XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate

Resoconto stenografico



Seduta n. 78 di Giovedì 16 marzo 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gelli Federico , Presidente ... 3 

Audizione del Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno, prefetto Gerarda Pantalone:
Gelli Federico , Presidente ... 3 ,
Pantalone Gerarda , Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno ... 5 ,
Gelli Federico , Presidente ... 6 ,
Pantalone Gerarda , Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno ... 6 ,
Gelli Federico , Presidente ... 11 ,
Rondini Marco (LNA)  ... 11 ,
Gelli Federico , Presidente ... 11 ,
Pantalone Gerarda , Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno ... 11 ,
Gelli Federico , Presidente ... 13 ,
Pantalone Gerarda , Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno ... 13 ,
Gelli Federico , Presidente ... 13 ,
Pantalone Gerarda , Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno ... 14 ,
Gelli Federico , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FEDERICO GELLI

  La seduta comincia alle 9.05.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.
  Per quanto concerne la possibilità di passare a dichiarazioni riservate, quest'Aula non la prevede.

Audizione del Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno, prefetto Gerarda Pantalone.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Prefetto Gerarda Pantalone, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione. Com'è noto, dal 13 febbraio la dottoressa Pantalone è subentrata al Prefetto Morcone alla guida del Dipartimento.
  La Commissione in quest'ultimo mese ha effettuato un «giro di orizzonte» sul tema dell'accoglienza dei migranti con le principali cariche istituzionali. Lo scorso 22 febbraio la Commissione ha ascoltato il Ministro Minniti, il 7 marzo è intervenuto il Prefetto Gabrielli e con l'audizione di oggi si completa questo quadro importante.
  La Commissione ha avuto più volte modo di incontrare il Prefetto Morcone, il 7 maggio, il 21 luglio e il 3 dicembre 2015, nonché il 10 maggio e il 19 luglio 2016.
  Nell'introdurre questa sua ultima audizione, il prefetto fece presente il tema della destinazione di una sezione del CARA di Mineo alle funzioni di hotspot. Tale scelta operativa fu vivamente osteggiata dalle autorità locali, compresi i procuratori della Repubblica di Catania e Caltagirone, nonché dalle organizzazioni umanitarie internazionali operanti nel centro. La Procura generale di Catania dovrebbe avere anche esplicitato – così ha indicato – le proprie ragioni in una nota inviata al Ministero dell'interno.
  Questa Commissione ha esposto le proprie preoccupazioni nelle relazioni approvate in tema di hotspot, che è uno dei filoni di indagine del lavoro della Commissione, relazioni che sono state depositate all'Aula.
  Nella medesima direzione si è espressa anche l'Assemblea della Camera, approvando la recente mozione Carnevali – oltre ad altre mozioni – nella seduta del 4 ottobre 2016, mozione che ha impegnato il Governo ad escludere l'ipotesi di adibire il CARA di Mineo alla funzione di hotspot, compatibilmente con lo sviluppo dei flussi e con gli impegni che il nostro Paese assumerà in sede europea. La mozione indicava come possibile uso alternativo di parte della struttura la creazione di specifici lotti dedicati all'assistenza di categorie vulnerabili, quali donne in difficoltà, famiglie e minori non accompagnati.
  Chiudo sull'argomento. Ci tengo, ovviamente, ad averlo sottolineato con il nuovo Capo del Dipartimento, perché si trattava di una condivisione trasversale di tutti i Gruppi politici che parteciparono alla missione al CARA di Mineo. La Commissione Pag. 4ha convenuto sul fatto che la struttura del CARA dovrebbe essere gradualmente svuotata.
  Peraltro, lo stesso discorso può essere fatto anche per gli altri grandi centri, come quelli di Crotone, Borgo Mezzanone, Cona, Bagnoli e Treviso, anche perché la direzione che più volte è stata auspicata e condivisa è quella dell'accoglienza diffusa.
  Bisogna anche tentare di fissare degli obiettivi in termini di riduzione, almeno per quanto concerne i centri più sovraffollati, come quelli che prima ho elencato.
  Devo far presente – questa è una piccola nota a margine del nostro impegno – che la crescita del livello qualitativo della politica dell'accoglienza si scontra con un contesto mondiale drammatico. È di questi giorni la notizia secondo la quale, in un rapporto presentato dal Consiglio di sicurezza dell'ONU, la situazione attuale viene definita come la crisi umanitaria più grave della fine della seconda guerra mondiale, con oltre 20 milioni di persone che rischiano di morire di fame. Il riferimento è principalmente diretto ai Paesi africani, quali lo Yemen, il Sud Sudan, la Somalia e la Nigeria.
  È ovvio che l'alto numero di persone in condizioni di grave insicurezza alimentare concentrato nell'Africa orientale e meridionale potrà avere conseguenze sul fronte mediterraneo in termini di flussi migratori. Lo dico giusto a corollario del nostro lavoro e per avere presente sempre una dimensione di quello che avviene nel resto del mondo.
  Ricordo poi che le Camere sono tuttora impegnate nella conversione del decreto legge 17 febbraio 2017 n. 13, volto all'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale e al contrasto dell'immigrazione illegale. Al momento il testo è ancora al Senato, mentre la Camera lo esaminerà in seconda lettura.
  La Commissione non può non cogliere l'occasione per una sua valutazione del provvedimento, ovviamente quando arriverà anche qui da noi. Se anche il signor prefetto vorrà entrare nel merito del provvedimento e articolare le sue possibili ricadute, ovviamente, ciò sarà ben gradito.
  Ugualmente di attualità è la questione del nuovo contratto tipo per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al finanziamento delle strutture di accoglienza dei migranti. Il nuovo contratto supera il modello del gestore unico e dovrebbe rafforzare le attività di ispezione e monitoraggio del Ministero dell'interno sugli standard qualitativi dei servizi resi. Si tratta di un tema molto caro alla Commissione, sul quale vorremmo ulteriori specifiche e spiegazioni.
  Da ultimo, le chiedo notizie sull'aspetto tecnico riguardante i tempi della messa in funzione del sistema operativo SGA (Sistema per la gestione dell'accoglienza). Chiedo se ci può fornire qualche aggiornamento a tale proposito.
  Prima di dare la parola al Prefetto Pantalone, approfitto sempre della sua presenza per precisare che abbiamo anche un contingentamento dei tempi legato alla ripresa dei lavori dell'Aula, presumibilmente intorno alle 10. Siamo d'accordo con il prefetto – lo comunico a tutti i colleghi – che, ove fosse necessario per rispondere alle domande che porrete, il prefetto potrà ritornare per continuare la nostra seduta.
  Prima di darle la parola, le voglio dire che le cose che abbiamo sottolineato, signor prefetto, sono legate a filoni di attività che la nostra Commissione sta svolgendo. Un filone che si è concluso è quello riguardante l’hotspot, un altro è sul CARA di Mineo. Abbiamo una relazione che proprio a breve dovrà essere presentata formalmente e abbiamo un gruppo di lavoro impegnato su questo tema.
  Un altro filone di attività è legato ai minori non accompagnati, un altro all'assistenza sanitaria dei migranti e un altro all'attività di gestione e alle modalità di affidamento della gestione dei centri di accoglienza.
  In ultimo, le volevo dire che i nostri collaboratori della Commissione stanno facendo, su indicazione dei colleghi commissari, un lavoro di monitoraggio sulle strutture presenti nel nostro Paese, nel tentativo di riuscire a capire, attraverso una serie di parametri e di criteri, gli elementi di maggiore problematicità che possono essere Pag. 5messi in luce e che potrebbero essere parte integrante anche – credo – del lavoro che il Ministero dell'interno sta svolgendo del fenomeno di monitoraggio e di controllo sul funzionamento e su elementi di problematicità che nei centri sono presenti.
  Lo dico perché molto spesso anche noi veniamo richiamati dall'attenzione mediatica dei giornali, dalle denunce e dalle dichiarazioni e arriviamo sempre «dopo». Il fatto che anche la Commissione, nel suo piccolo, possa, attraverso i collaboratori della polizia giudiziaria, arrivare a collaborare per avere un quadro più completo possibile, almeno delle situazioni maggiormente delicate e sensibili del Paese, credo sia un lavoro e una competenza anche della nostra Commissione, che ovviamente poi darà modo di avere un confronto con il suo lavoro e con il lavoro del suo dipartimento.
  Procedo immediatamente a cederle la parola. Avverto che il Prefetto Pantalone è accompagnata dal Prefetto Carmine Valente, Direttore centrale dei Servizi civili per l'immigrazione e l'asilo, e dal Viceprefetto dottoressa Alessandra Camporota, Capo di Gabinetto del Dipartimento.
  Ringrazio il Prefetto Pantalone e le cedo immediatamente la parola.

