XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 120 di Mercoledì 19 aprile 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Audizione della presidente e del consiglio di amministrazione della Rai ai sensi dell'articolo 49, comma 12-ter, del decreto legislativo n. 177 del 2005:
Fico Roberto , Presidente ... 2 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 2 ,
Fico Roberto , Presidente ... 3 ,
Maggioni Monica , presidente del consiglio di amministrazione della Rai ... 3 ,
Brunetta Renato (FI-PdL)  ... 4 ,
Maggioni Monica , presidente del consiglio di amministrazione della Rai ... 4 ,
Fico Roberto , Presidente ... 4 ,
Maggioni Monica , presidente del consiglio di amministrazione della Rai ... 4 ,
Fico Roberto , Presidente ... 6 ,
Maggioni Monica , presidente del consiglio di amministrazione della Rai ... 6 ,
Airola Alberto  ... 7 ,
Maggioni Monica , presidente del consiglio di amministrazione della Rai ... 7 ,
Siddi Francesco Angelo , consigliere di amministrazione della Rai ... 8 ,
Fico Roberto , Presidente ... 10 ,
Siddi Francesco Angelo , consigliere di amministrazione della Rai ... 10 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 10 ,
Airola Alberto  ... 11 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 11 ,
Borioni Rita , consigliere di amministrazione della Rai ... 11 ,
Brunetta Renato (FI-PdL)  ... 12 ,
Borioni Rita , consigliere di amministrazione della Rai ... 12 ,
Mazzuca Giancarlo , consigliere di amministrazione della Rai ... 12 ,
Messa Paolo , consigliere di amministrazione della Rai ... 13 ,
Freccero Carlo , consigliere di amministrazione della Rai ... 13 ,
Fico Roberto , Presidente ... 13 ,
Freccero Carlo , consigliere di amministrazione della Rai ... 13 ,
Fico Roberto , Presidente ... 13 ,
Freccero Carlo , consigliere di amministrazione della Rai ... 13 ,
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 15 ,
Fico Roberto , Presidente ... 15 ,
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 15 ,
Freccero Carlo , consigliere di amministrazione della Rai ... 16 ,
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 16 ,
Fico Roberto , Presidente ... 16 ,
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 16 ,
Fico Roberto , Presidente ... 16 ,
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 16 ,
Fico Roberto , Presidente ... 16 ,
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 16 ,
Fico Roberto , Presidente ... 16 ,
Airola Alberto  ... 16 ,
Siddi Francesco Angelo , consigliere di amministrazione della Rai ... 18 ,
Airola Alberto  ... 18 ,
Siddi Francesco Angelo , consigliere di amministrazione della Rai ... 18 ,
Fico Roberto , Presidente ... 18 ,
Airola Alberto  ... 18 ,
Pisicchio Pino (Misto)  ... 18 ,
Fratoianni Nicola (SI-SEL-POS)  ... 19 ,
Lupi Maurizio (AP-CpE-NCD)  ... 21 ,
Fico Roberto , Presidente ... 23 ,
Lupi Maurizio (AP-CpE-NCD)  ... 23 ,
Fico Roberto , Presidente ... 23 ,
Lupi Maurizio (AP-CpE-NCD)  ... 23 ,
Margiotta Salvatore  ... 23 ,
Airola Alberto  ... 25 ,
Gasparri Maurizio  ... 25 ,
Airola Alberto  ... 25 ,
Gasparri Maurizio  ... 25 ,
Fico Roberto , Presidente ... 26 ,
Gasparri Maurizio  ... 26 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 27 ,
Minzolini Augusto  ... 28 ,
Fico Roberto , Presidente ... 29 ,
Brunetta Renato (FI-PdL)  ... 29 ,
Fico Roberto , Presidente ... 29 ,
Ranucci Raffaele  ... 29 ,
Brunetta Renato (FI-PdL)  ... 30 ,
Fico Roberto , Presidente ... 32

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione della presidente e del consiglio di amministrazione della Rai ai sensi dell'articolo 49, comma 12-ter, del decreto legislativo n. 177 del 2005.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della presidente e del consiglio di amministrazione della Rai, che, ai sensi dell'articolo 49, comma 12-ter, del decreto legislativo n. 177 del 2005, riferiranno sulle attività svolte dalla Rai-Radiotelevisione Italiana S.p.A. nel periodo agosto – dicembre 2016.
  Sono presenti la presidente Monica Maggioni e i consiglieri di amministrazione Rita Borioni, Arturo Diaconale, Carlo Freccero, Guelfo Guelfi, Giancarlo Mazzuca, Paolo Messa e Francesco Angelo Siddi, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Ricordo che, come anticipato con una mia lettera dello scorso 7 aprile, la relazione introduttiva della presidente tratterà necessariamente, tra l'altro, dello stato di avanzamento del Piano di riorganizzazione dell'area informativa della Rai, delle modalità di applicazione dei limiti retributivi di cui all'articolo 49, comma 1-ter, del decreto legislativo n. 177 del 2005, nonché dell'attività svolta dall'azienda in merito ai rilievi contenuti nella delibera dell'ANAC n. 961 del 14 settembre 2016.
  Ricordo, altresì, che dovrà anche essere consegnato l'elenco completo dei nominativi degli ospiti partecipanti alle trasmissioni nel medesimo periodo.
  Come convenuto dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, invito i colleghi a contenere il proprio intervento entro i cinque minuti.
  Do la parola alla Presidente Monica Maggioni e, successivamente, se dovessero richiederla, ad altri componenti del consiglio di amministrazione, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere, al termine di questi interventi, eventuali domande e richieste di chiarimento, sia alla presidente, sia a tutti gli altri componenti il consiglio di amministrazione.
  Il collega Peluffo intende intervenire sull'ordine dei lavori.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Intervengo sull'ordine dei lavori, presidente, perché sono sorpreso di vederla qui. Purtroppo, invece, non sono sorpreso di aver visto alcune sue dichiarazioni che hanno battuto le agenzie poco prima di questa convocazione della Commissione di vigilanza. Ho visto che lei invita gli italiani a non pagare il canone e promuove presìdi e manifestazioni sotto viale Mazzini. Dico che, purtroppo, non sono sorpreso perché altre volte, presidente, nel corso di questi anni, lei aveva fatto dichiarazioni che nulla hanno a che vedere con il suo ruolo istituzionale di presidente di una Commissione di indirizzo di vigilanza come questa. Sinceramente, oggi siamo qui e partecipiamo Pag. 3 a quest'audizione per il rispetto dovuto innanzitutto nei confronti della Commissione, rispetto che, ancora una volta, lei non ha dimostrato, nonché nei confronti delle Istituzioni e anche dei vertici Rai. Giudico le sue dichiarazioni inaccettabili. Lei, peraltro, ha parlato di comportamenti eversivi. Vedo, invece, comportamenti e dichiarazioni inaccettabili di chi ha un ruolo istituzionale come il suo. Pertanto, per quanto ci riguarda, per il motivo che ho richiamato, partecipiamo a quest'audizione. Sarà poi l'Ufficio di presidenza a discutere e valutare nel merito.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, do la parola al Presidente Maggioni.

  MONICA MAGGIONI, presidente del consiglio di amministrazione della Rai. Buonasera a tutti. Come mi è stato richiesto dalla lettera di convocazione del Presidente Fico, passerò a darvi conto delle attività di consiglio dell'ultimo semestre. Poi affronterò nello specifico i tre punti evidenziati dalla lettera di convocazione. Devo dirvi innanzitutto, in premessa, che rispetto alle attività del consiglio di amministrazione nel periodo dal settembre 2016 a oggi la relazione dettagliata di ogni seduta e di quello che è stato fatto in questo periodo è presente sul sito della Rai nella sezione trasparenza. Tenterò di farvi una rapidissima sintesi di questi sei mesi, una sintesi dei lavori di consiglio accorpata per modalità e per ambiti di intervento.
  Per quello che riguarda questi sei mesi dal punto di vista dei contratti di carattere editoriale, di funzionamento e di programmazione, vi dico che in settembre-ottobre il consiglio aveva esaminato i palinsesti dei canali generalisti fino a marzo 2017. Questo ci porterà poi all'analisi di quanto accaduto nel marzo 2017. Il 14 dicembre il consiglio ha approvato tutte le condizioni generali di contratto applicabili alle figure di lavoro autonomo a scrittura esclusiva. Il 23 febbraio sono state varate nuove condizioni relative all'appalto, alle coproduzioni e al preacquisto dei prodotti di fiction, nonché alle coproduzioni e al preacquisto per l'intrattenimento. Erano le nuove regole, tra l'altro, di cui a più riprese avevamo parlato anche in Commissione. Il 23 febbraio 2017 sono stati approvati i diritti di trasmissione del Giro e di altre manifestazioni ciclistiche organizzate dalla RCS. Il 23 febbraio 2017 c'è stata l'approvazione del piano di trasmissione della fiction e del piano di produzione della fiction e nelle sedute del 29 e 31 marzo sempre 2017 è stato approvato l'accordo quadro per il preacquisto della collana dal titolo provvisorio Rinascimento, dopo il successo de I Medici, sulla scorta di quella produzione. Questi sono alcuni degli elementi contrattuali che sono stati portati all'esame del consiglio in questo semestre.
  Per quello che riguarda l'area economico-finanziaria, nell'ottobre del 2016 è stato esaminato e approvato il bilancio infrannuale separato di Rai S.p.A. e del consolidato di gruppo al 30 giugno 2016, entrambi – lo ricordo – redatti in conformità con i princìpi contabili internazionali. Il 14 dicembre è stata approvata la contabilità separata dell'esercizio 2015. Sempre il 14 dicembre è stato dato l'avvio alla procedura negoziata per la ricerca di un finanziamento bancario in forma stand by in favore di Rai S.p.A. per la copertura del tasso di rischio. Il 27 febbraio il consiglio ha approvato il progetto di budget per l'esercizio 2017 e il 13 aprile il bilancio per l'esercizio 2016. Nel frattempo, sono subentrate importanti variazioni che riguardano l'assetto normativo regolamentare, per cui nelle sedute di ottobre – non sto adesso a riferirvi di nuovo puntualmente le date; mi rifaccio, ancora una volta, a quanto pubblicato sul sito – è stata analizzata la questione, che definiamo problema, legata all'inserimento di Rai nell'elenco ISTAT. Il 14 marzo 2017 è stato preso in esame anche lo schema della nuova convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e Rai per la concessione del servizio pubblico.
  Per quello che riguarda l'area del personale e i collaboratori, il 28 settembre sono state approvate le linee-guida strategiche per la valutazione e la remunerazione dei profili manageriali della Rai. Ricorderete Pag. 4 che era stato l'esercizio che il consiglio aveva tentato di fare per regolamentare anticipatamente la questione dei compensi ai manager, questione molto diversa rispetto a quella del tetto agli artisti, ma subentrata qualche settimana dopo la legge. L'esercizio è rimasto quindi semplicemente agli atti del consiglio.
  Per quanto riguarda le consociate, nella seduta del 29 marzo 2017 il consiglio di amministrazione si è occupato della sua consociata strategica Rai Way, provvedendo a definire la lista per il rinnovo del nuovo consiglio di amministrazione, il cui numero delle componenti è stato incrementato da 7 a 9. Mi sembra evidente, perché anche la mia personale frequentazione ufficiale di questa Commissione è stata tanto frequente, che dai numeri e dalle date sia abbastanza difficile farsi un quadro vero di quella che è stata l'operatività di questo consiglio. È indispensabile darvi conto di questi numeri e di queste date, ma non sono questi numeri e queste date, ovviamente, a dare il senso del lavoro e dell'operatività del consiglio in questi mesi, cosa di cui ci siamo trovati a parlare a più riprese con questa Commissione.
  Penso, per esempio, al piano dell'informazione, a cui arriverò subito dopo. Penso alle grandi scelte che hanno riguardato l'azienda. Penso alle questioni retributive, di cui mi appresto a parlare tra poco. Questa è la formale rendicontazione degli atti avvenuti nei consigli di questi sei mesi.
  Per chiudere con questa rendicontazione formale, visto che faceva parte della legge della governance il fatto che l'elenco completo dei nominativi degli ospiti che hanno partecipato a qualsiasi titolo, sia gratuito sia oneroso, alle trasmissioni Rai del secondo semestre 2016 dovesse essere consegnato a questa Commissione, vi porgo l'elenco. Io stessa, però, parlando con le strutture in questi giorni, mi sono resa conto e mi sono ricordata che, al di là dei tomi, avevamo detto in Commissione che avremmo tentato di fornire anche la versione digitale di questi elenchi, proprio per renderli più fruibili e più utili in termini di consultazione. Il vero problema, che ci è stato riferito anche dal legale, riguarda il fatto che qui dentro troverete gli ospiti sia delle testate, sia delle reti. Mentre per gli ospiti delle reti c'è la firma di una liberatoria e quindi possiamo trasmettere i nomi degli ospiti anche ad altre entità, mi è stato risposto, invece, che, poiché chi partecipa a programmi legati alle testate non firma la liberatoria, non siamo autorizzati a utilizzare il nome di queste persone per vincoli legati alla privacy. Questa è la risposta che mi è stata fornita e io, come tale, ve la rendo, perché non ho un pensiero specifico su quello che mi viene detto rispetto a quella che mi viene descritta come una regola alla quale siamo costretti a sottostare. Vi fornisco i tomi, che lasceremo agli atti di questa Commissione. Questo è quello che potevo fare. È la digitalizzazione il problema, che avevate posto e che ho rigirato come problema. La risposta è quella che ho cercato di dire sin qui.

  RENATO BRUNETTA. Non esiste un problema di privacy.

  MONICA MAGGIONI, presidente del consiglio di amministrazione della Rai. Questo è ciò che mi è stato risposto. Se non è così...

  PRESIDENTE. Brunetta, dopo possiamo intervenire tutti.

