XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 152 di Mercoledì 29 marzo 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti del consorzio Polieco (Svolgimento e conclusione) :
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Bobbio Enrico , presidente del Consorzio Polieco ... 3 
Puppato Laura  ... 5 
Bobbio Enrico , presidente del Consorzio Polieco ... 5 
Salvestrini Claudia , direttore del Consorzio Polieco ... 5 
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 
Salvestrini Claudia , direttore del Consorzio Polieco ... 6 
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 
Salvestrini Claudia , direttore del Consorzio Polieco ... 6 
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 
Salvestrini Claudia , direttore del Consorzio Polieco ... 6 
Puppato Laura  ... 6 
Salvestrini Claudia , direttore del Consorzio Polieco ... 6 
Puppato Laura  ... 6 
Salvestrini Claudia , direttore del Consorzio Polieco ... 6 
Bobbio Enrico , presidente del Consorzio Polieco ... 8 
Salvestrini Claudia , direttore del Consorzio Polieco ... 8 
Bobbio Enrico , presidente del Consorzio Polieco ... 8 
Salvestrini Claudia , direttore del Consorzio Polieco ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Puppato Laura  ... 9 
Bobbio Enrico , presidente del Consorzio Polieco ... 9 
Puppato Laura  ... 9 
Bobbio Enrico , presidente del Consorzio Polieco ... 9 
Salvestrini Claudia , direttore del Consorzio Polieco ... 9 
Bobbio Enrico , presidente del Consorzio Polieco ... 9 
Salvestrini Claudia , direttore del Consorzio Polieco ... 10 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 10 
Salvestrini Claudia , direttore del Consorzio Polieco ... 10 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Salvestrini Claudia , direttore del Consorzio Polieco ... 11 
Braga Chiara (PD)  ... 11 
D'Alessandro Ferdinando , membro dell'organo di controllo del Consorzio Polieco ... 11 
Braga Chiara (PD)  ... 12 
D'Alessandro Ferdinando , membro dell'organo di controllo del Consorzio Polieco ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
D'Alessandro Ferdinando , membro dell'organo di controllo del Consorzio Polieco ... 12 
Salvestrini Claudia , direttore del Consorzio Polieco ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Bobbio Enrico , presidente del Consorzio Polieco ... 12 
D'Alessandro Ferdinando , membro dell'organo di controllo del Consorzio Polieco ... 12 
Salvestrini Claudia , direttore del Consorzio Polieco ... 12 
Bobbio Enrico , presidente del Consorzio Polieco ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 

(La seduta, sospesa alle 9.35, è ripresa alle 14.15) ... 12 

Audizione di rappresentanti di Ecopneus (Svolgimento e conclusione) :
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 18 
Carrescia Piergiorgio (PD)  ... 18 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 18 
Carrescia Piergiorgio (PD)  ... 18 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 18 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 20 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 20 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 20 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 20 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 21 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 21 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 21 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 21 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 22 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 22 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 22 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 22 
Pepe Bartolomeo  ... 22 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 22 
Pepe Bartolomeo  ... 22 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 22 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 23 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 23 
Bratti Alessandro , Presidente ... 24 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 24 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 24 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 24 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 25 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 25 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 26 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 26 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 26 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 26 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 26 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 26 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 26 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 26 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 26 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 26 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 27 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 27 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 27 
Corbetta Giovanni , direttore generale di Ecopneus ... 27 
Bratti Alessandro , Presidente ... 27 

(La seduta, sospesa alle 15.25, è ripresa alle 15.35) ... 27 

Comunicazioni del presidente:
Bratti Alessandro , Presidente ... 27 

(La seduta termina alle 15.40) ... 27

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti
del consorzio Polieco.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti di Polieco, che ringrazio della presenza. È presente il dottor Enrico Bobbio, presidente del consorzio, accompagnato da Claudia Salvestrini, direttore del consorzio, e dal dottor Ferdinando D'Alessandro, membro dell'organo di controllo del consorzio.
  L'audizione odierna si inserisce nell'ambito dell'approfondimento che come Commissione stiamo svolgendo sul mercato del riciclo, con particolare riguardo all'attività dei consorzi che hanno la gestione di parte di questi materiali. Come già comunicato ai nostri auditi per le vie brevi, la Commissione è interessata ad approfondire i temi delle verifiche e dei controlli effettuati sulla governance della struttura, in particolare sul rispetto dei requisiti minimi dei sistemi collettivi, delle modalità del controllo e della verifica sul raggiungimento degli obiettivi di raccolta e sulla qualità del trattamento dei rifiuti, delle tipologie di verifiche effettuate sui bilanci e sui dati economici comunicati all'autorità di controllo, dell'esistenza delle criticità della filiera, in conseguenza delle quali avviene una fuoriuscita di rifiuti dal circuito dei consorzi.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione, dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo di depurazione delle acque.
  Avverto infine i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte dal segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Voi siete già stati auditi in precedenza, ma in questo caso, come abbiamo detto, stiamo facendo il punto sulla situazione del mercato del riciclo, ascoltando i vari attori, quindi sia i consorzi di filiera che alcune imprese; stiamo cercando di fare il punto anche alla luce di una discussione, che in questi giorni si sta avviando al Senato, riguardante un'eventuale riforma del sistema, di cui ci interessa capire criticità, punti di forza e di debolezza; poi, ovviamente, vi verrà fatta qualche domanda da parte dei commissari. Lascio quindi la parola al presidente del consorzio Polieco, Enrico Bobbio.

  ENRICO BOBBIO, presidente del Consorzio Polieco. Grazie, presidente Bratti, grazie a tutti. Per noi è sempre un piacere e un onore essere auditi da questa Commissione: ormai è una tradizione. Siamo già stati auditi diverse volte e ogni volta ciò è servito anche a noi; spero che le notizie Pag. 4che già in passato abbiamo cercato di trasmettere a questo alto consesso abbiano dato se non un aiuto, perlomeno uno stimolo alla attività in essere; per noi è importante sentirci guardati, osservati, perché viviamo un mondo particolare, il mondo dei rifiuti, che se non fosse tale, non vedrebbe l'esistenza di una Commissione di inchiesta bicamerale ad analizzarlo. È un mondo particolare perché, purtroppo, c'è una serie di fenomeni ai quali la maggiore conoscenza e la modernizzazione delle norme non riescono a stare dietro: è una corsa involuta, cioè noi andiamo avanti, però c'è sempre qualcuno che va più avanti di noi. Ci sono interessi di grossa entità in gioco e questa è la particolarità, quindi, sentirci seguiti spesso ci aiuta su tante cose.
  Noi vi abbiamo consegnato un documento di sintesi, che per le domande specifiche e particolari che avevate citato nella richiesta è stato utile anche per noi, in quanto ci ha spronati a dare un senso analitico a una serie di problemi: è stato uno spunto positivo. Chiaramente, abbiamo cercato di essere il più esaustivi possibile, ma senza fare un volume enciclopedico; siamo comunque a vostra disposizione per qualunque suggerimento, richiesta di chiarimenti e di altri dettagli.
  Vado per estrema sintesi perché le cose importanti sono state scritte. Ci muoviamo in un settore molto particolare. Io vi ho mandato una slide perché il presidente Bratti diceva che il Senato sta guardando alle prospettive di questi settori. Ciò è importante, infatti, se vi dovessi chiedere cosa sono i beni in polietilene, già qui si ha un problema e si comincia ad andare in tilt, cioè su cosa sia un bene, cosa sia un imballaggio, cosa sia un automotive, cosa sia un RAEE: già tutto ciò diventa estremamente complicato.
  La prima cosa della quale sentiamo il bisogno, è di tornare agli albori. Quando questo problema del riciclo, del riutilizzo, del non spreco di materia prima è nato, c'è stato un vizio di forma che non smetterò mai di evidenziare: perché gli imballaggi? Dobbiamo andare per materiale, laddove riusciamo a captare il sistema del riciclo sui materiali in partenza (il ferro, l'alluminio, il rame, la plastica, il vetro, la carta); si riesce, allora, a vedere tutto questo in un sistema organico e diventa tutto più semplice, tutto automatico. La plastica, per esempio, è un po’ bene, un po’ imballaggio, ma quando è bene e quando è imballaggio? C'è sempre un'area grigia, che purtroppo non fa altro che favorire gli equivoci e il malaffare. Pertanto, una delle raccomandazioni in base alla poca esperienza che abbiamo è questa: se studiate qualcosa, se pensate a qualcosa, studiate e pensate per materiali. Questa è l'unica soluzione più semplice: tutto il resto è una complicazione della vita.
  Vado per estrema sintesi. Noi ci occupiamo di beni in polietilene, che è la materia plastica più ambientalmente corretta perché è quella più riciclabile, quella che da sempre è stata riciclata; peraltro, in una nazione come la nostra il polietilene è petrolio, tant'è vero che c'è una grossa incetta nei mercati esteri di questo prodotto perché per le nazioni che non hanno materie prime, ad esempio la Cina, che non ha idrocarburi, importare carta o plastica è importare energia: nel caso della plastica, quindi, è importare petrolio. Insomma, oltretutto, c'è anche questa ricerca disperata di materiali.
  Per noi che non abbiamo materie prime, il mercato del polietilene è 2.500.000 tonnellate di prodotto su una produzione di materie plastiche di 5 milioni, quindi, direi che la fa da padrone, ma che cos'è un bene? Tutto ciò che è nell'uso quotidiano, che però normalmente si trova nel rifiuto speciale, è difficile che sia assimilato al rifiuto urbano: diciamo che ciò è molto marginale. Noi stiamo facendo dei grossi sforzi con le municipalizzate, con il sistema pubblico, affinché questo prodotto venga in qualche modo classificato a parte perché, altrimenti, una volta mescolato con tutto il sistema, diventa difficile lavorarlo. Vi dico solo due o tre particolarità che ci distinguono dagli altri sistemi. Siamo un sistema unico perché abbiamo scelto – perché il materiale ce lo consentiva, perché il mercato ce lo consentiva, perché il sistema ce lo consentiva – di non intervenire mai in maniera diretta sul sistema di gestione di Pag. 5questa filiera del rifiuto, bensì di intervenire solo e solamente nella regia. In particolare, ci sono gli impianti vocati, ci sono le persone vocate, ci sono le aziende vocate. Noi ci siamo affidati completamente al sistema e di questo dobbiamo essere grati e riconoscenti perché, in questo modo, siamo riusciti a contenere i costi, che alla fine ricadono sul sistema industriale. I nostri costi, quindi, sono dalle 10 alle 15 volte più bassi del sistema tradizionale, che gestisce in maniera diretta. Questo è un primo...

  LAURA PUPPATO. Scusi, ci può fare un esempio, anche numerico, per farci comprendere questo valore?

  ENRICO BOBBIO, presidente del Consorzio Polieco. Non avendo l'incombenza di operare, i materiali vengono raccolti, poi vengono selezionati, poi vengono trattati. Se nella filiera nostra dovessi fare tutto questo processo, i costi sarebbero sicuramente superiori rispetto alla media del mercato perché – lei mi insegna – un imprenditore non dorme la notte per capire come risparmiare un centesimo, altrimenti va fuori mercato per la concorrenza. Questo tipo di gestione ci ha portato delle soluzioni, ma ci ha creato anche dei problemi. È vero che noi abbiamo sempre operato nel senso del controllo, ma non dimentichiamo che la responsabilità del rifiuto, da un punto di vista giuridico, civile e penale, resta in capo a noi.
  Cosa vuol dire questo? Che noi abbiamo dovuto lavorare moltissimo, dispiegando tutte le nostre energie sulla formazione, sull'informazione e sui controlli, nonché sulla tracciabilità dei rifiuti. Tutto questo sistema funziona solo se è messo in atto un sistema di tracciabilità. Tutte quelle leggi che sono fatte, anche in buona fede, per cercare di snellire o di ridimensionare questo processo, da una parte risolvono un problema, dall'altra parte mettono in atto dieci ulteriori problemi perché se perdi la tracciabilità del rifiuto, tutto il lavoro, cioè sia chi lavora bene, sia chi lavora male, si confonde. Di qui la necessità della tracciabilità, la necessità dei controlli e la necessità di capire, di sentire, di abituare le nostre aziende a comunicare cosa fanno del rifiuto, dove va il rifiuto e perché va così, cioè tutte cose che, apparentemente, sembrano di dettaglio, ma invece sono fondamentali.
  In questo modo abbiamo potuto concentrarci e avviare un'esperienza, che poi la dottoressa Salvestrini vi spiegherà in maniera più articolata, che ci distingue dagli altri sistemi: non dovendo gestire noi in maniera diretta, noi gestiamo il mercato sotto forma di controllo e attenzione per quello che vi succede. Tutto quello che vedete sui giornali, il traffico sui rifiuti, i rifiuti che vengono e spariscono, sono tutti figli di questo sistema che ha necessità di essere controllato.
  Poi cosa succede? Succede che i Paesi emergenti, i Paesi che hanno bisogno di petrolio, vedono nelle materie plastiche il sistema più comodo perché, oltre a non pagare la componente petrolifera nella fabbricazione, addirittura ne traggono un beneficio. Il nostro più grande impegno, lo ripeto, è nel discorso del controllo verso terzi. In questa discussione vorrei passare la palla alla dottoressa Salvestrini per due o tre flash.