  GERARDA PANTALONE, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno. Grazie, signor presidente. Buongiorno a lei e buongiorno a tutti i signori parlamentari.
  È per me un'occasione, a solo un mese da quando ho assunto il nuovo incarico, quella di aver potuto concentrarmi su un focus su tutta la gestione del fenomeno immigrazione e, quindi, di venire qui anche ad ascoltare le vostre puntualizzazioni e le vostre richieste.
  Intanto, visto che lei accennava prima anche ad un contingentamento di tempi, consegnerei una relazione, se lei è d'accordo, un po’ più completa di tutti gli argomenti, in modo che possiamo fare una sintesi di ciò che può interessare di più stamattina questa Commissione.
  Ometto tutti i dati, perché penso che li abbiamo tutti i giorni. Quello che sappiamo di sicuro è che ci stiamo confrontando con un fenomeno di una dimensione consistente, che si riversa sui nostri territori, creando delle difficoltà.
  Ci stiamo confrontando da tempo, soprattutto dal 2014. Dal 2014, mano a mano, si è venuta componendo un'organizzazione, una strutturazione del sistema di accoglienza. Siamo partiti con un'accoglienza abbastanza sporadica e basata anche sulle capacità recettive dei territori e poi, progressivamente, ci siamo dovuti confrontare con una situazione che richiedeva una messa a punto di un sistema di gestione per affrontare i continui arrivi e gli incrementi dei migranti da accogliere.
  L'Europa ha attenzionato il problema ed è intervenuta in modo tangibile con decisioni che ci hanno portato a misure che sarebbero dovute essere di favore per l'Italia. Mi riferisco alla relocation, che avrebbe dovuto comportare il ricollocamento in altri Stati membri di circa 40.000 persone – 39.600 per l'esattezza – in due anni.
  Allo stato, alla data attuale, posso dire che sono state ricollocate 4.436 persone. Il programma è andato avanti molto, molto lentamente. Forse da qualche mese ha cominciato a subire un'accelerazione. Dopo la disponibilità della Germania a poter accogliere 500 asilanti al mese, c'è stato anche un effetto di «trascinamento» verso altri Stati, che hanno cominciato a essere molto più disponibili, ragion per cui siamo arrivati ad un migliaio di disponibilità mensili, talché ad oggi abbiamo altre 4.000 situazioni in trattazione, con un diverso stato di attuazione delle procedure.
  Alcune sono in fase di definizione vera e propria. Abbiamo circa 4.000 persone in attesa con l'individuazione dei Paesi. In particolare, se può interessare, sono stati già individuati gli Stati membri per 1.742 asilanti e siamo in attesa di approvazione da parte dello Stato membro.
  Cosa non ha funzionato finora? Ci sono molti Stati membri che non hanno dato l'approvazione e ancora ci sono degli Stati che ci avevano dato l'approvazione, ma che non sono stati di gradimento dell'asilante.
  A fronte di quest'apertura che l'Europa ci aveva dato, l'Italia si è dovuta attrezzare con gli hotspot, aree attrezzate per poter svolgere le prime operazioni di assistenza e Pag. 6soccorso e soprattutto per procedere alle prime operazioni che conducono all'identificazione dei migranti.
  Legherei le due questioni per poter parlare subito di Mineo. Oggi noi abbiamo quattro hotspot in attivo, che ci danno una capienza di 1.600 posti: 500 a Lampedusa, 400 a Trapani, 300 a Pozzallo e 400 a Taranto. Sono in fase di lavori, alcuni in stato avanzato, altri ancora di fine progettazione per l'apertura di altri hotspot.
  In Sicilia intanto c'è un'area attrezzata a Messina, nell'ambito della caserma Gasparro, nelle vicinanze del porto. È una struttura che poi sarà destinata a centro di accoglienza. Nell'ambito di questa caserma sono in corso lavori di ristrutturazione per sistemazioni in strutture modulari che andranno a sostituire le tende che oggi ci sono a Messina e che fungono da accoglienza dei migranti, sicuramente per avere una soluzione più idonea a salvaguardare la dignità delle persone. Dovremmo avere la disponibilità di quest'area per giugno.
  Poi ancora a Palermo vi sono dei lavori per realizzare un hotspot su un'area acquisita dall'Agenzia dei beni confiscati, per la quale il comune ha concesso la propria disponibilità per avere 150 posti, mentre nell’hotspot di Messina c'erano 300 posti.
  È stata fatta ancora una riflessione. Noi stiamo utilizzando non solo la Sicilia come area di sbarco, ma stiamo utilizzando anche molto la Calabria. Allora si è lavorato sulla creazione di hotspot anche in Calabria. Sono stati presi contatti con tutte le Istituzioni coinvolte, che hanno convenuto, ragion per cui non vi dovrebbero essere problemi territoriali di reazione.
  È una programmazione che ci darà, nel complessivo, 1.600 posti. In particolare, saranno attrezzate le aree portuali di Corigliano Calabro, in provincia di Cosenza, per 400 posti, di Crotone per 800 posti e di Reggio Calabria per 400 posti. Questi lavori, tra ottobre e novembre di quest'anno, dovrebbero consentire la realizzazione delle nuove strutture.
  Per finire la panoramica, aggiungo che per la Sardegna, dove pure lo scorso anno quantomeno ci sono stati degli sbarchi di navi, si sta pensando – c'è l'accordo con la Regione Sardegna – alla creazione di hotspot mobili, che modularmente potranno essere trasferiti nei diversi porti dove potranno approdare le navi.
  In relazione a tutta questa pianificazione e tenuto conto delle difficoltà e delle criticità emerse in precedenza, la creazione dell’hotspot in una porzione del centro di Mineo va verso il superamento. Diciamo che è stata superata. Ci si è indirizzati piuttosto verso la creazione di aree dedicate per le fasce più deboli. Molto probabilmente, la nostra intenzione sarebbe proprio per l'accoglienza dei minori, tenuto conto che in Sicilia vi è questo grosso problema.

