XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 156 di Giovedì 20 aprile 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti del consorzio italiano compostatori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 ,
Canovai Alessandro , presidente del consorzio italiano compostatori ... 4 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 ,
Canovai Alessandro , presidente del consorzio italiano compostatori ... 6 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 ,
Canovai Alessandro , presidente del consorzio italiano compostatori ... 6 ,
Compagnone Giuseppe  ... 8 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 ,
Canovai Alessandro , presidente del consorzio italiano compostatori ... 8 ,
Compagnone Giuseppe  ... 9 ,
Centemero Massimo , direttore del consorzio italiano compostatori ... 9 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 10 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 10 ,
Bizzoni Flavio , vicepresidente del consorzio italiano compostatori ... 10 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 ,
Bizzoni Flavio , vicepresidente del consorzio italiano compostatori ... 11 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 ,
Bizzoni Flavio , vicepresidente del consorzio italiano compostatori ... 11 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 11 ,
Bizzoni Flavio , vicepresidente del consorzio italiano compostatori ... 11 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 12 ,
Bizzoni Flavio , vicepresidente del consorzio italiano compostatori ... 12 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 12 ,
Bizzoni Flavio , vicepresidente del consorzio italiano compostatori ... 12 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 12 ,
Bizzoni Flavio , vicepresidente del consorzio italiano compostatori ... 13 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 13 ,
Bizzoni Flavio , vicepresidente del consorzio italiano compostatori ... 13 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 13 ,
Bizzoni Flavio , vicepresidente del consorzio italiano compostatori ... 13 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 ,
Bizzoni Flavio , vicepresidente del consorzio italiano compostatori ... 13 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 ,
Bizzoni Flavio , vicepresidente del consorzio italiano compostatori ... 13 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 ,
Centemero Massimo , direttore consorzio italiano compostatori ... 13 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 ,
Centemero Massimo , direttore consorzio italiano compostatori ... 13 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 ,
Bizzoni Flavio , vicepresidente del consorzio italiano compostatori ... 14 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti del consorzio italiano compostatori.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti del consorzio italiano compostatori, che ringrazio per la presenza. È presente Alessandro Canovai, presidente, accompagnato da Flavio Bizzoni, vicepresidente, e da Massimo Centemero, direttore.
  L'audizione odierna, originariamente prevista per lo scorso 16 marzo e rinviata a causa dell'andamento dei lavori parlamentari, si inserisce nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta volgendo sul mercato del riciclo, con particolare riguardo all'attività dei consorzi e dei principali soggetti che si occupano di questi materiali.
  Come già comunicato al nostro audito per le vie brevi, la Commissione è interessata ad approfondire i temi delle verifiche e dei controlli effettuati sulla governance della struttura, in particolare sul rispetto dei requisiti minimi dei sistemi collettivi (anche se voi non siete un vero e proprio sistema collettivo), delle modalità di controllo e della verifica sul raggiungimento degli obiettivi della raccolta.
  Noi stiamo facendo un'analisi a 360 gradi sul mercato del riciclo ed è evidente che i protagonisti principali sono i consorzi di filiera. Ovviamente, ci sono anche altri raggruppamenti; ad esempio, tutta la parte dell'organico, com'è noto, non è raggruppata in un consorzio, quindi ci interessava capire il punto di vista e lo stato dell'arte della situazione di tutti i protagonisti; c'è una discussione in atto che riguarda gli ex consorzi, il tema della liberalizzazione del sistema; in più anche sul settore organico, da più parti, qualcuno crede o paventa che potrebbe essere interessante costruire un vero e proprio consorzio (questo è uno dei temi su cui potremo sentire anche da voi come la pensate). Non da ultimo, essendo questa una Commissione d'inchiesta, la nostra verifica si spinge, ovviamente, nel settore del riciclo e del recupero, in quanto anche nel vostro settore spesso ci sono situazioni che sfociano nell'illegalità ambientale, ad esempio, nel caso di codici a cui il rifiuto non corrisponde o per il fatto che magari in alcuni impianti deve essere eseguito il trattamento per rendere idoneo un determinato prodotto, laddove poi quest'ultimo non viene invece fatto; infine, vi è il caso della distribuzione in agricoltura di materiale a volte non congruente con quello che viene dichiarato, insomma, ci occupiamo delle storture del sistema. Da voi, quindi, vorremmo un focus su queste questioni e ci interessa conoscere il vostro punto di vista.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche di reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo depurazione delle acque. Pag. 4
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte dal segreto, consentendo Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta. Cedo quindi la parola all'ingegner Canovai per lo svolgimento di una breve relazione introduttiva, alla quale faranno seguito eventuali domande dei colleghi.

