XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 97 di Giovedì 9 febbraio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti di Confedilizia sull'attuale distribuzione delle risorse nella fiscalità locale, gli effetti sul sistema perequativo e le prospettive di modifica (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 ,
Spaziani Testa Giorgio , Presidente di Confedilizia ... 3 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 4 ,
Puglisi Riccardo , consulente di Confedilizia ... 4 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 8 ,
Zanoni Magda Angela  ... 9 ,
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 9 ,
Gibiino Vincenzo  ... 10 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 11 ,
Spaziani Testa Giorgio , Presidente di Confedilizia ... 11 ,
Puglisi Riccardo , consulente di Confedilizia ... 12 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 13 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dai rappresentanti di Confedilizia ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di Confedilizia sull'attuale distribuzione delle risorse nella fiscalità locale, gli effetti sul sistema perequativo e le prospettive di modifica.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione, dei rappresentanti di Confedilizia, su «L'attuale distribuzione delle risorse nella fiscalità locale, gli effetti sul sistema perequativo e le prospettive di modifica».
  Oggi, ci concentreremo sull'aspetto delle entrate e della fiscalità locale, in particolare su quella immobiliare. Abbiamo chiamato – e li ringraziamo – a discuterne con noi l'avvocato Giorgio Spaziani Testa, Presidente di Confedilizia, e il professore associato di economia politica presso l'Università degli studi di Pavia Riccardo Puglisi, consulente di Confedilizia.
  Do subito la parola al Presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa per lo svolgimento della relazione.

  GIORGIO SPAZIANI TESTA, Presidente di Confedilizia. Grazie, presidente. Grazie alla Commissione per aver voluto ascoltare Confedilizia su questi temi davvero essenziali per la proprietà immobiliare, oltre che per i contribuenti in generale. Questi temi sono davvero essenziali per la proprietà immobiliare in particolare, perché, come si percepiva già dal primo intervento del Presidente, la fiscalità locale è fondata quasi esclusivamente sugli immobili, quindi è fondamentale l'approccio anche dal punto di vista della proprietà immobiliare.
  In quest'occasione, come Confedilizia, abbiamo voluto avere, rispetto ad altre occasioni di audizioni parlamentari, l'apporto esterno del professor Puglisi, che ha analizzato e continua ad analizzare i temi relativi all'economia, considerata anche dal punto di vista della fiscalità immobiliare, e che svolgerà un'analisi, se lo consentirà il Presidente, al termine del mio breve intervento, per sviluppare più nel concreto alcuni concetti, che io vorrei anticipare ed enucleare.
  Abbiamo, da tempo, espresso le nostre considerazioni sulla necessita di un cambiamento dell'attuale struttura nel rapporto Stato-Enti locali e, conseguentemente, nel rapporto con i contribuenti.
  Sappiamo che in Italia, ormai dal 1992, le risorse degli enti locali, dopo le riforme che conosciamo, come quella della fiscalità locale introdotta attraverso l'ICI, sono garantite da un'imposta locale sugli immobili, che assunse all'epoca il nome di «ICI» e poi si trasformò, com'è noto, in vario modo, con l'IMU e la TASI, a partire dal 2012, e con le conseguenze che conosciamo. Comunque, questa è la struttura della finanza locale, prima ancora che della fiscalità immobiliare. A partire da quegli anni, c'è stata una forma di imposizione, affiancata Pag. 4poi da altre forme di imposizione più o meno legate ai servizi, come quella dello smaltimento dei rifiuti, che è effettivamente una forma di imposizione legata ai servizi con tanti problemi, anche se forse questa non è l'occasione per approfondirli. Negli ultimi anni, si è aggiunta quella che noi abbiamo definito una falsa imposizione collegata ai servizi, che è la TASI, il tributo nominalmente collegato ai servizi indivisibili, che, in realtà, è un vero e proprio duplicato dell'IMU. Questa impostazione della finanza locale e, in particolare, della fiscalità locale non ci ha mai soddisfatti. Non ci aveva soddisfatti negli ultimi cinque anni, in cui il livello di imposizione di questo tipo è aumentato considerevolmente, perché è stato, di fatto, triplicato a partire dal 2012, non essendo stata corretta la manovra Monti, ma neanche quando il livello di imposizione era in termini più sopportabili, perché si basa su una concezione di imposta locale, collegata agli immobili, che non riteniamo soddisfacente.
  Il professor Puglisi entrerà nel dettaglio delle questioni relative alla finanza derivata, alla fiscalità locale e ai rapporti con lo Stato centrale, mentre io vorrei, in particolare, soffermarmi su una necessità, che Confedilizia da tempo sottolinea. Mi riferisco al fatto che, avendo come presupposto l'autonomia tributaria degli enti locali, c'è la necessità di sostituire l'attuale tipo di imposizione – che, con l'IMU e la TASI e, prima ancora, con l'ICI, è, di fatto, un'imposizione patrimoniale – con una imposizione effettivamente collegata ai servizi.
  Si dice sempre che le risorse degli enti locali, in particolare dei comuni, debbano, per comodità, per facilità e per efficienza, trarsi dagli immobili. Noi crediamo e abbiamo sempre creduto che debba esserci, se si parla di fiscalità autonoma degli enti locali, un riferimento agli immobili, ma solo per consentire un controllo dei servizi svolti dai Comuni; quindi, l'immobile come punto di riferimento, non come mero presupposto, relativamente al suo possesso, per la tassazione.
  In merito, gli esempi internazionali ci sono. Nel Regno Unito, c'è l'esempio ben noto della council tax, che non è una tassa lieve, essendo una forma di imposizione notevole, ma è collegata effettivamente ai servizi svolti dall'ente locale. A nostro avviso, tutto ciò consentirebbe, nonostante le difficoltà per effettuare questo tipo di impostazione, di garantire un maggiore controllo dell'operato degli enti locali che, negli ultimi decenni, non sembra essere stato soddisfacente. Mi riferisco al controllo dell'operato degli enti locali da parte dei cittadini, attraverso lo strumento della fiscalità; altri non ve ne sono, essendo venute a mancare anche le forme di controllo dall'alto dell'operato, anche contabile e amministrativo, degli enti locali, e forme di controllo di altro tipo, come quelle sulle finanze, sulla spesa e sulle entrate.
  È necessaria, quindi, una forma di imposizione collegata ai servizi, che la si chiami come si voglia. Il termine service tax è stato più volte evocato, ma, in realtà, non è stato mai attuato. Da questa forma di imposizione si dovrebbe partire, secondo noi, per un miglioramento non solo delle condizioni dei soggetti interessati, che in questo caso sono i contribuenti proprietari sui quali, di fatto, grava l'imposizione immobiliare, ma anche per il fine più ampio di una maggiore efficienza della vita dei cittadini e delle amministrazioni locali a livello comunale.
  Mi fermo per chiedere al Presidente se sia possibile consentire l'intervento del professor Puglisi. Da parte mia, vi ripeto che dovremmo concentrare l'attenzione sulla necessità di superare l'attuale impostazione che, secondo il nostro avviso, non è né efficiente né tale da garantire la trasparenza e i controlli da parte dei cittadini, necessari in una situazione ideale. Credo che questo ciclo di audizioni, che Confedilizia apprezza notevolmente e che ha seguito anche nei precedenti interventi, possa essere l'occasione per ripensare, forse totalmente, il rapporto fra enti territoriali e Stato nazionale e, in particolare, la fiscalità locale. Grazie, Presidente.