  MONICA MAGGIONI, presidente del consiglio di amministrazione della Rai. È solo per dire che ho fatto una domanda precisa e che a questa domanda mi è stato risposto così.
  Passo ai tre punti specifici sollevati nella lettera di convocazione. Il primo dei tre era l'applicazione dei limiti retributivi di cui alla legge n. 198 del 2016.
  In poche parole cerco di riassumere quello che, invece, è stato un percorso molto lungo di questi mesi e vi dico che, in realtà, come azienda e come consiglio di amministrazione, abbiamo cercato di lavorare in questi mesi semplicemente in una direzione, quella di capire quale fosse il contenuto specifico del testo di legge, per agire nel migliore interesse dell'azienda, affinché una nostra reazione ulteriore, che spingesse al di là dei propri limiti il testo di Pag. 5legge, non danneggiasse l'azienda, oppure non ci trovassimo nella condizione di non aver applicato la legge. Nessuna delle due posizioni era quella che questo consiglio voleva assumere. Lo si evince da un fatto molto semplice, ossia che rispetto ai dipendenti il testo di legge era assolutamente chiaro e inequivocabile. Questo consiglio e i vertici aziendali hanno fatto una cosa molto semplice: hanno applicato nettamente la legge. Voglio ricordare a tutti quelli che continuano a parlare di stipendi che non stiamo parlando di stipendi. Gli stipendi dei dipendenti della Rai, come voluto dalla legge, rispettano i tetti e hanno visto l'applicazione immediata della legge. Qui stiamo parlando dell'altra questione, quella legata ai compensi degli artisti, sui quali, come dicevo, l'attività sia dei vertici aziendali, sia di questo consiglio di amministrazione è stata di tentare di capire bene fino in fondo che cosa volesse dire il testo di legge, ossia quali fossero i limiti del testo di legge, per non arrecare danno all'azienda. Proprio per questa ragione già il 14 novembre abbiamo scritto sia al MEF, sia al MiSE, i nostri ministeri di riferimento, a seguito del consiglio di amministrazione del 9 novembre, per avere indicazioni precise in merito alla modalità di applicazione della norma. Non avendo avuto risposta a queste lettere, abbiamo provveduto a tentare di avere pareri legali che ci confortassero nell'azione, rendendoci assolutamente conto che, purtroppo, non erano certo i pareri legali a poter sostituire l'interpretazione della norma di legge. Pertanto, il 6 dicembre, in assenza di risposte, abbiamo riscritto al MEF, mentre tratteggiavamo l'intera situazione di Rai, per capire di nuovo come inserire all'interno di questo contesto il discorso sui tetti. L'8 febbraio una nuova lettera a MEF e MiSE chiede di fornire indicazioni certe sui contratti di natura artistica, un'altra lettera di nuovo a firma mia e del direttore generale, dopo che ne avevamo a più riprese parlato col consiglio, certi tutti insieme di non voler essere – lo ripeto ancora una volta – nella situazione di diventare coloro che, a qualsiasi titolo, recassero un danno all'azienda interpretando in modo approssimativo la legge.
  Il 23 febbraio, in assenza di risposte, il consiglio di amministrazione ha semplicemente osservato che, continuando a non ricevere risposte, immaginavamo di dover intervenire sui tetti ai compensi di natura artistica. Ci siamo dati, però, un tempo ulteriore, che era quello dell'aprile 2017, cioè adesso. Nel frattempo, abbiamo continuato a farci dare pareri legali per capire quali fossero le aree di riferimento e della legge, e dell'applicazione del tetto. Siamo arrivati all'11 aprile, due giorni prima del nostro consiglio, quando abbiamo scritto l'ennesima lettera al MEF e al MiSE, poiché eravamo al corrente dell'esistenza di un parere dell'Avvocatura dello Stato che in qualche misura aiutava a far luce sull'interpretazione di questo testo. Abbiamo chiesto di poter capire se questo parere dell'Avvocatura dello Stato arrivasse a dare una lettura inequivoca di quanto inteso dal legislatore. La risposta ci è arrivata in corso di svolgimento del consiglio di amministrazione del 13 aprile. La leggo testualmente: «Al fine di consentire al consiglio di amministrazione di prendere le più opportune decisioni, si invita a effettuare interlocuzioni con l'Avvocatura generale dello Stato, anche per il tramite del Segretariato generale della presidenza del Consiglio dei ministri, unitamente a un confronto con il Ministero dello sviluppo economico come autorità concedente per quanto attiene al servizio pubblico radiotelevisivo». Ergo: ci viene richiesta un'ulteriore interlocuzione con il MiSE e con l'Avvocatura generale dello Stato, per il tramite del Segretariato generale della presidenza del Consiglio, per capire in modo inequivoco quale sia l'indicazione che ci viene fornita dal legislatore. Al momento, queste interlocuzioni sono cominciate, ma non abbiamo una risposta precisa. Quindi, quello che posso fare è rendervi la cronaca della situazione fino ad oggi, fino a questo momento. Questa è la situazione di fatto.
  Passo alla domanda che mi era stata fatta nella lettera di convocazione a firma del Presidente Fico sulla questione dell'ANAC. Ricordo che, per quanto riguarda l'attività svolta sui rilievi ANAC – credo di avervi già dato questo passaggio in una Pag. 6seduta precedente – per sintetizzare, il consiglio aveva provveduto a recepire nel nuovo piano per la trasparenza e il contrasto alla corruzione quanto suggerito da ANAC. Tutte le prescrizioni previste erano state recepite. Nel dare riscontro, nel dibattito consiliare... Scusate, avevo chiesto un appunto, ma è un appunto che racconta le cose in un modo troppo confuso, ragion per cui procedo a memoria, almeno ci intendiamo su quello che sto dicendo e non vado per appunti meno precisi.
  Il senso è questo: io stessa avevo parlato in questa sede di un'interlocuzione con ANAC, ma specifica, relativa al fatto che le richieste di aggiornamento del piano anticorruzione fossero state tutte recepite all'interno del piano nuovo. Poi, però, si sono verificate due fattispecie sulle quali ANAC ha di nuovo chiesto chiarimenti. Ve le vado a elencare. Una è relativa al perimetro delle posizioni alle quali possono essere applicate le deroghe rispetto al meccanismo del job posting. Ricordo che nel precedente piano anticorruzione il numero di quelle posizioni era immenso. Queste posizioni sono state ridotte, se il termine corretto è «ridotte», a 55. Quali sono queste posizioni per le quali si può evitare il ricorso all'uso del job posting? Sostanzialmente, sono i riporti diretti, i primi riporti. 55 posizioni all'interno dell'azienda sono limitate ai diretti riporti di presidente, direttore generale e chief officer. Questo è quanto è stato deciso nel nuovo assetto organizzativo. Su questa decisione specifica ANAC ha chiesto un ulteriore chiarimento. Proprio in queste ore si sta elaborando la risposta puntuale da fornire ad ANAC su questa decisione presa nel corso del consiglio. Credo che fosse della fine di gennaio. Questa relazione è in via di approntamento.
  Ricordo che sono in sospeso nella dialettica con ANAC le due posizioni su cui l'Autorità aveva chiesto il coinvolgimento del Ministero dell'economia e delle finanze, ma, su richiesta specifica nostra al MEF di avere indicazioni precise rispetto a queste due posizioni, a oggi non abbiamo ancora avuto risposta da parte del Ministero. Come peraltro avevamo risposto a un'interrogazione specifica, sulla questione ancora aperta della posizione del chief security officer, il direttore generale ha riferito a più riprese al consiglio di amministrazione che la decisione sulla posizione del chief security officer era stata sottoposta alla richiesta anche di due pareri legali specialistici per riuscire ad agire nel migliore interesse dell'azienda, per evitare di rischiare che in alcune decisioni prese si creassero problemi all'azienda. Secondo quanto riferito al consiglio dal direttore generale, un'eventuale azione di autotutela dell'azienda rispetto alla posizione del chief security officer si sarebbe tradotta in un contenzioso nei confronti dell'azienda e quindi in un ennesimo rischio. Questa è stata la posizione che il direttore generale ha riferito al consiglio di amministrazione, ricordando, come ha ricordato il consiglio stesso, di dover contemperare i rilievi dell'Autorità con la tutela degli interessi aziendali. Su questa vicenda specifica, però, ANAC ha di recente chiesto ulteriori chiarimenti, che riguardano proprio la modalità di selezione applicata. È stato richiesto un dettaglio ulteriore. Su questo dettaglio in queste ore si sta predisponendo la risposta, perché ad ANAC vengano forniti tutti gli elementi necessari per ricostruire questa vicenda nella sua interezza. Questo è lo stato dell'arte su ANAC.
  La terza questione riguarda il piano... Mi scuso per la lunghezza, ma il titolo del tema mi ha richiesto questo tempo.

  PRESIDENTE. Al massimo continueremo in altra seduta.

  MONICA MAGGIONI, presidente del consiglio di amministrazione della Rai. Passo al piano di riorganizzazione dell'area informativa. In merito faccio un po’ di cronologia, che abbiamo anche vissuto insieme – credo – in questi mesi. Il 3 agosto 2016 il direttore generale aveva presentato le linee-guida del progetto qui in vigilanza ed era stata presentata anche una tempistica possibile di condivisione del progetto con la vigilanza. Dopodiché, quello che è successo è storia. Il 3 gennaio 2017 abbiamo avuto una significativa discontinuità sul percorso Pag. 7di costruzione del progetto dell'informazione. Il direttore dell'offerta informativa si è dimesso e, a quel punto, nel corso del consiglio del 25 gennaio, il direttore generale ha avocato a sé il compito di costruire il nuovo piano per l'offerta informativa. Il lavoro che il direttore generale ha fatto è stato oggetto di discussione in altri due consigli successivi. Nella discussione di questo progetto con il consiglio è arrivata, il 10 marzo, l'approvazione della nuova convenzione. Per questa ragione il consiglio, a questo punto, aspetta di vedere un progetto che tenga insieme, da una parte, il lavoro fatto fin lì e, dall'altra, quello che la convenzione giustamente delinea. Poiché ci sono dei passaggi molto chiari in convenzione su quella che potrebbe essere l'idea di struttura generale di Rai e anche della struttura informativa, a questo punto, bisognerebbe vedere come le due cose stiano insieme e si integrino. Sarebbe inimmaginabile – credo – discutere di un piano dell'informazione che non tenesse in dovuto conto le indicazioni e le linee di indirizzo presentate nel contesto della nuova concessione e che arriveranno poi con il nuovo contratto di servizio. Questo è lo stato delle cose. Non è un'ipotesi di revisione, senatore, è semplicemente il bisogno di tenere insieme le due cose. Credevo dicesse a me.

  ALBERTO AIROLA. Stavo dicendo alla collega che nella concessione non ci sono così tanti limiti e paletti. Non volevo interromperla.

  MONICA MAGGIONI, presidente del consiglio di amministrazione della Rai. Non era per aprire una discussione. Credevo che mi stesse dicendo una cosa specifica e avevo replicato a una cosa specifica.
  Questo è lo stato dell'arte sulla questione dell'informazione. Vi chiederei altri due minuti – veramente due – anche perché mi sembrerebbe di arrivare in passeggiata da Marte se non vi dicessi due cose su quello che sta succedendo e che vedo accadere intorno a noi in questi giorni. Poiché una delle mie grandi passioni è parlare di narrazione, realtà, verità o, come ormai ci raccontano, anche di verità alternative, devo dire che ho seguito in questi giorni un dibattito, anche per il tramite dei giornali, in cui ho visto raccontato un consiglio di amministrazione che non è quello a cui ho partecipato io e che forse non è nemmeno quello a cui hanno partecipato molti dei consiglieri. L'ultimo consiglio di amministrazione non è stato un duello tra parti politiche avverse, ma è stato un consiglio di amministrazione serio, di un gruppo di amministratori seri, che ha alcuni rilievi da muovere. Se passaggio politico è stato fatto, è durato dai 25 ai 28 secondi – sono andata a rivedermi, più o meno, la sequenza dei verbali – rispetto a un consiglio durato quasi 8 ore. Questa rappresentazione di un consiglio che è stato oggetto di trame della politica, francamente, non corrisponde al vero.
  Quando sentivo raccontare la figura del direttore generale come un asservito a una parte politica, non l'ho mai accettato. Mi sono sempre rapportata a lui come a una persona che aveva una competenza specifica e che insieme a me stava lavorando per il bene dell'azienda. Questa stessa cosa continua a fare oggi, anche se viene dipinto in tutto un altro modo. Che cosa sia successo in mezzo forse lo capisco, da giornalista. Quello che vi posso garantire è che si tratta di una dinamica che non è dentro il consiglio. È una dinamica che sta intorno al consiglio. Questo mi sembra importante dirlo anche per rendere un po’ giustizia al lavoro di un consiglio che, al di là di quello che si è detto, c'è stato e ha lavorato in questi mesi anche in condizioni non semplici.
  Dopodiché, una parola mi sembra importante dirla su quello che sta accadendo in queste ore. Ho sentito le ricostruzioni più fantasiose. Nessuno ha mai pensato per un secondo di chiudere Report. Tanto per sgombrare il campo dalle illazioni, dalle ipotesi e dalle fantasie, questa idea non è passata per la testa di nessuno.
  Vi faccio una richiesta, perché trovo molto importante il lavoro che viene fatto in questa Commissione. So che molte volte, quando si va nei luoghi istituzionali, si dice di ritenere importante quel luogo e che poi, in realtà, è una sorta di minuetto. Io credo Pag. 8davvero che quello che viene fatto in questa Commissione sia un lavoro importante. Tuttavia, proprio perché è un lavoro importante, mi sembra importante accompagnare Rai anche in queste ore, anche in questi giorni e nei mesi e negli anni a venire, focalizzandosi sempre sul centro delle cose, sul merito delle cose, al di là delle posizioni che legittimamente ognuno di voi ha, perché è giustamente parte di un Parlamento con posizioni diverse.
  Che cosa si può fare oggi di importante per questo Paese e anche per il lavoro giornalistico in questo Paese? Per esempio, si può cercare di capire se, nello specifico, non con riguardo a Report, alla sua storia e alle persone coinvolte – quello non c'entra nulla – sia giusto chiedersi se sia stato fatto fino in fondo tutto ciò che sarebbe stato necessario fare per realizzare un perfetto prodotto informativo. Occorre chiederselo, non darsi le risposte già a priori. Occorre chiedersi, per esempio, se sia stato attribuito a tutte le voci il peso giusto, se la comunità scientifica sia stata sentita fino in fondo, se ogni componente abbia avuto modo di dare il contesto per cui una cosa detta assume il peso corretto o ne assume magari un altro. Ripeto, questo va fatto nello specifico, nella piccola parte che riguarda una questione specifica, perché così si dà una mano a tutti, ai giornalisti a fare ancora meglio i giornalisti e al servizio pubblico a fare ancora meglio il servizio pubblico. Se, invece, ogni cosa diventa un chi sta da una parte e un tutti di qua e tutti di là – l'Inter e il Milan, tanto per citare un derby che conosco bene – questo diventa un problema. Non si riesce più a costruire valore anche per questo Paese. Il problema non è la chiusura di Report. Ho letto le inchieste. Non si fanno le inchieste per additare e per stabilire le colpe. Ci si rende conto, però, che, essendo servizio pubblico, quando si dicono delle cose, hanno un effetto dirompente e che è di quell'effetto dirompente che dobbiamo sempre tenere conto ogni volta che stiamo lavorando. Non sempre ci si riesce a ricordare fino in fondo di quale sia la forza di ciò che facciamo e diciamo tutti i giorni. Trovo che questo sia il centro della questione. Trovo che questo sia e dovrebbe essere il punto su cui confrontarci, al limite, non il resto della scena, che, francamente, su questa questione specifica non c'entra davvero nulla.
  Mi scuso davvero per aver abusato della vostra pazienza. Oggi ho parlato troppo.