  CLAUDIA SALVESTRINI, direttore del Consorzio Polieco. Buongiorno e grazie. Vorrei fornire due dati. L'andamento 2015 del consorzio Polieco ha portato, su un immesso al consumo di 950.000 tonnellate, a quantizzare un avvio al riciclo (per avvio al riciclo non intendo il riciclato, bensì un avvio, quindi una raccolta e una preparazione al riciclo di materiali) di 443.230 tonnellate, mentre di effettivo riciclato, quindi di granulo, cioè di rifiuto che è ritornato ad essere una materia prima rigenerata, 332.405 tonnellate, quindi con una percentuale di riciclato del 34,9 per cento, ben al di sopra di quelli che sono gli obiettivi previsti da obbligo di legge.
  Perché parto da questo dato? Perché quando prenderete in mano la relazione, vi ritroverete la tabella dello studio fatto dalla Ecocerved a proposito dei MUD e, come vedrete, nel quantitativo della plastica c'è proprio una congruenza tra i dati di Polieco e i dati dei MUD. Questo ci rincuora perché uno degli annosi problemi che abbiamo Pag. 6 in questo momento è proprio la certificazione dei dati, cioè noi spaziamo su dei numeri che spesso sono riportati non in modo preciso e puntuale.
  I MUD sono lo strumento idoneo, però vorrei dire a chi è vocato a far questo, cioè all'ISPRA, di interfacciarsi anche con i consorzi perché lo scambio dei numeri ci dà l'indice di quanto siamo fuori dalla reale percentuale, ovvero di quanto possiamo avere dati diversi rispetto a quelli che ha l'ISPRA. Credo che, nelle more di una rivisitazione, anche da un punto di vista di modifica legislativa al 152 sui consorzi, ci sia la richiesta precisa di certificare i dati e di vedere da dove arrivino.
  Coma funziona, poi, il consorzio sul versante dei controlli? Abbiamo delle imprese ed è ovvio che i controlli avvengano per i produttori di beni perché per noi il determinante punto di partenza è l'immesso al mercato: se non si parte da quello, non si capiscono gli effettivi numeri. Attenzione, però, perché i consorzi possono vedere quello che hanno come dichiarazione dei produttori loro iscritti, il che significa che per chi non è iscritto, vuoi perché non si vuole iscrivere, vuoi perché non riconosce il consorzio, i dati non si conoscono. Per questo motivo diamo il mandato ad enti preposti per verificare l'effettivo immesso al consumo, altrimenti dichiarerei solo ciò che mi dichiarano. Fornire come dato di immesso al consumo solo quello che tu ricevi come contributo ambientale, è fuorviante: dobbiamo vedere l'insieme.

  PRESIDENTE. Scusi, l'iscrizione al consorzio è obbligatoria?

  CLAUDIA SALVESTRINI, direttore del Consorzio Polieco. Sì, è obbligatoria fino a che non esisteranno sistemi alternativi riconosciuti.

  PRESIDENTE. Quindi oggi, da un punto di vista normativo, si prevede che i produttori di polietilene debbano iscriversi per forza al consorzio, in quanto non esistono i beni.

  CLAUDIA SALVESTRINI, direttore del Consorzio Polieco. Esattamente.

  PRESIDENTE. Anche per il riciclato è così?

  CLAUDIA SALVESTRINI, direttore del Consorzio Polieco. Per i riciclatori sì: è per i raccoglitori che è volontario (altro annoso problema su cui poi vi dirò perché oggi ci avete chiesto punti di criticità e punti di funzionalità del sistema).

  LAURA PUPPATO. Perché lei allora dice di avere i dati di quelli...

  CLAUDIA SALVESTRINI, direttore del Consorzio Polieco. Perché abbiamo delle aziende che non si sono ancora iscritte e che quindi non dichiarano nulla: non pagano il contributo e quindi evadono.

  LAURA PUPPATO. Di cosa stiamo parlando in termini percentuali?

  CLAUDIA SALVESTRINI, direttore del Consorzio Polieco. No, non è un'altissima percentuale, però l'ho inserita nella scheda, al punto 5, nella quarta pagina: la compagine associativa. Lei noterà che c'è il cento per cento dei riciclatori, il 90 per cento dei raccoglitori (che però con la modifica fatta al 234 sono diventati volontari), l'80 per cento dei trasformatori. Come vede, quindi, è un 20 per cento di evasione: non è tantissima, però è un 20 per cento ed è obbligatorio. Questo è il motivo per cui, a tutela di chi era iscritto e rischiava di uscire da una concorrenza leale, proprio perché obbligatorio, ci siamo spesso visti costretti a segnalare alcune posizioni alla Guardia di finanza, in quanto il contributo non è gestione della Guardia di finanza, ma lo è l'IVA ad esso connessa, quindi c'è tutto un sistema di fiscalità. Detto questo, ritornando alla tracciabilità, partiamo dai dati dell'immesso al consumo per arrivare poi alla raccolta. Quando è stata fatta la modifica al 234, che ha messo la volontarietà ai raccoglitori trasportatori, si è aperta una voragine perché è agevole monitorare chi raccoglie: dal raccoglitore hai un'esatta disamina Pag. 7 di ciò che viene raccolto e dove viene conferito perché seleziona, raccoglie e poi lo conferisce all'impianto di riciclo, a quale impianto di riciclo, in che quantità. Venendo, però, meno tutto questo, io ho un buco nella tracciabilità del rifiuto, per cui adesso mi ritrovo il produttore del bene e il riciclatore finale o recuperatore. Negli impianti di riciclo come avviene la nostra ispezione? Avviene attraverso i libri di carico e scarico perché dal libro di carico intuisco chi è che conferisce al riciclatore; ricordatevi che dal conferitore si capisce bene la tipologia del rifiuto che da esso deriva, quindi, se il conferitore è una municipalizzata, è ovvio che siamo di fronte a una prevalenza di imballaggi, cioè a un codice CER 150206 o 150102, quindi imballaggi; tuttavia, laddove il conferitore è un'azienda agricola, un artigiano o un industriale, siamo di fronte a un'altra tipologia di rifiuti e quindi ad un altro codice CER. Da questo vediamo la disamina relativa a come viene trattato il rifiuto, quindi se si ha l'impianto di lavaggio, qual è la capacità dell'impianto e via dicendo: non basta capire la bolletta elettrica, che è uno dei tanti aspetti, ma sono soprattutto gli elementi di scarico dell'azienda ad essere importanti, per sapere dove viene conferito il riciclato. Un riciclato che proviene da un rifiuto agricolo, non potrà mai andare ad essere utilizzato per articoli o prodotti che siano a contatto con alimenti, con giocattoli. Soprattutto, serve capire dove va a finire la frazione che non si considera facilmente riciclabile o economicamente vantaggioso riciclare, quindi che va a produrre CDR: dove viene portata, con quale modalità?
  Da questo tipo di controllo sono emersi diversi problemi, presidente. Il primo è che sovente si assiste ad un cambio codice troppo facile. Questo è preoccupante perché finché si tratta di scarti che provengono da una zona artigianale, commerciale, industriale ben identificata che possono essere secondari, terziari (cappucci, copripallet), che si integrano con gli imballaggi, ciò mi può anche andare bene; diverso è quando un telo da serra entra in una piattaforma con il codice 15, ovvero una rete per l'agricoltura o un tubo per acque fognarie, che mi possono compromettere la bontà del raccolto e, soprattutto, la tipologia che da questa piattaforma fuoriesce.
  La facilità con cui si cambia il codice CER può far passare un rifiuto da pericoloso a non pericoloso, facendo sì che questo sia trattato come tale, ma andando contaminare tutta la frazione buona della raccolta. Questo è un aspetto importante nelle piattaforme di selezione ed è un problema che ne fa scaturire altri, che poi alimentano il mercato dell'illegalità.
  Se io seleziono rifiuti (parlo di impianti di selezione che raccolgono sia gli urbani che rifiuti da piazzole private), troverò sicuramente degli imballaggi, che seguiranno la via degli imballaggi e poi il cosiddetto MTO, che una volta si chiamava plasmix, a fine nastro. Se voi andate ad analizzare quella frazione, nel riselezionarla ci ritroveremo a almeno un altro 40-50 per cento di rifiuto buono da rigenerare, invece questo viene messo in quel mare magnum con un codice che è l'insalata russa dei rifiuti: il 19. Ciò può anche starmi bene, però chi ha autorizzato presso la piattaforma di selezione di cambiare il codice? Il codice CER si cambia soltanto nella misura in cui hai una autorizzazione in ordinaria, in R12, altrimenti non lo puoi cambiare. Se ti entrano mele gialle, rosse e verdi e tu le selezioni, sempre mele escono; se ti entrano imballaggi e selezioni imballaggi, ti escono imballaggi, non un 19; ti esce un 19 quando tu hai più materiali in ingresso, che alla fine della selezione sono mescolati (cosiddetti «miscelati»).
  Dico questo perché questa assuefazione a cambiare codici e ad assimilare molti rifiuti speciali negli urbani, ci fa perdere, come consorzio Polieco, tanta quantità di rifiuti, per cui i nostri obiettivi di riciclaggio sarebbero più alti se riuscissimo ad intercettare fin dall'origine questi rifiuti.
  C'è un altro aspetto importante: questi rifiuti dovrebbero poi essere conferiti a impianti che producono o riselezionano CDR o CSS di qualità. Anche qui, in diverse occasioni – tutte segnalate, peraltro, quindi non dico nulla di nuovo – abbiamo visto che spesso questo fine nastro viene ceduto Pag. 8a Paesi terzi e viene spedito con un codice 19: una volta, ma oggi il sistema è cambiato. Il sistema delle triangolazioni è uno dei sistemi con cui partono questi rifiuti, ma oggi questi rifiuti partono con la dicitura scrub e come sottoprodotto, il che vuol dire che esso non viene più nemmeno gestito come rifiuto, ma come merce. Quest'ultimo, quindi, dalla piattaforma alla destinazione finale, fa perdere totalmente la tracciabilità del sistema. Nelle more di una rivisitazione di questo tipo, vi invito anche tenere conto di questi aspetti.
  Considerate anche che il DM appena fatto dal Ministero dell'ambiente su controlli e ispezioni, in risposta alla Comunità europea, ha in parte aiutato perché si prevede un minimo di 100 ispezioni l'anno; tuttavia, se si prevedono alcune fattispecie, mi fa però paura l'avere escluso alcuni codici CER dall'allegato. Annoveriamo tutti i codici CER dei rifiuti nell'ambito delle esportazioni: nessun codice è escluso. Se andate a vedere in tutti questi anni l'esportazione, l'unico codice che non è mai stato trovato è lo 02, non perché non venisse esportato ma perché veniva contraffatto con il codice 15. Annoverare tutti i codici CER sarebbe stato l'auspicio di questo DM, che peraltro nasce in un momento favorevole perché pone l'attenzione su questo problema, tutt'altro che risolto.

  ENRICO BOBBIO, presidente del Consorzio Polieco. A questo proposito, abbiamo fatto una segnalazione dettagliata al Ministero e, se la cosa può essere utile, la gireremmo anche a voi perché più siamo su questo tipo di problema meglio è. La mia non vuole essere una critica, ma soltanto la constatazione di chi è addetto ai lavori relativamente a quali siano i problemi, che a volte vengono evidenziati in maniera un po’ strana solamente perché non si è direttamente sul campo di battaglia.

  CLAUDIA SALVESTRINI, direttore del Consorzio Polieco. Mi farebbe piacere mostrarvi il database di tutte le società estere che, in questi anni, sono state esaminate grazie agli allegati 7, società che noi abbiamo personalmente visitato; riscontrereste che almeno l'80 per cento dell'esportato è finito in aziende non idonee a ricevere i rifiuti: l'80 per cento è all'estero! Ovviamente, se vorrete anche visitare qualche impianto di riciclo noi siamo disponibili, ma non vi diremo noi né il nome, né la tipologia poiché sarete voi, eventualmente, ad indicarcelo.

  ENRICO BOBBIO, presidente del Consorzio Polieco. Noi abbiamo un database che mettiamo completamente a vostra disposizione e saremmo onorati, nel lavoro che abbiamo fatto, se un giorno la Commissione volesse venire a visitarci. Ci hanno già chiesto di far ciò quelli dalla RAI e ci hanno chiesto questo documento tutti, ma noi non lo diamo perché è nel patrimonio di Polieco. Tuttavia, penso che sia un documento che potrebbe essere utile a una Commissione come la vostra, quindi lo mettiamo completamente a vostra disposizione.

