno che altrove non c'è, mi chiedevo se sia possibile definire mafiosa qualcuna di queste criminalità organizzate oppure, prima di farlo, convenga aspettare una sentenza per 416-bis.
  Visto che la nostra legislazione per quanto riguarda la lotta alla mafia è tra le migliori al mondo, mi chiedevo cosa porti queste organizzazioni a venire proprio in Italia. Se è vero che le organizzazioni criminali italiane vanno all'estero a riciclare, perché noi abbiamo un'aggressione al patrimonio molto più efficace di quella che ci può essere altrove, perché la criminalità organizzata russa si dedica al riciclaggio proprio in Italia, dove possiamo sequestrare anche senza condanna penale? Questo altrove non avviene, quindi mi chiedo perché dobbiamo avere questo ulteriore flagello quando bastavano le nostre, cosa le induca a venire in Italia visto che le nostre organizzazioni vanno all'estero. Grazie.

  ENRICO BUEMI. La questione è relativa al ragionamento che aveva già fatto il professore sul fatto che, anche laddove la presenza delle organizzazioni italiane è significativa, c'è una fase di accettazione della presenza anche degli altri. Questo è dovuto al fatto che non c'è la saturazione, come chiedeva il collega D'Uva?
  Al sud la penetrazione è meno significativa perché c'è «meno polpa» o perché lì il controllo è molto stretto e la situazione è satura o tendenzialmente satura, invece al nord questa situazione di differenziazione regionale consente di giocare nei vari territori a seconda della tendenziale saturazione delle organizzazioni criminali italiane?
  Però è contraddetta dal fatto che in Lombardia, dove riteniamo di avere una maggiore presenza di organizzazioni criminali italiane, ci sia la maggiore concentrazione di organizzazioni criminali estere, quindi vuol dire che anche lì la saturazione non c'è.

  PRESIDENTE. Aggiungo un'ultima osservazione su un aspetto che ha ripreso in parte D'Uva e che ha colpito anche me, ossia questa diversità della mafia russa e georgiana sul riciclaggio, anche perché, abitando a Mantova, è una situazione che noi vediamo sul lago di Garda, dove ci sono stati diversi passaggi di proprietà di strutture Pag. 12 non solo abitative, ma anche turistiche. Questo passaggio l'abbiamo visto anche a Rimini, sulla costa romagnola, dove c'è stato un passaggio di proprietà di alberghi.
  I soldi che i russi vengono a investire nei nostri territori da dove vengono? Provengono dal mercato degli idrocarburi, quindi da questo mondo oligarchico, oppure ci sono altri modi in cui loro acquisiscono denaro e poi fra tutti i Paesi del mondo vengono a investirlo qui? Mi ha colpito questo aspetto, che è stato ripreso in diversi incontri con la DDA, che abbiamo trattato soprattutto nel bresciano e sulla costa romagnola. Grazie.

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata. Per il traffico di esseri umani bisogna separare dentro il fenomeno alcune tipologie di assoggettamento. Sicuramente c'è e noi lo abbiamo inserito nello sfruttamento della prostituzione. Questo riguarda in particolare albanesi, nigeriani, in misura minore rumeni. Dagli anni novanta ad oggi sono cambiate entrambe le forme di sfruttamento.
  Per quanto riguarda i traffici dei barconi e chi li organizza, quando abbiamo fatto il terzo rapporto abbiamo in tutti i modi, sia per questo che per i traffici di armi, cercato la disponibilità non dico di un materiale particolarmente ricco, ma di spie, di indicatori, di dettagli che ci aiutassero a immaginare la presenza su questo tipo di attività, ma devo dire che non l'abbiamo trovato.
  Precisavo la volta scorsa che non l'abbiamo trovato noi e non l'hanno trovato neanche i sociologi dell'immigrazione, cioè queste organizzazioni criminali non organizzano traffici, se non per quello che riguarda la prostituzione nigeriana o la prostituzione albanese.

  ENRICO BUEMI. C'è questo nesso organizzativo...

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata. Sì, sicuramente c'è, infatti abbiamo messo proprio il traffico di esseri umani in quello schema che ho proiettato prima, perché avviene così lo sfruttamento della prostituzione, non facilitando l'accesso in Italia e poi portando nelle discoteche o in locali di divertimento.

  ENRICO BUEMI. Da quello che risulta da altre informazioni che in particolare arrivano in questi giorni dall'indagine della Commissione difesa sul traffico di esseri umani, pare che ci sia un nesso tra i Paesi di origine e il fenomeno di trasferimento in mare per le destinazioni di cui stiamo parlando, cioè c'è una richiesta dal territorio italiano in primo luogo rispetto al territorio di provenienza.