  FRANCESCO ANGELO SIDDI, consigliere di amministrazione della Rai. Intervengo brevemente su due o tre punti, perché il presidente ci ha rappresentato abbastanza bene il lavoro del consiglio.
  Partendo dall'ultimo punto che la presidente ha citato, credo sia bene dire in questa sede, che è la sede che ha eletto 7 componenti su 8 del consiglio di amministrazione, che nessuno – per quanto mi riguarda, credo proprio nessuno – del consiglio di amministrazione intende surrogare funzioni altrui e che nessuno nell'attività svolta all'interno del consiglio ha ritenuto sin qui di surrogare funzioni altrui. Intendo funzioni della competenza parlamentare piuttosto che dei partiti. Delle difficoltà sono sorte, ci sono e sono evidenti, ma sono maturate, maturano e hanno uno sviluppo all'interno della discussione e del confronto di merito che spetta al consiglio di amministrazione nell'assolvimento dei compiti che la legge, quella sulla governance della Rai, e il codice civile assegnano a ciascun consigliere. Quanto accaduto ha riguardato solo questo. Mi è dispiaciuto – l'ho detto pubblicamente – che questo sia accaduto per coincidenza temporale in una fase di turbolenza politica sulla Rai che non aveva a che vedere con i punti in discussione lì, dei quali, purtroppo, alcuni in parte rimangono ed esistono. Sono difficoltà che riguardano anche il piano dell'informazione e l'attesa per capire che cosa succede sulla legge che ci chiama ad applicare il tetto ai compensi per collaboratori e consulenti. Questo dice la legge, peraltro. La legge non parla di artisti, ma di collaboratori e consulenti. Poi è diventata una legge che può riguardare anche gli artisti. Ecco perché c'è il punto di difficoltà da interpretare, che riguarda alcuni elementi di governance non chiariti definitivamente in maniera inequivocabile dalla legge sulla governance. Penso alle nomine nelle controllate e nelle consociate, mentre Pag. 9per le partecipate è stato tutto abbastanza più chiaro. Il tema riguarda la riorganizzazione dell'informazione.
  Su questi punti aggiungo brevissimamente due piccole cose, perché credo che avremo poco tempo. Mi preme dire cose che è giusto che qui vengano dette per quanto mi riguarda e per la funzione che qui abbiamo e che stiamo cercando di assolvere. Sull'informazione, allo stato, non c'è una proposta complessiva in grado di soddisfare l'esigenza di rinnovamento e di riorganizzazione dell'informazione Rai. Esistono linee di indirizzo su cui si sta lavorando. Questi indirizzi li ha presi in mano il direttore generale. Il lavoro con il consiglio è ancora da sviluppare. Siamo ancora poco più che all'analisi solo su un punto essenziale, ossia un'intesa il cui riconoscimento generale la Rai deve completare anche per l'informazione, il processo di multimedialità avviato in altri settori. Non c'è, però ancora, un piano definito in ordine e in coerenza con quanto le linee-guida del febbraio del 2015 indicarono, che la convenzione in gran parte riprende, ossia la rimodulazione delle testate – è scritto così in convenzione – che nelle linee-guida del 2015 veniva indicata, in maniera ancora più espressa, come riduzione delle testate, rafforzando la produzione di reportage e documentari, come veniva detto allora. Su questo punto occorre fare chiarezza, perché è evidente che la Rai dovrà sviluppare la sua presenza nell'area multimediale e soprattutto nel web, col suo grande portale di informazione e con l'ambizione di essere, se possibile, il primo portale italiano.
  Personalmente, sogno – purtroppo, devo dire «sogno» perché mi rendo conto che da consigliere non riuscirò a ottenere questo risultato in questa gestione, non perché questa gestione non voglia, ma perché ci vogliono più tempo, più impegno e tante altre cose – che quel portale diventi il portale civico italiano anche per i nuovi cittadini, come capita in Australia e in tanti altri Paesi che accolgono milioni – non migliaia – di migranti e sono in grado, con il portale della loro TV pubblica, di offrire loro le chiavi di orientamento per diventare cittadini di quel Paese o per rispondere alle leggi di quel Paese in maniera corretta e diventare cittadini a pieno titolo anche da migranti o da profughi. Per questo ci vorrà molto tempo.
  Detto questo, però, non basta, purtroppo, una sigla, un motto, digital first, per risolvere il problema. Occorre capire come. Su questo punto la discussione è molto aperta. Si è delineata una grande cornice: informazione generalista e informazione di flusso. Come mettere insieme queste due realtà e rispondere agli obiettivi fissati dalla Commissione di vigilanza e indicati anche dalla nuova convenzione è più complicato. Mettiamo insieme Rai News, Televideo e web, o mettiamo insieme Rai News, Televideo e TGR, come emerge da una prima ipotesi? Lasciamo da parte, come se niente fosse, e distinte le tre testate storiche tradizionali, o facciamo una newsroom anche lì? Personalmente, sarei per farne almeno due e chiuderla lì, in maniera molto semplice, con due testate sinergiche che producano per tutti, sia per i generalisti, sia per il flusso. Il flusso deve stare col flusso e non vi è dubbio per me che il flusso sia l'informazione che riguarda il web e che passa sul rullo e sui notiziari continui e perpetui di Rai 24 e sul Televideo.
  C'è poi la grande questione di Rai Italia, su cui credo che occorra aumentare l'attenzione, perché Rai Italia non può essere pensata solo nell'ottica di fare un canale in inglese. Deve essere anche il canale per gli italiani, per gli italiani che vogliono tornare o per gli italiani che fanno informazione di ritorno. C'è bisogno di crearsi non una struttura, ma un'organizzazione nuova. Se parliamo di strutture, pensiamo sempre al direttore. Occorre un'organizzazione nuova, con competenze editoriali. Questa è una discussione ancora aperta, che spero possa maturare meglio nel prosieguo del tempo breve da qui a dopo la convenzione, che diventerà efficace pienamente dal 1° maggio.
  Ci sono difficoltà evidenti e non si può ridurre il discorso su questi temi a chi saranno i direttori. Questo è l'errore grave che si è commesso in passato e che si sta per compiere oggi. Affronto pubblicamente in questa sede, che è la sede istituzionale, il Pag. 10tema di cui si parla oggi anche in qualche giornale: Gabanelli sì o Gabanelli no. Non si tratta di Gabanelli sì, o Gabanelli no, ma di come fare l'informazione online.

  PRESIDENTE. Concluda.

  FRANCESCO ANGELO SIDDI, consigliere di amministrazione della Rai. Ho quasi finito. Il tema è sull'informazione, come farla e stabilire che cosa si fa prima, se c'è una testata o non c'è una testata, o se c'è un'organizzazione simile agli altri giornali. Per quanto riguarda, invece, il problema delle consociate, chiederei un aiuto di chiarezza alla Commissione, perché abbiamo bisogno di un interscambio su questo punto. Sono dell'avviso che la legge non abbia cambiato i poteri e i ruoli sulla materia e che il direttore generale possa nominare e applicare alle funzioni proprie i dirigenti dell'azienda, ma non possa nominare gli amministratori senza il voto del consiglio. Questo sarebbe un vulnus. Sarebbe una situazione delicata, che metterebbe fuori controllo il sistema delle partecipate e delle controllate.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Cercherò di essere brevissimo sulle tre questioni già trattate dalla presidente e, in parte, dal collega Siddi. La faccenda dei tetti per gli artisti è stata un'interpretazione della legge, che siamo tenuti ad applicare. Se non ci saranno modifiche a quella legge, saremo costretti a tenere questi tetti, anche se sappiamo perfettamente che tetti e calmieri rischiano di provocare qualche fuga. Tuttavia, potrebbero provocare anche effetti benefici, come una sorta di calmiere di un mercato generale, compresa l'individuazione di nuovi soggetti.
  Per quanto riguarda, invece, le vicende dell'ANAC, mi rifaccio al documento che credo tutti i parlamentari abbiano ricevuto, inviato da Paolo Messa. Mi ritrovo in quel documento. Sono tutte osservazioni che spiegano il comportamento del consiglio nei confronti dei rilievi mossi dall'ANAC.
  Il terzo punto riguarda il piano dell'informazione. Il piano dell'informazione ancora non c'è. Non siamo in grado di poter indicare quale sarà questo piano dell'informazione, perché rimane nelle competenze del direttore generale. Tuttavia, per arrivare ai punti su cui si sta sviluppando e si è sviluppata nelle ultime settimane la polemica che ruota attorno alla Rai, faccio una considerazione di ordine generale e poi magari scendo nel dettaglio. Qui ci sono due normative che si scontrano, quella che ha fatto eleggere il consiglio di amministrazione da parte del Parlamento e la riforma della Rai, che ha attribuito al direttore generale, trasformato in amministratore delegato, un potere superiore. Il consiglio di amministrazione è di fatto depotenziato rispetto al potere superiore del direttore generale e amministratore delegato.
  I momenti e le cause di frizione nascono da questo oggettivo contrasto ed è naturale – direi fatale, anzi quasi obbligatorio – per noi consiglieri di amministrazione sottoporre la gestione monocratica del direttore generale al massimo del controllo. Abbiamo cercato di esercitare questo nostro compito, debbo dire, al di là delle collocazioni politiche. Noi siamo espressione del Parlamento e, quindi, siamo espressione delle varie componenti presenti nel Parlamento. Tuttavia, all'interno del consiglio di amministrazione abbiamo cercato di esercitare questo tipo di controllo fuori dalla logica politica. Molto spesso ci siamo trovati perfettamente d'accordo su posizioni che originariamente sarebbero state anche diverse. Vero, collega Freccero? Io e Carlo Freccero abbiamo sicuramente opinioni diverse, ma molto spesso ci troviamo d'accordo nel criticare o nel sostenere.
  Tuttavia, quel contrasto tra le due normative sta arrivando al pettine. Sta arrivando al pettine perché produce una serie di problemi che non riescono a essere gestiti adeguatamente. Mi riferisco al piano dell'informazione che non viene realizzato, o che ritarda, o che è stato abbandonato, perché il primo, l'originario piano dell'informazione, quello firmato da Carlo Verdelli, si è scontrato contro le osservazioni del consiglio, all'interno del quale, peraltro, ci sono quattro giornalisti.

Pag. 11

  ALBERTO AIROLA. L'avete bocciato ufficialmente?

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Abbiamo mosso delle osservazioni. Non è mai stato messo ai voti. Abbiamo mosso una serie di osservazioni rispetto alle quali Carlo Verdelli ha reputato opportuno rassegnare le dimissioni e il direttore generale di farsi carico direttamente lui del compito di realizzare un nuovo piano dell'informazione, che però ancora non c'è.
  Faccio un altro esempio, che riguarda Report. La vicenda di Report è una vicenda emblematica, ma emblematica di che cosa? È emblematica di una gestione difficile di quello che può avvenire all'interno dell'azienda. Da giornalista, chiedo perché all'interno della Rai non si applichi la legge che attribuisce delle responsabilità ai giornalisti. I giornalisti della carta stampata hanno delle responsabilità precise. Il direttore di un giornale risponde anche in maniera oggettiva di quello che pubblica il suo giornale. All'interno della Rai chi ha questa responsabilità? Si rischia di trovarsi senza il responsabile, perché il responsabile dovrebbe essere quello che fa il programma, ma non ha la qualifica di direttore e quindi formalmente non è responsabile. Il responsabile dovrebbe essere il capostruttura che controlla, ma normalmente non è un giornalista e quindi non è in grado di esercitare un controllo di tipo informativo e giornalistico. Dovrebbe essere il direttore di rete? Perché? In base a quale filiera e a quale principio? Questo è un problema, a mio parere, che, se venisse risolto applicando all'interno della Rai la legge che viene applicata sulla carta stampata – parlo, ovviamente, per esperienza personale – potrebbe risolvere una serie di problemi, affidando a ciascuno il proprio livello di responsabilità.
  Il problema vero è la responsabilità. Chi fa dei servizi che possono scatenare polemiche o qualunque altro tipo di reazione dovrebbe averne la responsabilità. Non entro nel merito. Credo che il giornalismo d'inchiesta sia sacrosanto e che i programmi d'inchiesta debbano essere conservati. Ritengo però anche che si debba applicare il principio della responsabilità, perché l'informazione, se non è responsabile, diventa non informazione, il che diventa la condanna per l'informazione stessa.
  Chiudo con questa considerazione e chiudo anche ribadendo che, se la gestione viene criticata dal consiglio, è l'atto che il consiglio deve fare. Il consiglio non può permettersi di non esercitare il controllo e di esercitarlo nelle forme e nei modi che reputa opportuni. Certo, questo provoca dei contrasti e può provocare anche una serie di problemi, ma questi problemi sono fatti apposta per essere risolti. Noi dovremmo fare questo e cercheremo di fare questo.

  RITA BORIONI, consigliere di amministrazione della Rai. Sarò molto breve. Intanto ringrazio, prima di tutto, la sede e poi la presidente per la relazione. Sono piuttosto d'accordo con quello che è stato detto fino adesso dai miei colleghi. Vorrei semplicemente trattare un punto, che è quello su cui siamo stati anche parte attiva, ossia il tetto degli stipendi. Sugli altri due punti siamo, come consiglio di amministrazione, una parte ricettiva. Ovviamente, il piano dell'informazione non lo scriviamo noi. Noi lo esaminiamo e svolgiamo le nostre funzioni soprattutto di controllo, più che di indirizzo, sul piano dell'informazione, effettivamente. Sul tema di ANAC, ugualmente, riceviamo delle informazioni.
  Sul tema degli stipendi – l'ho detto totalmente senza polemica – abbiamo applicato, anzi abbiamo rispettato la legge. Ci è stato chiesto di applicare un tetto agli stipendi in Rai e l'abbiamo fatto, a prescindere dall'opinione di tutti e di ciascuno circa le conseguenze di quest'atto, perché la legge, nella nostra posizione, si applica laddove bisogna applicarla. Non possiamo fare molto altro. A questo punto, ci viene contestato il tetto degli stipendi. Il tetto degli stipendi è stato applicato. Più di quello non possiamo fare, mi viene da dire. Se poi ci sono dei dubbi, che abbiamo anche noi, siamo il consiglio di amministrazione e non facciamo leggi. Non possiamo modificarle. Possiamo seguire ciò che decideranno di fare i ministeri vigilanti, il MEF o il MiSE, ma niente più di questo. Teniamo fermo un Pag. 12punto. Qui si è molto parlato dei contratti di natura artistica. A me non risulta che esista una categoria giuridica o giuslavoristica che è il contratto artistico. Non esiste. È una cosa che non esiste. Esiste la prestazione intellettuale o artistica, che, però, è in un ambito molto ristretto e che, come vedevamo con il collega Siddi, è regolata da una norma del 1947, che poi è quella che stabiliva chi doveva contribuire in ENPALS, sostanzialmente. Una contrattualistica di natura artistica non esiste in questo Paese. Esiste una cosa che si chiama lavoro discontinuo. Sbaglio oppure ho ragione?

  RENATO BRUNETTA. Quello che diceva riguarda i corpi di ballo.

  RITA BORIONI, consigliere di amministrazione della Rai. Esattamente, corpi di ballo, cantanti, varietà e cose del genere. Esiste poi una cosa che si chiama lavoro discontinuo. Per esempio, è quello che viene fatto in ambito cinematografico o dello spettacolo. Anche quella norma, però, non stabilisce l'artisticità dell'opera. Anche parlare di questi contratti artistici è una cosa un po’ strana. In più di un'occasione in consiglio di amministrazione ho insistito dicendo che stiamo parlando di forme contrattuali, non di quello che si fa dentro la forma contrattuale, o comunque di collaboratori e di dipendenti a tempo determinato e indeterminato. Punto. In nome del buonsenso, ritenevo soprattutto che vi entrassero tutti.
  Questo è un problema per la Rai? Sì, penso che sia un problema per la Rai. È vero, questa è anche una grande possibilità, ma ribadisco un tema: è vero che il fatto di non poter più contare su una serie di nomi importanti, che portano sicuramente grandi ascolti, offre grandi possibilità. Intanto, però, penso che in parte avvantaggerà la concorrenza. Va bene, nella vita accadono anche queste cose. Aggiungo anche un'altra cosa, ossia che questo vuol dire anche fare tanta sperimentazione dentro il servizio pubblico. Quando si sperimenta, si può sbagliare: il fallimento è insito nel concetto di sperimentazione. Dico semplicemente che, se il servizio pubblico sperimenterà cose nuove, ci saranno, ovviamente, cose che andranno meglio e cose che andranno peggio. Non può accadere ogni volta il disastro, però. Penso che questa sia un'occasione. È una questione pericolosa e molto difficile, e di questo bisognerà tener conto, ammesso e non concesso che le cose continuino a essere come sono in questo momento.
  È stata approvata una legge in Parlamento. Ricordo il giorno in cui l'onorevole Gasparri disse: «Benissimo, se questo è il tema, quello degli stipendi, arriverà l'editoria in Senato. Facciamo un emendamento sul tetto degli stipendi». Me lo ricordo come se fosse adesso. È accaduto. La legge è arrivata, è stata approvata ed è stata applicata regolarmente. A questo punto, oltre questo non possiamo fare.

  GIANCARLO MAZZUCA, consigliere di amministrazione della Rai. Molto velocemente, volevo soltanto dire che ho appreso con piacere e positivamente il fatto che Report non chiuda, al di là di determinate interpretazioni date dalla stampa. Mi fa piacere, in questo momento in cui si parla tanto di informazione e di libertà dell'informazione. Anche noi siamo in attesa del piano dell'informazione. Mi dispiace che lo stesso trattamento non sia stato riservato, quindici giorni fa, alla trasmissione della Perego del sabato pomeriggio. Comunque, prendo atto positivamente di questa notizia per Report, perché rischiava di essere tutto strumentalizzato politicamente.
  L'altra cosa che volevo dire è sull'ANAC. Sull'ANAC ha ragione Diaconale: occorre assolutamente risolvere i problemi in tempi rapidi. Prendo atto positivamente anche della lettera del consigliere Messa. Già a suo tempo avevo scritto una lettera chiedendo lumi, che in questi mesi non sono arrivati.
  Per quanto riguarda il tetto degli stipendi, se permettete, potrei fare la demagogia sul fatto che ci siano anche i consiglieri di amministrazione che non prendono una lira, tema che non è stato mai risolto e su cui non è stata mai detta una parola, mentre, per quanto riguarda gli artisti, che prendono cifre molto alte, sembra che ciò sia la fine della Rai. A parte questo, giro un po’ la domanda. Noi ci troviamo qui in questa situazione in attesa Pag. 13di qualche lume da parte del MEF o di altri organismi politici. Vorrei sinceramente sentire il parere della Commissione di vigilanza e come vede questa situazione. Veramente siamo un po’ bloccati, ragion per cui ci farebbe piacere sentire il vostro parere.

