XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 103 di Giovedì 16 marzo 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione dei rappresentanti della SO.S.E. – Soluzioni per il sistema economico S.p.A., nell'ambito dell'esame dello schema di Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante l'adozione della nota metodologica e dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle Province e delle Città metropolitane (atto n. 398) (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Ceriani Vieri , Amministratore Delegato della Società SOSE ... 3 
Stradiotto Marco , Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE ... 3 
Porcelli Francesco , Responsabile Ricerca e Sviluppo per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE ... 4 
Guerra Maria Cecilia  ... 6 
Porcelli Francesco , Responsabile Ricerca e Sviluppo per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE ... 6 
Guerra Maria Cecilia  ... 6 
Porcelli Francesco , Responsabile Ricerca e Sviluppo per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE ... 6 
Stradiotto Marco , Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE ... 8 
Fornaro Federico  ... 9 
Stradiotto Marco , Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE ... 9 
Guerra Maria Cecilia  ... 9 
Stradiotto Marco , Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE ... 9 
Fornaro Federico  ... 9 
Stradiotto Marco , Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE ... 9 
Fornaro Federico  ... 10 
Stradiotto Marco , Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE ... 10 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 10 
Guerra Maria Cecilia  ... 11 
De Menech Roger (PD)  ... 11 
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 12 
Stradiotto Marco , Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE ... 12 
Porcelli Francesco , Responsabile Ricerca e Sviluppo per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE ... 13 
Stradiotto Marco , Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE ... 14 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 15 

ALLEGATO: Documentazione depositata dai rappresentanti della società Soluzioni per il Sistema Economico – SO.S.E. S.p.A ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione dei rappresentanti della SO.S.E. – Soluzioni per il sistema economico S.p.A., nell'ambito dell'esame dello schema di Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante l'adozione della nota metodologica e dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle Province e delle Città metropolitane (atto n. 398).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti della SOSE – Soluzioni per il sistema economico S.p.A., nell'ambito dell'esame dello schema di Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante l'adozione della nota metodologica e dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle Province e delle Città metropolitane (atto n. 398).
  Ringraziamo i rappresentanti della SOSE, il presidente Vieri Ceriani e i suoi collaboratori, che ormai conosciamo e che contribuiranno all'illustrazione del provvedimento sui fabbisogni standard delle province e delle città metropolitane.
  Si tratta del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su cui i due relatori hanno già espresso non dico riserve ma quanto meno alcune perplessità. Rispetto a una fase di transizione così delicata delle province, vorremmo capire come SOSE sia attivata per cercare, sulla base informativa del mondo «preistorico» delle province, di calarla nella realtà attuale di questi enti, che, come è stato ricordato dal deputato Paglia, cominciano ad andare in procura della Repubblica a segnalare l'impossibilità di garantire i fabbisogni fondamentali.
  Entriamo, dunque, nel vivo di una situazione molto delicata, che richiede risposte urgenti. Do, quindi, la parola al presidente Ceriani, che poi deciderà come distribuirla.

  VIERI CERIANI, Amministratore Delegato della Società SOSE. Vorrei dire sole due parole per poi cedere subito la parola a Marco Stradiotto e successivamente a Francesco Porcelli.
  Sicuramente le questioni che lei, presidente, ha indicato sono importanti. Come sappiamo, c'era un orientamento chiaro, ovvero la soppressione tout court delle province; sappiamo come è andata. Non c'è un quadro legislativo fermissimo e ci sono delle problematiche aperte. La nostra sarà, pertanto, una relazione iniziale – poi ovviamente si risponderà alle domande – un pochino problematica.
  Cedo, quindi, la parola a Marco Stradiotto.

  MARCO STRADIOTTO, Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE. Credo che la questione cruciale sia, appunto, quella di concentrarsi sulla stima dei fabbisogni e poi sulle richieste che voi parlamentari ci farete e che saranno eventualmente necessarie per chiarire alcuni aspetti. Pag. 4
  Il quadro da dove nasce la nostra attività, come sappiamo bene, è il decreto legislativo n. 216, che prevedeva di stimare i fabbisogni standard delle province e delle città metropolitane relativamente alle funzioni fondamentali, nel campo dello sviluppo economico, del mercato del lavoro, delle funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, valutate al 70 per cento della spesa (come per i comuni), le funzioni di istruzione pubblica, quelle riguardanti la gestione del territorio, quelle dei trasporti, della tutela ambientale e la polizia provinciale.
  Oltre alla stima dei fabbisogni standard, noi siamo stati incaricati dalla legge n. 190, in particolare dal comma 418, di stimare come poteva essere ripartito il taglio previsto proprio dal comma 418 della legge n. 190. Questo è importante perché, alla fine, rispetto ai ragionamenti che ha già anticipato il presidente e di cui ha parlato anche l'amministratore delegato Vieri Ceriani, daremo qualche accenno molto utile.
  Dopo il decreto n. 216, è arrivata la legge n. 56, ovvero la legge Delrio, che ha completamente modificato le funzioni fondamentali delle province e delle città metropolitane.
  In particolare, per quanto riguarda le province, il comma 85 – ciò vale anche per le città metropolitane perché, di fatto, le funzioni fondamentali principali restano le stesse – riconosce come funzione fondamentale quella dell'istruzione pubblica, con la programmazione provinciale della rete scolastica e la gestione dell'edilizia e del servizio; le strade provinciali, costruzione e gestione; l'ambiente, con pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente per gli aspetti di competenza; i trasporti, intesi come la pianificazione del trasporto privato, e le funzioni generali.
  Mentre per le funzioni non più fondamentali viene definito che debbano essere ricondotte alle Regioni o allo Stato (sto pensando, per esempio, al mercato del lavoro).
  Per le città metropolitane, sono previste delle funzioni aggiuntive – cito solo i titoli – che sono: adozione e aggiornamento annuale del piano strategico triennale; pianificazione territoriale generale; strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici; mobilità e viabilità, anche assicurando la compatibilità e la coerenza della pianificazione urbanistica comunale nell'ambito metropolitano; promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, oltre alla promozione e coordinamento dei sistemi informatizzazione e digitalizzazione in ambito metropolitano.
  Queste sono le differenze tra province e città metropolitane, mentre per le province montane vi è l'aspetto dello sviluppo strategico del territorio e la gestione dei servizi in forma associata, oltre che le relazioni istituzionali, riferite soprattutto nei confronti delle Regioni degli Stati confinanti. Come sapete, le tre province montane sono Belluno, Sondrio e Verbania Cusio Ossola, che hanno, appunto, queste peculiarità.
  Su questo passo la parola a Francesco Porcelli, che vi spiega come è stata svolta l'attività di stima. Successivamente sarà fatto un accenno all'attività relativa al comma 418 della legge n. 190, là dove abbiamo stabilito quali erano le risorse indispensabili per poter garantire a province e città metropolitane di dare risposta alle funzioni fondamentali. Su questo, concluderò io la relazione.

