XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 109 di Mercoledì 25 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione della presidente, del consiglio di amministrazione e del direttore generale della Rai.
Fico Roberto , Presidente ... 3 ,
Molea Bruno (CI)  ... 3 ,
Fico Roberto , Presidente ... 3 ,
Maggioni Monica , presidente della Rai ... 4 ,
Campo Dall'Orto Antonio , direttore generale della Rai ... 5 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 17 ,
Rossi Maurizio  ... 17 ,
Pisicchio Pino (Misto)  ... 18 ,
Lupi Maurizio (AP-NCD-CpI)  ... 19 ,
Margiotta Salvatore  ... 20 ,
D'Ambrosio Lettieri Luigi  ... 21 ,
Airola Alberto  ... 22 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 23 ,
Gasparri Maurizio  ... 24 ,
Verducci Francesco  ... 26 ,
Minzolini Augusto  ... 27 ,
Ranucci Raffaele  ... 28 ,
Fico Roberto , Presidente ... 29 

(La seduta, sospesa alle ore 16.30, riprende alle ore 20.15) ... 29 

Fico Roberto , Presidente ... 29 ,
Ciampolillo Lello  ... 29 ,
Boccadutri Sergio (PD)  ... 30 ,
Fico Roberto , Presidente ... 31 ,
Freccero Carlo , consigliere di amministrazione della Rai ... 31 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 32 ,
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 34 ,
Mazzuca Giancarlo , consigliere di amministrazione della Rai ... 35 ,
Maggioni Monica , presidente della Rai ... 35 ,
Campo Dall'Orto Antonio , direttore generale della Rai ... 38 ,
Gasparri Maurizio  ... 43 ,
Fico Roberto , Presidente ... 43

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito)

Audizione della presidente, del consiglio di amministrazione e del direttore generale della Rai.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della presidente del consiglio di amministrazione della Rai, Monica Maggioni e dei componenti del consiglio, nonché del direttore generale dell'azienda, Antonio Campo Dall'Orto, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Come convenuto dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, invito i colleghi a contenere il proprio intervento entro i cinque minuti.
  Ricordo che nella riunione della Commissione dello scorso 3 agosto 2016, la presidente e il direttore generale avevano proceduto all'illustrazione della «Proposta di sviluppo del progetto sull'offerta informativa», riservandosi di riferire successivamente a questa Commissione prima che il consiglio di amministrazione approvasse definitivamente il piano su cui, analogamente a quanto avvenuto con il piano news predisposto dal direttore generale pro tempore della Rai Gubitosi, la Commissione di vigilanza sarà chiamata ad esprimersi con l'adozione di un atto di indirizzo.
  Do la parola dapprima alla presidente che svolgerà una relazione introduttiva, e quindi al direttore generale, che illustrerà un aggiornamento del piano editoriale dell'informazione della Rai, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere alla presidente, al direttore generale e ai componenti del consiglio d'amministrazione, al termine dei due predetti interventi, domande e richieste di chiarimento.

  BRUNO MOLEA. Intervengo sull'ordine dei lavori. Capisco la necessità di chiudere i lavori entro questa sera però, come lei ben sa, abbiamo un'attività a livello di Camera dei deputati particolarmente intensa in questo momento. Mi riferisco per esempio alla Commissione VII perennemente convocata e alcuni di noi, come il sottoscritto, che questa sera è di turno come presidente, purtroppo non potranno essere presenti, alle 15 c'è il question time. Mettere un'audizione così importante in un momento in cui non tutti hanno la possibilità di partecipare francamente non mi sembra proprio il caso. Sarebbe bello poter fare tutto il corso dei lavori anche della Commissione di vigilanza.

  PRESIDENTE. Piacerebbe senza dubbio anche a me riuscire a convocare la Commissione e rendere partecipe il maggior numero di commissari possibili. Sappiamo che l'attività del Parlamento tra Camera e Pag. 4Senato (questa è una Commissione bicamerale) è molto complessa e più volte abbiamo scritto ai Presidenti di Camera e di Senato per cercare di organizzare i lavori in equilibrio anche con la Commissione di vigilanza. Non sempre ci riusciamo e in ogni caso questa audizione è stata decisa dall'Ufficio di Presidenza con l'apporto di tutti i gruppi e non solo da me, quindi per ora devo lasciare questo ordine del giorno e continuare così.
  Prego, presidente.

  MONICA MAGGIONI, presidente della Rai. La mia non sarà una relazione, ma saranno solo alcune considerazioni che precedono l'illustrazione che farà il direttore generale. Alcune considerazioni che mi sembrano doverose in questa sede, viste le settimane nelle quali il dibattito su quello che stavamo o non stavamo facendo ha occupato parte della discussione pubblica. Mi sembra anche importante che alcune brevissime considerazioni io le faccia qui, perché, come avrete notato, non le ho fatte in nessun'altra sede e mi sembrava doveroso farle qui.
  La prima delle riflessioni che vorrei fare con voi è che vorrei ribadire ancora una volta che, a dispetto di quello che ho letto in più o meno autorevoli sedi, la Rai è tutto meno che irriformabile. La Rai è riformabilissima, come ogni luogo dove si voglia procedere a una sostanziale riforma, la Rai è un luogo che può essere riformato, è un luogo che vuole essere riformato, che chiede di essere riformato, chiede di farlo nel modo giusto e secondo un percorso che porti valore alla Rai, a chi ci lavora e soprattutto al Paese e a tutte le persone che pagano il canone, perché questo mi sembra il presupposto di fondo. Sull'urgenza siamo tutti consapevoli, credo di aver ribadito un numero di volte fin eccessivo in questa sede quanto sia urgente il fatto di procedere a questo percorso di riforma. Si è cominciato a fare, perché alcuni aspetti della trasformazione in media company si vedono e ci sono. Ribadisco ancora una volta che tutto quello che si vuole non è l'immobilità. Restare immobili oggi significa condannare la Rai a essere semplicemente come i circhi che in questo momento stanno a poco a poco smantellando perché gli elefanti via via muoiono, ma la Rai non ha nessuna intenzione di fare la fine dei circhi nei quali muoiono gli elefanti. Non ha intenzione la Rai, non ha intenzione credo nessuna delle persone qui presenti questa sera, né chi ci lavora. Questa mi sembrava una premessa fondamentale.
  Quello che però è vero, per rendere sostanziale e vera questa premessa, è il fatto che la trasformazione dev'essere davvero profondissima e non può essere solo una trasformazione di strutture, di superficie, di costruzione, dev'essere una trasformazione che va molto in profondità e va in profondità negli schemi produttivi, deve tener conto del come le cose si fanno in Rai, di come avvengono oggi e di come potrebbero essere fatte in un futuro. Richiede quindi non uno sguardo orizzontale, non uno sguardo di superficie, ma uno sguardo in grado di scendere dentro, fino alle ragioni e ai luoghi profondi in cui le cose vengono fatte. Le prospettive che ci continuano ad accompagnare sono quelle di cercare di portare il massimo di innovazione, il massimo di razionalizzazione delle risorse, perché nessuno di noi oggi pensa che sia immaginabile lavorare in un contesto in cui le risorse non vengono razionalizzate, e un ripensamento alle grandi ragioni per cui facciamo le cose. Il piano è certamente una tappa obbligata sulla quale stiamo lavorando. Oggi mi sembra un momento molto importante in questo senso e quello che mi sento di dire, a nome anche del consiglio di amministrazione (per fortuna molti dei suoi componenti sono qui e potranno confermarvelo di persona) è che l'atteggiamento è stato di volere ancora più cambiamento, un cambiamento ancora più profondo e ancora più sostanziale, e non cambiamento formale. Si è condivisa questa richiesta di innovazione ulteriore e su questa richiesta di innovazione ulteriore il direttore generale ha fatto un lavoro di sintesi rispetto alle richieste, rispetto ai presupposti, rispetto alla potenzialità progettuale, e inquadrerei proprio in questo senso l'incontro odierno. Pag. 5
  Si era detto «arriveremo a un momento in cui lungo il percorso condividiamo il dove si sta andando e quali sono le linee guida che si stanno adottando»: credo sia quello che oggi il direttore generale ci illustrerà e ci ha illustrato nel consiglio di amministrazione, non quello che, come sapete, si è tenuto questa mattina, ma quello che si è tenuto due settimane fa per avere appunto queste linee di movimento condivise, e in questo senso la interpreterei come la tappa di cui si era parlato proprio in questa sede, dicendo che qui non si arriva con un pacchetto che la Commissione di vigilanza vede e prende come tale, ma arriveremo lungo il percorso a discutere di quello che si sta facendo. Questo mi sembra il contesto nel quale andare a inquadrare il nostro incontro di oggi.

