XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 94 di Mercoledì 25 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome sulla finanza delle Province e delle Città metropolitane (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione) :
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 ,
Garavaglia Massimo , Assessore della regione Lombardia, coordinatore della commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 3 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 5 ,
Fornaro Federico  ... 6 ,
Zanoni Magda Angela  ... 7 ,
Marantelli Daniele (PD)  ... 8 ,
De Menech Roger (PD)  ... 9 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 11 ,
Garavaglia Massimo , Assessore della regione Lombardia, coordinatore della commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 11 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 12 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dai rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ... 13

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome sulla finanza delle Province e delle Città metropolitane.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione, dei rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome sulla finanza delle Province e delle Città metropolitane.
  Abbiamo avviato un giro di opinioni, alla luce del risultato del referendum costituzionale e della legge Delrio, che prevedeva sostanzialmente un certo percorso, per audire i protagonisti sullo stato dell'arte per quanto riguarda le province.
  Alle regioni viene affidato un compito nell'ambito del riordino e mancava la loro voce. Sono presenti, oggi, il senatore Massimo Garavaglia, che è il coordinatore della commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome nonché assessore della regione Lombardia e frequentatore di queste sale fino a poco tempo fa, il dottor Antonello Turturiello, Segretario generale della regione Lombardia, e i rappresentanti della Segreteria della Conferenza delle regioni e delle province autonome, il dottor Paolo Alessandrini e il dottor Stefano Mirabelli.
  Do subito la parola all'assessore Massimo Garavaglia, ringraziandolo ancora per la sua partecipazione.

  MASSIMO GARAVAGLIA, Assessore della regione Lombardia, coordinatore della commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Grazie, presidente. Consegno agli atti della Commissione un documento, e pertanto procederò nella mia esposizione per argomenti, con qualche commento qua e là, perché comunque avrete tutto a disposizione nel documento.
  Com'è stato detto, abbiamo subito l'effetto della legge Delrio, che era dichiaratamente di natura transitoria. Questo è un fatto curioso in sé, perché è stata fatta una legge ordinaria, pensando a una modifica costituzionale. Poi, le regioni hanno fatto ricorso contro la legge Delrio, ma, anche in questo caso, il ricorso è stato respinto, perché si giudica, di fatto, compatibile la modifica della Delrio, sulla base di un processo costituzionale in corso. Il secondo fatto curioso è che anche la Corte abbia considerato per implicito il passaggio col referendum. Questo discorso riguarda il lato istituzionale.
  Sul lato delle risorse, è stata prevista una progressione di tagli, con un climax da 1 a 2 miliardi e poi a 3 miliardi, ricorrendo anche ad una misura «draconiana», che prevede che l'Agenzia delle entrate, qualora non ci sia un riversamento da parte delle province, ricorra direttamente sull'imposta provinciale di trascrizione e trattenga, alla fonte, le risorse. Pag. 4
  È evidente che questo è un risultato insostenibile. Il primo miliardo di tagli parte nel 2015 e diventa di 2 miliardi nel 2016 e di 3 miliardi nel 2017. Questo è così insostenibile che sono state ipotizzate e, poi, tradotte in norma delle misure straordinarie, come la rinegoziazione dei mutui con la Cassa depositi e prestiti, l'utilizzo degli avanzi e la spesa in conto capitale per le spese correnti, insomma tutto il possibile per riuscire a rispettare questi tagli.
  A decorrere dal primo gennaio 2015, alle province è stato vietato sostanzialmente tutto quello che non è lo svolgimento di funzioni fondamentali, quindi mostre, convegni, rappresentanza, assunzioni. Sulle assunzioni, al di là delle risorse, si è agito anche sull'organico, quindi sulla capacità poi di svolgere le funzioni medesime, facendo anche un'operazione di carattere lineare, che ha comportato ulteriori problemi. Mi riferisco al taglio degli organici, con riduzione secca del 50 per cento per le province e del 30 per cento per le città metropolitane e province montane, che, in sé, può avere un senso, però non è stata fatta una valutazione adeguata. Posso però aggiungere io alcuni dati ulteriori rispetto alla nota consegnata, avendo contezza del territorio lombardo. In una provincia, come quella di Varese o Bergamo, che aveva già un'incidenza del personale bassissima, una riduzione secca del 50 per cento rende, di fatto, rende impossibile svolgere le funzioni fondamentali. Questa è una considerazione ulteriore, che aggiungo alla nota, perché comunque si tratta di una riduzione importante.
  Alla luce di questa riduzione, parallelamente, la Delrio prevedeva il ricollocamento del personale in soprannumero presso Stato, regioni e altri organi e, nonostante tutta la complessità del processo, si è arrivati alla fine a concludere tutta l'operazione di ricollocamento, che sostanzialmente è terminata.