  FRANCESCO PORCELLI, Responsabile Ricerca e Sviluppo per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE. Buongiorno. Vi darò uno sguardo d'insieme del processo di calcolo dei fabbisogni standard così come definito nella nota metodologica del DPCM che, di fatto, produce un aggiornamento metodologico del precedente meccanismo di calcolo elaborato alla fine del 2013. Ci troviamo, quindi, di fronte alla prima evoluzione dei fabbisogni standard delle province e delle città metropolitane.
  Seguirò un percorso abbastanza sintetico – poi se sarà necessario fare approfondimenti, potremmo entrare nel dettaglio Pag. 5di alcuni punti – che ha come obiettivo quello di evidenziare il ruolo dei fabbisogni standard come coefficienti di riparto.
  Una seconda funzionalità che abbiamo cercato di sottolineare è che fabbisogni standard sono intesi come valori anche in euro, attraverso la definizione di un costo standard oltre che medio efficiente. C'è poi l'utilizzo di che si è già fatto di questi parametri nella determinazione del riparto del taglio previsto dalla legge n. 190.
  Infine, i fabbisogni standard hanno dato la possibilità di evidenziare due tipi di squilibri a cui oggi dobbiamo far fronte: uno squilibrio di tipo micro, quindi di ripartizione tra questi enti delle risorse per far fronte alle loro necessità di finanziamento delle funzioni fondamentali, e uno squilibrio di tipo macro che riguarda l'intero comparto, in modo differente, però, tra province e città metropolitane.
  Il calcolo dei fabbisogni standard parte dalla definizione della spesa storica di riferimento, che è quella del 2012, l'anno di rilevazione dei questionari utilizzati per fare questa analisi.
  È molto importante ribadire che la spesa storica 2012 è particolarmente adatta a questo tipo di analisi in quanto è precedente a tutta la procedura di assestamento, di revisione della spesa che questi enti hanno applicato a partire dagli anni successivi. Quindi, è forse il migliore punto di riferimento che abbiamo al momento per effettuare un'analisi dei fabbisogni e costi standard.
  La definizione della spesa è evidenziata nella slide a pagina 8, che vede le sue componenti principali, cioè la parte di consumi intermedi, che fa riferimento agli interventi dal 2 al 5 del certificato consuntivo, che abbiamo riclassificato tra le diverse funzioni con l'utilizzo del questionario. Poi abbiamo rilevato la spesa del personale, sempre attraverso il questionario, quindi è stata anch'essa riclassificata correttamente tra le diverse funzioni.
  Ci sono, inoltre, delle nettizzazioni riguardanti sempre il personale per evidenziare la spesa di riferimento dell'anno.
  Dopodiché, la spesa corrente di riferimento è entrata in un modello di stima dei fabbisogni standard, modello che vuole avvicinarsi a una funzione di costo di tipo lineare, con due principali componenti.
  Una prima componente è legata al principale fattore di domanda M, che abbiamo definito nel modello, che viene moltiplicato per due parametri che identificano il costo marginale di fornitura del servizio, che cambia soprattutto in relazione alle caratteristiche economiche dei diversi enti, colte dai differenziali dei prezzi dei fattori produttivi.
  Una seconda componente, svincolata dal principali fattori di domanda, è legata a dei fattori determinanti della spesa che abbiamo chiamato X, i quali sono, quindi, separati dal principale driver.
  Vedremo il dettaglio per ogni singola funzione. Questo framework teorico è stato portato ai dati che abbiamo raccolto, quindi è stato stimato normalizzando ogni variabile per il principale fattore di domanda M, che adesso andremo a specificare, per ogni funzione.
  Alla fine abbiamo stimato un modello lineare, attraverso il metodo dei minimi quadrati, che di fatto ha fornito una stima dei costi medi, che poi sono stati utilizzati per la determinazione del coefficiente di riparto, secondo una metodologia abbastanza consolidata, che è quella precedentemente adottata per le province e per i comuni.
  Come ulteriore innovazione, abbiamo introdotto anche la stima di una frontiera di costo. Lo stesso modello è stato stimato con un altro stimatore, chiamato «regressione quantilica», che va a stimare la stessa funzione dando più peso a quel gruppo di enti che possono essere definiti come più efficienti.
  In questo modo, abbiamo potuto, sia pure in via ancora sperimentale, stimare dei costi non medi, ma efficienti, che vanno al di sotto della media e che consentono di produrre una stima della spesa benchmark, quindi non solo di un coefficiente di riparto, cercando di dare corso anche alle richieste pervenute da questa Commissione in fase di approvazione dei Pag. 6precedenti fabbisogni standard, soprattutto dei comuni.
  C'è, dunque, la necessità di andare verso un benchmark relativo non solo al coefficiente di riparto, ma anche alla spesa in euro, che in questo caso è stato già utilizzato per il riparto dei tagli di cui alla legge n. 190.
  Andando sul concreto, questi sono i principali driver di domanda, quindi quel fattore M che vedevamo nel modello. Per l'istruzione è il numero di scuole e per il territorio i chilometri di strade provinciali oggetto di manutenzione.
  Qui occorre fare un'importante precisazione. Nella slide a pagina 11 c'è scritto «ipotesi del 10 per cento», il che significa che, compatibilmente con il vincolo di bilancio a cui questi fabbisogni standard sono legati, con un costo standard stimato e con il vincolo di bilancio rispettato, si riesce a garantire una manutenzione decennale delle strade, così come si fotografa oggi la spesa storica. L'ipotesi del 10 per cento non è, dunque, un LEP, non è un'indicazione normativa, ma una conseguenza del rispetto del vincolo di bilancio, dati i costi standard che sono stati stimati.
  Poi abbiamo l'ambiente, che ha come driver principale la popolazione; le funzioni generali che pure hanno come driver principale la popolazione; da ultimo il trasporto pubblico locale, che ha come driver principale il numero di veicoli circolanti.
  In relazione ai prezzi dei fattori produttivi (slides 12), abbiamo identificato nel valore medio delle locazioni degli immobili a uso ufficio la principale proxy del costo del capitale.