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Parto dalle parole della presidente. Oggi veniamo a condividere un percorso mentre lo stiamo realizzando: ciò che è importante per me è raccontarvi quali sono le cose che sono state condivise in consiglio di amministrazione e quali sono i prossimi passi rispetto a quello che andiamo a fare. Proprio perché ogni cambiamento, ogni trasformazione che voglia essere profonda deve essere strutturale, quello che illustrerò sono gli ambiti che ho isolato, che identificano i cambiamenti che vanno affrontati per trasformare l'informazione Rai, e per questo ho portato con me una presentazione. Prima però volevo chiarire sugli obiettivi che abbiamo. Gli obiettivi sono molto semplici. Consolidare la leadership dal punto di vista informativo laddove l'abbiamo, e riuscire a conquistarla laddove invece magari abbiamo accumulato ritardo, con un atteggiamento di lungo periodo, che proietti la nostra azienda, a maggior ragione in un momento in cui siamo da qualche tempo in un periodo di rinnovo della concessione, con un respiro che possa essere di lungo periodo. Questo in coerenza con il piano industriale che abbiano costruito e approvato un anno fa e che, come sappiamo (la presidente lo ha ribadito), mira alla creazione di un'azienda che come media company sia presente forte in tutte le piattaforme di cui le persone possono usufruire, e allo stesso tempo, come veniva ribadito in maniera molto chiara nella vostra risoluzione del 12 febbraio 2015, dove pluralismo, obiettività, completezza e imparzialità siano al cuore del ripensamento dell'informazione Rai.
  Altro concetto per me importante è che lo facciamo facendo leva sulla forza di ciò che abbiamo dentro. Questo porta a una premessa che già feci qui un po’ di tempo fa e che, a maggior ragione in questo periodo, mi sembra una premessa importante, cioè che noi andiamo a fare cose nuove cercando di valorizzare quello che abbiamo. Questo vuol dire partire dal perimetro di persone che abbiamo, quindi garantire quel perimetro di occupazione, ma vuol dire anche fare un grande sforzo e un grande investimento in termini di formazione perché, come vedrete nella presentazione, i ruoli che si presenteranno in molti casi sono decisamente diversi da quelli che abbiamo avuto in passato, per cui avremo bisogno di un grande sforzo, che abbiamo già iniziato a fare, dal punto di vista formativo.
  Dal punto di vista del processo, come avrete saputo, mi sono preso il carico di portare avanti il progetto, ho preso le cose chiave che ho ritenuto fondative e importanti rispetto alla proposta di piano che aveva avanzato a me Carlo Verdelli, e ho cambiato alcune cose, altre le ho integrate, però partendo dall'idea che questo piano deve essere fortemente informato da una visione prospettica. È per questo che la semplificazione degli ambiti su cui andiamo ad agire mira proprio a dire: cosa è importante? Quali sono le cose sulle quali dobbiamo eccellere? Quali sono le cose su cui non ci siamo? Quali sono le cose che dobbiamo cambiare?
  Mi scuso in anticipo con l'onorevole Pisicchio, che di solito dice: «le slide!», però non sono tante!
  Quali sono i cardini su cui è costruito questo piano? La modernizzazione del prodotto e del modo in cui andremo a offrirlo, e la razionalizzazione dei processi e delle strutture. Questo è un principio molto Pag. 6chiaro, ma come lo andiamo a sviluppare? Questi sono i tre cardini del piano, ma poi c'è un quarto su cui faccio un inciso, però non è parte di questa presentazione. Questa è la fotografia di dove siamo arrivati in consiglio, tanto per essere aperti dal punto di vista della condivisione.
  Il primo progetto è il Digital First, cioè vi racconterò dove siamo con il progetto di informazione digitale, nome in codice Rai24. Il secondo si chiama Newsroom Italia, ovvero la costruzione di una rete di informazione che riesca ad avere due caratteristiche, essere pervasiva e tempestiva dal punto di vista della generazione dell'informazione, quindi sia in grado di diventare il motore informativo della nostra azienda, o diventarlo sempre di più il motore perché lo è già. Poi c'è l'evoluzione, cioè capire come, in questa dinamica, questo sistema vada a mutare anche l'evoluzione delle strategie editoriali e delle testate generaliste, quelle che quotidianamente informano decine di milioni di persone.
  Se guardate questa pagina, vedete tre ambiti: dapprima l'informazione digitale, la seconda è più legata all'informazione di flusso e alla generazione dei contenuti formativi, la terza è legata a quale sarà l'evoluzione di quella che invece qui chiamiamo l'informazione classica, quella dei telegiornali, anche per avere un sistema che possa essere più efficiente e più efficace.
  Alcune note prima di entrare nei singoli punti sui tre diversi ambiti della presentazione.
  Digital first, sviluppo dell'offerta digitale in coerenza con il piano industriale: qui la chiave è essere pervasivi, riuscire ad arrivare ovunque e in qualunque momento, visto che questo è il modo in cui tutti noi ormai consumiamo informazione, attraverso la diffusione multipiattaforma e un concerto di proliferazione che ormai è più legato non soltanto a dove mettiamo l'informazione, ma anche al fatto che le persone moltiplicano l'informazione oggi. La proliferazione quindi è un concetto molto più vero e molto più forte dentro al mondo digitale. Questo anche per compiere una promessa che abbiamo chiaramente come missione e che stiamo facendo in altri ambiti aziendali, che è quella del per te per tutti, cioè che questo porterà anche a una maggiore personalizzazione dell'informazione.
  Il secondo ambito, Newsroom Italia, è quello di mettere a sistema due forze che abbiamo, RaiNews 24 e TGR, che non sono solo un patrimonio che nessun altro ha, ma sono un patrimonio che genera contenuti per tutte le testate del gruppo. Lo fa già oggi? Sì, però può essere fatto in maniera più sistematica e più continua proprio come missione principale della Newsroom Italia, attraverso una maggiore familiarità con le nuove tecnologie e quindi passare all'idea di strutturare il redattore multimediale, che sia in grado di utilizzare qualunque tecnologia per dare velocemente informazioni a tutto il sistema informativo Rai: questo rende più efficiente il nostro sistema di produzione, perché ottimizza le risorse e migliora i nostri modelli produttivi.
  La terza parte riguarda quale impatto hanno queste cose rispetto all'informazione più classica. Qui abbiamo elaborato innanzitutto un concetto che è assolutamente di evoluzione naturale, ovvero cosa vuol dire la complementarità tra le testate di flusso e quelle lineari, cioè tra l'informazione di flusso e i telegiornali, e in che modo questo implichi anche una necessità di strutturare diversamente l'articolazione della nostra offerta. Anche questo era molto chiaro in una delle diciassette indicazioni che avevate dato nel febbraio 2015 rispetto al concetto che dovessimo mirare all'aumento di qualità e diversificazione dell'offerta insieme, che non è necessariamente un concetto semplice, perché aumenti la qualità, diversifichi l'offerta e noi ci aggiungiamo anche che dobbiamo fare efficienza per alimentare questo sistema. Vi parlerò quindi dell'edizione del telegiornale e del potenziamento dei contenuti di approfondimento, nonché del necessario rilancio attraverso la formazione di professionalità e competenze interne.
  Sullo scenario competitivo digitale, proprio anche per rendervi parte (a me piace questo concetto di condividere dove siamo), oltre a questa presentazione che è la chiave Pag. 7che tiene insieme tutti i pezzi, abbiamo sviluppato anche un approfondimento specifico, innanzitutto perché, come sapete, è la sfida più rilevante, e poi anche perché c'è la volontà di condividere nel dettaglio, perché credo sia molto interessante condividere con voi gli obiettivi che abbiamo, ma anche dove ci sono i vincoli che abbiamo come broadcaster e come potremo superarli.
  Cosa miriamo a fare quando dichiariamo di mirare a diventare un soggetto significativo anche nell'informazione digitale? A maggior ragione dopo aver sperimentato RaiPlay, che è stato ed è un successo che ci ha fatto riflettere molto rispetto a cosa significhi cambiare un'azienda che è fortemente ancorata a meccanismi che sono più verticali, più legati a ciascuna area di contenuto. RaiPlay l'abbiamo fatto, sta andando molto bene e sta cambiando anche il modo in cui le persone si relazionano ai contenuti, sia coloro che ci vedono da casa sia coloro che generano i contenuti. Oggi c'è una rincorsa a essere nella parte iniziale di RaiPlay, dove ci sono i cinque luoghi che mettono in evidenza i contenuti. La prima cosa, che è quella dirimente, è che necessariamente il mondo digitale comporta un cambiamento dal punto di vista della valorizzazione dei contributi dei marchi delle diverse testate Rai, perché il sistema è necessariamente integrato mettendo insieme i prodotti digital, cioè le web e le app, e i profili social e tutto quello che arriverà da questo mondo nuovo, che non è un media, è proprio un mondo nuovo, e come tale va pensato. Da una parte la possibilità di organizzazione dei prodotti editoriali non è vincolata alle gerarchie tradizionali di informazione. Poi, andando a vedere anche esempi dei riferimenti che abbiamo preso per fare questo tipo di analisi, vediamo come proprio l'informazione sia diversamente strutturata. In questa fase anche i soggetti rilevanti nel mondo digitale stanno pensandosi e pensando all'informazione in maniera diversa tra di loro. Abbiamo il vantaggio che possiamo valorizzare tutte le nostre specificità, quindi avere dai programmi di approfondimento all'informazione regionale integrati dentro questo sistema, e ultimo (ma che per chi consuma informazione diventa il punto primo) è che la user experience, cioè il modo attraverso il quale si usano queste cose, deve essere fortemente efficace e attraente. Citavo RaiPlay perché credo che uno dei segreti del successo di RaiPlay sia nel modo in cui è stata disegnata, che viene prima dei contenuti, se volete, perché deve essere facile, deve essere interessante nella sua utilizzabilità.
  Questi sono i soggetti che abbiamo analizzato in questi mesi per cercare di capire cosa potessimo imparare. Credo che, a maggior ragione quando si è accumulato ritardo, la cosa principale da fare sia guardare cosa hanno fatto gli altri. Ogni percorso di qualcuno che è arrivato a fare cose positive ha dentro errori, quindi non ripetere quegli errori è un vantaggio. Diciamo che il vantaggio di essere in ritardo a volte è che uno può avere un percorso più efficiente dal punto di vista dell'uso delle risorse. Vi racconterò anche quello che abbiamo visto fare da questi soggetti. Qui arriva il concetto che ritengo più interessante, sul quale noi stessi faremmo fatica ad avere un percorso di apprendimento veloce, che è il concetto di costruzione modulare e progressiva dell'informazione. Noi, essendo broadcaster (che sia di flusso o quello più classico) tendiamo a costruire la notizia inevitabilmente rispetto a scadenze e a scansioni temporali abbastanza definite. È chiaro che l'informazione di flusso in quanto tale ha una dinamica più continua, però la verità è che, salvo nelle emergenze, tende comunque ad avere scadenzato il proprio ritmo secondo le edizioni delle informazioni. Qui invece accade che dobbiamo pensare all'informazione attraverso un meccanismo che è completamente diverso, ovvero modularità da un lato e assemblaggio di diverse componenti (qui ne abbiamo citate alcune, ma nella slide successiva ne vedrete di più), che sono elementi fotografici, social, video, testo, che oggi per noi che consumiamo informazione non sono più elementi scindibili, per noi sono informazione, ed è il modo in cui usiamo questi diversi elementi che costituiscono l'informazione (quanti ne mettiamo Pag. 8insieme, come costruiamo l'informazione) che di solito definisce l'importanza di quello che stiamo coprendo dal punto di vista informativo e anche la forza e la durata nel tempo dell'informazione stessa.
  Questa immagine riassume bene cosa stavo cercando di dire, cioè da una parte avete testo, video, fotogallery, mappa, contenuto social embedded, audio, timeline, web docking, infografica, ingredienti per costruire informazione nel mondo nuovo. Le notizie vengono girate e hanno diverse forme, dalla forma più immediata che è il breaking news ad articoli, elementi di approfondimento, opinioni, inchieste, storie e documentari. Queste cose hanno la caratteristica di evolversi ora per ora, secondo l'importanza dell'informazione, e tendono a costruire, soprattutto se l'evento è molto importante, dei veri sistemi di senso, che gli editori fanno, cosa molto diversa dal lavoro nei sistemi in televisione.
  Ho preso un esempio per cercare di dare sostanza a queste cose e anche per far capire quali sono i percorsi che dovremo fare dal punto di vista formativo per essere efficaci, perché l'unico errore da evitare è pensare che il mondo digitale, internet, sia il luogo dove prendiamo le cose dagli altri media, radio e televisioni in primis, e li mettiamo lì e funzioneranno. Ho preso la notizia di quella sfortunata squadra brasiliana che si recava in Colombia per giocare una importante partita e purtroppo non la giocò mai, perché l'aereo si schiantò nell'avvicinamento alla Colombia: vediamo come l'hanno trattata alcuni soggetti. La BBC cosa fa? (stiamo parlando di informazione digitale, oltre a quello che avrà fatto in video BBC World). Alle 13.00 dà una notizia costruita con materiali molto eterogenei, con contenuti video, fotografici e mappe, per poi arrivare alle 15 e riuscire ad articolare la notizia in modo più ricco e articolato, facendo in modo di cambiare i contributi fotografici che vengono a quel punto integrati e sostituiti con materiali più freschi. Alle 16 fanno un lavoro di semplificazione, cioè fanno riorganizzazione del materiale che hanno con una sorta di vademecum, in modo tale che l'articolo sia anche spezzato in parti, perché siamo in un mondo in cui ognuno si organizza da sé dal punto di vista del consumo informativo, per poi arrivare alla sera a fare una cosa non anomala, però interessante, ossia che, invece di fare la rimodulazione della notizia mettendo tutti i pezzi che ci sono stati durante il giorno e organizzandoli, fanno grandi quantità di contenuti video fotografici e social, quindi decidono che la componente principale della notizia è di tipo emozionale, quindi anche nel loro sito BBC fanno questo tipo di operazione. Ma è questa l'unica cosa che fanno? No, perché, come dicevo prima, l'errore da non fare è pensare a internet come un media, perché la distanza che c'è tra Facebook, Twitter e le notizie che si danno sui siti è molto rilevante. L'unica cosa che ho trovato interessante dal punto di vista di definizione è che veramente internet oggi sta diventando l'infosfera dell'informazione, cioè tutta l'informazione andrà lì dentro, quindi non potremo chiamarlo media, ma ingloberà tutto il resto. E proprio perché ingloberà tutto il resto gli editori cosa stanno facendo? Stanno articolando i propri messaggi per riuscire a metterli secondo le caratteristiche di ciascun pezzo.
  Cosa fanno su Facebook? Lanciano il primo post alle 7.07 (non vi leggo tutto), cercano di offrire gli aspetti più emozionali e relazionali dell'informazione, dando le notizie a mano a mano che arrivano, interagendo con Facebook Live e l'inviato in Brasile, alle 18.30 pomeriggio viene condiviso un Facebook Live della società e della squadra di calcio che è particolarmente commovente per chi l'ha visto, e poi a tarda notte un po’ di approfondimento. Questo ambito tende a essere più emozionale, anche per le dinamiche social che Facebook deve generare.
  È differente il ruolo che tendenzialmente nel mondo, e qui da noi forse ancor di più, ha Twitter. Twitter invece tende a essere il luogo della descrizione dell'informazione. Vi do i tempi: alle 7.07 c'è Facebook, ma la notizia dove viene data per prima alle 6.57, non a caso l’account BBC che dà la notizia alle 6.57 è l’account BBC Breaking news, perché uno deve decidere, Pag. 9nell'ambito del coordinamento di tutte le forze, qual è il luogo dove si danno le notizie. BBC Breaking news è quello che deve arrivare per forza per primo, però capite che c'è una necessità di coordinamento forte, perché quello sarebbe stato negato se per caso quel giorno Facebook l'avesse data prima di Breaking news perché a quel punto uno dice fammi capire dove stai andando perché se questa è la relazione della reazione immediata deve essere questa a dare la notizia. Anche qui non vi fornisco tutte le informazioni che sono qui, ma i tweet arrivano in continuazione, quindi c'è una successione di tweet molto elevata. È interessante vedere come a volte, a mano a mano che arrivano informazioni in più, i tweet sconfessano quelli precedenti (a un certo punto si era diffusa la notizia di sopravvissuti poi negata da un tweet successivo), quindi è una versione dell'informazione abbastanza magmatica che tende a evolversi con il passare delle ore.
  Al The Guardian (probabilmente deriva anche dalla sua natura, perché ogni editore ha la sua) come vedete nella parte centrale della slide, alle 13 fanno un articolo molto ricco, che contiene immagini, mappe e contenuti social, quindi tendono a trasferire anche dentro al mezzo la loro natura. Anche nel caso loro c'è su Facebook un'attività continua (qui abbiamo scelto alcuni dei lanci principali) e accompagnano con foto e testo gli accadimenti. Durante il giorno passano inevitabilmente a immagini che raccontano la parte emozionale dell'accaduto. Anche loro sulla parte Twitter, che anche nel loro caso arriva prima delle altre, il racconto di quello che è successo.
  Nel caso italiano abbiamo scelto il post perché, essendo un sistema nativo digitale, la verità è che hanno fatto delle attività che assomigliano molto a quelle che abbiamo visto sopra. Cosa volevo rappresentare? Il cambiamento profondo che vogliamo lo si fa cercando di analizzare qual è il tipo di attività che soddisfa questo tipo di informazioni e quali sono le caratteristiche che dobbiamo mettere in campo anche noi. Quali sono le pratiche che abbiamo rilevato e che informeranno il cambiamento che adesso vi illustro? Uno, presidio integrato delle piattaforme, cioè questo concetto che avete sentito ripetere varie volte della media company ha il significato che si deve avere una visione, ma si deve essere coordinati perfettamente, perché altrimenti le cose che vi ho appena illustrato non possono accadere. Ci deve essere ovviamente questa integrazione nella parte di scoperta, verifica, diffusione, integrazione e approfondimento della notizia, in modo da garantire il presidio completo del ciclo di vita della notizia, raggiungere il maggior numero di utenti sui diversi mezzi, nei diversi momenti, nei contesti fruitivi, promuovere il sistema integrato e fidelizzare gli utenti. Cosa vuol dire? Vuol dire che in questo caso abbiamo una costruzione progressiva e modulare della notizia, che ci consente di soddisfare in maniera migliore le esigenze di coloro che vogliono informarsi attraverso di noi. È chiaro che questo comporta un modo di costruire la storia con un diverso modello narrativo, e comporta scelte editoriali che accompagnano questa scelta, arricchendo di più, secondo l'importanza delle storie, le cose che accadono durante la giornata. Un altro fine è quello di rendere facilmente riconoscibile la proposta informativa e alla fine definire una propria identità editoriale. Quali sono le componenti del sistema sulle quali stiamo agendo, che per alcuni di voi sono ovvie, però sono fondamentali dal punto di vista del tipo di prodotto che andremo a costruire? Sito web adattivo: nell'informazione, così come nel caso di RaiPlay, presentazione e contenuti si devono adattare a qualunque tipo di display utilizzato, la riorganizzazione dei contenuti deve essere particolarmente flessibile e la molteplicità dei format utilizzati consente un'integrazione tra le diverse anime della nostra informazione. Dobbiamo fare della nostra molteplicità di fonti (citiamo RaiNews24, TG e TGR per l'approfondimento) una nostra vera ricchezza, però in un ambito che sia fortemente semplice e intuitivo dal punto di vista dell'utilizzo. L'altra cosa è che l’app mobile dev'essere e sarà fortemente orientata alla personalizzazione su base geografica, alle preferenze dell'utente, alla possibilità di informazione push e all'integrazione dei servizi informativi Pag. 10 a carattere locale. Cosa intendo dire? Intendo dire che abbiamo come esplicita missione la volontà di avvicinare l'informazione delle persone attraverso il digitale, e dalle analisi che stiamo facendo abbiamo visto che per esempio tutte le profilazioni che hanno una forte componente locale (qui ho usato le cose più immediate, il meteo e il traffico) sono fortemente desiderabili e desiderate da chi consuma informazione. È immediato comprendere che, avendo l'informazione regionale e l'informazione nazionale, nel momento in cui riusciamo a personalizzare l'informazione e, tanto per essere chiari, questo modello di personalizzazione lo metteremo fin dalle prime finestre dell’app, non è una cosa che faremo più avanti, ma la faremo all'inizio, è ovvio che la personalizzazione comporta la registrazione, cioè la volontà, ma avviene in tutti i momenti in cui ciascuno di noi va a frequentare Twitter (avrete notato che ogni volta che chiedete i trend di Twitter a persone diverse sono diversi, perché tendono a personalizzare le aree di contenuto che possono essere d'interesse). Un altro elemento che stiamo analizzando in questi giorni ma non abbiamo ancora messo è lo sport locale, perché può essere un elemento di interesse delle persone integrare la parte locale dal punto di vista sportivo dentro al proprio servizio informativo.
  Terzo punto, non meno importante ma che invece è legato a uno strumento che non ha l'elemento della mobilità, cioè la televisione, sono le applicazioni che stiamo costruendo dal punto di vista di collegamento con le televisioni connesse. Come sapete, abbiamo già RaiPlay che da dicembre è stata lanciata per i televisori connessi, sta funzionando molto bene, perché lì abbiamo il vantaggio che basta schiacciare un tasto del telecomando e si entra in internet senza neanche accorgersene. Qualcuno di voi lo avrà provato, è un sistema estremamente semplice. Questa cosa quindi è il ponte tra l'informazione classica e quella digitale, perché ciascuno di noi potrà informarsi anche soltanto vedendo cos'è accaduto poco prima dal punto di vista delle informazioni che abbiamo dato.
  Quanto alle componenti del sistema, il principio è il presidio di tutte le piattaforme. Al momento (dico «al momento», perché a mano a mano che il mondo evolverà vedrete che ne avremo sempre di più), Twitter, Facebook, Instagram e Snapchat sono gli elementi su cui stiamo lavorando: Twitter è più legato alla scoperta e alla verifica della notizia, Facebook all'interazione e all'approfondimento, Instagram e Snapchat soprattutto per un pubblico più giovane sono legati alla curiosità dietro le quinte. È chiaro che questo comporta una maggiore attenzione ai profili di comunicazione, gli account dai quali comunichiamo alle persone, e, razionalizzando quantità, possiamo aumentare la qualità dei contenuti per profilo, proprio per gli stessi ragionamenti che facevo all'inizio rispetto agli account BBC. Poi ci deve essere una collaborazione trans-funzionale, cioè il profilo breaking news rimanda alla ricchezza del sistema informativo Rai su tutte le piattaforme ed è quello che dice «qui trovi l'informazione per prima». I profili di testata propongono notizie in linea con il proprio posizionamento, i profili regionali approfondiscono il territorio. In questo modo, siccome uno dei punti delle vostre indicazioni del febbraio 2015 era questa unione, un'indicazione forte che veniva era come coniugare articolazione, pluralismo e quindi ricchezza informativa con il fatto che abbiamo tante testate, tanti luoghi e tanti punti di vista, in un mondo che di per sé è tutto integrato: riuscendo a fare questa cosa, credo fortemente che si possa combinare la ricchezza informativa che abbiamo con il fatto che il mondo verso il quale ci affacciamo avrà comunque un'interfaccia che rappresenta Rai, perché è quella che permette il rapporto continuo con la nostra azienda e con noi come editore.
  L'altra cosa importante, rispetto alla quale – credetemi – abbiamo un vantaggio competitivo molto forte rispetto agli altri, è che abbiamo la possibilità di avere nel nostro profilo breaking news anche il collegamento con il video live. Non sono tanti quelli che possono associare video, testo, foto, e noi abbiamo il vantaggio che, essendo Pag. 11 editore video, nella parte di breaking news possiamo avere costantemente un video live, più naturalmente quello di RaiNews24, ma, nel caso in cui ci fossero altre cose, possiamo avere anche altri elementi dal punto di vista dei video live. Non entro nello specifico, però era per dire che, laddove il rapporto possa essere rilevante, l'integrazione tra il prodotto distributivo, cioè quello che le persone ricevono, e la parte social può essere molto interessante, perché il contenuto social, se prodotto da giornalisti Rai, diventa esso stesso notizia. L'altra cosa è che le fonti sono ritenute autorevoli per la copertura di temi ed eventi. In questi casi la nostra discesa in campo nell'ambito della parte social può essere particolarmente rilevante anche per dare ricchezza a quello che facciamo.
  Vado veloce per lasciare spazio alle domande. Quanto vi ho narrato non è soltanto disegnato, ma lo stiamo processando per farlo, quindi tengo a mostrarvi velocemente quattro punti che ci permetteranno di realizzare queste cose in tempi ragionevolmente brevi, perché credo che, insieme alla necessità logica di normare tutto insieme, ci sia la necessità pratica di partire con alcune cose che possano avere un impatto immediato, soprattutto in un ambito dove siamo rimasti più indietro come quello della parte digitale. Come diceva la presidente, è fondamentale l'integrazione tra sistemi e processi: dobbiamo in alcuni casi cambiare i processi di lavoro che abbiamo e integrarli con i sistemi nuovi. Quello che stiamo facendo dal punto di vista tecnologico è riuscire ad adattare le tecnologie affinché testate e redazioni possano avere una continua interazione con tutte le piattaforme: per far sì che Rai24 funzioni, ci deve essere totale accesso a tutti i flussi audio e video che la nostra azienda genera, e a tutte le attività di streaming live che vengono sul web mobile. Un'altra domanda che credo sorga spontanea è come questo nuovo soggetto si relazioni con il resto dal punto di vista del generare informazione. È molto semplice (un paio di slide lo identificano): essenzialmente Rai24 prende tutto il valore che abbiamo e lo riconforma per la rete. Riconformarlo non vuol dire fare un'operazione marginale, perché in quel ripensarlo c'è l'opera dell'editore che costruisce contenuto informativo. La cosa buona è che questa integrazione è già in atto e in parte parzialmente realizzata, e noi oggi agiamo sull'esistente per fare in modo che Rai24 possa avere accesso a tutto: i passi successivi saranno di progettare il sistema dal punto di vista integrato, affinché tutto nasca con processi che alimentino il sistema che vi sto raccontando in maniera efficiente.
  Qui si va su temi più specifici di piattaforme che servono per alimentare e sostenere soprattutto il sistema, e tutta la parte software che consente di agire dal punto di vista di pianificazione, per esempio analisi e gestione dei social network, piuttosto che per la realizzazione di contenuti specifici o per la verifica delle fonti. Questo ha una caratteristica molto diversa da quello che facciamo oggi, cioè è un mondo molto diverso da quello del broadcast, e nello stesso tempo ha un costo di accesso molto basso.
  Qui ho voluto scrivere quanto costano le acquisizioni delle licenze per tutti quei prodotti che rispetto ad un'azienda come la nostra capite che non sono un costo elevato. Questo però significa che le barriere all'entrata dal punto di vista degli investimenti sono basse dal punto di vista tecnologico: chiunque oggi può fare questo tipo di mestiere, anche se per avere editori strutturati che occupino posizioni rilevanti nell'informazione c'è bisogno di tutto l'apparato informativo che alimenti questi sistemi. Tutta la parte su cui siamo andati avanti nella strutturazione del progetto dal punto di vista di infrastrutture di rete e interfaccia con i sistemi di direzione e produzione per l'acquisizione dei flussi live sta in un processo in stadio discretamente avanzato, quindi ci porta a pensare al passo successivo, perché abbiamo la visione, la parte editoriale, la parte di infrastruttura tecnologica, però il cuore è questa slide, ossia come facciamo a usare la grande forza che abbiamo e a tradurla in questo progetto. Questo passa attraverso le competenze delle persone. Qui abbiamo messo delle competenze che non sono quelle che Pag. 12siamo abituati a incrociare nel mondo lineare video, che sono multimedia video editing, visual journalism, data journalism, social management e gestione tecnica dei contenuti multimediali. Li abbiamo tenuti in inglese non per vezzo, ma perché tendenzialmente ormai sono definiti in questo modo anche nelle redazioni di coloro che in Italia oggi sviluppano contenuti informativi. Stanno diventando i mestieri che oggi gli altri editori stanno cercando, questa è la realtà, quindi oggi, se uno vuol fare questo mestiere, tendenzialmente si trova di fronte a questo tipo di opportunità, non a quella a cui eravamo abituati fino a qualche tempo fa. È chiaro che nel nostro caso dobbiamo capire come riconvertire. Ripeto: non entro nello specifico di ciascuna funzione per non occupare troppo tempo. Il tema è formazione, formazione, formazione. In che ambiti Rai24 deve formare? Uno, welfare relazionale, diverso rispetto a quello a cui siamo abituati, per cui ogni tipologia di contenuto dovrà avere il suo welfare relazionale; due, presidio dei profili e attuazione della strategia social, che deve essere una strategia molto integrata tra i vari pezzi dell'azienda, e un'azienda complessa come la nostra richiede più cura di altre su questo punto; tre, l'utilizzo di letture redazionali e la conoscenza di flessibilità e di vincoli rispetto al prodotto, in modo da usare tutti i prodotti che abbiamo in maniera intelligente ed efficace per chi riceve il servizio, perché è fondamentale il rapporto che si instaura con chi usa e userà di più le nostre piattaforme. La progettazione deve innanzitutto considerare il contesto fruitivo, perché il target di riferimento diventa l'elemento chiave per costruire e progettare i servizi. Vi citavo per esempio come per il pubblico più giovane Instagram e Snapchat siano un elemento indispensabile se uno vuole parlare anche con loro.
  Spiegazione delle strategie e degli obiettivi definiti relativamente al prodotto distributivo e a quello social, definizione dei processi produttivi in modo complessivo, poi dettagliando gli specifici aspetti operativi, esercitazioni operative rispetto a tutti gli strumenti utilizzabili all'interno dei processi produttivi ed esercitazioni e simulazioni di situazioni reali. Essenzialmente portiamo persone che hanno una professionalità più classica dentro a tutta la progettazione anche dei prodotti, perché non c'è più una distinzione così netta dal punto di vista di creazione del prodotto e dal punto di vista distributivo, cioè quello che consumiamo, e il contenuto video, il contenuto testo, il contenuto foto che va dentro questi servizi.
  Come faremo questa formazione? Tenete conto che questo è un pezzo importante del progetto Rai Academy che vi abbiamo raccontato un po’ di tempo fa. Le modalità sono classi dedicate, sessioni teoriche e pratiche, affiancamento sul lavoro, cosa sempre molto efficace, e un aggiornamento che diventerà continuo, perché, come sapete quanto me, la velocità di cambiamento di questo mondo tende ad essere molto elevata, quindi è un aggiornamento che non viene fatto una volta per poi lasciarlo da parte, ma è un aggiornamento che ha bisogno di continue sessioni. Un'altra cosa importante sono gli spazi, che qui introducono un concetto interessante, perché, come capite bene, Rai24 ha un senso solo se copre le ventiquattro ore al giorno tutto l'anno, perché oggi a maggior ragione su internet non c'è possibilità di dire ci sono o non ci sono, o ci sei sempre o non ci sei, quindi ciò ci sta facendo riflettere su alcuni elementi che abbiamo visto anche all'estero rispetto ai gruppi di lavoro, a come vengono organizzati e strutturati, e agli ambienti di lavoro che possano favorire un tipo di predisposizione al mondo digitale, che ha regole palesemente diverse da quelle a cui siamo stati abituati in passato.
  Ultima cosa velocissima, solo per darvi l'idea dello stato di evoluzione del progetto. Questo è un esempio pratico di come stiamo cominciando a sviluppare le varie parti di quello che sarà Rai24 e di come la modularità della notizia comporti anche una definizione della logica degli spazi dentro al nostro servizio, che deve riflettere le esigenze di chi segue informazione, per cui gli spazi dedicati devono esaurire le possibilità di organizzazione della notizia, devono Pag. 13 consentire la ridondanza dei contenuti, devono permettere emersione di contenuti altrimenti nascosti e facilitare la correlazione con contenuti altri.
  Vi faccio alcuni esempi per essere più chiaro. L'apertura a prima pagina. Questa è tendenzialmente la modalità attraverso la quale avviene l'apertura, la cosa interessante è vedere come editori anche classici consolidati come BBC tendano ad avere ormai notizie anche molto eterogenee dentro questa prima pagina, salvo poi diventare quasi in alcuni casi mono-notizia nel momento in cui notizie molto rilevanti arrivano. Un altro elemento è il live. È fondamentale per i servizi informativi avere un flusso informativo live. Noi qui abbiamo grande vantaggio rispetto agli altri: talk stories sono di solito le storie complementari rispetto alle principali notizie della giornata, sono notizie significative, ma che magari sono appena passate come notizie principali; c'è poi tutta una parte legata ai dossier speciali che riguardano approfondimenti verticali su temi specifici. Ricordate la notizia dell'aereo che citavo prima, lì ci sono tutte le informazioni raccolte e costruite in quel momento, e quando uno va qui dentro trova universi di senso, che cercano di orientarlo rispetto alla comprensione di una notizia. Oppure developer stories che sono le storie che vengono sviluppate, perché ancora in corso. Questa al momento è l'unica parte specifica di questo servizio: le opinioni possono nascere direttamente dentro questo nostro servizio. Mentre tutto il resto trova origine dal punto di vista informativo in altri luoghi dell'azienda, qui invece le opinioni possono essere legate a iniziative dedicate. Un ultimo servizio che dalle analisi appare sempre più interessante riguarda tutte le informazioni che uno si è perso e tende ad accumulare nel tempo per poi consultarle tutte insieme piuttosto che le visual stories.
  Questo era un approfondimento specifico per dire che il livello di sviluppo rispetto al prodotto digitale è a uno stadio discretamente avanzato, quindi, sebbene partiamo dalla situazione qui raccontata e questi siano i visitatori quotidiani dei principali servizi – abbiamo 200.000 su rainews.it, quindi siamo decisamente sotto gli altri soggetti rilevanti, come anche dal punto di vista di fan o follower su Instagram e Twitter; come vedete siamo fanalino di coda – nonostante questo pensiamo che il tempo si possa recuperare in fretta, in quanto abbiamo lavorato con la stessa filosofia con cui abbiamo lavorato per sviluppare RaiPlay, cioè con team dedicati, per recuperare il tempo perso.
  Non tornerò sui punti di Rai24 salvo che per due slide. Come si incastra dentro l'organizzazione Rai24? Così, nel senso che Rai24 va a prendere i «semilavorati» da tutto il resto dell'azienda e porta l'informazione digitale web, applicazioni, Facebook e Twitter. Questo ci garantisce di non avere ridondanze e inefficienze perché non andiamo a riprodurre più volte le stesse cose, e in più andiamo ad aumentare la produttività utilizzando le stesse cose su più mezzi, con un aumento dell'informazione come quantità ulteriore, usando la nostra forza come azienda. Siamo convinti che se tutto procede con il via libera come pensiamo, questa estate siamo in grado di avere questo servizio nella rete, quindi già questa estate possiamo cominciare un percorso destinato a vederci, o meglio l'ambizione chiara che abbiamo è diventare il terzo soggetto in Italia, perché i primi due hanno una storia di vari lustri, sono molto in là Il Corriere della sera e la Repubblica, nell'arco di qualche anno, per poi ambire a diventare il soggetto di informazione più rilevante nel Paese in tutte le piattaforme, quindi anche sul digitale. Sarà solo una questione di tempo capire quanto velocemente riusciremo a mettere a fattor comune tutte le nostre forze.
  Terzo pezzo, Newsroom Italia. Anche qui descrivo dove siamo arrivati con l'interlocuzione con il consiglio. Questa parte riguarda due temi fondamentali: le informazioni di flusso e come noi possiamo metterci in un luogo dove nessun altro editore italiano possa arrivare dal punto di vista di forza nel generare informazione. Questo è uno schema logico su cui perdo due minuti. Newsroom Italia vuol dire un soggetto che mette insieme la forza di News24, di TGR e di Rai Parlamento, per Pag. 14riuscire da un lato ad alimentare le attività stesse, cioè News24 TGR e Rai Parlamento, ma allo stesso tempo anche ad alimentare tutto il resto del sistema, i telegiornali generalisti (qui per ragioni di semplificazione abbiamo tenuto fuori la radio, che ha un mondo proprio, che in questo momento è molto efficace) e dall'altra parte l'informazione digitale. È come se fosse il motore dal punto di vista di generazione dell'informazione, perché, così come ho raccontato che Rai24 agisce a valle dal punto di vista dei materiali, ma diventa editore che ha come obiettivo esplicito la pervasività e la velocità, in questo caso andiamo invece a soddisfare l'idea che Rai deve porsi come obiettivo esplicito che oggi, tra cinque e tra dieci anni sempre di più dovrà essere chi genera informazione in questo Paese. È chiaro che per fare questo occorre trasformare e rendere più efficiente il nostro modello produttivo. Le due linee guida che vi dicevo sono la pervasività e la velocità, e dall'altro lato la complementarità della nostra offerta informativa. Questo significa passare da un modello di produzione verticale, che aveva e ha output troppo spesso orizzontali, a un modello produttivo più orizzontale. Cosa intendo dire? Come sapete, ogni tanto siamo criticati perché tendiamo a far sì che ognuno faccia il suo, è chiaro che questa cosa va fatta quando ha un significato. Quando hai una grande redazione di 900 giornalisti che genera una grande parte di informazione per tutti, puoi permetterti l'orizzontalità nel senso che produci per tutti, e poi gli altri possono distinguersi per il modo in cui trattano le informazioni perché, se non si va su un modello che ha dentro di sé la complementarità, da un lato si sprecano risorse, dall'altro non si riescono a distinguere i ruoli, e (questa è una cosa che rivendico sin dall'inizio) qui la diversità non può essere basata solo sull'efficienza: l'efficienza è indispensabile, ma devi capire che mestiere vuoi fare e con l'informazione che cambia così velocemente hai chiaramente un modello di flusso e un modello complementare, che sarà sempre più di racconto. In questi giorni avrete visto i risultati del TG1, in un momento così difficile la capacità di racconto del TG1 è arrivata a fare risultati che negli ultimi mesi non aveva mai fatto, che sono lo specchio non soltanto dell'attenzione delle persone, ma anche della capacità di raccontare le cose, che va amplificata. La complementarità non significa che uno è più dell'altro, ma significa che vanno esplose queste due cose in ambiti complementari. È questo che ci può permettere (torno anche alle vostre indicazioni) di avere un'offerta riconoscibile, articolata, distintiva e plurale, facendo leva (questo va detto) su una forza dal punto di vista giornalistico che nessun altro ha, perché altrimenti non potremmo darci questa ambizione. I quasi 900 giornalisti che sono la somma di queste redazioni sono la nostra forza, il nostro orgoglio, e dobbiamo proiettarli in un mondo dove possano avere un lavoro soddisfacente e generare sempre più valore per tutto il resto del sistema. L'altra cosa, che è inevitabile e su cui ci siamo già impegnati, è che dobbiamo potenziare la nostra capacità di reagire alle emergenze informative. Nell'ultimo anno e mezzo ne abbiamo avute tantissime e purtroppo molte drammatiche: non soltanto abbiamo fatto interventi più immediati per fare in modo che le redazioni possano agire in maniera veloce nel modo in cui possono prenotare le troupes, ma qui va pensato strutturalmente in che modo reagiamo alle emergenze informative. Quali sono quindi gli interventi che vanno fatti per accompagnare questo progetto? Stiamo lavorando, tanto che su questo punto sarà il prossimo consiglio di amministrazione ad occuparsene in maniera più specifica; non ne abbiamo parlato, ma abbiamo lavorato sui costi e le ottimizzazioni, perché in molti casi abbiamo efficienze che possiamo riportare nel progetto digitale per finanziarlo. Ottimizzazione delle risorse giornalistiche in base alle esigenze operative, formazione e sviluppo dei giornalisti multimediali, costruzione di un percorso abilitante per gli obiettivi proposti, fusione tra Rai Parlamento e GR Parlamento. Cosa vuol dire? Nel caso dell'ottimizzazione delle risorse giornalistiche questa è una fotografia di come siamo oggi. Ho portato questa fotografia perché voglio che rispecchi laPag. 15slide iniziale, ossia quanti lavorano su flusso, quanti lavorano su digitale e quanti lavorano sull'informazione classica, perché è una suddivisione che spiega in che modo diamo valore a chi ci guarda, ci segue e ci ascolta da casa.
  Il secondo pezzo riguarda l'anima, nel senso che dentro questo sistema ci deve essere, grazie alla nostra volontà di avere una capillarità nella nostra presenza sul territorio, anche una figura che possa essere effettivamente multimediale. Tenete conto che qui abbiamo fatto, d'accordo con il sindacato, un primo test che è andato molto bene nella redazione regionale toscana, dove adesso tutti i giornalisti adottano questo tipo di modalità quando generano informazione. Si tratta di estendere questo modello a tutto il corpo giornalistico, in modo che possa essere adeguato alle ambizioni che vi ho raccontato. Tra l'altro (ce ne siamo accorti molto nell'ultimo anno) c'è anche una funzione che non è così evidente, ossia che la nostra presenza diventa capacità di ascolto rispetto alle realtà locali. Non siamo solo noi che andiamo a narrare notizie, ma la nostra presenza può aiutare anche nell'ascolto delle realtà locali. Questo (senza andare nel dettaglio delle microcamere) è ciò a cui miriamo. Lo stiamo già sperimentando, è successo di recente a Cervinia quando siamo intervenuti per raccontare cosa stava succedendo alle persone che non riuscivano a scendere dalla funivia, e l'interazione tra TGR e News 24 è avvenuta proprio in questo modo, cioè il redattore regionale è andato lì, ha filmato addirittura in quel caso con Whatsapp video e ha trasmesso i materiali che poi sono andati dentro il circuito informativo. È chiaro che questo è avvenuto in un caso, mentre noi vogliamo strutturalmente generare questo tipo di valore. La costruzione di un percorso abilitante è fondamentale. I confronti con voi sono uno di questi momenti, a maggior ragione se sono in corso d'opera, quindi non siamo qui oggi a presentarvi un pacchetto chiuso. Dentro la nostra organizzazione invece gli interlocutori con cui stiamo costruendo un percorso sono consiglio di amministrazione, organizzazioni sindacali, direzioni di testate, direzioni di rete, la parte digital, le risorse umane, finance. Sto cercando di coinvolgere tutte le funzioni chiave perché, secondo le loro competenze, non solo contribuiscano al progetto, ma diano anche un feedback di fattibilità che ci consenta di avere un progetto il più possibile solido quando, tra qualche settimana, andremo a chiuderla e a portarla in consiglio di amministrazione per l'approvazione.
  Altra cosa ancora più importante in questo luogo è che vogliamo rinforzare e aumentare l'investimento rispetto al rapporto con le istituzioni. Ha molto significato mettere insieme due attività adiacenti, che descrivono entrambe il rapporto con le istituzioni, che sono Rai Parlamento e GR Parlamento. Anche qui la volontà di investire per raccontare meglio e di più è nei nostri obiettivi.
  L'ultimo pezzo riguarda l'informazione classica, quella dei telegiornali. Dico sempre a chi lavora con me che il digitale è importante, ma oggi, domani e dopodomani la quantità di contatti quotidiani che avremo rimarrà più alta sull'informazione classica per tanti anni, perché questa evoluzione sarà progressiva. Tenevo a citare il TG1 delle 20.00, perché non voglio ci siano confusioni; facciamo un lavoro in cui vorremmo dar maggior valore a tutti i pezzi, non c'è un pezzo che dà di più e un altro che dà di meno. Torno alle parole della presidente che parlava della profondità dei cambiamenti. Questa slide è un po’ fitta di cose, ma è importantissima dal punto di vista logico. Su cosa stiamo lavorando? Ritroverete anche qui molti concetti che avete evidenziato nelle vostre indicazioni di febbraio 2015. Innanzitutto lavoriamo sul concetto di complementarità: da una parte vedete il TG, dall'altra Rai News e Rai24 che sono più informazione di flusso. Se vogliamo dare valore a questo sistema, dobbiamo compiere una missione, che è l'articolazione dei brani e dei prodotti.
  E come si fa? Il primo concetto, complementarità, quindi attraverso la maggiore distintività dei brand Rai si pone l'obiettivo di coprire al 100 per cento possibilità e modalità distributive dell'informazione contemporanea, Pag. 16 con prodotti declinati ad hoc per ogni singolo linguaggio. Articolazione editoriale delle testate e dei contenuti informativi, che è il metodo principale per raggiungere complementarità e pervasività dell'informazione Rai. Un obiettivo di universalità qui è esplicito, ve l'abbiamo detto alla prima presentazione. Quello che si vede è che la nostra informazione rimane fortissima in televisione, però stiamo perdendo il pubblico giovane, quindi o riusciamo a lavorare bene anche sull'informazione di flusso in tutte le sue declinazioni lineari e digitali, oppure non riusciremo a fare quello. Il secondo pezzo è la complementarietà tra appuntamento verso flusso. Quando vi dicevo che questa è un'organizzazione innanzitutto logica, che poi va sui flussi produttivi, è perché sta crescendo in tutti noi la polarizzazione tra una parte, la proposta su appuntamento, quella lineare, TG1 delle 20.00, e dall'altra il flusso, l'essere costantemente informati rispetto alle ultime cose. Oggi la sentenza della Consulta, che appena arriva vogliamo leggere in qualche sito. Questa cosa è accompagnata dal fatto che abbiamo sempre maggiore frequenza delle emergenze informative, quindi è necessario per noi un potenziamento di entrambe le offerte informative. L'altra parte è approfondimento verso istantaneità, cioè tanto una parte necessariamente lavorerà su istantaneità e quindi gruppi di lavoro per il presidio delle emergenze, dall'altra parte invece il racconto andrà sempre di più sull'approfondimento, perché sempre di più a monte un pezzo di informazione verrà soddisfatta da quel tipo di informazione. La nostra volontà è essere come dicevo leader sia da una parte che dall'altra. Non è semplice, però credo che ci siano tutti i presupposti per farlo. Questo per compiere la promessa per te e per tutti, nel senso che la collettività e l'appuntamento sono i 7 milioni che in questi giorni ogni tanto fa il TG1, dall'altra parte l'estrema profilazione è registrarsi a Rai 24 e avere le informazioni che ciascuno vuole in tempo reale. Tutto questo accompagnato dall'investimento che faremo su web e social attraverso i profili Rai.
  Come si fa a fare efficienza in un sistema del genere? Dentro questo sistema ci sono due ambiti. Uno è questo che mi pare fosse la terza indicazione che davate nel febbraio 2015, cioè che i profili dei TG debbano essere armonizzati con i profili delle reti in cui vanno. Questo consente una maggiore efficacia e anche una maggiore differenziazione e permette di evitare duplicazioni ma anche disporsi dal punto di vista dello scenario del pubblico in luoghi che permettano di coprire più pubblici diversi. Qui ci sono esempi che non vado a dettagliare, perché è un percorso che faremo con i direttori di testata. Un esempio di cosa significhi cambiare il profilo o adattare il profilo dei telegiornali significa che questa cosa andrà via via a rendere più efficiente questo sistema. L'altra parte di efficienza è legata alle edizioni, ma non alla riduzione delle edizioni dal punto di vista di togliere informazione, in alcuni casi sarà naturale che le informazioni di flusso da una certa ora in poi coprirà le esigenze informative che abbiamo, ma per permettere a quelle risorse di essere liberate per andare a supportare il progetto Rai 24 o magari ulteriori approfondimenti. In quel senso è fondamentale sposare la logica di senso, per cui ognuno fa un prezzo diverso, perché a quel punto le altre cose diventano naturali e non suscitano dubbi rispetto alle intenzioni sui nostri investimenti. Queste sono le edizioni che abbiamo oggi, le conoscete molto bene, sono 28 edizioni compresa quella del TG sportivo.
  Per necessità di asciuttezza chiuderei qui. Abbiamo tenuto a parte la radio perché è un sistema che ha già affrontato il tema dell'integrazione e della differenziazione, quindi in questo momento sulla radio la volontà è quella di proseguire in quel senso, di lavorare sulla differenziazione, così come facciamo rispetto alla televisione, delle varie testate, ma in un contesto in cui l'integrazione è già avvenuta qualche anno fa.
  I prossimi passi? Questa mattina abbiamo fatto un consiglio e poi c'è il confronto costante con gli stakeholders interni, l'approvazione del piano in consiglio di amministrazione che sarà conseguente, il Pag. 17confronto con voi ogni qualvolta lo vorrete e comunque sia una volta che avremo completato il lavoro con il consiglio.
  Spero di essere riuscito a trasferirvi le macro dinamiche del piano, che a me sembrano molto nette. Una volta approfondita Rai 24, stiamo approfondendo le altre due per riuscire a completare. C'è un quarto pezzo che volutamente abbiamo tenuto a parte, che riguarda la proiezione del Paese verso l'estero, che però non è soltanto informativa e per questo non l'ho voluta, perché è un progetto a sé stante che include informazione e cultura, quindi non è immediatamente rimandabile al piano dell'informazione, ma avrà un collegamento forte con il piano dell'informazione: è però un progetto che condivideremo nelle prossime settimane in consiglio di amministrazione e che fa da complemento a quello che avete visto.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Intervengo sull'ordine dei lavori, presidente. All'inizio della seduta ha comunicato che i lavori continueranno fino alle 16.45, diversi colleghi deputati mi segnalavano che alla Camera abbiamo due commemorazioni, la prima delle quali alla ripresa pomeridiana dopo il question time, alle 16.30, per cui le chiedo se possiamo pensare di sospendere se non abbiamo completato, anziché alle 16,45 alle 16.25, per avere il tempo di partecipare alla commemorazione.