  ALESSANDRO CANOVAI, presidente del consorzio italiano compostatori. Grazie, presidente. Abbiamo preparato delle brochures per aiutarci nell'esposizione e raccontarvi un po'il nostro mondo. Come ha ben detto il presidente nell'introduzione, il nostro è un consorzio volontario e non un consorzio obbligatorio, quindi, anche rispetto alla lettera di invito che abbiamo ricevuto, ci tenevo a sottolineare questo aspetto perché siamo un consorzio privato, nato nel 1992 (quest'anno festeggiamo i 25 anni), con finalità statutarie semplici, cioè la diffusione della buona pratica nel compostaggio e la valorizzazione del valore intrinseco di questa filiera nel nostro Paese, a vantaggio di tutti coloro che si associano.
  Siamo, quindi, un consorzio economicamente molto piccolo e basato molto sul volontariato, che oggi si trova a gestire, quantitativamente parlando, la parte più importante della raccolta differenziata nel nostro Paese perché, come poi vi farò vedere, i numeri del nostro settore sono numeri che, dopo 25 anni, sono diventati molto importanti.
  Noi oggi raggruppiamo tra i nostri associati 130 consorziati su tutto il territorio nazionale, con la preponderanza della distribuzione di questi associati al nord e una buona parte al centro, mentre purtroppo al sud gli associati sono pochi; quantitativamente i nostri consorziati rappresentano circa il 75 per cento di tutto il compostaggio del nostro Paese.
  Il nostro è un consorzio con finalità intellettuali di diffusione del compostaggio, nonché di presidio volontario della filiera e poi vi diremo come. Ci siamo dati delle regolamentazioni per garantire che lo scopo principale del nostro lavoro, cioè il compost, un materiale che negli anni è stato ben disciplinato (abbiamo dato anche un contributo sulla fase di predisposizione normativa e tecnica sulla qualità del compost, mettendo a disposizione le nostre banche dati e le nostre esperienze). La finalità, per noi, è la valorizzazione del prodotto del nostro lavoro, cioè l'ammendante compostato: il compost.
  Partecipiamo alla vita ambientale del nostro Paese, quindi siamo diventati un punto di riferimento anche per altri settori; anche in Europa il nostro consorzio è presentato come un'eccellenza del sistema italiano. Il CIC è oggi impegnato in numerose iniziative per la crescita della raccolta differenziata e la valorizzazione del rifiuto organico, per esempio attraverso la produzione di fertilizzanti organici a biogas, da cui oggi si può ottenere, come ben sapete, un biocarburante avanzato, che rappresenta la nuova frontiera: il biometano.
  Il pacchetto delle frazioni organiche disponibili (questo è il dato recente di ISPRA), ad oggi, al 2016, è di 6 milioni di tonnellate l'anno di materiali provenienti da raccolta differenziata, divisi fra la FORSU e la matrice ligneo cellulosica, i cosiddetti «sfalci e potature». Da questi 6 milioni di tonnellate escono circa 1.800.000 tonnellate di compost, che viene venduto in tutto il territorio nazionale. Gli impianti sono quasi 300 e, tra questi, il compost prodotto proviene per il 71 per cento da impianti esclusivamente di compostaggio, che non hanno la sezione anaerobica, mentre il 29 per cento, quindi un po'meno di un terzo, viene da impianti che invece, oltre a produrre compost, producono anche biogas (quindi parliamo di digestione anaerobica).
  Come dicevo prima, su 14 milioni di tonnellate di raccolta differenziata del nostro Paese, nelle varie componenti che voi ben conoscete, la frazione organica, cioè il rifiuto organico, rappresenta il 43,3 per cento, quindi possiamo ben dire di essere «l'asse portante» del sistema delle raccolte differenziate nel nostro Paese. Voi sapete Pag. 5bene che il mondo della plastica, che ha ben altre disponibilità rispetto a noi, in totale rappresenta 1 milione di tonnellate l'anno, mentre noi stiamo parlando di 6 milioni di tonnellate. Questo dato ne evidenzia un altro molto importante (ormai è consolidata questa mia affermazione), cioè che la raccolta differenziata in Italia è a circa il 50 per cento e, di questo 50 per cento, il 40 per cento è rappresentato dalla frazione organica (il 40 per cento del 50 per cento fa il 20 per cento del totale della raccolta differenziata del sistema italiano).
  Se si vogliono raggiungere gli obiettivi (tranquillamente raggiungibili in quanto ci sono ampie dimostrazioni che ci vengono date dalle norme sia sulla raccolta che sul riciclaggio), non si può prescindere dalla nostra filiera, quindi ci fa molto piacere essere ascoltati perché ci sono molte criticità, anche a livello normativo.