  PAOLO MESSA, consigliere di amministrazione della Rai. Mi associo alla relazione che ha svolto la nostra presidente e vorrei cogliere l'opportunità di quest'occasione per rivolgere a tutti voi un appello a guardare al merito delle questioni che riguardano la nostra azienda e la sua gestione.
  Ci troviamo, come è chiaro e come è stato evocato, in un momento particolare della vita dell'azienda. Abbiamo superato la boa di metà mandato. Credo che emerga chiaramente, e che sia emerso dalla relazione della presidente e dagli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, che la nostra idea non è di partecipare alla vita pubblica e di riprodurre in consiglio di amministrazione il dibattito che, invece, è giusto e ha senso che sia svolto in sedi come queste. L'impegno di tutti noi – ed è davvero di tutti, per quello che vedo nella mia esperienza – è quello di cercare di svolgere con responsabilità la funzione che ci avete assegnato. Oggi gli argomenti indicati nella convocazione sono diversi e tutti rilevanti. Ho voluto produrre, a beneficio della Commissione, una memoria, che ho consegnato verso le 12.30-13.00 in segreteria e ho poi inviato nelle caselle di posta elettronica e istituzionale di ciascuno di voi, perché credo che in particolare la vicenda dell'ANAC richieda un'attenzione e una consapevolezza particolari.
  Ho voluto indicare con precisione quali sono state le iniziative che anche sul piano personale ho intrapreso in consiglio. Voglio dire, però, con grande chiarezza che la tensione su questa materia è stata una tensione unanime di tutto il consiglio. Chiaramente, non ho voluto tirare in ballo a loro insaputa i miei colleghi e quindi mi sono assunto la responsabilità di raccontare le cose dal mio punto di vista per gli scambi e i confronti avuti con il vertice aziendale. Tuttavia, mi sento di dire con soddisfazione di far parte di un consiglio che tutto interamente svolge con responsabilità la sua funzione. Siamo qui per darne conto a voi, anche con gratitudine per l'opportunità che ci avete offerto.

  CARLO FRECCERO, consigliere di amministrazione della Rai. Vorrei solo fruire dei miei cinque minuti, che poi sono diventati dieci, per rispondere subito dopo agli interventi degli onorevoli senatori e degli onorevoli deputati.

  PRESIDENTE. Se vuole fare adesso l'intervento, come tutti gli altri consiglieri, sarebbe auspicabile.

  CARLO FRECCERO, consigliere di amministrazione della Rai. Mi dispiace molto, perché credo che ci saranno interventi molto importanti.

  PRESIDENTE. Se la Commissione non farà una replica dopo, consigliere Freccero, possiamo dare anche la parola alla fine, senza che iniziamo dopo un altro dibattito. Proseguiamo, allora.

  CARLO FRECCERO, consigliere di amministrazione della Rai. Scelgo come posizione quella di un direttore di rete, per una questione molto importante, su cui so già che gli onorevoli senatori e gli onorevoli deputati interverranno molto fortemente, quella del compenso delle star.
  Siamo nel mese di aprile, occorre consegnare i palinsesti dell'autunno e credo che senza questa certezza non si possa approvare il piano di produzione autunno 2017. È una cosa che vi chiedo in ginocchio, perché conosco come si fanno i palinsesti e come si fanno i programmi. Dico una cosa molto banale: limitare il compenso delle star a un prezzo prefissato dalle leggi di mercato significa in qualche modo legiferare sulla Rai senza ricorrere allo strumento di una legge specifica. Perché? Perché la Rai è un sistema misto pubblico-privato. Su questo punto la questione è ferma. Si tratterebbe di passare da questo sistema misto a un sistema pubblico che, a questo punto, dovrebbe essere finanziato Pag. 14dal solo canone. Faccio riferimento anche a un intervento che ho letto dell'onorevole Brunetta. Voglio ricordare che la centralità del servizio pubblico è legata al suo essere un servizio generalista, una TV generalista, cosa che andrebbe persa con un servizio pubblico puro e duro. Questa è la prima considerazione. Ve la porgo con molta attenzione.
  Come seconda cosa, conosco molto bene i pubblicitari. Conosco il mercato e so che i pubblicitari sono interessati ai programmi che producono audience. Tutto ciò è contraddittorio con la visione della Rai come azienda economica, per cui sono state depotenziate alcune figure, come ha ricordato qualcuno. Penso, naturalmente, al consiglio di amministrazione. Per capire, l'editore è un servizio pubblico. Rispetto il volere assoluto del Parlamento. D'altra parte, anche l'Europa ci chiede più chiarezza rispetto ai due ruoli, pubblico e privato. Tuttavia, difendo anche l'idea di servizio pubblico e in più occasioni mi sono molto preoccupato per questo tetto. In primo luogo, me ne preoccupo per motivi economici di mercato. Il tetto apparentemente genera risparmio, ma, in realtà, distrugge – ve lo dico veramente fuori da ogni populismo – economicamente l'azienda, perché taglia via le entrate pubblicitarie.
  C'è un'altra questione molto importante. Almeno fateci un favore. Adeguiamo questo passaggio, questo tetto, perché avvenga per gradi, in modo da permettere un aggiustamento progressivo e un avvicendamento di volti nuovi ai precedenti. Ve lo chiedo per favore. Ho vissuto queste situazioni, quando un artista se ne va. Le ho vissute quando ero a Rai 2. Naturalmente, non si può improvvisare. Quando è andato via Fabio Fazio, che è andato poi a La 7, per Quelli che il calcio – il senatore Gasparri se lo ricorda molto bene – ho chiamato, perché dovevo (faccio un esempio solo) una persona che non doveva essere identica a Fabio Fazio, perché non c'era, era sbagliato. Ho chiamato una persona opposta, la Ventura. Adesso come potrei sostituirlo, se manca Fazio? È un problema grosso quello che vi sottopongo. Sono cose importanti. Parlo come sindacalista dei direttori di rete.
  Oltretutto, c'è un problema. Facciamo attenzione. Io già non prendo stipendio. Non voglio pagare tutte le cause di risarcimento da parte di chi ha già in mano contratti sottoscritti con tetto più alto. Dico subito che non voglio avere questi problemi.
  L'altra cosa che voglio ricordare a tutti i miei professionisti, perché i senatori e i deputati sono anche dei professionisti dei media, è che è vero – continuo a crederci, parlo seriamente – che c'è un ruolo pedagogico del servizio pubblico, ma l’audience è importante perché questo messaggio pedagogico non giunga solo a una minoranza, bensì venga recepito dal pubblico più ampio. La TV generalista – ripeto – dispone di una vasta platea che TV come RT non hanno. Un sistema misto è garanzia che la parte educativa-pedagogica venga a conoscenza di tutti e sia veramente pubblica e non marginale. Questa è una preghiera. Poi sono pronto a discutere su tutti gli eccessi e gli errori che si sono fatti con i contratti. Sono d'accordissimo, ma vi ricordo questo fatto.
  Aggiungo una cosa sola. Ho un sacco di appunti, ma vorrei dire una cosa importante. Non pensiamo sempre a distruggere tutte le industrie pubbliche, per favore. Vedo sempre questa situazione. Siamo sempre di fronte al solito discorso liberista che ha liquidato l'industria pubblica italiana, riducendo in miseria il Paese. Ci si appella al bisogno del mercato per tutti, escluse le industrie pubbliche, che devono attenersi a criteri di moralità, giustizia, risparmio e meritocrazia. Il risultato è che esse sono fuori dalla possibilità di competere alla pari e che le industrie pubbliche sono destinate prima al fallimento e poi alla privatizzazione. Poi, a questo punto, si chiede allo Stato di recuperarle. Si veda, naturalmente, il caso del cinema.
  Per favore, chiedo questo: tagliare i compensi significa legiferare di fatto – ripeto – sullo statuto della Rai senza legiferare ufficialmente e in qualche modo trasformarla da industria mista in un servizio pubblico Pag. 15minoritario e senza seguito di pubblico. È un punto di vista di chi fa i programmi.

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. Questa è una seduta un po’ strana, nel senso che siamo stati qui tante volte seduti, vi abbiamo ascoltato e abbiamo cercato di interloquire con voi e di fornirvi la nostra esperienza come contenuto delle risposte ai vostri quesiti. Partiamo alla rovescia. Anch'io avrei preferito sentire un po’ di cose e interloquire, ma non importa. Schematicamente, anche per non rubare tanto tempo, la questione del tetto è una questione centrale, ma credo che sia nella coscienza di tutti il fatto che abbiamo fatto – scusate il bisticcio – l'unica cosa che dovevamo e potevamo fare, ossia eseguire la disposizione di legge.
  Rimane a me un'ansa: sono convinto che abbiamo fatto bene a dare mandato al direttore generale di eseguire l'applicazione della legge a partire dal 30 aprile prossimo venturo. Anche nel corso della discussione all'interno del consiglio di amministrazione ci eravamo a volte soffermati sul fatto di andare a pesare la questione in termini di quanto risparmiamo modificando questa legge, quanti sono coloro che sforano la legge, qual è l'importo totale del problema che si genera e come possiamo considerare le relazioni e il futuro che si viene a determinare dall'applicazione della legge. Abbiamo visto che sono sei coloro che prendono più di un milione di euro. Abbiamo visto che sono altri sei quelli che prendono da 500.000 a un milione di euro. Abbiamo visto che sono, se non dico male, 32 quelli che vanno da 240.000 a 500.000, per un totale di circa 24 milioni. La questione di cui stiamo parlando – foro o sforo, tetto o non tetto – è una cifra che non prendo alla leggera, ma è una cifra... ricordo quella battuta di due che discutevano, dicendo «Quella porta è troppo piccola» e «Quella porta è troppo grande». Arrivò l'ingegnere e disse: «Quella porta è 1,80 m» e la discussione finì. Questo è un problema da 24 milioni e poco più. Ripeto, l'ansa che mi rimane è: perché non ci adopriamo perché, applicando la legge, ci si proponga, o ci si riproponga, un principio di deroga che abbia una finalità condivisibile? Credo che nessuno di noi potrebbe far finta di non sapere o di non vedere, quando passa un campione, che quel campione è a propria disposizione derogando alla norma e producendo un obiettivo, ossia andando a traguardare un obiettivo. Vi metto sul tavolo questa osservazione perché credo che contenga la maturità del patto tra eletti ed elettori, del patto di esercizio di una funzione pubblica, del patto che tiene legato il Paese alla nostra emittente.
  L'altra cosa che vorrei osservare velocemente – ringrazio la presidente per la relazione e per i contenuti puntuali e precisi che ci ha disposto – è soltanto che nel semestre trascorso la Rai ha bucato il muro del 40 per cento di audience di media giornaliera molte, moltissime volte. Nell'ultimo periodo è quasi un dato permanente. Abbiamo prodotto nei sei mesi – nel dettaglio la questione è stata descritta – una relazione con la nostra utenza...

  PRESIDENTE. Mi scusi, chiedo un po’ di silenzio a tutti, perché sento una distrazione particolare. Onorevoli Brunetta e Gasparri, per favore. Stiamo parlando. Lo dico anche perché sono vicino al consigliere. Non riusciamo a concludere così neanche l'intervento. Consigliere Guelfi, prego, andiamo avanti.

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. Volevo dirvi che stiamo parlando della nostra azienda, l'azienda di bandiera, la società di comunicazione più grossa del Paese e d'Europa, senza stare a ricordare il TG1, che è il giornale più diffuso in Italia, nel mondo e in Europa. Credo che quei numeri di utenza – sto esagerando, ma per farmi capire – indichino che il prodotto è un prodotto di alta relazione, se non di alta qualità. Siamo arrivati a portare la prima della Scala in prima serata con 8 milioni di spettatori. Quindi, c'è. Allora va tutto bene, si potrebbe dire. Guelfi è ancora una volta qui a dirci di non preoccuparci. No, bisogna preoccuparsi insieme di tante cose. Un po’ i miei colleghi le hanno attraversate. Ne hanno attraversate tante, come il piano di informazione. Pag. 16
  Io, per esempio, in questi giorni sono molto turbato dal risultato del piano editoriale, perché non è figlio della libertà e dell'espressione delle diverse opinioni, della pluralità delle opinioni. Sono tutte cose sacrosante, per le quali abbiamo attraversato tante stagioni della vita battendoci per questi valori. Certo, vedere che la formula talk è diventata la produzione di spolette che esplodono il giorno dopo su tutta la stampa e ci rendono agguerritamente gli uni di fronte agli altri, senza alcun merito di tenuta, mi dispiace. Se denuncio un ladro, lo voglio vedere arrestato. Se denuncio uno scandalo, lo voglio vedere circondato e abbattuto, ma non se denunciando apro la diatriba delle contrapposizioni.
  Vado a vedere anche, se mi permettete, i risultati aziendali commerciali. Report ha fatto circa il 3 per cento, quando la trasmissione sui borghi ha superato il 10 per cento.

  CARLO FRECCERO, consigliere di amministrazione della Rai. Non ha fatto il 3.

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. Ha fatto il 3,5 per cento.

  PRESIDENTE. Controlleremo prima della fine della Commissione!

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. Se non ha fatto il 3, ha fatto il 5.

  PRESIDENTE. Perfetto. Controlleremo questo dato.

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. Ha ragione, perché è Cartabianca che ha fatto il 3,8 per cento.

  PRESIDENTE. Consigliere Guelfi, si avvii alla conclusione, per favore.

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. Ho finito. Confido nel fatto che siamo documentati, perché è in quella documentazione che sta una delle ragioni delle mie osservazioni.
  Non voglio sopprimere niente, ma non voglio nemmeno mantenere in vita per forza. Voglio che si discuta in sede, all'interno del rapporto tra consiglio di amministrazione, direzione generale e direttori di rete, quali sono le modalità e gli obiettivi che ci proponiamo producendo i prodotti che facciamo, se questi obiettivi vengano centrati e se siano di soddisfazione. Penso che se ne possa parlare, anzi penso che se ne debba parlare.