  PRESIDENTE. Do la parola al professor Riccardo Puglisi.

  RICCARDO PUGLISI, consulente di Confedilizia. Ringrazio il Presidente e la Commissione Pag. 5 per l'opportunità di parlare di questi temi. Nel memo presentato, questi argomenti sono mostrati in maggior dettaglio. Vorrei offrirvi innanzitutto un piccolo excursus sui pochi temi, di cui vorrei parlare.
  Vi vorrei parlare del tema della responsabilizzazione dei governi locali e del connesso principio del beneficio, alla base della tassazione. Vorrei parlarvi di temi macroeconomici e microeconomici, cercando di mettere insieme la buona teoria con la buona evidenza empirica, cioè quello che i dati ci permettono di dire in maniera più concreta. A livello macroeconomico, c'è la cosiddetta «visione OCSE», secondo cui spostare il prelievo verso la proprietà ha degli effetti positivi di crescita. La mia risposta è che questo non è vero, perché l'evidenza empirica di ciò è poco robusta. A livello microeconomico, vorrei dire qualcosa sulla capacità fiscale, che è un concetto rilevante per il meccanismo di perequazione, insieme ai fabbisogni standard, e spiegare come la teoria economica dica qualcosa su ciò che potrebbe danneggiare, in realtà, la capacità fiscale a livello comunale. Poi, vorrei dire brevemente qualcosa di dettaglio su quello che non funziona nel meccanismo di perequazione, così come si è costruito nel tempo.
  Parto dal principio del beneficio. L'imposizione fiscale è basata su tutti e due i principi. C'è, da un lato, la capacità contributiva, che è anche in Costituzione, e poi c'è l'idea del principio del beneficio, secondo cui c'è uno scambio, perché la spesa per i servizi prestati dal Governo a livello centrale e a livello locale viene compensata e finanziata, tramite imposizione, da parte di coloro che godono di questo servizio. L'idea è che un meccanismo di questo tipo, rispetto alla capacità contributiva, sia capace di responsabilizzare maggiormente i Governi; quindi l'idea del federalismo è basata su un meccanismo microeconomico, per cui gli amministratori locali devono rendere conto ai cittadini di come vengono gestite le loro risorse, prelevate tramite tassazione. Da questo punto di vista, una service tax funziona meglio perché c'è un collegamento tra il prelievo e i servizi prestati, a livello locale. La struttura attuale del meccanismo di finanziamento dei comuni è tale per cui ci sono due altri principi che, rispetto a questa responsabilizzazione, fanno poco, anzi danneggiano. Da una parte, c'è un elemento preponderante di spesa storica, che è quella che è. L'amministratore locale, oggi, non può cambiare quello che è già dato, quindi da questo lato non c'è la sua responsabilizzazione. Tuttavia, anche dal lato nuovo, che gradualmente andrà a regime con la data del 2020 e che è quello della perequazione, c'è un particolare meccanismo, per cui i fabbisogni standard vengono determinati e contribuiscono positivamente ad aumentare il trasferimento da parte dello Stato, mentre la capacità fiscale non è data e non è tanto tenuta sotto controllo dall'amministratore. Questi elementi insiti nel sistema di imposizione e di finanziamento attuale sono tali per cui la responsabilizzazione degli amministratori locali è molto blanda, non per un fattore culturale. Ci può anche essere un fattore culturale naturalmente, ma l'idea è che siano i fattori istituzionali a renderla meno forte come meccanismo microeconomico.
  In generale, anche se insegno macroeconomia a Pavia e scienza delle finanze alla Bocconi, sono microeconomista, però vi dico che bisogna anche guardare il quadro macroeconomico, perché è quello che ha effetti sulla struttura della tassazione generale e locale.
  Esiste la cosiddetta «visione OCSE», che appunto proviene sostanzialmente dall'OCSE, quindi non è un mistero che anche l'attuale Ministro dell'economia e delle finanze ne sia influenzato. In tale visione, se noi osserviamo quello che ci interessa dal punto di vista di cittadini di un Paese, ossia la crescita economica, che è l'obiettivo della politica economica (tanta più crescita c'è, meno ci sarà disoccupazione eccetera), l'idea è di capire quale possa essere il legame tra fattori vari, come il capitale fisico, il capitale umano eccetera, ma anche fattori fiscali. La visione OCSE funziona all'incirca così: è vero che c'è un nesso negativo, per cui quanta più pressione fiscale c'è, tanto più bassa è la crescita economica nel lungo Pag. 6periodo. Questo primo elemento delle analisi econometriche fatte dall'OCSE, quindi basate sui dati, in realtà è molto meno enfatizzato, a livello mediatico, dell'altro elemento, che è quello del cosiddetto «tax mix». Il tax mix rappresenta, per una data pressione fiscale, il modo in cui il prelievo viene diviso tra varie fonti.
  C'è un articolo del 2011 nella rivista The Economic Journal che viene citato da Arnold, che è la base di questa visione; in realtà, non esiste una pletora incredibile di articoli che confermi sempre la stessa cosa, perché, a livello macro economico, non c'è molto. Secondo questo articolo, se io sposto il prelievo dall'imposizione diretta a quella indiretta e se sposto il prelievo dal reddito alla proprietà e ai consumi, ne sortiscono effetti positivi di lungo termine sulla crescita economica.