  MAURIZIO ROSSI. Direttore, quando lei ha parlato di media company ha fatto vedere un elenco di emittenti che avete guardato per capire come si deve strutturare una media company. Ho notato che su 10 solo 1 è di servizio pubblico, le altre 9 sono televisioni che non ricevono canone, né abbonamento. L'unica è BBC, e non è un caso, vorrei dare indicazioni su quello che succede in altri Paesi, senza polemica, ma perché il rischio che si vada in un'infrazione comunitaria o comunque in una concorrenza sleale è forte. Il sistema tedesco ad esempio non entra fortemente nel sistema web, internet, app, social e altro, proprio per un'espressa posizione presa da tutti gli operatori di quel Paese, che sostengono che l'utilizzo di denaro pubblico per fargli concorrenza sulle piattaforme diventa una situazione per cui da una parte l'investimento di decine, se non centinaia di milioni di euro sul web toglie dei clic di cui vivono, dall'altra parte, se entra quel soggetto con l'aiuto di Stato a fare pubblicità, lede gravemente una concorrenza sul mercato. Ritengo che questo sia un punto che date per scontato, ma non mi meraviglierei se alcuni soggetti nazionali dovessero intentare azioni per concorrenza sleale e per aiuti di Stato. Non a caso il punto che sostengo è che ad oggi il vostro è uno splendido esercizio, ma siamo l'unico Paese d'Europa nella storia che sta andando avanti in una proroga di una concessione, cosa considerata anch'essa al limite del legittimo, secondo alcuni avvocati che ho interpellato addirittura non lo sarebbe. La proroga della convenzione che va avanti da un anno non è certo una colpa che faccio alla Rai, è un problema sicuramente del Governo. Doveva essere rinnovata entro il 6 maggio dello scorso anno. In mancanza della concessione è da vedere se effettivamente oggi la Rai possa proseguire nel servizio pubblico. Sinché nessuno lo impugna in Europa va avanti, ma, se qualcuno lo impugnasse, sarebbe discutibile la legittimità della Rai di esercitare il servizio pubblico. Di questa posizione secondo alcuni non c'è un precedente in Europa, quindi non è mai stato analizzato, ma su altri casi la proroga del servizio pubblico è stata considerata assolutamente illegittima, se non passa la gara. Al di là del fatto che al convegno di Gasparri, che era prima del 6 maggio dello scorso anno, fui il primo a sostenere che forse l'unica soluzione era una proroga e dissi fino a dicembre, perché immaginavo che i tempi sarebbero stati lunghi, ma oggi oggettivamente siamo veramente fuori dai tempi. La cosa più grave però è che avete fatto un esercizio, ma cosa accadrebbe se la convenzione, che dovrebbe essere presentato a questa Commissione di vigilanza da molto tempo dovesse dire cose totalmente diverse (ho posto questa domanda a Giacomelli quando è venuto Pag. 18qua) da quello che state facendo, ad esempio teoricamente ci sono solo tre canali, ce ne sono cinque (Giacomelli ha detto che i canali sono troppi) o non si può fare la parte web perché qualcuno sostiene che potrebbe essere una concorrenza sleale o avvantaggiare la Rai nei confronti di altri siti? Voi state lavorando al buio. Dall'altra parte potrebbe essere che scriviate quella che deve essere la convenzione, e questo sinceramente non mi piacerebbe, nel senso che non penso che il vostro esercizio debba essere un'indicazione di quello che poi dovrà essere scritto sulla convenzione. Ricordiamoci cosa è la convenzione, ossia quell'atto in cui il Ministero deve indicare la mission che la Rai avrà nei prossimi dieci anni: se ci sarà la pubblicità, se non ci sarà, quanti canali, cosa è servizio pubblico e cosa non lo è. Ricordo che sempre a livello comunitario viene detto che quando si sceglie per legge di dare a un unico soggetto l'affidamento del servizio pubblico deve essere ampiamente motivata la ragione per cui quel soggetto è l'unico in grado di svolgere il servizio pubblico. Questo nella legge non c'è, non è stato ampiamente motivato: è stato detto che è la Rai, e questo è illegittimo. Consiglio quindi nello spirito di collaborazione di inserire per quale motivazione la Rai sia l'unico soggetto in grado di svolgere il servizio pubblico. Ieri c'è stato un dato di ascolto, martedì Agorà ha battuto Floris: 5.9 per cento Agorà, 5.6 Floris. C'è però un dato che non viene detto: quanto è costato Agorà ai cittadini e quanto è costato Floris.