  PRESIDENTE. Solo per informazione, mi diceva la presidente Maggioni che 5,6 è il dato di Report.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALBERTO AIROLA. Credo che oggi siamo qui a parlare di un piano news che, per essere approvato, deve aspettare una concessione. Allora, a questo punto, ci si dovrebbe domandare perché non aspettare anche un contratto di servizio. No? Questo piano di servizio non si farà mai.
  Credo anche che alcuni argomenti siano stati evitati, ma accolgo con favore che Report non si chiuda più. Penso che sia un'affermazione lapidaria. Sono anche stupito del fatto che non si sia parlato, o che si sia toccato appena appena il fatto che invece su tutti i giornali in questi giorni uscissero, in primo luogo, denunce di esponenti politici preventive su Report e, in secondo luogo, la notizia che il 4 maggio questo consiglio di amministrazione avrebbe sfiduciato Dall'Orto e che comunque Renzi non voleva più Dall'Orto direttore generale della Rai. Voglio fare un passo indietro, giusto per fare il quadro della situazione. Durante l'ultima audizione con voi, con questo consiglio di amministrazione, denunciai l'impossibilità di Dall'Orto di lavorare veramente su un piano nuovo e su un rinnovo della Rai e del piano informativo, perché era bloccato in qualche modo dalla politica. Presi anche i complimenti del consigliere Guelfo Guelfi e forse anche della consigliera Borioni. Era appena caduto Verdelli – era successo poco tempo prima – tra l'altro, ribadiamo, ma non perché il suo Pag. 17piano fu bocciato. Toccò, quindi, a Dall'Orto portare avanti questo piano. Oggi a me sembra che la politica che continua a fermare il piano di Dall'Orto sia la stessa che all'epoca mi faceva i complimenti, e non da solo, perché anche Forza Italia e i suoi rappresentanti nel consiglio di amministrazione espressero lo stesso problema. Facciamo un altro passo indietro. Da dove inizia quest'attacco a Dall'Orto, tanto per chiarire la questione? Inizia il 26 luglio 2016. Perché inizia da allora e ora metà Governo e il PD vogliono la testa di Dall'Orto? Perché c'erano di mezzo le nomine dei direttori dei TG.
  Si parlò all'epoca – ricordo la presidente – di divisioni per aree culturali dei TG, come si disse, ma, in realtà, assistemmo a un'occupazione totale del Governo rispetto ai direttori dei TG. Ricordiamoci che oggi l'ex premier Renzi occupa il 60-70 per cento degli spazi nei TG. Questi sono dati, non fantasie.
  Ci siamo anche dimenticati, visto che siamo preoccupati per Report, di quello che è successo tempo fa? Ci siamo forse dimenticati dell'epurazione di Giannini, della chiusura di Ballarò, della cacciata della Berlinguer? Oggi siamo di nuovo daccapo, ma stavolta è tutto il Nazareno unito che si muove compatto contro Report. Penso, per esempio, al servizio sull’Unità, o a quello sui finanziamenti pubblici al cinema, cose che, tra l'altro, denunciavamo da anni. Guarda caso, sono usciti comunicati stampa di tutti, Renzi, Alfano, Gasparri, per non chiudere o comunque censurare Report – non cito Benigni, che si commenta da solo – e non solo Report, ma anche Cartabianca, che ha fatto il 3 per cento. Tra l'altro, consigliere Guelfi, bisogna ricordarsi che Report avrà fatto anche poco forse quest'ultima volta, ma ha il numero più alto di follower sul web della Rai. Questa è la qualità che paga. Comunque, andiamo avanti.
  In Rai abbiamo assistito ultimamente a una legge sulla governance allucinante, per cui, invece di contestare le affermazioni del presidente della Commissione – ribadisco – di vigilanza e indirizzo della Rai sulla questione Report, mi domanderei perché un partito democratico abbia permesso che il Governo facesse una legge, pur condannata o comunque criticata fortemente dall'EBU, in cui il MEF e il Governo scelgono i dirigenti del servizio pubblico. Soprattutto mi domanderei perché in questi quattro anni siate stati a chiacchierare, ma di fatto non sia mai uscita una legge vera sul conflitto di interesse, tanto che un signore che è, o era, un grosso personaggio politico della politica italiana, Berlusconi, continua ad avere più televisioni e più TG.
  Alla fine, a chi tocca difendere l'indipendenza del servizio pubblico? Al Movimento 5 Stelle. Tocca a noi, che nulla abbiamo mai chiesto, né al direttore, né alla presidente, né ad alcuno dei consiglieri. Non abbiamo piazzato nessuno. Abbiamo semplicemente chiesto che il servizio pubblico facesse il suo dovere. Abbiamo criticato sicuramente l'operato del direttore, della Maggioni e di altre situazioni, ma sempre con un tono costruttivo. Non abbiamo ottenuto, come ho sentito delle deliranti dichiarazioni di alcuni, tra cui Gasparri, qualcosa come la nomina della Gabanelli a Rai 24, che peraltro neanche si sa se si farà mai. La Gabanelli, peraltro, di sicuro non strizza l'occhio alla politica e tantomeno al Movimento 5 Stelle.
  Se volete, anche se non ne ho il tempo, avrei ancora due cose da dire prima di chiudere. Ci sarebbero da fare due annotazioni su personaggi e direttori messi da Gasparri in Rai. Comunque, la verità è che Dall'Orto probabilmente non ha fatto le cose che l'accordo del Nazareno PD-Forza Italia voleva. Non ha innovato. Voleva innovare, ma non poteva farlo senza aumentare il pluralismo.
  Fa paura la questione del web, perché il web è veramente pluralista, e si vuole lasciare alla Rai uno scatolone vecchio, che probabilmente perderà consensi e telespettatori, per venderla e magari – poi questo me lo direte, se volete veramente sfiduciare Dall'Orto – per lasciare veramente chi ha sempre rispettato i diktat del sistema, sia politico, sia economico, che è la presidente Rai-Bilderberg Maggioni, che ci dirà se poi prenderà... voglio vedere cosa succederà prossimamente. Questo è ciò che ci troviamo Pag. 18 adesso ad affrontare, ossia il problema che non è stato chiarito nulla e non è stato votato alcun piano di informazione. Continuate a rimandare e ci troviamo ancora una volta a discutere... Non c'è? A noi l'hanno presentato. Forse a voi no.

  FRANCESCO ANGELO SIDDI, consigliere di amministrazione della Rai. Mi dispiace, non è un piano.

  ALBERTO AIROLA. Non è un piano? La Rai, così com'è, non va toccata, perché ormai è lottizzata in maniera definitiva dal Governo. Siddi, io non l'ho interrotta. Non ho interrotto alcuno di voi. Invece, voi siete dei maleducati.

  FRANCESCO ANGELO SIDDI, consigliere di amministrazione della Rai... Le chiedo scusa. Era per precisare.

  PRESIDENTE. Concluda Airola. Andiamo a conclusione.

  ALBERTO AIROLA. Non entro nel merito del tetto. In un Paese normale non ci sarebbe un tetto agli artisti. Borioni, esistono i contratti sugli artisti, altrimenti io e altri tecnici del mondo dello spettacolo non avremmo mai potuto lavorare.
  Comunque, non entro in questo merito, perché in un Paese normale probabilmente il tetto non dovrebbe esserci. Ritengo che forse, in questo caso, ciò potrebbe aiutare a svecchiare la Rai, ma non è neanche questo lo scopo di quest'amministrazione. Lo scopo di quest'amministrazione è far fallire la Rai, non darle un futuro sul web, mandare via questo direttore e – ribadisco – lasciare tutto così com'è.

  PINO PISICCHIO. Chiedo scusa se non riuscirò a volare alto come nell'ultimo intervento. Cercherò di sviluppare un minimo di ragionamento che non metterà nel conto né la persona del direttore generale, né la persona del presidente e neanche le persone dei consiglieri di amministrazione. Vorrei chiamarli, però, in causa uti collettivi rispetto a una considerazione che svolgerò molto brevemente.
  Il canone in bolletta è stato argomento del quale abbiamo discusso nel corso delle lunghe giornate dedicate alla convenzione. Il canone in bolletta mette nel conto della concessionaria pubblica nuove responsabilità, responsabilità importanti. Se volessimo mantenerci sempre rasoterra, avendo soltanto come luce un riferimento aulico, forse trasferitoci dai nostri padri costituenti, direi che si mette nel conto il ruolo di pedagogia democratica del servizio pubblico. Che vuol dire fate pedagogia democratica? Vuol dire esercitare un ruolo di informazione, ma anche di intrattenimento, ma anche, come viene detto con quella parola inglese che io non amo molto, di infotainment, che mette insieme queste due cose, che insieme non dovrebbero stare, perché si tratta di una dimensione mimetica, che non rende sempre intellegibile l'una e l'altra. Attraverso questi tre strumenti, dunque, il servizio pubblico esercita la pedagogia democratica. Lo può fare il servizio pubblico, mentre non è richiesto al servizio privato, un servizio esercitato e svolto da privati e, quindi, dalla TV commerciale.
  Qual è il punto? Devo ringraziare la presidente per il puntuale resoconto e anche per quei bei tomi che ci ha dato in osservazione. Peraltro – lo dico subito – sono tomi che sono stati organizzati secondo la norma di legge, ma, mi permetterà, presidente, sono tomi che non dicono niente, perché non dicono niente né dal punto di vista di chi viene pagato quando partecipa a queste performance televisive, né dal punto di vista delle frequenze statistiche. Non viene fatta sintesi. Se l'onorevole Pisicchio partecipa a Rai YoYo – mi piace molto Rai YoYo, perché ho visto che è l'unica in cui i partecipanti sono tutti in un arco di età che va da 1 a 10 anni; quindi, possiamo stare tranquilli che non venga esercitata un'influenza da un punto di vista politico, a meno che non ci sia in giro qualche bambino prodigio che in qualche maniera si porta avanti col lavoro e si propone come nuova generazione della politica – non abbiamo notizia di quanto prenda. Non abbiamo notizia di quanto prendano queste persone, né di quante Pag. 19volte l'onorevole Pisicchio, chiamato in più di una circostanza a essere presente da un programma all'altro, alla fine contabilizzi in termini di presenze. È vero che non viene chiesto questo dalla legge, ma, se vogliamo dare una significatività e non farne un atto di adempimento mero, forse un'attenzione anche a questi elementi di sintesi andrebbe posta, altrimenti questo diventa soltanto un prontuario della curiosità pluriversa senza costrutto e senza significato.
  Chiudo questa parentesi. Torniamo al ruolo del servizio pubblico di pedagogia democratica. Quand'è che viene meno e quand'è che, invece, viene attuato un ruolo di pedagogia democratica? Un ruolo di pedagogia democratica viene attuato allorquando si sviluppa un'attività di informazione, un'attività di intrattenimento, oppure l'una e l'altra cosa insieme, che concorrono a costituire un'opinione pubblica che si muova coerentemente ai princìpi divisati dalla nostra Costituzione. Questo è tutto. Ciò, ovviamente, tenendo conto dell'andamento del dibattito pubblico e della sensibilità, che oggi evidentemente è un po’ diversa da quella che si poteva manifestare ai tempi del maestro Manzi e di Non è mai troppo tardi.
  Quand'è che viene meno questo elemento della pedagogia democratica, che pertiene e ha a che fare con il servizio pubblico? Quando ci sono i casi – non sto a raccontarli nella loro partizione interna – come quello di Report che dice cose sbagliate da un punto di vista dell'informazione medica. Non voglio fare polemica su questo. Lo estraggo come elemento di casistica.
  Se mi permettete, viene meno anche quando il servizio pubblico concorre con una serie di presenze a costruire, per esempio, un sentiment antiparlamentarista. Il signor Giletti, secondo me, fa più male di Report che dice cose sbagliate e che poi sbaglia soprattutto nel non creare il contraddittorio.
  Qual è la mia opinione, presidente e gentili consiglieri di amministrazione? La mia opinione è la seguente: forse abbiamo perso il controllo della catena di comando, non nel senso che il comandante debba stare a fare il censore o debba fare l'OVRA, per capirci, ma nel senso che, come accade nelle redazioni giornalistiche e come accade in ogni testata giornalistica del nostro Paese, sia essa carta stampata o altro, se ne assume la responsabilità chi manda in onda, avendo come punto di riferimento l'utenza, dunque il servizio pubblico e, dunque, la declinazione di pedagogia democratica. Non possiamo mandare in onda ogni schifezza, la qualsivoglia stupidaggine, solo perché fa audience, anche perché partiamo dalla considerazione iniziale.
  Ho finito, presidente. Aggiungo un'ultima battuta. Non chiediamo niente ai cittadini, ma preleviamo dalle tasche dei cittadini i danari per pagare il servizio pubblico. Peraltro, mi è parso di leggere nelle ultime ore qualche battuta del tipo «Cittadini, non pagate», ma i cittadini non possono neanche evitare di pagare il canone, perché se no staccano loro la luce. Quindi, siamo in questa situazione.
  Da tutto questo che cosa discende? Discende un senso di responsabilità assolutamente speciale e particolare, che va posto in capo ai vertici Rai, siano essi la direzione generale, la presidente o il consiglio di amministrazione, avendo riguardo a una considerazione. Leggo di interpretazioni relative ai tetti. Esiste una legge. Ho espresso posizioni pubbliche non particolarmente di condivisione di questa impostazione, ma esiste una legge e, quando esiste una legge, bisogna starci dentro. Forse è l'occasione per pescare nell'ambito Rai piuttosto che andare fuori. Abbiamo tanta gente di qualità che è stata formata con i soldi dei cittadini.

  NICOLA FRATOIANNI. Intervengo molto rapidamente. Chiedo scusa se dopo lascerò i lavori, ma purtroppo ho un treno in partenza. Vorrei innanzitutto cogliere questa opportunità della presenza del consiglio di amministrazione per rivolgere un appello.
  Vorrei chiedervi di fare tutto quello che è possibile perché in queste ore tutte le testate del servizio pubblico, quelle televisive e quelle radiofoniche, mettano la più alta attenzione sulla vicenda di Gabriele Del Grande, giornalista italiano detenuto Pag. 20illegalmente in Turchia ormai da undici giorni, una situazione molto allarmante. Vorrei chiedervi, naturalmente nel rispetto delle vostre funzioni, che su questo l'azienda garantisca la massima attenzione e che possa mettere in copertina e nei telegiornali questa vicenda, che mantenga un'attenzione alta per aiutare la diplomazia italiana, ma anche lo sforzo di organizzazioni che si stanno muovendo nella direzione necessaria di una rapida liberazione di Gabriele Del Grande.
  Detto questo – scusatemi se ho posto questa questione, che non era all'ordine del giorno della discussione – svolgo pochissime considerazioni.
  Sono rimasto molto colpito da alcune affermazioni che ho ascoltato da parte della presidente e di alcuni consiglieri, in particolare in riferimento a quella che avete definito la tensione politica, la burrasca politica attorno alla Rai di questi giorni. Sono rimasto colpito perché c'è qualcosa che ha a che fare, più che con quello che è successo in questi giorni, con un pezzo del costume politico di questo Paese, o, per meglio dire, del malcostume della politica di questo Paese. Accade in Italia ciclicamente che attorno, in particolare, ad alcune trasmissioni – chiamatele trasmissioni di inchiesta, trasmissioni di informazione, ognuno le chiami come vuole – una parte della politica italiana (guardate un po’, quasi sempre quella parte della politica italiana che in quel momento è al governo del Paese) scateni campagne particolarmente virulente. È quello che è accaduto precisamente nei confronti di Report in queste settimane. È accaduto attorno ad alcune puntate e ad alcune inchieste, non esclusivamente a proposito dell'ultima puntata, quella che ha riguardato, due sere fa, il tema del vaccino contro il Papilloma virus. Premetto che ho visto quella puntata – l'ho vista il giorno dopo – e che credo contenesse molti errori. Sono tra quelli che pubblicamente in più occasioni hanno detto con molta forza che sul tema dei vaccini ci vuole grande attenzione e che i vaccini non possono essere in alcun modo indicati come questione nebulosa. Premetto, quindi, che il mio giudizio su quella puntata specifica è un giudizio critico. Credo, però, che il livello di virulenza che si è accanito da parte della politica su quella trasmissione nella sua forma generale, dopo che già su di essa, rispetto alla puntata di qualche giorno prima su altre questioni, la stessa parte politica si era accanita nello stesso modo, racconti – ripeto – un pezzo del malcostume della politica di questo Paese.
  Un conto è criticare. Deve essere criticabile sempre anche il lavoro dei giornalisti e di chi fa informazione. Ci mancherebbe altro. Un conto è immaginare che quella critica possa produrre elementi da editto, come purtroppo abbiamo visto accadere in passato in questo Paese. Non sarebbe la prima volta. Non vorrei che quella tentazione si riproducesse ancora. Sono molto contento del modo molto netto con cui la presidente ha escluso qualsiasi possibilità d'intervento. Spero che, oltre a esserci le parole della presidente, delle quali peraltro non dubitavo, cambino anche i toni di un pezzo della politica di questo Paese. Ripeto, si può e si deve criticare quando lo si ritiene giusto, ma non si può ogni volta immaginare che la politica si senta insopportabilmente indispettita da chi, per un motivo o per l'altro, dice cose che non piacciono a una parte politica, in particolare a quella che in quel momento detiene il Governo del Paese.
  Passo alla seconda questione. La espongo molto rapidamente. Riguarda anche questa le voci di stampa – il senatore Airola vi ha fatto rapidamente riferimento – che concernono ipotetiche sfiducie al direttore generale. Come tutti sapete – lo sa il consiglio di amministrazione e lo sa questa Commissione – sono tra quelli che si sono battuti, anche in questo caso in modo molto netto, contro l'approvazione di quella che considero una pessima legge di riforma della governance della Rai. Considero la scelta di mettere sostanzialmente nelle mani del Governo poteri straordinari di controllo dell'azienda principale, anzi dell'unica, che fa servizio pubblico un errore madornale. Tuttavia, sono un po’ sorpreso dall'improvvisa voglia di controllo che dal consiglio di amministrazione ho sentito anche oggi e che ho letto in qualche intervista anche questa Pag. 21mattina, dall'improvvisa spinta verso un controllo, cioè verso l'esercizio di una funzione che dovrebbe essere quella propria e che avremmo voluto vedere con più forza anche in altre occasioni, magari quando durante la campagna referendaria in tanti ponevano il tema di un riequilibrio delle forze in campo nell'informazione pubblica. Non vorrei che questa improvvisa spinta verso il controllo, verso l'esercizio del proprio ruolo avesse a che fare con altri tipi di interesse e con altri tipi di riorientamento del quadro politico di questo Paese, perché – lo dico qui in modo molto netto – in questo caso, trovereste, per quel che conta, anche la nostra ferma opposizione.
  L'ultimissima considerazione, di un minuto, riguarda la questione dei tetti sugli artisti. Credo che in questo Paese su questa vicenda, anche quella dei compensi degli artisti, si siano fatti molti errori, che si sia, a un certo punto, perso il senso della misura e che il livello di sperequazione che ha coinvolto anche quel mondo abbia spesso superato i limiti della tolleranza rispetto alla condizione del Paese. Tuttavia, trovo che le parole che qui oggi il consigliere Freccero ma anche altri in altra forma hanno pronunciato siano parole ragionevoli. Credo che su questo terreno specifico alla politica, dunque a noi, tocchi un elemento di valutazione, perché non vorrei che, anche in questo caso, una scelta che muove da elementi assolutamente condivisibili finisse per produrre un'eterogenesi dei fini, almeno dei fini dichiarati, ossia quelli della moralizzazione, e producesse il suo contrario, ossia una marginalizzazione progressiva del servizio pubblico, magari una sua successiva svendita o privatizzazione e magari l'ennesimo regalo a un pezzo di interesse privato a danno dell'interesse collettivo. Credo che tocchi a noi su questo punto almeno sviluppare una riflessione e un approfondimento.

