XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 95 di Giovedì 26 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) sull'attuale distribuzione delle risorse nella fiscalità locale, gli effetti sul sistema perequativo e le prospettive di modifica (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 ,
Campana Giuliano , Vicepresidente dell'ANCE con delega al settore economico-fiscale-tributario ... 3 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 7 ,
Campana Giuliano , Vicepresidente dell'ANCE con delega al settore economico-fiscale-tributario ... 7 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 7 ,
D'Alì Antonio  ... 7 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 7 ,
Fornaro Federico  ... 8 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 10 ,
Campana Giuliano , Vicepresidente dell'ANCE con delega al settore economico-fiscale-tributario ... 10 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 11 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dai rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) ... 12

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) sull'attuale distribuzione delle risorse nella fiscalità locale, gli effetti sul sistema perequativo e le prospettive di modifica.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) sull'attuale distribuzione delle risorse nella fiscalità locale, gli effetti sul sistema perequativo e le prospettive di modifica.
  Il motivo è evidente: parte fondamentale del sistema della fiscalità locale, come è stato costruito, come dovrebbe essere costruito e come potrebbe essere costruito – uso questi tre termini – si fonda sul dato legato agli immobili e, quindi, la voce dell'ANCE ci sembra opportuna.
  Ringraziandolo per essere intervenuto a quest'ora, do la parola al vicepresidente dell'ANCE Giuliano Campana per lo svolgimento della sua relazione.

  GIULIANO CAMPANA, Vicepresidente dell'ANCE con delega al settore economico-fiscale-tributario. Nei cantieri siamo abituati a iniziare anche prima. Presidente, vi ringrazio soprattutto per averci dato l'opportunità di intervenire in questa Commissione.
  Premetto che, non essendo qui ovviamente in veste di analisti, noi non ci soffermeremo sugli aspetti finanziari legati agli effetti della distribuzione delle risorse nell'ambito della fiscalità locale, di cui vi forniamo degli elementi di valutazione nel documento che depositeremo e che potrete visionare.
  Abbiamo invece chiesto di essere auditi per portare il punto di vista pratico degli operatori del mercato immobiliare e soprattutto delle imprese che operano in questo settore, che hanno ancora operai e che sono ancora imprese tradizionali.
  Siamo stati colpiti da una fiscalità locale che ha agito negli ultimi anni come un fattore, a nostro avviso, del tutto disincentivante e che ha impedito qualsiasi spiraglio di ripresa fino al 2016.
  Per contro, noi riteniamo che soprattutto a livello locale molto si possa fare ancora per incentivare gli investimenti e soprattutto per ridare slancio al nostro settore delle costruzioni.
  È inutile ricordarvi che dal 2008 abbiamo perso circa 1,5 milioni di posti di lavoro, considerando ovviamente tutti gli aggregati.
  Permettetemi di partire proprio dagli investimenti, per i quali il 2016 si è concluso, dopo anni di forte riduzione, con un lieve aumento, pari solo allo 0,3 per cento, che purtroppo ha deluso le nostre aspettative di ripresa e ha spostato in avanti – speriamo nel 2017 – le previsioni di crescita, con un aumento stimato degli investimenti dello 0,8 per cento. Pag. 4
  In questo contesto, l'unico comparto che ha tenuto dall'inizio della crisi è stato quello della manutenzione del patrimonio abitativo, che ha registrato un aumento dell'1,7 per cento nel 2016, aiutato peraltro dalla permanenza degli incentivi fiscali, poi potenziati, per esempio la detrazione al 50 per cento per quanto riguarda le ristrutturazioni e del 65 per cento per la riqualificazione energetica.
  In base ai dati di cui noi disponiamo, la tanto attesa svolta per il settore delle costruzioni potrebbe arrivare – lo speriamo – almeno nel 2017, grazie anche all'attenzione che il Governo ha riservato all'edilizia, con le misure contenute nella Legge di stabilità, che peraltro ha rafforzato gli incentivi fiscali già esistenti, in particolare per gli interventi di messa in sicurezza sismica (voglio far presente che potremmo arrivare anche all'85 per cento quando si parla di ristrutturare un intero immobile) e soprattutto quelli di efficientamento energetico.
  Come ANCE, abbiamo apprezzato queste misure in termini di ricadute positive sul settore. Basti pensare che proprio i bonus fiscali hanno generato un giro di affari pari a 18,3 miliardi di euro nei primi dieci mesi del 2016, con un aumento del 6,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2015.