  PINO PISICCHIO. Ringrazio il direttore generale, la presidente della Rai e anche i membri del consiglio d'amministrazione che mi fa piacere vedere qui, perché credo che sia utile anche interpellarli e sentire che valutazione facciano di questa poderosa (mi consenta il direttore Campo Dall'Orto) relazione, che peraltro a molti dei colleghi presenti ha tolto i dubbi relativi a che cosa ha fatto Verdelli in un anno di tempo. Lei ce l'ha detto tutto, già scandito con precisione il frutto di un lavoro di un anno, e l'ha saputo fare in un tempo ragionevole, soltanto un'ora e un quarto, del tutto inusitato rispetto alle nostre abitudini. Senza ironia, la ringrazio.
  Devo dire che la sua importante e articolata relazione mi porta a pormi alcune domande. Posto che (su questo punto dobbiamo convenire) la Rai, il servizio pubblico rappresenta un elemento costitutivo del welfare state, perché svolge una funzione informativa, che quindi sviluppa un'attività penetrativa in tutto il corpo sociale, svolge una funzione di intrattenimento, svolge una funzione culturale, i nostri auditi sanno, perché anche in altre circostanze in questa sede ho avuto modo di rappresentarlo, che a mio parere dovrebbe anche svolgere una funzione di formazione alla cittadinanza, all'identità collettiva che si fa cittadinanza, e dovrebbe farlo con la grande forza di cui può disporre. Anche in uno schema generale, in cui nuovi scenari tendono a ridefinire il concetto di servizio pubblico, questi temi e il fatto che la Rai sia elemento costitutivo del welfare state devono essere da noi condivisi e rappresentare una base valutativa che facciamo nostra. Convengo con quanto diceva il senatore Rossi: il processo riformatore della Rai non si è ancora perfezionato perché non sappiamo questo rinnovo della concessione che contenuti vorrà avere. Dico per incidens che un'interpretazione più stringente dei limiti di affollamento pubblicitario, che oggi sono al 4 per cento a settimana e che vengono sforati da Rai Uno per essere spalmati su Rai Due e Rai Tre libererebbe una quantità di energie che andrebbe a finire sul mercato con effetti particolarmente significativi, dunque tutto questo non è che non abbia a che fare con l'argomento di questa relazione di midterm sull'informazione che oggi abbiamo ascoltato. Al netto di tutto questo vorrei porre una sola questione. La Rai ha un atout straordinario rappresentato dalla sua autorevolezza. La Rai è autorevole, funziona, la gente la vede e attinge informazione, perché conferisce autorevolezza e credibilità a quello che la Rai dice. Anche nel confronto (talora conflitto) con la rete, la Rai deve dotarsi di strumenti tali da essere competitiva (ne parlavamo con il collega Anzaldi). Noi tutti, se abbiamo bisogno di Pag. 19attingere un'informazione, andiamo sul sito di Repubblica o del Corriere della sera, non abbiamo l'abitudine di andare su quello della Rai. Trascuro di considerare, perché il nostro presidente mi richiama alla sintesi, il conflitto selvaggio sugli smartphone, che si realizza nel momento in cui l'agenda setting viene impostata dai gestori delle reti. In che direzione allora intendiamo muoverci per spendere questa autorevolezza? Perché questa è la chiave. Dentro uno schema che vede ancora Rai elemento costitutivo del welfare e proiettata nella direzione dell'educazione alla cittadinanza, noi forse qualche responsabilità in più in questo senso ce la dobbiamo assumere.

  MAURIZIO LUPI. Saluto i membri del consiglio d'amministrazione, il presidente e il direttore generale. Riprendo il ragionamento di Pisicchio dal confronto di midterm. Questa fase di presentazione si collega all'altra che avevamo avuto e dovrebbe essere la declinazione di come quegli obiettivi di media company introdotti dal presidente accompagnino questa trasformazione profondissima, come diceva la presidente Maggioni, con il massimo di innovazione, ma con l'obiettivo di consolidare la leadership. Il mio ragionamento è quindi verificare se il lavoro che ci state proponendo sia coerente con quegli obiettivi e se tenga conto di un principio di fondo. Perché è fondamentale il piano editoriale di informazione che ci state presentando? Perché abbiamo condiviso che la Rai come primo obiettivo, proprio perché è servizio pubblico (si può discutere, ma questo è il punto di partenza) ha quello di continuare a informare. L'informazione non è un accessorio del piano strategico dell'azienda, ma è uno degli elementi costitutivi, il più importante tra gli altri, altrimenti non saremmo qui a confrontarci e a discutere. Non ci confrontiamo sulla fiction, la legge prevede che la Commissione di vigilanza si confronti con il consiglio di amministrazione e con la presidenza su questa questione. Tenendo conto che è difficile ammazzare la Rai, nel senso che oggi ha ancora una grandissima autorevolezza e anche a me hanno colpito assolutamente i dati di questa settimana (ci piaccia o no, quando un telegiornale fa 7 milioni di ascoltatori e gli altri superano tutti i loro record si capisce che, se uno si vuole informare, va alla Rai, ci può essere il web ma va alla Rai), dobbiamo porci il compito di come non uccidere questa autorevolezza, ma anzi svilupparla adeguandola ovviamente con digital first, Newsroom, l'evoluzione. Modernizzazione e razionalizzazione rispetto a cosa? La prima questione su cui ci dobbiamo confrontare, prima ancora della digitalizzazione che è uno strumento, è la scommessa informativa su come gli strumenti che state mettendo in essere aiutino a vincere questa scommessa informativa, se non diventano segmenti uno staccato dall'altro che, anziché vincere la scommessa informativa, creano ulteriormente confusione. Lei ha parlato di complementarità e pervasività, e mi fermo sul punto su cui siete più indietro, mentre ho visto che siete molto più avanti sul tema del web. Pervasività e complementarietà. Domanda: il web, che è fondamentale, è l'introduzione di una nuova testata? Abbiano TG1, TG2, TG3, radio, adesso abbiamo la testata web e ognuno va per conto proprio? Lo dico con passione, non è polemica, è solo per capire: Rai24 diventa pervasiva e complementare, ma come si innesta su questa nuova sfida che abbiamo? Ha senso a questo punto fare un'ennesima testata o forse non ha più senso che, se devo fare Rai24, unisco News 24 con il TGR e faccio un punto centrale dell'informazione? A questo punto se nasce una nuova cosa perché deve essere sotto un'altra? C'è un nuovo direttore del web che poi si deve interfacciare con gli altri? È una cosa che non mi è chiara.
  Seconda questione che per me è fondamentale, il punto del pluralismo, che è la discussione che c'è stata anche nel vecchio piano editoriale presentato quando si trattava di accorpare. Noi accorpiamo, razionalizziamo, modernizziamo, ma la domanda che a me preme è: rimanendo servizio pubblico o si decide che si fa un solo canale, e allora accorpate tutto quello che volete ed è un solo canale, ma, nel momento in cui rimangono tre canali generalisti (se questo non viene cambiato) per me Pag. 20quei tre canali generalisti rappresentano la straordinaria opportunità di rappresentare non il pluralismo politico «uno a me, uno a te» (a parte il fatto che la politica non è una bestemmia), ma la ricchezza e la diversità che esistono nel nostro Paese e come un'idea di accorpamento dell'informazione centrale permette questa ricchezza e la diversifica. Questo è fondamentale, altrimenti non si spiegherebbe la ragione per cui il TG1 fa 7 milioni, il TG2 2,5, il TG3 2, nel senso che ognuno ha una capacità, una ricchezza e una sensibilità di raccontare le storie diverse dall'altro. Oppure non si spiegherebbero le continue polemiche tra Commissione di vigilanza e servizio pubblico, perché nel dare informazione, l'informazione non è mai asettica. Metto prima quella notizia o la metto dopo, apro con quella notizia o chiudo, racconto quella storia o non la racconto? A me interessa che il pluralismo venga garantito, quindi voglio capire come nel piano editoriale che state presentando questo diventa, e non è astratto – mi scusi, direttore, ma lo dico – perché, se il pluralismo diventa una persona che racconta tutto, nello spettacolo la Rai ha questo difetto, trova uno e lo fa dappertutto. Adesso abbiamo scoperto il nuovo genio, Amadeus, e tutte le volte c'è Amadeus, ma che pluralismo è se passa sempre attraverso una persona? Ci sarà un Amadeus più piccolo, che sarà in grado di fare altre cose!
  Concludo con le altre due questioni che considero fondamentali e che mi piacerebbe vedere nel piano nel prosieguo, la prima delle quali è la valorizzazione delle risorse professionali interne, perché un punto fondamentale è esattamente questo nel piano dell'informazione. L'esempio fatto dal senatore Rossi è un dato, si vede che a volte ci sono professionalità interne, come nel caso di Agorà, che, se inserite in un contesto... L'ultimo punto, che lei ha citato con Rai Academy, la scuola di giornalismo, è l'obiettivo di una Rai che scommette sul servizio pubblico e mette l'informazione al centro, ossia la formazione delle nuove leve, perché il futuro ce l'abbiamo con il digitale, ma se investiamo sulla persona, quindi sul fatto che la Rai diventa nuova formazione continua di persone che sono il futuro del servizio pubblico.

  SALVATORE MARGIOTTA. Per stare nei cinque minuti dovrò essere necessariamente sintetico, quindi spero di riuscire contemporaneamente a essere chiaro avendo molte cose da dire.
  Parto da una battuta. Ho molto apprezzato che la presidente Maggioni in premessa abbia detto che la Rai non è irriformabile, come è stato (parole sue) sostenuto da qualcuno anche in autorevoli sedi. La battuta è facile: una delle autorevoli sedi è stata la Rai, e questa annotazione è stata fatta da un consulente della Rai, e questo la dice tutta su una certa confusione in campo. Mi riferisco alle parole che ho sentito pronunciare da Merlo alla trasmissione dell'Annunziata. Da studente mi piaceva moltissimo una parola, prolegomeni, in greco prolegomena, «definizione, esposizione preliminare delle proposizioni fondamentali di una dottrina». Io darei questa definizione alla presentazione fatta oggi, perché più che prolegomeni non mi pare di aver visto nulla di concreto.
  Per esempio, avrei voluto sapere, perché è una notizia molto fresca e forse in Vigilanza se ne doveva dare conto, visto che tante volte abbiamo discusso del ruolo di Verdelli, perché si è dimesso, quali parti delle sue proposte non erano piaciute al consiglio d'amministrazione, perché è stato ritenuto utile (io lo ritengo positivo) non sostituirlo? Perché in un periodo ormai avanzatissimo, a quasi due anni dall'insediamento di questo consiglio di amministrazione e di questo direttore generale, ancora il piano sta ai prolegomeni? Ora che si fa?
  Sedi regionali. Forse perché provengo da una regione piccola, ma, come ho spesso ribadito, le redazioni regionali sono uno dei motivi che giustificano l'esistenza del servizio pubblico, per venire a una discussione lunga tra me e Maurizio Rossi. Non lo convinco, perché lui è convinto che i locali saprebbero fare meglio anche l'informazione regionale, ma per me quello è importante. Attenzione, però, perché quest'idea di accorpamento TGR RaiNews intanto Pag. 21 è solo una parte di un'idea a mio parere migliore e più ambiziosa, che era nel piano della precedente consiliatura, perché probabilmente era meglio tenere insieme RaiNews e TG3 e poi magari anche TGR. Ma attenzione, se decidete che questa sia la linea, a come la declinate fino in fondo, perché il rischio che si perda una delle specificità migliori della Rai esiste.
  Curiosità (lo dico senza polemica): il piano Verdelli è arrivato prima alla stampa, non conta che non sia arrivato prima a noi, conta che non sia arrivato prima al consiglio di amministrazione da quello che dicono i componenti del consiglio stesso. Come è successo, perché? Ho letto che c'è un'indagine. Porta a risultati o rimane nell'aria, come tante altre volte? Mi viene da dire che quelli che fanno l'indagine forse sono gli stessi sui quali l'ANAC aveva posto problemi sulle assunzioni e su cui il direttore si era impegnato a prendere qualche provvedimento, ma forse sbaglio.
  Radio Rai. È vero che ci saranno 56 persone al Festival di Sanremo? Il Festival di Sanremo è una cosa importante, a me piace molto, ma 56 inviati mi sembra un numero abbastanza elevato. Agorà è stato detto da Rossi. Autocitarsi è antipatico, ma all'epoca non mi piacque neanche la scelta di Giannini, che almeno però fece dei numeri, poi si è andati a prendere un nuovo esterno, Semprini, dopodiché si scopre che c'era una soluzione in casa, molto più praticabile, che dava i migliori risultati. Sempre a questo proposito, sebbene non voglia fare il tifoso di personalità, ma se, come si è detto, vogliamo valorizzare persone all'interno, si può continuare a tenere l'ex direttore Vianello sostanzialmente inutilizzato? È o non è una professionalità di qualità che avete e a cui di fatto non state facendo fare niente? Sono cose che lasciano smarriti.
  Ci sarebbe da dire che attendiamo ancora il piano industriale 2016-2019. So che la discussione è che, in carenza di contratto di servizio e di certezza di copertura economica, non si può fare il piano industriale, ma è pur vero che un'azienda senza piano industriale lascia ancora una volta smarriti, così come mi lascia smarrito l'idea che, sebbene con il canone quest'anno dovrebbero essere arrivati più soldi, come continuiamo a leggere, i conti non si chiudano in positivo.
  Piccolissime cose e chiudo davvero, anche se molte avrei da dirne. Dell'ANAC abbiamo detto, si legge che tra poco prenderete nuovi dirigenti sempre dall'esterno, speriamo che almeno prima chiariate rispetto all'ANAC che tipo di risposta dare.
  Ieri grande giornata per Rai Cinema e quindi per la Rai, una delle cose che funzionano. Un film prodotto da Rai Cinema ottiene una nomination, un altro distribuito da Rai Cinema, che peraltro ho visto ed è molto bello, ottiene 14 nomination. Nel frattempo i segnali che ci sono lasciano intuire l'intenzione non di rafforzare una struttura che sta lavorando bene, ma di indebolirla. Tutto ciò peraltro in presenza della nascita di un nuovo polo distribuzione, la Vision Distribution fatta da Sky e da altri gruppi, che farà ulteriore concorrenza a una delle parti migliori del mondo che voi guidate. Mi chiedo quindi se appaia solo a me che quella struttura sta avendo grandi successi, se appaia anche al management che guida la Rai e se non sia giusto rafforzarla anziché indebolirla.

  LUIGI D'AMBROSIO LETTIERI. Sono agevolato nella mia esposizione dagli interventi che mi hanno preceduto e che in parte hanno intercettato anche alcuni dei temi, degli argomenti e dei quesiti che avrei voluto porre. Pur nella posizione di oppositore voglio recuperare, a beneficio di una valutazione seria dopo quello che abbiamo ascoltato, i timidi segnali positivi che vengono dai recenti report degli share sul versante sia dell'intrattenimento che dell'informazione, anche Ricominciamo dalle scuole, la campagna di solidarietà che ha avuto un buon successo. Sono segnali senz'altro positivi e tuttavia sono ancora poca cosa rispetto ai grossi punti di criticità che ci sono.
  Io condivido con Rossi le stesse perplessità in ordine ai punti di criticità, a cominciare dalla terza proroga. Al di là dei profili di legittimità, questa è una battaglia contro il tempo. Un consiglio di amministrazione Pag. 22che si è insediato ormai da tempo, una direzione generale che è all'opera e che, pur essendosi rimboccata le maniche, ancora stenta a consegnare qualche risultato che vada oltre quello che lodevolmente ho ascoltato oggi. Non c'è tuttavia un piano editoriale, non c'è un piano industriale o almeno non c'è un piano editoriale strutturato in modo adeguato. È una battaglia contro il tempo. Basterà questa ulteriore proroga o si rischia di andare ancora oltre aprile? Qual è una valutazione seria, che la presidenza e il consiglio di amministrazione fanno su questo argomento? Questo anche per presentarci in Aula con una consapevolezza che non è quella di fare ostruzionismo alla nostra tv di Stato, ma quella di aiutarla e accompagnarla, ove necessario, anche con qualche elemento di stimolo e di spinta nella giusta direzione.
  Qualche parola in più sulla sinergia fra TGR e RaiNews, proprio per perdere, come diceva Margiotta, le specificità, le storie, che pure sono elementi preziosi.
  Un'altra ultima domanda. Il 15 gennaio scorso Giovanni Minoli nella trasmissione Faccia a Faccia ha chiesto al Ministro Calenda se non sia arrivato il momento di mettere a gara tra pubblico e privato una piccola quota di servizio pubblico. Il Ministro dello sviluppo economico ha sostanzialmente detto che questo è un ragionamento che va fatto. Su questa dichiarazione importante di un autorevole rappresentante del Governo vi chiedo una valutazione del consiglio di amministrazione, del presidente e del direttore generale, anche con riferimento, ove ciò dovesse essere confermato, agli eventuali effetti di ricaduta economica e occupazionale di una scelta che vada in questa direzione.