  MARIA CECILIA GUERRA. Vorrei fare una domanda sulla questione del 10 per cento. Nel coefficiente di riparto che vediamo questo vincolo di bilancio è già inglobato?

  FRANCESCO PORCELLI, Responsabile Ricerca e Sviluppo per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE. Il vincolo di bilancio è sempre rispettato.

  MARIA CECILIA GUERRA. Allora perché questa ipotesi vale solo per questo tipo di funzione e non abbiamo analoghi vincoli sulle altre? Lo dico così, per vedere se ho capito bene.

  FRANCESCO PORCELLI, Responsabile Ricerca e Sviluppo per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE. Non abbiamo questi vincoli perché, per esempio, nell'ambito dell'istruzione non è stato ancora possibile misurare le manutenzioni, visto che non esiste un'unità di misura delle manutenzioni degli istituti scolastici. Invece, per le strade, utilizzando il chilometro lineare oppure i metri quadrati, se andiamo verso un'evoluzione più ampia del modello, è possibile approssimare il livello di manutenzione. Per questo è venuto fuori questo dato, che – ripeto – è un dato di fatto, non un'indicazione normativa.
  I prezzi dei fattori produttivi sono stati approssimati, per quanto riguarda il costo del capitale, con le locazioni immobiliari a uso ufficio; per quanto riguarda il costo del lavoro, con il costo del lavoro rilevato attraverso i questionari.
  Questi sono risultati determinanti, come vedete dalla slide, non in tutte le funzioni. Per esempio, il costo del lavoro è una determinante importante per le funzioni generali e per la manutenzione delle strade, ma non per gli altri servizi.
  Per la stima, abbiamo dovuto definire dei campioni di regressione. Non entro nel dettaglio, però, come vedete, avendo 86 enti di riferimento, i campioni di regressione sono stati abbastanza ampi e vanno da quello più piccolo (54 della funzione trasporto) a quello più ampio (69 delle funzioni generali).
  Apro una breve parentesi. Tipicamente, le province del sud tendono a uscire più spesso dal campione di regressione perché solitamente compilano peggio i questionari. Abbiamo, dunque, questo elemento che qualche volta influisce, ma abbiamo cercato di mantenere il più possibile un campione rappresentativo per la stima.
  Alla fine, abbiamo stimato la funzione che avete visto in precedenza. Abbiamo fatto delle ipotesi di normalizzazione sulle Pag. 7variabili, soprattutto sui prezzi, che sono stati normalizzati al valore medio nazionale di comparto, quindi un valore per le città metropolitane e uno per le province, e abbiamo ottenuto così il fabbisogno standard teorico, ovvero il fitted value delle funzioni in oggetto, che poi produce il coefficiente di riparto.
  La slide 15 vi dà un'idea di come i costi standard siano stati utilizzati in relazione ai diversi driver della funzione per ottenere la stima del fabbisogno standard e quindi del coefficiente di riparto.
  Per l'istruzione, abbiamo stimato un costo standard medio. Questi sono quelli che determinano il coefficiente di riparto. Poi ci sono gli altri, quelli minimi efficienti, determinati con l'altro stimatore. Abbiamo circa 31.000 euro per scuola, valore che viene modificato a seconda della percentuale di metri quadri delle scuole in zona climatica fredda. Poi ci sono dei differenziali tra città metropolitane e province.
  Per esempio, per le città metropolitane c'è un delta incrementale di 8.000 euro per scuola, dovuto all'effetto dei prezzi maggiori, ovvero a maggiori costi di gestione. Per le province, invece, che un delta in riduzione di 2.000 euro per scuola.
  Per quanto riguarda le componenti X, quindi quelle svincolate dai principali fattori di domanda, abbiamo gli alunni con disabilità, con un costo standard di 6.000 euro per alunno, e poi un costo standard al metro quadro di 6,04 euro.
  Come ulteriore esempio, vi faccio quello delle strade, dove abbiamo un costo standard di 31.000 euro a chilometro per la manutenzione completa, che richiede il vincolo del 10 per cento per il rispetto generale del vincolo di bilancio. Poi, c'è un delta incrementale per le città metropolitane di 1.800 euro a chilometro. Come ulteriori fattori abbiamo la gestione dei chilometri di strade di superfici montane, che riguarda tutte le strade in questo caso, con un costo di 2.700 euro a chilometro (pensiamo, per esempio, allo spargimento sale o comunque alla rimozione della neve che deve essere fatta su tutte le strade che hanno caratteristiche montane). Inoltre, abbiamo il numero degli occupati, con 17 euro per occupato, che è una buona proxy del livello di traffico.
  In modo similare, per le altre funzioni ci sono dei driver principali legati alla popolazione e dei driver secondari non legati alla popolazione.
  Si giunge, dunque, alla determinazione del coefficiente di riparto per ogni singola funzione e poi in aggregato per tutte le funzioni, che è una media ponderata dei singoli coefficienti di riparto sulla base dei pesi delle singole funzioni, che vedete riportate nella slide 16.
  La funzione più rilevante è quella del territorio, quindi della gestione delle strade, con un peso del 28 per cento; quella meno importante è quella dei trasporti, intesa come funzione di gestione delle autorizzazioni delle scuole guida, che ha un peso del 5 per cento.
  A questo punto, il fabbisogno standard, così come è stato stimato, non è stato utilizzato per ripartire dei fondi, come per i comuni, all'interno di un sistema di perequazione, ma per ripartire i tagli nel 2015 e poi come punto di riferimento importante per identificare gli squilibri con cui oggi dobbiamo confrontarci.
  Di fatto, questi squilibri erano in parte già evidenti all'inizio del 2015. La slide 17 vi dà, infatti, una fotografia della situazione finanziaria delle province prima dell'introduzione dei tagli della legge n. 190, confrontandola con la spesa corrente del 2011, che era dunque precedente ai tagli del decreto-legge n. 95 del 2012. Senza entrare nel dettaglio, qui già emerge chiaramente che esisteva una situazione di squilibrio sulla spesa corrente, nel momento in cui si calavano 3 miliardi di tagli, che poi sono diventati 2,7 miliardi, se pensiamo soltanto alle Regioni a statuto ordinario.
  Da questo punto di partenza, abbiamo iniziato a fare un primo confronto tra la spesa storica del 2012, da cui eravamo partiti per il calcolo, e la spesa efficientata, che veniva fuori, appunto, dall'applicazione dei fabbisogni standard che avete visto in precedenza, nella loro accezione di costo efficiente e non di costo medio. Pag. 8
  Si vede chiaramente che i livelli di efficientamento erano possibili in tutti i settori, ma principalmente in quello delle spese e delle funzioni generali, anche in relazione a quanto diceva la riforma Delrio, ovvero a una riduzione del 50 per cento delle spese del personale per le province e del 30 per cento per le città metropolitane, soprattutto in relazione al venir meno di tutti gli organi istituzionali, quindi della componente elettiva di questi enti.
  Negli altri settori, a parte l'ambiente, vediamo che i margini di efficientamento, già nel 2012, sembravano essere piuttosto risicati. A questo, si è aggiunta una stima della capacità fiscale.
  Non entro nel dettaglio, ma è stato un lavoro che abbiamo fatto congiuntamente con il Dipartimento delle finanze sui tre principali tributi propri delle province (RC auto, imposta provinciale di trascrizione e contributo ambientale, che oggi è una sovrattassa sulla TARI), che sono stati stimati con il metodo representative tax system, simile a quello utilizzato per l'IMU dei comuni.
  Questo ci dà il quadro che vedete nella slide 21, che ci dice come una capacità fiscale stimata ad aliquota standard è ovviamente più bassa del gettito storico. Poi, siamo andati anche a vedere qual è il gettito potenziale massimo di questi enti. In sostanza, se, ipoteticamente, mettessimo al massimo tutte le aliquote, qual è il gettito che questi enti potrebbero portare a casa con le entrate proprie?
  Ebbene, vediamo che il gettito potenziale massimo è sostanzialmente in linea con il gettito storico, a esclusione del tributo ambientale, il che significa che ormai lo sforzo fiscale di questi enti è del tutto saturo. Non esiste più margine di manovra sulle entrate. Peraltro, non esisteva più già nel 2012, ma oggi è stato del tutto eliminato.
  Vi porto alla prima conclusione, dopodiché lascio nuovamente la parola a Marco Stradiotto.
  I fabbisogni standard, assieme alla capacità fiscale – già esistono oggi, quindi sono tutti strumenti a nostra disposizione – danno evidenza di uno squilibrio micro nel comparto, cioè di un problema di ripartizione di risorse, date le necessità finanziarie di ogni ente.
  Infatti, come vedete come nella slide 22, la distribuzione delle necessità di spesa, intesa come spesa efficiente standard derivante dal calcolo dei fabbisogni standard, è molto diversa dalla distribuzione del gettito potenziale. Questo richiama la necessità di implementazione di un meccanismo di perequazione, che può essere orizzontale, nel momento in cui si vogliono lasciare a questi enti le entrate, o può diventare verticale, nel momento in cui le entrate ridiventino eventualmente statali. È chiaro che qui ci sono molte scelte e molti problemi da affrontare.
  Adesso lascio la parola a Marco Stradiotto per evidenziare il problema dello squilibrio macro del comparto.