  Con alcuni coautori dell'università di Pavia, della Bocconi e dell'università di Parma, abbiamo verificato le argomentazioni dell'OCSE in un paper, citato e disponibile anche on line. In realtà, se si prendono quei dati, si rifanno le analisi e si stima la loro precisione in modo più prudenziale, estendendo il campione prendendo in considerazione non 21 Paesi, ma 34 e non i dati fino al 2004, ma fino al 2014, le argomentazioni OCSE relative al fatto che lo spostamento del prelievo sulla proprietà costituisca una spinta per la crescita perdono di robustezza: ovvero, spariscono dal punto di vista statistico. Da queste analisi si ricava che l'unica cosa che conta è la pressione fiscale totale, non il mix. Secondo un'ottica statalista, si tratta di una bella giustificazione, perché, se credo che valga il tax mix, posso astenermi dal fare spending review, tenere la pressione fiscale per quella che è e contare sul cambiamento del mix. Il nostro punto di vista è che, in realtà, questa visione sia falsata dal fatto che si tratta di analisi non robuste, cioè, se sottoposte al vaglio, non vengono confermate. Dall'altra parte, se osserviamo cosa succede e cosa è successo in Italia, specialmente con riferimento al prelievo immobiliare, dobbiamo ragionare, nel caso specifico della spesa pubblica locale e del suo finanziamento, sul concetto di capacità fiscale, cioè quanto, a prescindere dalle aliquote utilizzate, è ottenibile come gettito dalla base imponibile esistente. Dato che la base imponibile è costituita dagli immobili, questi rappresentano la parte preponderante della capacità fiscale. Il punto è che bisogna capire che la capacità fiscale, nel breve periodo, può essere anche data, anche perché il prelievo è di tipo medio ordinario, cioè basato su rendite catastali date. In realtà, nel medio lungo termine, come testimoniano i dati recenti di Eurostat sui corsi immobiliari, la capacità fiscale non è data. Citavo Eurostat perché da poco ha fornito dati interessanti i quali ci dicono che l'Italia è l'unico Paese europeo, oltre a Cipro, che, nell'ultimo anno, ha ancora una deflazione immobiliare: tutti gli altri Paesi hanno una crescita dei valori immobiliari. Ci preoccupiamo tanto della deflazione, a livello macro economico, a livello di politica monetaria, eccetera, mentre è alquanto bizzarro e peculiare che la politica economica attuale non si preoccupi minimamente degli effetti macroeconomici della deflazione immobiliare.
  Forse sarebbe stato meglio se ci fosse stato, come negli Stati Uniti, un crollo subitaneo nelle aree in cui i prezzi erano assurdi, come a Phoenix e Las Vegas, dove prezzi così elevati, prima del 2007, non potevano essere giustificati, con tanto spazio, dalla vicinanza al centro. Sarebbe stato meglio avere un calo di questo genere e, poi, un graduale aumento dei corsi immobiliari, piuttosto che, come sta succedendo in Italia, uno stillicidio di deflazione immobiliare, che va avanti dal 2009.
  Qual è il concetto economico fondamentale da tenere presente, quando si guardano questi dati incontestabili? Si tratta di un concetto antico, intuitivo. Mi riferisco all'effetto ricchezza. Intendo dire che, se la teoria macroeconomica, da Keynes in poi, parte dal presupposto banale secondo cui i consumi sono una funzione crescente del reddito disponibile – concetto abbastanza comprensibile – è anche vero che i consumi dipendono dall'effetto ricchezza, cioè dipendono dalla valorizzazione della ricchezza totale di un Paese. La ricchezza è fatta di due parti. La ricchezza italiana è Pag. 7elevata per gli standard internazionali, perché è, all'incirca, pari a tre volte e mezzo il PIL, ma è chiaramente in discesa perché una parte di questa sta diminuendo di valore. Le componenti principali della ricchezza di un Paese sono costituite dalla parte immobiliare e dalla parte finanziaria. C'è una letteratura piuttosto ampia, sempre dal punto di vista econometrico-empirico, sugli effetti ricchezza. In generale, la maggior parte degli autori ritiene che l'effetto ricchezza per la parte finanziaria sia più forte, perché, possedendo dei titoli e guardando (on-line ormai) la loro valorizzazione, si nota che sono scesi del 30 per cento in un anno, ci si accorge immediatamente di quanto si sia divenuti più poveri. Dal lato immobiliare, l'effetto ricchezza è, secondo la letteratura empirica, più basso, perché manca questo legame immediato di visione. Pur guardando le quotazioni immobiliari, è molto più complicato e meno chiaro dedurre a quanto ammonta la ricchezza immobiliare; quindi l'effetto è minore. Da questo punto di vista, si potrebbe pensare che, essendo contenuto l'effetto dal lato degli immobili, bisogna preoccuparsene meno; va considerato un altro pezzo del puzzle, ovvero l'effetto leva. La struttura italiana della ricchezza ha due caratteristiche precipue. Di una ho detto prima, a proposito del fatto che il patrimonio sia piuttosto rilevante rispetto al PIL. Ma c'è un aspetto, forse ancora più rilevante: più del 70 per cento della ricchezza totale è immobiliare. Qualsiasi cosa succeda alla ricchezza immobiliare, anche se questa ha un effetto contenuto sui consumi, genera un'elasticità più elevata, appunto perché si sta parlando del 70 per cento della ricchezza degli italiani. Qual è la conseguenza di ciò? Nel memo, ho citato l'autrice Monica Paiella, di Banca d'Italia, che ha fatto delle analisi, a livello sia internazionale sia nazionale, per stimare quanto vale questo effetto ricchezza, anche perché è alla stima finale che vogliamo arrivare, non solo per sapere se c'è, ma per sapere anche quanto è ampio l'effetto ricchezza. Un piccolo calcolo, come dicono gli inglesi, back-of-the-envelope, basato appunto su queste stime empiriche rigorose, ci dice che nel 2013 i prezzi degli immobili, in termini reali, quindi tenuto conto dell'inflazione, sono calati di quasi il 5 per cento: il 4,4 per cento. Data un'elasticità dello 0,2 di effetto ricchezza immobiliare, tale per cui, se il patrimonio immobiliare scende di 10 miliardi di euro, i consumi scendono di 2 miliardi, ciò porta a un calcolo eclatante: l'effetto ricchezza stimato per il solo 2013, quindi non per tutto il corso di questo stillicidio di calo delle quotazioni immobiliari, è tale per cui il calo del 2013 si correla – dire che ne è la causa è più difficile, però questo è quanto si desume dalle stime empiriche – a un calo dei consumi di 10,5 miliardi di euro.
