XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 201 di Mercoledì 3 maggio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Audizione del Capo della Polizia, Franco Gabrielli:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Gabrielli Franco , Capo della Polizia ... 3 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Gabrielli Franco , Capo della Polizia ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Di Lello Marco (PD)  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Mattiello Davide (PD)  ... 11 
Nuti Riccardo (Misto)  ... 11 
Esposito Stefano  ... 11 
Gabrielli Franco , Capo della Polizia ... 11 
Esposito Stefano  ... 12 
Nuti Riccardo (Misto)  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Esposito Stefano  ... 12 
Gabrielli Franco , Capo della Polizia ... 12 
Esposito Stefano  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Esposito Stefano  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Gabrielli Franco , Capo della Polizia ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Gabrielli Franco , Capo della Polizia ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Gabrielli Franco , Capo della Polizia ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI

  La seduta inizia alle 14.45.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Capo della Polizia, Franco Gabrielli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del capo della Polizia, direttore generale della pubblica sicurezza, il prefetto Franco Gabrielli, che è accompagnato dal prefetto Stefano Gambacurta, direttore dell'ufficio per l'amministrazione generale del dipartimento della pubblica sicurezza, e dal viceprefetto Paola Mannella, direttore dell'ufficio legislazione e affari parlamentari dell'ufficio per l'amministrazione generale del dipartimento della pubblica sicurezza.
  L'audizione odierna è dedicata al tema dell'infiltrazione della criminalità organizzata nelle tifoserie dei club calcistici professionistici, con particolare riguardo alla situazione delle città di Torino, Milano, Genova, Roma, Napoli, Crotone, Palermo e Catania.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  Ringrazio il prefetto Gabrielli, che si è reso immediatamente disponibile alla nostra richiesta, e gli cedo volentieri la parola.