  PRESIDENTE. Siamo molto felici della sua comunicazione. Poi lo diranno i colleghi sicuramente.

  GERARDA PANTALONE, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno. Visto che stiamo parlando di Mineo, facciamo un salto al centro di Mineo. Come tutti gli altri grandi centri, è nostro intendimento riuscire ad attuare degli alleggerimenti. Non è una buona gestione quella dei grandi centri: non fa bene agli stessi migranti, non fa bene ai territori, non fa bene a nessuno.
  Il tutto, ovviamente, diventa difficile e deve essere compatibile con gli arrivi e con i flussi, ma soprattutto deve essere compatibile – ne parleremo dopo – con il Piano di accoglienza diffusa dei migranti su cui noi puntiamo moltissimo.
  Con queste premesse vi comunico anche l'altra notizia: il centro di Mineo, che aveva un contratto di locazione in scadenza a ottobre, con una clausola di rinnovo automatico senza l'esercizio dell'azione di recesso sei mesi prima, quindi ora, entro il 26 marzo, va verso il rinnovo, ma con l'idea di riuscire ad alleggerirlo nei numeri.
  Tra l'altro, già oggi la soluzione è un po’ diversa. Se ci riferiamo a fine anno, vi era una presenza di quasi 4.000 persone, la capienza massima, perché il contratto, come ben sapete, prevede un numero tra i 3.000 e i 4.000. A dicembre si era toccata quasi la cifra massima perché eravamo arrivati a Pag. 73.700-3.800. Oggi piuttosto andiamo verso i 3.200.
  Anche questo tema va esaminato nel contesto proprio della diffusione dell'accoglienza che anche con la Regione Sicilia noi vogliamo incominciare. Finora la Regione Sicilia era stata tenuta un po’ indenne dall'accoglienza in strutture, perché gravata dagli sbarchi.
  Adesso bisogna iniziare a fare un discorso. Gli sbarchi stanno avvenendo anche in Calabria e anche in altre zone. Quindi, bisogna incominciare con i prefetti. Fra qualche giorno parlerò con tutti i prefetti della Sicilia proprio per incominciare ad attuare con i sindaci un piano graduale di distribuzione e di accoglienza. Questo fa superare la questione di Mineo.
  Faccio un cenno soltanto ai centri. Come sono distribuiti i migranti oggi e che cosa abbiamo fatto nel tempo? Nel 2014 abbiamo utilizzato essenzialmente i centri di prima accoglienza, gli ex CARA, che nel 2014 erano nove e oggi sono diventati quindici. Ad oggi in questi grandi centri di prima accoglienza – che ricomprendono un po’ le strutture già esistenti di Crotone, Bari, Brindisi, Roma, Foggia e Caltanissetta, a cui si sono aggiunti Mineo, gli ex Centri di identificazione ed espulsione di Gorizia e Bologna e ancora alcune strutture dismesse del Ministero della difesa a Padova, Treviso, Venezia, Messina e Udine – ospitiamo 13.337 migranti (al 1° marzo).
  Quanto ai centri temporanei che abbiamo attivato, voi sapete che, con il decreto legislativo n. 142 del 2015, è stata data ai prefetti la possibilità, in relazione ai flussi e all'indisponibilità di posti, di attivare dei centri temporanei. I centri temporanei oggi sono la componente principale del nostro sistema di accoglienza. Sono andati aumentando in una maniera incredibile. Siamo passati dai 3.643 del 2015 a 6.963 del 2016, agli attuali 7.121, e ospitano 136.573 migranti.
  I dati che fornisco li ho resi tutti omogenei alla data del 1° marzo, per avere un unico parametro di riferimento. Alla stessa data, nelle strutture SPRAR di seconda accoglienza abbiamo 23.621 migranti. Quindi, facendo una percentuale, vediamo che il nostro sistema di accoglienza oggi è basato per il 79 per cento, quindi quasi per l'80 per cento, su accoglienza in strutture straordinarie attivate dai prefetti per l'indisponibilità di altri posti.
  Il nostro obiettivo è quello di arrivare a una gestione molto più diffusa dei centri SPRAR. Intanto perché l'accoglienza dei centri SPRAR è un'accoglienza di secondo livello, un'accoglienza che non pensa solo alla distribuzione del pasto e dei primi servizi alla persona, ma incomincia a fare un'integrazione molto più seria, con progetti sostenibili e con la cura degli enti locali, che si avvalgono del supporto di associazioni.
  Anche i sistemi SPRAR sono andati aumentando nel tempo. Siamo passati dal 2012, quando erano solo 50 enti locali che vi partecipavano, per pochissimi posti, a mano a mano, alla data del 1° marzo, a 23.621 persone ospitate, con 640 progetti SPRAR attivati in 546 enti locali. Di questi centri 501 sono centri ordinari, 95 sono destinati a minori non accompagnati e 44 sono dedicati a persone in evidente stato di disagio.
  Il Ministero punta molto sulla politica degli SPRAR, tant'è vero che è intervenuto anche per semplificare l'accesso ai fondi SPRAR, legandone il contributo a quello degli enti locali. Il contributo che eroga il Ministero è per il 95 per cento del progetto. A carico dell'ente locale, unito alle associazioni di supporto, resta un contributo minimo.
  Ancora, un tempo vi erano delle regole ben precise, con procedure un po’ più articolate, che prevedevano presentazioni cadenzate dei progetti in determinati periodi dell'anno. Adesso, appena il comune è pronto, in qualunque momento può presentare il progetto SPRAR, in quanto vi è una Commissione permanente che li esamina e li ammette a finanziamento due volte l'anno, a luglio e a gennaio.
  Debbo fare un cenno ai minori non accompagnati, perché i costituiscono «il problema dei problemi», non solo per l'entità, che è consistente – l'anno scorso ne sono arrivati più di 25.000 – ma anche per la carenza di strutture riservate a loro, a Pag. 8questa categoria che, per definizione, ha diritto a un'accoglienza più dedicata.
  Aggiungerei anche una legislazione e un quadro normativo non ancora completi, che hanno visto nel tempo alternarsi diversi livelli di responsabilità. Parliamo del periodo precedente al 2014. Intanto si tratta di un sistema imperniato sugli enti locali per eccellenza, perché l'ente locale deve trattare il minore non accompagnato in virtù della stessa normativa del minore in stato di abbandono. Quindi, l'ente locale è il cardine del sistema di accoglienza.
  Fino al 2014, il Ministero del lavoro gestiva un fondo da corrispondere per dare un supporto agli enti locali che accoglievano i minori. Nel 2014 la Conferenza unificata Stato-regioni prende coscienza della gravità del problema dei minori e arriva alla condivisione di una gestione unica e condivisa da tutte le Istituzioni interessate, sicché il Ministro dell'interno crea una propria struttura dedicata, una struttura di missione dedicata ai minori per il coordinamento di tutte le attività e nel 2015 il fondo che già gestiva il Ministero del lavoro passa nella competenza del Ministero dell'interno.