  MAURIZIO LUPI. Mi sembra che i toni del confronto e anche dell'incontro con il consiglio di amministrazione siano tornati nella strada giusta. Se la notizia che ho appreso è vera, le chiedo, in qualità di presidente, non di esponente di un gruppo parlamentare, di fornire anche agli altri gruppi parlamentari il piano dell'informazione che il gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle conosce.
  Ad oggi, il direttore generale è l'unico che abbia il compito di presentare da sempre il piano, essendosene assunta la responsabilità. Non spetta al consiglio di amministrazione, ma al direttore generale, a cui, volenti o nolenti, una legge (io l'ho votata) ha attribuito pieni poteri nella gestione della Rai. Il consiglio di amministrazione e il suo presidente hanno funzioni diverse da quelle che c'erano prima. Se il direttore generale ha presentato in via esclusiva a un gruppo parlamentare che da sempre fa della non intromissione dei partiti e dei gruppi parlamentari nella gestione della Rai e del servizio pubblico in esclusiva, in anteprima, un piano dell'informazione, le chiederei, cortesemente, di portarne a conoscenza anche gli altri gruppi parlamentari.
  Detto questo, credo che i temi posti siano temi importanti e che siano importanti tanto più perché abbiamo un doppio ruolo. Ho votato a favore di quella grande riforma della Rai, in cui possiamo aver sbagliato o no ad aver attribuito un compito di amministratore delegato e, quindi, di pieni poteri nella gestione di un'azienda di informazione – è una cosa normale, ma qui si tratta di un'azienda di informazione che fa servizio pubblico – a una persona, nonché la libertà di organizzarsi. C'è un compito fondamentale, a questo punto, del consiglio di amministrazione e del suo presidente di interlocuzione, di controllo e di sviluppo su alcune grandi questioni, che sono quelle più puntuali di cui risponde un consiglio di amministrazione, ma sono quelle più connaturate – il bilancio, per esempio – a una convenzione e a una concessione che è in essere e che, peraltro, rimette in un quadro generale le riflessioni dell'azione del direttore generale, oggi convitato di pietra, e del consiglio di amministrazione, che deve capire come attuare i contenuti di quella convenzione.
  I tre temi che sono stati affrontati pongono tutti e tre la riflessione su questi compiti, ossia sulla divisione dei compiti, su chi stia esercitando fino in fondo bene i Pag. 22suoi compiti e su quali obiettivi e quali risultati si raggiungano.
  Sul tema dei tetti ci siamo già espressi da questo punto di vista. Devo dire che condivido l'impostazione del consigliere Freccero, perché abbiamo un sistema misto e si pone il tema generale di che cosa sia un servizio pubblico, che però sta sul mercato. Se vogliamo una privatizzazione dell'azienda, facciamola direttamente e diciamo che la Rai svolge e semplicemente deve svolgere un servizio pubblico pagato dal canone dei cittadini. Tra l'altro, nella nuova concessione – lo ricordo – c'è anche una novità fondamentale, quella della gestione separata dei bilanci e dell'individuazione di come vengono spese le risorse, sia quelle derivate dal servizio pubblico e dal canone del servizio pubblico, sia quelle derivate dalla raccolta pubblicitaria, che permettono di stare sul mercato e che possono essere puntualmente spesate e allocate per vedere come il servizio pubblico, andando su quelle e arricchendosi, può svolgere la sua funzione più di divulgazione. Sul tema degli artisti la nostra posizione è quella nota: o decidiamo che l'azienda stia sul mercato, nel qual caso bisogna su quello specifico tema permetterle di stare sul mercato, oppure decidiamo di toglierla dal mercato. Facciamolo, però, in maniera esplicita, ufficiale, non in maniera indiretta, regalando così, rispetto a chi pensa che ci debba essere un pluralismo, come noi, nel mondo dell'informazione, invece ai privati – io sono per la liberalizzazione, figuratevi – un ruolo che è un regalo che non si aspettano. Questo è il primo tema.
  Sulla questione dell'ANAC, presidente, mi rivolgo a lei come presidente del consiglio di amministrazione. Dopo aver letto la nota che il consigliere di amministrazione Messa ci ha inviato sono molto preoccupato. Suggerisco per le responsabilità vicendevoli, le responsabilità del consiglio di amministrazione e le responsabilità del direttore generale, di non rimanere fermi. I casi anche successivi alle osservazioni molto forti e puntuali dell'ANAC dicono, se corrispondono, ovviamente – non ne posso dubitare – alle segnalazioni e alle osservazioni fatte proprie anche da altri consiglieri, che su questo punto bisogna essere molto trasparenti, molto chiari, molto netti e non equivoci. Dovrebbe essere la Commissione di vigilanza a chiederlo. In relazione alla nomina della security, indipendentemente dai nomi e dalla valutazione professionale, si fa male a quei nomi se si dà adito anche alle strumentalizzazioni.
  Con riguardo alla Gabanelli, se si vuole evitare la strumentalizzazione, bisogna essere il più possibile chiari e trasparenti. Nel momento in cui si prende un consulente, lo si assume a tempo determinato e lo si riporta, o quella persona, comunque si chiami, segue un criterio oggettivo, oppure si fa del male anche a quella persona. Questo è il punto essenziale. Smettiamola, quindi, con le polemiche strumentali. Noi non usiamo, contrariamente a qualche altro gruppo parlamentare, due pesi e due misure. Non attacchiamo Report, se non c'è da attaccare. Se Report fa un servizio sbagliato, si dice che è vergognoso quel servizio e che ha sbagliato. Non si può pensare, però, altrettanto, di rincorrere, demonizzare e attentare alla libertà di informazione contro un direttore del TG1 semplicemente perché non dà spazio a qualcuno. Si può criticare, si deve criticare, ma si usa sempre lo stesso mezzo, si usano sempre gli stessi parametri. Consiglio al senatore Airola una lettura meravigliosa di Dostoevskij, La leggenda del Grande Inquisitore, che può servire a tutti noi.
  Detto questo, non si può dire che sia eversione chiedere – io non la chiedo – la chiusura di Report e, contemporaneamente, chiedere la chiusura di Porta a Porta e di «allontanare» il direttore del TG1. Su tutto ciò che non coincide con la propria sensibilità, allora, a quel punto, tutto è lecito. No, dobbiamo usare lo stesso peso e le stesse misure, se vogliamo essere credibili anche nelle rivendicazioni che facciamo. Questo è il suggerimento che do.
  Quanto al tema dell'ANAC, vorrei approfondimenti. Mi sto cronometrando, presidente, Pag. 23 e vorrei gli altri due minuti che ha concesso anche al senatore Airola.

  PRESIDENTE. È oltre i cinque minuti.

  MAURIZIO LUPI. Poiché lui è arrivato a sette minuti, se mi offre questa possibilità, vorrei arrivare anche al terzo punto, consigliando al presidente di fare il presidente della Commissione di vigilanza, che è un ruolo fondamentale. Le Istituzioni hanno sempre un grande valore per me. Lasci a noi o ai suoi colleghi dei Gruppi parlamentari fare le polemiche, chiedere l'evasione del canone e via elencando.
  Il tema dell'ANAC non lo sottovaluterei. Mi preoccupa. Vorrei capire come, per le nostre funzioni diverse, su questo il direttore generale, che ha ovviamente le sue competenze, e il consiglio di amministrazione stanno andando nella direzione giusta per evitare di ricadere continuamente negli stessi errori con motivazioni diverse.
  L'ultima osservazione è legata al tema più importante, che è, ovviamente, quello del piano dell'informazione e di uno dei cardini del servizio pubblico, che è l'informazione. Guardate il paradosso di quest'assenza. Abbiamo fatto prima l'esempio della Gabanelli. Abbiamo una nuova concessione. Su questo ha ragione il presidente nel dire che non è formale, perché, se il criterio della concessione dice che si devono razionalizzare in maniera efficace ed efficiente le proprie risorse e che si devono razionalizzare le testate, allora si fa un'altra testata web o si ripensa complessivamente a una funzione in cui – faccio un esempio dal mio punto di vista – Rai News 24 accorpi e assuma una vocazione complessiva e diversa, diventando un grande sistema dell'informazione...

  PRESIDENTE. Onorevole Lupi, deve concludere. Proprio perché faccio il presidente di Commissione, le ricordo che deve concludere.

  MAURIZIO LUPI. La ringrazio di cuore anche del richiamo.
  Da questo punto di vista mi sembra fondamentale il tema dell'informazione, così come mi sembra fondamentale – l'ho già sottolineato prima – il fatto che il caso Report non sia legato alle questioni di dibattito politico. Quando c'è in gioco la salute del cittadino, però, dobbiamo essere tutti attenti. Dobbiamo essere tutti attenti. Presentare un ricercatore indipendente, per poi scoprire che i soggetti erano marito e moglie e sono noti esponenti del movimento contro i vaccini, è un errore.
  Cosa vuol dire questo? Vuol dire che gli altri ricercatori scientifici sono tutti dipendenti da chi, su un tema delicato, delicatissimo, che riguarda la salute dei cittadini e dei bambini, ossia i vaccini? Questo è il tema che abbiamo in gioco.
  Da questo punto di vista – ho concluso e la ringrazio della pazienza, signor presidente – credo che il consiglio di amministrazione, nella sua ricchezza e diversità (abbiamo fatto bene a rappresentarlo in questo modo ed è una ricchezza), debba continuare a svolgere con forza la sua funzione, anche di alterità e di interlocuzione con il direttore generale, oggi grande assente.

  SALVATORE MARGIOTTA. Proverò a essere brevissimo e a stare completamente ai tre punti in discussione. Salto anche una premessa politica, che pure avrei voluto fare, sul fatto che il Movimento 5 Stelle abbia un modo piuttosto originale di interpretare la distanza della politica dalla Rai. Mi sembra, invece, che intervenga più volte anche su aspetti tipicamente della gestione della Rai. Ciò detto, associandomi alle parole pronunciate dal mio capogruppo Vinicio Peluffo, entro subito nell'argomento. Tralascerò tutta una serie di altre questioni che avevo preparato.
  La prima questione riguarda il bilancio. Ho visto che se n'è parlato pochissimo oggi, ma mi pare l'atto più importante di cui si è discusso negli ultimi giorni, al di là delle voci di stampa qui tante volte enfatizzate, che voci di stampa rimangono. Sono rimasto molto colpito, essendo un appassionato di numeri, dal fatto che, a fronte di ricavi in più nel 2016 di circa 290 milioni, di cui 270 milioni di euro dovuti al canone, non abbia trovato, leggendo nelle pieghe del bilancio, investimenti in innovazione, in Pag. 24servizi, in salto di qualità dell'azienda. Al contrario, mi pare che questi soldi siano stati spesi completamente, o quasi completamente, nella cosiddetta gestione ordinaria. Leggo che l'aumento del costo del personale è di 39.900.000 euro e che le cosiddette prime utilizzazioni quest'anno sono state 244, più della somma degli anni 2013, 2014 e 2015. In merito lasciatemi fare una battuta. Capitando ogni tanto che qualche giovane mi chieda consiglio se sia possibile lavorare alla Rai, rispondo a tutti di non pensarci proprio, perché, se non hanno la prima utilizzazione, non ci entreranno mai. Poi leggo che ne entrano 244. Il dato, francamente, mi preoccupa, perché mi vergogno di aver detto per anni a tante persone in gamba che in Rai non si entra. Lo sottolineerei un po’.
  Allo stesso modo, non comprendo 24 milioni di euro per l'area digital e 990.000 euro per RaiPlay. Tutti gli altri 23 milioni come vengono utilizzati? Leggo di 2,5 milioni di euro per consulenze e collaborazioni. Che tipo di consulenze e collaborazioni sono e come si attribuiscono? Perché l'area digital ha bisogno di spendere 2,5 milioni per consulenze e collaborazioni? Potrei continuare, ma il tema fondamentale, al di là delle particolarità che pure ho voluto citare, è che non mi pare che corrisponda a un investimento dello Stato, cioè dei cittadini, di 270 milioni di euro in più in questa gestione un accrescimento della qualità complessiva della Rai.
  Sull'ANAC e le assunzioni mi unisco anch'io alle considerazioni svolte dal collega Lupi. Ho letto con grande preoccupazione la gran messe di informazioni che Paolo Messa ci ha fornito con la sua mail, purtroppo letta troppo tardi per poterla analizzare compiutamente. Mi rifaccio a quella. La studierò. Mi pare una questione da approfondire molto. Solo per capire se sia vero o no, mi spiegano addirittura che proprio la direzione di Cantournet continua ad assumere persone e addirittura che avrebbe preso in organico un giornalista. Non so se sia vero, ma, se lo fosse, non capisco a che serva un giornalista in una struttura che fa security. Probabilmente è un mistero al quale non riesco a dare spiegazioni.
  Sulla questione, invece, del tetto degli stipendi, dico esattamente come la penso. L'analisi che ha fatto il consigliere Freccero sul Corriere della Sera ieri e oggi è la mia. Abbiamo sbagliato a scrivere una legge che non chiarisca che almeno in alcuni casi ci sono alcune eccezioni, magari un numero di eccezioni possibili o un budget complessivo di eccezioni possibili. Ci sono tanti modi per spiegare che non si può pensare in Rai di giocare al ribasso pagando anche grandi nomi in quel modo.
  Naturalmente, su questo ha ragione Mazzucca, il quale dice: «Non siete voi a dover chiedere a noi. Siamo noi a dover chiedere a voi». Sapendo di essere in netta minoranza nel mio partito e – credo – in Parlamento, sono dell'avviso che dobbiamo fare una legge, perché non possiamo chiedere a voi di basarvi sull'interpretazione. Dobbiamo avere il coraggio di svolgere il ruolo serio di legislatori, di quelli che fanno le leggi anche quando non portano applausi, che è il modo giusto di fare il parlamentare, cosa ormai sconosciuta da molti anni. Facciamo una legge complicata. Ci prenderemo qualche fischio. Spieghiamo, però, ai cittadini che abbiamo fatto una legge per salvare il servizio pubblico. Io me la assumerei questa responsabilità, francamente.
  Sul piano dell'informazione, invece, concordo con il collega Airola. La presidente ha svolto un'ottima relazione e capisco anche la necessaria diplomazia. Tuttavia, dire che il piano non è pronto perché aspettavate la convenzione è una cosa un po’ così, perché la convenzione sul punto è molto generica. Non credo che si aspettasse che la convenzione potesse totalmente sradicare o stravolgere il lavoro che stavate facendo. La verità è che il lavoro fin qui è molto esiguo. Sono molto contento che sia stata nominata – l'ho letto – una risorsa interna, il dottor Grignani, per lavorarci, perché è persona che conosce la Rai. Magari da persone che hanno altre esperienze può venir fuori un risultato positivo, ma la verità è che si brancola nel buio. La prima volta, l'anno scorso, ci avete proiettato i Pag. 25princìpi e le premesse alle linee-guida. La seconda volta ci avete mostrato delle slide molto emozionali che spiegavano bene che occorre che la Rai dia un servizio al web. Oltre a questo, però, non ho visto numeri. Non ho visto l'idea di come si possano razionalizzare le reti. Siamo molto, molto indietro. Penso che sia molto bene fare Rai 24 ore, penso che sia giusta la scelta di nominare la Gabanelli e penso persino che, se la Gabanelli si fosse occupata ancora di Report, quella trasmissione così malfatta non sarebbe venuta fuori, ma questa, ovviamente, è una mia opinione assolutamente personale. Ha ragione, però, il consigliere Siddi, quando spiega che anche la nomina della Gabanelli in questo momento è avvolta in una nuvola complessiva, ragion per cui non si sa per che cosa sia stata nominata e in che maniera. Quella nuova direzione si incardina in un complessivo disegno di rivisitazione del piano. Va bene, bisognava aspettare la convenzione, ma adesso sono passati due anni. Questo mandato, per usare un termine uguale a quello che si usa per il Parlamento, sta per scadere. Speriamo che arrivi questo piano, altrimenti iniziamo veramente a entrare un po’ nel paradosso e nell'indifendibilità.