  Un numero con il quale abbiamo imparato a confrontarci oggi non riguarda più i milioni di tonnellate, ma i chili per abitante anno. Nel 2016 abbiamo raggiunto 100 chili per abitante anno di media; infatti 60 milioni di abitanti, diviso per i 6 milioni di tonnellate, fa 100 chili per abitante anno; abbiamo quindi avuto un incremento, rispetto allo scorso anno, di 6,1 punti percentuali.
  Il trend medio di crescita (mi dispiace di non potervi proiettare il grafico) è stato di circa 10 punti l'anno; noi ci aspettiamo, nel 2017, un 10 per cento in più di raccolta differenziata della frazione organica, ma già qui vedremo che esiste la prima criticità perché non ci sono impianti. Si tratta, però, di una raccolta che non appena parte, ad opera dei cittadini, ci risulta che riscuota il gradimento di questi ultimi, con numeri che sono subito importanti. Ad oggi la filiera registra circa 9.000 addetti; noi calcoliamo 1,5 posti di lavoro ogni 1.000 tonnellate (si veda la pagina 11). Come dicevo, la dotazione impiantistica è costituita da 308 impianti; le sezioni anaerobiche hanno prodotto l'anno scorso 550 gigawattora, con 1.761.000 tonnellate di compost prodotto che è ritornato sui terreni; un terzo di questi è dotato di un marchio del quale noi ci siamo dotati all'interno del consorzio, un marchio di qualità che è un'autoregolamentazione di controllo sulla qualità del prodotto, ma non un obbligo di legge; tuttavia, per certificare, abbiamo questo marchio, che ha un numero di analisi superiori a quelle previste per legge, più altri parametri; circa un terzo del compost prodotto è dotato di questo label; parliamo di 330.000 tonnellate di carbonio e di 60.000 tonnellate di nutrienti rinnovabili portati al suolo (questo, poi, è un altro tema, cioè rimettere il carbonio nel suolo depauperato nel corso dei decenni).
  Noi usiamo questo numero importante perché sapete che c'è la moratoria sulla torba; parliamo di circa 600.000 metri cubi di torba non estratta; in termini economici non è molto ma, in termini volumetrici, sono circa 12 milioni di euro l'anno risparmiati, equivalente a 3,5 milioni di tonnellate di CO2 risparmiate, dal trattamento biologico della frazione organica rispetto all'avvio in discarica, che è il nostro «nemico» in senso buono; il materiale sottratto alla discarica non produce i gas climalteranti, quindi, entrando nella nostra filiera, si dà un grosso contributo al risparmio.
  Andando ad analizzare la distribuzione nel nostro Paese della raccolta differenziata, alla slide n. 13 c'è un raffronto fra il 2014 e il 2015; come si vede – e come purtroppo avviene anche in altre filiere – abbiamo un deficit importante nelle regioni del sud; vi sono poi le eccellenze della Lombardia, dell'Emilia-Romagna, del Veneto; anche la Campania e la Toscana fanno un'ottima raccolta; poi arriviamo a regioni come Liguria, Calabria, Basilicata, Umbria e Sicilia, che sono più indietro. Se invece usiamo il parametro dei chili per abitante anno, che per noi è un indicatore più importante, vediamo che ci sono regioni ben oltre i 100 chili medi nazionali e, secondo noi, dovendo lavorare in una prospettiva futura, che è la terza criticità di cui ci permetteremo di dire dopo, approfittando della vostra pazienza, si possono raggiungere 140 chili per abitante anno, i quali, proiettati su tutto il territorio nazionale, ci danno la previsione di quello che noi stimiamo essere il deficit impiantistico Pag. 6nel nostro territorio e sul quale manca una idea politica compiuta, finita, stabile, praticabile.
  La prima criticità, infatti, noi la rappresentiamo in questi termini: manca un piano infrastrutturale nazionale per lo sviluppo delle raccolte differenziate e per l'impiantistica dedicata – a questo punto lo possiamo dire – nel centro e sud Italia; il nord sta cercando di supplire a ciò, come è ben noto, con il turismo dei rifiuti organici dal sud verso impianti (peraltro anche di nostri associati) del Veneto e della Lombardia, ma riteniamo indispensabile, pur avendo anche qualche associato del sud, considerare che il tema è lì: questa è una criticità importante.
  Come dicevo, il CIC monitora l'intera filiera in forma volontaria con due marchi principali, di cui uno è sulla qualità, cioè il CIC compostabile; voi sapete che, oltre al contenuto del sacchetto, agli scarti di cucina, al verde e quant'altro, c'è tutta una serie di packaging che gravita nelle cucine delle nostre famiglie e il mercato sta dando risposta in questi termini con materiali compostabili; noi abbiamo un marchio per selezionare i prodotti compatibili con la filiera rispetto ai prodotti non compatibili. Ormai si è strutturato l'uso del sacchetto compostabile e questo ha dato un grosso contributo al settore per la riduzione dell'uso di materiali non conformi, anche se ciò perdura ed è una dura battaglia; noi siamo amici dell'altra associazione dei materiali compostabili...