  FRANCO GABRIELLI, Capo della Polizia. Ho aderito di buon grado all'invito di codesta onorevole Commissione di svolgere un punto di situazione sulle diverse sfaccettature del fenomeno delle infiltrazioni criminali nel mondo del calcio. Si tratta di un tema che negli ultimi anni ha formato oggetto di un'attenzione meno sistematica da parte di osservatori e media, che si sono concentrati più frequentemente sugli episodi di tifo violento.
  Effettivamente, come dimostrano i 75 incontri di calcio caratterizzati da scontri durante questa stagione, tali criticità rappresentano ancora oggi uno dei fronti più impegnativi per l'azione di tutela dell'ordine pubblico coordinata dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza.
  Ricordo soltanto che al 31 marzo scorso sono stati impiegati, in occasione delle partite di calcio, contingenti delle forze di polizia pari complessivamente a oltre 165 mila unità. Anche per questo, se l'onorevole presidente me lo permette, desidero esprimere un cenno di sincera gratitudine al Governo e al Parlamento per aver ripristinato con la conversione del decreto-legge sulla sicurezza urbana l'istituto dell'arresto in flagranza differita, strumento rivelatosi fondamentale per contrastare efficacemente le manifestazioni dell’«hooliganismo» ed evitare ritorni di fiamma.
  In realtà, da oltre un quindicennio gli organi inquirenti e di law enforcement hanno maturato la chiara consapevolezza che l'industria del football nazionale sia concretamente esposta a rischi di ingerenze e presenze Pag. 4 della delinquenza comune e organizzata. Ne è conferma la significativa serie di iniziative di indagine, che sono state sviluppate grazie anche allo specializzato know how investigativo costantemente implementato nel tempo e che hanno documentato casi di contiguità e di intrecci di interessi con ambienti malavitosi, in cui sono rimasti coinvolti società sportive, giocatori nonché soggetti riconducibili a importanti player dell'indotto del calcio.
  Tali episodi testimoniano come il crimine organizzato intraveda nella goal economy nazionale un'opportunità per ampliare non solamente il campo dei traffici illeciti e dei canali per il riciclaggio dei capitali sporchi, ma anche per insinuarsi in maniera strisciante e pervasiva nel tessuto sociale.
  Le ragioni alla base dell'attrattiva esercitata dal sistema calcio sono riconducibili, fondamentalmente, a due fattori. Il primo – è quasi banale dirlo – è la rilevantissima dimensione del giro d'affari generati dal calcio in Italia, che nel 2015 ha raggiunto il livello di 3,7 miliardi di euro, pari quasi a 5,7 punti del PIL nazionale, un fatturato che, al netto degli introiti prodotti dalla FIGC e dalle leghe di categoria – 6 per cento – è polarizzato per il 70 per cento – 2,6 miliardi di euro – sul segmento delle 102 società del calcio professionistico, mentre il settore dilettantistico e giovanile origina complessivamente il 24 per cento dei ricavi, pari a 913,3 milioni di euro.
  In questo contesto, non è di secondaria importanza il fatto che il merchandising e le altre attività commerciali con proventi per oltre un miliardo di euro rappresentino una rilevante voce del fatturato delle società calcistiche, seconda soltanto a quella riguardante la cessione dei diritti televisivi.
  A questo si aggiungono i ricavi generati da altre attività economiche dell'indotto, prima tra tutti quella delle scommesse sportive. La crescente rilevanza di questo settore è restituita dal dato relativo alla raccolta dei giochi pubblici di vario genere, che sempre nel 2015 ha superato gli 88 miliardi di euro, e dal fatto che circa il 90 per cento delle società professionistiche di calcio ha un rapporto di sponsorizzazione con gli operatori di questo settore, il cosiddetto gaming sponsor.
  Anche altri settori economici che gravitano nell'orbita dell'industria del football sono al centro dei traffici illeciti del crimine organizzato. È del 2014 un'indagine coordinata dalla DDA di Milano sulle infiltrazioni della ’ndrangheta nel capoluogo lombardo, che ha consentito di neutralizzare i tentativi di affiliati alla cosca Libri di Reggio Calabria di ingerirsi nei servizi di catering in favore del Milan attraverso un imprenditore che aveva già gestito un'analoga attività in favore dell'Inter.
  Come ho accennato, anche un altro fattore induce la criminalità organizzata a rivolgere i propri interessi illeciti verso il mondo del nostro sport nazionale. È un dato storico acclarato che uno dei principali ritorni per chi investe nel calcio è rappresentato dal conseguimento di un capitale di riconoscibilità e legittimazione da spendere nei rapporti sociali.
  La delinquenza mafiosa punta a piegare ai propri interessi anche questo fattore, nell'intento di esercitare influenza e costruire intorno a sé una rete di consensi capace di rafforzare la presa sul territorio, in particolare quello di radicamento storico.
  Le acquisizioni investigative degli ultimi anni mettono in luce come la criminalità organizzata abbia perseguito un'articolata strategia di infiltrazione. In questo contesto, l'acquisizione del controllo diretto o indiretto della gestione di società di calcio riveste oggi un carattere meno centrale rispetto al passato, quando si sono registrati anche i tentativi di scalate a club della massima serie.
  Il segmento più a rischio è quello del cosiddetto calcio minore. Quest'ambito del movimento offre, infatti, la possibilità di effettuare operazioni finanziarie di media entità senza incorrere negli inevitabili livelli di esposizione e controllo che caratterizzano le squadre delle due major league professionistiche, costantemente al centro dell'attenzione degli organi di informazione.
  Non diversamente da quanto si registra per gli altri traffici illeciti, l'organizzazione Pag. 5criminale più attiva nella ricerca del controllo di società di calcio è la ’ndrangheta. L'analisi dei dati investigativi, acquisiti grazie anche agli apporti dichiarativi di collaboratori di giustizia, documenta l'esistenza fin dagli anni Ottanta di un significativo interesse della mafia calabrese verso le società di calcio del proprio contesto geografico di riferimento, in particolare del reggino.
  In passato, si sono registrati tentativi di infiltrazione che hanno riguardato importanti società, come il Crotone Calcio, squadra che oggi milita in serie A, la cui dirigenza dell'epoca fu coinvolta in un'importante indagine, conclusa nel 2006 dalla DDA di Catanzaro. Segnalo, peraltro, che gli attuali vertici della società calabrese sono stati oggetto di diverse inchieste anche per concorso esterno in associazione mafiosa. Corre l'obbligo di precisare che tali inchieste si sono concluse con sentenze di assoluzione passata in giudicato.
  I dati più recenti testimoniano, tuttavia, come le ’ndrine rivolgano le proprie attenzioni verso le società delle serie inferiori, nei cui campionati milita la maggior parte delle squadre calabresi. Questa linea di tendenza era già emersa dall'operazione «All Inside», culminata nel 2011 con il sequestro di beni per un valore di 190 milioni di euro disposto dal tribunale di Reggio Calabria nei confronti di diversi affiliati al clan Pesce di Rosarno.
  È significativo che, tra i cespiti appresi, vi fossero anche le quote di tre società di calcio, due calabresi (la AS Rosarno e la AS Dilettantistica Cittanova Interpiana calcio) e una campana (il Sapri Calcio Srl) nonché un impianto sportivo composto da tre campi di calcio, la cui proprietà era riconducibile a soggetti di quella cosca.
  Il perdurante interesse della ’ndrangheta verso le compagini del calcio locale ha trovato una recente conferma nelle operazioni «Lex», conclusa dall'Arma dei carabinieri il 2 novembre 2016, con il fermo di 41 affiliati al clan Ferrentino, Chindamo e Lamari, il cui centro di gravitazione si trova nel reggino, e più precisamente nella cittadina di Laureana di Borrello. In questo contesto, è stata sequestrata anche la locale società di calcio, Polisportiva laureanense, militante nel campionato di promozione girone B.
  Le evidenze raccolte indicano a oggi un'attenzione meno strutturata di cosa nostra per l'acquisizione del controllo di società di calcio. Merita, però, attenzione il caso di un affiliato alla mafia di Bagheria, destinatario nel maggio del 2015 di un provvedimento ablativo, che ha sottratto alla sua disponibilità, tra l'altro, anche una quota di minoranza del capitale di una società dilettantistica della provincia palermitana.
  Di contro, le indagini svolte documentano come la camorra, fedele ai tratti di pervasività che la contraddistinguono, persegua diversificati interessi con riguardo al mondo del calcio, tra i quali si registrano anche tentativi di acquisire il controllo di società. Proprio uno dei clan camorristici più pericolosi e violenti, quello dei casalesi, era stato il protagonista di un'operazione preordinata all'acquisizione del controllo di una delle squadre storiche della seria A, la SS Lazio.
  Come è noto, il tentativo fu sventato da un'articolata attività di indagine sviluppata congiuntamente dalla DIGOS e dalla Guardia di finanza, culminata nel 2008 con l'emissione di un provvedimento di custodia cautelare nei confronti di diversi soggetti, tra cui l'ex capitano della Lazio Giorgio Chinaglia e alcuni capi storici del gruppo ultrà degli Irriducibili. Questi ultimi, in particolare, si erano resi responsabili di una serie di episodi di violenza, il cui scopo era quello di indurre il cambio di proprietà e della presidenza.
  Sul tema delle strumentalizzazioni tra gruppi del tifo organizzato e sodalizi criminali tornerò in seguito. Mi preme qui ricordare come, al di là di questo specifico episodio, anche la camorra risulti aver concentrato le proprie attenzioni sul calcio locale campano. Ne sono una riprova gli esiti dell'operazione «Arcobaleno», coordinata dalla DDA di Napoli, che nel 2010 ha portato tra l'altro anche al sequestro della società proprietaria del Giugliano Calcio, controllata da esponenti del clan Mallardo di Giugliano in Campania. Pag. 6