  Anche queste riduzioni di personale sono state dichiarate legittime dalla Corte, in considerazione della programmata soppressione delle province e le modifiche di cui all'articolo 114 della Costituzione. Il problema è: adesso che facciamo, visto che non c'è stata la soppressione delle province? Abbiamo un ulteriore problema, perché, nel frattempo, l'organico è stato sottodimensionato in talune realtà, anche per lo svolgimento delle funzioni fondamentali in capo alle province, in base alla legge Delrio. Ora, la legge Delrio – questa è un'altra considerazione personale – è una legge ordinaria, per cui, volendo, si può modificare, però si dovrebbe fare un'attenta valutazione per capire se queste province, oggi, sono o non sono in grado di svolgere le funzioni fondamentali, alla luce non solo delle risorse, ma anche dell'organico, che è stato ridotto.
  Certo, l'organico è stato ridotto solo in talune realtà, per cui, comunque, la valutazione deve essere fatta territorio per territorio. In talune realtà, siamo scesi sotto la capacità di svolgere le funzioni fondamentali, perché le funzioni delegate sono comunque coperte da risorse delle regioni. Esemplifico: se la regione Lombardia delega la funzione cultura, assegna anche le relative risorse, quindi la possibilità di avere personale per tale funzione, ma, laddove le risorse non sono sufficienti, le province si lamentano, per cui si riporta in capo alla regione la funzione. Per le funzioni fondamentali, se il personale è insufficiente, che succede? Volendo fare un esempio di attualità, chi organizza il servizio di sgombero neve? In tal senso, abbiamo un problema.
  A oggi, siamo giunti ad un contributo, dal punto di vista della finanza pubblica per il comparto province, incamerato nel bilancio dello Stato, che è di 2 miliardi di euro. Per inciso, per le province parliamo di 10 miliardi e 200 milioni. Lo dico per essere preciso, anche perché non faccio il sindacalista delle regioni, però parliamo di 10 miliardi e 200 milioni, quindi proviamo a considerare quali effetti si avrebbero sulla manovra di 3 miliardi e 400 milioni senza quei 10 miliardi e 200 milioni nel bilancio dello Stato; 10,2 su 17, è il contributo delle Regioni alla manovra ’17. Come dicevo, il contributo per il comparto province è di 2 miliardi, per cui, in questo caso, i 3 miliardi e 400 milioni sarebbero stati 5 miliardi e 400 milioni se non ci fossero stati i 2 Pag. 5miliardi delle province. Però oggi, abbiamo un problema.
  Le coperture straordinarie, utilizzate dalle province per chiudere i bilanci a Natale (solo allora hanno chiuso i bilanci preventivi), sono state straordinarie e una tantum e valgono circa 500 milioni. Per quanto riguarda l'utilizzo degli avanzi, i residui e la rinegoziazione dei mutui, tutto quello che era possibile fare, anche oltre le norme di contabilità, è stato fatto, quindi il problema per le province nel 2017 è rappresentato dal fatto che si parte con un handicap di 450-500 milioni, perché queste misure non sono ripetibili: i residui, se li hai svincolati, non ci sono più, e i mutui, se li hai rinegoziati, sono ormai rinegoziati. Le province, quindi, partono con 450 milioni in meno e poi c'è il taglio aggiuntivo di un miliardo. È vero anche che questo taglio aggiuntivo, almeno per quanto riguarda il saldo netto da finanziare, è eliminabile, perché c'è un fondo, nella legge di stabilità, che vale circa 960 milioni. Ora, supponendo che quel fondo vada tutto alle province, in parte si risolverebbe il problema del saldo netto, quindi rimane un piccolo taglio di 50 milioni, ma il problema è che non ci sono più i 450-500 milioni relativi alle misure straordinarie, quindi comunque sei sotto il livello di galleggiamento. Questo è un problema oggettivo.
  Di fatto, questo comporta l'impossibilità, da parte delle province, di svolgere le funzioni, anche quelle fondamentali. Questo è il problema. Per esempio, in merito ai servizi di assistenza e trasporto dei portatori di handicap, le risorse necessarie, così come sostiene il Sottosegretario Bressa, sono pari a 132 milioni e, in legge di stabilità, ci sono 70 milioni. Della differenza che succede? La lasciamo a casa? Questo è un tema. Mancano appunto le risorse per le funzioni assegnate.
  Ora, supponendo che, come dicevamo, si trovi una soluzione per il taglio aggiuntivo di un miliardo, partiamo comunque con un handicap, che non rende possibile, a oggi, svolgere le funzioni fondamentali. In più, c'è un ulteriore problema, che non è stato ancora affrontato dal Parlamento. Faccio riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 205 del 2016 che prevede che i tagli sono sostenibili, in quanto considerati come spostamento di funzione, cioè quando lo Stato trasferisce una funzione dalle province alla regione. Il problema è che la Corte dice che all'ente cui è assegnata la funzione vanno trasferite anche le risorse legate a tale funzione. Ecco, questo manca: cioè, oltre all'ammanco sulle province, c'è quello sulle funzioni riassegnate, perché all'ente interessato non sono stati dati soldi per svolgere la funzione, quindi c'è un ulteriore buco nel bilancio.