  PRESIDENTE. Sono veramente compostabili i sacchetti?

  ALESSANDRO CANOVAI, presidente del consorzio italiano compostatori. Sì, c'è una norma europea al riguardo. Per rispondere a questa affermazione si fanno le analisi.

  PRESIDENTE. Intendo nella pratica...

  ALESSANDRO CANOVAI, presidente del consorzio italiano compostatori. Nella pratica, se gli impianti sono fatti bene, il problema è risolto. Sul prodotto finale abbiamo già 12 anni di marchio e, come dicevo prima, il marchio CIC compostabile, che viene utilizzato sul prodotto: c'è un disciplinare ed è tutto in trasparenza. Inoltre facciamo volontariamente le analisi di qualità sul rifiuto organico, quindi quando arriva il rifiuto (vedete la foto nella slide) si apre il sacchetto e si vanno a misurare i valori: così come fa il COREPLA sulle plastiche, noi facciamo lo stesso nel nostro settore. Abbiamo una banca dati molto importante perché facciamo circa 850 analisi merceologiche l'anno, il che vuol dire circa 2-3 analisi di media ad ogni impianto; abbiamo osservato l'evoluzione in questi anni dei cosiddetti «materiali non compostabili» non conformi; oggi il valore medio è di circa il 4,8-5 per cento di materiale non compostabile in termini di analisi merceologiche; principalmente sono sacchetti di plastica non compostabile, che peraltro nel separarli si trascinano dietro spesso anche il materiale compostabile (l'operazione non è così facile).
  Qui agganciamo al tema della qualità un'altra criticità che ha pervaso il nostro settore nell'ultimo anno; penso ai cosiddetti «sfalci e potature», cioè alla componente ligneo cellulosica verde. Approfitto di questa sede qualificata per affermare che sfalci e potature sono rifiuti, così come ci dice la Comunità europea, quindi devono subire un trattamento all'interno degli impianti di compostaggio, come è sempre stato. L'opzione normativa che si è aperta con il «collegato agricoltura» per noi ha rappresentato una criticità perché è una derivata inusuale di un percorso legislativo usuale, che è il presidio della legge n. 152. Dal mondo dell'agricoltura è partito questo emendamento, che poi ha delle motivazioni – che noi abbiamo esplorato – di altra natura, però, alla fine, ci si deve rendere conto che sfalci e potature sono rifiuti, cioè noi rischiamo che questi materiali finiscano, per come è l'assetto normativo, nei terreni così come sono, mentre devono passare dentro gli impianti. Questa mia affermazione è stata di recente confortata dalla presa di posizione di Karmenu Vella, il quale, nome della Commissione europea, ha ribadito quanto da me affermato, cioè che sfalci e potature rientrano nella definizione Pag. 7 di rifiuti, come vuole la legge europea. Non vi nascondiamo che stiamo seguendo con apprensione l'evoluzione del percorso; ad oggi è passato questo emendamento, che ha reso non rifiuti gli sfalci e le potature; noi stiamo chiedendo alla politica di correggere questo errore; la Comunità europea ha addirittura minacciato una procedura di infrazione, quindi stiamo seguendo questo percorso e questo è stato l'elemento che l'anno scorso ci ha creato un po’ di difficoltà.
  La seconda criticità è quella di cui vi dicevo ora, cioè la mancanza di una regia solida, tanto che si apre il fronte a iniziative sporadiche, che poi attingono a interessi di varia natura. Sappiamo bene che sfalci e potature possono diventare un combustibile per le caldaie, quindi energia incentivata, per cui c'è attrattiva da quel mondo, ma c'è chi non vorrebbe nel piccolo fare i formulari perché sui rifiuti c'è tutta la legislazione della tracciabilità e quindi, per esempio, i piccoli giardinieri di un'area del nord della Lombardia, ritenendola una complicazione, hanno trovato in questo emendamento un facile appoggio; quindi ci sono diverse motivazioni. Noi abbiamo la nostra motivazione, che è quella che vi ho appena detto.
  Ritornando alla qualità, volevamo rappresentare come proprio questa politica della qualità sia premiante; molti dei nostri associati spendono un po’ di più perché le analisi sono volontarie, però hanno aderito ad oggi circa un terzo dei nostri associati. Questa è la distribuzione nel territorio nazionale, come ho appena detto: di quel 1.700.000 tonnellate di compost prodotto l'anno, circa 580.000 sono dotate di marchio di qualità.
  L'ultima evoluzione normativa nella direzione dell'economia circolare si attaglia perfettamente alle nostre aspettative, quindi noi attendiamo fiduciosi anche questo evento normativo europeo perché sia sul recupero di materia (quindi tutto il tema della produzione degli ammendanti), sia sul recupero di energia rinnovabile (quindi il tema della digestione anaerobica), troveremo conforto in questi eventi normativi. Dal punto di vista occupazionale, come dicevo prima, il nostro è un settore che cuba, più o meno, 1,7 miliardi di euro l'anno, con 9.000 addetti allo stato attuale; se andiamo a proiettare (per parlare un attimo del futuro) l'aspettativa di 140 chili per abitante l'anno al 2025, aspettiamo 9 milioni di tonnellate di rifiuto organico a quella data rispetto ai 6 milioni di tonnellate di oggi; quindi siamo a più 3 milioni di tonnellate. A questo punto, la domanda delle domande è: dove li tratteremo? Servono gli impianti, quindi, in termini numerici, saranno posti di lavoro e un incremento del fatturato del settore. Noi però non ci fermiamo qui perché tra i nuovi driver, anche scientifici, vi è il tema della bioraffineria, cioè da tutti questi composti organici che afferiscono come scarti nei nostri impianti, si può pensare, in una tecnologia ancora più evoluta, di estrarre quei composti chimici utili per la farmaceutica. Ci sono già in Europa, per esempio, indirizzi ad approfondire e a studiare in quella direzione.
  Infine, vi è il tema del carbonio organico. Ci ripetiamo sempre che il compost è carbonio (quest'anno, al nostro venticinquesimo anniversario, questo sarà un elemento di riflessione), un carbonio organico utile per rinvigorire la presenza di organico nei nostri suoli. Siccome i tempi di depauperamento del suolo, dal punto di vista del carbonio, sono lunghi, forse noi uomini che viviamo queste esperienze di 4 o 5 anni nei rispettivi ruoli, ci siamo scordati di questi fenomeni di lunga durata, ma questo è un tema: il compost deve essere valorizzato per il suo valore intrinseco, cioè il contenuto di carbonio che viene restituito ai suoli.
  Ci vuole, anche su questo, una vision, una politica, quindi abbiamo calcolato che l'aumento dello 0,1 per cento del valore della sostanza organica, significa stoccare la CO2 prodotta dai sistemi di trasporto in Italia, quindi diamo un contributo al cosiddetto carbon sink. Il compost deve essere visto non solo come un bene economico, ma anche come un bene ambientale, quindi bisogna parlare del tema dei carbon credits, cioè del suo valore intrinseco. Ho concluso e spero di essere stato nei tempi. Vi ringrazio e sono a disposizione, con il dottor Pag. 8Centemero, tecnico del consorzio, e con il dottor Bizzoni, operatore qualificato, per rispondere a eventuali domande.

  GIUSEPPE COMPAGNONE. Io ho parecchie domande. Lei ha detto che ci sono parecchie criticità a livello normativo; una di queste è certamente la mancanza di un programma impiantistico in tutta Italia, su cui siamo d'accordo; tuttavia le altre criticità le vorrei meglio esplicitate. Nel collegato ambientale si fa riferimento alla possibilità di ridurre nei comuni, per chi fa compostaggio domestico (l'ho introdotta con un mio emendamento) fino al 30 per cento della tassa sulle RSU; tra l'altro, nei comuni dove opero adesso, pur essendo siciliano, sto cercando di far passare questa cultura del compostaggio domestico, cosa che io pratico da anni. Ritengo che questa potrebbe essere una buona strada.
  Ritiene che la raccolta a monte migliori il discorso qualitativo, cioè che sia utile incentivare questa forma di lavorazione a monte nella raccolta e non invece a valle, negli impianti che ripuliscono? Credo che fare questo lavoro a monte potrebbe incidere anche sulla qualità.
  Come aiutate i vostri consorziati e cosa si può fare per incentivare il sistema a questo livello? In merito a sfalci e potature, non sono assolutamente d'accordo sul discorso di considerarli dei rifiuti perché gli sfalci e le potature sono semmai un prodotto di trasformazione (su questo potremmo essere d'accordo), ma non un rifiuto. Se infatti si individuano come prodotto di trasformazione, si apre un ventaglio di possibili utilizzazioni: si possono triturare e far diventare compost, mischiandoli l'uno con l'altro; si può utilizzare tale materiale per sviluppare energia; nessuno, però, mi può convincere – sono un medico – che lo sfalcio di potatura sia un rifiuto. Tra l'altro, questo modo di impostare le cose, come è successo per il problema delle olive e tutto il resto, a fronte di una Comunità europea che si rivela abbastanza con i paraocchi, ciò significa fare danni a ricaduta sulla nostra agricoltura, sull'economia e sui problemi di ogni giorno; fare una cosa del genere complica la vita della gente; quando si fanno le leggi bisogna considerare anche le ricadute sul territorio perché costringiamo gli agricoltori della Sicilia e del Meridione d'Italia a cadere nell'illegalità, quando in realtà non c'è niente di illegale nel triturare gli sfalci. Potremmo aprire un dibattito lungo e complicato su questo. Grazie.