  MARCO STRADIOTTO, Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE. Faccio solo una precisazione rispetto a quello che diceva Francesco Porcelli sulla riduzione del personale. Non è stata la legge n. 56, ma la legge n. 190 che ha previsto la riduzione del 50 per cento del personale per le province, tranne le montane, e per le città metropolitane del 70 per cento.
  Per questo sugli affari generali, rispetto alla spesa storica del 2012, nel nostro calcolo di spesa efficientata c'è una forte riduzione. Abbiamo, infatti, tenuto conto di questo aspetto, nel senso che molto personale, soprattutto degli affari generali, seguiva le funzioni non più fondamentali, ovvero quelle che sono state «riprese» dalle Regioni.
  Le ultime due slide presentano quello che abbiamo verificato da subito e che anche il Parlamento ha riconosciuto. Infatti, rispetto ai tagli previsti dalla legge n. 190, già la legge di stabilità 2016 e la legge di bilancio 2017 hanno previsto dei contributi aggiuntivi. In particolare, per il 2017 si è di fatto annullato il taglio di 900 milioni previsto per l'anno in corso; quella per il 2016 ha previsto, invece, un contributo di 250 milioni di euro per le città metropolitane e 245 per le province, oltre Pag. 9a 39.600.000 euro per le province legati a dei risparmi riferiti agli anni precedenti.
  Allora, vi mostro (slide 23) prima la questione macro per quanto riguarda le province. Il gettito potenziale, a legislazione vigente, delle province delle Regioni a statuto ordinario – qui dentro ci sono anche le montane – è pari a 2,457 miliardi.
  Il saldo del Fondo sperimentale di riequilibrio – ossia gli effetti del Fondo sperimentale di riequilibrio, tolti i tagli previsti dal decreto n. 95 e dal decreto n. 66 – dava un saldo negativo.
  Nel 2012, alle province e alle città metropolitane arrivava, in totale, un miliardo; nel 2017 sono meno 369 milioni.
  La spesa efficientata – la spesa relativa alle funzioni fondamentali delle province, efficientata con i calcoli raccontati poco fa da Francesco Porcelli e mostrati nella nota metodologica in appendice – dice che per garantire quei servizi sono necessari almeno 1,663 miliardi, compresi gli interessi.
  Le risorse disponibili, prima che ci fossero i tagli previsti per il 2015, erano di 424 milioni. Nella ripartizione dei tagli – andiamo nel lato destro.