  CLAUDIA SALVESTRINI, direttore del Consorzio Polieco. In questo database ci sono foto e video, nomi e aziende italiane che conferivano; sono stati visitati anche gli impianti finali di destinazione di questo pseudo-rigenerato, non controllato, quindi con i prodotti finiti che poi rientravano a noi. A fronte di questo studio, mi sono permessa di trasmettere i dati anche al Ministero della salute perché quando un manufatto ritorna in Italia, a fronte di aziende italiane leader in alcuni settori, che quindi si vedono arrivare tipologie di prodotti analoghi ai loro a costi sicuramente inferiori, ciò avviene non perché in Cina la manodopera costi meno, non perché in Cina l'energia costi meno, ma perché in Cina non si rispettano le regole. È ovvio, quindi, che questa è una concorrenza sleale, con ricadute anche sulla collettività. Un altro problema che vorrei sottoporre a questa Commissione (tra l'altro, mi trovo anche estremamente concorde con l'ultima intervista fatta dal presidente Bratti ad Avvenire, laddove parla di fatti e circostanze precise su questo fenomeno) riguarda il fatto che non è assolutamente finito il traffico nazionale dei rifiuti (altro Pag. 9annoso problema). Proprio ieri ho potuto prendere conoscenza del fatto che un'area posta sotto sequestro nel 2012, è stata di nuovo teatro di sversamenti di rifiuti pericolosi, laddove non c'erano solo altre tipologie di rifiuti ma anche i rifiuti di competenza Polieco, in quanto vi erano scarti industriali plastici. Allora, non vale più neanche la pena di sequestrare le aree in cui questi signori continuano a fare terra di nessuno, in una terra già martoriata come la Campania. Pertanto, bisogna sì modificare i consorzi, cercando di riportarli, se verranno tenuti, al loro compito primario, quindi di controllo, di verifica e non di gestione, ma soprattutto – permettetemi – porre attenzione all'erogazione di contributi a pioggia, controllati in alcuni casi e poco controllati in altri, che hanno fatto sì che la materia plastica in Italia sia la più economica di tutta Europa. Stanno venendo dall'estero per comprare in Italia proprio perché in Italia la plastica costa meno che negli altri Paesi europei, di conseguenza si aprono appetiti e corse a queste aste, portando via materia prima ai nostri riciclatori. Noi abbiamo impianti di riciclo che chiudono perché non hanno materiale e questo è un problema che tutti ci dobbiamo porre perché è un danno all'economia e a questo settore. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie dell'illustrazione. Lascio ora la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LAURA PUPPATO. Ci avete dato molti elementi e quindi mi riservo di leggere la vostra relazione. Vi invito anche a mandarci quel database di cui siete in possesso, insieme con le comunicazioni fatte al DM del Ministero, avendovi rinvenuto alcuni elementi di debolezza. Io sono a chiedervi alcune cose. In Commissione ambiente, di cui faccio parte, ieri abbiamo iniziato un lavoro relativo alla termodistruzione, cioè a tutta quella quantità di rifiuto che non viene opportunamente utilizzata per lo scopo che dovrebbe avere, quello del riciclo e quindi del riuso nell'ambito dell’end of waste, il recupero da rifiuto, nonché dell'economia circolare, ma che viene reimmessa come CSS piuttosto che nell'ambito dei prodotti da bruciare. Non so se abbiate scritto qualcosa in relazione a questo nella vostra relazione, che non ho ancora avuto il tempo di leggere e quindi ve lo chiedo in modo che rimanga anche a verbale, ma da questo punto di vista cosa potete dirci? Alcune cose le avete accennate, però vorrei capire meglio se ci sia una parte di polietilene che voi ritenete debba essere (ad esempio, è il caso che avete rappresentato dei teli di agricoltura) preferibilmente inviata, anche in relazione alla vostra analisi, attraverso questa formula, ovvero se ciò sia uno spreco, nel senso che avremmo delle opportunità diverse e non le utilizziamo per delle ragioni che andrete a spiegarci. Siccome quella è l'ultima parte, anche dal punto di vista della direttiva europea dell'utilizzo del rifiuto, è bene sapere quali siano le corrette procedure per garantire la maggior quantità di riciclo possibile. Grazie.

  ENRICO BOBBIO, presidente del Consorzio Polieco. Io penso che il problema che lei pone sia molto importante perché stiamo parlando della materia plastica più facilmente riciclabile.

  LAURA PUPPATO. Anche della più infiammabile perché è petrolio!

  ENRICO BOBBIO, presidente del Consorzio Polieco. Esatto, quindi, alla fine, l'ultimo riciclo può essere la produzione di energia, ma questa è l'ultima ratio. Le garantisco – non posso però darle la percentuale, che una grossissima parte si riporta ancora a materia. Comunque ci rendiamo disponibili per ogni ulteriore approfondimento in merito.

  CLAUDIA SALVESTRINI, direttore del Consorzio Polieco. A tale proposito, mi impegno a mandarle una nota esplicativa anche sulle quantità che si riscontrano di frazione facilmente riciclabile, che invece prende la via della termovalorizzazione.

  ENRICO BOBBIO, presidente del Consorzio Polieco. Perché è più comoda.

Pag. 10

  CLAUDIA SALVESTRINI, direttore del Consorzio Polieco. Tenga presente che il polietilene è altamente infiammabile, come tutte le materie plastiche, quindi fa aumentare il prestigio perché lei sa che il valore di un CDR in CSS di qualità, è dato anche dal grado di calorie. Posso dire che c'è una voglia spasmodica di trovare pneumatici o plastica perché questi materiali fanno alzare il potere calorico del CDR in CSS e quindi la resa, a fronte, poi, di così tante quantità che prendono la via della termovalorizzazione, che invece, al contrario, dovrebbe essere l'ultima ratio: ciò mi preoccupa enormemente. Non vorrei, infatti, che mentre, da una parte, ci spingiamo contro i traffici illeciti, il traffico illecito poi avvenisse in casa nostra termovalorizzando.

  ALBERTO ZOLEZZI. Lei ha fatto un esempio su un dato che stavamo analizzando, cioè su questa vittoria delle aste da parte di società estere per accaparrarsi la plastica italiana. Volevo sapere se avete qualche dato più analitico, se avete la percentuale di come viene distribuita la vittoria, sull'accaparramento tra italiani e esteri, nonché se avete, in termini finanziari, le cifre (quanto si paga in meno rispetto ai Paesi esteri). Dagli appunti che ci avete consegnato mi sembra che emerga anche una difficoltà di riconoscimento, talvolta fra rifiuti di polietilene e imballaggi in polietilene, tra ciò che dovrebbe essere assegnato ai due principali attori, cioè Polieco e COREPLA. Pensate che sia un problema di riconoscimento, avete qualche idea di come migliorare questo problema, oppure, secondo voi, è invece semplicemente una cattiva volontà? Vorrei anche chiarire meglio il vostro giudizio sulla normativa, in particolare sul DM 264 sui sottoprodotti, se cioè questo potrà influire sul vostro settore e se nella segnalazione delle criticità abbiate segnalato questa differenza tra beni e imballaggi, come vi ho chiesto prima. Ci interessa capire se avete qualche ulteriore dettaglio in merito.
  Per quanto riguarda l'estero, vorrei sapere se avete qualche dato su quei Paesi che in particolare ricevono in maggiore quota lo scrubber o i sottoprodotti, nonché se siate protagonisti o siate a conoscenza di sperimentazioni per ottimizzare il recupero di materia da queste frazioni plastiche, che sarebbero più facilmente recuperabili o possibilmente recuperabili invece che inviate a incenerimento.

  CLAUDIA SALVESTRINI, direttore del Consorzio Polieco. Io cerco di fare un discorso che mi permetta di rispondere a tutte le domande, che hanno un filo logico. In merito al concetto tra bene e imballaggio, i due consorzi hanno fatto diversi gruppi di lavoro proprio per partire dall'origine: io che produco il bene, cosa sto producendo, un imballaggio o un bene? Se ho la certezza di ciò che è bene e di ciò che è imballaggio, applico da subito il contributo corretto. Tenga presente che parliamo di 188 euro la tonnellata se è un imballaggio, di 14 o 9 euro se è un bene realizzato con rigenerato, quindi la differenza è sostanziale. I flussi dovrebbero seguire un iter diverso perché i nostri sono i rifiuti speciali, mentre gli imballaggi sono invece rifiuti domestici; tuttavia, abbiamo visto che spesso per ovviare a questo problema (il Ministero dell'ambiente ha aperto un tavolo sull'assimilazione), si assimilano dei rifiuti che non sono tali, quindi ci sfuggono. Il problema non è tanto se la piattaforma gestisce i rifiuti speciali con gli urbani, un fatto che, come già ho detto, per ovvi motivi vanifica anche la buona raccolta differenziata; il problema è che sui rifiuti con codice CER 15 insistono dei contributi economici diversi da quelli dei nostri, ad esempio, dello 02.
  Parlo, ora di malafede, di un flusso non corretto ed è ovvio che se sono un imprenditore senza scrupoli prendo tutto con il codice 15 perché così aumento i dati della raccolta differenziata, faccio avviare il comune ad un 80-90 per cento di raccolta differenziata (in quanto quelli sono i dati), dopodiché la piattaforma stabilisce, se in fascia A, fascia B o fascia C, dei controlli che dovrebbero essere fatti da consorzi. In altre parole, stabiliscono loro la fascia di appartenenza e qui aprirei volentieri un capitolo sui controlli. Dal fine nastro, infatti, si ha già la visione se quella raccolta differenziata che hai dichiarato all'origine era in fascia A o in fascia B; se questa è in Pag. 11fascia A, infatti, dovrebbe essere una raccolta differenziata eccellente, priva di un grandissimo fine nastro, proprio perché in fascia A, il che vuol dire che c'è una percentuale di frazione estranea al di sotto del 20 per cento; al contrario, se hai una montagna di fine nastro, questo è un segno evidente che non si era in questa fascia di appartenenza, dopodiché questa frazione estranea va a CDR.
  Quanti impianti di TMB hanno preso fuoco l'estate scorsa in Italia? Circa una decina o una quindicina: Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo. Questi episodi sono stati da noi segnalati. C'è un giro che non torna e non so quanto è attribuibile a una cattiva gestione dei rifiuti o quanto, invece, sia attribuibile al fatto di voler prendere un contributo su prodotti che non sono dovuti.
  Paesi di destinazione. Una volta si veniva nei nostri porti e poi i materiali venivano spediti; oggi si fanno le triangolazioni, che sono peraltro notevolmente modificate; una volta si partiva dalla Slovenia, dalla Croazia, da Marsiglia, mentre adesso si va per l'Albania, via Albania-Macedonia, via Macedonia-Turchia, quindi via Turchia-Romania. Anche i Paesi ora sono cambiati. I Paesi dell'Est la fanno un po’ da padroni, ma non perché sia aumentata la richiesta in questi Paesi; forse ciò è perché si sono diversificate le rotte; non ci dimentichiamo, poi, il porto del Pireo, che oggi è in fase di avvio, ma che sicuramente aumenterà i rapporti tra l'Italia e la Grecia.
  Sono andata in Grecia perché partivano un sacco di rifiuti plastici verso la Grecia. Il Ministero dell'ambiente greco ha detto che gli impianti di riciclo sono 5, di polietilene sono 2 e sono ben forniti dal fabbisogno nazionale, quindi adesso andiamo a verificare perché allora vadano lì: magari fanno delle scorte, magari necessitano di una raccolta differenziata migliore, che l'Italia ha e loro non hanno, però vedremo perché vanno lì. Una cosa importante che lei aveva detto riguarda il sottoprodotto.

  PRESIDENTE. Mi scusi, le chiedo di concludere perché alle 9.30 iniziano i lavori in Assemblea. Se eventualmente ci fossero specifiche da fare...

  CLAUDIA SALVESTRINI, direttore del Consorzio Polieco. Magari vi facciamo una nota a parte. Il sottoprodotto è ben definito nella legge n. 152, mentre la 1067 delle norme UNI è riferita agli impianti di riciclo, non agli impianti di produzione, quindi c'è sicuramente un ambito da mettere a punto e da definire meglio.

  CHIARA BRAGA. Vorrei chiedere al presidente se può indicarci (non l'ho trovato nella relazione) a quanto ammontino le riserve sul bilancio di gestione del consorzio e se il consorzio in questi anni sia stato oggetto di richieste, controlli, verifiche da parte di organi del Ministero o di ISPRA.