  A ciò si aggiungono le risorse stanziate per la ricostruzione delle zone terremotate e, quindi, per la messa in sicurezza e per nuove infrastrutture nell'ambito del progetto Casa Italia, che sono pari a 47 miliardi di euro per il periodo 2017-2032, di cui 8,5 miliardi nel triennio 2017-2019, che dovrebbero consentire di ottenere 1,7 miliardi di investimenti aggiuntivi nel settore nel 2017.
  Resta aperta la questione fiscale. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un aumento del gettito fiscale derivante proprio dalla tassazione di possesso degli immobili. Si è passati addirittura da 9,8 miliardi di euro di gettito nel 2011, quando avevamo ancora l'imposta comunale sugli immobili (ICI), a 24,5 miliardi di euro nel 2015, con l'imposta municipale unica (IMU) e con la tassa sui servizi indivisibili (TASI). Parliamo di un incremento della pressione fiscale sul possesso del 150 per cento in soli quattro anni. Siamo – consentitemi – a un livello addirittura estorsivo.
  Si tratta di maggiori flussi finanziari che sono entrati nelle casse comunali, ma poi non si sono tradotti in nuovi investimenti nel settore immobiliare e infrastrutturale.
  In questo contesto, non ci è sembrato sufficiente l'ultimo limitato intervento del Governo di riduzione della tassazione sulla casa, con l'eliminazione dal 2016 della TASI per l'abitazione principale, che non è stato sufficiente a ridurre l'emergenza fisco sugli immobili.
  Ecco perché noi siamo convinti che occorra avviare una riforma complessiva della fiscalità locale, in grado di superare le attuali distorsioni e le forti incertezze applicative che hanno avuto come conseguenza un maggior costo fiscale dell'investimento immobiliare.
  Come imprese edili, riteniamo innanzitutto che una revisione della tassazione immobiliare locale non possa prescindere dall'esclusione da ogni forma di prelievo di natura patrimoniale per quanto riguarda i beni prodotti dalle nostre imprese e rimasti poi invenduti, che per noi sono beni merce, nonché per le aree edificabili, che costituiscono la materia prima – tra l'altro anche questi come beni merce – su cui avviare interventi di trasformazione urbanistica.
  A nostro parere, la riforma dovrebbe necessariamente basarsi sull'introduzione di un'imposta unica patrimoniale, che si chiami IMU o TASI. L'importante è che sia un'imposta stabile quanto meno per tre anni, perché, visti i balletti a cui abbiamo assistito con le varie nomenclature, diventa quasi incomprensibile a volte gestire le situazioni.
  La cosa importante è soprattutto che questa tassa sia destinata per intero ai comuni per il finanziamento dei servizi (la famosa service tax), con l'ovvia esclusione dei beni prodotti dalle imprese edili (aree fabbricabili e fabbricati costruiti o ristrutturati per la successiva vendita), come avviene in tutti gli altri settori merceologici.
  In ogni caso, nelle more della riforma complessiva della fiscalità locale, occorre Pag. 5intervenire con urgenza nel breve periodo sull'attuale disciplina IMU-TASI, eliminando le persistenti distorsioni nel campo di applicazione di tale imposta, prevedendo la completa esenzione dall'IMU e dalla TASI delle aree edificabili e dei fabbricati costruiti o ristrutturati per la vendita.
  Inoltre, per quanto riguarda le aree edificabili la questione della completa detassazione è legata in senso stretto anche ai fabbricati delle imprese edili in corso di ristrutturazione per la successiva vendita.
  Come sapete, infatti, durante i lavori di recupero ciò che viene tassato è l'area edificabile, che è una vera e propria tassazione del cantiere, considerata già tutta la tassazione che abbiamo, che aggiunge un ulteriore costo. Poi ci si lamenta perché gli appartamenti ovviamente hanno raggiunto dei prezzi elevati. Tra l'altro ciò avviene nella fase di trasformazione edilizia, che costituisce una componente fondamentale dell'attività delle nostre imprese.
  A maggior ragione, quindi, occorre escludere da IMU e da TASI le aree edificabili, in modo da coprire anche l'ipotesi dei fabbricati delle imprese edili in corso di recupero.