  FEDERICO FORNARO. Per capire, abbiamo 2,5 miliardi meno 369 milioni...

  MARCO STRADIOTTO, Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE. Meno 1.663 perché è necessario compensare quella spesa per poter fornire le funzioni, quindi vuol dire che restavano 424 milioni. Nel 2015 sono stati tagliati 645 milioni.
  Tenete conto che nella nota di accompagnamento relativa al comma 418 avevano detto che si potevano tagliare al massimo 424 milioni per le province e per le città metropolitane 238 come si vede nella tabella successiva. In realtà il taglio era di 900, per cui gli oltre 200 milioni in più di taglio sono stati ripartiti confrontando spesa storica e fabbisogno standard.
  In realtà, però, se si applica la spesa efficientata non si può applicare anche il fabbisogno standard. La norma era scritta in quel modo, ma di fatto è stata applicata così perché si doveva ripartire quel taglio. Sto dicendo che, in pratica, nell'applicazione del taglio è stato tenuto conto di questa considerazione.
  Nell'anno successivo si è continuato perché è stato fatto un taglio di 650 milioni, con un contributo, previsto dalla legge n. 208 del 2015, pari a 284 milioni. In particolare, sono due i commi della legge n. 208 che finanziano le province, uno per 245 milioni e l'altro per 39,6 milioni.
  Secondo le nostre stime, nel 2016 lo squilibrio è di circa 580 milioni, che diventa di 651 milioni nel 2017 perché la legge n. 208 prevede che, nel 2016, il contributo è di 245 milioni, mentre nel 2017 è di 220 per le province, quindi ci sono 25 milioni in meno. Inoltre, non ci sono più i 39,6 milioni che derivavano da quel comma e che erano dei risparmi che erano stati trovati e messi a disposizione delle province.
  Questo significa che, anche a fronte dell'annullamento del taglio di 900 milioni aggiuntivi previsto per il 2017, lo squilibrio che riscontriamo per le province è pari a 651 milioni, ad oggi.

  MARIA CECILIA GUERRA. C'è anche il fatto che vada alle province e alle città metropolitane l'intero fondo...

  MARCO STRADIOTTO, Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE. Sì. I contributi 2017 sono 650 milioni per le province e 250 milioni per le città metropolitane. Non vi spiego la tabella delle città metropolitane, che è analoga, ma per esse lo squilibrio è solo di 15 milioni. Mentre le province sono tutte...

  FEDERICO FORNARO. Di fatto abbiamo 650 milioni, ma manca da coprire...

  MARCO STRADIOTTO, Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE. Non proprio. Le città metropolitane non hanno lo squilibrio, nel senso che è Pag. 10molto relativo e fra di loro hanno una situazione molto diversificata, mentre le province sono tutte in negativo. Secondo le nostre stime, non abbiamo province con risorse in più da capacità fiscale da poter distribuire, mentre nelle città metropolitane c'è una situazione molto più diversificata.
  Questo è il quadro della situazione. Noi riteniamo che il lavoro sui fabbisogni standard delle province sia stato utile per dare un punto di riferimento, altrimenti non si potrebbe sapere e capire se oggettivamente quelle risorse sono sufficienti o meno e quant'altro.
  Di fatto, la slide 17, che dà il quadro complessivo delle risorse in campo, fa comprendere bene la situazione.
  Senza guardare alla spesa efficientata, nel 2011 avevamo 1,46 miliardi per tutto il comparto, mentre adesso abbiamo meno 776, il che vuol dire che ci sono 1,776 miliardi in meno.
  Se a questo aggiungiamo il taglio di 2,7 miliardi o anche dell'1,8 (facciamo finta che il 2017 non ha più il taglio) e facciamo i conteggi, quindi andiamo a togliere dai 7,5 miliardi, i 2,150 che si sono tenuti le Regioni, i tagli e l'1,8 restano a fatica 1,7 miliardi per svolgere le funzioni fondamentali.
  Un'altra cosa importante riguarda la gestione e la manutenzione delle strade al 10 per cento. Noi abbiamo valutato di fare il manto d'usura almeno ogni dieci anni. I tecnici dicono che è poco o tanto in base a quanto traffico c'è. Mediamente, se c'è tanto traffico, si fa ogni sei anni; se ce n'è poco, gli anni possono aumentare. Comunque, ci siamo confrontati con i tecnici perché abbiamo un gruppo di lavoro che ci ha permesso di comprendere questo aspetto.
  Tuttavia, nel 2012 le province non erogavano molti più soldi per le strade, perché spendevano circa 700 milioni. Parlando con i tecnici, qualcuno ci ha detto che già allora avevano iniziato a tagliare.
  Noi, però, dobbiamo stimare i fabbisogni a bilancio chiuso. Questa è una delle questioni sui fabbisogni standard perché non possiamo stimare un fabbisogno che sia superiore alla spesa storica. Quindi, è bene che abbiamo il 2012 perché è un anno di riferimento prima dei tagli. Infatti, se andiamo a stimare dopo ci sono stati i tagli, quando non fanno più la manutenzione, non abbiamo nulla di significativo.
  Rispetto a questo, però, i tecnici ci dicono che nel 2012 non facevano le manutenzioni a regola d'arte perché già avevano iniziato i tagli...