  FERDINANDO D'ALESSANDRO, membro dell'organo di controllo del Consorzio Polieco. Buongiorno, sono il dottor D'Alessandro e sono componente dell'organo di controllo del consorzio. Le attività di controllo che vengono svolte nel consorzio, oltre ad essere eseguite periodicamente dall'organizzazione amministrativa contabile interna, vengono svolte dal nostro organo come organo assimilabile a un collegio sindacale, che svolge compiti di verifica periodica, quindi sistematica, sul bilancio, disciplinati sia della normativa civilistica che, a seguito del recepimento del nuovo statuto, anche da quella della revisione legale, fattispecie che impone un'attività di dettaglio e di analisi. Il nostro organo, dopo l'adozione del nuovo statuto, conforme allo schema tipo approvato con decreto ministeriale a fine luglio scorso, recepito e adottato con modifica statutaria del dicembre scorso, ha già calendarizzato le proprie attività nel quadro di un regime di verifica più dettagliato, regolato dal decreto legislativo n. 39 del 2010.
  Per quanto riguarda nello specifico le riserve, queste sono il risultato della contribuzione da parte dei consorziati e degli avanzi di gestione. Queste riserve, dall'ultimo bilancio in corso di approvazione, ammontano a circa 4.500.000 e hanno un vincolo di destinazione, nel senso che per previsione statutaria, sia ante che post modifica, non possono essere distribuite perché, fra l'altro, l'articolo 10 del nuovo statuto Pag. 12 lo fissa come principio specifico, principio che era comunque già vigente nel vecchio.
  C'è un altro principio statutario, che è stato regolato nel nuovo statuto ma in linea con il vecchio, che è il principio dell'equilibrio economico-finanziario che il consorzio deve realizzare. Questo principio serve a salvaguardare il patrimonio, ma soprattutto a verificare che venga poi reinvestito nell'oggetto sociale, nelle finalità istituzionali che l'ente ha, che sono regolate dall'articolo 3 dello statuto.

  CHIARA BRAGA. Si tratta di 4.500.000 su un bilancio di...?

  FERDINANDO D'ALESSANDRO, membro dell'organo di controllo del Consorzio Polieco. Su un bilancio di 10,3 milioni, quindi c'è un'altissima solidità patrimoniale e finanziaria del consorzio. Fra l'altro, devo dire che questa solidità ha una caratteristica. Abbiamo infatti riscontrato negli ultimi anni che vi è un trend costante di ingresso da parte di nuovi consorziati, che accresce questo tasso di solidità e che, anche grazie ad una governance che abbiamo riscontrato essere in linea con le finalità istituzionali, viene garantita e accresciuta nel tempo.

  PRESIDENTE. Avete sollevato questa questione del controllo per i consorzi, ma in teoria dovrebbero essere controllati dal Ministero.

  FERDINANDO D'ALESSANDRO, membro dell'organo di controllo del Consorzio Polieco. Sì, volevo interviene su questo. Il nostro organo si compone di 4 componenti interni e 3 ministeriali; c'è una partecipazione variegata, sia tecnica che di professionalità specifiche. È statutariamente previsto il controllo ministeriale, quindi la partecipazione del Ministero è duplice; essa avviene sia svolgendo un'attività sua specifica, sia attraverso la partecipazione interna nelle attività di controllo periodico che vengono svolte dal nostro organo.

  CLAUDIA SALVESTRINI, direttore del Consorzio Polieco. I Ministeri sono quelli dell'agricoltura, dello sviluppo economico e dell'ambiente.

  PRESIDENTE. La cosa che a noi interessa molto è se questa funzione di controllo del Ministero venga esercitata perché abbiamo visto che in alcune situazioni è stata un po’...

  ENRICO BOBBIO, presidente del Consorzio Polieco. Ultimamente sì.

  FERDINANDO D'ALESSANDRO, membro dell'organo di controllo del Consorzio Polieco. Io sono nel terzo anno di carica e devo dire che c'è una partecipazione costante da parte di alcuni componenti del Ministero e, sostanzialmente, non si è fatta mai mancare la presenza.

  CLAUDIA SALVESTRINI, direttore del Consorzio Polieco. Peraltro, devo dire che i revisori ministeriali non sono solo sempre presenti alle verifiche, che qualche volta addirittura non vengono neanche preannunciate, ma hanno nel tempo richiesto documentazione, quindi sono molto attivi, almeno nel nostro consorzio.

  ENRICO BOBBIO, presidente del Consorzio Polieco. In questo momento il Ministero dell'ambiente è particolarmente attento e questo non può che farci piacere perché ci aiuta.

  PRESIDENTE. Va bene, se avremo bisogno di qualche approfondimento, ve lo chiederemo. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 9.35, è ripresa alle 14.15.

Audizione di rappresentanti di Ecopneus.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti di Ecopneus, che ringrazio della presenza. È presente il dottor Giovanni Corbetta, direttore generale di Ecopneus, accompagnato dalla dottoressa Ilaria Catastini, presidente di Knowlton+Strategies. Pag. 13
  L'audizione odierna si inserisce nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul mercato del riciclo. Stiamo facendo un'indagine a 360 gradi su tutto il tema del riciclo, ascoltando i consorzi. Abbiamo fatto numerosissime audizioni per cercare di fare il punto e per verificare alcune situazioni, anche alla luce di una discussione a livello parlamentare – che non sappiamo se arriverà in porto – riguardante una riforma eventuale in tema di consorzi, o comunque per le organizzazioni che lavorano nel mercato del riciclo.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo di depurazione delle acque. Avverto i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Cederei dunque la parola al dottor Corbetta, che potrà farsi coadiuvare dalla dottoressa Catastini. Le questioni che ci interessano riguardano soprattutto i controlli, cioè le verifiche. Su questo fronte stiamo facendo una specie di check up generale della situazione. Do quindi la parola al dottor Corbetta per una breve illustrazione, cui sicuramente seguirà qualche domanda da parte dei colleghi.