  L'idea di un non felicissimo slogan di Rifondazione Comunista, «Anche i ricchi piangano», in realtà potrebbe tramutarsi nel fatto che, se i ricchi piangono, anche i benestanti piangeranno, perché la parte preponderante della tassazione immobiliare, che potrebbe avere un effetto sui valori immobiliari, riguarda ciò che non è prima casa; quindi questo effetto si riverbera su tutti, anche solo per una mera considerazione di carattere microeconomico, anzi, senza scomodare la microeconomia, di carattere intuitivo e di buonsenso. Dato che non tutte le case diverse dalla prima sono a Portofino, dove c'è una preponderanza di case diverse dalla prima, anche se non c'è assenza di prime case, in tutti gli altri posti, le case diverse dalla prima sono sugli stessi mercati in cui si trovano le prime case. Qual è la conseguenza? Questo eccesso di offerta, dal lato degli immobili diversi dalla prima casa, crea una pressione sul prezzo degli immobili, tale per cui non calano soltanto i prezzi di coloro che hanno case diverse dalla prima, ma cala il prezzo di tutte le case. Non dimentichiamoci che, su un totale di circa 26 milioni di famiglie italiane, 4 milioni di famiglie, quindi all'incirca una decina di milioni di individui, hanno una casa diversa dalla prima, quindi non stiamo parlando di numeri piccoli rispetto al totale.
  Ora, se ragioniamo sempre in termini di ordini di grandezza, il bonus fiscale di 80 euro vale all'incirca 9 miliardi di euro, Pag. 8rappresentando un aumento del reddito disponibile; altra questione è capire quanto di questo aumento di reddito disponibile si sia trasformato in consumi. Stiamo parlando di effetto diretto, o perlomeno correlazione, sui consumi che vale di più (10,5 miliardi), rispetto ai 9 miliardi del costo annuo del bonus fiscale dell'IMU: questi elementi devono essere tenuti presenti.
  Per quanto riguarda la capacità fiscale che può essere danneggiata da questi andamenti, dobbiamo tener presente il fatto che c'è, nei calcoli del meccanismo perequativo, una valutazione del tax gap, ovverosia del fatto che una parte del prelievo teorico non risulti effettivamente percepita e entrante nelle casse dei comuni. Questo fenomeno ha due spiegazioni: da un lato, un problema di liquidità di coloro che devono pagare l'imposta e, dall'altro, un elemento relativo alla necessità di considerare più aspetti, quando parliamo della morale fiscale, cioè dei cittadini che abbiano voglia di pagare le imposte. Una buona teoria economica e una buona analisi empirica suggeriscono di non considerare soltanto la tassazione e l'evasione fiscale, ma di considerare insieme la tassazione, l'evasione fiscale e l'efficienza della spesa pubblica, il che chiaramente si connette all'idea della responsabilizzazione degli amministratori locali.
  C'è un'interessante analisi empirica, sempre citata nel memo, svolta da due ricercatori presso la Banca d'Italia, Barone e Mocetti, che analizzano anche l'evasione fiscale, ma in particolare quello che i cittadini dicono a proposito dell'evasione fiscale. È difficile che i cittadini ammettano direttamente di voler evadere il fisco, per evidenti ragioni, però gli si può chiedere che cosa pensano rispetto all'evasione fiscale. Mettendo insieme, a livello comunale, l'indicazione del sondaggio (quanto si giustifica l'evasione fiscale) con l'efficienza stimata della spesa pubblica a livello locale, si può notare che quanto più la spesa pubblica è inefficiente, non percepita come inefficiente, ma, di fatto, tale, tanto più i cittadini di quel comune giustificano l'evasione fiscale. Il meccanismo microeconomico deve essere considerato in toto, altrimenti si rischia di basare le scelte di politica economica su una cattiva teoria economica e su un'analisi empirica assente o poco robusta.
  Chiudo brevemente su due aspetti, di cui una è l'incertezza. Certo, tutti sappiamo che cos'è l'incertezza, ma la cosa interessante, dal punto di vista della letteratura economica, è la novità nei modelli macroeconomici. I dati microeconomici hanno il vantaggio di essere numerosi, quindi le stime possono essere precise, mentre, dal lato della macroeconomia, c'è povertà di dati, perché il dato del PIL è un numero ogni trimestre: non c'è nient'altro. Si è cominciato a misurare – utilizzando la menzione della parola «incertezza» nei giornali – quant'è il livello, giorno per giorno, mese per mese, dell'incertezza in generale e di quella sulle politiche economiche: cioè il livello di incertezza percepito dall'opinione pubblica rispetto alle politiche economiche. Questa variabile spiega, in termini negativi, gli investimenti, la produzione e l'occupazione: quindi bisogna badare al fatto che, in un meccanismo fiscale poco chiaro, con una transizione poco chiara, come nel caso del meccanismo di perequazione locale, tutti questi elementi di incertezza in realtà potrebbero non essere innocui, anzi, possono determinare, tramite coloro che tesoreggiano, cioè coloro che non investono e che non comprano beni durevoli, effetti negativi e forti sulla componente della domanda, che per noi è quella più sacrificata. Non mi riferisco alle esportazioni, che, nonostante siamo nell'area euro, quindi con cambi irrevocabilmente fissi, vanno piuttosto bene, anche perché le imprese italiane sono brave sotto questo profilo. La componente della nostra domanda aggregata che va peggio è rappresentata dagli investimenti pubblici, perché la spending review avviene più sugli investimenti pubblici che sulla spesa corrente purtroppo, e soprattutto dalla parte degli investimenti privati. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie per questa lezione universitaria sulla fiscalità. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