  FEDERICO FORNARO. Parlando con i tecnici della provincia da cui arrivo, dicevano che, fatto 100 il costo ottimale da un punto di vista tecnico – tutte le manutenzioni; per esempio, non conoscevo che sulle strade provinciali contano i «pontetti», non i grandi viadotti, cioè tutti i passaggi dei piccoli rii, perché se vanno giù la strada crolla – la copertura in questo momento non arriva al 20 per cento. Questa è la dimensione vera di quello che manca.
  Non dico che nel 2012 avevamo 100. Mi riferisco a quello che sarebbe il costo tecnicamente corretto, rispetto al quale, in questo momento, la copertura è tra 15 e 20 (ho detto 20 per essere ottimista).

  MARCO STRADIOTTO, Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE. Noi ci tenevamo a dire questo. La spesa per le strade è diminuita moltissimo in questi anni, ma non era molto più alta nel 2012, che per noi è anno di riferimento. Questo vale anche per il 2010.
  Questo è importante perché avere un punto di riferimento permette di capire quanto spendono le province. In alcuni casi, infatti, ci rendiamo conto che ci sono delle situazioni anomale, non riferite a questi ultimi anni.
  Stiamo dicendo la stessa cosa.

  PRESIDENTE. Non degeneriamo. I buchi ci sono sulle strade provinciali e comunali. Faccio presente anche un'altra cosa. C'è un altro elemento che qui non è compreso. Se vado nella vicina Svizzera, che ha condizioni climatiche note, le strade vengono asfaltate in modo radicalmente diverso Pag. 11 da come vengono asfaltate a 20 chilometri entro il confine e tendenzialmente durano il doppio rispetto a quelle dalle mie parti.
  Quindi, evidentemente, non c'è soltanto questo, ma anche un'attenzione a risparmiare nelle gare d'appalto per quanto riguarda la concentrazione di bitume e altro, che provoca un'esigenza di manutenzione superiore. Ricordo, per esempio, i cantonieri che gestivano le strade provinciali e assicuravano una presenza costante che oggi non c'è più.
  Do la parola ai colleghi che desiderino intervenire.

  MARIA CECILIA GUERRA. Vorrei fare alcune domande. Una riguarda la funzione ambiente. Premetto che avete fatto miracoli nel quadro esistente sia normativo sia di conoscenza dei dati, quindi domando proprio per verificare se ho capito.
  Questa funzione ha un peso completamente diverso da regione a regione. Qui c'è, dunque, un elemento regionale perché alcune Regioni le funzioni le hanno assunte in regione. Per esempio, se parlo di ambiente in Emilia-Romagna, mi dicono che le province non fanno quasi più niente, mentre in altre Regioni la funzione rimane pesante. Come avete gestito questa differenza? La avete potuta gestire nei vostri calcoli?
  L'altra questione riguarda la funzione di amministrazione generale, anche se non si chiama così. Da quello che ho capito, voi avete attribuito una percentuale, rispetto al 2012, che non è più quella del 70 per cento inizialmente previsto, ma che, in ragione della riduzione delle funzioni fondamentali, è diventata del 50 per cento, salvo la correzione per città metropolitane e province, che restano al 70. Ecco, vorrei capire come è venuto fuori questo 50 per cento, compatibilmente con il quadro che – ripeto – capisco essere di grande incertezza.
  La terza cosa che vorrei chiedere riguarda la questione della spesa efficientata. Vorrei capire meglio. C'è una nota, ma forse a parole la capisco meglio. Insomma, si tratta di considerare più efficiente chi spende meno in relazione al quintile in cui si trova oppure c'è qualcos'altro? La domanda è per capire. Non è una valutazione.

  ROGER DE MENECH. Inizio con una nota di ottimismo perché di questi 650 milioni ci hanno parlato almeno trenta persone consecutivamente negli ultimi tre mesi. È sempre la stessa cifra. Lo dico come battuta, però il termine politico è che ormai non credo che potremmo produrre ulteriori dati, analisi e approfondimenti per capire che questi 650 milioni sono il livello minimo per garantire i servizi. Sarà la ventesima audizione, ma tutti, per fortuna, dalla Corte dei Conti, all'UPI, all'ANCI e così via, partono da questo.
  Questo non è banale. Vorrei, infatti, dire una cosa, anche per ringraziarvi della presenza di oggi, perché siamo arrivati a questo con la scusa della revisione della legge n. 56. A questo riguardo non sono d'accordo sull'analisi iniziale. Se ci fosse stato un intervento radicale di soppressione delle province, si faceva un errore politico madornale perché non sopprimevamo le strade.
  Le strade e le scuole c'erano. Come cittadino non mi interessa se è la provincia, la regione, lo Stato, il comune o il consorzio dei Comuni che gestisce quella strada; io voglio che quella strada non abbia dei crateri in cui finisco dentro con la macchina.
  Lo dico per banalizzare, ma è esattamente così. La politica, nell'idea di sopprimere l'ente, non si è resa conto che le strade non potevano essere soppresse, almeno di non chiuderne un pezzo alla volta perché decidiamo di far fare un altro giro ai cittadini.
  Questo è stato un errore che oggi dobbiamo affrontare in maniera molto radicale, come abbiamo fatto con le riforme.
  Rispetto al risultato finale, peraltro, i numeri tornano. Infatti, come elemento di giudizio, sappiamo benissimo che quando abbiamo applicato il famoso «federalismo stradale» negli anni Duemila, i parametri di riferimento del chilometro, guarda caso, che ANAS firmava con regione/provincia indicavano costi al chilometro che andavano Pag. 12 dai 28 ai 30.000 euro, trasformati all'attualità, per garantire la famosa manutenzione decennale media delle strade.
  Pertanto, abbiamo costruito una rete di parametri che è sufficientemente forte. Il vero problema è che non dovremmo più costruire – come ho detto in precedenza – la tabella rispetto all'utilizzo di queste risorse per tagliare, come giustamente è stato detto, quindi per ripartire un fondo inesistente, ma per costruire i livelli minimi per la garanzia del servizio.
  Questa è esattamente la richiesta che troviamo nel parere che è stato espresso, in relazione alla nota di metodo, dalla conferenza Stato-Regioni e dall'Unione delle province italiane, che dicono che è inutile fare queste tabelle, se poi non distribuiscono nulla.
  È estremamente importante che il lavoro che ha fatto SOSE in questi anni sia stato concretizzato con dei livelli minimi per garantire il servizio. Secondo me, dentro il parere – lo dico alla relatrice – dovremmo iniziare a lanciare questo messaggio fondamentale, ovvero che di fatto cambia in maniera radicale il metodo con cui abbiamo distribuito le risorse in questi anni e soprattutto si evita che ci impongano la garanzia del servizio. Com'è stato detto dal collega Paglia in precedenza, si evita, dunque, che in alcune situazioni molto deteriorate qualcuno ci obblighi a garantire i livelli minimi per la garanzia del servizio.
  Ho un'ultima domanda. Sull'ipotesi di manutenzione al 10 per cento, sui famosi 30.000 euro al chilometro c'è solo la manutenzione ordinaria e straordinaria o anche un piano di miglioramento ed efficientamento della rete?