  ALBERTO AIROLA. Presidente, giusto perché sia chiaro, qui, è vero, non è stato presentato un piano, ma sono state presentate delle linee-guida dettagliate. Volevo rettificare solo questo.

  MAURIZIO GASPARRI. Resto sui punti che sono stati trattati. Devo dire che la cosa che mi meraviglia è che la presidente ci abbia detto nel suo intervento – mi sono segnato alcune cose – di uno scambio di lettere continuo... i tetti hanno danneggiato: ha detto questo prima il collega Airola, ossia che i tecnici come lui non avrebbero lavorato nel mondo della comunicazione. Poi c'è il resoconto, quindi lo troverà.

  ALBERTO AIROLA. Non ho detto questo. Ho detto che gli artisti, compresi i tecnici, non lavorerebbero, perché abbiamo la stessa cassa, l'ENPALS.

  MAURIZIO GASPARRI. Lei è stato danneggiato dal tetto.
  Detto questo, la presidente della Rai con puntualità ci ha detto di aver scritto il 14 novembre 2016 e l'11 aprile scorso e che il Governo non ha mai risposto. Abbiamo fatto una legge, in un clima che è quello che è, caro Freccero, nel Paese. Non voglio fare l'autodifesa dei politici, perché la corruzione che c'è alimenta campagne d'indignazione verso il mondo politico e giustifica un clima. Le cose non nascono da sole. Dopodiché, dovremmo fare un dibattito sul valore del lavoro, delle professionalità e delle competenze. Facciamolo. Volete che si faccia una legge che elimini questo discorso dei tetti, considerato che il dubbio non lo potete risolvere voi? Nel passato alcuni consigli di amministrazione furono inseguiti dalla Corte dei conti per l'assunzione di un direttore generale – non ricordo neanche quale – come se non fosse una decisione plausibile. Non vorrei che poi quelli che prendono zero euro dovessero anche pagare in futuro. Sarebbe il colmo. Anche la storia degli zero euro l'ho sollevata all'inizio del vostro mandato. Sono rimasto solo. Questo non perché 2.000 o 3.000 euro netti cambiassero la vita dei consiglieri a zero euro, ma perché mi pare una demagogia eccessiva. Parlo di voi per non parlare di noi, che comunque siamo, in ogni caso, privilegiati. Mi preoccupa la mancanza di risposte. Sono pronto a discutere di una legge, ma a due condizioni. La prima è che introduciate il rispetto delle norme antidumping. La Rai non può prendere il canone in bolletta e fare il dumping sulla pubblicità, che perdura. Il direttore generale ci ha mentito in questa Commissione. I dati della Nielsen dicono che la Rai continua a fare sconti dell'86 per cento sulla pubblicità. Sono dati Nielsen. Fate qualcosa. Non si può mettere il canone in bolletta, fare il dumping sulla pubblicità e poi non avere il tetto. Tutte e tre le cose insieme non stanno. Se il Giro d'Italia costava 5 milioni – non so se è vero; chiedo alla presidente – l'anno scorso e quest'anno ne costa 12, basta pagarlo come l'anno scorso. Già si ricavano 7 dei 24 milioni che cercava il consigliere Guelfi, il Pag. 26quale ha detto che la porta è 1,80 m. Se sono 24 milioni, gliene ho già trovati 7 di risparmio con il Giro d'Italia. Se non si fa il dumping, altro che il tetto, inseguirete con sacchetti di dobloni tutte queste star. Alcune le conosco, sono lì da anni, per carità. Mi dispiace che se la prendano anche personalmente con ciascuno di noi. Io, che sono della casta, guadagno un decimo di alcuni di loro, mi sento un cittadino privilegiato e sono sopravvissuto bene. Quando poi ci fanno inseguire da loro e dai parenti – è successo anche questo; sì, anche dai parenti – francamente, la cosa è fastidiosa e indispone. Leviamo il dumping e i soldi in più al Giro d'Italia, e vedete che si possono pagare tutti tranquillamente.
  Sulla verità ho avuto una polemica con uno dei conduttori principali, contestando un fatto specifico. È vero il fatto dei vitalizi, ma, quando poi un Giannino va a dire menzogne su Rai Uno in un orario di massimo ascolto e nella precisazione della settimana dopo non smentisce niente, non va bene. Il conduttore che prende molto...

  PRESIDENTE. Minzolini, stiamo ascoltando il collega, per favore!

  MAURIZIO GASPARRI. Grazie presidente, Minzolini ormai si sente un ex parlamentare! Sul conduttore che prende molto, facciamo un discorso complessivo, caro consigliere Freccero, e vediamo. A quel punto, parliamo di tutto. Tutte e tre le cose insieme non funzionano.
  In secondo luogo, sulla questione ANAC e contenzioso non ho potuto leggere dettagliatamente la lettera di Messa. La studierò. Ho dato una scorsa, perché è arrivata poco prima dell'inizio, e devo dire che la condivido. Io stesso mi ero permesso di esprimermi. Alcuni consiglieri hanno letto alcune mie lettere. Questa storia di quello che si è selezionato di padre in figlio mi è rimasta singolare. Il direttore generale qui ha detto, di fronte a mie domande specifiche, che andava bene così. Non sapevo che avesse assunto anche un giornalista, ma può darsi che nella sicurezza possa servire anche qualche giornalista. Cerca le notizie da Dagospia, così fa la sicurezza meglio. Non lo so. Un giornalista è sempre utile. Vorrei capire almeno il direttore generale. Poi Cantone in un'intervista dice che non gli hanno mai risposto. Credo che abbia rifatto una lettera, da quanto ho capito, che ci sia stata una lettera successiva dell'ANAC. A questo punto, mi leggerò la lettera, ma mi pare che sia una sintesi puntuale.
  Il terzo problema riguarda la questione Report e dintorni. Il problema non è della trasmissione. Qualcuno ha detto di non pagare il canone. Mentre ero qui, mia moglie mi ha mandato un messaggino, essendo lei che paga le bollette in casa, e ha scritto: «Hanno abolito Virus. Io non voglio pagare il canone». Non ho sentito affermazioni così nette, presidente Maggioni, come quelle che, giustamente, ha fatto lei. Report c'è da tanti anni. Lunga vita a Report. Poi, se sui vaccini dice delle fesserie, sarà lecito osservare che il servizio pubblico ha una responsabilità maggiore di altri per le ragioni di cui sopra non sono un virologo. Può darsi che Virus l'abbiano abolito perché pensavano che fosse quello il virus e non quello di Report, ma mi sarebbe piaciuto sentire la stessa nettezza di affermazioni, perché non pagare il canone vale. Poi gli ascolti più o meno sono abbastanza bassi. Saranno il 5,8 o il 4,9. Non sono tempi di numeri altissimi.
  Concludo dicendo che, a proposito del direttore generale, qualcuno ha affermato che lo criticano oggi. Io l'ho criticato sempre, con garbo. Potrei fare l'elenco degli errori. Penso a Veltroni in prima serata. Non sono ancora riuscito a sapere quanto abbia preso Veltroni, che prende anche il vitalizio. Chiedo a Mario Giordano, se ci ascolta, di scoprire nel prossimo libro quanto ha preso dalla Rai. Quanto agli altri errori, Verdelli a un certo punto è stato nominato e non andava bene. Penso a Nemo. Oggi non ho sentito dire l'onorevole Lupi che si arrabbia se Nemo va davanti alle loro riunioni, ma Nemo è uno scandalo per gli ascolti e per il costo, non perché va davanti alla sede di AP col carro da morto, che è una cosa non bellissima, non molto elegante. Il problema è il rapporto costi- ascolti, Pag. 27che è un disastro. Lo dico io, così completo il suo intervento.
  Quindi, contesto una serie di errori editoriali. I direttori di rete sono scelti malamente. Sulla questione del virus, in questo caso di Report, forse un direttore o un dirigente... Io credo che Freccero, direttore di rete Rai, sarebbe stato attento. Avrebbe chiamato Garattini, avrebbe chiamato il Policlinico, avrebbe letto l’Enciclopedia Britannica, per capire come stavano le cose. Noi contestiamo una serie di errori e riteniamo che l'audizione ci sia servita a capire che aspettiamo il piano dell'informazione. Aspettiamo con pazienza. Alcuni errori derivano anche dalla legge sbagliata, perché la legge Gasparri è ottima. Lo dicono oggi. È il suo trionfo, pensi, caro Freccero, il fatto che tredici anni dopo l'Autorità delle comunicazioni lo sancisca. Se fosse rimasta in vigore anche nella piccola parte modificata, il consiglio conterebbe di più e il direttore avrebbe sbagliato di meno.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Come è stato giustamente ricordato, questa è la seconda occasione in cui audiamo, come vigilanza, il consiglio di amministrazione, come previsto dalla legge, per la consegna dei tomi, che è ormai diventata un atto praticamente di mera consegna fisica dell'oggetto stesso, ed è un'audizione che deve essere un po’ affinata. Questo era quello che ci eravamo detti anche durante l'audizione precedente. Non credo che l'audizione possa considerarsi come una sorta di riassunto di ciò che è accaduto nei sei mesi in termini anche delle singole dichiarazioni di ogni membro di questa Commissione. Ho sentito che alcuni colleghi hanno fatto una sorta di riassunto delle loro dichiarazioni. Abbiamo cercato, in vista di quest'audizione, come Ufficio di presidenza, di indicare tre questioni su cui chiedere degli elementi di aggiornamento. Da questo punto di vista voglio ringraziare la presidente Maggioni, perché su queste questioni è intervenuta in maniera puntuale. Faccio riferimento a queste tre.
  Per quanto riguarda il piano news, mi sento semplicemente di dire quello che un po’ tutti i gruppi hanno detto a più riprese nel corso delle riunioni dell'Ufficio di presidenza. Fatelo, con tutte le considerazioni che anche oggi abbiamo sentito da taluni consiglieri di amministrazione. I tempi erano stati indicati dai vertici, ossia da voi, nel corso delle audizioni che sono state svolte in Commissione. Il nostro compito è, una volta che l'avete approvato, esprimere poi un parere, ma credo che il nostro compito sia anche quello di sollecitare che questo piano venga presentato. Questo è quanto abbiamo fatto a più riprese. Mi sento di dire, avendo appena fatto il relatore del parere sullo schema di convenzione, che nella convenzione non c'è impedimento. C'è un riferimento. Credo che non sia questo il motivo di una dilazione dei tempi.
  Per quanto riguarda i tetti, ho visto che, giustamente, la presidente Maggioni ha proposto una ricostruzione cronologica e che anche i colleghi che sono intervenuti hanno riproposto ricostruzioni in base al proprio vissuto e in base alle dichiarazioni che hanno fatto nel corso di questa questione, che, in realtà, è all'attenzione del Parlamento e negli atti parlamentari da diverso tempo, dalla discussione e dall'approvazione della legge di riforma della governance. Per quanto mi riguarda, innanzitutto credo che Rai abbia sbagliato – non questo vertice, ma il vertice precedente – quando ha ritenuto che la semplice emissione di un bond esentasse Rai, che è partecipata al 99 per cento dal Tesoro e che è soggetto concessionario di servizio pubblico, dal tetto sugli stipendi. Questa è la prima considerazione.
  Passando alla seconda, credo che Rai – con questo vertice – abbia sbagliato nel momento in cui non ha presentato il codice di autoregolamentazione a cui si è fatto riferimento in tempo utile. Ricordo che è avvenuto il giorno stesso in cui era in votazione la legge sull'editoria con l'emendamento di cui adesso stiamo parlando, perché è entrato in legge. Secondo me, avrebbe dovuto essere presentato prima. Forse avrebbe avuto come effetto anche una dialettica parlamentare differente. Voglio, però, aggiungere – qui mi riferisco anche agli altri colleghi che sono intervenuti su questo punto – che nella discussione sulla legge (almeno, faccio riferimento Pag. 28 alla discussione alla Camera), anche nei materiali preparatori predisposti dagli uffici, non ho letto da nessuna parte che la norma si applicasse automaticamente ai compensi artistici. Mi rivolgo ai colleghi parlamentari che, in un ramo o nell'altro, alla Camera o al Senato, hanno seguito, magari sono intervenuti, hanno fatto emendamenti o hanno fatto interventi: che ci sia la richiesta di un'interpretazione è assolutamente corretto. Credo che non solo, come è stato detto, si tratti di attendere l'interpretazione, ma anche che il tema sia quello dell'applicazione della legge e che, quindi, sia corretto richiedere l'interpretazione e che in ragione di questo ci sia un'applicazione. Poi c'è la necessità di interventi normativi? Non lo so. Quando ho visto quel testo e anche nella discussione che è stata fatta, sinceramente, questo automatismo non l'ho mai riscontrato. Poi ognuno nell'esercizio della propria attività parlamentare si avvale dei materiali predisposti dagli uffici e dal proprio percorso.
  Sulla questione ANAC – è la terza questione – mi sarei aspettato qualcosa in più di una risposta in via di definizione a fronte di un'ulteriore lettera ANAC. Forse sarebbe stato il caso che non intervenisse un'ulteriore lettera ANAC.
  Infine, concludo, presidente, sul tema di Report, che era nelle parole, secondo me correttamente, della presidente Maggioni ed è poi stato ripreso da tanti colleghi. Visto che mi trovo a essere tra i non molti colleghi alla seconda legislatura od oltre – per quanto mi riguarda, è la seconda in Commissione vigilanza – ho memoria, soprattutto nella scorsa legislatura, di quello che è stato richiamato. La trasmissione Report è stata più volte oggetto di attacchi, richieste e censure. Personalmente, come tanti altri colleghi, mi sono trovato più volte a difendere Report, a difendere – mi ricordo – tutta la questione sulla tutela legale che ha riguardato la discussione in questa Commissione a lungo. Mi sono anche ritrovato a criticare alcune cose che riguardavano quella trasmissione, io che l'ho sempre difesa e che lo rifarei, lo rifaccio e sono un sostenitore di quella trasmissione, anche perché la presidente Maggioni ha detto che, se ci sono delle questioni, occorre entrare nel merito puntualmente. Le dico che mi ha colpito su un tema così delicato, come quello dei vaccini – peraltro, questa Commissione si ricorda ancora la vicenda Stamina; avevamo fatto anche un dibattito sulla mancanza di una cultura diffusa scientifica – leggere oggi l'intervista di Ricciardi dell'Istituto superiore di sanità. Alla domanda «Anche lei, però, era stato invitato alla trasmissione. Come mai ha declinato?» Ricciardi ha risposto: «Ai giornalisti di Report non rilasciamo interviste, ci sono stati precedenti spiacevoli. Abbiamo scelto di rispondere per iscritto alle loro domande, in modo che resti la prova di quanto viene affermato e le informazioni non possano essere gestite strumentalmente. Non ci fidiamo più». Che il presidente dell'Istituto superiore di sanità dica «Non ci fidiamo più» mi ha colpito, così come mi ha colpito – mi scusi, presidente, faccio anch'io, per una volta, il 2.0 – un altro fatto. Ho visto rilanciato su Twitter uno scambio su Facebook, il trionfo del 2.0. Nell'intervista di Ranucci lui dice: «Il confronto l'avremmo voluto eccome. Il professor Burioni era stato contattato ma non ci ha mai risposto». Vedo che Burioni ha scritto su Facebook: «Alessandra Borella, quando avrebbe chiesto di parlare con me? Ho ricercato la mail, ma non ho trovato nulla». Risponde Alessandra Borrella: «Le ho mandato un messaggio privato qui, visto che lei è attivo su Facebook, il 2 gennaio, ma, visto che poi in un'altra conversazione sulla sua pagina lei mi ha dato della “capra ignorante”, ho pensato non fosse interessato».
  Queste sono cose pubbliche, che ho visto sui giornali e ho letto sui social, che nulla tolgono all'importanza di una trasmissione come Report. Forse, però, nel merito, nel dettaglio, con grande tranquillità, su un tema così rilevante sarebbe utile verificare e confrontarsi. Questa è una questione tutta aziendale, in cui la politica non c'entra, ma credo che il tema di difendere Report in questo caso un po’ anche da sé stesso sia un tema vero.

