XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 119 di Mercoledì 18 gennaio 2017

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Audizione di Giuseppe Zamberletti:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 4 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 4 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 4 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 4 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 4 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 8 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 8 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 8 ,
Gotor Miguel  ... 8 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 8 ,
Gotor Miguel  ... 8 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 8 ,
Gotor Miguel  ... 8 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 9 ,
Gotor Miguel  ... 9 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 10 ,
Grassi Gero (PD)  ... 10 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 10 ,
Grassi Gero (PD)  ... 10 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 10 ,
Grassi Gero (PD)  ... 10 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 10 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 11 ,
Grassi Gero (PD)  ... 11 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 11 ,
Gotor Miguel  ... 11 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 11 ,
Gotor Miguel  ... 11 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 11 ,
Gotor Miguel  ... 11 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 11 ,
Gotor Miguel  ... 11 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 11 ,
Gotor Miguel  ... 11 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 11 ,
Gotor Miguel  ... 11 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 11 ,
Gotor Miguel  ... 11 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 11 ,
Gotor Miguel  ... 11 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 11 ,
Gotor Miguel  ... 11 ,
Grassi Gero (PD)  ... 11 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 11 ,
Grassi Gero (PD)  ... 11 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 11 ,
Grassi Gero (PD)  ... 11 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 11 ,
Grassi Gero (PD)  ... 11 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 12 ,
Grassi Gero (PD)  ... 12 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 12 ,
Grassi Gero (PD)  ... 12 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 12 ,
Grassi Gero (PD)  ... 12 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 12 ,
Grassi Gero (PD)  ... 12 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 12 ,
Grassi Gero (PD)  ... 12 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 12 ,
Grassi Gero (PD)  ... 12 ,
Gotor Miguel  ... 12 ,
Grassi Gero (PD)  ... 12 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 12 ,
Grassi Gero (PD)  ... 12 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 12 ,
Grassi Gero (PD)  ... 12 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 12 ,
Grassi Gero (PD)  ... 12 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 12 ,
Grassi Gero (PD)  ... 12 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 12 ,
Grassi Gero (PD)  ... 12 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 13 ,
Grassi Gero (PD)  ... 13 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 13 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 13 ,
Grassi Gero (PD)  ... 13 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 13 ,
Grassi Gero (PD)  ... 13 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 13 ,
Grassi Gero (PD)  ... 13 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 13 ,
Gotor Miguel  ... 13 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 13 ,
Fornaro Federico  ... 13 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 ,
Gotor Miguel  ... 14 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 ,
Gotor Miguel  ... 14 ,
Fornaro Federico  ... 14 ,
Gotor Miguel  ... 14 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 14 ,
Gotor Miguel  ... 14 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 15 ,
Gotor Miguel  ... 15 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 15 ,
Gotor Miguel  ... 15 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 15 ,
Gotor Miguel  ... 15 ,
Zamberletti Giuseppe  ... 15 ,
Gotor Miguel  ... 15 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 ,
Grassi Gero (PD)  ... 15 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 ,
Grassi Gero (PD)  ... 15 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 ,
Gotor Miguel  ... 15 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 ,
Grassi Gero (PD)  ... 15 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 14.35.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Nel corso dell'odierna riunione, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto di incaricare la dottoressa Picardi, il generale Scriccia e il maresciallo Pinna di acquisire sommarie informazioni testimoniali dal generale Paolo Inzerilli, in relazione ad affermazioni relative alla scuola di lingue Hypérion che egli avrebbe reso, secondo quanto riferito da Alberto Franceschini nell'audizione del 27 ottobre 2016.
  Comunico inoltre che:

   il 16 gennaio 2017 il colonnello Pinnelli ha trasmesso una raccolta di documentazione, riservata, relativa alla fonte «Cardinale»;

   il 17 gennaio 2017 il generale Scriccia ha depositato un contributo, riservato, relativo all'audizione dell'ex senatore Zamberletti, nonché un contributo, riservato, relativo alle tematiche oggetto all'audizione di Valerio Morucci;

   nella stessa data il dottor Donadio ha depositato due contributi, riservati, relativi all'audizione di Valerio Morucci;

   nella stessa data il tenente colonnello Giraudo ha depositato i verbali, segreti, di sommarie informazioni rese da cinque persone al corrente dei fatti;