  A questo punto, aggiungo un'altra considerazione. Sempre sul trasporto dei portatori di handicap, è intervenuta un'altra sentenza (mi pare sia relativa alla regione Abruzzo) che dice che certe tipologie di funzioni che riguardano diritti soggettivi devono essere svolte indipendentemente dal vincolo di bilancio, il che va bene. Però questa sentenza si ripercuote su tutti i livelli superiori, per cui, se la regione è tenuta a finanziare comunque una funzione che riguarda un diritto soggettivo, lo Stato è tenuto a finanziarla alla regione proprio perché riguarda un diritto soggettivo. Concludendo, vorrei dire che è evidente che siamo di fronte a una situazione molto precaria. L'anno scorso, le province hanno predisposto i bilanci intorno al periodo di Natale e, quest'anno, senza i 450 milioni aggiuntivi al taglio, che probabilmente verrà sterilizzato, non saranno in grado di fare il bilancio neanche per Natale.
  Il tema riguarda le province, ma anche le città metropolitane, che hanno un problema ulteriore, in quanto sono enti nascenti, ma senza un budget che consenta di dare dignità a un ente riconosciuto dalla Costituzione.
  Sono a disposizione per eventuali domande o chiarimenti.

  PRESIDENTE. Aggiungerei un altro aspetto. Adesso, è necessario chiarire il problema della trasformazione delle province in aree vaste, ridenominate «province», che, in qualche modo, deve essere in capo alle regioni, non si capisce a che punto è arrivato questo processo e come si svilupperà, posto che si chiameranno ancora Pag. 6 «province» le aree vaste, in quanto così nominate dalla Costituzione.
  Comunque, ho sentito sostanzialmente le regioni prendere le difese delle province, ma immagino lo facciano per una sorta di responsabilità solidale. Quello che si può constatare o, almeno, che io verifico spesso, è che le province si lamentano e c'è un contenzioso con le regioni su chi debba farsi carico di una funzione. Per esempio, se per il trasporto dei disabili non ci sono i soldi, di chi è la colpa, della provincia o della regione? Si registra una tensione perenne tra livelli di Governo su chi, alla fine, debba sostenere degli oneri, a causa di queste minori risorse che complessivamente sono venute a mancare nell'ambito del processo finanziario. Tutto ciò accade in un quadro istituzionale totalmente confuso e complicato, dove oggettivamente si fa fatica ad attribuire delle responsabilità istituzionali, ma anche politiche, perché se un ente è orientato politicamente in un senso e la regione in un altro, è chiaro che la polemica politica si struttura e si avvantaggia esattamente sul caos istituzionale. Anche questa non è una cosa positiva, perché gli elettori dovrebbero capire esattamente a chi vanno iscritte le responsabilità per i servizi.
  Chiudo questa parentesi. Salutiamo la senatrice Guerra che si è trattenuta più tempo rispetto a quanto preventivato e la ringraziamo.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FEDERICO FORNARO. Ringrazio l'assessore Garavaglia per il consueto taglio pragmatico. Mi sembra che con questa audizione abbiamo aggiunto un altro tassello e mi sento di dire che questo tassello si tenga con gli altri. Mi sembra che ci sia la consapevolezza, nei diversi livelli istituzionali, della necessità di prendere atto del risultato del referendum, quindi di lavorare su due direttrici. C'è una direttrice emergenziale, che riguarda i bilanci del 2017 e su cui il rappresentante del Governo, nella sua audizione, ha sostanzialmente prospettato un'ipotesi d'intervento dello stesso Esecutivo per consentire l'espletamento delle funzioni da parte delle province. Inoltre, c'è un tema di medio termine, su cui io credo che questa Commissione stia iniziando a dare anche un contributo significativo, perché siamo gli unici a porre il problema – lo rivendico con un pizzico di orgoglio come Commissione –. Questo è già un passo in avanti.
  C'è un aspetto, che, in questo quadro, mi pareva importante sottolineare e capire. Lo dico non con spirito critico, ma per avviare un ragionamento. Mi è parso che, intanto, il comportamento delle regioni, di fronte a questo problema, sia stato differenziato. Ce ne sono alcune che hanno preso in carico fino in fondo il problema e altre che l'hanno «scantonato», fin quanto era possibile farlo. Probabilmente, questo deriva anche da situazioni economiche e di bilancio tra loro differenti. Insomma, l'Italia è lunga e larga e ci sono peculiarità nei rapporti e eterogeneità nelle scelte a monte. Non c'era uniformità nelle deleghe date, per esempio, dalle regioni alle province. C'era chi aveva delegato molto e chi aveva delegato poco. Tra l'altro, parlavamo e, spesso, si è sparlato a vanvera delle province, che sono, però, molto differenti le une dalle altre, a seconda delle regioni. La prima questione è capire se, nell'ambito di Conferenza delle regioni e delle province autonome, si stia arrivando a una posizione unitaria delle regioni rispetto al tema.
  Ovviamente, il presidente scherzava, ma si chiamano «province» e continueranno a chiamarsi così evidentemente. Credo che la questione sia abbastanza semantica e in qualche modo sottile, ma, in realtà, è di sostanza, cioè un conto è avere comuni, province e regioni, posti tutti sullo stesso piano, e altra cosa è il tema della riorganizzazione delle gestioni associate dei comuni, nelle province vissute e viste come un'articolazione regionale. Questo, a Costituzione vigente, non è uno stravolgimento, ma un riadattamento, una riarticolazione che giunge dopo circa settant'anni di vigenza della Costituzione.