  ALBERTO AIROLA. Parto dal piano Verdelli, perché ritengo che questa sia un'evoluzione del piano che raccoglie sicuramente ottime cose, ma è importante che ci diciamo perché Verdelli ha fallito. Credo che Verdelli non sia un incompetente, ma che il suo piano mettesse le mani nella relazione (ormai nella palude) di potere e controllo dei partiti sulla Rai e all'interno della Rai. Lo immagino, perché Verdelli nel suo piano ha messo le mani in maniera decisa sull'assetto della Rai, ha previsto di spostare addirittura una rete a Milano: un vecchio progetto, ma anche altri interventi mettevano in crisi questo sistema di potere. Credo, direttore (mi perdoni se glielo dico), che anche lei sia un po’ vittima di questo sistema, nel senso che noi abbiamo lei, che è un amministratore delegato dai superpoteri, che avrebbe tutte le capacità e le possibilità di mettere anche lei pesantemente in Rai le mani, e per qualche ragione anche lei è sabotato. Non credo che lei sia incompetente, ha fatto tanta tv, non credo sia arrivato in Rai con l'idea di prepararsi un pezzettino di pensione, credo che oggi ci ritroviamo con un piano media company che ha tutte le caratteristiche per portare la Rai a una piattaforma nuova di informazione, però dimentica la razionalizzazione dell'attuale Rai e della distribuzione. Non la chiamo più neanche lottizzazione, perché in realtà non è più divisa, la Rai è un monocanale di propaganda, un monocanale di informazione governativa oramai. Auspicherei a questo punto che veramente si riducessero i TG e le reti, e si andasse a costruire questa media company anche nella sua struttura reale. Perché avere tanti TG? Parliamo sempre di BBC, che ne ha due, uno mondiale e uno di notizia. È venuto Di Bella, abbiamo parlato, buona l'idea di fondere RaiNews e TGR, facciamone uno solo di TG, poi lo affrancheremo dal controllo dei partiti e della politica, magari quando governeremo noi, non lo so, ma è inutile avere la stessa informazione distribuita su tre canali, che poi vanno armonizzati nel futuro che è la media company, nel web da tutta una struttura che ha un suo peso e ha sicuramente una sua importanza perché va fatta. Perché non cambiare a questo punto direttamente la Rai?
  Credo che non siate messi in grado di fare questo, tra l'altro da un governo che neanche nominate, che poi vi mette i bastoni tra le ruote, perché questo io credo. Verdelli nel suo piano scrisse: «a Saxa Rubra l'orologio della storia si è rotto». Ecco, deve restare rotto.
  Entriamo più nel merito e poi, presidente, la prego di interrompermi quando Pag. 23andrò oltre. Ottime le fusioni, dicevo. A questo punto, perché non ridurre proprio le fonti, avere invece un occhio all'integrazione, come sosteneva lei, su una piattaforma multimediale, perché quello è il futuro? Una cosa che mi domando sempre è perché Rai Uno deve essere la testata in cui si ritiene ci sia maggior qualità. Non ho mai capito perché non possiamo avere la qualità su tutto, visto che la qualità paga, perché, se andiamo a vedere l'informazione sul web, l'informazione per esempio sportiva Rai è una Caporetto, lo dice sempre Verdelli nel suo piano, 85.000 utenti sul web mentre Sky ne ha 120.000, la Gazzetta 2 milioni, sui domini web RaiNews è tra la ventesima e trentesima posizione tra i siti di informazione. Su Facebook, La Repubblica ha 2 milioni e 900.00 fan, il Corriere 2 milioni e 200.000, però poi c'è Report che da solo fa 1 milione e 165.000 fan, quindi le cose di qualità premiano, quindi quella è la direzione. Ben vengano quindi le fusioni e ciò che mira a implementare il risparmio, l'incremento della qualità e anche la riconversione del personale. Attenzione a riconvertire i lavoratori: non voglio vedere una Rai di operatori, montatori, giornalisti, trasmettitori di informazioni. Va bene avere vari piani come è previsto nella media company, ma se noi chiamiamo Merlo e gli facciamo fare, come faceva per La Repubblica.it, i video e lo paghiamo, invece che 240.000 euro, 35 euro magari in appalto. Attenzione ai lavoratori, attenzione alla riconversione dei lavoratori e alle competenze che richiederà la nuova Rai.
  L'informazione economica non la vedo più.
  Rai Teche, la digitalizzazione dell'informazione, anche dei prodotti di informazione, la cosa interessante. Ci è arrivata la notizia del grande risultato di Agorà che l'altra sera ha battuto Ballarò, ben venga. Ci domandiamo perché poi se ne debba andare e lasciare il posto alla Berlinguer, forse anche lì c'è della politica in mezzo.
  Concludo ringraziandola e aspettandomi però di approfondire ulteriormente, perché ci sono altri aspetti. Ad esempio Rai Sport si fonderà tv e radio? RaiNews e TGR sarà con un unico direttore? Rai Parlamento e GR Parlamento farà una nuova forma Rai istituzioni? Questo lo abbiamo capito. Infine l'aspetto del redattore multimediale, che è un punto critico di questo piano. Vorrei avere qualche ulteriore raccomandazione che non si useranno dei lavoratori tuttofare.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Voglio anch'io ringraziare i vertici dell'azienda per la loro presenza oggi in formazione completa. Diceva la presidente Maggioni in premessa, anche in riferimento a opinioni espresse in questi giorni, che non è vero che la Rai sia irriformabile
  Credo che questo riferimento della presidente, che non è scontato, sia un riferimento di rilievo, detto oggi in questa audizione, anche perché faccio parte di una forza politica che non solo ha posto la questione della riforma del servizio pubblico, ma ha anche costruito un percorso fatto di tappe, di passaggi, la riforma della governance, legge che è stata approvata in via definitiva, la riforma della riscossione del canone per dare certezza di risorse all'azienda, il rinnovo della concessione alla Rai, frutto di un percorso partecipativo dato da una consultazione e poi un confronto sullo schema di convenzione, che abbiamo avviato con la scorsa audizione del Sottosegretario Giacomelli.
  Per quanto riguarda il piano editoriale dell'informazione, come è stato ricordato nell'introduzione dai colleghi che sono intervenuti, c'è stata una lunga gestazione, un lavoro predisposto da Carlo Verdelli, un piano editoriale dell'informazione che è sempre stato, al di là di come è stato predisposto, in riferimento alla responsabilità dei vertici, che l'avrebbero poi presentato nel consiglio di amministrazione e in Commissione. Per la genesi di quello che è stato presentato oggi volevo innanzitutto capire, visto che il riferimento è a un lavoro fatto in queste settimane di condivisione con il consiglio di amministrazione, se effettivamente a questo livello ci sia, visto che non è ancora la versione definitiva, se però quello che è stato presentato abbia una condivisione all'interno del consiglio di amministrazione. Per quanto riguarda il rapporto Pag. 24 con la Commissione di vigilanza è giusto ricordare che il precedente piano editoriale dell'informazione era stato approvato dall'azienda, trasmesso alla Commissione, che poi ha espresso il suo parere attraverso un percorso peraltro molto lungo per la predisposizione del parere stesso. Qui, invece, abbiamo avuto un impegno, assunto in audizione nello scorso autunno, di presentare in questa Commissione uno stato di avanzamento che fosse il più vicino possibile alla versione definitiva, per avere quindi un passaggio di confronto con la Vigilanza e poi l'approvazione definitiva. Se non sbaglio, c'è una slide dove si fa riferimento all'audizione di oggi e a una serie di confronti con organizzazioni sindacali e direttori di testata prima dell'approvazione definitiva. Questo quindi è il lavoro che avevamo chiesto come Commissione di vigilanza. C'era stato un impegno dei vertici, oggi si corrisponde a quell'impegno. Per quanto mi riguarda questo significa anche l'evidenza della strumentalità che abbiamo avuto lungo il percorso della campagna referendaria delle richieste continue di audizioni dei vertici e del dottor Verdelli. La legittimità della polemica politica tutti quanti la riconosciamo, però è evidente che era strumentale, perché oggi noi stiamo corrispondendo all'impegno che avevamo chiesto ed era stato certificato anche dalle parole dei vertici.
  Oggi quindi è un momento di confronto che ha questa caratteristica. Noi daremo il parere come Commissione di vigilanza evidentemente su quello che sarà il piano che valuterete e soprattutto voterete in via definitiva nel consiglio di amministrazione, quindi mi sembra utile cogliere l'occasione di oggi per spazi e commenti, come stanno facendo i colleghi.
  Per quanto mi riguarda, la prima questione: è stato detto con precisione che questo piano non prevede tagli per quanto riguarda la dotazione di risorse umane di giornalisti, ma un lavoro di ricollocazione funzionale alla riorganizzazione che è stata indicata oggi. È utile capire dove sono i risparmi, perché questa è una caratteristica. Non so se oggi potremo già avere elementi di dettaglio, però è evidente che per il lavoro che farà la Commissione con il suo parere è importante che nel piano definitivo ci sia un piano economico dettagliato di dove e come vengono prodotti i risparmi.
  Aggiungo (e concludo, presidente), visto che in questi giorni c'è stata una polemica sulla presenza della Rai a Milano, non ho capito bene fino in fondo le ragioni della polemica, visto che in realtà il sindaco di Milano parlava della valorizzazione della presenza della Rai a Milano, credo che questo valga anche per le altre città che sono sedi dei centri di produzione, per cui non è questione che riguardi solo Milano. Non parliamo dei piani che non ci sono, quindi non parliamo dello spostamento del TG2 a Milano ma, visto che la discussione sulla valorizzazione della presenza della Rai a Milano è in corso da tempo ed è stata ricordata anche dai lavoratori della sede di Milano, visto che l'azienda deve fare una serie di scelte, vorrei capire se ci sia la volontà dell'azienda di investire su Milano. Non è campanilismo, ho detto prima che secondo me il ragionamento riguarda tutte le sedi e i centri di produzione, ma Milano rappresenta un'opportunità per la Rai, non solo per quello che è Milano. Lo ha dimostrato anche con Expo, lo sta dimostrando con le evoluzioni in corso che ci sono. Se c'è questa volontà, come, in che termini e con quali tempi?

  MAURIZIO GASPARRI. Avevamo richiesto già diverse settimane fa questa audizione con il direttore generale e il presidente perché abbiamo letto di una dialettica all'interno della Rai e vorremmo sapere da dove sia nata questa discussione. Ho apprezzato l'illustrazione del direttore generale, che ci ha esposto sostanzialmente un processo di modernizzazione tecnologica e anche di uso razionale delle risorse. Che sul web, invece che andarci otto testate, si faccia un filtro e si affidi a Rai News 24 può anche andar bene, però non ho capito cosa è successo: quanto è costata la struttura per l'informazione che era stata istituita, cos'ha prodotto, perché quel piano non è stato approvato? Tralascio l'articolo con cui Merlo ci ha fatto conoscere i cinque Pag. 25libri che ha letto (gli unici credo nella sua vita) in un articolo sulla Repubblica: pagato anche dalla Repubblica, prende la pensione, quanto ha preso dalla Rai? Qui ci sono consiglieri a zero euro, quanti stipendi prende Merlo? Se li merita evidentemente. La Commissione di vigilanza è stata descritta come una schifezza anche sulla Rai, da Lucia Annunziata: mi dicono perché Lucia Annunziata avrebbe avuto un colloquio con il direttore generale e, non ottenendo la prima serata del martedì, si è arrabbiata e allora ha invitato Merlo per vendetta. Saranno invenzioni che sento dire, tanto Lucia Annunziata fa quello che vuole in Rai da sempre, il presidente, il conduttore, il direttore, siamo tutti rassegnati a questo, anzi siamo anche contenti perché il pluralismo è fatto anche di Lucia Annunziata che fa quello che vuole: però manca il resto. Carlo Freccero, che ha idee molto diverse dalle mie, in un'audizione precedente disse che gli ascolti, la funzione, il servizio pubblico Rai, devono basare sull'offerta plurale la loro legittimazione, nel web, nei canali, nelle testate, due, tre, quattro, una a Milano, una a Arezzo – la discussione sul telegiornale a Milano antica, provinciale, nell'epoca di smartphone, webcam! Allora mi chiedo: quel piano che fine ha fatto? Voi in consiglio perché non l'avete approvato? Quanto è costato tutto questo? Ho apprezzato la descrizione di modernizzazione, ma non ho capito di che stiamo parlando.
  Sono anche preoccupato per altre questioni e vorrei anche risposte a delle interrogazioni. Il pluralismo cos'è, far giocare Veltroni a Techetechetè? Quanto è costato? Perché non si può sapere quanto è costato? Veltroni è un uomo pubblico, viene pagato, ce lo dica. Ha fatto Techetechetè, quando ha messo i comici ha fatto pure il 13 per cento, quando faceva altre cose ha fatto il 7 per cento su Rai Uno. Perché deve fare la prima serata su Rai Uno?
  Ci sono altri problemi. Le prescrizioni dell'anticorruzione sono state rispettate o no? C'era per esempio una singolare vicenda che non riguarda il piano di informazione: quello della vigilanza che aveva segnalato il padre, il figlio, che si erano selezionati tra loro: stanno ancora lì? Sono stati sostituiti? Che è successo? Cantone lo evochiamo per tutto, deve pensare a tutta l'Italia.
  C'è quindi un problema di fondo, che poi si riassume nella questione del pluralismo. Vorrei sapere come il piano delle informazioni garantirà il pluralismo, visto che è il servizio pubblico e noi siamo qui, ci siamo ancora, noi siamo il Parlamento, non siamo degli Hyksos che invadono la Rai per metterci il cugino. È Merlo che prendeva tre stipendi, mica io! Molti di voi lo fanno per servizio civile: grazie a quelli che lo fanno gratis e anche a quelli che lo fanno con un compenso assolutamente limitato.
  Quando parliamo di queste cose? Potrei fare un elenco di stranezze: voglio sapere, direttore, quanto è pagato Veltroni, voglio sapere perché il job posting per Rai ragazzi è rimasto sospeso, perché forse non hanno ancora inventato un esterno? Noi non siamo dei profeti, siamo una schifezza come dice Merlo, ma dire che era meglio attingere a risorse interne per fare la prima serata su Rai Tre l'abbiamo detto in pubblico e in privato, lo poteva fare la Berlinguer, Greco o un altro. Hanno fatto degli errori, quanto è costato non Floris, come prima diceva Rossi, ma Semprini e tutto il resto? La modernità è importante. Attenzione: guardate la crisi di Sky, che è la più moderna delle piattaforme informative, perché è nata dopo, ma sta chiudendo la sede a Roma, sta licenziando la gente. La modernità è un pezzo della vita. Le chiesi in un'audizione (forse lo ricorderà) perché La7 riuscisse, connessa con il televisore, ad avere una serie di offerte immediate e la Rai ancora non le aveva. Lo avete fatto e lo vedo, quindi anche noi, con buona pace di Merlo, un po’ di consapevolezza mediatica l'abbiamo.
  Vorrei che questa discussione proseguisse, quindi prendo il pezzo di oggi come una cosa positiva, perché non c'erano cose sbagliatissime in quello che lei ha detto, e durante l'audizione ho visto il TG3, alle 14.20, per sapere se la Corte costituzionale avesse deciso, quindi quelle esigenze di informazione ce l'abbiamo tutti. Mi auguro Pag. 26che questa audizione, visto che oggi non la completeremo, prosegua sapendo un parere anche vostro sulla discussione che avete fatto, perché è stato già detto tutto, perché il piano era sull'Espresso.
  Rai Cinema: ho fatto un'altra interrogazione. Dicono che l'assessore alla cultura di Bari deve fare l'amministratore di Rai Cinema. Ho l'impressione che ci sia un depotenziamento (sposo la tesi di Margiotta) rispetto a un cartello che si è legittimamente formato intorno a Sky. Rai Cinema, che in questi giorni si vanta dei successi che ottiene, la dobbiamo depotenziare o è un fatto anche culturale, identitario, di servizio pubblico? Non devo certo spiegare qui quanto sia importante Rai Cinema.
  Vorrei che questa discussione proseguisse nell'interesse della Rai e del servizio pubblico, che intendo difendere anche da sé stessa, perché il caso Semprini e risorse interne è emblematico. È vero che forse non c'era Crozza, si diceva prima sottovoce, però hanno fatto delle percentuali... non è che Floris ha fatto meno delle altre volte, è che la Rai ha fatto più delle altre volte, perché faceva il 2 e ieri sera ha fatto 5.9, quindi non era solo la trasmigrazione di Crozza verso altri orizzonti, che certo è un problema. Abbiamo tante cose importanti da dirci e poi, quando arriva un piano vero, che si basi anche sul valore del pluralismo, faremo i nostri pareri che potranno essere ascoltati o disattesi: vorrei che completassimo questo percorso e prendo quello di oggi come un avvio. Dobbiamo trovare, presidente, il calendario e gli orari, perché mi rendo conto, presiedendo l'Assemblea del Senato, che il Senato ha un orario e la Camera un altro. Facciamo magari di lunedì una mezza giornata, così completiamo questo confronto senza l'Assemblea e ci sacrifichiamo, ma è una cosa importante o almeno io lo avverto come tale, quindi vediamo di trovare anche lo strumento, perché anch'io vivo come tutti il problema di come incastrare le varie cose.

  FRANCESCO VERDUCCI. Penso che gravi su questa nostra discussione quello che è successo nelle settimane precedenti, in particolare il cortocircuito (fatemelo definire così) che c'è stato nei consigli di amministrazione tra Natale e il 3 di gennaio, che poi è culminato con le dimissioni di Verdelli. È stato un cortocircuito che rischiava di far precipitare la Rai in uno stallo, che, come molti di noi hanno denunciato, sarebbe stato insostenibile per l'azienda, in un momento così importante per il suo rilancio, quando alcuni risultati tangibili sono già stati ottenuti, sia in termini di ascolti, che sono importanti e sotto gli occhi di tutti, sia in termini di innovazione (penso ad esempio al digitale). Penso che questa audizione, con anche la sua relazione, direttore, abbia le potenzialità per superare completamente quel rischio di stallo, almeno io così lo intendo e trovo che questa sia un'audizione importante, anche perché quello presentato mi sembra un progetto non fumoso, ma che si avvale di molta concretezza. A questa però va aggiunto un punto fondamentale, che qui non è stato citato e sul quale chiedo in replica di intervenire, cioè quale sia il cronoprogramma dell'attuazione di questo piano che, anche se non definitivo, qui è stato presentato, che, anche se non ancora approvato dal consiglio di amministrazione, è stato però discusso in un consiglio di amministrazione informale la settimana scorsa. I tempi devono essere assolutamente celeri, se vogliamo centrare anche l'obiettivo di avere una piattaforma simile a quella di RaiPlay anche per tutto il mondo dell'informazione, entro la primavera, come qui è stato annunciato.
  In Ufficio di presidenza ho insistito perché questa audizione avvenisse in un assetto plenario, con il direttore, il presidente e i membri del consiglio di amministrazione, perché penso che quello stallo si superi anche recuperando nell'azienda una fortissima collegialità. Lo trovo fondamentale per portare a casa i risultati che qui sono stati prefissi. Non solo una collegialità tra presidenza, varie direzioni e consigli di amministrazione, ma anche con le forze che mandano avanti l'azienda, le varie figure professionali, ognuna delle quali va messa nelle condizioni di dare il meglio, e anche le forze sindacali, che sono una Pag. 27parte importante dell'azienda e che in un momento così importante devono poter partecipare e condividere anche a pieno titolo quello che è stato presentato qui e anche una volontà di rivoluzionare l'azienda. Penso che questa debba essere l'ambizione: rivoluzionare la Rai, e penso che il compito della politica sia quello di spalleggiare la Rai che vuole rivoluzionarsi, e non invece difendere rendite di posizione, molto spesso conservative, che non hanno alcuna ragion d'essere e che non giovano all'azienda. Questo è il compito della politica per come mi sento di intenderlo e di interpretarlo.
  Stiamo parlando di razionalizzazione. Uno dei punti che non funzionavano in quello che consideravo comunque un buon piano sulle news, quello di Gubitosi, era che si trattava di un piano di esuberi dei lavoratori che non ci possiamo permettere, e lo dico citando un aneddoto che riguarda Adriano Olivetti. Quando, negli anni ’50, la sua azienda era in difficoltà, ai suoi manager che gli chiedevano di fare esuberi, Olivetti rispose formando in maniera diversa le figure professionali che aveva e acquisendo nuove figure professionali, in grado di dare alla sua azienda nuove quote di mercato. Penso che questo sia il tema della Rai, nel momento in cui vuole diventare media company e ha bisogno non solo di formazione nuova per le sue figure professionali, ma anche di acquisire nuove figure professionali nel campo della comunicazione, per arrivare a quel risultato.
  Devo concludere, ma fatemi dire altri due titoli. È stata citata la BBC, che è intrattenimento, educazione e informazione. È soprattutto informazione, così come per il servizio pubblico e per la Rai vale soprattutto l'informazione e noi verremo giudicati soprattutto per l'informazione, che è il cuore del servizio pubblico. Guai se quando verranno presentati i nuovi palinsesti ci accorgessimo che l'intrattenimento divora l'informazione, non ce lo possiamo permettere e non possiamo permetterci errori. Se oggi più d'uno (anch'io lo voglio citare) hanno detto come nella serata di ieri sera Rai Tre abbia fatto meglio con un programma di informazione, dei suoi concorrenti sull'informazione è perché la Rai ha capito che le giornate storicamente brandizzate dedicate all'informazione non si possono cedere, perché altrimenti perdiamo quote di informazione e anche il posizionamento sull'informazione, cosa che non ci possiamo permettere.
  Diceva il collega Lupi, tema che ha citato anche il senatore Gasparri, che il tema del pluralismo è decisivo per questo piano, così come anche l'autonomia dell'azienda. Mi chiedo, rispondendo a Lupi, fare il bene del pluralismo e dell'autonomia dell'azienda significa mantenere tre canali generalisti come noi li abbiamo? Significa mantenere un'organizzazione dell'informazione come noi l'abbiamo in Rai, che è nata negli stessi mesi in cui nasceva la CNN, con la rivoluzione dell’all-news e del breaking news, che ancora stiamo inseguendo, dopo trent'anni? Ritengo che invece pluralismo e autonomia dell'azienda si garantiscano non conservando parzialità che si sommano, ma avendo il coraggio di un sistema unico integrato dell'informazione, che per me è unica newsroom in prospettiva, che può essere, rafforzando l'autonomia dell'azienda, anche il modo migliore per valorizzarne il pluralismo. L'unico modo è questa transizione verso un sistema unico dell'informazione. Voi avete detto Rai 24 e Newsroom Italia, dove il locale, il territorio hanno un'importanza fondamentale, il web, la rete. È l'unico modo per stare su quel terreno e permettere al TG1, che oggi fa 7 milioni di ascolti, di non andare fatalmente fuori mercato, perché, se non metteremo nelle condizioni Newsroom Italia di stare su Rai 24, da qui a qualche anno prosciugheremo quei 7 milioni e l'informazione della Rai, che è tanta parte della nostra democrazia e del nostro servizio pubblico, andrà fatalmente fuori mercato, cosa che non possiamo permetterci.