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata. Questo però non è precisabile, perché noi non abbiamo mai trovato per esempio un gruppo di persone di una certa etnia o di una certa nazionalità che insieme vanno verso una destinazione dove sono attesi per andare in un cantiere o per andare in un campo agricolo a raccogliere i pomodori.
  Che si sappia che c'è una domanda, questo sì, quindi l'aiuto (naturalmente nelle modalità che sappiamo) ad arrivare in Italia viene dato facendo immaginare che lì il lavoro si troverà, perché ricordo una tesi di dottorato di ricerca di una studentessa palermitana che si era finta coltivatrice di olive per vedere chi ci fosse, è andata a lavorare con gli immigrati arrivati in queste condizioni avventurose, dormendo con loro, e lì a gestire non lo sfruttamento della manodopera, ma la commercializzazione delle olive e dell'olio erano i gruppi camorristici campani in Sicilia. Spesso la realtà prende delle forme diverse da quelle che noi immaginiamo logicamente, poi si spiega tutto logicamente, però in base ai nostri presupposti logici dovrebbero accadere altre cose.
  Quello che possiamo dire è che almeno al nord noi non abbiamo visto delle attività di organizzazione di flussi di persone che devono essere sottoposte a schiavitù, a condizioni di assoggettamento, se non per quei filoni di sfruttamento della prostituzione.
  Per i nigeriani e gli albanesi a volte ricorre il 416-bis, anche per i cinesi. Qui c'è Pag. 13un problema che ho sottolineato anche in qualche lezione fatta alla Scuola superiore della magistratura, ossia che, nonostante le scienze sociali siano più esigenti del diritto nel definire le caratteristiche dell'associazione mafiosa, il diritto è molto restio per pregiudizio culturale ad applicare il 416-bis a organizzazioni che non provengano dalle aree che hanno generato il 416-bis.
  Sembra quasi una forzatura, infatti c'è una specie di ipotesi dottrinaria secondo cui il 416-bis dovrebbe essere applicato soltanto alle mafie autoctone, perché è stato pensato per loro, però la formula che è stata utilizzata, con le intimidazioni dell'assoggettamento e dell'omertà, rende applicabile quell'articolo anche ad altre organizzazioni, perché nel caso cinese, nel caso nigeriano, nel caso albanese si possono verificare. Su questo sono d'accordo.

  FRANCESCO D'UVA. Però la mafia è un metodo. Anche a Roma, infatti, si parla di questo...

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata. Che si apprende, perché risulta efficiente. Questo spiega anche perché ci sia questa disposizione a venire in Italia da parte delle organizzazioni straniere, che è anche questo è un grande interrogativo. Qui ci sono le organizzazioni criminali più temute d'Europa, anche più temute del mondo, e io vengo qui e opero sul loro stesso mercato.
  È evidente che ci sono degli spazi e che loro verificano che gli spazi ci sono, anche perché, se è vero quello che dicevo prima, le organizzazioni più forti tendono poi a istituzionalizzarsi e a lasciare l'aspetto più delinquenziale alle nuove organizzazioni, e in più c'è stata la ritirata di cosa nostra dopo le vicende del 1992-1993.
  Credo anche che l'Italia subisca il fatto di essere Paese di confine sia da sud sia da est, cioè tutto quello che è accaduto nel mondo negli ultimi trent'anni gettava sull'Italia i suoi effetti venendo dall'Africa e venendo dall'est europeo. Nessun altro Paese si è trovato esposto su due confini, anzi con un'intera penisola nel mare. Questo secondo me va studiato, perché in Germania non poteva accadere la stessa cosa, perché in Francia non poteva accadere la stessa cosa, e l'Italia era obiettivamente la più esposta.
  In più, pur avendo un ottimo diritto, la tesi che io sentii sostenere credibilmente in un convegno a Courmayeur alcuni anni fa da un noto giurista era che ha un ottimo diritto, ma in Italia è un diritto incerto, quindi, se io sono un criminale e devo fare una valutazione costi/benefici sulle opportunità che posso avere andando in un'area piuttosto che in un'altra, vado in un'area molto ricca, dove il diritto è incerto e dove esistono anche (per carità, voglio che questo venga preso per il verso giusto) delle correnti di opinione che difendono la dignità e il diritto di accoglienza delle persone che vengono da luoghi lontani, perché qui è molto forte la presenza del Papa, perché qui c'è un movimento cattolico molto forte.
  Tutto questo garantisce a chi voglia venire (prima di tutti a quelli che non rubano, a tutti quelli che hanno bisogno) la consapevolezza che ci sarà una modalità di accoglienza nei loro confronti. Mi ha colpito proprio questo riferimento al diritto incerto, cioè le leggi ci sono, ci sono anche leggi severe, ma non è detto che funzionino e non è detto che qualcuno che viene espulso venga poi espulso per davvero e che non rimanga sul territorio e non continui a fare quello che faceva prima.
  Questo a mio avviso è un fatto importante, ma la prima cosa è che, se vado in Sicilia, in Calabria, in Campania, devo affrontare un conflitto importante con l'organizzazione che pretende di avere il monopolio del controllo del territorio in quella regione, se vado in Lombardia non devo affrontare il conflitto con nessuno, e questo mi porta progressivamente nelle zone del nord, che sono le più ricche, dove nessuno pretende di avere la giurisdizione alternativa e mi ci insedio.
  Sono anche le più cosmopolite, Milano è la città internazionale per definizione, quindi si incontrano anche delle aree di affari, delle aree di interesse di mini gruppi sociali che sono più vicini e con i quali ci si può interrelare, è proprio la caratteristica della Pag. 14Lombardia che diventa favorevole, indipendentemente dalla criminalità. Ho molte opportunità di relazione, ho mercati anche mobili, cioè vendo la cocaina a qualcuno che fra dieci giorni non c'è più qui, quindi non sarà nemmeno indagato per avere comprato da me, per essersi rivolto a me. Ci sono delle condizioni logistiche che contano, che pesano.
  L'ultimo aspetto è la mafia russa e il riciclaggio, tema che avevo visto anche in questa ricerca del 2001, dove si diceva che la mafia russa tendeva a fare riciclaggio su Parigi, cioè si scelgono grandi aree come la Romagna o grandi capitali come Parigi nelle quali andare a riciclare senza pretendere di controllare il territorio.
  Per ora non abbiamo infatti casi di organizzazioni russe che abbiano cercato di impadronirsi del territorio, che siano andate a estorcere o usurare. Portano i loro capitali, naturalmente portano i loro delinquenti, controllano in proprio i beni in cui investono, ma non c'è per ora una tendenza a fuoriuscire. Il «per ora» è sempre opportuno perché lo dicevamo anche per la criminalità cinese, che invece è esondata tranquillamente dal suo perimetro.