  Né possiamo trascurare altre questioni per noi essenziali, che vanno dalla deducibilità dell'IMU e della TASI alle imposte sui redditi per gli immobili strumentali delle imprese, fino all'esenzione dell'abitazione principale dall'IMU e dalla TASI, magari quando è oggetto di un rent to buy con un vincolo bilaterale, non solo dalla parte dell'acquirente.
  A nostro avviso, occorre poi riflettere anche sul lungo periodo, perché sta diventando sempre più urgente una riforma strutturale dell'intera fiscalità immobiliare, che riconosca la specificità fiscale del settore delle costruzioni, anche alla luce della centralità che questo assume nell'economia nazionale.
  Al riguardo, come ANCE abbiamo messo a punto una serie di proposte per incentivare il mercato e gli investimenti e per favorire la domanda verso l'acquisto di abitazioni di nuova generazione.
  Riteniamo indispensabile la proroga triennale, almeno sino al 31 dicembre 2019, della detassazione del 50 per cento dell'IVA pagata per l'acquisto di abitazioni nuove o riqualificate, purché in classe A e classe B. Questa è la misura principale per rinnovare il nostro patrimonio.
  Oltretutto, eliminiamo anche quella disparità che c'è sempre stata fra acquisto dalle imprese e acquisto da privati. Voi sapete che una persona che acquista da un privato paga il 2 per cento per la prima casa e il 9 per cento per la seconda, con la denuncia a valore catastale. Se acquista dall'impresa, deve pagare il 4 per cento di IVA per la prima casa e il 10 per cento per la seconda casa, naturalmente a valore reale e non a valore catastale. C'è un abisso enorme. Noi riteniamo che questa sia una disparità che va eliminata.
  Sempre per favorire i processi di riqualificazione urbana, riteniamo indispensabile anche il riconoscimento della tassazione – parlo di registro e di ipo-catastali – con una misura fissa di 200 euro per ciascuna.
  Dico questo perché lo paghiamo sulla nostra pelle in un'impresa tradizionale come la mia. Quando noi dobbiamo vendere, ci troviamo spesso di fronte al fatto che il privato deve acquistare un immobile da noi, però ha il suo immobile, che magari può essere obsoleto o da ristrutturare. Oggi come oggi io non posso prendere questa permuta, per il semplice motivo che devo pagare un 9 per cento che non riesco a detrarre, quindi diventa impossibile.
  Sarebbe auspicabile poter prendere in carico questo immobile, pagando una tassa di registro semplice del 2 per cento, naturalmente impegnandoci a ristrutturarlo e a riportarlo a condizioni energetiche più prestanti, aumentandole magari del 30 per cento o anche di più, e a caratteristiche antisismiche diverse dalle attuali, migliorando la situazione del patrimonio stesso. In seguito lo rimetteremmo sul mercato e in quel momento pagheremmo le tasse regolarmente.
  Questa è una proposta che facciamo e che speriamo possa essere accolta. Questo incentiverebbe anche la sostituzione edilizia, che implica oltretutto la demolizione e ricostruzione dell'esistente, mediante l'estensione Pag. 6 della detrazione IRPEF al 50 per cento per quanto riguarda le ristrutturazioni edilizie agli interventi di demolizione e ricostruzione, con degli incrementi volumetrici – voi sapete che oggi parecchi comuni applicano dei regolamenti edilizi premianti – che comportano in ogni caso miglioramenti in termini di efficienza energetica dello stesso edificio.
  Lo stesso vale per l'antisismica. Occorre premiare gli interventi di demolizione e ricostruzione con miglioramento di una o due classi sismiche dell'edificio ricostruito, concedendo in questo caso una detrazione in favore degli acquirenti di questi immobili.
  Ovviamente occorre accelerare nella definizione delle classi sismiche. Voi sapete che oggi le classi sismiche sono tre: 1, 2 e 3. Occorre definire delle classi sismiche, emanando con urgenza il decreto previsto dall'ultima legge di bilancio.
  Un ulteriore tema a noi caro riguarda l'eliminazione dei vincoli dell'attuale regime fiscale, che parimenti incidono sui costi di produzione e soprattutto disincentivano l'investimento.
  Proprio per la particolarità dell'attività esercitata, l'acquisto della materia prima – sto parlando di aree e fabbricati da ristrutturare – sconta un costo fiscale non presente in nessun altro settore produttivo.