Pag. 9

  MAGDA ANGELA ZANONI. Grazie, Presidente. Intanto ringrazio molto per questo intervento, che ho trovato davvero interessante, perché è sempre un po’ intrigante e creativo provare a vedere e valutare i fenomeni da un punto di vista differente.
  Provo a esplicitare qualche reazione a caldo, anche se mi riprometto di ripescare gli articoli e i riferimenti bibliografici, perché credo che possano essere davvero uno spunto interessante, anche per vedere le cose da un punto di vista diverso. Le prime reazioni a caldo mi dicono che questo sia un po’ un attentato alla legge n. 42 sul federalismo, nel senso che l'elemento portante della legge sul federalismo fiscale è la tassazione immobiliare da parte degli enti locali. Soprattutto, il federalismo è basato su questo principio, nel tentativo di avvicinare la fiscalità a livello locale. Vi ricordo che l'imposizione immobiliare, ossia l'ICI trasformata poi nelle varie versioni successive fino all'IMU, è comunque l'unica imposta davvero federale, perché si crea in loco, può essere rilevata in loco, viene anche versata direttamente nelle casse dei comuni e, soprattutto dal punto di vista dell'evasione fiscale, è l'unica imposta, insieme alla TARSU, anche se è tutto un altro discorso, che può essere rilevata direttamente dai comuni. Ora, se questi hanno la voglia di prendersi un badò del genere, per dirla con un'espressione piemontese-francese, e di prendersi il mal di pancia, per fare davvero il recupero dell'evasione, lo possono fare, perché hanno a disposizione tutti gli elementi. Il processo è semplice, perché c'è un immobile che si vede, quindi, anche nella discussione con il contribuente, è facile capirsi. Questo era il caposaldo della legge n. 42.
  Devo dire mi ha molto interessato l'aspetto dell'incertezza sulle politiche economiche e del meccanismo poco chiaro. Questo è sicuramente un problema di questi anni, che probabilmente inficia parte del sistema della tassazione locale, cui abbiamo anche tolto un pezzo della tassazione immobiliare, eliminando quella sulla prima casa. In secondo luogo, nel sistema della fiscalità locale, il sistema perequativo è stato un po’ semplificato nell'ultimo anno, ma continua a mantenere elementi di incapacità di lettura, non solo per il cittadino, ma anche per gli amministratori. Anche il sindaco ha difficoltà a capire come mai c'è quel coefficiente, da cui dipendono le finanze fondamentali e i trasferimenti al suo comune. Anche il sistema perequativo non è così chiaro. Si stanno provando a fare un po’ di rilevazioni sulle ricadute reali, quindi non sul sistema teorico a monte, che ha tutta una sua impostazione, ma sulle ricadute reali sui singoli comuni, perché ci sono comuni vicini, con situazioni non così differenti, che hanno aspetti perequativi molto differenti. A riguardo, mi riservo di studiare ulteriormente.
  È molto interessante l'aspetto che il 70 per cento del totale della ricchezza sia patrimonio immobiliare. Questo, per l'Italia, rappresenta un dato molto importante e di differenza rispetto agli altri Paesi europei. C'è il dato della prima casa, ma abbiamo assistito anche alla proprietà della seconda casa. Nella mia regione, la Liguria, si va normalmente a fare vacanza; quindi la seconda casa era percepita non come una grande ricchezza, ma come un fatto normale, perché uno aveva una piccola casa a Torino e un piccolo alloggio a Bordighera dove trascorrere le vacanze.