  AUGUSTO MINZOLINI. Senza alcuna polemica vorrei dare degli spunti di riflessione, perché siamo in una fase abbastanza complicata del mondo dell'informazione. Sono il primo a rallegrarmi di alcuni risultati, però, avendo fatto il direttore del TG1, so benissimo che quelle cifre si raggiungono ogni volta che c'è una calamità, Pag. 28una grande emergenza, perché chiaramente nel TG1 si ritrova il Paese, tanto per essere chiari. Anche quando parliamo della performance del programma di ieri sera, non dimentichiamoci che dall'altra parte mancava il catalizzatore, mancava Crozza. Era la seconda puntata. La prima volta i telespettatori si sono accorti che non c'era più e la seconda hanno un po’ abbandonato. Perché dico questo? Perché dobbiamo stare un po’ attenti rispetto a quello che sta avvenendo. Abbiamo parlato moltissimo di BBC, però partiamo da un presupposto, facciamo dei riferimenti recenti. Nella vicenda Brexit tutto quel sistema informativo non aveva capito nulla, nella vicenda Trump tutto quel sistema informativo non aveva capito nulla, sul referendum di questo Paese tutto il nostro sistema informativo non aveva capito nulla. Non lo dico in termini polemici, state attenti. A me piace questo schema che avete tirato fuori, è uno schema coraggioso, però vi mette in discussione. Entrare nel mondo dei social, entrare nel mondo dei grandi meccanismi (Twitter) non è che vi aiuta, vi mette in discussione. Se siete rappresentati come qualcosa di esterno, come il Moloch che quel mondo non vuole, diventate il punto da battere, l'avversario. Capita molto spesso. Vado nei social e vedo la rappresentanza che c'è della Rai.
  Il punto qual è? Se questo va bene, se la costruzione della notizia va bene perché mi piace, ci sono due aspetti fondamentali: uno è il pluralismo dell'offerta, che è essenziale perché altrimenti rischiate di diventare il Moloch, il secondo lo dovrebbe capire l'intera classe dirigente. Perché non mi piace la storia del telegiornale unico? Perché se tu vuoi togliere quelle barriere e vuoi che ci sia un lavoro progressivo, devi fare delle contaminazioni. Il pluralismo, in un sistema del genere, serve a contaminare, a evitare che di fatto ci sia l'informazione e la controinformazione, che contesta tutta l'informazione. Quello è quanto dovrebbe fare un servizio pubblico, dovrebbe mettere tanti aspetti. Fare il paragone con la Repubblica o con Il Corriere della sera è sbagliato, perché quello è un negozio che ha un suo articolo e che vende, quello che dovrebbe essere la Rai è un centro commerciale, in cui chiunque trova un segmento, in cui le comunità sono tante, non una sola. È su quello che tu crei realmente un confronto nel Paese ed è su quello che tu hai un servizio pubblico reale, perché metti filoni culturali diversi, li contamini e li metti a confronto. Bello quindi il progetto, interessante la costruzione, come dice Freccero, il viaggio della notizia, ma rendetevi conto che quella è una grande sfida, che potrebbe addirittura essere letale, se non viene gestita avendo questi due canoni: pluralismo e contaminazione.

  RAFFAELE RANUCCI. Ringrazio la presidente innanzitutto perché ha parlato di riformabilità della Rai e noi l'abbiamo riformata. Ricordo che questo è l'ultimo consiglio di amministrazione che sarà eletto dalla vigilanza, cambierà molto nella Rai, anche nei consigli di amministrazione e nei poteri. Bellissima e interessante l'analisi della notizia che ci ha fatto il direttore generale per quello che riguarda tutta la multimedialità della BBC. Ritornando a quello che aveva detto Pisicchio, una volta si diceva «l'ha detto il telegiornale», oggi si dice: «l'ha detto Facebook». Come riusciamo a evitare la contaminazione dei fake anche all'interno delle nostre notizie? Credo infatti che sia molto importante la salvaguardia della reputazione e dell'autorevolezza della Rai.
  Ottimo il discorso dello sport locale, che può essere seguito. Mi auguro che non sia soltanto lo sport professionistico, ma tutto lo sport locale, questo è un punto molto importante. Sempre per quanto riguarda l'informazione, sono d'accordo con il mio collega Airola, l'informazione finanziaria ed economica deve essere rafforzata, così come dobbiamo fare uno sforzo molto importante per lo sport in generale e capire perché sia un punto di grandissima debolezza, senza responsabilità di nessuno. L'immagine di chi viene da altre televisioni da noi invecchia, e questo è un punto interrogativo che dobbiamo porci.
  Credo che il discorso dell'accorpamento delle testate regionali, com'era stato ventilato, sia molto positivo. Ho presentato insieme Pag. 29 al mio collega Morassut un disegno di legge sull'accorpamento delle macroregioni. Questo è un Paese che continua sempre nel piccolo e, se non accorpa, non diventerà mai grande, quindi credo che un sistema di telegiornali o di redazioni regionali accorpato, più efficiente, senza togliere chiaramente la notizia locale, sia molto importante.
  Due ultimi riflessioni. Agorà, 5.9 o 5.4, ma non ritengo che la Rai debba essere misurata soltanto sui programmi politici. Questo non è giusto, perché nei periodi di garanzia (non tutti sanno cosa siano i periodi di garanzia) la Rai era seguibile come negli anni in cui faceva 30 milioni, perché il lunedì c'era una fiction, il martedì c'era Mika, il mercoledì c'era un'altra fiction, il giovedì ci stava il Rischiatutto. La Rai, siccome non ho sottotitoli e lo dico da telespettatore, ha fatto una stagione sicuramente positiva.
  Torno sul problema di Milano e lo riaggancio però a un discorso molto più generale (una volta lo facemmo con il direttore generale) perché ritengo che la Rai meriti un broadcaster center come a Londra, il grande broadcaster center che è un posto non solo dove si produce, ma anche un posto dove si può andare, dove si vive, dove i nostri cittadini possono entrare, i ragazzi possono fare le sperimentazioni. Ecco, questo è quello che deve fare la Rai: non si deve chiudere. Voglio far vedere come nasce un telegiornale? Lo posso fare in diretta o come una simulazione. Se Sky va a Milano, perché concentra le sue forze a Milano, non capisco perché la Rai, che ha le sue forze a Roma, debba seguire un esempio che non è assolutamente positivo. Mi auguro quindi che si prosegua sulla strada disegnata, tenendo in considerazione anche le professionalità interne che dovranno essere usate, nonché i corsi di formazione sia per riformare il nostro personale, sia per aprire ai giovani questa che sta diventando realmente una media company.

  PRESIDENTE. Grazie. Sospendiamo la seduta, che riprenderà alle 20.15.

  La seduta, sospesa alle ore 16.30, riprende alle ore 20.15.

  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori con gli interventi dei colleghi.
  Prego, senatore Ciampolillo.

  LELLO CIAMPOLILLO. Ringrazio tutti i presenti, la presidente Maggioni e il direttore generale Campo Dall'Orto per l'illustrazione esaustiva di questa mattina.
  Quello di cui non abbiamo sentito parlare è la famosa spending review, che, come sapete, viene fuori da quella disposizione europea chiamata Sec 2010, che ha fatto rientrare la Rai nei perimetri della spending review prevista per la pubblica amministrazione. Se ricordo bene, in passato, la presidente Maggioni aveva chiesto una deroga per la Rai, prevista poi nel cosiddetto Milleproroghe. Stabilito che la Rai prenda i soldi direttamente dal canone della bolletta elettrica, questo ha fatto sì che l'azienda debba rientrare nel perimetro dell'Istat, quindi della spending review prevista per la pubblica amministrazione. La Rai dovrebbe rispondere a questa cosiddetta spending review. Chiedere e ottenere una deroga (per il momento di un anno) quando sappiamo benissimo che, a fronte di quello che dovrebbe essere il servizio pubblico, quando accendiamo la TV a casa ci ritroviamo il gioco dei pacchi, il gioco di Amadeus e altri tipi di programmi che probabilmente sono intrattenimento e magari fanno anche qualche punto percentuale di ascolto che può tornare utile dal punto di vista degli inserzionisti, la Rai deve prendere una decisione: se prende i soldi dai cittadini, poi deve fare servizio pubblico. La domanda è: possiamo considerare servizio pubblico il gioco dei pacchi? Programmi del genere, soprattutto oggi che si chiede una riduzione dei costi da parte di tutti, sono di un livello culturale bassissimo, di fatto sono giochi, però finalizzati al denaro e certo non è un bell'esempio da portare avanti, quindi non è sicuramente una definizione di servizio pubblico. La Rai dovrebbe invece investire in tecnologia e quindi in copertura, perché con il sistema del canone nella bolletta elettrica chiede il canone di Pag. 30fatto a tutti, però non garantisce il servizio a tutti. Come abbiamo già detto più volte, infatti, ci sono comuni in Puglia, ma un po’ in tutt'Italia, come Ascoli Satriano, Monte Sant'Angelo, Mola di Bari (in quest'ultimo d'estate scompare il segnale). Esiste, grazie al digitale fortemente voluto da chi è presente in quest'aula – il digitale terrestre che serviva proprio per migliorare la copertura, per garantire segnale – il cosiddetto gap filler, uno strumento che permette con meno di mezzo watt di illuminare perfettamente un comune, dando tra l'altro la possibilità di ottenere il canale Tre, che non è meno importante degli altri perché permette di vedere il TG della propria Regione. Ci si dice che c'è il Tivùsat, però questo significa andare a prendere la parabola e su Tivùsat non c'è il canale Tre con il TG della propria regione. La Rai dovrebbe quindi investire in tecnologia e prima assicurare la copertura a tutti, visto che c'è chi paga e che un servizio pubblico deve essere garantito a tutti, quindi intanto vi chiedo formalmente di provvedere nei limiti del possibile e delle possibilità tecniche.
  Proprio perché il servizio deve essere garantito a tutti (anche qui parliamo di spending review), ricade l'annoso problema che abbiamo sollevato tante volte, quello di Radio Parlamento. La legge 224 del 1998 dice che Radio Parlamento non si può ampliare, quindi ha una copertura ridotta, motivo per cui Radio Parlamento, che costa 5 milioni di euro all'anno ai cittadini, di fatto non serve, tanto che il sabato e la domenica, certe volte anche il venerdì, trasmette musica. Ci sono impianti, apparati accesi ventiquattro ore su ventiquattro, manutenzione, inquinamento elettromagnetico (nel senso che è un contributo al totale dell'inquinamento elettromagnetico esistente). Ci sono impianti di Radio Parlamento da 12.000 watt che però di fatto non servono e costano 5 milioni di euro, tanto che il Governo, anche per quest'anno, ha prorogato a Radio Radicale il servizio al Centro di produzione S.p.A. per 10 milioni di euro, quindi i cittadini spendono 10 più 5. Vi propongo allora questa spending review del 33 per cento: se non si può ampliare, quindi non si può garantire la copertura, tanto che viene affidata a Radio Radicale, chiudiamola questa Radio Parlamento, non serve, è una spesa inutile per i cittadini, è un servizio in più che dovete gestire voi. Quei soldi si possono risparmiare, o quanto meno utilizzare in maniera diversa, però facciamo in modo che non rimanga lettera morta e nei limiti del possibile date un seguito a questa richiesta.
  Chiudo ricordando i due canali sul digitale terrestre che dovrebbero ritrasmettere le dirette di Camera e Senato. Oggi è visibile solo sul satellite e costano 500.000 euro l'anno, ho saputo che a breve verrà trasmesso anche su Tivùsat, però il cittadino paga il canone per il digitale terrestre, quindi i canali di Camera e Senato previsti all'ordine del giorno approvato all'unanimità dal Senato dovrebbero quanto prima atterrare sul famoso digitale terrestre, quindi due canali semplicemente da casa. La settimana scorsa qui da noi c'era il sottosegretario Giacomelli, che ha detto che avrebbe o ha già preso contatti con voi, quindi, se si potesse portare a casa questo risultato, sarebbe importante per tutti i cittadini, soprattutto nei prossimi mesi per il dibattito che potrebbe venir fuori da un'eventuale discussione sulla legge elettorale.

  SERGIO BOCCADUTRI. Alcune domande spot, vista l'ora. Avete parlato di un successo di Rai Play, quindi vorrei sapere se ci siano dei dati su quante app sono state caricate, su quanti device, su cosa viene visualizzato, se siate anche organizzati per capire che utilizzo facciano i cittadini consumatori dell'offerta di Rai Play, se questo successo si sostanzi in qualche dato.
  Una domanda a cui non credo ci possa essere una risposta, ma è una prima riflessione sull'integrazione sui social, per capire in che modo questa integrazione serva a portare traffico sui portali di Rai piuttosto che lasciarli lì per il semplice fatto che le dinamiche pubblicitarie sono note a tutti, come anche i dati sulla pubblicità on line, quindi per capire in che modo integrare questa presenza sui social, facendo sì che serva a portare traffico e quindi vendere eventualmente gli spazi anche sui portali di Pag. 31Rai invece di avere contenuti prodotti dalla Radiotelevisione pubblica su piattaforme che fanno la loro raccolta pubblicitaria e fanno concorrenza anche ai media tradizionali.
  Non ho visto (può essermi sfuggito) una risposta ufficiale, o comunque una considerazione sui dati resi pubblici da un articolo pubblicato dalla Stampa il 6 gennaio, relativamente a un calo degli ascolti televisivi nell'ultimo anno. Questo articolo era un alert, secondo il quale la Rai, nel confronto tra il dicembre 2015 e il dicembre 2016, avrebbe perso 2.04 punti di share e Mediaset guadagnato l'1.29, in considerazione anche del fatto che c'è stata una programmazione in chiaro degli Europei di calcio e delle Olimpiadi. Siccome non ho visto nessuna risposta, volevo capire se questo aspetto sia stato oggetto anche di vostre valutazioni.
  Rispetto all'assetto della direzione, quando s'intende chiudere la vicenda di Radio Rai? C'è un interim del vice direttore e vorremmo capire che orizzonte vi siate dati. Lo stesso con Rai Ragazzi: c'è un job posting aperto, a cui ha partecipato anche lo stesso direttore. Per quanto riguarda il coordinamento editoriale dei palinsesti si è nominato a febbraio dell'anno scorso un direttore che ormai è andato in pensione il 31 dicembre, quindi anche qui vorremmo capire i tempi che vi siete dati.
  Rispetto poi alla struttura ad interim del dottor Verdelli, vorrei sapere se rimanga o venga inglobata nelle funzioni del direttore generale.

  PRESIDENTE. Mi riallaccio all'ultima domanda rispetto alla struttura dell'offerta informativa. È andato via Verdelli, è andato via Merlo, più o meno con un anno e passa di attività. Ha senso mantenere questa struttura e assumere altre persone all'interno di questa struttura, o a questo punto possiamo ritenere – valutate chiaramente voi – sciolta la struttura, perché la cosa che si dovrà fare è lavorare su questo piano e applicare questo piano, visto che in questo piano non ho letto della struttura informativa? Credo (è mia opinione personale) che mantenere in piedi una struttura di questo tipo, fare adesso altre assunzioni o spostamenti, per poi ricominciare un lavoro daccapo, sarebbe una spesa inutile, e più che altro mi concentrerei sull'applicazione di questo piano. È una mia idea, però volevo sapere come pensate di procedere, perché qui dei nodi ci sono stati, anche rispetto a tutti gli auditi, perché, per quanto abbiamo chiesto in audizione a tutti i direttori dei telegiornali cosa facessero con la struttura di Verdelli, non si è mai compreso bene il rapporto, quindi mi interessava capire come sarà sviluppato questo passaggio.
  Do la parola a Carlo Freccero.

  CARLO FRECCERO, consigliere di amministrazione della Rai. Purtroppo non posso interloquire con voi e dare risposte, perché non è mia competenza, tocca al direttore generale e al presidente, però mi piacerebbe tanto intervenire e spiegare perché ha avuto successo ieri sera Agorà, perché è avvenuto l'ascolto. C'è proprio un discorso scientifico da fare, ma, siccome non tocca a me spiegare queste cose, tralascio tutto con molto dispiacere. È molto semplice, lo sapete benissimo, bisogna vedere prima le curve, che sono molto semplici: nella seconda parte, quella delle 22.55, la curva di Rai Tre ha un balzo in avanti molto forte, quando c'è Salvini. Perché succede questo? È molto semplice, perché la partita era Napoli-Juventus, il pubblico di Napoli-Juventus è «sudista» maggiormente, che non vede La7, quindi si rovescia automaticamente sulla Rai. Chiedo scusa, mi correggo, era Napoli-Fiorentina. Nella prima parte, invece, Agorà è leggermente sotto a Ballarò.
  Intervengo però su un tema che mi sta molto a cuore e che in qualche modo è il fil rouge di tutti gli interventi che si sono succeduti oggi, cioè come difendere il pluralismo, che mi sembra la cosa più importante su cui la Rai deve misurarsi. La Rai è vocata per questa cosa, è proprio la sua vocazione. Ritengo (sapete che parlo sinceramente e non faccio giri di parole) che l'impostazione che è stata data dal direttore generale sia un'ipotesi molto interessante, perché in qualche modo spera che il digitale possa essere un cavallo di Troia per Pag. 32introdurre la differenza rispetto a questa informazione omologata, uniforme, che si è sviluppata in questi anni, grazie al fatto che si tende a pensare che l'informazione sia una sola, mentre sono tante. Soprattutto (lo dico perché mi interessa molto e l'ho scritto anche molte volte) credo che tra mediologia e politica ci sia una corrispondenza. Come sostengo sempre che ogni medium produce una certa politica, così sostengo anche che una certa politica ha prodotto diversi modelli comunicativi. L'esempio è la lottizzazione, che tutti quanti detestano e che è frutto della Politica con la «P» maiuscola, che io rivendico perché la politica non è sempre, come dice Giletti, schifo, la politica è una cosa seria, anzi la colpa di questa situazione degli stipendi che si è creata è dovuta al fatto che sulla Rai si è sentito dire che i politici sono tutti ladroni, cosa che è una fesseria totale, lo vorrei sottolineare espressamente, perché questa idea della casta è insostenibile. Volevo dire che la lottizzazione ha prodotto tre modelli comunicativi molto importanti: la Tv, come sapete benissimo, il modello generalista e l'informazione di Rai Uno; Rai Due ha prodotto l'approfondimento (Studio aperto era Rai Due e negli anni del terrorismo era un punto di riferimento fondamentale); il TG3 ha prodotto il modello complementare. Questo per dire che la politica non è sempre male. Ritengo invece che, partendo dal digitale, si possa introdurre finalmente la differenza, la diversità, il pluralismo. Lo spiego. Parlo con cognizione di causa, perché ho lavorato sia nella TV generalista sia nella TV digitale, e sulla loro differenza di funzionamento ho imparato una cosa fondamentale: nella TV generalista funziona un prodotto omologato, poco differenziato, che deve piacere a tutti, un prodotto il più ampio possibile, mentre nella TV digitale funziona un prodotto molto più specifico, si applica la coda lunga. Questo principio, cioè il fatto che il digitale crea un'offerta, ma anche una domanda differenziata, si può verificare anche nella fiction. Se oggi la fiction della Rai è un po’ diversa rispetto a qualche anno fa, è perché ha assorbito la lezione delle serie che si sono sviluppate nel digitale.
  Secondo me dobbiamo pensare a un'informazione di coda lunga, che sia pluralista. Quando diciamo che bisogna partire da questo serbatoio che è creato dai TG e da RaiNews 24 per far viaggiare la notizia sulla rete, vuol dire avere una notiziabilità che non è più quella della TV generalista. Cosa vuol dire? Che non si parlerà solo della Raggi, ma, per avere un valore sulla rete, si parlerà anche dell'inchiesta sugli appalti della Consip, altrimenti non è possibile. La rete non ti perdona se non hai un'offerta molto variegata. Questa è una cosa fondamentale. Non per nulla, io che ho seguito la rete non ho sbagliato nessuna delle previsioni politiche delle votazioni che ci sono state: ho indovinato la Brexit, ho indovinato Trump, perché sapevo che la Clinton era il peggio del peggio, era molto semplice, ho indovinato anche il referendum. Adesso sembra che Trump sia uscito fuori improvvisamente, mentre invece bastava osservare, studiare e leggere cosa si diceva sulla Clinton per capirlo. Occorre quindi partire dalla rete e sia rispettata l'informazione della rete. La rete lavora sulla differenziazione, lavora su quello che secondo me è molto importante, su nicchie di interessi, per cui ha una notiziabilità diversa dalla TV generalista, mette notiziabili notizie che la TV generalista non mette. Poi bisogna vedere anche chi la fa, però è chiaro che crea sulla carta un cavallo di Troia per rompere questa uniformità e per creare una informazione pluralista.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Vorrei partire da una considerazione che mi ha molto colpito, all'indomani della decisione del consiglio di amministrazione di non approvare il progetto Verdelli. Alcuni autorevoli personaggi (anche lei, presidente) hanno colto quella vicenda per definire irriformabile la Rai, impossibile da riformare, come se la vicenda Verdelli fosse l'unica formula di riforma della Rai. Siccome il consiglio di amministrazione si è trovato incredibilmente d'accordo nel muovere alcune considerazioni che hanno portato Verdelli a rassegnare le dimissioni e quindi a rinunciare al suo progetto, vorrei spiegare anche Pag. 33il perché il consiglio si è mosso in questo modo, perché a proposito di questa scelta del consiglio sono state date delle interpretazioni, da quelli che probabilmente pensavano di poter realizzare questo progetto, che non condivido, anzi contesto. Non è stata la politica che ha preso il sopravvento sulla riforma, è stato semplicemente il consiglio che ha esercitato il proprio dovere di controllo e di indirizzo, valutando un progetto che oggettivamente non si reggeva, che prevedeva una serie di misure su cui non erano stati valutati i costi, il trasferimento del Tg 2 a Milano ad esempio, perché i costi sono non soltanto quelli economici, ma anche quelli del personale.
  Sky può permettersi di chiudere la sede di Roma e di spostare la sua sede a Milano, ma mette in campo che taglia 150 posti di lavoro. Nel progetto non era previsto nulla di tutto questo e tantomeno erano previsti i costi. Il progetto era stato realizzato senza condividerlo con il consiglio, perché bastava che nel suo sviluppo fosse stato portato davanti al consiglio e che Verdelli avesse chiesto al consiglio di condividere il processo di elaborazione del suo progetto e credo che non ci sarebbero stati problemi, perché non c'era nessuna forma di pregiudiziale. Nel momento in cui è stato presentato, il consiglio ha valutato che non poteva essere applicato, ha esercitato il proprio dovere nel dire: «no, ci dispiace le parti di questo progetto non possono essere realizzate», e lo ha fatto all'unanimità. Ora, se vogliamo dare un'interpretazione capziosa, potremmo dire che, se nel frattempo non fosse caduto il Governo Renzi, probabilmente su quel progetto forse ci sarebbe stata una divisione tra maggioranza e opposizione e sarebbe passato, ma non voglio fare questa interpretazione. Dico comunque che il progetto non è passato e che il direttore generale, sulla base di alcune parti di quel progetto, ha incominciato a prospettare un suo progetto, che oggi ha illustrato, che a mio parere prevede una fase indispensabile per la Rai, la digitalizzazione, che non si può mettere in discussione, va realizzata. Possiamo discutere sul «come», se le aggregazioni tra TG24, TGR e quant'altro possano essere realizzate, come debbano essere realizzate e i costi che produrranno, però la digitalizzazione va effettuata, perché è il processo che ci impongono le trasformazioni tecnologiche, non possiamo rimanere indietro. Se la Rai vuole continuare ad essere la Rai, deve assolutamente adeguarsi al tempo presente.
  Rispetto a questo progetto muovo però la stessa osservazione di fondo che ho mosso al progetto Verdelli, che prevedeva il passaggio dal pluralismo verticale al pluralismo orizzontale. Non so cosa sia questo pluralismo orizzontale, ancora non ho trovato qualcuno che me lo spieghi, adesso sento Carlo Freccero che dice che forse il pluralismo orizzontale può essere realizzato dalla rete, ma noi sappiamo per esperienza che la rete è sì pluralista per sua natura, ma è anche uno strumento che può portare informazione buona, ma anche falsa informazione, che mescola e confonde spesso informazione positiva, informazione negativa e informazione fasulla, su cui un'azienda come la Rai, che svolge una funzione di servizio pubblico, deve esercitare il proprio controllo. Il servizio pubblico è anche questo. Affidarmi esclusivamente all'uso della rete per garantire il pluralismo francamente mi sembra un po’ pericoloso. Mi piacerebbe che il pluralismo venisse applicato all'interno del servizio pubblico non con la formula antica di una lottizzazione ormai irripetibile, ma attraverso il riconoscimento di idee, di suggestioni, di posizioni culturali che esistono nel Paese e che purtroppo spesso non vengono rappresentate nel servizio pubblico stesso.
  Personalmente ho fatto una polemica durante la fase del referendum, perché ritenevo che ci fosse un'uniformità, un'omologazione dell'informazione che non era positiva. È una mia posizione personale, ma non dico una sciocchezza se dico che c'è stata e c'è ancora un'uniformità assoluta nei confronti della Brexit o del fenomeno Trump. Mancano le voci contro, mancano le voci diverse, e credo che all'interno del servizio pubblico, proprio per giustificare l'esistenza del servizio pubblico, debbano trovare spazio le voci diverse. È quindi necessario che anche il progetto di digitalizzazione che il direttore generale oggi ha Pag. 34illustrato, che ci aveva anticipato nella precedente riunione del consiglio di amministrazione, venga perfezionato toccando questo tema, che si può risolvere anche banalmente, con l'idea della personalizzazione dell'informazione. Un'informazione non personalizzata, che non è caratterizzata dalla presenza di soggetti chiaramente identificabili che esprimono opinioni diverse, è un'informazione appiattita.
  Credo di aver spiegato perché abbiamo bocciato il progetto Verdelli. La bocciatura nasce essenzialmente dalla irrealizzabilità di alcune parti, dal mancato chiarimento di come il pluralismo debba essere realizzato all'interno del servizio pubblico.