  Si tratta di tutti gli acquisti di immobili assoggettati a un'imposta di registro, quindi nel caso di acquisto da privati non soggetto a IVA, che però incide, come dicevo prima, sul 9 per cento del prezzo d'acquisto e colpisce soprattutto l'impresa nella fase prodromica per l'esercizio dell'attività.
  Per questo, come ANCE proponiamo l'introduzione di un regime fiscale premiale (registro e ipo-catastali) in misura fissa, pari a 200 euro ciascuno, per quanto riguarda il trasferimento di immobili, aree o fabbricati, a favore delle imprese che esercitano attività di costruzione o di recupero degli immobili, per poi immetterli sul mercato e che intendono utilizzare gli immobili acquistati entro i successivi cinque anni per la realizzazione o la riqualificazione di edifici a elevati standard energetici.
  Vorrei, inoltre, richiamare l'attenzione della Commissione sull'urgenza di rivedere le attuali storture che allontanano le decisioni di investimento in immobili destinati al mercato della locazione, stanti le forti disparità fra le operazioni effettuate dalle imprese e quelle effettuate da privati, i quali, a differenza delle imprese, possono contare, ad esempio, sull'applicazione del regime della cedolare secca.
  Faccio presente che oggi abbiamo un patrimonio immobiliare spesso fermo, che l'impresa non può locare proprio per i costi eccessivi sostenuti. Potrebbe essere la salvezza di tante imprese riuscire a mettere a disposizione questi immobili e quanto meno recuperare una parte di spese. Diversamente, questo patrimonio immobiliare resta lì e oltretutto deperisce, perché il fabbricato, come sapete, vive con l'uomo. Se il fabbricato resta lì, deperisce e basta, con dei costi eccessivi.
  Occorrerebbe prevedere l'introduzione di forme di tassazione separate per il reddito da affitto delle imprese.
  Un'ulteriore riflessione che mi piacerebbe condividere con voi riguarda l'auspicio di una riforma della fiscalità immobiliare, che favorisca i nuovi investimenti nel settore immobiliare e riesca allo stesso tempo a garantire un gettito certo e duraturo.
  In sostanza, noi siamo convinti che ogni forma di incentivazione non debba essere valutata come costo secco per l'erario, quindi come minor gettito per l'erario stesso. Occorre piuttosto introdurre un principio di impatto economico netto, in base al quale valutare le proposte normative in materia fiscale.
  La mancanza di copertura finanziaria non può essere un alibi per bloccare qualsiasi proposta di incentivo. Riteniamo essenziale che si tenga conto, invece, degli effetti indiretti delle misure da noi proposte.
  Si dice sempre che l'edilizia è il motore del Paese: acquista beni e materie prime da 31 comparti industriali differenti, per il 95 per cento prodotti in Italia. È l'unico settore oggi in questa situazione. Bloccare tale settore significa bloccare anche l'Italia. Pag. 7
  A conclusione del mio intervento, vorrei soffermarmi sulla riforma del catasto, ancora nell'agenda del Governo e da attuare entro il 2018, che riveste per l'associazione un'assoluta centralità, poiché rappresenta il cardine su cui poggerà ogni ipotesi di revisione della tassazione degli immobili basata su valori catastali.
  Al riguardo, come ANCE auspichiamo che la riforma riesca a correggere le sperequazioni delle attuali rendite, senza incidere ulteriormente sul carico fiscale e garantendo l'invarianza del gettito.
  Io vi ringrazio per l'attenzione e vi chiedo scusa, perché forse la relazione era un po’ lunga, ma ho cercato di fare una panoramica delle nostre proposte che potrebbero incentivare a far ripartire questo benedetto settore, che credo che sia quello più in crisi di tutti.

  PRESIDENTE. Pareggiate con quello bancario.

  GIULIANO CAMPANA, Vicepresidente dell'ANCE con delega al settore economico-fiscale-tributario. È una bella lotta.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANTONIO D'ALÌ. È inutile dire che abbiamo seguito con attenzione, come facciamo sempre, le problematiche relative al settore immobiliare, che riteniamo essere oppresso da una fiscalità eccessiva. Il discorso è molto lungo, quindi dovremmo completare la panoramica magari in altra sede.
  Ho tre questioni puntuali. È chiaro che la fiscalità sugli immobili dovrebbe costituire parte essenziale della fiscalità locale. Non l'ho sentita accennare al problema della tassa rifiuti (TARI) e delle tariffe, che a mio giudizio sono state utilizzate, soprattutto negli ultimi anni, per ammortizzare negli enti locali alcuni blocchi introdotti dalla legge di stabilità in ordine all'aumento dell'IMU-TASI.