  GIOVANNI PAGLIA. Ringrazio anch'io per l'audizione che ho trovato interessante. Credo anch'io che il tema della deflazione immobiliare sia una questione seria, non solo per le tasche di chi possiede un immobile e nemmeno soltanto per l'effetto che può avere indirettamente sui consumi. C'è un problema di strutturazione della ricchezza del Paese, ma anche di capacità di convertirla in liquidità, che poi diventa l'altro tema collegato, che, di fatto, stiamo provando ad affrontare senza grandissimi risultati da alcuni anni.
  Credo che nella vostra relazione manchi un aspetto, probabilmente perché non è un tema proprio dell'audizione. Voi accennate al fatto che il livello di tassazione sulla seconda casa possa avere un effetto depressivo sul mercato e, di conseguenza, contribuire anche alla riduzione dei valori degli immobili. Non credo questo sia l'unico motivo, quindi mi chiedo quale sia, dal vostro Pag. 10punto di vista e secondo gli studi che avete fatto, l'impatto di questo fattore specifico di cui parliamo oggi e quale sia l'impatto di altri fattori, perché, non essendo l'unico, sarebbe interessante capire quanto, dal vostro punto di vista, questo fattore pesi.

  VINCENZO GIBIINO. Grazie, Presidente. Anch'io ringrazio il professore Puglisi per il suo intervento Più volte abbiamo toccato in questa Commissione il tema e, contrariamente a quanto ha sostenuto la collega, non ritengo che questo sia un attacco al federalismo fiscale, ma piuttosto che evidenzi come dobbiamo mettere dei giusti correttivi.
  Mi riallaccio a quanto ha detto all'inizio il Presidente di Confedilizia. Credo che il sistema di tassazione, così come oggi è pensato, debba essere completamente rivisto. C'è una serie di storture, determinate anche dall'alta pressione fiscale che di fatto, negli ultimi anni, si è registrata sugli immobili, che ha provocato, al di là di analisi micro o macro economiche, un'evidente deflazione e un'evidente perdita dei valori immobiliari. Questo non rappresenta solo un danno per chi possiede una casa, che valeva 100 e magari oggi può valere 80, ma impatta su tutta una serie di problematiche legate ai finanziamenti, alle banche, alla liquidità, alla circolazione del denaro e, alla fine, agli effetti deflattivi, creando una condizione di difficoltà in cui versa l'Italia.
  Dal punto di vista del federalismo fiscale, in realtà, superando l'ICI, le ultime tassazioni ci hanno riportato a una sorta di sinallagma sull'immobile di proprietà dei cittadini italiani tra i servizi resi e la tassa pagata. A questo bisogna legare la responsabilità degli amministratori locali, che, in effetti, viene percepita dal proprietario di casa, al contrario di quanto accadeva prima. Oggi, pagando una tassa legata al mio immobile mi aspetto che, intorno al mio immobile, i servizi resi migliorino, non che peggiorino. Vorrei che i servizi, quindi i giardini e tutto ciò che è legato all'urbanizzazione primaria, secondaria e a servizi vari, migliorino, invece questa cosa non accade.
  Il Presidente di Confedilizia ha anche toccato il punto della TARI. Lo tocco anch'io e poi esco da questo ragionamento. La TARI si basa non sul principio di chi più consuma più paga, ma su un principio legato ai metri quadrati, quindi una tassa patrimoniale, piuttosto che una tassa di servizio, anche in questo caso, sbagliata.
  È stato toccato con il giusto approfondimento il tema dell'incertezza. Con il cambiamento non solo della pressione fiscale, ma anche dei nomi delle varie tasse che si sono susseguite sugli immobili, si è determinata ovviamente un'incertezza, spingendo chi non è proprietario a riflettere sull'acquisto di una casa e chi è proprietario a pensare di venderla, perché non sa, in una condizione di difficoltà economica dell'Italia, come potrà pagare negli anni futuri una tassazione sulla casa stessa, imposta dai singoli comuni.
  Con questa premessa voglio dire che sono totalmente d'accordo con l'analisi fatta stamattina e con l'esigenza assoluta di ripensare la tassazione sulle case.
  Vorrei porre una domanda provocatoria: sia Governi di centrodestra che Governi di centro sinistra si sono accattivati in qualche misura la benevolenza degli elettori, eliminando, in certi momenti storici, la tassazione sulla prima casa. Questo avvenne nel 2008 con l'ICI e recentemente è avvenuto con il Governo Renzi. Ora, se riuscissimo a riportare a criteri di buonsenso e digeribilità nonché corretta percezione della tassazione del servizio reso sull'immobile, a vostro giudizio, ritenete che si debba mantenere una tassazione solo sulle seconde e terze case, lasciando la prima casa senza tassazione, oppure bisognerebbe rimodulare tutto?
  Per chiudere, vorrei segnalare un'analisi che abbiamo svolto in occasione di altre audizioni e che riguarda l'aspetto delle finanze comunali. Il comune di Milano, per esempio, ha sia prime case che seconde e terze case. I comuni rivieraschi, invece, si ritrovano con una percentuale molto bassa di prime case e, al contrario, molto più alta per le seconde e terze case; quindi, paradossalmente, il comune rivierasco, che eroga servizi in maggior misura nei mesi estivi, percepisce dagli immobili che ci sono, essendo seconde e terze case, somme per Pag. 11tutto l'anno. Viceversa, città importanti che devono erogare servizi rilevanti, come per esempio Milano, si ritrovano con buona parte di immobili non tassati. Grazie.