  Oggi abbiamo il sistema binario: da un lato, il Ministero dell'interno agisce attraverso la creazione di strutture con progetti FAMI e anche (dal 2015) attraverso la possibilità di attivare strutture straordinarie dedicate per minori; dall'altro lato, ci sono i comuni, con la normativa che tuttora vige per l'accoglienza.
  Al 1° marzo abbiamo 63 strutture di primissima accoglienza che sono state attivate con finanziamenti europei, per 950 posti in dieci regioni d'Italia, 31 strutture recettive di prima accoglienza attivate dai prefetti nei rispettivi territori per 572 posti e 92 centri di seconda accoglienza, per complessivi 2.007 posti. Le presenze effettive di minori che gestisce il Ministero dell'interno sono 3.368; i minori gestiti dagli enti locali alla stessa data sono circa 12.000. Quindi, ad oggi abbiamo in gestione complessivamente in Italia circa 15.000 minori.
  La legislazione si sta ancora componendo. Infatti, c'è il disegno di legge Zampa che dovrebbe essere in fase di definizione, a cui anche noi annettiamo tanta importanza, intanto perché ribadisce che il minore, in ogni caso, non può essere oggetto di rimpatrio. Questo, come dice il nostro Ministro Minniti, è un segno di grande civiltà del nostro Paese. Inoltre, detta una procedura, che benché potrebbe dar luogo a delle problematiche e a delle difficoltà per l'identificazione del minore, è molto garantista e rispettosa del sistema dei minori stessi.
  In un momento come questo, con questi numeri, il Ministero dell'interno punta essenzialmente su tre strumenti per riuscire ad avere una gestione più efficace e migliorativa delle situazioni e delle criticità che – non nascondiamolo – ci sono, come ci sono gli sforzi del Ministero e, per esso, delle prefetture di riuscire ad accogliere dei migranti che spesso arrivano con ritmi incessanti e che noi, dipartimento, inviamo alle prefetture addirittura con un avviso di dieci ore prima. Soprattutto quando vi sono dei ritmi molto accelerati, questo diventa veramente un lavoro molto difficile. Anche questa è una cosa che va detta.
  Direi che fino al 2014 lo spirito del popolo italiano di accoglienza per il bisognoso e di aiuto a chi era in condizioni più sfavorevoli ha prevalso su ogni situazione. Adesso, con i numeri che a mano a mano stiamo affrontando, occorre anche tener presente le difficoltà territoriali, che spesso prendono il sopravvento e che, quindi, vanno tenute in considerazione per l'effettiva accoglienza non solo dei minori, ma di tutti i migranti.
  Sono tre i cardini su cui stiamo puntando. Innanzitutto, c'è il decreto-legge. Quindi, accolgo volentieri l'invito del presidente a dire qualcosa. Il decreto-legge cosa fa? Il decreto-legge garantisce innanzitutto, con le prime disposizioni, una più rapida definizione delle procedure relative alla richiesta di asilo. Oggi sappiamo che cosa avviene. Il migrante viene mandato in un centro di accoglienza, fa la richiesta per il riconoscimento della protezione internazionale e aspetta poi due anni o forse qualcosina in più per l'attuale sistema. Ospitiamo il migrante, infatti, anche dopo il Pag. 9«no» della Commissione per il riconoscimento dell'asilo, in attesa di un contenzioso che va a svolgersi secondo procedure fino ad oggi non compatibili con la rapidità che il caso richiederebbe (anzi richiede, direi).
  Il decreto-legge, quindi, da un lato, viene a dettarci delle norme che influiscono sulla rapidità della definizione della condizione giuridica dello straniero. Dall'altro, consente un'efficace e un effettivo rimpatrio allo straniero che non ha diritto a restare nel nostro territorio nazionale. Vi renderete conto di come tutte e due queste situazioni siano necessarie per chiudere un circuito che va a influire direttamente sull'efficienza del sistema.
  Perché il Ministero dell'interno annette molta importanza a questo decreto-legge? Fino ad oggi si era intervenuti soltanto in ambito Ministero dell'interno per accelerare le decisioni delle Commissioni e per il potenziamento delle Commissioni, portate fino al numero di 20, più 28 sezioni (48 in tutto). Questo ha dato dei risultati, tant'è vero che siamo passati da un esame di posizioni che nel 2014 erano 36.000, a 71.000 nel 2015 e a 91.000 nel 2016, anche con una riduzione dei tempi di attesa. Nel 2013-2014 la Commissione per decidere impiegava mediamente un anno per esprimersi sull'istanza di protezione; oggi siamo arrivati a otto mesi.
  Tuttavia, influire solo su un sistema e non sull'altro, ossia su quello della decisione della procedura giurisdizionale, ai fini della tenuta dei nostri centri, non funzionava. Quindi, abbiamo agito attraverso l'istituzione di 14 tribunali con 14 sezioni specializzate presso i tribunali, attraverso un grado di giudizio che viene meno, in linea con tutti gli altri Paesi europei, i quali riservano la trattazione della stessa materia a un solo grado di giudizio. Riteniamo che con questo sistema si possa effettivamente incidere sui tempi di permanenza del migrante nel centro.
  Io sono stata in periferia sul territorio. Sono stata a Napoli e a Salerno. Non cito Siena, perché era una situazione idilliaca, e poi è stato tanti anni fa. Vi posso dire, quindi, che i problemi gestionali più grossi derivano dalla presenza prolungata del migrante nei centri.
  Il migrante vive nei centri per due anni in attesa. In attesa di che cosa? Di qualcosa che deve arrivare spesso in una condizione di passività. Quindi alimenta anche rabbia e rancore, che sfociano molte volte in tensioni. Innanzitutto questa lunga attesa è dannosa per la dignità della persona, oltre a creare dei problemi, e poi blocca quello che dovrebbe essere il naturale turnover nei centri.
  In parallelo, dicevo, vengono potenziate anche le strutture per i rimpatri, per renderli più efficaci. Ovviamente, oggi il migrante che non ha diritto a rimanere e non riceve il riconoscimento della protezione internazionale, né di altre forme di protezione sussidiaria o umanitaria che siano, diventa destinatario di un foglio di via, ci saluta e resta sul nostro territorio, anche se non nei centri. Sicuramente ciò non è a beneficio della sicurezza di se stesso e degli altri. Pertanto, rendere più efficace il sistema per espellere chi non ha diritto a restare sul nostro territorio e nel centro è un elemento molto utile.
  Tra l'altro, l'effettività del rimpatrio a noi dà un effetto di trascinamento che riteniamo molto positivo sui rimpatri volontari assistiti. Voi sapete che il rimpatrio assistito è un aspetto che dobbiamo puntare ad alimentare, per aiutare il migrante in un percorso di rientro e di integrazione nel proprio Paese, anche con benefici di natura economica.