  Da questo punto di vista, quello che auspico, se mi è consentito dirlo in questa sede, è una posizione più propositiva del sistema delle regioni, passando – e chiudo Pag. 7– su un'altra sfida. Lo dicevamo e lo diceva anche la collega Zanoni: lo abbiamo detto in tanti. Credo che, intanto, non c'è scritto in Costituzione che le province debbano essere 120, per esempio, quindi il tema della riorganizzazione del loro numero e conseguentemente della riorganizzazione, a questo punto, della macchina statale nel suo complesso è un tema aperto, a Costituzione vigente.
  Questa è una sfida, cui auspico le regioni possano partecipare, da questo punto di vista, con maggior capacità propositiva, perché è evidente che c'è una questione, che mi è chiara, sulle risorse. Per chiudere: io concordo con la posizione espressa dall'Assessore Garavaglia su un punto, che mi sembra sia quello di partenza, cioè le funzioni devono essere coperte da un punto di vista economico. Lo dico perché l'idea di fare le riforme, scaricando su altri il tema della copertura dei costi e, di fatto, generando – è stato citato il tema dei disabili, ma ce ne sono moltissimi altri – tagli, è un'idea che non funziona. Io credo che, da questo punto di vista, pur rimettendo a posto alcuni aspetti fondamentali, il tema della riorganizzazione sia un tema aperto, su cui ognuno, per la sua parte, a cominciare da noi, evidentemente, come legislatori, deve provare a ridisegnare il sistema. Che ci sia un appesantimento della macchina credo sia un dato su cui concordiamo: vi è la necessità di snellire i procedimenti. Adesso, non siamo qua per fare un convegno evidentemente, credo però siamo tutti d'accordo sul problema della riorganizzazione anche delle regioni.
  Questi sono temi che, da questo punto di vista, sono aperti.
  Chiedo scusa, ma la mia era interlocuzione e non voleva essere una critica, piuttosto un ragionamento su punti di vista differenti.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Grazie, presidente. Anch'io ringrazio per la relazione breve, ma molto puntuale e molto concreta. Ho poche osservazioni da fare. Una di queste riguarda il nome, che resta «province», perché così è scritto in Costituzione. Ora, se fosse passato il «sì» al referendum, ci si poteva sbizzarrire come si voleva, ma così non è stato, quindi resta il nome «provincia».
  Resta la stessa dignità istituzionale, quindi tutto quello che è stato fatto in questi due anni, per vedere le province come articolazione delle regioni eccetera, è tutto da rivedere. Ciò non si è realizzato e queste hanno la stessa dignità istituzionale, perché la Costituzione, ora, le prevede tutte sullo stesso livello.
  Conseguentemente, l'aberrazione del bilancio annuale deve essere assolutamente risolta, quindi, da un lato, c'è la questione delle risorse, ma, dall'altro, anche vi è la responsabilità di fare un bilancio pluriennale, perché il bilancio annuale, che è un'aberrazione dal punto di vista contabile, era compatibile con una soluzione a breve termine di un ente che andava sparendo, quindi comunque non avrebbe avuto una vita pluriennale.
  Sicuramente bisognerà affrontare il tema della riorganizzazione delle province. Lo diceva anche il senatore Fornaro. E altrettanto sicuramente bisognerà valutare la proposta fatta in precedenza dall'UPI per l'abbassamento del numero delle province, che porterebbe a una riduzione comunque del personale necessario, delle sedi, e quindi dei costi. Ora, bisogna verificare chi ha il coraggio e la forza di portare avanti una riforma del genere, perché è chiaro che, per le province già sottoposte allo stress di questi ultimi anni, in una fase in cui si sta cercando di capire dove siamo, una nuova riorganizzazione vuol dire innescare nuovamente anche, rispetto al personale, un processo complicato. Altrettanto si può dire politicamente: bisogna vedere chi avrebbe il coraggio, alla vigilia delle elezioni, di fare questa proposta.
  Consentitemi una battuta un po’ pungente, così di mattina ci svegliamo un po’... Mi sorprende che ci sia chi, come la Lega Nord, ha sempre sostenuto alcune cose, e, votando «no» al referendum, sia stupito del fatto che dobbiamo preoccuparci delle province. Bastava votare «sì» e il problema delle province si poteva vedere in tutt'altra logica.
  Dal punto di vista più concreto, i provvedimenti che adesso aspettiamo sono due, Pag. 8all'interno dei quali parzialmente poter risolvere i temi sollevati da Massimo Garavaglia.
  Uno di questi riguarda il DPCM di prossima uscita, che speriamo sia prossima davvero. Nell'arco di pochissimo tempo, dovrebbe uscire il DPCM per distribuire 1 miliardo 997 milioni, di cui la parte più consistente dovrebbe andare alle province. Come ci ha raccontato il Sottosegretario Bressa, la scorsa settimana, dovrebbero essere previsti 650 milioni per le province, 250 milioni per le città metropolitane e poi qualche intervento di minore entità.