  La vicenda ha dimostrato come il sodalizio fosse, in realtà, disinteressato alle sorti sportive del club, precipitato in tre anni dalla serie C2 ai dilettanti del campionato di eccellenza. Il gruppo camorristico, infatti, utilizzava lo schermo calcistico per imporre ai commercianti di Giugliano la sponsorizzazione della squadra e il pagamento della pubblicità effettuata nello stadio di una marca di caffè distribuita dal clan in regime di quasi monopolio nel territorio di influenza.
  Il versante dove la criminalità appunta oggi le maggiori attenzioni è quello delle scommesse legate agli incontri di calcio, soprattutto quelli dei campionati delle categorie minori. Il gioco illegale connesso alle partite di football e, più in generale, agli eventi sportivi, costituisce in effetti uno dei settori storici di interesse dei sodalizi delinquenziali, che in passato aveva dato vita a circuiti di scommesse illegali, il cosiddetto totonero, alternativo a quello lecito del totocalcio.
  Con lo sviluppo del betting on line il settore è entrato in una fase di costante crescita dei fatturati, cui è corrisposta una presenza reticolare dei punti scommesse sul territorio, il cui numero supera – sono dati del 2016 – le 13.500 unità, il 20 per cento delle quali concentrato in Campania.
  Secondo alcune stime, l'entità delle scommesse raccolte con modalità on line o off line è pari a 3 miliardi di euro l'anno. A ciò vanno aggiunte le puntate che vengono raccolte dai bookmaker degli altri Paesi, calcolate in circa 53 milioni di euro per partita con molteplici forme di puntate. Si contano 73 tipi di scommesse per ogni partita di serie A e 31 per ogni partita del campionato primavera, naturalmente non sempre riguardanti il risultato finale.
  Il rilevantissimo giro di affari generato da questo settore ha inevitabilmente rafforzato gli interessi sia della criminalità comune, italiana e straniera, sia delle mafie, che vi intravedono opportunità per ingerirsi nella gestione imprenditoriale del circuito del betting legale, sia per il riciclaggio della ricchezza illecita.
  L'attento monitoraggio sviluppato in questi anni ha evidenziato come il panorama dell'ingerenza criminale nel settore delle scommesse calcistiche sia particolarmente variegato. Le analisi elaborate, corroborate dagli esiti di importanti iniziative di indagine, documentano, infatti, come tentativi di condizionare l'esito delle partite, e quindi anche quello delle giocate, siano riconducibili tanto ad associazioni delinquenziali di tipo tradizionale quanto alle cointeressenze sviluppate da soggetti vicini a sodalizi di stampo mafioso.
  Comune a queste due diverse forme di ingerenza è l'attivo e diretto coinvolgimento nelle condotte illecite di attori del mondo calcistico. L'esigenza di innalzare il livello dell'azione di contrasto di questi fenomeni ha indotto la Polizia di Stato a sviluppare, sin dal 2002, un delicato expertise investigativo con la creazione di una componente fortemente specializzata, che va sotto il nome di polizia dei giochi e delle scommesse.
  La missione di tale componente è lo svolgimento di investigazioni sulle diverse forme di infiltrazione delinquenziale comune e organizzata nel circuito del betting legale e dei diversificati ambiti del mondo dell'intrattenimento correlati all'organizzazione e gestione delle scommesse, in primis gli eventi sportivi di natura calcistica. Si è trattato di una scelta – mi sia consentito dirlo – che ha precorso i tempi, grazie alla quale è stato possibile avviare e portare a termine rilevanti operazioni investigative.
  La polizia dei giochi è oggi una realtà che conta su un nucleo centrale inserito nel servizio centrale operativo (SCO), destinato a svolgere funzioni di impulso, sostegno e coordinamento delle attività di indagine condotte dai nuclei interprovinciali istituiti nelle 26 squadre mobili delle questure distrettuali, formati da operatori dotati di particolari professionalità e competenza. A ciò si aggiunge la presenza di personale specializzato nell'ambito degli omologhi organismi non distrettuali.
  Questa rete di investigatori agisce in stretto raccordo con le divisioni di polizia amministrativa e sociale delle stesse questure, realizzando una sinergia tra il versante dell'investigazione e quello del controllo amministrativo, indispensabile per lo Pag. 7sviluppo di attività di indagine sempre più sistematiche e penetranti.
  Sottolineo, a tale proposito, l'utilità anche in termini operativi di aver conservato in capo al questore, autorità provinciale di pubblica sicurezza, la competenza al rilascio delle licenze per la gestione di esercizi di scommesse anche nel contesto di liberalizzazione dei servizi del mercato interno prevista dalla direttiva Bolkestein.
  Tale strumento consente di sviluppare i controlli in via amministrativa, anche al di fuori di iniziative di polizia giudiziaria, sia sul versante statico dei requisiti morali dei titolari degli esercizi, sia su quello dinamico della gestione dell'attività attraverso i punti di gioco.
  In questo senso, mi piace sottolineare che le divisioni di polizia amministrativa e sociale effettuano un'attenta vigilanza sul mercato dei giochi leciti al fine anche di evitare fenomeni di indebita intromissione da parte di soggetti legati a bookmaker privi della necessaria concessione italiana.
  Si inquadra in quest'ambito la recente direttiva, diramata dal mio dipartimento il 23 marzo scorso, tesa a precisare, sulla scorta di una unanime giurisprudenza amministrativa, che la materia dei giochi e delle scommesse non è oggetto di armonizzazione in ambito europeo, per cui il titolo autorizzatorio acquisito in un altro Paese non legittima l'esercizio delle attività in parola in altri Stati dell'Unione.
  Queste misure si sposano ad altre iniziative, che sono state messe in campo ormai da alcuni anni dal dipartimento della pubblica sicurezza, per realizzare strategie di prevenzione e di contrasto sempre più multidisciplinari e capaci di tenere conto dei diversi punti di vista degli stakeholder istituzionali coinvolti.
  Dal 2011, nell'ambito della direzione centrale della polizia criminale, opera un'unità informativa dedicata alle scommesse sportive (UISS), composta da rappresentanti non solo delle forze di polizia, ma anche del Ministero delle politiche agricole e forestali, dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli nonché del CONI e della FIGC.
  Compiti dell'unità sono, oltre all'elaborazione delle strategie di contrasto e di iniziative volte a intensificare la cooperazione internazionale, il monitoraggio e l'analisi delle segnalazioni di eventi anomali riguardanti il betting provenienti dai diversi soggetti competenti in materia di organizzazione, gestione e controllo delle manifestazioni sportive.
  L'approfondimento di tali segnalazioni è assicurato da un gruppo interforze, nell'ambito del quale sono rappresentati i servizi centrali di polizia giudiziaria delle forze di polizia e la DIA. Dalla stagione 2013-2014 a oggi, quest'unità ha ricevuto e analizzato 77 segnalazioni di episodi anomali, 68 delle quali relative a scommesse su incontri di football. Le iniziative di approfondimento svolte dalle forze di polizia su impulso di questo gruppo interforze hanno permesso di verificare la fondatezza di 11 di esse, relative alla stagione 2014-2015, che infatti hanno trovato riscontro nell'ambito delle operazioni «Dirty Soccer» e «Treni del gol», di cui dirò tra poco.
  Attualmente, sono ancora in via di approfondimento 36 segnalazioni, 17 delle quali riguardano la stagione in corso. Il quadro è completato anche da iniziative volte a elevare il livello della cooperazione internazionale, divenuta sempre più importante per contrastare fenomeni di infiltrazione che si muovono nella dimensione dematerializzata e a-territoriale del web.
  Risponde a questa logica l'istituzione, nell'ambito della già citata direzione centrale della polizia criminale, di un punto di contatto nazionale sui fenomeni di manipolazione degli eventi sportivi al fine di sfruttarne i relativi risultati sul mercato delle scommesse o per altri scopi illeciti, il cosiddetto match fixing.
  Il punto di contatto, anche alla luce della Convenzione di Macolin, sottoscritta dall'Italia il 7 aprile 2016, sviluppa oggi una serie di attività di cooperazione internazionale di polizia utilizzando le piattaforme Interpol ed Europol. A ciò si aggiungono mirate iniziative di formazione specialistica, quali il corso per il contrasto al match fixing, svoltosi lo scorso mese di gennaio, e di prevenzione. Si iscrivono in quest'ultimo contesto la partecipazione al gruppo di Copenaghen, istituito nell'ambito Pag. 8del Consiglio d'Europa allo scopo di perfezionare il coordinamento tra le autorità competenti al monitoraggio delle segnalazioni di scommesse anomale legate al mondo dello sport, nonché l'avvio di un progetto di collaborazione con una delle società leader nel monitoraggio del betting, per la quale è ancora in corso la fase di negoziazione.
  La creazione di questa specializzata rete di contrasto è uno dei fattori alla base degli importanti successi di indagini che hanno permesso di disarticolare pericolosi sodalizi, anche di matrice non mafiosa, dediti alle truffe sportive.
  Ad accendere i riflettori sul fenomeno ha contribuito in maniera decisiva l'operazione «Last bet», coordinata dalla procura della Repubblica di Cremona e sviluppata da una task force composta da investigatori delle squadre mobili di Cremona, Bologna, Brescia e Alessandria nonché da personale dello SCO. L'indagine ha preso le mosse da una denuncia sporta dalla società calcistica US Cremonese nel novembre del 2010 e ha portato, a cavallo tra il 2011 e il 2012, alla scoperta e alla neutralizzazione di una complessa associazione a delinquere dedita al condizionamento dei risultati di partite dei campionati di calcio professionistici e dilettanti al fine di trarre illeciti lucri sulle scommesse effettuate sulle piazze italiane, europee e di altri continenti.