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Ringraziamo per quest'occasione di poter raccontare un po’ della nostra esperienza. Mi fa molto piacere aver ricevuto quest'invito. Noi abbiamo preparato alcune slide seguendo proprio le indicazioni contenute nella vostra lettera di invito, quindi cercando di toccare i punti che in essa sono stati individuati. Ovviamente, vorrei essere sufficientemente veloce da lasciare, poi, tutto il tempo necessario alle domande. Vengo alla presentazione: chi è Ecopneus? Noi siamo una società per azioni che è stata costituita nel 2009 per rispondere all'articolo 228 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che assegna a produttori e importatori gli obblighi di trattare i propri prodotti arrivati a fine vita. Questi produttori e importatori hanno scelto la strada, nel nostro caso, di creare una società ad hoc, separata dalle loro attività principali. In particolare, i sei grandi produttori che operano in Italia (Bridgestone, Continental, Goodyear, Marangoni, Michelin e Pirelli) decisero proprio di creare una società focalizzata e totalmente dedicata soltanto al trattamento dei pneumatici fuori uso, quindi all'assolvimento degli obblighi che quell'articolo di legge ha messo in capo a loro.
  Ad oggi gestiamo mediamente 1.000-1.100 tonnellate al giorno. Io stesso, ogni tanto, mi meraviglio che l'Italia produca così tanti pneumatici a fine vita ogni giorno. Questo fa sì che a fine anno la cifra ammonti a circa 250.000 tonnellate. Non siamo soggetto unico, quindi ci sono delle alternative a noi e queste sono rappresentate da altri consorzi, ovvero da soggetti individuali, che sono circa una cinquantina. Tutti insieme gestiamo la totalità. In particolare, noi abbiamo circa il 70 per cento del mercato, quindi non siamo unici ma, per fortuna, abbiamo una dimensione molto alta, che ci spinge a essere ancora più attenti ad alcuni aspetti, proprio perché la dimensione può essere anche una fonte di pericolo e non solo di vantaggio. Ho messo in evidenza in queste slide quelli che giudico i punti che ci caratterizzano, tra cui cito il fatto di essere un consorzio monostream, dedicato solamente al pneumatico fuori uso. Questo fa sì che presentiamo anche dei bilanci molto più puliti perché abbiamo solamente costi e ricavi legati all'attività unica. Non abbiamo nemmeno la possibilità – anche volendolo – di trasferire costi da una parte all'altra rispetto a differenti flussi. La nostra testa è tutta focalizzata solamente al pneumatico fuori uso e giudichiamo anche questo un punto di vantaggio.
  Ci sembra, quindi, che il nostro modello rappresenti veramente quella responsabilità estesa del produttore, il quale, avendo Pag. 14in capo l'obbligo di trattare il proprio prodotto quando arriva a fine vita, trova poi in noi il soggetto specializzato che esegue le attività. Siamo in dieci dipendenti, me compreso. Vi cito questo punto perché mi sembra un fattore di snellezza che avvantaggia il sistema, non fosse altro perché si traduce in costi fissi bassissimi. Ovviamente, quando abbiamo bisogno di aiuto esterno, lo scegliamo ad hoc, magari andando a prendere uno specialista che ci può aiutare a interpretare, tramite un legale, una legge, oppure scegliendo un tecnico per un fatto più specialistico.
  Lavoriamo dal 7 settembre 2011. La data è stata fissata dal Ministero dell'ambiente con il DM n. 82, che ci ha dato il via per partire. Da allora, abbiamo raccolto e recuperato (sottolineo molto questo fatto perché sapete che raccogliere è già un problema, ma il vero problema è il recupero, visto che la raccolta, tutto sommato, è un fatto organizzativo, cioè di logistica, per cui mi piace molto sottolineare il fatto di avere portato tutto a recupero) 1.322.700 tonnellate di pneumatici fuori uso al 31 dicembre del 2016. In cinque anni, in Italia, questa quantità è stata tutta individuata, presa, raccolta e portata a recupero, con una nostra forte spinta a effettuare recupero di materia, purtroppo tuttora parzialmente limitato dal fatto che con un esagerato recupero di materie, se il granulo rimane invenduto e non trova applicazione, ovviamente, il compito non è assolto. Ci barcameniamo, quindi, ci equilibriamo, tra recupero di materia (che è il nostro focus, cioè il punto in cui stiamo investendo e su cui stiamo sviluppando le nuove applicazioni) e un residuale recupero energetico, che serve a completare comunque il fatto che, ogni giorno, dobbiamo trovare la destinazione per 1.100 tonnellate.
  Facciamo il recupero energetico in cementifici, in maniera che non sia comunque un'emissione aggiuntiva, ma sostitutiva: quando viene bruciata una tonnellata di pneumatico fuori uso, non viene bruciata una tonnellata di carbone di importazione. Almeno, da questo punto di vista, una situazione è meglio dell'altra.
  Il nostro giro d'affari, sempre per completare la nostra qualificazione, è di circa 70 milioni di euro l'anno. Grazie a chi, comprando un pneumatico, ci versa un contributo visibile in fattura, raccogliamo 70 milioni, che però spendiamo tutti (essendo una società senza fini di lucro, tanto incassiamo, tanto spendiamo). I soldi da noi raccolti, quindi, vengono riversati a tutte le imprese che concorrono al trattamento attraverso le operazioni di raccolta, trasporto, stoccaggio, frantumazione e produzione del granulo.
  Dall'invito ricevuto ho dedotto che dovevo toccare alcuni punti, quali per esempio la governance di Ecopneus, che parte da un'assemblea dei soci che nominano gli amministratori. Gli amministratori sono sei, sono senza emolumenti e senza rimborso spese, proprio perché hanno quell'incarico, in quanto, essendo produttori e importatori, devono fare quello che la legge chiede di fare. Non c'è, quindi, una seconda retribuzione rispetto alla loro principale retribuzione, che è quella di essere dei manager della produzione o dell'importazione di pneumatici. Questo, secondo me, dà anche un vantaggio perché fa sì che i consigli di amministrazione siano fatti quando servono e non c'è, invece, un incentivo a farli anche quando non servono, solo perché magari c'è un gettone di presenza da prendere. Il presidente del consiglio amministrazione è a rotazione annuale. Uno dei sei, quindi, ruota annualmente nell'incarico di presidente. È stato così deciso perché, trattandosi di un gruppo di concorrenti, la rotazione impedisce che una società multinazionale prevalga sull'altra. Svolgiamo i consigli di amministrazione alla presenza costante di un legale antitrust. Vogliamo evitare il rischio che, per ingenuità o per disattenzione, si scivoli su qualche aspetto che tra concorrenti potrebbe rappresentare un fatto non corretto. Il legale antitrust, quindi, presenzia e garantisce che quel consiglio di amministrazione si svolga in presenza di concorrenti, che comunque non intaccano i legittimi obblighi.
  Abbiamo un collegio sindacale di tre commercialisti. Io partecipo al consiglio di Pag. 15amministrazione come direttore generale, ovviamente senza diritto di voto, il che, ovviamente, mi permette di rimanere molto neutro, non dovendomi esprimere nelle votazioni a favore dell'una o dell'altra soluzione. Abbiamo messo a punto degli strumenti operativi per garantire la buona governance, a cominciare dall'avere una responsabile dell'amministrazione, una persona all'interno dell'azienda di competenza per curare amministrazione e finanza dell'azienda. Il nostro bilancio viene certificato quando viene presentato da una società esterna di revisione bilanci, in modo che possiamo avere un bilancio con il sigillo della certificazione. Abbiamo favorito l'istituzione di un organismo di vigilanza per la legge n. 231. Ci sono due commercialisti milanesi che ci seguono per tutti gli obblighi che abbiamo nei confronti della legge n. 231, quindi per tutti i possibili reati appartenenti a questa legge. Ovviamente, abbiamo dei consulenti legali che ci aiutano a sciogliere i dubbi e a interpretare correttamente, nell'operato quotidiano, quello che la legge prescrive.
  Riteniamo che sia un nostro punto di forza fare molte attività di controllo degli operatori che lavorano per noi. Abbiamo pattuito, fin dagli inizi, ovviamente cambiando di volta in volta, il fatto di poter avere un monitoraggio, quasi quotidiano, dei nostri operatori attraverso una società di ispezione che gira per l'Italia costantemente, andando a vedere se chi ha contratto con noi rispetta il contratto. La nostra attività operativa è assegnata tramite gare, quindi chi lavora per noi lo fa perché ha vinto una gara, che ripetiamo ogni tre anni (quindi anche in un periodo non troppo lungo), in modo che il mercato rimanga vivo, laddove il mercato sa che ogni tre anni c'è comunque la possibilità di lavorare per noi, ovviamente concorrendo e ponendo condizioni più vantaggiose delle alternative che si potrebbero avere. Infine, siamo certificati ISO 9001 e ISO 14001.
  Il Ministero dell'ambiente ha approvato il nostro statuto. Siamo, quindi, in un regime in cui lo statuto della società è stato approvato formalmente dal Ministero dell'ambiente quando la società è stata creata. Non ho ricevuto, ad oggi, ispezioni, perlomeno a mia conoscenza, da enti della pubblica amministrazione: Ministero, ISPRA, ARPA, Carabinieri, Finanza. Non siamo mai stati ispezionati (ovviamente, se poi ciò è stato fatto a mia insaputa, è un altro discorso).
  Riportiamo periodicamente al Ministero secondo le prescrizioni del DM; in genere, ho avuto anche feedback dal Ministero, fornendo dati e indicazioni ben oltre quello che il Ministero si aspettava; in altre parole, alimentiamo il Ministero ben oltre i dati formalmente richiesti perché riteniamo che in questo modo esso possa con più facilità disporre di dati a loro utili. Noi abbiamo questi dati, che dal computer sono facilmente stampabili. Su quest'aspetto, quindi, siamo sempre stati prodighi di dati e di informazioni.
  Quanto alla raccolta, il primo importante target che abbiamo, cioè quello di riuscire a raccogliere ogni giorno quello che il Paese produce, la stiamo facendo mediante un sistema informatico collegato ai formulari compilati nel momento in cui il gommista trasferisce dei pneumatici fuori uso al raccoglitore. Il nostro sistema informatico, quindi, è aggiornato in tempo reale. Abbiamo, ogni mezza giornata, la possibilità di sapere che cosa è stato raccolto. Sappiamo ciò in quanto siamo supportati da una copia scannerizzata del formulario, che fa sì che i nostri dati siano legati al documento (che come voi sapete è il mezzo più ufficiale per il movimento dei rifiuti).
  Questo, quindi, ci permette di fare un controllo estremamente accurato, di sapere giornalmente com'è andata la raccolta, di potere, quindi, settimanalmente e mensilmente, avere tutti i report che ci servono. Riteniamo che i flussi di nostro governo abbiano, quindi, un monitoraggio di fatto giornaliero. Ogni giorno, abbiamo una visione completa di che cosa è successo su tutti i flussi, dal gommista allo stoccaggio, al trasporto, all'impianto di frantumazione, fino a quando cessa lo status di rifiuto e quindi si esce dalla nostra responsabilità. Anche su questi movimenti mandiamo al Ministero i dati secondo quanto previsto dal decreto. Questo è quanto per il fronte Pag. 16quantitativo. Tuttavia ci preoccupa molto anche il fatto qualitativo, cioè quello che esce dall'impianto come rifiuto che è stato trattato, questo anche per promuovere sempre di più il recupero di materia, che cresce e si sviluppa se ciò che esce dall'impianto è di qualità e quindi può servire a qualcuno come materiale sostitutivo di un materiale vergine.
  Noi abbiamo 100 aziende coinvolte nella raccolta e nel trasporto, con una cinquantina di impianti per il trattamento di frantumazione e di lavorazione. La maggior parte di queste aziende è certificata ISO ed EMAS. Già questo ci dà una certa tranquillità perché, a parità di condizioni, è un fatto preferenziale utilizzare nella gara le imprese certificate. Abbiamo anche quattro dipendenti nostri, dei dieci, che seguono quotidianamente le attività. Quattro persone, quindi, sono dedicate al monitoraggio continuo di quello che succede in queste 150 aziende, nonostante il sistema informatico ci permetta delle letture dei numeri anche in sede. Come vi dicevo, a ciò sono associati degli ingegneri del TUF, che fanno invece ispezioni più ingegneristiche. Noi ci sentiamo in parte corresponsabili del fatto che l'impianto sia posto, sia da un punto di vista della normativa, sia dei dipendenti che si usano, che devono essere in regola; sono questi aspetti un po’ collaterali rispetto al tema principale, ma quando un'azienda lavora per noi, al 70-80 per cento riteniamo di dover valutare anche questi aspetti e, laddove qualche impresa sgarra, dobbiamo per tempo ricondurla sulla retta strada. Dedichiamo, quindi, molto tempo a questa forma di monitoraggio.
  Ovviamente, data la nostra dimensione e dato il nostro peso, siamo molto presenti all'interno dell'UNI, del CEN, sia a livello italiano, sia a livello internazionale, per la definizione degli standard e delle normative. Riteniamo che la normativa sia un fatto essenziale perché solo nella norma che stabilisce delle caratteristiche (se si può considerare una materia come prima o seconda, oppure no) bisogna vedere i riferimenti, se veramente vogliamo promuovere quest'aspetto.
  Abbiamo creato un marchio di qualità, Ecopneus, con cui facilitiamo chi raggiunge certi livelli qualitativi per fare in modo che il granulo non si senta in subordine a una materia prima vergine: tecnicamente non lo è, ma lo è nell'immagine. Ancora oggi, in molte situazioni italiane, chi compra materia prima seconda pensa di comprare un surrogato, qualcosa di forse apposto o forse no: ci sono ancora delle tradizioni in questo senso.
  Noi stiamo cercando di sfatare tutto questo, ovviamente supportati da fatti tecnici, in maniera che si aprano sempre più strade per realizzare un oggetto, che può essere fatto in gomma vergine, anche in gomma da riciclo, con indubbi vantaggi sia perché il costo dell'oggetto scende, sia perché troviamo la destinazione di quelle famose 1.100 tonnellate che abbiamo raccolto.
  Ci siamo appoggiati, in alcuni casi molto difficili, a nomi di grande fama, come l'Istituto Mario Negri, per dimostrare la totale salubrità del prodotto in certe applicazioni ed evitare i dubbi che ci potesse essere un prodotto con delle tossicità. Sul fronte economico, il nostro bilancio è redatto da noi (ovviamente, con l'aiuto di un commercialista) e approvato, come da legge, dal collegio sindacale e dal consiglio di amministrazione. Il nostro vantaggio è che il sistema informatico di gestione dei flussi, è collegato direttamente al sistema che abbiamo per l'amministrazione, per cui il sistema informatico SAP, che è un grande produttore di sistemi informatici, che fa l'amministrazione al nostro interno, riceve gli input dal sistema logistico. Questo vuol dire che non ci sono rischi di errori di imputazione e, viceversa, si rende molto più strutturato il sistema, onde evitare anche errori banali o tentativi di modificare dei dati. Noi siamo senza fini di lucro, quindi puntiamo a un bilancio che chiuda a zero. In realtà, qualche anno l'abbiamo chiuso con un po’ di utile e qualche anno lo abbiamo chiuso con un po’ di perdita. In entrambe i casi ciò è stato trattato come previsto: le perdite sono state riportate al nuovo anno e compensate dal patrimonio netto; gli utili sono stati destinati, in quanto Pag. 17non distribuibili, per il 30 per cento a interventi nei vecchi siti che si erano costituiti prima dell'avvio di questo sistema (quindi quei grandi cortili sparsi per l'Italia che contenevano decine di migliaia di tonnellate, di cui ne abbiamo svuotati 13); per il 70 per cento, a patrimonio netto a protezione dell'azienda per gli anni di perdita.
  In tutto questo, il contributo che chiediamo al consumatore è sceso, dagli inizi ad oggi, di circa il 25 per cento perché abbiamo messo in campo, progressivamente delle efficienze, trovando aziende e procedure più competitive. È un'efficienza generale, che ci ha permesso di abbassare il contributo a favore del cittadino. Il nostro target è quello di puntare a valori sempre più modesti perché riteniamo che tutto questo flusso debba, prima o poi, autosostenersi.
  Io vi ho allegato alcune foto per farvi vedere com'è cambiata la fotografia all'interno di impianti non nostri, ma che lavorano anche per noi, tra prima e dopo. Quando abbiamo cominciato, nel 2010-2011, a preparare il terreno per la partenza, abbiamo trovato impianti e siti che sembravano veramente – lasciatemelo dire – dei punti di spazzatura. Lavorando con loro, insistendo, premiando i comportamenti virtuosi, penalizzando laddove serviva, le facce sono cambiate. Nella seconda slide delle foto vedete come gli impianti sono cambiati negli stock, nell'impiantistica e anche per come esce il materiale. Se vogliamo che la materia prima seconda esca veramente come materiale alternativo alla materia vergine, non possiamo mandare del materiale sporco, confuso, non etichettato o non inquadrato. È un percorso che stiamo facendo compiere, di fatto, agli altri (il beneficio ce l'ha il sistema, ma indirettamente arriva anche a noi), quindi stiamo anche creando un network di imprese sempre più robuste, pronte ad accettare le loro sfide.
  Passo alle criticità (sono arrivato alla fine della mia presentazione). Una di queste l'abbiamo a monte. Vi ho detto che raccogliamo la nostra quota, anzi, in questi cinque anni abbiamo raccolto mediamente il 9 per cento in più. Ciononostante, a terra, a fine anno, rimangono dei pneumatici fuori uso. Pur andando oltre il target di legge, calcolato in base a tutte le fatture che determinano l'immissione di pneumatici, avanzano ancora pneumatici fuori uso: purtroppo c'è un'abbondante vendita in nero di pneumatici. La vendita in nero ha due grandi inconvenienti: non fa nascere un target – non sappiamo quanti ne sono stati venduti in nero – e non ci fa avere il contributo. Se calcoliamo il contributo su un numero che nasce dai dati ufficiali di immissione, a un certo punto ci troviamo che lo abbiamo raggiunto e magari facciamo anche qualcosa in più volontaristicamente, ma poi non abbiamo più neanche i soldi. Questo è un punto nodale, che ovviamente ho discusso a lungo con le mia interfaccia al Ministero dell'ambiente, che è ben consapevole e sta anche pensando a delle soluzioni, ma per ora il problema c'è. Non ho ancora visto particolari cambiamenti, se non la nostra disponibilità a raccogliere di più. Questo rovina l'immagine. Pur avendo fatto sforzi enormi, è chiaro che quando uno vede in giro, a fine anno, pneumatici non raccolti, si dice che allora il sistema non funziona: non funziona l'immissione del pneumatico, non funziona il fatto che è un mercato che non riesce a debellare – o non è riuscito fino ad ora debellare – un'entrata, in varie forme e con varie modalità, di pneumatici in maniera regolare.
  La seconda criticità – come mi auguro, qui siamo forse più vicini a una soluzione – è quella per cui se vogliamo fare davvero tanto riciclo, il materiale riciclato deve avere la sua dignità. Se il materiale riciclato viene guardato con sospetto, se le normative sono tali per cui viene male etichettato, mal considerato, come qualcosa che può essere usato ma forse no, che può portare a problemi ma forse no e così via, chiaramente ciò trova difficoltà nell'applicazione. Abbiamo bisogno di una certezza per ciò che viene chiamato l’end of waste. Abbiamo bisogno che ci sia una norma molto chiara, che ci dica se il materiale ha raggiunto determinate caratteristiche tecniche, se risponde alle tabelle UNI e così via: allora questa è una materia prima che può liberamente Pag. 18 circolare, essere liberamente venduta ed essere legittimamente utilizzata per fare materiale antinfortunistico, materiale antivibrante, materiale per l'isolamento acustico, superfici sportive, ovvero per essere miscelato con il bitume per le strade e così via: più allarghiamo a valle, più il flusso scende e arriva nella destinazione che a noi preme.
  Vengo a un'ultima mia considerazione. Quando i produttori di pneumatici mi incaricarono di cominciare a progettare il modello, che poi è quello che vi ho raccontato, lo abbiamo immaginato come uno strumento transitorio. La nostra idea è stata che il consorzio nasceva perché esso serviva per poter ottemperare agli obblighi di legge. Se però questo consorzio, quest'organizzazione riesce a risolvere i problemi di fondo del sistema, a far sviluppare bene il sistema industriale che deve trattare il rifiuto, a far riconoscere il giusto valore al granulo, probabilmente un bel giorno non servirà più o quasi più (si può quindi autoridurre e quello che fa il consorzio, lo fa il mercato).
  Noi puntiamo a fare in modo che il flusso che vi ho raccontato avvenga sempre più per regola di mercato e sempre meno per un bacchettamento che noi ogni tanto diamo al sistema. Sembrava un'utopia quando pensavamo a queste cose cinque o sei anni fa. Oggi ci sembra molto meno un'utopia e ci sembra molto più una possibile realtà. Tra l'altro, leggendo le bozze della direttiva europea che governerà prossimamente i consorzi, mi sembra che siamo già molto allineati, quindi l'arrivo della direttiva non ci dovrebbe sconvolgere, anzi, forse, addirittura rafforzare in questo percorso.