  PRESIDENTE. Sulla questione degli sfalci e delle potature le chiederei di dirci anche cosa ciò significhi da un punto di vista economico, quanto poi ciò si riverberi negativamente sulle amministrazioni pubbliche; io ho seguito il tema già nella scorsa legislatura, un tema che era nato perché alcuni comuni (questa è la versione buona, ma in realtà non c'è solo quella, come sempre nelle cose) evidenziavano la possibilità, valorizzando energeticamente questo materiale, di avere qualche guadagno, soprattutto dove abbiamo delle filiere di impianti; questa, quindi, era un'obiezione. Nella discussione che fu fatta, giustamente vennero portate altre motivazioni su cosa significava dal punto di vista dei costi, delle percentuali di raccolta differenziata, togliere questo pezzo di organico al compostaggio di qualità. Questo, se lo spiegate, è un elemento che può aiutare a comprendere le vostre motivazioni.

  ALESSANDRO CANOVAI, presidente del consorzio italiano compostatori. Sul compostaggio domestico noi siamo favorevoli, laddove tecnicamente ciò sia ovviamente sostenibile perché si intuisce che esistono dei limiti operativi, quindi nulla quaestio; anzi, per noi è un'iniziativa che fatta in un modo semplice va benissimo. Vado subito su sfalci e potature. Il tema è molto ampio e noi lo abbiamo affrontato da tutti i punti di vista. Faccio una premessa: parliamo solo di tagli di provenienza cittadina, urbana, perché tutto il mondo dell'agricoltura non è già più rifiuto; uno sfalcio, la potatura – ma non si chiama così – proveniente dal mondo dell'agricoltura, già non è rifiuto, quindi non stiamo parlando di quello; spesso la percezione è che ciò non sia un rifiuto, invece lo è perché non c'è solo l'erba. Lei immagini di tagliare l'erba in piazza a Palermo piuttosto che a Firenze, Pag. 9 dove ci sono pacchetti di sigarette, lattine, deiezioni (che nelle nostre città ci sono); quindi è un materiale che si presenta sporco. L'opzione di essere considerato rifiuto, che quindi deve avere un trattamento, anche fosse solo di igienizzazione, è una garanzia prima di tutto ambientale; noi nelle nostre valutazioni, rafforzati dalle norme europee, giuste o sbagliate che siano, per le quali ciò viene classificato come rifiuto, abbiamo detto la nostra.
  Dal punto di vista più strategico (qui si ritorna al tema politica del nostro Paese), un'opzione per questi materiali, che comunque vanno puliti e secondo noi devono passare da un impianto, è data dal recupero energetico, ma le frazioni ligneo cellulosiche, quelle potenzialmente utilizzabili per il recupero energetico, non sono il cento per cento; lei sa bene che l'erba non brucia, quindi quel mondo è attratto da una percentuale che noi abbiamo stimato nel 20 per cento, una percentuale che, peraltro, deve essere lavorata perché negli impianti di recupero energetico il materiale va cippato, lavorato e quindi ci sono dei costi.
  Il tema economico. A questo proposito ci sono due aspetti, uno legato alla concorrenza, perché la filiera energetica è una filiera incentivata, quindi colui che porta la frazione ligneo cellulosica alla filiera energetica attacca a quella tonnellata ligneo cellulosica un valore che deriva da un incentivo esterno, mentre nella filiera del compostaggio deve pagare l'accesso all'impianto, quindi qui c'è una distorsione apparente e il comune è attratto a portare ciò alla filiera energetica senza pagare niente.
  Noi diciamo: attenzione! Semplicemente perché, in primo luogo, ciò è incentivato (va bene, è una scelta politica strategica); in secondo luogo, c'è il tema che diceva prima il presidente, cioè il compost senza la frazione ligneo cellulosica non si può fare perché la natura prevede carbonio e azoto. L'uno sta nelle pere e nelle mele, l'altro sta nel legno, quindi ci vuole una composizione.
  Esasperando il concetto in questo braccio di ferro che c'è stato, se togliamo la frazione ligneo cellulosica alla nostra filiera, che ha i numeri che avete visto, si mette in crisi potenzialmente un settore; certo, noi compreremmo quel legno ma, alla fine, se lo dovessimo comprare, il costo del compostaggio salirebbe, quindi il cittadino vedrebbe poco il beneficio. Questa serie di valutazioni vanno poi dosate nell'assolutezza dell'affermazione caso per caso, però questa è stata la nostra conclusione. Abbiamo messo al primo posto quella ambientale perché, a volte, uno non se ne rende conto ma questi materiali sono abbastanza...

  GIUSEPPE COMPAGNONE. Se viene individuato come prodotto di trasformazione, nulla osta che si possa lavorare, ma non è un rifiuto e questo significa non infilarsi nel meccanismo...