  Certo, questo non risolve tutti i problemi, e ciò è ben presente. Anche il Sottosegretario Bressa ci faceva un elenco, che non riguardava solo il trasporto dei portatori di handicap o dei disabili, ma anche tutta un'altra serie di interventi, che, l'anno scorso, erano stati previsti e che, quest'anno, siccome il secondo passaggio della legge di bilancio in Senato non ha potuto apportare modifiche, sono rimasti in sospeso. C'era tutta una serie di elementi, tra cui i 100 milioni per l'ANAS. Insomma, tutti questi interventi hanno portato ai 350-400 milioni, quindi anche il Governo ha ben presente, più o meno, la cifra e quale dovrebbe essere il punto di arrivo.
  L'altro aspetto, sul quale si potrebbe lavorare per cominciare a mettere le basi di qualche modifica e ridare dignità a questo livello istituzionale, potrebbe essere il decreto-legge sugli enti locali, che dovrebbe far fronte a parte delle aspettative di ANCI e di UPI, espresse in sede in sede di esame della legge di bilancio, e che dovrebbe consentire di iniziare ad affrontare questi temi. Dovremo affrontare questi temi in un momento di difficoltà, accresciuta in queste ultime settimane, anche per effetto delle indicazioni dell'Unione europea. Infatti, si deve prevedere una stretta nella manovra, e ciò vuol dire che tutti dovranno rimetterci qualche cosa. Di sicuro, gli enti locali hanno già messo molto negli anni passati, quindi a loro non si può chiedere un'ulteriore stretta, ma magari non gli si dà niente in più.
  Questi sono due aspetti diversi, però, alla fine, portano allo stesso risultato, quello di una riduzione di risorse, per il 2017 rispetto al 2016. Noi speriamo che ciò non accada ovviamente, quindi speriamo che questa vicenda abbia una soluzione positiva.
  D'altra parte, ci sono stati molti imprevisti, che purtroppo capitano nel nostro centro Italia (a raffica, uno dietro l'altro) e che richiedono comunque investimenti rilevanti. Anche in quel caso, bisogna capire se questi investimenti e questi elementi entreranno non nel DPCM, perché il DPCM ha una sua finalità ben precisa, così come previsto dalla legge di bilancio, ma nel decreto-legge, dove bisogna affrontare tutta una serie di questioni, che adesso dimentichiamo, perché ce ne sono altre di più gravi, ma che nei territori non vengono dimenticate. Il problema dell'alluvione in Piemonte di novembre non è ancora stato risolto dal punto di vista finanziario, nel senso che c'è stata l'emergenza, ma adesso c'è un lungo cahier di elementi per il ripristino delle situazioni.
  Gli elementi da considerare saranno sicuramente tanti, però credo che sia inevitabile l'uscita di questo decreto-legge, sul quale ovviamente bisognerà lavorare molto. Grazie, presidente.

  DANIELE MARANTELLI. Io vorrei ringraziare Garavaglia per la chiarezza della sua esposizione. Vorrei dire che sono tra quelli che hanno votato e sostenuto, convintamente, il «sì», ma mi sono reso conto che il popolo, in maggioranza, ha votato «no». Come disse un grande intellettuale europeo, Bertolt Brecht, ai dirigenti della sinistra tedesca, dopo l'ennesima sconfitta, cioè che non restava loro che sciogliere il popolo, a me è chiaro che il popolo non lo si può sciogliere, quindi dobbiamo fare i conti con la realtà. Ritornando sulla terra, a Garavaglia vorrei chiedere sostanzialmente una cosa sola, facendola precedere da qualche considerazione.
  L'emergenza, com'è già stato detto, è rappresentata dai bilanci del 2017. La settimana scorsa, il sottosegretario Bressa, che credo sia l'esponente più esperto sulla materia, ci ha assicurato che esiste un cosiddetto «fondone», come l'ha chiamato lui, Pag. 9di 997 milioni e che dovrebbe essere sufficiente a superare questa preoccupazione.
  Tuttavia, in relazione anche alle cose che abbiamo sentito, questa mattina, da Garavaglia e, in maniera puntuale, anche dal senatore Fornaro e dalla senatrice Zanoni, la legge Delrio non aveva presentato problemi o profili di incostituzionalità, perché, in merito, la Corte si era pronunciata. Sulla pronuncia della Corte, in attesa di altri pronunciamenti, che avverranno forse nel corso della giornata, c'è da dire che le incertezze alimentano una confusione e una sfiducia, non legate solo, come diceva il presidente Giorgetti, all'incertezza nell'attribuire responsabilità politiche tra enti con maggioranze politiche diverse (ad esempio in Lombardia).
  Ora, se vogliamo fare l'esempio della Lombardia e prendere in considerazione una provincia come quella di Varese, che è stata citata, insieme con quella di Bergamo, per l'insostenibilità dei tagli al personale (del 50 per cento), c'è da dire che, alcuni giorni fa, la provincia di Varese ha scritto, per problemi al riscaldamento nelle scuole, al Ministro della pubblica istruzione, che fa parte di una maggioranza simile a quella della provincia di Varese. I temi, quindi, sono persino più complessi di quanto probabilmente noi stessi li vediamo.