  PRESIDENTE. Su questo punto, sulla criminalità russa, si limitano quindi a investire capitali, però di provenienza ...? E quindi non hanno relazioni con le nostre mafie autoctone, si limitano in questo momento a investire senza avere una visione di lungo periodo? È questo che non riesco a capire fino in fondo.

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata. Noi non possiamo mai dire quali sono gli effetti degli investimenti. Ricordo sempre che Falcone convinse le autorità elvetiche dicendo «voi pensate di avere solo i loro soldi, ma prima arrivano i soldi e poi arrivano loro con i loro metodi». Qui noi non sappiamo se succederà la stessa cosa. Con la ’ndrangheta è sicuramente successo, e chi non l'ha capito in tempo penso che abbia il dovere, non il diritto, di piangerlo, ma in questo caso non lo sappiamo.
  I capitali che vengono investiti sono capitali che nascono da quel groviglio criminale che si è realizzato in Russia e in alcuni Paesi dell'ex impero sovietico tra industria di Stato, petrolio, traffico di armi, traffico di stupefacenti, presenza di capitali sporchi che arrivano dall'esterno, ma è indubbio che i capitalisti che sono diventati ricchi attraverso il crimine lo sono diventati in una relazione di alta frequentazione con la sfera pubblica. Non sarebbe stato possibile altrimenti.
  Gli studi che sono stati fatti sugli anni novanta, sul disfacimento dell'impero, sulla vendita dell'industria pubblica, l'aiuto che è stato dato ad alcuni magnati per impossessarsi di un pezzo di industria pubblica sempre d'accordo con l'esponente politico e i collegamenti anche tra queste industrie, la politica e i servizi segreti, tutto questo ha prodotto in un impero così armato un disfacimento dove molti erano i modi di dialogare tra gruppi criminali e di incontrarsi e di generare questi capitali.
  Cosa fanno in Italia? Qui c'è un'inchiesta fatta circa venti anni fa da Federico Varese, che è un mio collega di Oxford che si mette a studiare anche le intercettazioni telefoniche e ambientali non a fini giudiziari, che ha riscontrato che il gruppo russo che aveva cercato di stabilirsi a Roma non ha cercato di svolgere attività sul territorio, ma ha cercato contatti con il livello politico, con il livello burocratico, che aveva le stesse facce e gli stessi nomi che colloquiavano con le organizzazioni criminali italiane. È stato impressionante per me ritrovarlo.
  A chi telefonano? Di chi cercano la protezione? Delle stesse persone che vengono cercate dalle organizzazioni criminali italiane, quindi sanno quali sono i rapporti che devono stabilire, non viaggiano a vuoto, portano capitali, li investono e presumibilmente li fanno fruttare, soprattutto quando ci sono operatori italiani in difficoltà, come nel settore turistico in Romagna. Se infatti ho difficoltà a tenere in piedi l'albergo con buoni margini di profitto, lo vendo a chi arriva con molti capitali.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il professor dalla Chiesa per la sua relazione. Pag. 15
  Comunico che, nell'ambito della ricognizione avviata all'inizio della legislatura presso le DDA del Paese, la prossima settimana, dal 15 al 17 maggio, una delegazione della Commissione parlamentare antimafia si recherà in missione a Cagliari, per fare il punto sulla situazione della criminalità organizzata nella regione Sardegna.
  Nel corso della missione saranno anche approfondite le tematiche relative alla gestione dei detenuti in regime di 41-bis con i sopralluoghi alla casa circondariale di Cagliari – Uta e alla casa circondariale di Sassari.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.50.

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