  Questo progetto, però, ad oggi ha avuto poca effettività, perché il migrante non è stato interessato. Dopo la traversata e le criticità di una traversata in mare ha preferito piuttosto rimanere due anni nei centri, molte volte pur conscio che non sarebbe mai stato accettato o che non sarebbe mai stato riconosciuto il suo diritto. Sapeva bene che non poteva avere un diritto, ma ha preferito rimanere in ogni caso nel centro, in una condizione certamente migliore rispetto a quella che aveva lasciato.
  Se vi sarà una consapevolezza di rimpatrio più certo e più effettivo, nel caso in cui non spetti alcuna forma di protezione, Pag. 10probabilmente vi potrà essere un effetto di trascinamento anche su questa forma di rimpatrio assistito. Questo è un aspetto su cui puntiamo per riuscire ad avere una gestione più efficace, unitamente al Piano di accoglienza diffusa.
  Che cos'è questo Piano di accoglienza diffusa che è stato voluto e poi, alla fine, sottoscritto dal Ministro Minniti nel gennaio di quest'anno? È un Piano oggi tarato sull'accoglienza di 200.000 migranti, ma che potrà essere adattato a nuove situazioni. Oggi facciamo un Piano di distribuzione dei migranti regionale sulla base di criteri stabiliti in una Conferenza unificata del 2014, legati alla quota di ripartizione del Fondo per le politiche sociali tra le Regioni, ossia, in primis, traducendo, al numero di abitanti, più o meno, e alla densità di popolazione. A loro volta, le Regioni, attraverso tavoli regionali, provvedono al riparto nelle diverse province e poi le diverse province fino ad oggi li hanno ripartiti nei comuni, con le famose gare che venivano fatte e che vengono ancora fatte per l'apertura di centri.
  L'idea sarebbe quella di soppiantare gradualmente la ricerca sul mercato, anche perché la ricerca sul mercato ci ha consentito di poter dare una prima sistemazione ai migranti, ma ha creato un disequilibrio nei nostri territori, essendo legata al criterio della domanda e dell'offerta. È ovvio che siano state offerte delle strutture laddove vi era più disponibilità proprio di strutture e laddove vi erano degli operatori economici o sociali più disponibili a offrire questo tipo di servizio. Si tratta di una logica di mercato che probabilmente non è rispettosa delle esigenze territoriali.
  Con questo Piano si prevede una distribuzione in tutti i comuni d'Italia e sono stati individuati dei criteri e dei parametri che vi riassumo brevemente.
  Per tutti i comuni piccoli, con abitanti fino a 2.000, è stato individuato un criterio fisso di 6 migranti. Ancora, è stato previsto un criterio temperato per le grandi città sedi di aree metropolitane – sono 14 comuni – perché si è tenuto conto che in questi comuni vi è già una grossa presenza di migranti che in ogni caso circolano. Mi riferisco a Roma, a Napoli, a Milano. Il criterio di riparto è stato di 2 posti ogni 1.000 abitanti. Per tutti i restanti comuni oltre i 2.000 abitanti c'è una media che si aggira tra i 3 e i 3,5 posti per ogni 1.000 abitanti, in proporzione variabile quale conseguenza dei criteri di ripartizione regionale.
  A che cosa si punta con questo progetto? Si punta ad avere molti più comuni degli attuali 2.800 in cui attualmente si trovano i migranti. Su 8.000 comuni, oggi abbiamo migranti in 2.800.
  Ovviamente, questo è un Piano che non verrà attuato dall'oggi al domani. È un Piano in cui bisogna credere, un Piano che bisogna costruire con il coinvolgimento e il rispetto di tutti i territori. Noi, come dipartimento, abbiamo fatto delle riunioni insieme all'ANCI in ogni Regione, o in sede, o in videoconferenza, per spiegare anche la validità del Patto.
  Il Patto ANCI salvaguarda anche i territori, perché, se dovessero arrivare grossi flussi, se i migranti arrivano e il prefetto li deve distribuire, a questo punto, indirà la gara. Se la gara nel comune di 2.000 posti dà come esito una struttura di 15, ne andranno 15.
  Ci sarà la clausola di salvaguardia per i comuni che aderiranno. È ovvio che non basta la mera dichiarazione per cui uno aderirà dichiarando di prendersi fra un anno i migranti. Aderirà e fra un anno prenderà i migranti. Nelle more e nel rispetto dello stesso numero che gli spetta, cercherà, nel caso di urgenza, di riuscire.
  È un cammino molto lungo che va sostenuto. Io vi posso fornire i primissimi esiti, se può essere interessante.
  Intanto il prefetto di ogni provincia ha convocato i diversi sindaci, con modalità diverse ovviamente: c'è chi ha convocato i territori omogenei insieme, chi ha convocato i piccoli comuni insieme e chi ha fatto degli incontri singoli per ogni comune. Qualche sindaco non sapeva proprio cosa fosse il progetto SPRAR. Quindi, gli è necessario del tempo per poterlo comprendere.
  Direi che occorrono due elementi. Uno è la consapevolezza di ogni ente locale che dovrà accogliere, perché non si tratta di Pag. 11un'emergenza, ma di un fenomeno strutturale con cui ci dobbiamo rapportare. In secondo luogo, dobbiamo tener conto che gli enti locali si devono anche attrezzare per avere familiarità con le progettualità. Molti enti locali ci hanno rappresentato le difficoltà di risorse per poter presentare e poi gestire un progetto. In questo senso anche l'ANCI sta dando una mano, perché sta facendo dei corsi formativi per i comuni che intendono aderire allo SPRAR.
  I primissimi risultati, dicevo, fatti a dieci giorni dalle riunioni, indicano una risposta immediata di 200 nuovi sindaci sui cui territori non vi è alcun migrante, ossia né strutture SPRAR, né tantomeno centri di accoglienza, i quali hanno manifestato l'intendimento. Altri 200 che hanno nelle proprie strutture dei centri di accoglienza hanno manifestato l'intenzione di tramutare i centri di accoglienza e di prima accoglienza in SPRAR, ossia in centri di seconda accoglienza.
  Oltre 60 comuni, invece, hanno accettato di prendere i migranti ma hanno dichiarato di non volerne sapere niente, delegando il prefetto ad aprire i centri senza incontrare la loro opposizione. Questi comuni collaboreranno, ma preferiscono che i centri li gestisca il prefetto.
  Poi ci sono ancora 30 comuni che hanno già strutture SPRAR che hanno manifestato la disponibilità all'ampliamento delle strutture che già hanno.
  Questa prima proiezione porta a più di 6.000 posti disponibili. Comunque, noi seguiremo e seguiamo con incontri periodici e con ritorni la situazione, perché è quello su cui puntiamo.
  Passiamo al nuovo schema di capitolato.