  C'è l'esigenza di ripensare strategicamente tutta la partita e credo che nessuno lo neghi. Una strada può essere quella di una revisione della legge sul federalismo fiscale, che obiettivamente è nata in un'altra «era geologica». Non so se questa sia la strada più efficace e se, come diceva la senatrice Zanoni, una via può essere quella di entrare a piedi uniti sul decreto-legge degli enti locali e vedere che cosa inserirvi.
  La domanda che vorrei fare all'assessore Garavaglia è questa: siccome il Sottosegretario Bressa ci aveva detto che era in vista un'intesa tra il Governo e la Conferenza delle regioni e delle province autonome, che garantisse le risorse per le funzioni assegnate, vorrei capire, al di là delle cose che sono state scritte, se questa intesa c'è ed è in itinere, che tempi ha e se sono praticabili, per esempio, rispetto a operazioni fatte anche nel passato recente.
  Per esempio, l'anno scorso, era stata garantita, attraverso un'operazione con l'ANAS, la cifra di 100 milioni per le ex strade dell'ANAS. Si può ripetere questa cosa anche quest'anno? Lo chiedo perché, al di là delle prevedibili competizioni politiche, che vedranno le forze impegnate nelle elezioni politiche nazionali, o, per esempio, in Lombardia alle regionali del prossimo anno, se non c'è un minimo di tenuta condivisa da parte delle istituzioni, la mia impressione è che se ne esce a pezzi un po’ tutti.
  Ha ragione il senatore Fornaro quando dice che, in questa Commissione, si cerca quantomeno di provare a dare un contributo di realismo, se non altro, perché la stragrande maggioranza di noi o ha fatto il consigliere regionale o il consigliere comunale o provinciale, e non viene dalla luna. Questa carta può essere giocata con sufficiente realismo. Ora, siccome l'assessore Garavaglia ha dimostrato, al di là della sua militanza leghista, o forse proprio per questa, di non essere privo di realismo, cerchiamo di capire se queste riflessioni possano essere un po’ utili a tutti. L'alternativa è quella di grandi lamenti inconcludenti, che, alla fine, alimentano davvero una sfiducia, che rischia di andare veramente oltre i livelli di guardia. Grazie.

  ROGER DE MENECH. Grazie per l'intervento. Desidero svolgere due riflessioni. La prima è di carattere emergenziale, perché siamo dentro un'emergenza e dobbiamo dirlo, altrimenti non cogliamo il momento che stanno vivendo gli enti locali, e le province in particolare, anzi in primis le province.
  Siamo al termine di un ciclo di audizioni, per cui, visto che le Commissioni di Camera e Senato competenti in materia di finanza e di bilancio non hanno forse la possibilità e il tempo per fare il lavoro di sensibilità politica e di raccolta di dati che stiamo facendo qui, chiedo di trasmettere ufficialmente, come Commissione, le risultanze di tutto il lavoro relativo a queste audizioni e di ribadire, in maniera molto chiara, anche contro gli interessi di una parte o magari stimolando la parte politica che, oggi, governa il Paese, che dobbiamo mettere al centro queste questioni. Pag. 10
  Le operazioni da fare sono essenzialmente due. La prima di queste è mettere immediatamente in disponibilità il cosiddetto «fondone». Sappiamo che questo è nato per azzerare i tagli del 2017, il che è già un passo avanti, ma sappiamo anche che ci vogliono altre operazioni. Adesso, non voglio entrare nel merito delle cifre, ma, se il Governo parla di 300 milioni e l'UPI ne chiede 400, è necessaria una cifra simile, per ricreare un certo equilibrio. Quella cifra aggiuntiva – mi pare che il ragionamento da fare con la regione sia questo – deve essere destinata ad uno specifico servizio e non a pioggia sulle province.
  Lo dico perché non tutte le strade di competenza ANAS sono state trasferite alle province e non tutte le province hanno lo stesso numero di edifici scolastici. L'unico effetto positivo rispetto alla teoria del dibattito sulle riforme, è quello di entrare nel merito.
  Mi sembra di essere in un Paese un po’ surreale, perché, quando sono entrato in questa Commissione nel 2013, tutti i programmi elettorali dei partiti avevano al primo punto l'abolizione delle province. Ora, siccome sono una persona onesta o almeno prova essere coerente e onesto, quello a mio avviso era il percorso da fare. Magari il mio è solo un ricordo, ma siamo entrati nel 2013 con quella situazione.
  Giustamente, i cittadini hanno detto un'altra cosa e tutte le forze politiche lo sanno, per cui facciamo un atto di umiltà e diciamolo almeno fra di noi: il vero problema, secondo me, non riguarda l'aspetto istituzionale, esclusivamente il «no» e il «sì» al referendum, ma un'impostazione da dare nei rapporti fra lo Stato centrale, le regioni, le province e i comuni, perché io ricordo a me stesso, ma credo che lo sappiano tutti, che le province hanno poche funzioni dirette, perché sono quasi tutte delegate dalle regioni.