  GIOVANNI PAGLIA. Il ragionamento che ci viene proposto è, dato che dobbiamo comunque basarci sulla spesa storica, per fortuna abbiamo ancora i dati del 2012, perché siamo costretti a fondarci su elementi «prima del diluvio», altrimenti saremmo costretti a dare una rappresentazione fondata su livelli di spesa già impossibili. Insomma, almeno si evidenzia lo iato fra quello che sarebbe il minimo indispensabile – ammesso che fossimo nel 2012 a un livello di minimo indispensabile – e il livello attuale.
  Questo lo capisco dal punto di vista politico. Peraltro, è anche utile continuare ad avere una differenziazione fra una situazione di sostenibilità e una di evidente insostenibilità, che si quantifica nel numero di 650 milioni. Tuttavia, continuo ad avere qualche dubbio sulla possibilità di confrontare due situazioni che sono oggettivamente molto diverse anche per come funzionano oggi quegli enti. Quelli che conosco non sono cambiati semplicemente nelle funzioni che esercitano, ma molto in profondità, fra personale che è uscito o è stato spostato con riallocazione e così via.
  Non è che questo non abbia un impatto anche sulla spesa e sul modo in cui si fanno materialmente le cose. Allora, mi chiedo qual è la vostra opinione e se ci garantite che sia possibile avere un livello di confronto adeguato, anche con i cambiamenti che sono intervenuti nella materialità dell'organizzazione degli enti.
  Vorrei sapere un'altra cosa, che è più una curiosità. Vedo che sul prezzo dei fattori produttivi impatta molto il livello delle locazioni immobiliari a uso ufficio. Ora, il livello delle locazioni si ricava evidentemente, ma immagino che ci siano province che hanno meno bisogno di locazione, su cui quindi impatta molto meno la spesa delle locazioni, perché dispongono di beni di proprietà. Allora, mi chiedo come è riparametrato questo elemento, perché immagino, appunto, che sia previsto, altrimenti si dà per buono che tutti siano in affitto, mentre una certa provincia non ha costi su questo, ma magari ha maggiori costi di manutenzione dell'immobile, che non è detto che siano minori rispetto alle spese di affitto.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli auditi per la loro replica.

  MARCO STRADIOTTO, Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE. Rispetto alle richieste della senatrice Guerra, ha colto due problematiche Pag. 13relativamente a quei servizi. Non c'è, infatti, una norma che dice 50 o 70 per cento. Quando ci siamo trovati davanti a quell'ostacolo abbiamo seguito il numero della legge n. 190 a proposito del personale relativamente agli affari generali. In base a quello, ci siamo dati una spesa di riferimento.
  Sull'ambiente è come dice lei, nel senso che leggendo la legge n. 56 non è chiaro cosa debbano fare le province. In alcuni casi, come la Toscana o l'Emilia, si sono ripresi tutto. Una cosa importante da dire, però, è che se si riprendono tutto l'ambiente, non prendono più la TEFA come entrata, quindi l'entrata potenziale cambia, se riferita alla questione economica.
  Su questo facciamo una richiesta alla parte legislativa, dovendo in prospettiva rifare i fabbisogni aggiornati alle nuove funzioni vere, non ragionando sul 2012, facendo un'ipotesi di lungo periodo perché ci servono dei paletti legislativi che ci dicono cosa succede per l'ambiente in modo più preciso e quali sono oggettivamente le funzioni fondamentali da stimare.
  Noi, oggettivamente, al prossimo giro abbiamo una difficoltà. Secondo il nostro punto di vista, il lavoro fatto è utile perché vi dà un punto di riferimento, però in prospettiva è giusto che il legislatore ci dia un indirizzo.
  Su quello che chiedeva l'onorevole De Menech, sulle strade c'è anche la spesa in conto capitale, che c'era nel 2012 e anche negli anni successivi perché sappiamo bene che a volte l'asfaltatura si fa con quel po’ di avanzo di amministrazione che magari si è riusciti a fare in precedenza e così via. Noi stiamo ultimando anche quell'aspetto, anche se non rientra nei compiti previsti dal decreto n. 216.
  Insomma, stiamo facendo il quadro complessivo tenendo conto anche della spesa in conto capitale che è andata su manutenzione di strade e scuole. Vi forniremo quanto prima anche questo studio che permette di avere un quadro complessivo. Infatti, non è vero che le province abbiano speso solo 700 milioni per le strade. Sono 700 milioni di spesa corrente, ma poi c'è la spesa in conto capitale, cioè quei pochi avanzi di amministrazione o anche qualche mutuo fatto per asfaltare strade e non per farne di nuove, fatta salva una nuova infrastrutturazione.
  Relativamente a quello che dice l'onorevole Paglia, la spesa storica per noi è un paletto, però nel momento in cui arriva lo tsunami della riduzione di spesa che c'è stata per tutti gli enti locali prima o poi diventa un problema, nel senso che se tentiamo di trovare un fabbisogno standard, ma abbiamo il vincolo della spesa storica ultima, oggettivamente arriviamo a dover dire che non è un fabbisogno standard, ma una ripartizione di una spesa ridotta. Questo è quanto.
  In questo devo dirvi che ci è stato molto utile il confronto con i tecnici e con alcuni responsabili della viabilità, che ci hanno detto che non stanno facendo manutenzione, ma stanno mettendo in sicurezza le strade, abbassando i limiti di velocità. Poi, quando arriva l'incidente mortale, i procuratori che indagano non si sentono tranquillizzati, né dicono che si è fatto bene a mettere in sicurezza la strada abbassando il limite di velocità, perché deve essere messa in sicurezza tappando le buche. Questo è il tema.
  Questa è una delle problematiche che ci ha fatto capire che in merito alla nostra spesa di riferimento (ammesso che anche quella del 2012 sia sufficiente; su questo confermo quello che diceva il senatore Fornaro, ossia che già allora la spesa non era sufficiente) il legislatore deve porsi un paletto che riguarda non solo le province, ma anche i comuni, altrimenti man mano che ci sono i tagli e le riduzioni il fabbisogno scende. Il fabbisogno, però, è la ripartizione della spesa storica o un'altra cosa? In questo senso, per noi è un'altra cosa.
  Adesso passo la parola a Francesco Porcelli per le altre questioni sollevate.