  Riguardo alla TARI vorrei capire se dal vostro osservatorio avete registrato incrementi non compatibili con criteri di economicità e soprattutto col criterio di tariffa. Peraltro alcuni servizi, soprattutto per la TARI, sono stati un po’ bloccati. Il passaggio da imposta a tariffa è ancora nel guado da tantissimi anni in molte parti d'Italia.
  La seconda domanda concerne l'utilizzo per spesa corrente di una quota degli oneri di urbanizzazione. Anche su questo penso che voi dobbiate dire qualcosa, perché le leggi di stabilità continuano ad autorizzare i comuni a utilizzare una quota rilevante degli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente piuttosto che per gli investimenti per i quali quegli oneri sono stati istituiti.
  Riguardo alla riforma del catasto, siccome sono state già fatte alcune sperimentazioni, vorrei capire se dal vostro osservatorio emerge che ci sia già stata una violazione forte del principio di invarianza di gettito. Vi chiedo se avete dei dati riguardanti alcune situazioni che sono già state definite, seppure in via sperimentale, e che non hanno portato a invarianza di gettito, bensì a un aumento delle imposte per quelle zone che sono state interessate dalla prima attuazione di quella riforma, fermo restando che anche su questo siamo al palo da anni e non se ne viene fuori.
  Sarebbe certamente utile se in sede locale si potesse migliorare l'autonomia sia dei comuni che delle regioni di poter assumere iniziative in questo campo.. Questo naturalmente dipende dal fatto che la fiscalità sugli immobili è ancora una fiscalità centralizzata, che serve all'erario, cioè alla cosiddetta fiscalità generale, per una larghissima parte del suo gettito.

  PRESIDENTE. Io ho due questioni. La prima è una curiosità personale. C'è stato un grande dibattito su prima casa e seconda casa, in particolare sull'opportunità di esentare completamente la prima casa.
  Statisticamente, su cento abitazioni vendute, quante sono acquistate come prima casa e quante sono acquistate come seconda? Quant'è ancora il mercato della prima casa? Forse ci si rivolge alle nuove generazioni, però credo che l'Italia nel panorama europeo sia il Paese con la più alta percentuale di case di proprietà, quindi Pag. 8vorrei capire quanto incide il mercato della prima casa rispetto al mercato in generale delle abitazioni.
  La seconda questione si collega a quella relativa al catasto. È evidente che, a prescindere da qualsiasi discussione sulla fiscalità immobiliare e dalle decisioni su un'imposta o su un'altra, se non c'è la base su cui calcolare l'imposta in modo corretto e obiettivo, ancora oggi sopravvivono delle sperequazioni incredibili.
  Io ricordo che sono entrato in Parlamento nel 1996. Vent'anni fa ci fu la prima legge-delega per la riforma del catasto. Non credo che oggi si sia fatto molto.
  In questo senso, penso che il riferimento sia stato anche al ruolo attivo che in taluni casi i comuni hanno avuto nel promuovere le rendite catastali. Alla luce di questo attivismo, i comuni che si sono attivati prima hanno avuto una ricaduta negativa rispetto agli altri che sono rimasti inoperosi? Che impatto ha avuto sul mercato il fatto di aggiornare le rendite catastali, laddove è stata promossa questa iniziativa?

  FEDERICO FORNARO. Ringrazio anch'io per la relazione e per i dati. Io proverei, però, a soffermarmi sui compiti di questa Commissione. Una delle questioni che emergono con forza quando si fanno i raffronti con il resto d'Europa è che la tassazione immobiliare, come ci hanno spiegato a più riprese anche gli esperti che abbiamo audito, è il fondamento della leva fiscale delle amministrazioni locali e in alcuni casi anche delle regioni.
  Lo dico con una battuta. La ragione non è di equità o raffinata, ma molto banale: gli immobili non si spostano e, conseguentemente, essendo fissi, danno una garanzia di continuità che è essenziale nei bilanci degli enti locali.
  Il nodo è questo, a mio giudizio. Non c'è stato soltanto l'aumento che è descritto in maniera molto efficace nelle tabelle di pagina 4. Le ragioni le conosciamo ed è inutile tornare su questo. Va detto che nella stessa pagina c'è la tabella che riporta il livello dell'imposizione fiscale a cui siamo arrivati all'1,5 per cento del PIL, contro il 2,6 della Francia, l'1,4 del Regno Unito e l'1,2 della Spagna. Il livello è alto, ma non in maniera difforme.