  MASSIMO CENTEMERO, direttore del consorzio italiano compostatori. Il punto non è la classificazione o meno del termine rifiuto, che ha una sua valenza sul fronte della tracciabilità e quindi ha un grosso rilievo, ma è il dato delle garanzie che, secondo noi, un prodotto derivante da un'economia circolare, cioè che in definitiva ritorna al suolo, deve avere come sostenibilità. Se lo declassifichiamo, non abbiamo più nessuna garanzia che questo prodotto abbia le caratteristiche, che la normativa prevede, di sostenibilità ambientale quando esso ritorna suolo: siamo tutti convinti che queste garanzie siano date dai requisiti che la legge 75 prevede per gli ammendanti quando non più rifiuti, ma quando sono prodotti che tornano al suolo? Queste garanzie vanno specificate. Che poi le lavorazioni e queste garanzie vengano date a un qualcosa che si chiama rifiuto o a un qualcosa che non si chiama rifiuto, la centralità del problema è che queste garanzie vanno verificate dal punto di vista igienico-sanitario, dal punto di vista della corretta trasformazione e della assenza di tutti quei patogeni che, se continuamente riportati nel suolo, creerebbero un disastro ambientale sui nostri terreni agricoli. Questo è il punto focale, indipendentemente dalla classificazione di rifiuto o meno: il punto è la salubrità, la sostenibilità igienico-ambientale Pag. 10 del prodotto, che in un circolo infinito ritorna continuamente al suolo.

  STEFANO VIGNAROLI. Riparto da questo discorso, visto che l'abbiamo affrontato. Purtroppo, o per fortuna, la Comunità europea dice che quei prodotti da verde urbano sono rifiuti, ma sarebbe possibile un compromesso e faccio l'esempio di Roma, che è piena di tronchi di alberi; magari quei tronchi, che fanno comodo per chi produce energia, potrebbero non essere considerati rifiuto e gli scarti, cioè i rami piccoli e l'erba, potrebbero essere dati a voi in maniera gratuita; penso, quindi, a una sorta di compromesso, per cui soltanto i tronchi, che difficilmente sono compostabili, a meno che non vengano triturati, potrebbero essere usati nei camini o nei forni. Comunque, comprendo le difficoltà: se voglio fare compost (questa dovrebbe essere la vera funzione) e ho difficoltà a reperire il legno e gli scarti vegetali, quindi ad avere un compost di qualità, perché devo pagare per averli, se uso la digestione anaerobica ho dei grossi incentivi per produrre energia; tuttavia, a questo punto, chi produrrà più il compost? Questo mi sta a cuore, perché c'è una distorsione...

  PRESIDENTE. La domanda qual è?

  STEFANO VIGNAROLI. Visto che la digestione anaerobica ha dei forti incentivi dovuti alla produzione di energia, per compensare e per fare in modo che il compost sia invece incentivato, si potrebbe pensare, come avviene per il CONAI, che ha la responsabilità estesa per i produttori, che in teoria dovrebbe valere per tutti, visto che il rifiuto organico viene prodotto da quelli che producono il cibo, si potrebbe prevedere una sorta di contributo dai produttori dell'industria alimentare. Il compost, una volta uscito dall'impianto, a quanto viene venduto a tonnellata e dove va? Spesso non lo vuole nessuno perché se la qualità è bassa, si fa fatica ad allocarlo nel mercato, quindi questo è un grosso problema.
  Inoltre, che fine fa la plastica biodegradabile? Se ho un bicchiere di plastica, che è visivamente uguale a quello biodegradabile, quando questo arriva all'ingresso di un impianto come faccio a stabilire se può entrare nel compostaggio oppure no?

  FLAVIO BIZZONI, vicepresidente del consorzio italiano compostatori. Grazie delle domande. Cercherò di rispondere collegandomi anche alla prima domanda posta dal presidente. Cosa fare della frazione organica? Questo è davvero un settore che si è fatto da solo e questo è un motivo di autostima, però non essendoci incentivi, abbiamo dovuto lottare contro il CIP 6, i certificati verdi, le energie rinnovabili, soprattutto quelle delle caldaie, che ci portano via del materiale; noi ci troviamo sempre e solo con la tematica della produzione di compost che, di fatto, non è incentivata. Mi rendo conto che questa è una problematica rilevante, mi rendo conto anche che trovare una responsabilità estesa del produttore, è un po'difficile nel nostro settore perché dovremmo andare a tassare i verdurai o comunque chi sta alla fonte, ma ciò è molto difficile: lo facciamo sulla grande distribuzione, lo facciamo sugli ambulanti, lo facciamo su tutti? Questa è una cosa da mettere in piedi.
  Per trovare anche qualcosa di innovativo mi piacerebbe (qui però c'è da lavorare perché un conto è avere l'idea, un conto è svilupparla) focalizzarmi sui carbon credits, cioè quando il compost va al suolo (ormai ci sono al riguardo pubblicazioni ventennali), nel compost c'è dell'energia che viene utilizzata, dal suolo, dalla fertilità: noi stocchiamo carbonio. Ad ogni tonnellata di compost che va al suolo, si stocca carbonio: perché non si dà un valore a questo stock di carbonio?
  Credo che la politica (mi rivolgo a tutti voi) debba interrogarsi e sedersi – lo spero tanto – con noi per trovare un sistema che riesca a governare questo settore, altrimenti ci troveremo sempre di fronte a storture e, dal punto di vista quantitativo, per sfalci e potature stiamo parlando di poca roba; quello che può andare in caldaia ammonterà a 200.000 tonnellate in tutta Italia, quindi stiamo parlando del nulla, però questo nulla ha fatto nascere un emendamento che ha stralciato un'intera categoria di rifiuti dalla 152. Perché non Pag. 11ragioniamo sulle filiere, completandone i cicli, cioè facendo una serie di scenari per verificare cosa può andare a compostaggio, cosa deve andare a compostaggio, cosa può andare al biogas o alle caldaie, cosa deve o non deve andare, quali sono le caratteristiche? Sapete perché in Germania il verde va al compostaggio? Per una questione di fitopatogeni, cioè di malattie delle piante: si deve andare al compostaggio perché i 70 gradi raggiunti al compostaggio non fanno diffondere i patogeni delle piante. Questa è una motivazione. Se andiamo a vedere quanto spende l'Italia per curare le infezioni vegetali import-export (perché ogni volta che noi spostiamo un vegetale dal nostro al giardino, accanto spostiamo anche un patogeno), anche questa cosa – attenzione – non è da sottovalutare. Noi ci siamo un po’ «offesi», anche se è banale, che per la classificazione in rifiuto o non rifiuto si faccia una discussione di questo tipo, posto che in una situazione come questa, dove noi rappresentiamo veramente uno snodo della filiera, poi non siamo interpellati nel momento in cui si prendono una serie di decisioni.
  Il presidente Canovai ha detto che il 40 per cento dei rifiuti sono rifiuti organici; noi, per ora, abbiamo cantato e portato la croce; ci piacerebbe che questa cosa fosse un po’ condivisa con l'arco parlamentare, per trovare una strategia nazionale, posto che all'estero ci guardano veramente come un Paese virtuoso per la raccolta differenziata e per il porta a porta (quindi per la raccolta a monte e non a valle, dato che la raccolta a valle è un fallimento).