  PRESIDENTE. Vorrei fare un'ultima osservazione. Si è parlato di tax gap, ma c'è un termine che non ho sentito citare in questa audizione: il catasto. Esiste un problema di evasione legale, legata alla fortuna di vivere in zone con accatastamenti disallineati rispetto ai valori di mercato, così come c'è chi è più sfortunato a causa del valore catastale del proprio immobile e paga sulla base imponibile più rispondente alla realtà. A prescindere dal fatto che, una volta aggiornato il catasto, tendenzialmente si andrà verso un ampliamento della base imponibile, quindi verso una maggiore tassazione con tutti gli effetti richiamati, resta un problema di equità tra un'abitazione e l'altra e tra le diverse zone. Su questo problema legato al catasto, che abbiamo già sollevato in un'altra audizione – perché da vent'anni ci giriamo intorno – non è ancora stata trovata una soluzione. Voi avete qualche idea o qualche contributo in proposito o qualche soluzione agevole per arrivare rapidamente ad una soluzione di questa diseguaglianza, che oggettivamente è da superare? In base alla mia esperienza da sindaco, come può confermare chiunque abbia fatto il sindaco, specialmente in realtà piccole, posso dire che ci si trova di fronte a situazioni oggettivamente aberranti. C'è la medesima casa che triplica il valore o una casa oggettivamente di valore modesto che vale di più: è evidente che occorra fare qualcosa, ma, purtroppo, non si riesce a farla.

  GIORGIO SPAZIANI TESTA, Presidente di Confedilizia. Vorrei aggiungere due parole da parte mia e, se lo consente il presidente, poi lasciamo la parola al professor Puglisi. Dico qualcosa in generale su tutti e quattro gli interventi e ringrazio molto per questi contributi.
  Mi spiace che sia andata via la senatrice Zanoni, cui avrei voluto dire che non capisco come si possa affermare che quanto abbiamo sostenuto sia un attentato alla legge n. 42. Vi ricordo che è espresso in modo ben chiaro il principio del beneficio in quella legge sul federalismo fiscale, che detta i principi dell'impostazione del federalismo fiscale e collega le imposizioni di tipo locale al beneficio tratto dal cittadino per i servizi svolti dagli enti locali. Questo non è necessariamente – anzi noi diciamo che è il contrario – da attuarsi attraverso le forme di imposizione attualmente in vigore, perché esse sono basate sugli immobili, ma in modo tale da non garantire, a nostro avviso, l'applicazione del principio del beneficio, non creandosi meccanismi di collegamento con i servizi.
  Passando alla questione catastale, sul valore dell'immobile c'è il pagamento di una forma di imposizione, che ora corrisponde all'IMU e alla TASI e che prima corrispondeva all'ICI, completamente slegata dal livello dei servizi. Poi, c'è il tema che riguarda quella che ora è TARI e prima era la TARSU o la TARES, perché i nomi sono cambiati addirittura con cadenza annuale. Anche questo tema non è da sottovalutare, perché spesso, essendo l'imposizione legata ai rifiuti inclusa, in altri Paesi, nell'ambito di un'imposta assimilabile alla nostra attuale IMU, i confronti vengono falsati da fatto che da noi quest'imposizione è separata. Lo dico perché in una struttura nuova, che noi auspicheremmo, si dovrebbe rivedere tutto.
  Rispondo anche al senatore Gibiino e raccolgo quella che mi sembra anche una sorta di provocazione, il quale ci ha chiesto se saremmo favorevoli all'idea di una tassazione anche sulla prima casa. In questa struttura teorica, con un'imposizione veramente collegata ai servizi e attuativa del principio del beneficio, su cui sentiremo il professor Puglisi, non si può escludere la tassazione anche della prima casa, ma non della prima casa in quanto tale, piuttosto del cittadino abitante, residente nella casa di proprietà, per servizi effettivamente svolti e controllabili. Sarebbe da superarsi, però, anche l'attuale tassa sui rifiuti con la creazione di un'imposizione nuova, che abbia al suo interno anche la tassa sui rifiuti. In caso di locazione, deve essere l'inquilino o il comodatario o l'occupante ad altri titoli Pag. 12a preoccuparsi di pagare totalmente, come avviene nel Regno Unito, o parzialmente (come potrebbe essere pensato) almeno alcuni dei servizi. In un sistema del tutto nuovo non si può escludere questo aspetto, perché, anche per i motivi politici richiamati dal senatore Gibiino, è chiaro che si creano gli effetti che il professor Puglisi ci ha illustrato benissimo: si carica eccessivamente tutto il resto, quindi non solo le seconde case, cioè quelle di villeggiatura, ma anche le case affittate (perché i comuni nel calderone dell'aliquota per abitazione diversa dalla prima casa ci mettono tutto: i negozi, gli uffici, le case affittate e le case che non si riescono ad affittare). Ecco perché, se togliere la tassazione sulla prima casa vuol dire massacrare tutto il resto, ci saranno diversi effetti negativi. A tale riguardo, l'onorevole Paglia ha presentato qualche giorno fa un'interessantissima interrogazione, che ha avuto già risposta, perché credo questa fosse a risposta immediata. Mi riferisco al carico totale, per cui lei sa bene di cosa stiamo parlando, e forse sulla sua domanda specifica potrà rispondere meglio il professor Puglisi.
  Io, invece, vorrei dire una cosa sulla questione catastale. I comuni sono già in possesso degli strumenti per modificare le incongruenze esistenti a livello del proprio territorio: si tratta dei famosi, almeno per noi che li trattiamo tutti i giorni, commi 335 e 336 di una legge finanziaria di ormai 13 anni fa. Li stanno ancora utilizzando e devo dire che spesso li utilizzano anche male, come nella capitale d'Italia o in altre città. Mi correggo: questo non dipende dai comuni, perché loro segnalano e poi l'Agenzia delle entrate (ex Agenzia del territorio) interviene. Gli effetti sono stati negativi in molti casi, però i comuni avrebbero la possibilità di eliminare le incongruenze. Anche questo tema dovrebbe essere inserito in un quadro più generale di nuova tassazione a livello territoriale e ovviamente si dovrebbero modificare anche le storture cui faceva riferimento il presidente Giorgetti.