  Le accurate attività investigative, condotte anche in collaborazione con gli organi di polizia di Germania, Croazia, Finlandia e Svizzera, hanno portato alla luce il carattere marcatamente transnazionale e multietnico del cartello criminale, composto da giocatori in attività o meno, dirigenti delle squadre di calcio, bookmaker italiani e stranieri, liberi professionisti, che aveva il proprio epicentro a Singapore e operava attraverso ramificazioni in diversi Paesi, in particolare dell'area balcanica.
  Non mi dilungo oltre sui dettagli di quest'operazione, i cui particolari sono ampiamente noti anche per gli esiti processuali che da essi sono conseguiti. Mi limito a ricordare che nelle quattro fasi investigative in cui si è articolata l'operazione, essa ha portato all'arresto complessivamente di 53 persone e ha segnato un punto di svolta nella lotta all'illecita pratica del match fixing, inducendo i diversi settori professionali coinvolti ad adottare soluzioni organizzative in grado di maggiori margini di trasparenza e prevenzione.
  In questo clima di crescente attenzione sono maturate, nell'ultimo biennio, altre importanti iniziative di indagine, che hanno permesso di scompaginare interessenze della criminalità mafiosa nei traffici illeciti riguardanti le scommesse sportive.
  Come già accennato in precedenza, una delle iniziative più rilevanti è stata l'operazione «Dirty Soccer», coordinata dalla DDA di Catanzaro e condotta da un pool investigativo della locale squadra mobile e dello SCO, che si è avvalso anche dei contributi operativi delle squadre mobili dei diversi contesti territoriali interessati all'esecuzione dei provvedimenti disposti dall'autorità giudiziaria.
  L'indagine ha avuto il primo importante sviluppo nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del capoluogo calabrese ed eseguita il 19 maggio 2015 nei confronti di 50 soggetti per reato di associazione a delinquere finalizzata alla frode delle competizioni calcistiche della Lega Pro e della Lega Nazionale Dilettanti, oggetti di concorsi, pronostici o scommesse nonché per quelli di estorsione, corruzione e sequestro di persona.
  In particolare, è emerso il ruolo di Pietro Iannazzo, esponente di spicco della locale consorteria ’ndranghetista e i suoi rapporti con il presidente del Neapolis, Mario Moxedano, preordinati ad alterare i risultati di una serie di partite. Attraverso questa pista investigativa è stato possibile disvelare i meccanismi utilizzati per le combine, alla cui realizzazione contribuivano dirigenti delle squadre, allenatori e giocatori.
  I successivi sviluppi dell'operazione hanno consentito di portare alla luce il cospicuo numero di partite che il sodalizio criminale era riuscito ad alterare.
  Mi pare significativo sottolineare che gli episodi in questione hanno coinvolto squadre di calcio anche del centro-nord grazie alla complicità di numerosi giocatori, allenatori, dirigenti e presidenti di società. Pag. 9
  Aggiungo che nelle indagini sono coinvolti sei soggetti di nazionalità straniera, colpiti da un'ordinanza cautelare di custodia in carcere emessa il 18 maggio 2016 dal gip di Catanzaro, tuttora latitanti.
  È sempre del 2015 un'altra importante indagine, l'operazione «Treni del gol», cui ho prima fatto cenno, condotta dalla procura di Catania e sviluppata dalla DIGOS del capoluogo etneo con i contributi di quelle di Roma, di Chieti e del commissariato della Polizia di Stato di Termoli. L'iniziativa investigativa è culminata nel giugno di quell'anno nell'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sette appartenenti a un'associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di un numero indefinito di frodi nelle competizioni sportive, in concorsi, pronostici e scommesse.
  Tra i soggetti colpiti dalla misura restrittiva, figurano anche il presidente, l'amministratore delegato e il direttore sportivo dell'epoca del Catania, ritenuti responsabili della combine di partite del campionato di serie B al fine di favorire la squadra etnea.
  Il persistente interesse della criminalità verso il circuito delle scommesse calcistiche è stato confermato da un'altra indagine condotta dall'Arma dei carabinieri, che il 23 maggio 2016 ha eseguito un provvedimento restrittivo emesso dal gip di Napoli nei confronti di sette affiliati al clan camorristico Vanella Grassi, resisi responsabili tra l'altro di aver truccato partite di calcio del campionato di serie B e le relative scommesse sportive.
  In questo contesto figurano indagini per il delitto di concorso esterno in associazione di stampo mafioso anche per quattro giocatori ed ex giocatori, che nel periodo in cui militavano nell'Avellino avevano alterato, dietro la corresponsione di ingenti somme di denaro, il risultato di almeno due incontri della stagione 2013-2014.
  Chiedo alla presidente se è possibile passare alla forma riservata.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  FRANCO GABRIELLI, Capo della Polizia. La panoramica che ho illustrato credo sia indicativa della rilevanza e della pericolosità delle attenzioni che la criminalità, comune e organizzata, rivolge verso il mondo del calcio. Una pericolosità accresciuta dall'osmosi che sovente si viene a creare con ambienti, anche politicizzati, del tifo organizzato e con un demi-monde di soggetti, giocatori, ex atleti, dirigenti del football professionistico e dilettantistico. Allo stesso tempo, possiamo affermare che dal punto delle capacità investigative non siamo indifesi. Come rilevato da codesta onorevole Commissione nella relazione sulle infiltrazioni mafiose nel gioco lecito e illecito, alla progressiva emersione dei fenomeni di illegalità riconducibili a diverse forme delinquenziali è corrisposto un costante affinamento del sistema di contrasto. Proprio di recente lo SCO ha avviato, in collaborazione con le squadre mobili delle questure, un monitoraggio sugli interessi delle organizzazioni criminali e sui tentativi di penetrazione nel mondo del tifo organizzato. Insieme a questo, come ho già riferito, l'attività del sistema sicurezza si muove anche su un piano di prevenzione allargata che coinvolge e sviluppa collaborazioni con le altre amministrazioni interessate. Ciò non toglie tuttavia che la multiformità delle strategie di penetrazione, messe in pratica soprattutto dalle mafie, renda necessario uno sforzo di continuo aggiornamento del quadro normativo, sia sul versante degli strumenti di contrasto, che su quello delle cautele da attuarsi sul piano amministrativo. In questo ritengo che le proposte avanzate da codesta onorevole Commissione nella relazione a cui ho fatto cenno vadano nella direzione giusta. Mi riferisco innanzitutto a quelle riguardanti un più incisivo controllo dei requisiti soggettivi per il conseguimento delle concessioni in materia di giochi pubblici e il passaggio a un nuovo e più razionale sistema di redistribuzione sul territorio dei punti di gioco, capace di garantire più efficaci forme di verifica preventiva. Pag. 10
  Sul piano del contrasto, mi sembrano in linea di principio condivisibili anche altre soluzioni prospettate da codesta onorevole Commissione, tendenti a introdurre la possibilità di inibire l'esercizio di giochi e scommesse laddove emergano tentativi di infiltrazione mafiosa o pericoli per i minori; la tracciabilità delle vincite in funzione antiriciclaggio; la possibilità di effettuare intercettazioni anche telematiche per reati specifici, agendo se del caso sulla leva della pena edittale.
  Credo che a questo sforzo sul versante dell'adeguamento del diritto interno debba accompagnarsi anche una spinta verso una più incisiva cooperazione di polizia. Su questo crinale si riscontra già una positiva crescente sensibilità in ambito internazionale.
  Ne è un segnale il recente vertice del gruppo di Copenaghen, tenutosi il 30 e 31 marzo scorso, durante il quale è stato messo a punto un nuovo piano d'azione per il 2017 di contrasto della pratica illegale del match fixing. I punti salienti del programma riguardano l'intensificazione della collaborazione tra organi di polizia, massimizzando i canali di cooperazione Interpol ed Europol e i meccanismi di interscambio di informazioni e analisi. È evidente, però, che un passo ancor più decisivo potrà essere realizzato attraverso iniziative che portino in ambito europeo a un'armonizzazione delle discipline e delle scommesse dei giochi leciti. Come sempre, però, un'efficace prevenzione non può fare appello soltanto alla dimensione del law enforcement. Per quanto la rete di prevenzione e contrasto venga infittita, essa non sarà mai sufficiente se non sarà accompagnata anche dall'adozione di consapevoli modelli di riduzione del rischio da parte delle società e degli altri operatori del calcio.
  È un dato ormai acquisito che, a partire dagli inizi degli anni 2000, l'industria del football sia entrata in una nuova era, dove i meccanismi di gestione dei club si sono evoluti verso modelli più avanzati, che fanno perno anche su sofisticate operazioni finanziarie di livello internazionale. È un passaggio ineludibile perché il calcio conservi quelle capacità attrattive che ne hanno fatto il nostro sport nazionale, capace di appassionare intere generazioni di supporter. Allo stesso tempo, però, questa nuova evoluzione impone ai vari player del sistema di adottare governance capaci di garantire un clima di legalità dello spettacolo non limitato ai soli profili di ordine pubblico. Questo passa attraverso una serena presa di coscienza da parte di società, dirigenti e giocatori dei rischi che oggi incombono sul mondo del calcio, che vanno affrontati da tutti senza tentennamenti o minimizzazioni se si vuole che il giocattolo dello sport più bello del mondo non si rompa.