  PRESIDENTE. Volevo solo dire ai colleghi che è arrivata la comunicazione per cui fino alle 10.15 i lavori dell'Aula non inizieranno. Facciamo concludere il prefetto e poi ci riaggiorniamo per un'altra seduta per le domande, così le diamo tutto il tempo.

  MARCO RONDINI. Magari raccogliamo le domande e le trasmettiamo al prefetto.

  PRESIDENTE. Perfetto.
  Prego.

  GERARDA PANTALONE, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno. Con decreto del Ministro Minniti del 7 marzo è stato approvato lo schema di capitolato riguardante la gestione e la fornitura di beni e servizi nei centri di accoglienza. Si tratta di un capitolato che è stato redatto da un gruppo di lavoro composto da rappresentanti del Ministero dell'interno con il supporto anche di rappresentanti del tavolo di coordinamento nazionale e rappresentanti del territorio. È uno schema che abbiamo inviato all'Autorità nazionale anticorruzione, la quale ha fatto delle osservazioni, indicazioni che sono state integralmente recepite nello schema di capitolato.
  Le principali innovazioni sono: il superamento del gestore unico e la suddivisione in lotti prestazionali. Poi magari, se è di vostro interesse, lo potrò trasmettere insieme alle altre cose.
  Ci sono quattro lotti prestazionali: primo lotto, servizi alla persona; secondo lotto, fornitura dei pasti; terzo lotto, servizio di pulizia e di igiene ambientale; quarto lotto, fornitura di beni. Che cosa comporta questo scorporamento di prestazioni? Innanzitutto più concorrenza. Questo è un elemento molto, molto importante.
  La fornitura di servizi alla persona, il primo lotto, è il lotto più importante, perché comprende anche la gestione amministrativa per servizi alla persona. Non si intende soltanto l'accoglienza, ma si intendono anche la mediazione culturale e l'assistenza sanitaria. Gli altri lotti prevedono la fornitura di pasti, il servizio di pulizia e di igiene ambientale e la fornitura di beni.
  Come dicevo, c'è un duplice vantaggio, ossia due obiettivi: il primo è quello di assicurare più concorrenza, l'altro è quello per cui le prestazioni non sono più un corpo unico, ma sono oggetto di singoli appalti. Ciò significa che i diversi servizi sono soggetti a una specifica rendicontazione. Tutto questo, efficienza, miglioramento e controlli sui servizi, va a beneficio del sistema. Pag. 12
  Il primo lotto è il più importante. Pertanto, viene considerato gestore l'aggiudicatario del primo lotto. Gli altri lotti devono essere funzionali al funzionamento del primo lotto.
  Una clausola di salvaguardia per i centri piccoli con meno di 300 ospiti è che si può prescindere dalla separazione in lotti prestazionali. La stazione appaltante, ossia le prefetture, al fine di tutelare la concorrenza e la più ampia partecipazione, può anche decidere di suddividere l'appalto in lotti dimensionali. Questa dei lotti dimensionali è una procedura che già si usa indipendentemente da questo. Vi dico che alla prefettura di Napoli e in tutte le prefetture campane viene utilizzato il sistema dei lotti dimensionali.
  Come seconda caratteristica, vi è una chiara declinazione della fornitura di beni e di servizi, ossia i beni e i servizi sono enucleati fin nel dettaglio, molto nel dettaglio, e anche la struttura dell'offerta tecnica di beni e servizi è veramente indicata in modo minuzioso. Questo va a beneficio e a miglioramento dei servizi.
  L'aggiudicazione dell'appalto si basa sull'offerta economicamente più vantaggiosa, che premia la componente qualitativa e non il prezzo, scoraggiando gli eccessivi ribassi. Tra l'altro, il metodo di calcolo – ve lo dico perché sono impazzita per tirarne le fila – come suggerito dall'Autorità anticorruzione, è quello della cosiddetta «formula bilineare», ossia un calcolo, una proporzione, che già valuta la prestazione del servizio 60 punti rispetto ai 40 del prezzo e quindi attribuisce una prevalenza.
  Inoltre, il punteggio attribuito ai ribassi, che normalmente era un punteggio notevolmente elevato, cresce fino a un valore soglia, per poi essere calmierato con punteggi più contenuti e sganciati dalla mera media aritmetica. Ciò per dare una maggiore valenza. Non si tratta di una media aritmetica, ma di una media ponderata, con punteggi che premiano la qualità rispetto ai prezzi.
  Ancora, lo schema di capitolato prevede una clausola di salvaguardia nel caso di nuovi aggiudicatari per salvaguardare i lavoratori precedenti. Questo è anche molto importante per, creare una determinata correlazione tra accoglienza e stabilità del posto di lavoro.