  PRESIDENTE. Perfetto. Ha toccato i punti più interessanti. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Mi riaggancio a un'affermazione che ha fatto prima il presidente relativamente al problema degli pneumatici che a fine anno si trovano in giacenza con difficoltà di raccolta. È un problema che è emerso negli ultimi anni...

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. È vero.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Abbiamo avuto modo di sentirci su questo problema, che deriva, come ha detto lei, dalla commercializzazione in nero fatta da alcuni operatori, in parte, probabilmente, dal circuito delle autodemolizioni e di un'altra componente che finisce in quel mercato. La domanda che vorrei fare è se, sulla base dell'esperienza e dell'entità del fenomeno, pensa che ci possano essere delle azioni per far emergere tutto ciò e quali azioni di contrasto siano possibili. L'altra domanda è relativa ai siti preesistenti da svuotare. Lei ha detto che ne sono stati già azzerati 13: quanti ne restano? C'è una stima della consistenza di questi cumuli preesistenti?
  L'ultima domanda è relativa alla cessazione della qualifica di rifiuto: le recenti circolari del Ministero sull'applicazione dell'articolo 184-ter sulla cessazione della qualifica di rifiuto sono sufficienti, ovvero quali correttivi possono essere proposti?

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. La ringrazio, onorevole, per questi tre punti, ai quali mi permetto di aggiungere qualche completamento di informazione. Sul nero stiamo facendo delle azioni di natura comunicativa, cioè stiamo dicendo al cittadino che se compra con lo scontrino, è sicuro che il gommista che gli ha cambiato i pneumatici li incanalerà da noi. Il ritiro è gratuito per il gommista, che quindi non ha nessun problema a darceli perché ciò non gli costa nulla. Il problema del gommista è che, se ci dà molti più pneumatici di quelli che appaiono dal loro registro fatture, si teme poi che la Guardia di finanza, controllando presso di noi le quantità raccolte e presso di loro le fatture, riscontri che i numeri non quadrano, pena il rischio che il rifiuto diventi il simbolo dell'evasione fiscale. Tra l'altro, soprattutto operando in Terra dei fuochi, un progetto particolare, che va oltre i doveri di legge – è frutto di un accordo fatto con l'allora Pag. 19Ministro Orlando, quando era all'ambiente – ci sta facendo vedere in maniera più forte, più visibile, dei fenomeni proprio legati all'abbandono, che non è fatto per pigrizia, per cattiveria, ma proprio perché collegato a un fatto di...
  Dico sempre che, se non pagassi regolarmente il mio giardiniere, che mi falcia l'erba e mi porta via le foglie, lui non potrebbe andare a scaricare quello che ha raccolto in un sito pubblico autorizzato perché dovrebbe far sparire quello che ha fatto per me, non avendo la fattura di pagamento. Comunichiamo, quindi, al cittadino, se vuole contribuire, di uscire con lo scontrino in mano. Questo, da un punto di vista dell'invito ai cittadini, è ciò che facciamo anche con le associazioni, con Legambiente, con una serie di programmi nelle scuole. Facciamo molta education nelle scuole, proprio con l'aiuto di Legambiente, più brava di noi in queste cose. Poi c'è un fatto, legato alla Guardia di finanza. Ho avuto un paio di colloqui all'interno del Ministero dell'ambiente con il colonnello Catalano, l'ufficiale di liaison tra Corpo della Guardia di finanza e Ministero dell'ambiente e gli ho raccontato di questi fenomeni. Sono convinto, ovviamente da cittadino e da manager, che controllando in maniera incisiva che cosa succede da un gommista quando il cittadino esce, o forse ancora più facilmente quando arrivano degli autotreni, di quelli che fanno i trasporti internazionali, cioè che portano 1.700 pneumatici/vettura se ben stivati, si possa scoprire se ne arrivano alcuni totalmente in nero: sappiamo come entrano, sappiamo i percorsi, sappiamo come fanno a scaricare. Sicuramente, quindi, c'è chi ne sa molto più di me.
  Io mi auguro che un qualche giorno partano queste azioni. Io sono convinto che se pure qualche delinquente, probabilmente, compirebbe sempre e comunque l'atto delinquenziale, molti lo fanno semplicemente perché se in dieci anni non hanno mai visto un atto ispettivo significativo, allora forse pensano che ciò non succederà neanche nei prossimi dieci, per cui, a chi vuole comprare in nero si vende in nero. Io ho trovato qualche gommista che dice di avere cacciato via chi gli chiede di non fare lo scontrino, però, ormai, sono proprio delle rarità. Vi è, forse, una sensibilità tale per cui non fare lo scontrino non è nemmeno così grave. Da qui, poi, risale tutto il resto: si comincia da un'importazione in nero e si scende fino ad arrivare...
  Sappiamo bene tutto ciò. Se si volesse agire, chi ne ha la possibilità può raccogliere informazioni e far ciò. A questo fine – non vorrei rubarvi troppo tempo – abbiamo lanciato un progetto con un altro paio di consorzi di pneumatici fuori uso (la EcoTyre e la Greentire), con due associazioni di categoria (CNA e Confartigianato). Vi dico una cosa che verrà annunciata tra pochi giorni, quindi brucio un'informazione che verrà data alla stampa tra poco: la partenza di un sistema di whistleblowing, cioè un sistema informatico che permette di far pervenire a Legambiente, che si è data disponibile per gestirlo, la segnalazione anonima di denunce per fatti o irregolarità nella filiera dei pneumatici. Abbiamo fatto ciò perché a Ecopneus arrivano moltissime e-mail in cui ci dicono di essere corretti e di avere qualche volta dei problemi a far raccogliere i pneumatici fuori uso, mentre laddove un collega è scorretto, in realtà gode della stessa loro sorte, per cui tanto varrebbe, nel ragionamento finale, che anche gli onesti si comportassero come fanno tanti altri. È chiaro che con queste e-mail oggi posso fare poco. Abbiamo così immaginato che un sistema di whistleblowing, che permetta a qualunque soggetto che nota un'irregolarità nella filiera del pneumatico di segnalarlo in maniera anonima a Legambiente, soggetto che poi raccoglie questi elementi e che, in tal senso, ha già fatto un accordo con l'Arma dei carabinieri per trasferire a loro questi dati. Pensiamo che, soprattutto alla luce della nuova collaborazione NOE/Carabinieri Forestali, probabilmente qualcosa si farà. Ci siamo inventati questo sistema perché, ovviamente, da privati, più di tanto non possiamo fare. È un atto volontaristico, ma proprio perché è necessario pensarle tutte per cercare di stanare quei comportamenti irregolari che, al di là dell'evasione fiscale e del danno all'erario, dal Pag. 20nostro punto di vista creano il problema del danno ambientale.
  Ad oggi i siti che abbiamo svuotato sono 13 e mi pare che siano circa 70.000 le tonnellate trovate in questi siti storici; ne esistono, però, ancora due o tre. Per sito storico intendo, come definisce la legge, siti che si erano costituiti antecedentemente al 7 settembre 2011 e che non gravano su un privato. Se infatti un privato ha qualcosa in un capannone, questo è un problema del privato. Io parlo di siti il cui beneficiario è l'ente pubblico, come il comune, o comunque di qualcosa che il magistrato ha già sequestrato, bloccato, per cui il beneficiario di quest'intervento è la pubblica amministrazione. Quello che stiamo per chiudere, entro giugno, è Castelletto di Branduzzo, vicino a Pavia, dove c'erano circa 80.000 tonnellate di materiale: era uno dei più grossi depositi abusivi irregolari di Europa. Pensate che 80.000 tonnellate vuol dire delle colline (infatti era visibile da Google map): era un deposito veramente mostruoso. In tre anni, quest'anno è il quarto; completeremo il totale svuotamento.
  Pensiamo, quest'anno, di riuscire ad avere anche la possibilità di intervenire a Manfredonia, dove pure ci sono 5.000 tonnellate stoccate in un terreno. Con questo intervento, probabilmente il grosso è fatto. Il tema degli stock storici, quindi, è praticamente debellato, infatti non se ne sono più formati perché da quando siamo partiti noi, è partito il sistema: nessuno di noi, insomma, ha più dato spazio all'accumulare in maniera indebita pneumatici fuori uso senza lavorarli.
  Per quanto riguarda l’end of waste, la soluzione che potrebbe arrivare – mi auguro presto – è un decreto che il Ministero dell'ambiente ha messo in cantiere e su cui ha lavorato anche nell'ultimo anno, che è ora giunto alla fase finale e sta circolando tra i vari enti che devono esprimere l'assenso sul contenuto. In maniera ufficiosa mi han detto che potrebbe uscire nell'arco di qualche mese. Questo sarebbe un decreto dedicato al pneumatico fuori uso, che stabilisce in maniera molto chiara, con un allegato, a quali condizioni un pneumatico fuori uso, cioè un rifiuto, diventa una materia prima seconda, in particolare, per la granulazione rispetto alle normative, poiché si lavorano pneumatici di una certa tipologia, in quanto non ci sono presenze di soggetti spuri rispetto al pneumatico fuori uso, i quali, quindi, non possono inquinare. Il decreto fornisce, insomma, tutte le caratteristiche tecniche, compresi i parametri da riscontrare in analisi chimiche, in modo da poter finalmente avere una materia prima seconda: essendo un decreto ad hoc, sarebbe veramente un toccasana.

  STEFANO VIGNAROLI. Se non sbaglio, portate a incenerimento il 46 per cento e a recupero materia il 54: me lo confermate? Dite che il granulato non trova sbocco sul mercato, cioè che è difficile trovare tale sbocco. In concreto, quindi, come si recupera in materia quella tipologia: sottofondi stradali, campi da calcetto? Non so quale sia la tipologia di recupero. Inoltre, a che cosa serve e cosa manca affinché ci siano più sbocchi sul mercato per questo tipo di materia?

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Onorevole, sì: 46 e 54 sono i numeri corretti, che distinguono quanto viene registrato a fine anno. Nel caso primo caso è l'avvenuto recupero di energia, nel secondo è l'avvenuto recupero di materia. Il recupero di materia è la somma di varie voci. Qualunque acciaio estratto dal pneumatico, separato e ripulito, concorre al recupero di materia perché va in acciaieria, viene rifuso e torna a fare l'acciaio. Anche quando andiamo nel cementificio, il 26 per cento della massa di pneumatici fuori uso, che vi viene bruciata, è recupero di materia perché l'acciaio contenuto nella gomma sostituisce l'ossido di ferro, che il cementificio deve comprare per poter fare il cemento.

  STEFANO VIGNAROLI. Se ho capito bene, il 26 per cento è di acciaio? Uno pneumatico ha il 26 per cento di acciaio?

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Ne ha un po’ meno, ma nel cementificio concorrono anche le ceneri perché alcune ceneri del cementificio sostituiscono alcuni ingredienti chimici che il cementificio dovrebbe aggiungere: l'acciaio, che Pag. 21è il 23-24 per cento, più qualche residuo di cenere sostituiscono additivi chimici che...

  STEFANO VIGNAROLI. In peso, come percentuale?

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Sì. Questo è uno dei motivi per cui il cementificio è più bello di altre forme. Lei ha parlato di incenerimento. Io tendenzialmente, quando parlo di cementifici, dico recupero energetico perché, in realtà, il ciabattato che entra nel forno del cementificio entra proprio all'interno della massa che si forma e, come dicevo, una certa massa concorre addirittura a fare cemento. Il cemento, cioè ha dentro di per sé, l'acciaio e quelle ceneri, quindi quando compriamo un sacchetto di cemento, abbiamo dentro quegli ingredienti. Molto spesso, invece, il termine «incenerimento» sottintende un'altra azione: «brucio, butto i fumi nell'aria e non recupero».

  STEFANO VIGNAROLI. No, intendevo combustione. Poi ci sono mille modi...