  PRESIDENTE. La ringraziamo, signor prefetto, della relazione ampia, che ha toccato tutti gli aspetti ai quali siamo interessati. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Ho già iscritto l'onorevole Di Lello, che presiede insieme all'onorevole Attaguile il Comitato che si interessa, in particolare, del tema «mafia e manifestazioni sportive».

  MARCO DI LELLO. Ringrazio il prefetto, per il quale ho alcune domande puntuali. Prefetto, nel corso delle audizioni che abbiamo tenuto in questi mesi, è emerso in più di un'occasione, sia da parte di esponenti delle società sia di qualche procura, la consapevolezza che la DIGOS sia a conoscenza della presenza di infiltrazioni, e comunque della partecipazione di personaggi legati alla criminalità, ma spesso non interviene, o comunque non informa le società. Sul punto, le risulta questo? Qual è la logica? È tornata di attualità in questi giorni – se n'è parlato nell'udienza del processo in corso a Torino, «Alto Piemonte», a cui faceva prima riferimento – la vicenda del capo ultrà Bucci, suicida. È risultato – noi lo sapevamo già – che avesse rapporti con i nostri servizi: esiste un canale di scambio di informazioni tra i vertici della Polizia e il DIS, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza? Vorrei anche conoscere la sua opinione sul Daspo e se pensa che possa essere utile aumentarne Pag. 11 la portata; il suo pensiero sulla tessera del tifoso, ma anche su un'incongruenza che mi risulta verificarsi spesso quando vengono vietate le trasferte, in base alla provenienza geografica della squadra che gioca fuori casa. Si arriva al paradosso che supporter di quella squadra, che però non provengono dalla destinazione geografica, vengono poi messi nei settori insieme ai tifosi della squadra di casa. Mi pare che in questo modo non solo si elude la norma, ma paradossalmente si raggiunge l'effetto contrario rispetto a quello voluto dalla norma.
  Ho visto un'attenzione particolare – non posso esserne che felice – sul match fixing. Quando ci sono puntate anomale, come oramai sapete in tempo reale, aprite sempre un'inchiesta, evidenziando alle procure competenti?
  Ci può dire qualcosa in più sulla vicenda dei servizi catering Inter e Milan, di cui sentiamo parlare, ma poi non abbiamo mai un'indicazione precisa? Credo sia la terza volta. Infine, chiedo di poter segretare.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica)