  Tutto il sistema, per come è congegnato, offre più possibilità di controllo, intanto con una previsione esplicita, perché viene previsto che la stazione appaltante nomini una referente – non mi ricordo come si chiama –, un direttore esecutivo dell'appalto. La prefettura individuerà un funzionario che sarà il direttore esecutivo dell'appalto, che è colui che deve seguire la gestione dell'appalto in tutti i suoi aspetti e in tutti gli aspetti amministrativi e contabili di verifica e di continuità, al fine poi di dire che la fattura può essere pagata.
  In tema di controlli viene previsto che i controlli da effettuare abbiano una cadenza periodica e ravvicinata. Quindi, vi è un parametro molto più stringente. Le penali sono meglio definite e aumentano anche nel loro importo.
  A questo proposito, faccio un piccolissimo cenno alle attività ispettive e al monitoraggio che già sono in atto. È un sistema che a mano a mano si è andato a sua volta perfezionando.
  C'è il controllo binario, che fanno sia il Dipartimento, sia le prefetture. È un controllo che tra il 2015 e il 2016 ha dato luogo a 3100 visite ispettive presso i nostri centri e ha prodotto una fitta interlocuzione con gli enti gestori, con l'emanazione di oltre un migliaio di formali contestazioni o diffide. Ad oggi – sono ancora in corso – i procedimenti hanno condotto a 30 penali e 26 risoluzioni contrattuali.
  Sullo SPRAR, in particolare, il controllo viene effettuato con modalità diverse, perché va fatto anche un controllo sui rendiconti che presentano i comuni, ossia un controllo di natura contabile.
  Volevo anche annunciare un progetto che nei prossimi mesi – mi auguro fra uno o due – si realizzerà. È un progetto mirato di visite ispettive, di ispezioni presso i centri, che stiamo facendo con i fondi FAMI, che, attraverso la redazione di moduli standard adattati a ogni centro e con personale specializzato variegato, che va dal commercialista all'operatore sociale o all'operatore contabile appositamente formato, potrà supportare Pag. 13 le prefetture nelle loro ordinarie attività. Si tratta di un progetto che conta di fare 2.130 interventi ispettivi in trenta mesi e che va ad aggiungersi alle ordinarie attività delle prefetture.
  Aggiungo un ultimo accenno al sistema informatico, se ce la facciamo, lo SGA. È un sistema su cui si punta molto e che riteniamo sarà di molta utilità. È un sistema che il Dipartimento delle Libertà civili ha messo a punto d'intesa con il Dipartimento della Pubblica sicurezza e che mira ad avere un monitoraggio completo dello straniero, dall'ingresso in Italia, dallo sbarco, fino a quando andrà via, ossia fino a quando uscirà dai centri, e a gestirlo secondo tutto il percorso.
  Si tratta di un sistema che avrà dei collegamenti con il sistema VESTANET, che è il nostro sistema delle Commissioni per il riconoscimento della protezione internazionale, e con il sistema DUBLINET, che è il sistema che noi gestiamo per i casi di regolamento di competenze a trattare la pratica di protezione del migrante. Sarà poi esteso al sistema SPRAR e sarà poi esteso in collegamento anche al sistema SIA, che è il sistema del Dipartimento della Pubblica sicurezza.
  Sono quattro gli attori principali: il Dipartimento per le Libertà civili, il Dipartimento della Pubblica sicurezza a livello centrale, le prefetture e le questure a livello periferico. Si parte con l'ingresso del migrante al momento dello sbarco o al momento del rintraccio di qualcuno sul territorio nazionale, con l'inserimento della prima scheda identificativa e delle impronte digitali. La polizia scientifica, dopo aver fornito l'impronta digitale, attribuisce un codice unico identificativo al migrante. Quel codice unico identificativo offre la certezza della persona. Questo codice viene inserito nel nostro sistema SGA e, quindi, sarà quello che poi accompagnerà il migrante per tutto il percorso.
  Quest'attivazione primaria prevede sbarco, identificazione e inserimento. Poi noi del Dipartimento per le Libertà civili stabiliamo questo migrante in quale Regione vada. Il prefetto del capoluogo di Regione utilizzerà lo stesso sistema per assegnarlo alle varie province. La provincia utilizzerà lo stesso sistema per assegnarlo ai diversi comuni.
  Ovviamente, per far questo, per fare funzionare questo sistema, c'è bisogno di caricare tutti i dati attuali della presenza dei centri e anche di tutti i migranti che vi sono. Questo caricamento è in fase di completamento: prevediamo che prima dell'estate sia ultimato con i dati già esistenti e che possa partire a regime. Abbiamo anche già fatto delle sperimentazioni con alcune prefetture. Una volta caricati i dati, avvieremo la prima partenza.
  Ovviamente, potrà anche supportare il prefetto per far vedere quali centri abbiano capienza, potrà dare dei report e soprattutto anche la prefettura stessa, anzi chiunque, potrà vedere lo stato della pratica per richiesta di asilo e, quindi, l'eventuale decisione della Commissione e gli eventuali provvedimenti da adottare.