  FRANCESCO PORCELLI, Responsabile Ricerca e Sviluppo per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE. Vorrei rispondere all'onorevole Paglia sul problema dell'OMI, che è una proxy utilizzata non per stimare un costo degli affitti della provincia, ma il differenziale di Pag. 14costi nella gestione di tutti i consumi intermedi. Prendiamo gli uffici e non le abitazioni perché il valore medio degli immobili delle abitazioni o anche degli affitti è inficiato dalle esternalità positive del comune, delle amenità che ci possono essere in alcuni comuni o province e in altre no, mentre quello degli affitti degli uffici è meno soggetto a questo elemento. Questa è stata una scelta che è stata utilizzata anche per i comuni e ormai abbastanza consolidata.
  Per quanto riguarda il calcolo della spesa che noi abbiamo chiamato efficientata, è stato il primo tentativo di andare oltre la nozione di fabbisogno standard e coefficiente di riparto, quindi di dare al fabbisogno standard una connotazione in euro.
  Per far questo dovevamo svincolarci dall'idea di una funzione che approssimasse il livello di spesa standard medio, e quindi di costo standard medio, per cui dovevamo andare al di sotto dei valori medi, il che tecnicamente richiede la stima di una frontiera di costo.
  Dal punto di vista operativo ci siamo trovati di fronte alle difficoltà che, avendo un numero di enti limitato, alcune tecniche consolidate per la stima di questi costi minimi efficienti non potevano essere utilizzate, per cui abbiamo sviluppato un metodo che chiamiamo «regressione quantilica», che va a vedere nel nostro set di province quali sono quelle che, dati i valori di output, quindi dati i servizi offerti, spendono mediamente meno. Su quelle viene poi basata la stima, non sulla media, ma su un valore inferiore alla media.
  Quanto scendere al di sotto del valore medio è un elemento di flessibilità di questo metodo perché consente di andare su valori estremamente minimi oppure di avvicinarsi a dei quantili più vicini al cinquantesimo, che è quello compatibile con la media.
  Noi abbiamo fatto la scelta di trovare quel gruppo di enti che spende meno a parità di servizi, senza stravolgere, però, la struttura della funzione di costo che abbiamo utilizzato per la stima del fabbisogno standard. Quindi cercando di mantenere la stessa struttura funzionale, siamo scesi, quindi, sino al punto in cui, compatibilmente, si riusciva a trovare quel gruppo di enti un po’ più efficienti degli altri.
  Questo ha consentito di dare una prima connotazione in euro al fabbisogno standard e quindi di andare in quella famosa direzione che la legge n. 42 aveva richiamato come metodologia fondamentale per i fabbisogni standard, cioè un costo standard efficiente che, moltiplicato per una quantità di servizio offerto, dava poi il fabbisogno standard.
  Con questo aggiornamento metodologico, relativamente alle province si inizia ad andare in questa direzione. Ovviamente, c'è ancora del lavoro da fare. Soprattutto, sarà importante trasportare questo principio anche sui comuni, però è un inizio che vi proponiamo anche in relazione agli stimoli pervenuti proprio da questa Commissione sul tema.

  MARCO STRADIOTTO, Responsabile Rapporti Istituzionali per la Spesa Pubblica, Controllo della Spesa Pubblica della società SOSE. Vorrei precisare un ultimo dettaglio che riguarda la questione del personale. La legge n. 190, che aveva previsto la riduzione del personale del 50 per cento per tutte le province e del 30 per cento per le città metropolitane e per le province montane, a livello macro tiene.
  Infatti, se si prendono le montane e le metropolitane si fa quel calcolo, si guardano le funzioni, il personale che avevano e così via, la norma funziona, considerando che il 30 per cento dovesse abbandonare per seguire le funzioni delegate e che il 70 restasse. Lo stesso accade per quanto riguarda le province.
  Il tema è che una norma macro non tiene in considerazione del fatto che una provincia, che magari aveva efficientato e ridotto il personale, si è beccata il 50 per cento. Allora, nel macro stava in piedi, ma nel micro no, quindi abbiamo evidenziato questo aspetto. Per esempio, sulle città metropolitane, anche guardando la spesa efficientata, si nota questo aspetto, ossia che l'equilibrio meno 15, andando Pag. 15sulle singole città metropolitane, è molto diversificato.

  PRESIDENTE. Ringrazio la SOSE di avere documentato in modo tecnico e scientifico quella che, politicamente, era la nostra sensazione e per il materiale consegnato di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato). Avverto tutti i colleghi che su questo provvedimento proseguiremo la nostra analisi. In particolare, mercoledì alle ore 8 ascolteremo il professor Marattin e poi proseguiremo per dare il parere nei tempi previsti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.30.

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