  PRESIDENTE. Sulla questione dei costi, che chiedeva l'onorevole Vignaroli...

  FLAVIO BIZZONI, vicepresidente del consorzio italiano compostatori. Il valore del compost è in funzione di quanto si riesce a valorizzarlo. Il compostaggio è sviluppato soprattutto nel nord Italia, dove la coltivazione principale è il mais; gli agricoltori che fanno mais hanno chiaramente poca disponibilità di liquidi per comprare i concimi ammendanti, quindi il prezzo nel nord Italia è 10 euro a tonnellata; difficilmente si aumenta e si riesce a spuntare un prezzo superiore...

  PRESIDENTE. Ovviamente stiamo parlando, però, di compost di qualità? Spesso noi usiamo un'accezione del termine che prevede montagne di materiali, che troviamo stoccati in vari impianti e che vengono regalati perché nessuno li vuole, ma questo non è il compost di cui stiamo parlando.

  FLAVIO BIZZONI, vicepresidente del consorzio italiano compostatori. No, non è il compost di cui stiamo parlando.

  STEFANO VIGNAROLI. Però nel vivaio di quello prodotto da torba, con 10 euro ti danno un sacchettino!

  FLAVIO BIZZONI, vicepresidente del consorzio italiano compostatori. Adesso arrivo a questo. Ci sono aziende, che stanno sempre aumentando se pure con tutte le fatiche di cui sopra, che hanno delle linee di confezionamento, quindi che miscelano con altri materiali, per esempio la torba; se oggi pomeriggio andiamo in un garden o in un supermercato a Roma a prendere del terriccio, lì dentro c'è compost; voi magari non lo sapete e magari non c'è scritto, ma lì dentro c'è compost; tutti i terricci in Italia hanno una percentuale, variabile tra il 10 e il 70 per cento, di compost, quindi il compost addirittura si vende.
  Torno quindi al concetto precedente: il compost è un prodotto, così come se mi metto a fare panettoni e domani mi mettessi sul mercato; i miei competitor saranno la Bauli e la Paluani; la stessa cosa è produrre compost; produco un fertilizzante e quindi le nostre aziende si devono mettere sul mercato dei fertilizzanti e cercare spuntare i prezzi che riescono.
  Le bioplastiche: questo è il tema dei temi. Per difenderci, per tutelarci, in questo settore abbiamo creato un marchio, il marchio del compostabile; per noi gli impianti compatibili sono quelli a norma con lo standard europeo 13432, però – attenzione – prima avete sfiorato questo ragionamento; in Italia il 50 per cento dei sacchetti Pag. 12 utilizzati per la raccolta dell'organico è falso, quindi è giusto dirlo soprattutto in questa sede: chi paga per queste cose? Soprattutto l'impianto di compostaggio perché è chiaro che invece di arrivare negli impianti 100.000 tonnellate di sacchetti, ne arrivano 50.000 di materiale compostabile (carta e bioplastica) e 50.000 di polietilene; il polietilene ha un effetto trascinamento che agli impianti di compostaggio costa, più o meno, 150.000 tonnellate di rifiuti e che deve andare in discarica; facendo il calcolo, con 150.000 tonnellate moltiplicate per 100 euro a tonnellata, si vede velocemente quanto devono spendere i compostatori per smaltire questa cosa.
  Anche questo è un settore da presidiare e, al di là di quello che fa la Guardia di finanza, che sta facendo una serie di azioni, secondo me (qui ritorno alla costruzione di un sistema) manca un sistema di comunicazione valido. Noi, per esempio, non abbiamo i fondi per fare comunicazione ai comuni, cioè per dire ai comuni che la loro raccolta differenziata dell'umido sta andando bene, che il loro compost viene utilizzato bene in questo settore, per dire loro di farla così, di farla meglio; purtroppo la parte della comunicazione a noi manca tantissimo, mentre è la parte preponderante e per cui il CONAI ha così tanto successo. Credo che anche la faccenda bioplastiche si risolva soprattutto con la parte comunicativa.

  STEFANO VIGNAROLI. Forse mi sono espresso male, ma se, ad esempio, in ingresso arriva un bicchiere, c'è un sistema per capire se sia degradabile o sia plastica, quindi uno scarto?

  FLAVIO BIZZONI, vicepresidente del consorzio italiano compostatori. Sì, c'è un sistema perché facciamo i controlli in ingresso agli impianti; noi facciamo 850 analisi merceologiche, cioè analizziamo 850 carichi, 850 comuni all'anno che fanno raccolta differenziata e che portano ai nostri impianti; lì verifichiamo se le bioplastiche siano compostabili, facciamo l'analisi merceologica, insomma, prendiamo fisicamente il camioncino che scarica; prendiamo, per esempio, 150 chili di materiale e procediamo; l'anno scorso abbiamo aperto 46.000 sacchetti; ci guardiamo dentro, pesiamo e verifichiamo se il bicchierino abbia il marchietto o no. Mentre sui sacchetti riusciamo a fare buona massa critica, sui bicchierini del catering siamo a numeri quasi inesistenti (stiamo parlando in termini di peso dello 0,001 dell'umido in Italia, quindi sui bicchierini si fa fatica).