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. Grazie, presidente, grazie a tutti voi, anche per la qualità e la quantità delle osservazioni che ci avete rivolto. Penso che siamo incamminati verso una capacità di entrare nel merito delle cose che ci siamo conquistati piano piano, a partire dall'esperienza che da quasi un anno e mezzo stiamo compiendo all'interno della Rai. Siamo partiti approvando un piano industriale, che dovremo anche rinnovare, riassestare e come si fa in tutte le grandi aziende, rimodulare nel tempo, anno dietro anno, e nel piano industriale un capitolo importante era quello del piano dell'informazione.
  Voi avete sentito che in questo consiglio di amministrazione ci sono opinioni, modalità, interpretazioni ovviamente diverse. Quello che ha appena detto il collega Arturo Diaconale a me non risulta, probabilmente abbiamo frequentato due consigli di amministrazione, perché nel consiglio di amministrazione che ho frequentato io il piano Verdelli è stato discusso anche accanitamente, ma non è mai stato respinto. Il piano Verdelli è stato assunto dal direttore generale per trovare sul piano Verdelli una modalità attuativa applicativa, che consentisse anche alle opinioni del consiglio di amministrazione di essere rappresentate. Non mi posso dimenticare e vorrei che in una sede di questa autorevolezza non venisse dimenticato che c'è un episodio importante di contaminazione della discussione, che è avvenuto prima di quel consiglio di amministrazione, che è il furto dei documenti poi affidati a un organo di stampa come l'Espresso, che ci dà il contenuto del piano di amministrazione prima dell'apertura della discussione sul piano stesso. Noi abbiamo potuto assistere alla messa a fuoco di elementi di contenuto che stavano nel piano Verdelli prima della discussione, messa a fuoco e tiro direi, non solo messa a fuoco. Si è trattato di un tiro incrociato, di un'aggressione precisa a un processo di lavoro, che aveva alle spalle un lungo periodo di gestazione. Ricordo di avere sentito Verdelli di fronte a voi presentare le linee del piano dell'informazione, abbiamo avuto in sede alcuni passaggi per cui dentro quel processo mettevamo le mani, e la cosa sorprendente è che oggi, con Verdelli dimesso, con una crisi che abbiamo dovuto attraversare, ho sentito l'eco del piano Verdelli nella grande, importante e puntuale relazione che il direttore generale ci ha portato. C'era tutto? No. C'era una funzione di direzione generale che si rapportava a un contenuto complesso, complicato e articolato qual era quello studio lì, e lo ridefiniva. Andranno anche ridefiniti (si chiede anche l’Economist) i conti di quella roba lì, quindi per arrivare ai conti bisogna trovare la gerarchia del necessario, del possibile subito e della visione strategica. Ho visto andare in onda la rissa, ho visto che ci siamo ritrovati di fronte a una discussione con la redazione di un contro-piano che viene portato e distribuito al consiglio di amministrazione, ho visto una cosa che marca una differenza fondamentale di comportamento e di giudizio nel consiglio di amministrazione almeno tra me e Arturo Diaconale, ma niente di male, è normale, la pensiamo in modo diverso e da ora, da quando eravamo piccoli, quindi andiamo avanti.
  Il dato che però sto rappresentando è il fatto che ho sentito l'eco del piano Verdelli nell'ordinare le modalità. Non lo dico in chiave polemica, ma non si può dire che il digitale è importante e va fatto, bisogna dire perché, bisogna dire come, bisogna dire quando e bisogna dire anche quale esperienza stiamo compiendo perché quella Pag. 35attualizzazione corrisponda ai princìpi di cui stiamo discutendo.
  Sono rimasto colpito, Airola, quando lei ha detto che Verdelli metteva le mani sugli assetti, creava una contraddizione procedurale, una contraddizione perlomeno culturale molto importante, perché sono convinto, come lei e come altri, che un po’ questa cosa è vera, che c'è una contraddizione tra il confronto politico, la differenza delle parti e il compito che assume un'azienda che rileva che il 53 per cento del mondo che ci circonda ottiene la propria informazione dagli organi di stampa tradizionali, dai mezzi televisivi così come si sono fin qui espressi, e il 47 per cento di tutto quello che ci circonda non si rivolge più a quelle fonti, e sa quello che sa, conosce quello che conosce perché viaggia in un altro mondo, viaggia in un altro modo. Non la voglio far lunga, presidente, perché capisco che il mio tempo sta finendo, ma direi che noi ci siamo impegnati e quello che abbiamo visto oggi, che condivido molto, vuol dire andare là dove vive il mondo che sta divenendo. Ne abbiamo bisogno tutti, a partire dalle posizioni politiche che possiamo rappresentare, e saremo plurali ma saremo là, per forza, perché il mondo va solo da quella parte.

  GIANCARLO MAZZUCA, consigliere di amministrazione della Rai. Ringrazio i componenti della Commissione per averci invitato e per averci dato la possibilità di parlare in questo momento molto difficile e anche molto importante della storia della Rai.
  Ho sentito varie volte ribadire il punto che il consiglio d'amministrazione ha bocciato il piano Verdelli. Siccome sono un giornalista e voglio che questo spirito di obiettività giornalistica rimanga, il consiglio di amministrazione non ha affatto bocciato il piano Verdelli. Si è discusso in una riunione informale del 3 gennaio, sono state valutate alcune criticità, compresa quella del trasferimento a Milano, compreso il discorso dei compartimenti generali per le agenzie regionali, è stato invece apprezzato il discorso per quanto riguarda l'informatizzazione, quindi non è stato bocciato. Lo stesso Verdelli in quell'occasione si era detto disponibile a collaborare alle eventuali revisioni che sarebbero state apportate direttamente dal direttore generale, poi dopo una settimana ha preferito dimettersi e quindi è stata una scelta sua. Detto questo, devo dire che il progetto di Verdelli aveva due punti abbastanza critici, uno era l'esigenza di coinvolgere maggiormente il consiglio d'amministrazione e tutto il vertice su questo piano che è arrivato un po’ a scatola chiusa, l'altro è che il problema del pluralismo, come ha accennato anche il collega Diaconale, che è un problema assolutamente sentito almeno da alcuni membri del consiglio d'amministrazione della Rai non era affrontato nel piano di Verdelli. Credo che invece questo sia un punto basilare, qualsiasi riforma della Rai parte attraverso un maggior pluralismo, un cambiamento, una svolta in questo senso, e abbiamo visto tutte le polemiche che ci sono state prima del referendum del 4 dicembre.
  Ora vediamo il nuovo progetto, il direttore generale ha preso in mano la situazione prendendo alcuni appunti del piano Verdelli e rielaborandoli. Il problema di fondo, che affronteremo anche nel prossimo consiglio d'amministrazione in modo approfondito, sono i costi, perché ancora nessuno di noi del consiglio sa esattamente quanto questo piano editoriale verrà a costare alla Rai. Siccome i dati che ci vengono forniti sulle previsioni di bilancio 2017 della Rai non sono per niente lusinghieri, anche perché la Rai risente molto di questa riduzione del canone a 90 euro rispetto ai 100 dell'anno scorso, è molto importante che l'aspetto economico venga sviscerato in modo approfondito. È necessario inoltre chiarire meglio se il rinnovo della convenzione che dovrà essere attuato in tempi brevi possa essere una spada di Damocle, e comunque come possa interferire rispetto a questo piano editoriale. Si tratta soprattutto di forzare i tempi, perché il ritardo è evidente, e tutti noi membri del consiglio di amministrazione ne siamo consapevoli.

  MONICA MAGGIONI, presidente della Rai. Per titoli, perché non voglio abusare Pag. 36del fatto che siamo ancora qua tutti a quest'ora, per cui rapidamente.
  Ciampolillo non c'è per cui salto la questione Istat, altrimenti gliela raccontavo di nuovo, ma lascio stare e vado dritto. Siccome ho sentito sintetizzare la questione Istat come entrare in un meccanismo in cui saremmo stati sottoposti a spending review, vorrei dire che la ragione per cui tanto abbiamo fatto e tanto continueremo a fare per spiegare che anche qua dobbiamo essere come il resto d'Europa, per cui noi nell'Istat siamo dal punto di vista statistico, ma non nel senso che diventiamo pubblica amministrazione, automatismo che esiste solo in Italia per una legge del 2009 ma non esiste nel resto d'Europa, ci discriminerebbe dagli altri servizi pubblici europei tra le altre cose. Essere nell'Istat e diventare pubblica amministrazione vorrebbe dire diventare dipendenti diretti di qualsiasi movimento del Governo, e sulla base di questa cosa anche in Europa è stata scartata l'idea che i servizi pubblici possano entrare nell'ambito della pubblica amministrazione, cosa che oltretutto ha una serie di ricadute operative, per cui trasformano la Rai non in un'azienda, ma (con tutto il rispetto per gli enti lirici) al più può essere la gestione di un ente lirico, ma nemmeno, anche perché stare in quella lista e quindi essere totalmente pubblica amministrazione non è in nessuna misura compatibile con il funzionamento di un'azienda normale a nessun livello. Questo per dire che quello non è un tentativo di sottrarsi a questioni di spending review, laddove l'attenzione a come si utilizzano le risorse deve essere centrale in una fase storica come quella che viviamo, ma sono proprio due temi diversi e sono due situazioni non assimilabili.
  Per titoli sulle questioni che sono state evidenziate oggi, sentivo qualcuno giustamente preoccuparsi dell'ipotesi che sottostimasse l'importanza dell'informazione nel contesto Rai. La centralità dell'informazione Rai non serve che la ribadisca io, perché credo che ormai me l'abbiate sentito ribadire un numero sufficiente di volte. Lasciatemi invece andare per un istante sul discorso di che cosa convince di un certo tipo di impostazione rispetto a un'altra nel momento in cui ci troviamo a immaginare come ridisegnare lo scenario dell'informazione Rai. La cosa per la quale questo consiglio d'amministrazione, al di là di tutte le rappresentazioni, anche di quelle che sentiamo stasera, tutte vere e tutte parte però di una storia, la cosa che però si chiedeva molto di più era un tasso di innovazione superiore, che invece andiamo a trovare qui. Tasso di innovazione ulteriore vuol dire che quello che si richiedeva e che in qualche misura si ritrova già in embrione, perché – lo ripeto – è un passaggio intermedio quello che stiamo facendo, nel progetto che abbiamo visto oggi è un approccio all'informazione Rai che la guardasse nel suo insieme e in profondità, quindi il problema non era dire se spostiamo uno o spostiamo l'altro, ma cercare di capire come riarticoliamo tutta l'informazione. Avete sentito a più riprese il direttore generale continuare a distinguere tra flusso e informazione generalista, informazione di racconto. Questo vuole dire una cosa di fondo, ossia che il problema generale dell'informazione Rai è stato affrontato guardando – a questo punto sì – come e dove si producono le cose e quindi per quali logiche di aggregazione si può andare e quali efficienze possono essere fatte, perché poi oggi non era ancora esploso fino in fondo, lo andremo a vedere nel percorso, farà parte anche di tavoli di negoziato, di discussione e di costruzione di un percorso editoriale, ma il fatto che non venisse affrontato il tema chiave, quello che per esempio oggi noi spendiamo risorse per coprire in troppi la stessa cosa, e lì sì manchiamo al pluralismo perché, se siamo in sette telecamere nello stesso posto a fare tutti la stessa cosa, stiamo disperdendo risorse, stiamo mancando alla nostra vocazione plurale. Quanti di voi di fronte a me hanno avuto non cinque giornalisti Rai (e già ci sarebbe da discutere), ma tre telecamere con tre specializzati a riprendere la dichiarazione? Se non vi è mai capitato, ditemelo. Quello è un problema, perché in quella dichiarazione ripresa da tre telecamere diverse non c'è pluralismo, c'è dispendio Pag. 37 di risorse, quindi lo sguardo che ha messo il direttore generale in questo tipo di approccio è proprio quello di dire dove stiamo tutti facendo la stessa cosa facciamola una volta sola e liberiamo risorse per fare invece cose diverse.
  Carlo Freccero dice che abbiamo questo approccio e quindi nella rete probabilmente guarderemo alle cose da altri punti di vista, ma a più riprese ha detto che vediamo questi telegiornali che hanno identità sempre più forti. Questo non è un piano omologante perché va a fare un bidone unico e tutti raccontano la stessa storia, che possibilmente vuole il potere di turno: il bidone unico è sull'efficienza delle risorse, poi ognuno da lì pesca e ci costruisce la sua storia, va a incidere fortemente sul taglio editoriale. Quella è l'impostazione di fondo insieme a un'impostazione nella quale – è vero – pensare a un'informazione e a una storia da coda lunga che si sviluppa nel digitale diventa un elemento centrale perché la Rai continui a svolgere il proprio ruolo di servizio pubblico.
  Qui mi connetto con alcuni dei passaggi che sono stati fatti oggi. Apro una parentesi perché vedo il senatore Margiotta, che ha fatto un passaggio sull'indagine interna «che poi vedremo dove andrà a finire». No, quell'indagine interna va a finire il giorno in cui sappiamo il nome e il cognome del signore che ha dato il dossier al signor Riccardo Bocca, perché, siccome quel piano è stato presentato dall’Espresso come il piano che salverà la Rai e ha inquinato tutto il nostro dibattito, il nostro lavoro, la nostra possibilità di lavorare tutti insieme anche con Carlo Verdelli, perché trovarsi a leggere sull’Espresso una cosa che nessuno di noi aveva ancora visto, di cui aveva vaga contezza è stato inaccettabile, e io le garantisco che non c'è spazio per l'ironia. Quella cosa lì si chiude il giorno che avremo il nome e il cognome di chi ha fatto uscire la cosa, creando un problema serio a un'azienda che non si merita di essere trattata in questo modo per gli interessi di nessuno. Quindi chiusa la parentesi.
  Nel racconto che ci ha fatto il direttore generale avete sentito più volte la parola «formazione» ed è ritornata anche in alcuni degli interventi. Il senatore Verducci ha citato Olivetti ed è per me uno sguardo chiave da avere rispetto a questo piano. Quando ho premesso che la Rai non ha alcuna intenzione di fare il circo che chiude perché invecchiano gli elefanti era una provocazione, ma una provocazione che tende a dire quello. Il tipo di cambiamento che deve fare Rai non è nel senso di quanti ne tagliamo e quanti restano a casa, il servizio pubblico anche in quel senso ha doveri diversi. Il tema è quanto noi stiamo sviluppando racconti, luoghi, angoli che richiedono professioni, capacità, mettersi in discussione diverso. Dentro quel piano c'è davvero la possibilità che tutti quelli che oggi lavorano in Rai si ripensino e abbiano però gli strumenti. La Rai in questo dovrà essere centrale, formare, dare l'opportunità e gli strumenti, per cui non ci troviamo che non c'è più il lavoro di prima, ed è quello che sta succedendo per esempio nella manifattura con tutto quello che accade nel digitale e quindi resto a casa, no, non c'è più il lavoro di prima, ma, siccome l'origine di fondo di quello che facevo esiste ancora, devo cambiare i linguaggi, i modi e i luoghi, divento un'altra cosa e un'altra persona e faccio più racconti e più pluralismo.
  Chiudo citando il senatore Minzolini perché sono d'accordo che la contaminazione è un elemento chiave della fase in cui viviamo, cioè come fai a non essere percepito come establishment? Innanzitutto non devi esserlo, quindi devi essere nei luoghi dove succedono le cose, devi mischiarti alle persone, devi guardarle in faccia e devi parlarci. Se non ci devi andare tutte le volte con un camion regia e 20 persone, ma magari con mezzi più agili, con competenze nuove e con la possibilità di essere lì a raccontare, credo che stiamo facendo un po’ di più la Rai, ed è per quello che secondo me il percorso è convincente.
  Le declinazioni: pensate quanti tavoli ci saranno, il sindacato, i direttori editoriali, di nuovo questa Commissione, noi in consiglio, ma è giusto così, perché si chiama democrazia quella cosa lì, però si potrebbe arrivare a un luogo in cui ci siamo di più e allora diventa davvero un luogo plurale, perché è un pezzetto di tutti, ma non di Pag. 38tutti perché qualcuno ha dato un ordine o ha detto una cosa, ma perché ci si riconosce.