  DAVIDE MATTIELLO. Ringrazio il prefetto. Io sono rimasto colpito dalla descrizione che ha fatto degli strumenti messi in campo per contrastare e prevenire questi fenomeni. In particolare, ha fatto riferimento, se non ho capito male – davvero l'organizzazione è molto articolata – alla polizia dei giochi. Dal momento che queste condotte, sempre di più, come lei ha ben sottolineato, si appoggiano alla smaterializzazione dei dati e quindi alle infrastrutture informatiche, mi chiedo in quest'articolazione degli strumenti messi in campo quale sia il ruolo della polizia postale, in particolare di quel nucleo di eccellenza che è il centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche (CNAIPIC) della polizia postale. In conclusione – è una curiosità, approfitto della sua presenza – rispetto alla posizione dell'allora vertice della polizia postale, il dottor Di Legami, dopo quello che accadde l'11 gennaio, ci sono stati degli sviluppi o il caso è chiuso?

  RICCARDO NUTI. Ringraziamo il signor prefetto e approfittiamo della sua presenza. Nell'ultima missione che abbiamo fatto a Foggia – la presidente Bindi ricorderà – è emersa una problematica tra le tante, che è quella della mancanza di personale, o comunque della carenza rispetto alle piante organiche, o di piante organiche ferme al 1989, non adeguate a fronteggiare il fenomeno mafioso nel foggiano. Durante la conferenza stampa, dinanzi a delle sollecitazioni emerse sul punto, ci eravamo detti di approfittare in questa occasione della sua cortesia e gentilezza per fare chiarezza.