  Risolviamo, prima, il problema dell'emergenza e facciamolo in maniera puntuale, perché non tutte le province sono uguali e, poi, mettiamo anche in salvaguardia il bilancio.
  Io, Presidente, la stimolo a trasmettere questo pacchetto alle Commissioni di Camera e Senato e al Governo, in modo che sappiano cosa è emerso nel corso del nostro lavoro.
  Siamo in un momento critico – lo dico anche per la provincia da cui provengo – relativamente alla situazione delle strade. Forse con lungimiranza, in Veneto, la competenza su tantissime strade è stata delegata dall'ANAS alle province e anche alla regione, dopodiché queste hanno subito i tagli. Infatti quel tipo di finanziamento è rientrato nei bilanci ordinari dello Stato, e quindi è stato tagliato in quanto contributo di carattere ordinario.
  Questo è stato un errore anche tecnico sul bilancio, per cui, oggi, ci troviamo a non garantire più il servizio delle strade, mentre il centro Italia definisce in maniera chiara, dentro una tragedia immane, che il mantenimento della sicurezza stradale è un elemento fondamentale per la vita dei cittadini.
  La seconda riflessione seria riguarda chi fa cosa in questo Paese. Dobbiamo fare questo ragionamento, però, fuori dalla logica dell'emergenza, perché il difetto, in questo caso, non è – lo ripeto – nella riforma della Costituzione, insieme alla legge Delrio, in sé, ma nell'aver intrecciato il tentativo di riformare il Paese con dei tagli insostenibili. Questo è il problema vero, a mio modo di vedere, e da questo dobbiamo ripartire, mettendo in salvaguarda i bilanci e decidendo – lo dico alle regioni – fino in fondo chi fa cosa. È vero ci sono molte geometrie variabili: ci sono regioni che stanno riaccentrando tutto e ci sono regioni che, invece, non lo fanno. Seguo i lavori della mia regione, ma anche della Lombardia, per capirne le differenze, rispetto al nord del Paese, e posso dire che ci sono situazioni diverse anche in regioni con lo stesso colore politico. Vi ripeto, in questo caso, c'è un problema di assetto istituzionale e di come vogliamo organizzare i rapporti fra i vari organi dello Stato.
  Ho idea che, se facciamo queste due cose abbastanza velocemente, insieme possiamo anche mettere in atto gli aspetti più positivi delle riforme, anche degli enti locali Pag. 11 e delle province, cioè quella di razionalizzare i servizi.
  Chiudo, ricordando che ho seguito ed ero l'autore dell'emendamento per quel famoso fondo di 100 milioni, concernente l'ANAS. Come sapete, poi, quel fondo non è stato speso completamente. Non era idea di chi aveva proposto l'emendamento quella per cui il fondo servisse (come invece giocoforza è stato) per risolvere i problemi dell'acqua alla gola di tante province, ma era collegato a chi aveva avuto un carico di funzioni maggiore, perché si era preso in carico un pezzo di strade dello Stato.
  Le questioni sono due in quell'ambito: o la competenza sulle strade torna allo Stato oppure diamo le risorse alle province e alle regioni, perché non abbiamo tante alternative. Dobbiamo approfittarne per riorganizzare il servizio delle strade, perché è incomprensibile che, in una stessa regione e all'interno delle stesse province, ci siano modelli gestionali diversi: a seconda della titolarità della strada, cambia l'ente che ne fa la manutenzione ordinaria e straordinaria.
  La riforma avrebbe dovuto fare chiarezza in merito, ma, per alcune difficoltà, abbiamo visto che questo non è successo, per cui mettiamoci al lavoro. Inoltre, secondo me, dobbiamo prendiamoci il merito, Presidente, del fatto che la nostra è l'unica Commissione a fare queste riflessioni importanti. Altrimenti, la politica ordinaria si accorge dell'importanza delle province solo perché non c'è più il servizio di sgombero della neve. Noi ci siamo accorti prima che le province sono importanti e che lo sgombero neve deve essere garantito, per cui mettiamo in atto queste cose e stimoliamo il Governo e le Commissioni a farlo. Dico anche, visto che sono qui, come ho detto ai rappresentanti dei comuni in occasione dell'incontro con l'ANCI, che dobbiamo stimolare le regioni a un atto di onestà e di coerenza rispetto a chi fa cosa in questo Paese.

  PRESIDENTE. Do la parola all'assessore Garavaglia per la replica.

  MASSIMO GARAVAGLIA, Assessore della regione Lombardia, coordinatore della commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Rispondo a tutte le domande insieme, perché, bene o male, gli argomenti sono gli stessi, e parto dal fondo.
  È stato, giustamente, detto di approfittare del caos per fare un po’ d'ordine, potrebbe essere un'occasione, e prendere anche atto che il popolo ha deciso che, tutto sommato, centrare le funzioni non era una genialata, quindi forse è meglio tenere le funzioni distribuite sul territorio.