  RICCARDO PUGLISI, consulente di Confedilizia. È difficile dire cose intelligenti, dopo quelle del presidente Spaziani Testa, quindi aggiungo piccoli spunti.
  Riguardo alle questioni, assolutamente non c'è un attacco al federalismo. Penso che il principio del beneficio sia un buon modo per far funzionare il federalismo fiscale e che la service tax, in un ripensamento globale, debba essere pagata, secondo il principio del beneficio, in forme sensate da chi gode dei servizi prestati a livello comunale.
  Riguardo alla questione sollevata sul far andare meglio il mercato immobiliare, c'è una buona cosa fatta dalla legge di stabilità precedente e prorogata con la legge di bilancio 2017, ossia l'assegnazione agevolata dei beni ai soci, di cui mi ricordo parlai anche in un contributo su Lavoce.info. In questo caso, c'è stato un exploit, perché sostanzialmente la relazione tecnica bizzarramente prevedeva, con la versione conclusa il 30 settembre, un gettito per imposta sostitutiva, senza considerare la parte di imposta di registro aggiuntiva, di 30 milioni di euro nella cassa del 2016. A seguito di contatti con Fabrizia Lapecorella del Ministero dell'economia e delle finanze, ho saputo che il gettito è stato di 150 milioni di euro, quindi sostanzialmente è stato di cinque volte maggiore. Voglio dire che – scusatemi se uso questo termine – lo «smollamento» del mercato immobiliare, ossia il fatto che si cominci a ripulire l'eccesso di offerta, passa anche da questi provvedimenti intelligenti, che permettono di smobilizzare le casseforti, utilizzate in buona sostanza negli anni Sessanta e Settanta, quando il trattamento fiscale era diverso, anche perché un immobile era un bene rifugio che dava un reddito certo. Tuttavia, se cambia l'IMU, quindi la redditività netta, cambia l’asset allocation, quindi bisogna poter cambiare l’asset allocation.
  Una cosa intelligente sarebbe fare un po’ di effetto di curva di Laffer, cioè abbassare le aliquote per ottenere un aumento di gettito dal lato dell'imposta di registro. Sono ben lungi dall'essere «anti-montiano» riguardo al disegno complessivo della finanza pubblica, però alzare l'imposta di registro al 9 per cento per tutto ciò che non è acquisto per prima casa è Pag. 13quasi una follia, perché si blocca il mercato. Ci dovrebbe essere una moratoria di due anni, in cui l'imposta di registro per tutto viene spostata in basso, per ripulire il mercato.
  Riguardo al disegno complessivo futuro, l'errore grave dal punto di vista politico da parte di Monti è stato quello di fare dell'IMU un'imposta ordinaria, mentre avrebbe dovuto restare un'imposta straordinaria, quindi come una patrimoniale pagata in un momento di emergenza per tre o quattro anni. Sulla base di una teoria economica non troppo robusta, si è pensato che tassare l'immobile fosse del tutto esente da effetti. Questa convinzione, invece, non è vera. Gli studi empirici che abbiamo fatto mostrano che, nel breve termine, tassare di più la proprietà ha effetti negativi sulla crescita. Sostanzialmente, se si mette il sistema come tassazione ordinaria e la revisione della spesa, sia a livello locale che a livello centrale, non è la priorità, si crea gettito aggiuntivo che non è gratis, nel senso che non ha effetti ulteriori, anzi finirà per creare effetti gravi sui consumi e sulla ricchezza.
  Nel ridisegno complessivo, nell'ottica del principio del beneficio, della service tax, del finanziamento degli enti locali e anche con riguardo al punto, sollevato dal Presidente, dell'aggiornamento delle rendite catastali, si deve andare nella direzione di un bilanciamento migliore e di un abbassamento del prelievo totale, finanziato da spending review.
  Questo trattamento sghembo della prima casa crea degli effetti paradossali: potrebbe diventare addirittura una tassa sui poveri, perché, se si possiede una casa di famiglia in un comune del centro Italia e ci si trasferisce a vivere in una regione del nord, ci si ritrova a pagare un'IMU pesantissima su immobili che potenzialmente non hanno reddito; mentre se si possiede un immobile di 400 metri quadri in una grande città, che è prima casa e non è A1, ma A2 – anche perché quelle di categoria A1 – sono pochissime, come ben sa il presidente, non si hanno imposte da pagare, con evidente iniquità. Non si tratta soltanto di eccesso di redistribuzione: talora si tratta di una ridistribuzione totalmente malfatta. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti di Confedilizia, per il loro contributo, ricco anche di suggestioni e riferimenti, che potranno generare ulteriori approfondimenti. Mi riferisco anche a tutti gli studi citati dal professor Puglisi.
  Ringrazio anche per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.05.

Pag. 14

ALLEGATO

Pag. 15

Pag. 16

Pag. 17

Pag. 18

Pag. 19

Pag. 20