  AUGUSTO MINZOLINI. Sarò veloce. Un po’ mi ha colpito una cosa, francamente. Pag. 29Abbiamo affrontato tre argomenti. Il primo argomento era quello del piano dell'informazione. Se ho ben capito, il consiglio di amministrazione sta chiedendo chiarimenti al direttore generale.
  Il secondo argomento è quello sui tetti degli stipendi. Il consiglio di amministrazione sta chiedendo chiarimenti al Ministero dell'economia.
  L'altro argomento è quello dell'ANAC. Il consiglio di amministrazione sta chiedendo chiarimenti all'ANAC.
  Francamente, rimango un po’ perplesso, perché stiamo parlando di un consiglio di amministrazione della Rai che è in carica da un anno e mezzo, anzi da due anni. Siamo a metà del mandato che ha un presidente degli Stati Uniti e mi sembra che siamo fermi. Non attribuisco alcuna responsabilità. Parto dal presupposto, forse a ragione, che questa riforma della Rai che è stata fatta non funziona. Dobbiamo ragionarci, o altrimenti, con questi tempi, non faremo il 2.0 o il 3.0, ma arriveremo al 4.0 e staremo ancora aspettando il piano dell'informazione.
  Per quanto riguarda altri due aspetti, uno è il tetto. La questione del tetto – diciamoci la verità – non è stata posta così. Il tema è stato posto prima dal Governo. Può essere demagogico o meno, ma è stato posto. Poi è passato dal Parlamento e, infine, è arrivato qui. Non è una questione minima, perché anche i 24 milioni di cui parlava il consigliere Guelfi non sono 24 milioni così. Per due anni abbiamo ragionato su una riforma costituzionale che, per quanto riguarda gli stipendi dei senatori, era di 49 milioni. Stavamo parlando solamente del doppio e per due anni siamo stati lì a riguardarci e riguardarci. Abbiamo fatto addirittura un referendum. Quindi, quei 24 milioni in questo Paese almeno credo abbiano una loro importanza, altrimenti non ne parleremmo. Senza entrare nel merito, perché sono tutte cose collegate, andiamo adesso sull'informazione. Per l'informazione del servizio pubblico – non faccio nomi; posso parlare della richiesta dell'ospite che è stato portato a Porta a Porta, il figlio di Riina, e posso parlare di Report – la ricerca dell’audience a tutti i costi è un obiettivo principale o no? Questo è il dato essenziale. Dobbiamo tenere conto se, per caso, il tipo di informazione che è fatta nel servizio pubblico possa essere la stessa che viene fatta dal Sun, tanto per essere chiari. Se andiamo da quel punto di vista, potremo arrivare da qualunque parte. Quello non è possibile, immagino, perché il riferimento che si deve avere è completamente diverso. Mettendo insieme le tre cose, penso che o noi decidiamo realmente di fare una privatizzazione, o altrimenti che sia necessario cambiare, ossia creare tre proposte diverse. Potremmo fare una rete finanziata solo col canone, che abbia dei princìpi rigorosi, e altre due che, invece, vengano finanziate solo con la pubblicità. A quel punto, il discorso che faceva in modo corretto il consigliere Freccero ha una sua logica. Se mettiamo tutte e tre le cose insieme, creiamo il vero male di quest'azienda, ossia un'enorme zona grigia, in cui tutto va fatto o non va fatto secondo gli interessi dell'editore, che è la politica.

  PRESIDENTE. Sono le 16.30. Ci dobbiamo aggiornare, onorevole Brunetta. Ci sono ancora diversi interventi. Non è l'ultimo intervento. Ce ne sono almeno altri cinque.

  RENATO BRUNETTA. Siamo qui per lavorare.

  PRESIDENTE. Dobbiamo votare in Assemblea. È solo per quello. È un fatto di regolamento, non è un fatto di non lavorare. Magari! Per me possiamo continuare tranquillamente fino a due minuti prima del voto. Continuiamo.

  RAFFAELE RANUCCI. Grazie, presidente. Cercherò di essere abbastanza veloce.
  Come prima riflessione, non è prerogativa sempre e soltanto riservata a un gruppo parlamentare il fatto che ci sia un'analisi oggettiva sull'attività della Rai. Più volte abbiamo detto che l'analisi dell'attività della Rai, del consiglio di amministrazione e del direttore generale viene effettuata sulla base Pag. 30dei risultati degli ascolti e dei risultati del bilancio. Il bilancio di quest'anno ha 18 milioni di utile. Il mio collega ha sollevato alcuni punti. Vorrei anche capire, però, se nel 2015 c'erano poste straordinarie, perché non si può guardare un bilancio soltanto sulle entrate, senza vedere se l'anno prima ci fossero delle poste straordinarie o meno, per valutare esattamente investimenti e poste straordinarie dell'anno precedente.
  Aggiungo una piccola battuta. I tomi sono un errore nostro. Li abbiamo voluti noi. Quanto costano questi tomi alla Rai? Facciamocene colpa, visto che sono stato relatore di questo provvedimento. L'abbiamo approvato, io per primo. Questi tomi costano e non servono a nulla secondo me.
  Detto questo, vado avanti. Sul tetto vorrei ricordare a tutti noi che, quando abbiamo fatto la riforma della Rai, fu chiesto di mettere un tetto sugli artisti. Abbiamo detto «no» e sulla riforma della Rai c'era il tetto soltanto per il management e i dipendenti. Poi c'è stata, invece, un'ondata populista. Abbiamo inseguito – noi tutti, come politica – questa ondata, per cui bisognava per forza stabilire che gli artisti dovessero guadagnare tutti nello stesso modo. Ricordo che 240.000 euro possono essere anche tanti per alcuni, perché, se uno è incapace, sono tanti anche 240.000 euro. Su questo fatto del tetto andatevi a leggere quella legge, perché quella legge non lo prevedeva. Credo che dobbiamo assolutamente intervenire proprio perché altrimenti diventiamo seguaci di populismi inutili.
  Sull’audience lo dico spesso: l’audience della Rai, secondo me, è un’audience che va molto bene. Ci saranno programmi che vanno bene e programmi che vanno meno bene, ma, tra telegiornali, fiction e prime serate, nella media credo che abbiamo superato tutte le altre televisioni. Dico «abbiamo» perché credo di sentirmi parte di quest'azienda. Poiché il problema – l'ho già detto un'altra volta – sono gli interventi sulla politica, facciamo una cosa: incominciamo a invitare (ne parlavo prima con qualche consigliere) i politici, soltanto quelli che hanno uno scopo, quelli che hanno presentato un progetto di legge, quelli che sanno ciò di cui parlano. Basta invitare i politici che si mettono lì per fare i tuttologi. Non siamo tuttologi, non siamo lì per parlare «a schiovere», come si dice dalle parti sue, presidente.
  Come ultima cosa, tratto il punto di Report. Penso che la presidente abbia fatto un ottimo intervento, perché ci ha detto che si deve analizzare la specificità punto per punto. Premetto che penso che Ranucci Sigfrido abbia commesso un errore. Penso che sia un ottimo giornalista, ma che abbia fatto una scivolata, perché sulla salute – è stato ricordato il caso Stamina, ma in passato abbiamo seguito santoni e altro – penso che le cose vadano riequilibrate e che vada fatto un pensiero. Perché si fanno questi tipi di trasmissione molto di denuncia e a volte molto gridate? Perché probabilmente anche queste vanno appresso ai populismi, vanno appresso a dei sentimenti. Forse bisognerebbe ragionare un po’ di più, quando si fa una trasmissione di questo tipo.

  RENATO BRUNETTA. Ho avuto modo di ascoltare tutti i colleghi. Mi concentrerò su un solo punto, quello dei tetti. Se non contestualizziamo questo dibattito, probabilmente non ne usciamo.
  Mi sono guardato la recente normativa sulla trasparenza e sui tetti. La presidente Maggioni se lo ricorderà. Data almeno da dieci anni, non dall'ultima norma, ma dalla legge del 24 dicembre 2007, che era la legge finanziaria di Prodi per l'anno successivo 2008, che, guarda caso, mi sono trovato ad applicare, perché in quell'anno divenni ministro della pubblica amministrazione e, come ministro della pubblica amministrazione, fui obbligato ad applicare, per la prima volta, i tetti nel complesso della pubblica amministrazione. La norma prevedeva trasparenza e tetti in misure non definite, ragion per cui furono necessari dei decreti legislativi di applicazione. Non vi dico quello che trovai io, ma fu trovato un algoritmo che definì i tetti. Se ne parla da almeno dieci anni. Da almeno dieci anni da allora io conduco la battaglia sulla trasparenza e sui tetti. Monica Maggioni se ne ricorderà. Devo dire che da dieci anni la Pag. 31Rai – qui sono d'accordo col collega Peluffo – non ha mai risposto. Si è sempre sottratta, ha sempre evitato, ha sempre frapposto pareri legali, ha sempre messo le mani avanti, si è sempre rifiutata non tanto di applicare la legge, quanto di trovare un criterio, un metodo di trasparenza e di corretta remunerazione. Di mestiere faccio l'economista del lavoro e so quanto in un'azienda sia necessario non solo pagare, e pagare bene, i propri dipendenti, ma anche pagarli in maniera giusta ed equilibrata in ragione della loro produttività assoluta e relativa. Ci sono addirittura delle società – chi fa azienda lo sa – come la Hay, che indicano la corretta remunerazione dei dipendenti. Parlo del pubblico e del privato. Se li si paga troppo, si commette un errore nei confronti dell'azienda. Se li si paga troppo poco, scappano e se ne vanno da altre parti, il che è sempre un danno all'azienda. Il dipendente si devi pagare il giusto, correttamente, in ragione della sua produttività assoluta e relativa nella scala della produttività. Purtroppo, questo in Rai non c'è. Allora mi è venuta – lo dico all'amico Freccero – una piccola intuizione. Il meccanismo dei tetti, o il dibattito sui tetti o sui rapporti relativi di remunerazione non esiste solo nel settore pubblico. Esiste da tempo anche nel settore privato. Si è sempre detto: perché l'operaio medio deve essere pagato un duecentesimo o un trecentesimo dell'amministratore delegato? Certamente una differenziazione, un divario salariale e remunerativo ci deve essere, ma non può essere eccessivo. Cosa è successo negli anni della bolla finanziaria? Gli amministratori delegati cosa facevano? Mi vengono in mente delle interconnessioni, dei piccoli cortocircuiti. Cosa facevano? Facevano trimestrali e semestrali preventive da sballo perché, in ragione di queste, venivano date loro le stock option. Dopodiché, incassavano le stock option e, se poi non si realizzavano quelle previsioni, poco male. Si continuava per uno, due, tre, cinque anni, loro mandavano in malora l'azienda e venivano remunerati con le stock option, ma soprattutto il loro comportamento manageriale veniva drogato dalle loro stesse previsioni. Diventavano, cioè, poco professionali. Rischiavano troppo. Perché? Perché dovevano fare il risultato di bilancio, perché sulla base del risultato di bilancio prendevano le stock option, non facendo il bene dell'azienda.
  Cambiate il termine «risultato di bilancio» e metteteci vicino i termini «audience pubblicitaria», «share», «pubblicità». Togliete «stock option» e metteteci «remunerazioni delle star». La cosa è molto sintonica. Si assomigliano molto queste questioni. L'una e l'altra comportano comportamenti devianti, comportamenti drogati, per esprimersi in termini più banali, magari un'informazione che non è informazione, ma punta allo scandalismo o punta all’audience, di cui l'informazione non avrebbe bisogno, o l’infotainment, che mescola le cose, oppure perversioni con la politica, perché poi la stock option delle stock option è anche il consenso politico.
  Io non amo i tetti. Sono un banale liberalsocialista che crede nel mercato, ma che crede anche che il mercato sia un luogo di regole e non di assenza di regole. La mia battaglia, fatta con 3-4 suoi predecessori, presidente, con 3-4 direttori che si sono succeduti in Commissione di vigilanza – ero al Parlamento europeo prima, ragion per cui non potevo intervenire sulla trasparenza, sui tetti, su un criterio – l'ho persa. Sono dieci anni che l'ho persa.
  Caro professore, caro Maestro Freccero, se adesso facciamo questo dibattito è perché c'è una legge, brutta, sporca e cattiva, che ci impone di fare questo dibattito e che impone alla Rai di trovare un criterio sull'informazione, sull’infotainment, su quello che diceva Gasparri, su quella triade, ossia canone in bolletta, cioè tasse, dumping pubblicitario, ancorché negato, e assenza di qualsiasi regola per quanto riguarda la remunerazione dei fattori produttivi.
  Per questo propongo a tutti di fare uno stop, un momento, altrimenti scivoliamo sulla china della demagogia di cui siamo vittime e non possiamo poi essere anche vittime e carnefici al tempo stesso. Purtroppo, succede. Facciamo uno stop, una riflessione. Perché, presidente Maggioni, bravissimi giornalisti guadagnano in Rai 35-40-50-60.000 euro e altrettanto bravi giornalisti Pag. 32 guadagnano dieci o venti volte tanto? Questa dal punto di vista lavoristico è un'aberrazione. È un insulto. Vorrei parlare come il mio amico Lupi: è un insulto. Per questo dico: abbiamo la legge, applichiamo la legge. Questa Commissione di vigilanza si è data un compito, dopo la vostra audizione, di definire una riflessione – cosa che faremo e che penso saremo in grado di fare – più completa e complessiva. Diamo però un segnale che non ci possono essere il caos, l'anarchia, l'opportunismo, la demagogia.
  Vengo pagato tanto perché ho tanta audience. Questo esempio me lo faceva su Giletti l'amico Gasparri l'altro giorno. L’Arena di Giletti è andata in onda due ore dopo la sua solita collocazione temporale e ha fatto la metà di audience. Quindi, molto dipende dalla fascia oraria. Le sappiamo tutti queste cose, me le insegnate voi. Essere drogati dall’audience e remunerati in funzione diretta dell’audience è un errore profondo. Non dico che non ci debba essere il premio per chi è più bravo, per chi fa più audience in termini differenziali, ma non si può fare come hanno fatto i manager che hanno distrutto le loro aziende basandosi su bilanci drogati e previsioni drogate per avere le stock option. Non facciamo lo stesso errore in Rai.
  Aggiungo un ultimo appunto e ho finito. Mi sono ritrovato, nei primi mesi del mio ministero, a dover gestire un pacco di nominativi di quel tipo fatto dal mio predecessore. Erano tutte le collaborazioni per gli enti pubblici di professionisti, architetti e consulenti. Non se lo filava nessuno questo documento. Ho messo tutto online. Non ho considerato i pareri che anche nel mio ministero mi venivano dati (stavo per dire un'altra cosa). Questo è diventato un elemento straordinario di moralizzazione. Non si capisce perché un comune con 6.000 dipendenti debba prendersi un architetto esterno per progettare delle fioriere davanti al comune. Di questi casi ce n'erano decine di migliaia, per 4 milioni di collaborazioni nel campo di tutta la pubblica amministrazione, pari a decine di milioni di euro di spese. Ovviamente, erano tutte marchette, tanto per esprimersi in termini generali, perché l'architetto che progettava le fioriere per il tal comune, quando dentro l'ufficio tecnico del comune c'erano 50 architetti, era chiaramente una marchetta di tipo politico-elettorale o personale.
  Per favore, presidente Maggioni, faccia come fece il giovane Brunetta allora: metta tutto online e poi lasci che le analisi, le presenze e le remunerazioni vengano analizzate, clusterizzate e valutate. Questo stesso elemento sarà un elemento di moralizzazione, ma anche di valutazione di produttività, di efficienza e di trasparenza.

  PRESIDENTE. Dobbiamo interrompere la seduta perché ci sono votazioni in Aula. Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.50.