  C'è una differenza con lo 0,4 per cento della Germania. Su questo dato mi permetto di avere qualche dubbio, perché la Germania ha un'imposizione fiscale molto significativa. Bisogna capire se questo dato è stato depurato dalla tassa sui rifiuti, perché lì, se non ricordo male, c'è un meccanismo molto articolato.
  La questione è fondamentalmente far ritornare i comuni «padroni» della leva fiscale immobiliare. Oggi, per le scelte di centralizzazione, di fatto sono stati espropriati di questa leva e ciò a mio giudizio costituisce certamente un problema.
  Sono d'accordo su una semplificazione sia lato cittadino sia lato impresa, come lei ha descritto. Credo che da questo punto di vista occorra cercare di fare un lavoro di razionalizzazione e anche di semplificazione.
  Sono un po’ più perplesso rispetto a una diminuzione della tassazione sui cosiddetti «immobili merce», perché – lo dico con grande trasparenza – una parte della crisi è arrivata anche in una certa fase dalla perdita del senso della realtà, con un continuare a costruire per costruire, tanto il denaro veniva dato. Se vogliamo dirci le cose come stanno, un pezzo della bolla immobiliare è arrivato anche da questo. Ci sono città con milioni di metri quadrati costruiti e ancora oggi invenduti.
  La tassazione è anche una leva disincentivante. Toglierla completamente vuol dire non avere elementi disincentivanti che garantiscano un livello di costruzione che sia coerente con il mercato e ovviamente con l'utilizzo del suolo.
  Ulteriore questione è quella delle ristrutturazioni, ma secondo me finiremmo fuori tema. Io segnalo – può darsi che sbagli – che, anche in conseguenza delle vicende legate al terremoto – che, al di là di quello che è stato il suo impatto nelle dimensioni drammatiche che tutti noi conosciamo, ha scosso un territorio molto più ampio – noi abbiamo un tema che riguarda il patrimonio immobiliare costruito negli anni 70. Su questo bisognerebbe fare una riflessione molto seria, in termini non soltanto estetici Pag. 9– su questo non ho le competenze – ma anche in alcuni casi di tipo strutturale.
  Io credo che, se affrontassimo il tema della ristrutturazione, non soltanto nella veste energetica, ma anche in una logica di sicurezza degli edifici, si aprirebbe una stagione importante, con riflessi rilevanti per l'attività delle imprese e con molte conseguenze positive. Infatti, è indiscutibile quello che lei dice: la ripartenza del settore delle costruzioni ha un effetto sul prodotto interno lordo immediato, che normalmente altri settori produttivi non hanno.
  Anche l'utilizzo della leva fiscale, in particolare il bonus energetico, dimostra qualcosa. Questo è l'altro elemento secondo me importante. L'esperienza del bonus energetico è positiva, perché ha consentito anche di far riemergere il nero, quindi alla fine per i conti dello Stato, come è stato dimostrato da alcuni studi del Centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato nell'edilizia (CRESME), ha avuto un effetto molto interessante.
  Chiudo sulla riforma del catasto. Non è vero che non sia stato fatto niente, bisogna essere onesti. Il punto è che il lavoro che era stato fatto dalle commissioni e che si stava concludendo aveva due problemi. In primo luogo, alla fine la complessità del calcolo era eccessiva.
  In secondo luogo, dobbiamo avere contezza – penso alla politica evidentemente – di quello che bisogna fare. Ferma restando l'invarianza di gettito, su cui io concordo, all'interno del singolo comune, se si fa la riforma del catasto le variazioni di peso sono estremamente significative e bisogna avere tutti il coraggio di dire che una casa nel centro di Roma classificata A4, se faccio la riforma del catasto, potrebbe pagare anche il doppio o il triplo di quello che paga adesso e che una casa degli anni 1970 costruita oltre il raccordo anulare potrebbe pagare la metà o meno della metà di quello che paga oggi.
  Infatti, se l'invarianza di gettito è interpretata nel senso che da un lato c'è chi paga già il massimo e non può essere ulteriormente colpito e dall'altro c'è chi invece è giusto che paghi di meno, non c'è l'invarianza di gettito, ma c'è una diminuzione di gettito.