  PRESIDENTE. È straordinario.

  GERARDA PANTALONE, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno. Noi ci crediamo veramente molto. Come in ogni cosa, però, la fase più importante adesso è quella dell'alimentazione. Se alimentiamo il sistema, ci potrà essere utile. Se non l'alimentiamo e incominciamo con quello che arriva domani, non è un sistema di facile gestione.
  Non so se devo continuare.

  PRESIDENTE. Concludiamo qui. Ringraziamo il Prefetto Pantalone per l'ottima, ampia ed esaustiva relazione, che ovviamente è a nostra disposizione. Ve la invierò, in modo tale che abbiate modo di leggerla e conseguentemente di inviare – come viene giustamente suggerito – delle domande rispetto a elementi di chiarimento o integrazione.
  La voglio ringraziare, signor prefetto, anche per un altro motivo, ossia perché il Ministero dell'interno ha accolto la posizione che questa Commissione fin dalle prime ore aveva espresso sulla situazione del CARA di Mineo, soprattutto riguardo al Pag. 14fatto che al CARA di Mineo non verrà aperto l’hotspot. Mi sembra che sia una decisione saggia, in linea con le osservazioni che anche questa Commissione aveva espresso e con il parere delle autorità locali, le quali avevano manifestato più volte forte preoccupazione nell'andare ad appesantire una realtà già particolarmente preoccupante.
  Speriamo che il progetto che ci ha illustrato possa aiutarci e possa aiutare il Paese a superare anche l'elemento di criticità, soprattutto nei grandi centri dove – anche noi l'abbiamo toccato con mano – esistono effettivamente le situazioni peggiori.
  Rimaniamo d'accordo così e fissiamo un nuovo incontro, con il tempo utile per lei, ovviamente, per organizzare il suo lavoro, per rispondere alle domande, per tornare da noi e confrontarci nuovamente sulla relazione che oggi ci ha fornito e sul lavoro che ci ha illustrato. Penso di poterle augurare a nome di tutti i componenti della Commissione buon lavoro. Credo che ne abbia proprio bisogno.

  GERARDA PANTALONE, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno. Grazie a tutti. Grazie a lei.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.10.

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