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Esatto! Era solo per illustrare la differenza. Quando si fa granulo, quando si fa acciaio, tutte queste cose concorrono a fare questo recupero di materia. In tutta Europa, forse in tutto il mondo, oggi ad utilizzare maggiormente i granuli, che peraltro in Italia usiamo colorati, sono le applicazioni nel mondo dello sport, i campi di calcio in primis. In Europa, all'estero, non c'è più un campo di calcio in erba. Si è visto che, per vari motivi, il campo di calcio in erba artificiale, intasato con dei granuli di gomma, dà delle condizioni migliori. Pensate che, nel mondo, circa 500.000 tonnellate di granulo vanno nei campi di calcio: sto parlando di mondo sviluppato, cioè di Paesi come Australia, Stati Uniti, Canada, Giappone e così via. In Italia, nei campi di calcio va circa il 60 per cento dei granuli prodotti, quindi questi ultimi sono grandi assorbitori di granuli perché le prestazioni sono veramente molto, molto soddisfacenti. Ci sono anche i campi di pallamano, di pallavolo e, anche laddove si vede una superficie che sembra di plastica liscia, c'è della gomma: al di sotto, la gomma dà l'elasticità, mentre al di sopra, un leggerissimo strato di resine, di cui un grande produttore è la Mapei, dà la possibilità di scivolare e di avere una superficie liscia, che in alcuni sport è necessaria. L'atleta che deve fare la scivolata sulla gomma non la farebbe; la gomma al di sotto, invece, dà l'elasticità che serve. Anche alcuni parquet di campi di pallacanestro hanno al di sotto la gomma per garantire che quel parquet di legno, sotto, abbia un'elasticità, che altrimenti renderebbe più difficile il gioco. Vi dicevo delle piste di atletica e dei pavimenti delle palestra, quindi è il mondo dello sport in senso molto ampio. L'equitazione è un enorme assorbitore di gomma; in Italia ancora un po’ poco, ma in Germania, per esempio, moltissimo, in quanto gli animali sono molto contenti di riposare in un box dove il tappeto è fatto in gomma, una gomma facilmente lavabile, che evita lo scivolamento dell'animale. Ci sono anche pavimenti di cliniche veterinarie. Ogni giorno scopriamo qualche nuova applicazione ed è per questo che, pian pianino, quel recupero di materia sta salendo, mentre qualche anno fa era al 70 per cento recupero energetico e pochissimo recupero di materia.
  Poi abbiamo l'antivibrante e l'insonorizzazione. Potendolo fare, tutti i binari di treni, metropolitane e tranvie dovrebbero poggiare su della gomma. Quando è così, infatti, il tram passa senza rumore. Io dico sempre: andate a Zurigo, in Bahnhofstrasse, dove il tram non si sente arrivare alle spalle. In Italia, invece, spesso lo sferragliare del tram lo sentiamo da centinaia di metri: perché? In un caso c'è gomma, nell'altro non c'è. Chiaramente, comportano costi. Pur sapendo ciò, le pubbliche amministrazioni hanno delle installazioni fatte in un certo modo ma, via via che le cose si stanno sviluppando, il fabbisogno di gomma c'è: parliamo, quindi, dei mondi dell'insonorizzazione, degli antivibranti, acustico, dell'impermeabilizzazione!
  Un altro grande settore è quello delle strade. Un polverino, aggiunto nella misura dell'8-10 per cento, quando si prepara il bitume per stenderlo, garantisce a quella strada una vita che è da due a tre volte quella della strada senza polverino, che non è detto che Pag. 22sia un pregio (una strada che dura così a lungo magari non piace a qualcuno) e inoltre riduce il rumore del traffico veicolare del 5-6 per cento. In Italia, da quando siamo partiti, non abbiamo fatto, bensì partecipato alla stesura di 400 chilometri circa fra tratti di autostrada, tratti di strada, strade di montagna, strade di pianura, strade di centro città e di provincia, proprio per poter dimostrare, con delle misurazioni fatte prima della sostituzione del manto e dopo, l'abbattimento del rumore del traffico veicolare. Peraltro, 4-5 decibel sono molto sentiti dall'orecchio umano, quindi la strumentazione ci dà la documentazione tecnica, ma chi vive lì vicino sente bene tutto ciò. Via Marsala, qui a Roma, è stata riasfaltata con questo tipo di manto; gli impiegati dell'ufficio ACI, che ha una parete proprio su quella strada, mi dicevano che una mattina, entrando in stanza, non hanno più sentito il rumore della strada e si sono chiesti che cosa fosse successo nel weekend. Semplicemente, nel weekend avevano asfaltato quel tratto di strada con questo tipo di bitume. Ci auguriamo che la maggior parte delle strade d'Italia sia, un bel giorno, fatta in questo modo. Ciò potrebbe quasi permetterci di raggiungere il cento per cento di recupero di materia.

  STEFANO VIGNAROLI. Se ho capito bene, per adesso il 60 per cento del recupero di materia è per campi da calcetto?

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Per lo sport.

  STEFANO VIGNAROLI. Secondo lei, che cosa servirebbe per aiutare questo sfruttamento maggiore?

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Innanzitutto, certamente, il decreto end of waste. In molti mi hanno detto: «metto del polverino nel bitume, poi arriva un magistrato che mi dice che ho seppellito rifiuti nella massa bituminosa e quindi ho paura a farlo». Ho portato loro della documentazione, ma mi hanno detto che se, da un lato, vanno bene le autorizzazioni provinciali e via dicendo, dall'altro, vogliono una legge dello Stato. La legge dello Stato è quel decreto end of waste che vi dicevo, che appena uscirà ci farà fare certamente un salto in quella direzione. In secondo luogo, va incentivato chi utilizza, chi va a comprare del granulo, del polverino riciclato, almeno per un certo numero di anni, cioè finché il sistema viene attivato. Può essere un incentivo fiscale, o comunque una formula per cui si dica che se si compra quello, ciò sarà premiante rispetto all'alternativa. Questi due fattori, insieme, ci farebbero raggiungere una bella quota ulteriore di recupero di materia in pochissimi anni.

  BARTOLOMEO PEPE. Innanzitutto, complimenti per il lavoro che state facendo. Vorrei chiedere due cose, a proposito di Scisciano, se si ricorda...

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Sicuramente.

  BARTOLOMEO PEPE. Fui tra i promotori, anche se non citati, di quest'iniziativa: qual è attualmente il risultato? Vorrei anche conoscere il prezzo del polverino per usi che possono essere i più disparati, come il campo di calcetto: quant'è il prezzo per tonnellata, al quintale? Non so quale sia il punto di riferimento.

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. In Terra dei fuochi, come vi dicevo, abbiamo aggiunto, per le sole due province di Napoli e Caserta, alla nostra normale attività che facciamo in Campania e in tutte le regioni d'Italia, un'attività che non ci sarebbe permessa per legge in altri casi. Noi seguiamo le squadre delle municipalizzate dei comuni interessati e loro fanno la presa dal terreno (noi non possiamo raccogliere un rifiuto sul libero terreno, possiamo solo prelevare in presenza di formulario, quindi ci deve essere passato con questo documento), passandola subito dopo a noi. Ci sobbarchiamo il 90 per cento dei costi, conducendo al recupero queste quantità e raccordandoci al rispetto della normativa. È un progetto transitorio, nato tre anni fa ma, per fortuna, un transitorio lungo. Stiamo facendo ciò con dei fondi che erano in parte a nostra disposizione, in parte a disposizione di altri Pag. 23produttori importatori di pneumatici. È un fondo che ancora ci permette di continuare.
  Con questo fondo abbiamo fatto sia questi interventi molto diffusi nei comuni che hanno aderito al patto, sia in due siti molto particolari, cioè a Scisciano, dove abbiamo raccolto un'ingente quantità accumulata in un cortile e, molto più recentemente, in un sito vicinissimo alla stazione ferroviaria centrale di Napoli, dove c'erano 7.000 tonnellate visibili appena oltre il muro di cinta della ferrovia, quindi anche in una zona estremamente pericolosa. Stiamo ancora continuando il lavoro, ma i due grossi siti ormai non ci sono più. Stiamo continuando, invece, l'operazione sul territorio, quella minuta. Stiamo anche marciando a un ritmo di un centinaio di tonnellate/mese: sono tutti pneumatici fuori uso, raccolti lungo le strade, nei dossi, sotto i ponti, sempre con il primo passaggio fatto dalla municipalizzata. Per fortuna, comunque, non ci sono più questi grandi accumuli, come questi due di cui vi ho raccontato. Penso che andremo avanti ancora per un paio d'anni, quindi il beneficio di quest'iniziativa sta continuando (mi sembra con grande soddisfazione della pubblica amministrazione locale, soprattutto del viceprefetto Cafagna, il nostro riferimento in situ, vista anche la difficoltà, per noi che veniamo da fuori, a operare in quella zona). Tenete presente che, comunque, raccogliamo 22.000-23.000 tonnellate dai gommisti campani. C'è, comunque, quell'operazione standard che fa parte del nostro dovere principale.
  Per quanto riguarda i prezzi, tanto più è fine il polverino, tanto più il prezzo tende ad aumentare; tanto più il granellone è grosso, tanto più il prezzo tende a scendere. Se prendiamo un granulo piuttosto grosso, da 2 millimetri, il prezzo di vendita è mediamente sui 100 euro a tonnellata; un polverino da 0,8-0,6 è tendenzialmente sui 200-250 euro a tonnellata. Vi do dei valori indicativi ma, a seconda delle forniture (lotto grande, lotto piccolo), ci sono delle variabilità. Tenete presente che per un polverino ultrafine, per poterlo reimmettere nella lavorazione di alcune mescole di oggetti in gomma nuovi, il mercato può arrivare a pagare 800 euro a tonnellata, tuttavia questo deve essere non solo ultrafine, quindi lavorato con particolari impianti criogenici, ma anche estremamente pulito, cosa che per l'Italia può essere un target. Se, infatti, riusciamo a innalzare la qualità di queste imprese che lavorano, che vengono da un passato molto fragile, molto provvisorio e riusciamo a farle diventare veramente delle industrie (il fatto che lavorino un rifiuto non deve spingere a pensare che appartengano a un mondo rozzo), se riusciamo a fare un'industria di qualità, un'industria certificata, con installazioni capaci di produrre questi impianti, allora tutto il sistema va nella direzione giusta, relativamente alla quale anche i suoi colleghi chiedevano come poter aumentare la quota di recupero di materia. La quota di recupero di materia si aumenta aprendo le applicazioni finali e facendo in modo che questo sia un vero materiale industriale.

  ALBERTO ZOLEZZI. Voglio farle tre domande. Vi risulta una dispersione di materiale, di pneumatici verso l'estero? State ricercando eventuali criticità dell’end of waste? Mi riferisco a criticità chimiche, a rilascio, con cessione di sostanze inquinanti della materia recuperata. Vorrei, inoltre, un commento sul bilancio. Vedo qui ricavi dell'ordine di 70 milioni di euro all'anno e vorrei capire meglio. Peraltro, adesso ci ha parlato della possibilità commerciale che esiste e vorrei capire da che cosa sono composti quei 70 milioni, cioè quanto sia imputabile al ritiro dei pneumatici usati e quanto alla vendita del polverino.

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. La ringrazio per un'altra opportunità di dettaglio. Quanto alle dispersioni verso l'estero, seguiamo questa logica: ogni giorno, ogni mese, quindi periodicamente, conferiamo la quantità massima che abbiamo raccolto dalle aziende che fanno granulo e polverino, quindi che fanno recupero di materia, al massimo della loro capacità di assorbimento (che non è l'impianto, di cui si fa in fretta ad aumentare la capacità). Il vero problema, per chi fa granulo e polverino, è quello di poterlo vendere. Voi sapete che se un ex rifiuto rimane fermo, stoccato come lavorato, ma non c'è mercato, Pag. 24tendenzialmente torna a essere un rifiuto. Una delle caratteristiche perché un rifiuto diventi un non rifiuto, è che a valle ci sia un mercato. Chi produce granulo e polverini, quindi, ha il problema di trovare sbocchi per il proprio granulo e polverino. Il mercato è, per loro, sia italiano, sia estero ma, in questo caso, stiamo parlando di un mercato estero di qualcosa che non è più un rifiuto. Ben venga che un granulatore italiano fornisca granulo per fare un campo di calcio in Medio Oriente, ma...

  PRESIDENTE. Non va via il pneumatico così com'è, ma sotto forma di lavorato.

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Sotto forma di lavorato e di già trasformato, per la legge italiana, in un non rifiuto. Consegniamo la seconda quota, la seconda fetta, tramite...

  ALBERTO ZOLEZZI. A livello quantitativo riesce a darmi delle indicazioni?