  Io ricordo paginate intere de Il Sole 24 Ore che indicavano cosa sarebbe successo nei centri delle città. Il valore immobiliare di un edificio nel centro di Roma è commisurabile a quello del catasto in questo momento? Direi proprio di no. Questo è il punto. Bisogna avere il coraggio di guardare in faccia la realtà. È chiaro che di fronte a quelle paginate si è bloccato tutto, anche in termini di consenso. Ricordo che la frenata è arrivata dal Governo, che ha detto: «No, in queste condizioni è la rivoluzione».
  Dobbiamo metterci d'accordo: o si fa la riforma del catasto in tempi di vacche grasse – io non ne vedo nei prossimi venti o trent'anni – potendo diminuire quelle categorie catastali che sono oltre un certo livello, oppure le altre devono pagare di più. Non ci sono alternative.
  Io sono per un approccio molto più pragmatico. L'ho detto in altre sedi avendo fatto l'amministratore locale. Noi abbiamo ancora le categorie catastali A4, che in alcuni casi hanno le declaratorie degli anni 1930, cioè i gabinetti fuori.
  Secondo me, se noi dicessimo che d'ufficio facciamo salire di categoria queste classificazioni, evidentemente mettendo il contribuente in condizioni di dimostrare il contrario – se ha la casa col bagno fuori, per l'amor di Dio, gliela cancello – questo consentirebbe di innalzare in maniera non troppo violenta il prelievo. Infatti, il problema che emergeva nella riforma proposta era la violenza dell'incremento, soprattutto nei centri storici, perché è lì che si annida.
  Un'altra questione da affrontare e risolvere fino in fondo è il tema delle villette, perché negli anni 1970, grazie a categorie di professionisti e a un certo sistema, le classificazioni sono state spesso molto discutibili: villette a schiera, villette singole eccetera. Se si intervenisse in maniera molto pragmatica, chiarendo meglio il tema dell'unifamiliare e delle A4, otterremmo un risultato, magari scientificamente non eccelso e discutibile, ma pur sempre un risultato. Pag. 10
  La ricerca della perfezione, che guidava la riforma del catasto – io avevo fatto anche un convegno su questi temi con degli esperti – non è possibile, se non a condizione di uno stress sul sistema che la politica – lo dico in questa sede – e le istituzioni, cioè i comuni, non sono in grado di sostenere.
  Infatti, questo, anche in un comune di medie dimensioni, vuol dire aumentare la pressione su una parte di persone anche in maniera significativa e, di converso, diminuirla su un'altra parte. Quelli a cui si diminuisce non vengono a protestare e sono contenti, mentre quelli a cui si aumenta protestano. Non è una regola solo italiana.

  PRESIDENTE. Do la parola al vicepresidente Campana per la replica.

  GIULIANO CAMPANA, Vicepresidente dell'ANCE con delega al settore economico-fiscale-tributario. Mi sembrano tutte osservazioni molto interessanti, le condivido quasi tutte.
  Lei, presidente, chiedeva qual è la clientela che si approccia alle case che stiamo costruendo, in classe A o in classe B. Io parlo in base alla mia esperienza e al mio territorio. La prima casa incide dal 20 al 30 per cento (forse è più vicina al 20 che al 30) e il resto è la seconda casa.
  Io ho visto che adesso c'è un ritorno, naturalmente minimo. Quando mi tirano fuori dei dati e mi dicono che c'è stata una ripresa, io dico che in realtà non è così. Una ripresa c'è stata nelle compravendite, però fra privati. Non parliamo poi delle surroghe. Prendono i dati notarili, ma sono compravendite tra privati o addirittura da aste giudiziarie, perché questa oggi è la situazione.
  Dunque, c'è un ritorno alle seconde case, per poter avere ancora, come una volta, un appartamentino da poter mettere a reddito per la vecchiaia o quant'altro.
  Oggi la seconda casa non deve essere considerata, a mio avviso, solamente come quella del mare o della montagna, ma deve essere considerata soprattutto – ecco perché va facilitato questo mercato – come investimento del pensionato o della persona che pensa al futuro dei propri figli.
  Il senatore D'Alì è uscito. Comunque, per quanto riguarda la TARI, per noi imprese edili tradizionali sta incidendo enormemente. Oltretutto, c'è da pensare che non abbiamo rifiuti, perché i nostri magazzini sono dei depositi. Su qualsiasi cosa che trasportiamo alle discariche paghiamo degli oneri considerevoli e in più dobbiamo pagare in base ai metri quadri del magazzino per il deposito. Lì depositiamo le nostre gru, le nostre attrezzature e i nostri scavatori. Pertanto, per noi la TARI è sicuramente un costo rilevante.