  STEFANO ESPOSITO. Ringrazio anch'io il prefetto per l'articolatissima relazione. Vorrei farle un paio di domande più specifiche. Nel quadro di ritorno che abbiamo, per chi ogni tanto frequenta lo stadio, si inserisce perfettamente la descrizione che lei ha fatto anche degli interessi economici di gruppi sia di criminalità comune, sia con addentellati importanti nella criminalità organizzata. Ci sono situazioni in curva nelle quali risulta evidente a occhio nudo la prepotenza di alcuni gruppi, lasciamo perdere se di criminali comuni o di criminalità organizzata. Il vero tema è questo. Lei è stato portatore di una battaglia, che giudico in linea di principio corretta, per il superamento delle barriere allo stadio Olimpico. Quest'oggi – non so se le è capitato di leggere – c'è un dettagliato resoconto su un importante giornale nazionale del primo esperimento durante il derby ultimo scorso, del quale viene raccontato che, in particolare, un gruppo di tifosi romanisti ha condizionato l'intera curva piegandola a uno sciopero del tifo da loro annunciato contro 13 Daspo, credo...

  FRANCO GABRIELLI, Capo della Polizia. Misure cautelari.

Pag. 12

  STEFANO ESPOSITO. Misure cautelari, addirittura. Le faccio questa domanda, partendo dall'Olimpico per arrivare poi anche a un altro dato, sempre con queste caratteristiche: lei ritiene che gli strumenti in campo – parlo della presenza della polizia e degli steward – sia uno strumento sufficiente per garantire l'agibilità della gran parte dei tifosi rispetto alla prepotenza di questi gruppi organizzati? Io credo che dobbiamo arrivare alla costruzione di norme legislative più cogenti se continuano nelle curve a spadroneggiare soggetti che nulla hanno a che fare con il tifo. Se ha delle proposte, credo che il lavoro che stiamo facendo sia finalizzato soprattutto a questo. Le faccio un altro esempio, signor prefetto. Noi continuiamo da settimane ormai, per esempio a Torino, ad avere una protesta organizzata di soggetti, che peraltro lei ha citato nella parte segretata e che non ripeto naturalmente, che si consentono il lusso, nello stadio della Juventus, che si tratti di partite nazionali o internazionali, di lasciare vuoto in segno di protesta un pezzo dello stadio, un pezzo della curva. Mi domando se su questo il mancato intervento da parte della polizia e delle forze dell'ordine sia una scelta dettata dall'esigenza di garantire l'ordine pubblico, come sarebbe del tutto comprensibile. Peraltro, sappiamo per esempio che non dipende esclusivamente da voi che il Daspo per un lungo periodo chiesto dalla procura per il capo di quel gruppo organizzato sia stato respinto dal soggetto che doveva validare la vostra richiesta. Capisce, però, che siamo in una situazione in cui la presenza in curva di questi gruppi consente loro, sostanzialmente, di fare qualunque cosa. Immagino che ci siano delle ragioni oggettive, di nessun altro tipo e natura, che consiglino, sia le forze dell'ordine sia gli steward delle società, di lasciar correre.
  Io credo che su questo terreno avremmo la necessità di comprendere un po’ meglio alcune dinamiche – le ho citato due esempi, ma se ne potrebbero fare anche altri – e capire, soprattutto da lei, che ha non solo l'esperienza ma anche un incarico importantissimo, come il legislatore possa adoperarsi. Io sono tra quelli che giudicano il Daspo inefficace, così come comincio a ritenere, paradossalmente, non efficace la responsabilità oggettiva nei confronti delle società, che rischiano da questo punto di vista di essere su un terreno di ricattabilità. Mi interesserebbe conoscere la sua opinione in merito.

  RICCARDO NUTI. Ho una semplice domanda: ha informazioni al riguardo anche su Palermo? Come vede il ruolo della polizia municipale durante le partite? Immagino che si verifichino fenomeni allarmanti, o comunque preoccupanti, anche in prossimità dello stadio durante le partite o poco prima delle partite: come vede il ruolo della polizia municipale? Inefficace? Magari, incredibilmente, di complicità? Di contrasto? Utile? Ci dica lei.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  STEFANO ESPOSITO. L'informazione è pubblica e credo che vada condivisa. Io farei la domanda diretta, signor prefetto. La vicenda di Bucci è tornata in auge in questi giorni sui giornali. Io non posso avere un'opinione diversa da quella che è stata certificata, cioè quella del suicidio, ma lei – che non fa quel mestiere, naturalmente – ci può aiutare a capire per quale ragione una figura come quella di Bucci fosse a libro paga dei servizi?

  FRANCO GABRIELLI, Capo della Polizia. Lei si dimentica che io sono stato direttore di un servizio.

  STEFANO ESPOSITO. Rispetto il suo ruolo attuale.

  PRESIDENTE. È la persona più adatta alla quale fare queste domande.

  STEFANO ESPOSITO. Io parto dal presupposto che abbiamo in audizione il capo della Polizia e non il capo dei servizi, Pag. 13naturalmente. Giudico i nostri servizi soggetti, non affidabili, ma straordinariamente affidabili. Peraltro, l'informazione è emersa, verrebbe da dire casualmente, all'interno dell'indagine «Alto Piemonte». Naturalmente, questo è un punto sul quale non le posso fare nessun'altra domanda pubblica nel merito e chiedo quindi la segretazione.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  FRANCO GABRIELLI, Capo della Polizia. La questione di Foggia, che peraltro cito spesso insieme a Caserta, del sud, ma anche a Bergamo, del nord, o Rimini per altri aspetti, è una di quelle classiche situazioni nella quale non sono insufficienti le persone che si trovano a operare, ma sono assolutamente non più aggiornati gli organici. Se io guardassi solo agli organici, addirittura la questura di Foggia ha undici persone in più dell'organico previsto. Se lei pensa che l'organico previsto è sì quello del 1989, ma è l'organico nel quale la Polizia aveva 117.200 persone, mentre oggi siamo meno di 99 mila. Ho uffici che addirittura hanno una carenza di organico del 31 per cento e la posizione di Foggia da questo punto di vista è ottimale. Ovviamente, come le dicevo, stiamo lavorando alla rivisitazione degli organici, perché gli organici del 1989 non fotografano più la situazione. Da questo punto di vista – non lo dico perché lei mi ha fatto la domanda, ma perché ne sono un convinto assertore – Foggia, Caserta, Rimini e Bergamo sono tutte realtà che hanno organici al di sotto di quello che dovrebbe essere.