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Noi consegniamo a quelli che fanno il granulo in Italia, che vuol dire 100.000 tonnellate. Abbiamo tutti i dati e vi lasceremo poi un report preciso. Comunque, è la quota parte importante di quello che diventa granulo e polverino. Consegniamo anche una seconda quota tramite ciabattatura – una frantumazione piuttosto grossolana – alle aziende che fanno il ciabattato per i cementifici italiani. Purtroppo, in Italia i cementifici autorizzati a fare recupero energetico usando il ciabattato sono solo tre, quindi non abbiamo tantissimo spazio perché, ovviamente, questi tre cementifici hanno i loro limiti quantitativi: sono solo tre. A questo punto, se abbiamo ancora una quantità da assegnare, dobbiamo ricorrere, giocoforza, ai cementifici esteri. Ad oggi utilizziamo cementifici marocchini o turchi, per due o tre motivi. Uno per tutti: la rotta è corta, siamo nel Mediterraneo ed è molto facile controllare la nave che parte e la nave che arriva, che quindi non rimane in giro per gli oceani come nel caso delle destinazioni asiatiche. In questi Paesi operano aziende che tengono degli impianti a norma europea, quindi non irrispettosi delle normative. La lavorazione avviene lì come sarebbe avvenuta in Europa. Alcuni di questi impianti, addirittura, appartengono all'Italcementi, quindi, addirittura il beneficiario è un'azienda italiana. Ovviamente, per noi, questa terza fetta è quella che vorremmo azzerare per prima ma, comunque, è un beneficio regalato. Il cementificio che ritira questo materiale ha un'ottima prestazione perché il potere calorifico del pneumatico è pari a quello del carbone, ma non lo paga, quindi è veramente una regalia che siamo costretti a fare a certi Paesi solo perché il nostro non riesce a ospitare il tutto. Dal nostro flusso non c'è una dispersione, se per dispersione intendiamo qualcosa che esce e non sappiamo dove va. Dall'Italia, invece, ci sono dei rischi di uscita perché noi trattiamo una certa quota, ma non il tutto. Soprattutto, relativamente a quello che può andare pericolosamente verso l'estero, mi ricollego a quello che già dicevo prima: se ci sono delle vendite in nero e queste non rientrano nei nostri target, qualcosa rimane abbandonato sul suolo, ma qualcosa viene certamente buttato. Combattere l'illegalità vuol dire riportare quella quota di flusso, oggi certamente a rischio di abbandono o di uscita negativa, all'interno di un canale blindato, che è il nostro o quello di chi fa il nostro mestiere.
  Vengo al rilascio degli inquinanti e quindi ai rischi connessi con il materiale. Sapete che il pneumatico ha una storia di 150 anni, quindi è un oggetto molto diffuso. I problemi del trattamento del rifiuto sono recenti, ma la storia del pneumatico è di lunga data, per cui è stato oggetto, nella sua storia, di mille controlli, di mille situazioni. La nostra attività di frantumazione è fatta meccanicamente, a freddo, cioè non utilizziamo cambi di temperatura né ingredienti chimici per produrre granulo e polverino. Sostanzialmente, facciamo solo un affettamento, una spezzatura, che non introduce strane componenti e non induce particolari reazioni chimiche. Ciononostante, prima di partire abbiamo fatto uno studio di natura documentale. Abbiamo chiesto alla Melete, una società di Milano con medici, chimici e biologi legati anche all'Università di medicina, di fare un'indagine per assicurarci che in tutta la Pag. 25lunga bibliografia esistente al mondo sulle applicazioni di granulo e polverini, non ci fossero mai stati dei riscontri negativi. Abbiamo fatto ciò nel 2010 perché stavamo preparandoci a partire e ci sembrava idoneo farlo. Più recentemente, anche perché sono nate voci, tensioni, dubbi e preoccupazioni abbiamo lanciato un grosso lavoro con l'Istituto Mario Negri, a cui abbiamo chiesto di esaminare una serie estremamente ampia di campioni, raccolti frantumando pneumatici fuori uso di varie provenienze e varie tipologie (vetture, autocarri, agricoltura, prodotti in Europa, prodotti fuori dall'Europa, tutti macinati e campionati). All'Istituto Mario Negri abbiamo chiesto di verificare se c'erano elementi di tossicità che potessero comparire dal granulo e potessero comparire dal granulo nel contatto dermico, che non sempre è un contatto asciutto perché può intercorrere la saliva, cioè possono intercorrere liquidi biologici. Il resoconto di tutta questa massa di studi che abbiamo presentato al Ministero dell'ambiente, al Ministero della salute, a ISPRA e all'Istituto superiore di sanità, è servito e sta servendo per quel decreto end of waste che vi dicevo. È diventato un tassello, per fortuna positivo, che porterà quasi sicuramente le autorità a esprimere con il decreto end of waste la piena accettazione del sistema. In realtà, l'ECHA, l'ente europeo che governa i prodotti chimici, si è già espresso e ha già detto che non c'è problema. In attesa che anche le autorità italiane si esprimano, abbiamo già la rassicurazione che ECHA, che sapete essere un soggetto molto attento, molto indagante, ha già espresso il parere per cui tutte le applicazioni sono tranquille.

  ALBERTO ZOLEZZI. Se ci può mandare qualcosa...

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Abbiamo moltissima documentazione, che vi facciamo avere nel giro di pochi giorni. Abbiamo addirittura, per fortuna, un bel documento riepilogativo di ECHA, di pochissimi giorni fa, con uno statement estremamente preciso, che addirittura si spinge a riferirsi ai giochi dei bambini. Era già venuto il dubbio che per l'adulto non ci fossero problemi, ma che magari per il bambino potessero essercene: l'ECHA ha sciolto tutti i dubbi. Io mi auguro che presto ci sia anche il documento italiano, che serve a noi sotto forma di decreto end of waste. Quanto all'ultima sua domanda, sui 70 milioni, per ogni pneumatico venduto in Italia regolarmente, nella fattura, nello scontrino, nella ricevuta fiscale compare un contributo, che la legge prevede sia calcolato da noi. Noi fissiamo, quindi, il valore del contributo, variabile da pneumatico a pneumatico perché, sostanzialmente, segue il peso.
  Siccome tutti i costi sono legati al peso, se il pneumatico è per una Panda e pesa 5 chili, ha un costo; se è un pneumatico per una macchina movimento terra, può pesare anche 300-400-500 chili e avrà, in proporzione, un costo ben maggiore. Noi formuliamo il valore del contributo, lo sottoponiamo al Ministero, che può metterlo in discussione, chiedere chiarimenti, contestarlo, oppure c'è un silenzio assenso che ci permette di applicarlo. Questo contributo viene pagato da chiunque compra un pneumatico; il valore che si paga lo si vede in fattura perché la legge obbliga non a sommarlo nel prezzo, ma a metterlo aggiuntivo al prezzo, in modo che sia visibile al consumatore finale, quindi il consumatore finale in questi anni ha visto quel calo del 25 per cento che abbiamo realizzato e di cui vi dicevo.
  Noi, con tutti questi soldi raccolti, quando facciamo il piano immaginiamo di coprire tutti i costi per trattare quanto ci compete; quello che ci compete è la quantità di pneumatici immessa nei nostri soci nell'anno precedente; quindi, se so che i miei soci hanno immesso 200.000 tonnellate, devo fare i conti per trattare 200.000 tonnellate. Si tratta di stime perché, ovviamente, quando si fa il piano a ottobre ci sono dei fattori di incertezza (ossia, quanto poi si raccoglie davvero, dove lo si raccoglie, se ne raccolgo di più in Sicilia o ne raccolgo di più in Lombardia). Tenete presente che il costo medio per la raccolta in Sicilia è quasi il doppio del costo medio della raccolta in Lombardia perché Sicilia vuol dire Pantelleria, Lampedusa, Favignana, cioè un terreno montuoso: riempire un camion in Sicilia richiede ore e ore di transito sull'isola e su per la montagna, mentre Pag. 26 a riempire un camion tra Modena e Fidenza si fa in un attimo perché si va per cassoni. Sono quindi nature logistiche diverse. Noi, a fine anno, una volta abbiamo centrato quasi lo zero, un paio d'anni abbiamo centrato una perdita, un paio d'anni abbiamo centrato una positività, però l'istituzione è tranquilla che, se c'è la perdita, la recuperiamo l'anno dopo, mentre se c'è l'utile, esso rimane in azienda, cioè non esce e, come dicevo prima, va a beneficio di interventi speciali. Direi, quindi, che parliamo di un errore di centratura che – penso – ci sarà sempre, ma che non sottrae i soldi né al Paese, né al cittadino, anzi, glieli fa ritornare.

  STEFANO VIGNAROLI. Voi coprite il 75 per cento del mercato globale?

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Noi copriamo il 70 per cento del mercato nazionale.

  STEFANO VIGNAROLI. Gli altri operatori quanti sono? Sono piccoli?

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Ci sono in forma consortile, quindi con strutture come la nostra: ce ne sono altri 9 (siamo, quindi, in totale 10), di cui uno mi pare mai funzionante (esiste ma di fatto non ha mai iniziato ad operare); poi ci sono una cinquantina di altri soggetti autorizzati come importatori individuali, cioè l'importatore ha dichiarato di curare in proprio, da solo, i propri quantitativi, i propri obblighi, senza ricorrere ad associarsi con altri e a costituire una struttura separata. Io non ho però risposto a una domanda sua. Lei mi aveva chiesto anche come si ripartiscono i costi nella raccolta. Faccia conto che le operazioni di raccolta, stoccaggio e trasporto, più la logistica, sono il 40 per cento.

  ALBERTO ZOLEZZI. Mi sono perso: 40 per cento di quale cifra?

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Di 70 milioni.

  ALBERTO ZOLEZZI. Lei mi ha detto il bilancio: facciamo che siamo pari per semplicità, quindi il 40 per cento è il costo di raccolta e stoccaggio?

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Sì.

  ALBERTO ZOLEZZI. Lei ha detto che acquisite questa sorta di contributo ambientale all'acquisto del pneumatico, però mi interessa sapere il ricavo dalla vendita del granulo.

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Parto da questa ultima sua annotazione. Noi abbiamo scelto, fin dagli inizi, di lasciare le società che operano per noi libere sul fronte commerciale (cosa che si sta rivelando assolutamente vincente), cioè chi produce granulo, lo vende lui: non entriamo nelle logiche commerciali di vendere e rivendere il prodotto finito. Noi ci preoccupiamo molto di curare quello che è rifiuto finché rimane tale, ma quando un prodotto è diventato prodotto, noi siamo convinti che nulla sia meglio del mercato per occuparsene. Tra l'altro, questo ci dà una grandissima autorevolezza perché nessun operatore ci sente concorrenti e quindi accetta molto di più quando facciamo delle critiche, in quanto sa che facciamo critiche che sono avulse da qualunque possibile nostro interesse di natura commerciale.
  Questo fa sì che ogni operatore, ogni imprenditore si senta totalmente protagonista del suo operato, sapendo che ottiene da noi, a dei valori stabiliti dalle gare, il conferimento; dopodiché, si ingegna a lavorarlo, a produrre il granulo e a venderlo in Italia e all'estero, per venderlo bene. Qui vi è anche un incentivo perché l'imprenditore sa che più investe, più ci segue nei consigli qualitativi che lo inducono a migliorare il prodotto e più il vantaggio torna a lui perché incamererà l'eventuale maggior vantaggio di vendere il prodotto in maggiore quantità o a un miglior prezzo.
  Io vorrei rimanere sempre avulso, potendolo fare, dalla logica di entrare nel business perché, a quel punto, la nostra autorevolezza di gestori di una filiera si mescolerebbe con atroci dubbi che facciamo tutto ciò per un tornaconto nostro. Quei 70 milioni, Pag. 27quindi, ci servono solo per raccogliere, trasportare, portare ai cancelli e dare un sostegno all'operatore, visto che oggi costui non riesce a ricavare quanto gli serve nella vendita, quindi è il famoso contributo al cancello, con cui si finanzia parzialmente il granulatore, che mediamente oggi prende 100-120 euro dal mercato vendendo il granulo, ma che prende circa 90 euro da noi a compensazione. Con questi due addendi, egli vive e riesce a prosperare. È chiaro che il nostro apporto tende a scendere – ed è sempre sceso anno dopo anno – per spingere invece chiunque a vendere sempre meglio a valle nel mercato libero.

  ALBERTO ZOLEZZI. Ha detto, quindi, costi di raccolta e stoccaggio al 40 per cento, quindi gli altri costi sono trasporto e sostegno all'operatore?

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. No, il 40 per cento sono i costi della parte più logistica, quindi la raccolta porta a porta, lo stoccaggio e i trasporti ai cancelli delle imprese. Un altro 40 per cento circa va a sussidio delle operazioni di frantumazione, cioè per sostenere chi frantuma. Nella residua parte ci sono le tasse da pagare (perché paghiamo tasse), i costi nostri, i costi del sistema informatico, i costi di ricerca e sviluppo (quel lavoro che abbiamo fatto con il Mario Negri ci è costato 800.000 euro perché è stato un lavoro enorme, massiccio, ma che ci ha tolto dei grandi dubbi). Tendenzialmente, tanto entra, tanto esce, come vi dicevo prima, proprio per la logica di essere a profitto zero.

  ALBERTO ZOLEZZI. Quindi, 70 milioni li ricavate tutti dal contributo ambientale?

  GIOVANNI CORBETTA, direttore generale di Ecopneus. Solo di contributo ambientale: non abbiamo altre entrate. Questa è un'altra forma di pulizia nostra che ci piace molto perché si sa che quello che entra da noi, è quello che il cittadino ha pagato, proprio perché avendo comprato un pneumatico e poi utilizzandolo, in quel modo si finanzia il costo del suo trattamento. Non abbiamo altra forma di entrata e non abbiamo, quindi, alcuna entrata di natura commerciale.

  PRESIDENTE. Noi la ringraziamo, anche per le dettagliatissime risposte. Se avessimo necessità di qualche altra richiesta, le faremo sapere ma l'audizione è stata molto esaustiva. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 15.25, è ripresa alle 15.35.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione appena svoltasi ha stabilito che la missione in Campania, già prevista per il 30 marzo 2017, si svolga martedì 4 aprile 2017. È stato inoltre stabilito che abbiano luogo una missione nelle Marche dal 19 al 21 aprile 2017, una missione in Liguria e in Piemonte dal 27 al 28 aprile 2017 e una missione in Sicilia dal 3 al 5 maggio 2017.

  La seduta termina alle 15.40.