  Per quanto riguarda l'intervento del senatore Fornaro, io condivido quasi tutto. Sicuramente questa riforma del catasto sarà importante. Dico anche che non è vero che non è stato fatto niente, qualcosa è stato fatto, ma mi permetto di dire che non mi sembra tanto. Certamente ci vuole del coraggio.
  Io le faccio uno stupido esempio, perché ovviamente ognuno deve parlare in base alla propria esperienza. Io ho ristrutturato un palazzo storico, dove ovviamente i costi sono notevoli e, quindi, il prezzo di mercato è elevato, vuoi per la tipicità del palazzo, vuoi per le finiture e per tante caratteristiche. Io sto parlando di Brescia, una cittadina ancora abbastanza ricca. Se in quel caso parliamo di 5.000-5.500 euro al metro, a distanza di 100 metri, dove c'è un ambiente degradato, a 1.500 euro al metro si fa fatica.
  Certamente, come dice lei, se non vogliamo variare, perché questa è la condizione per la quale potremmo operare e, quindi, non dobbiamo variare il gettito, mi si deve spiegare come riesco a tenere in piedi il bilancio. O alzo da una parte e calo dall'altra, o viceversa. Forse non occorre Einstein per capirlo, però è sicuramente una cosa da fare, con coraggio da ambo le parti. Sono d'accordo con lei: non ci vuole solo coraggio da parte della politica, ma forse anche da parte di noi imprenditori.
  Lei afferma che si è costruito molto e io aggiungo che spesso si è costruito anche male. Su questo le do pienamente ragione. C'erano le banche che davano soldi, addirittura davano il 120 per cento, però li Pag. 11davano a soggetti che non lo meritavano. Si erano improvvisati tutti costruttori.
  La mia impresa ha una storia di cento anni, come altre imprese tradizionali. Per noi il lavoro è la nostra vita. Noi abbiamo sempre messo passione nelle costruzioni. Il farmacista – con tutto il rispetto per il ruolo del farmacista – e il salumiere che si sono messi insieme, avevano un po’ di soldi, hanno preso un commercialista e hanno preso delle imprese strozzandole, hanno creato dei prodotti scadenti che oggi sono sul mercato e sono quelli che lo hanno fatto crollare.
  Una parte di responsabilità sicuramente è anche di noi costruttori, che non abbiamo fatto nulla per impedire questa ascesa, però c'è anche il fatto che oggi basta iscriversi alla camera di commercio e chiunque può fare impresa, può costruire un grattacielo o un immobile enorme, a meno che non sia un lavoro pubblico. Questo vale solo per il nostro settore: mentre per fare il fruttivendolo bisogna fare l'esame, da noi non fanno nessun esame, quindi non serve più la professionalità.
  Sicuramente sono stati immessi sul mercato degli immobili oggi inutili, anzi dannosi. Tuttavia, scusatemi, ma una grande colpa è anche delle signore banche. Adesso quando un costruttore entra in una banca si accendono tutte le spie e le luci di emergenza, mentre prima ci correvano dietro e ci pregavano di prendere i soldi.
  Il guaio è che non pregavano solo noi, ma pregavano anche i soggetti cui accennavo prima. Guadagnare era semplice, ma magari non hanno mai visto neanche gli immobili e non sanno neanche cosa voglia dire una finitura.
  Quando vado in cantiere e vedo un lavoro fatto male, lo faccio disfare, perché mio padre mi ha insegnato così, è una tradizione di famiglia. Ormai ho 60 anni e ho cominciato a respirare il cemento quando sono nato e, quindi, per me è una passione.
  Scusatemi se mi appassiono, ma io amo ancora oggi il mio mestiere e spero di poterlo trasmettere a mio figlio. Se andiamo avanti così, non trasmettiamo più niente, perché ci stanno distruggendo in tutti i settori. Speriamo che un'impresa resista. A Brescia ne son rimaste strutturate solo due, la mia e un'altra vecchia, ma dopo è il deserto. Non è giusto neanche questo.

  PRESIDENTE. Ringrazio il vicepresidente Campana per il suo intervento e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 8.55.

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