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Grazie, provo a fare le mie ultime considerazioni. Innanzitutto grazie per il confronto, nel senso che (parto da quanto hanno detto la presidente e il senatore Verducci) solo qualche settimana fa abbiamo traballato intorno a questa cosa e oggi essere qui a potervi raccontare un disegno in cui credo molto, in un contesto in cui ci siete voi Commissione di vigilanza, il consiglio e noi vertice è una cosa che in questo modo e in questo contesto credo che sia già di per sé un risultato.
  Provo adesso a rispondere un po’ di più alle domande. È emerso tutto un tema legato a rapporto, concessione e piano. Vi dico il mio punto di vista: è ovvio che la concessione è un momento fondamentale, che definisce, in questo caso attraverso il contratto di servizio, gli elementi che determinano la nostra missione per i prossimi anni, quindi non c'è dubbio che è importante che ci sia una definizione degli obiettivi che ci verrà data, e questo risponde alle domande di alcuni di voi (l'onorevole Lupi diceva di agire in coerenza con gli obiettivi). È anche vero però che alcune cose ce le abbiamo già dentro, il fatto di agire per essere presenti anche sul digitale è una cosa che avevamo già, poi non siamo riusciti a farla, ma non è un'estensione delle nostre attività. Per adesso, come abbiamo visto dai risultati, RaiNews.it è rimasta sottotraccia. Credo che qui il tema sia quanto velocemente lo facciamo e come lo facciamo, ma non credo che ci sia ambiguità rispetto al mandato che c'è stato dato fino a oggi, ma anche prima del nostro arrivo rispetto a quello che la Rai dovrebbe fare. Secondo me dobbiamo riuscire a farlo, come abbiamo cercato di dimostrarvi, tentando di mettere in successione tutte le cose che servono per completare il ragionamento sul digitale. Credo di più al fatto che diventiamo una presenza importante anche lì, non credo che siamo ancora alle premesse. La verità è che nell'arco di sei mesi, se mettiamo in fila le cose che stiamo facendo, quello che avete visto sul digitale, noi siamo operativi, così come lo si è stati su Rai Play, anche su Rai24 o come si chiamerà (Rai 24 è un nome di lavoro).
  La verità è che la Rai nel momento in cui si muove e agisce su questi fronti poi diventa un soggetto che, avendo risorse, se le usa bene può dare un servizio molto significativo. Tra l'altro, riflettevo sui tempi e mi è venuto in mente proprio citando un paio di volte la risoluzione che avete fatto a febbraio 2015 che veniva a sei mesi dalla chiusura della consiliatura, mentre il 5 febbraio saremo a 18 mesi dalla chiusura: abbiamo tutto il tempo per portare avanti queste cose, quindi rispetto a quella tempistica (coprendo che c'è il tema del ritardo, che è complesso) abbiamo adesso il tempo per andare a svilupparlo. Questa cosa ha portato molti di voi ad affrontare un argomento cruciale del pluralismo, che mi piacerebbe approfondire. È ovvio ed è giusto ed è chiaro che è centrale il tema del pluralismo, però in questo caso lo affrontiamo dal punto di vista delle strutture, cioè di quello che proviamo a costruire dal punto di vista dei meccanismi, perché poi è ovvio che c'è sempre un tema legato al pluralismo in capo alle persone che lo interpretano, che vanno a fare le cose. Qui abbiamo un livello diverso da quello delle persone: «se disegno un sistema in un modo o in un altro posso influire positivamente rispetto al pluralismo?». Qui ho sentito idee e posizioni anche molto diverse tra di voi, c'è chi dice no, è importante tenere molte cose insieme, cioè molte testate, molte iniziative e chi dice invece che in questo momento dobbiamo cercare un pluralismo che vada a convergere rispetto alle cose che si uniscono, ma che rimanga vario al proprio interno. Credo che questo sia il lavoro che stiamo cercando di fare, e in questo richiamo anche ad alcune delle cose che avete indicato voi in quel febbraio, perché all'interno del vostro documento identificavate concetti che ho cercato di mettere dentro, perché è uno dei documenti che ho usato per costruire questa evoluzione (poi tornerò al tema della proposta di Carlo Verdelli). Pag. 39
  Abbiamo un valore dettato dal fatto che siamo una Rai ricca di punti di vista. Un inciso rispetto al successo di ieri sera di Agorà, che è una cosa di cui siamo soddisfatti perché abbiamo chiesto a Gerardo Greco uno sforzo ulteriore per fare anche la prima serata, sta andando bene, poi arriverà Bianca, come pianificato da qualche settimana. Sono voci diverse, sono voci che arricchiscono, sono voci che danno l'idea di una Rai che poi potrà usarle come meglio pensa, ma fanno parte di quello che è il nostro perimetro di azione.
  L'avete visto nella mia presentazione, quando dicevo che ciò che ci può arricchire anche nel mondo digitale è il fatto che siamo tante cose diverse, siamo gli approfondimenti, siamo il TG, perché gli altri non hanno questo. È difficile da mettere a sistema? Sì, è difficile, perché il digitale di per sé è la convergenza assoluta di tutto. Qual è il problema del digitale, che veniva definito l'infosfera dell'informazione? Tra qualche anno convergerà tutto lì, quindi dovremo assolutamente garantire il pluralismo all'interno del mondo digitale, perché sarà tutto, a mano a mano che le cose transiteranno sempre di più anche lì. Nel richiamare anch'io le contaminazioni di Minzolini, credo che da un lato ci sia la missione: Pisicchio parlava di educazione alla cittadinanza, cioè bisogna vedere come uno si pone dentro al mondo digitale. Freccero diceva che bastava vedere lì per capire cosa sarebbe successo alla società, ma come ti poni lì dentro per riuscire a svolgere il tuo ruolo? È lì che va definita la missione, legata anche alla questione della concessione, cioè il ruolo della Rai all'interno di questi nuovi mondi. Non c'è dubbio che riuscire a contaminarsi fa svolgere meglio il proprio ruolo all'interno di queste nuove realtà che stiamo affrontando.
  Provo velocemente a rispondere ad altre domande. Rispetto al piano come ho operato? Ho operato partendo dalla proposta che era arrivata da Carlo Verdelli e che era stata discussa in consiglio, tra l'altro animosamente, ma io non entro nelle considerazioni di ciascun consigliere, ovviamente non è compito mio. Quello che però vi posso dire è che, così come ho fatto, ho ringraziato e ringrazio Carlo Verdelli e la sua struttura, Francesco Merlo incluso, per quello che hanno fatto. È comunque il lavoro di professionisti che si sono impegnati per costruire una proposta, e da lì sono partito. Di quella proposta ho preso gli elementi che ritenevo potessero essere messi in una prospettiva che è quella che avete visto oggi, e che ho ricavato da come oggi le persone consumano informazione, e da lì nasce la ripartizione tra digitale, flusso e la parte più di informazione classica, perché rispondono alle nostre esigenze quotidiane. Ho cercato di portare il più possibile il baricentro sul significato del consumo dell'informazione, non tanto tenere il baricentro su quello che siamo oggi, strutturale e produttivo, da quello che siamo oggi come cultura, cioè la televisione, perché quello è un elemento che ti tiene sempre dove sei. Ho cercato di spostare l'asse il più possibile da quella parte e ho detto al consiglio che le cose che sono dentro il piano sono riconducibili a tre punti, che credo debbano essere sviluppati in questi modi. Questi modi portano adesso alla parte di analisi di efficienze, nel senso che non c'è dubbio (ci stiamo lavorando da settimane) che ogni singola parte vada valutata con la dinamica che vi ho raccontato, cioè di creare efficienza per riuscire a investire in altri posti. Questa è la regola che ci siamo dati, stiamo sviluppando analisi approfondite in ogni singola parte, che poi richiederanno, come diceva la presidente, il confronto quando si va sui flussi di lavoro per andare a implementare il piano, ma c'è un'analisi prima che è sufficiente per valutare l'ordine di grandezza dei risparmi che si fa nel momento in cui porta avanti le azioni che vi ho fatto vedere. Quella parte è fondamentale, perché per chi gestisce l'azienda ogni idea e ogni progetto ha un senso se è agganciato a una parte economica e ai processi che lo rendono fattibile, perché altrimenti rimane un'idea, mentre la mia volontà è quella di avere un piano che una cosa su cui dire, come è stato chiesto giustamente, queste sono le risorse e questi sono i tempi, sapendo che alcuni tempi poi possono anche variare a seconda della dialettica interna, perché in Pag. 40alcuni ambiti sarà complessa. Sono però fortemente convinto che, proprio perché qui dentro ci sono i semi di quello che potremo essere per consolidarci come leader in tutti gli ambiti dell'informazione in questo Paese, si possa dire che questa sia la nostra missione e che la Rai, a maggior ragione in un panorama di media che si sfilaccia, abbia questo compito. Poi è chiaro che deve essere ribadito dalla convenzione, e non la scriveremo certo noi, ci arriverà, è un atto unilaterale, però quella parte rispetto alla missione del servizio pubblico credo sia rilevante, e su quella mi sono messo a costruire i pezzi che ritengo rilevanti.
  La formazione è fondamentale proprio perché non lavoriamo (qui torno alla parte di inerzia) in un ambito dove c'era la tabula rasa, ma lavoriamo con persone e strutture. È fondamentale riuscire a capire quanto velocemente e quanto bravi saremo a trasformare competenze, perché alcune le prenderemo da fuori (assolutamente sì) in alcuni casi, e, come forse vi ricorderete, sulla presentazione digitale ho fatto vedere il digital journalism che è una parte molto difficile, non l'abbiamo generata nel tempo ed è la ragione per cui siamo in ritardo e quindi non l'abbiamo dentro. Quelle più estreme le andiamo a prendere fuori, ma ci sono tantissime altre competenze che invece riconvertiremo da dentro. Quello è un lavoro enorme.
  Rai CAD parte pochi mesi fa e come prima cosa realizza la mappatura dell'azienda dal punto di vista delle competenze, perché, se uno non fa la mappatura, non sa poi come andare a riconvertire le stesse competenze. Quello è un grosso investimento, però è un investimento bello, perché in un mondo che cambia si tratta di avere un'azienda che investe su di te. È chiaro che poi ci deve essere volontà reciproca. Nel senso che le persone devono mettersi in gioco, ma credo anche che il contesto dell'informazione, quello che sta succedendo anche intorno a noi dia ancora più valore all'investimento che facciamo e faremo, perché fa capire che investire su persone che in molti casi si sono trovate, nella parte mediana o anche nella seconda parte la propria carriera professionale, in un luogo in cui facevano un mestiere che per tanti anni è rimasto così e adesso chiamano in inglese e vogliono persone più giovani che fanno altre cose, avere un'azienda che dice «dacci una mano». Vi citavo ad esempio il caso della Toscana, che sta andando molto bene, fatto tra l'altro in accordo con le organizzazioni sindacali, e quello deve diventare il nostro metodo di lavoro, non c'è alternativa, è un nuovo patto che dobbiamo assolutamente siglare con tutte le persone e con le organizzazioni sindacali, è trasformazione di competenze e noi in campo mettiamo visione e investimenti, quindi vuol dire formazione e tecnologia. Quello è il patto, perché altrimenti si rimane ad accumulare ritardo, che non è soltanto un'inefficienza aziendale, ma diventa un'inefficienza rispetto al rapporto con il Paese.
  Mi sono dilungato un po’ perché queste riflessioni nascono anche in me dai confronti avvenuti nell'arco di mesi rispetto alla nostra configurazione, al nostro modo di fare informazione e che quindi trovano forma grazie al documento di Carlo Verdelli, ai confronti che ho avuto, ai confronti che sto avendo con i direttori di testata in questo periodo. La nostra configurazione sta assumendo una forma via via più compiuta, adesso avrà la sua parte economica e, dopo un ulteriore confronto in consiglio, verrà portata all'attenzione del consiglio – a quel punto sì – per l'approvazione.
  Altre considerazioni rispetto alle cose che avete chiesto. Non c'è assolutamente nessuna ipotesi di ridimensionamento di Rai Cinema, anzi, è una società di cui siamo fieri, che fa in primis produzione e distribuzione cinematografica, e a maggior ragione oggi che un altro player è entrato sul mercato internazionale... sia ben chiaro, credo che da servizio pubblico non viviamo le cose come concorrenti, che tutto quello che porta risorse nel paese alla fine fa bene. Cionondimeno vogliamo rimanere assolutamente centrali rispetto al rapporto con il cinema italiano. Vi cito solo un numero che vi dà l'idea di come stiamo lavorando in profondità rispetto al rapporto con il cinema, che non si fa soltanto Pag. 41dentro Rai Cinema, ma si fa con Rai Cinema dentro Rai quotidiana: abbiamo messo più prime serate di cinema italiano nell'autunno dell'anno scorso che in tutti i quindici mesi precedenti. Se infatti non si riesce a portare i film in prima serata e a vincere (non sopportavo l'opinione secondo cui i film italiani non funzionano) non riesce a chiudere la filiera. Questo era solo per darvi un esempio di come investiremo e faremo in modo non solo di difendere il nostro territorio (lo vedrete nelle prossime settimane), ma anche di rilanciare rispetto a quello che può essere il nostro ruolo.
  Rispetto alla domanda specifica su Radio Rai a Sanremo, quest'anno le persone sono meno delle 56 unità riferite, anzi sono il 10 per cento in meno dell'anno scorso. Va anche detto che lì Radio Rai fa una quantità di programmi molto elevata, che vanno a supporto dell'operazione di Sanremo. Tra l'altro, come sapete, l'operazione di Sanremo è in utile dal punto di vista economico, confrontando i ricavi pubblicitari e i costi dell'evento.
  Rispetto a Milano, onorevole Peluffo, ho una visione molto semplice e molto chiara, nel senso che non riesco a vivere le cose una contro l'altra. Il nostro centro è Roma, abbiamo quattro sedi principali dal punto di vista produttivo e abbiamo le sedi regionali, che servono per lo scambio di ossigeno quotidiano dal punto di vista informativo con tutto il territorio. Se guardate questa struttura, Milano è proprio la sede meno definita dal punto di vista del luogo in cui produciamo, perché, a differenza di Napoli, Roma e Torino, negli anni (anche se sono arrivato da un anno e mezzo) non ha trovato una sua formulazione. Già otto mesi fa ho incontrato le persone che lavorano a Milano, le organizzazioni sindacali di Milano perché credo che vada chiuso quel cerchio, voglio trovare una soluzione che sia stabile e che sia all'altezza del rapporto tra Rai e una città importante come Milano. Non è contro Roma, né ho intenzione di spostare delle cose, ma quello che facciamo lì deve avere un profilo e avere dietro di sé un'ambizione all'altezza di quello che è la Rai, non Milano, in rapporto al Paese, quindi anche con una città importantissima come Milano.
  Su Radio Parlamento ci sono le norme, e le conosciamo, ma nel momento in cui abbiamo raccontato del rilancio del progetto istituzionale, con Rai Parlamento e GR Parlamento l'idea è di investire di più nel racconto. Abbiamo vincoli rispetto alla distribuzione radio, che lei conosce meglio di me e sono vincoli veri. Diverso è l'ambito che riguarda invece la copertura totale del territorio da parte di Rai, perché mi sento di dire che il nostro famoso MUX 1 non ha pari in Italia, e quello include anche il network regionale. È vero che alcune aree, vista la morfologia del Paese, non sono coperte. Vi anticipo una cosa che abbiamo sviluppato negli ultimi mesi: grazie al centro di Torino, quindi made in Rai, abbiamo sviluppato questa tecnologia autoctona, nel senso che è fatta con tutti i pezzi commerciali, per cui abbiamo elaborato questa scatola, che in azienda chiamiamo lavatrice, che ha dentro sia il ricevitore satellitare sia il trasmettitore di onde hertziane, quelle digitali. In questo momento la stiamo usando anche nelle zone afflitte da drammi, e ci permette di ripetere il segnale per un ambito che arriva fino a 2000 famiglie a un costo basso, tanto che adesso cercheremo di partire con una campagna anche con i singoli comuni, perché probabilmente, invece di espandere ulteriormente la rete, è molto più efficace mettere queste cose, che costano meno e permettono l'illuminazione di gruppi di famiglie. Condivido pienamente questa esigenza, a maggior ragione avendo il canone in bolletta (anche se poi andava pagato anche prima, però simbolicamente adesso è ancora più importante) perché avere la possibilità di vedere è il minimo. Su questo siamo d'accordo.
  Per quanto riguarda gli ascolti dell'anno scorso, sono numeri e quindi è facile verificarli: 2016 Rai Prime Time più 0,4 per cento. Temo che non sarà facile che ci ricapiti per un semplice motivo: se guardate la tendenza delle prime sette reti, quelle che vengono chiamate le reti generaliste anche se ormai anche la 8 e la 9 sono diventate generaliste, e guardate la serie storica degli ultimi dieci anni, tendenzialmente Pag. 42 ogni anno la somma di queste sette perde un punto, un punto e mezzo, perché ciascuno di noi consuma cose diverse e quindi è inevitabile. A mano a mano che avremo successo con RaiPlay questa cosa sarà sempre più vera, perché daremo spazio a consumi più personalizzati. Tra l'altro, non cito i dati di questi giorni, perché stiamo andando non bene, di più, e questa cosa a me fa molto piacere perché stiamo andando molto bene unendo prodotti classici e prodotti innovativi, che era esattamente quello che abbiamo scritto nel piano industriale. Dobbiamo non disorientare le persone, quindi avere una linea di continuità su alcuni prodotti, e innovare mettendo dei prodotti nuovi. Citate voi tra Pif, Mika e Bolle. Onestamente avevo accettato anche l'idea che potessimo perdere gli ascolti, perché, come avevo dichiarato, quando innovi... ma in questo momento l'equazione sta più che funzionando.
  Ultima cosa su Rai Play, cosa vuol dire funzionare? Vuol dire che nei primi due mesi di vita Rai Play ha fatto 75 milioni di media views, abbiamo superato i 900.000 utenti registrati e tenete conto che siamo a quasi 1 milione di utenti registrati senza aver chiesto la registrazione sui servizi, sul sito. Nonostante il mobile ogni mese aumenti, il sito al momento rimane il luogo centrale. Tenete conto che (ve lo posso mettere per iscritto) tra un anno il mobile sarà centrale. Vogliamo avere un approccio dolce al servizio, perché siamo servizio pubblico e gratuito, non vogliamo essere proprio invasivi, ma lì il tema è soltanto progressivo, anche perché tenete conto che quei dati di registrazione, che consentono di capire cosa le persone consumano, ci permetteranno di conformare Rai 24 quando andremo a fornire servizi personalizzati dal punto di vista informativo. Chiudo solo dicendo una cosa su Rai Play. Rai Play ha insegnato un sacco anche a noi, nel senso che avevamo un'ambizione chiara, avevamo appreso le competenze giuste e lo hanno dimostrato i risultati, la persona che gestisce l'area digitale e il team che si è costruito, però avevamo anche il timore che l'elemento di resistenza fosse forte. Un anno e mezzo fa avevamo 400 siti, adesso abbiamo Rai Play, nel senso che si possono fare le cose, è chiaro che in alcuni casi è più semplice perché quello è un ambito più definito, in altri sarà più difficile, è chiaro che la complessità del piano dell'informazione non è paragonabile a Rai Play, però credo anche che (almeno questo è il mio principio) se uno spiega chiaramente dove vuole andare, almeno ha un ambito dialettico, come abbiamo cercato di fare oggi, per dire dove voglio andare.
  Ciascun contributo che avete dato oggi per me è importante. Il ragionamento sul pluralismo è quello che mi ha dato di più in questa giornata, perché si capisce che è un ambito veramente aperto, perché il pluralismo che possiamo disegnare qui è strutturale, quello personale si fa con le scelte quotidiane delle persone. Questa cosa però è fondamentale, a maggior ragione per un servizio pubblico che, come ho detto, ha l'ambizione di avere il 40 per cento di ascolto in Prime Time (ieri sera abbiamo fatto 42), il che vuol dire che è un'attenzione ancora maggiore, perché la tua dimensione di servizio pubblico è tale per cui non puoi sbagliare su quello, devi essere sicuramente un luogo che è capace di includere. Direi che ho parlato abbastanza.
  Sulla struttura di Carlo Verdelli scinderei l'idea della struttura da alcune cose che sono state fatte notare qui rispetto al fatto che sono qui oggi anche senza capo, perché il progetto è andato in un determinato modo, però quello che ho disegnato richiede un livello di coordinamento da un punto di vista logico e pratico. L'abbiamo visto in queste settimane dal punto di vista della gestione delle emergenze, e rispondo con cautela perché ci stiamo riflettendo in questi giorni. Come capite (ringrazio molti di voi per averlo apprezzato), da quando, il 3 gennaio, succede questa cosa a oggi sono passati pochi giorni e ho dedicato una quantità di attenzione enorme, come potete immaginare, a costruire questo percorso, quindi non ho una risposta compiuta rispetto a questo, però ho visto che una struttura che aiuti a far sì che l'azienda sia coordinata è servita. Il problema è un altro: quali sono le funzioni che possono essere fatte lì, quali sono state fatte bene e quali Pag. 43possono essere migliorate. Questo lo capisco. È vero anche che c'era una parte importante del lavoro che riguardava la costruzione della proposta di piano e che quindi, a mano a mano che il piano va avanti è come se fosse un modulo. Una risposta netta in questo caso non ce l'ho, però credo di aver chiaro le cose che ancora servono rispetto al lavoro di quella struttura e le cose che nel tempo, come nel caso del piano dell'informazione, invece andranno a scemare dentro questo progetto.
  Non so se a qualche domanda non ho risposto...

  MAURIZIO GASPARRI. A me non ha risposto. Manderò venti interrogazioni!

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 21.35.

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