  È stato anche detto di agire sulle funzioni e finanziarle. Questo può anche starci, ma riprende la legge n. 42, altro che buttarla a mare. La legge n. 42 stabiliva, appunto, la redistribuzione delle risorse sulla base dei costi standard. L'idea iniziale, che io preferivo, era quella della riserva fiscale, ma si scelse la via del costo standard, perché la riserva fiscale non piaceva. Il costo standard ha tempi più lunghi, però ottiene lo stesso effetto.
  In questo caso, bisogna stare attenti, perché, quando si dice «finanziamo l'ANAS per le strade», si dovrebbe anche vedere il bilancio dell'ANAS, in cui ci sono le stesse disparità e differenze degli organici di province e di regioni, quindi non è automatico il fatto che, nel momento in cui si finanzia un ente nazionale, sia risolto il problema del costo standard, anzi lo peggiori, perché nelle organizzazioni statali c'è la stessa disparità.
  Vi riporto un dato sulla spesa statale regionalizzata della Ragioneria dello Stato. In Lombardia, il costo dello Stato è di 2.350 euro pro capite, a tutti i livelli, quindi comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato, con i suoi componenti, ma la media nazionale è di 3.600, per cui ci sono 1.300 euro di differenza, che riguardano tutti i livelli. In tal senso, non basta agire su un ente nazionale per risolvere il problema della distribuzione. Questo tema deve essere affrontato. Dunque, se volete agire sul tema del finanziamento della funzione, si deve fare riferimento ai costi standard, altrimenti si fa più danno che guadagno.
  In merito alla tempistica del DPCM, posso dirvi che la questione è all'ordine del giorno della Conferenza di giovedì. Penso, Pag. 12salvo stravolgimenti, che se ne discuterà questo giovedì o l'altro, ma la data è sostanzialmente indifferente, perché il fatto che la parte provincia sia questa è cosa assodata, quindi non ci sono novità su questo tema. Il tema vero è, per l'appunto, che il DPCM ammorbidisce e quasi annulla il taglio ulteriore, quindi è sostanzialmente neutro, perché è un ravvedimento operoso.
  Resta il tema di come fare a coprire quei 350, 400 o 450 milioni con operazioni straordinarie, perché quest'aspetto deve essere valutato. Ora, se questo sarà oggetto di un decreto omnibus, non lo sappiamo, ma ce lo auguriamo. Comunque, si tratta ancora di un'ottica emergenziale. È stato detto, giustamente, che l'emergenza è la prospettiva. Io dico che l'emergenza si può tamponare con l'omnibus e con il DPCM, ma quello del bilancio pluriennale è un tema diverso. Le funzioni fondamentali e residue in capo alle province sono sostanzialmente strade e scuole, per cui, in quel caso, non si tratta di pagare personale, ma di programmare la spesa di investimento.
  Ora, se qualcuno pensa di poter fare un bilancio triennale senza avere la certezza di che cosa succede nel 2018 e 2019, avendo quella regola – idiota – del divieto di indebitamento, e pensa di poter sistemare una scuola col cash flow, vive su un pianeta parallelo. È evidente che, nel momento in cui lo Stato fa debito, una quota di debito può e deve andare anche agli enti locali, altrimenti come fai a fare spesa di investimento, cioè strade e scuole? Non parliamo di mostre e convegni, ma di strade e scuole, per le quali necessariamente si prevede una componente di indebitamento. La fetta di debito che fa lo Stato, pro quota, andrebbe ripartita tra gli enti locali, altrimenti non se ne esce. C'è un'ultima cosa che vorrei precisare, anche se ci sarebbe da dire sull'avanzo preventivo. In merito al ruolo propositivo delle regioni, di cui parlava il senatore Fornaro, è verissimo che le regioni hanno affrontato in maniera differenziata il tema, anche dal punto di vista politico, perché c'era una posizione di sinistra, che era organica rispetto a un processo di riforme e diceva «togliamo l'ente provincia e lo sostituiamo con le aree vaste», ma, adesso, deve ritornare sulla sua posizione, quindi c'era anche un tema di carattere politico. Poi, c'era un tema di disponibilità nell'organizzazione differenziata delle diverse regioni.
  È chiaro che affronteremo il tema anche noi, come regioni, alla luce del referendum, ma resta un dato di fatto: abbiamo visto che l'esperienza dell'area vasta non ha funzionato. In Friuli, dove è stata fatta l'esperienza delle aree vaste, ma anche nella stessa Sicilia, c'è stato un aumento e non una riduzione della spesa.
  Banalmente, se per ogni area vasta, che sono più delle province, si deve prevedere un direttore generale e un segretario generale, con degli aumenti la spesa. Quindi, di fatto, quella che è una potenziale soluzione ha dimostrato, dove è stata fatta, che non funziona.
  Diverso è affrontare il banale numero degli enti locali e delle province, cosa che in Lombardia si era iniziata a fare, perché l'idea dei cantoni avrebbe ridotto il numero delle province, ma era stata sospesa in attesa del referendum. Noi riprenderemo l'argomento, perché quella è la via da percorrere. Si ritorna a riorganizzare il territorio sulla base di un numero di province ragionevole, perché, probabilmente, quella è la soluzione più sensata e più logica.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'assessore Garavaglia per il suo intervento e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.

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