  PRESIDENTE. Mi permetto di aggiungere qualcosa, anche perché mi ero impegnata comunque a responsabilizzarla su questo punto, lo avevo fatto sia in audizione sia poi in conferenza stampa. Giustamente, come dice lei, alcune piante organiche vanno rivisitate. Quello che ci hanno chiesto non è solo un fatto quantitativo, a parte le volanti. Sono talmente cambiati i territori che forse qualche nuovo innesto o qualche ricambio, data non solo la media dell'età ma anche la media di permanenza in quei territori, non guasterebbe. Soprattutto, ritengono che ci sia bisogno di una preparazione diversa per far fronte a una Foggia di oggi che non è certamente quella di vent'anni fa, per tutto quello che è accaduto in quella provincia, che è veramente impressionante da molti punti di vista.

  FRANCO GABRIELLI, Capo della Polizia. Presidente, lei tocca l'altro aspetto negativo, il fatto che oggi abbiamo forze di polizia fortemente senilizzate, ma forse ci dovevamo porre la domanda nel 2010, quando è stato fatto il blocco del turnover, quando si sono cartolarizzate le scuole di Polizia perché i poliziotti erano troppi. È ovvio che oggi noi raccogliamo i frutti di...

  PRESIDENTE. Io, infatti, non ero al Governo.

  FRANCO GABRIELLI, Capo della Polizia. Al di là di questo, riconosco pubblicamente che le ultime due leggi di bilancio hanno invertito significativamente la tendenza. Come sottolineo spesso, però, per produrre i guasti basta poco, per recuperare... Pensi che oggi ho nelle questure la media che va dai 49 ai 51 anni, il che significa che sono costretto a mettere in strada persone a 54-55 anni.
  Il Ministro dell'interno correttamente, con riferimento anche a questa vicenda del terrorismo, sostiene che il controllo del territorio è la vera risposta a ogni forma di criminalità, a maggior ragione alla forma di criminalità terroristica. La pattuglia di Sesto San Giovanni in cui avevamo due ragazzotti, uno di 24 anni e l'altra di 27 anni, è una cosa che, quando li vedo... La cosa che dice lei, presidente, non è condivisibile, di più. Stiamo lavorando. Per sfortuna, nel 2017, per una serie di meccanismi non uscirà nessuno. A partire dal primo del 2018, nei primi mesi usciranno quasi 2 mila persone. Riteniamo che anche con il riordino delle carriere, che, grazie soprattutto Pag. 14 allo stanziamento di 977 milioni, può rivitalizzare le forze di polizia, ci possano essere delle risposte adeguate. Qual è l'altro problema, purtroppo, di alcune realtà del sud? È che molte realtà del sud sono realtà di destinazione finale e ci sono persone che aspettano 20-25 anni di poter tornare a casa. A volte, ci sono realtà in cui l'immissione di nuove forze è condizionata dalla legittima aspettativa dei più anziani di veder riconosciuto il diritto a poter tornare a casa. Anche su quello, ovviamente, stiamo lavorando con le organizzazioni sindacali, ovviamente molto sensibili alle legittime aspettative di chi è nell'amministrazione per trovare un giusto contemperamento. Revisione degli organici e immissione di nuove forze sono sicuramente le due questioni sulle quali si può costruire un sistema di sicurezza a cui teniamo.
  Quanto al ruolo della polizia municipale, io sono un convinto assertore che in questo Paese la polizia municipale debba essere significativamente inserita nel sistema della sicurezza. Credo che anche il recente «decreto sicurezza» si muova su alcune linee a un potenziamento della polizia municipale. Il fatto stesso che sia stata posta al di fuori del patto di stabilità, la possibilità di assumere nuovi agenti, anche questo credo che sia una misura molto importante. Credo che nel nostro Paese ci siano polizie municipali di altissimo livello, che vanno sempre più integrate nel sistema della sicurezza, in cui gli organismi statuali hanno una competenza, ma anche le polizie municipali.
  Nel caso dello sport e del calcio, credo che le forze di polizia dovrebbero avere un ruolo molto marginale. Dovremmo creare un sistema nel quale le società assumono il controllo della manifestazione. Fino a prova contraria, anche il gioco del calcio è un pubblico spettacolo e risponde alle logiche del pubblico spettacolo. La polizia in generale, sia essa Polizia di Stato, Carabinieri, polizia locale, dovrebbe avere un ruolo molto più defilato. Prima, vi ho fornito un dato che dovrebbe farci accapponare la pelle: 165 mila uomini e donne impiegati in manifestazioni sportive nel campionato che si sta per concludere. Credo che sia un lusso che questo Paese non si può più permettere, anche perché questi uomini e queste donne giustamente non stanno lì gratis et amore Dei. Sono missioni, sono straordinari, sono sottrazioni... le partite si fanno anche di domenica, quindi vuol dire recuperi riposo, e quindi è una sottrazione al controllo del territorio che credo che per questa stagione e per la condizione anche della finanza pubblica di questo Paese non ci possiamo più permettere.

  PRESIDENTE. Siccome condivido molto quest'affermazione del capo della Polizia, mi permetto di aggiungere che proprio per questo motivo, dato che c'è un investimento così forte anche di forze che forse potrebbero essere minori, se uno sgarra dovrebbe pagare. Da questo punto di vista è evidente che tutto il fenomeno che stiamo esaminando ci dice che ci sono delle responsabilità che qualcuno non esercita e che poi pesano complessivamente sulla comunità. Una volta accertate, bisognerebbe essere inclementi.
  Ringrazio il dottor Gabrielli e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.20.