  ALBERTO ZOLEZZI. Vorrei chiedervi prima di tutto un commento sul decreto n.75 del 2010, ossia, dal vostro punto di vista, l'organico può entrare nelle ACV o no? Sembra una sciocchezza ma adesso abbiamo tre provvedimenti (il collegato ambientale, il collegato agricolo e il decreto sui fertilizzanti) che in parte sono in contrapposizione e nel decreto stesso non si capisce bene perché si parla di scarto vegetale.
  Sul costo ci avete detto qualcosa, ma avete studiato forme di recupero di calore in fase di compostaggio? So che ci sono alcuni impianti in Italia e vorrei sapere cosa ne pensate: vi risulta un export importante del compost, soprattutto verso i Paesi arabi? Io la considero una bestialità perché abbiamo bisogno di sostanza organica, di umidità e il compost non è solo materia ma anche acqua. Grazie.

  FLAVIO BIZZONI, vicepresidente del consorzio italiano compostatori. Per quanto riguarda il decreto 75, questo è abbastanza chiaro, nel senso che la metà del compostato verde si fa solo con gli scarti vegetali; non si trova, infatti, un umido fatto con solo scarti vegetali, nel senso che in Olanda fanno la legge Garden fruits, mentre in Italia ci mettiamo anche il cotto, la carne, le uova, i formaggi, quindi...

  ALBERTO ZOLEZZI. Però adesso, con il nuovo DPCM sul collegato, in teoria, si va verso queste compostiere di prossimità; secondo me, comunque, la normativa, in questo momento, non è così chiara, anche perché arrivando a una prevenzione diretta del rifiuto, forse andrebbe aggiornato l'allegato 2, a mio parere.

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  FLAVIO BIZZONI, vicepresidente del consorzio italiano compostatori. Certamente. Sulle forme di recupero di calore, le rispondo che sono state fatte, ma non ho dei grandi risultati: sono ricerche che sono state iniziate ma che poi non sono andate avanti, quindi non si è «industrializzato» il sistema, nel senso che sul recupero del calore o sul recupero addirittura dalla CO2 per fare concimazione carbonica, sono state fatte prove e anche studi, però non ho poi visto nessun tipo di applicazione.

  ALBERTO ZOLEZZI. Io ho visto a Pavia l'impianto A2A, che trattava diverse cose.

  FLAVIO BIZZONI, vicepresidente del consorzio italiano compostatori. Sì, ma dal punto di vista industriale non ho visto grandi evoluzioni, però affronterò anche questo tema. Export di compost: adesso stiamo finendo un'indagine sugli impianti nostri che hanno il marchio, quindi tra un mese avremo le idee più chiare su dove va il compost, almeno del CIC, però mi risulta che poco materiale vada all'estero.

  ALBERTO ZOLEZZI. Se ci fa avere i dati...

  FLAVIO BIZZONI, vicepresidente del consorzio italiano compostatori. Sì, certo, ve li faccio avere, anche perché il mercato si è un po'spostato, nel senso che mentre prima il 25-30 per cento del compost andava nei terricci, adesso questa percentuale è minore e si va sempre di più in pieno campo.

  STEFANO VIGNAROLI. Infatti a me interessava un approfondimento su dove va a finire il compost prodotto.

  FLAVIO BIZZONI, vicepresidente del consorzio italiano compostatori. Sì, va in agricoltura: va quasi tutto in agricoltura.

  STEFANO VIGNAROLI. Venduto agli agricoltori privati secondo accordi con l'impianto di compostaggio?

  FLAVIO BIZZONI, vicepresidente del consorzio italiano compostatori. Sì, esatto. Sono materiali che fanno non più di 20 chilometri, anche perché il trasporto costa, quindi bastano dieci agricoltori vicino all'impianto per coprire le necessità di mercato dell'impianto stesso: una decina di agricoltori e non di più.

  STEFANO VIGNAROLI. Però, se posso aggiungere, visto che invece imbustandolo e mischiandolo con un po'di torba si passa da 10 euro a tonnellata a cifre astronomiche, non potrebbe essere quello il futuro di chi composta per avere un ritorno economico considerevole?

  MASSIMO CENTEMERO, direttore consorzio italiano compostatori. Per noi azienda è il presente. Noi da sempre confezioniamo tutto, produciamo ammendanti, produciamo terricci e quindi tutte le 80.000 tonnellate di compost che trattiamo arrivano poi nel giardino e nella grande distribuzione. È evidente che queste sono peculiarità particolari. Molto compost verde va su quella linea.

  STEFANO VIGNAROLI. A quanti euro a tonnellata, quindi, una volta imbustato?

  MASSIMO CENTEMERO, direttore consorzio italiano compostatori. Si va a litri, si va a volume, perché la commercializzazione del terriccio diventa volume e anche lì dipende dal terriccio, però, sicuramente, il valore aggiunto triplica o quadruplica rispetto all'altra soluzione. L'altra soluzione, quella del pieno campo, nella maggior parte delle realtà, dove ad esempio in alcune regioni sono stati introdotti i piani di sviluppo rurale, con un'agevolazione per il contadino che aumentava la sostanza organica nel terreno, sono stati impiegati tutti in maniera controllata nel ripristino della sostanza organica nei terreni. Il Piemonte, ad esempio, è l'ultimo caso.

  STEFANO VIGNAROLI. C'è diffidenza da parte degli agricoltori ad acquistarlo perché viene da rifiuto?

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  FLAVIO BIZZONI, vicepresidente del consorzio italiano compostatori. Sempre meno, ma siamo figli del vecchio compost da RSU, che il senatore Compagnone citava, cioè il compost della selezione meccanica; abbiamo dovuto ricostruire un sistema, però sempre meno (devo anche dire che il nostro marchio è stato molto importante e lo è tuttora).

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.

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