   nella stessa data il dottor Mastelloni ha trasmesso una nota, riservata, contenente alcune ipotesi di quesiti da sottoporre a Raimondo Etro.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione di Giuseppe Zamberletti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del senatore Zamberletti, che ringraziamo per la sua presenza oggi.
  L'audizione del senatore Zamberletti nasce da due elementi. Il primo è la sua partecipazione a un episodio poco noto della vicenda Moro, di cui dirò a breve; il secondo è la sua attività di governo, come Sottosegretario all'interno nel quarto e quinto Governo Moro e nel terzo Governo Andreotti, da novembre 1974 a settembre 1977, e poi come Sottosegretario agli affari esteri nel primo e nel secondo governo Cossiga, dall'agosto 1979 all'ottobre 1980.
  Il senatore Zamberletti è, dunque, un ottimo conoscitore della macchina delle Forze di polizia e dei Servizi degli anni Settanta, nel periodo a cavallo della nascita del SISMI e del SISDE, e dei contesti internazionali, tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta.
  Per quanto attiene ai quesiti, comincerò dalla vicenda Moro strettamente intesa. Già l'11 novembre del 1978 un articolo di Gianluigi Melega su «l'Espresso» faceva riferimento a un'affermazione dell'onorevole Cossiga circa un contatto stabilito a Milano con elementi dissidenti delle Brigate rosse, che in cambio di denaro avrebbero indicato l'ubicazione della prigione di Moro.
  Tre giorni dopo, Pecorelli su «OP» riprese l'episodio in questi termini: «A fine aprile, sembra che i Carabinieri fossero riusciti a mettersi in contatto con brigatisti Pag. 4dissidenti disposti a rivelare il luogo di prigionia di Moro. Zamberletti, che uno scandalo aveva eliminato dalla corsa alla successione di Cossiga al Ministero dell'interno, era della partita».
  Chi bloccò la trattativa? Perché si interruppe? Furono le Brigate rosse a farla rientrare nella dissidenza o furono gli ambienti politici a impedire gli sviluppi, ribadendo l'intransigenza verso qualsiasi forma di trattativa o facendo capire al gruppo principale delle Br che qualcuno stava per tradirle?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Devo dire grazie, presidente, di quest'introduzione, che mi consente di ricordare episodi di quasi quarant'anni fa.

  PRESIDENTE. Tutta questa è la citazione di «OP».

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. La citazione è giusta, nel senso che in realtà io non ero al Governo in quel periodo, Venni chiamato da Francesco Cossiga, con cui ero continuamente in contatto; mi disse che c'era un contatto che doveva svilupparsi attraverso un incontro che richiedeva la presenza di un politico, quindi non di un tecnico o di un esponente delle Forze di polizia o di un funzionario, e che aveva pensato che toccasse a me accettare l'incarico di partecipare a quell'incontro.
  Non mi disse – e non mi risulta – che l'incontro (non so da dove venga l'informazione) dovesse essere a Milano. Non doveva essere a Milano, perché mi disse: «Non ti muovere da Roma; rimani a Roma e nei prossimi giorni verrà la conferma di questo contatto. Non so questo contatto dove ci può portare». Non sapeva neanche lui, quindi, se si trattava di un'informazione su dove si trovasse Moro o se vi fosse una richiesta di trattativa o che altro tipo di informazione. Sapeva soltanto che veniva dall'interno, e probabilmente il messaggero di questo contatto era stato direttamente o indirettamente l'onorevole Signorile.
  Cossiga mi disse che io sarei stato accompagnato dal colonnello Varisco con funzioni di autista, anche se il colonnello era molto conosciuto, e che con Varisco avremmo dovuto recarci a quest'incontro. Era la settimana di Pasqua.
  Io incontrai più volte anche Varisco, che non sapeva molto più di me, anzi egli più volte espresse il dubbio che si trattasse di una trappola o di un agguato, cioè che in realtà quest'operazione non esprimesse la volontà di trattare o discutere, ma potesse essere una trappola ulteriore organizzata dalle BR.
  Al momento, io trovai non dico stravagante, ma piuttosto incredibile quest'ipotesi, perché dicevo che non si capiva perché dovessero sequestrare me, dal momento che avevano già nelle mani Moro, e quindi non vedevo una trappola. E, invece, un anno dopo, la morte di Varisco mi ha dimostrato che egli temeva già per sé; quindi temeva che la trappola non riguardasse me, ma lui.
  In quei giorni ci incontrammo più volte, fino a che Cossiga, che continuavo a vedere, mi disse che era evaporata quest'ipotesi, e quindi la partita si chiuse senza nessuna possibilità di realizzare quell'incontro.

  PRESIDENTE. Non le ha detto mai né chi erano gli interlocutori né l'oggetto?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. No, tanto che...

  PRESIDENTE. Il latore del messaggio, o dell'ipotesi di messaggio, però, era di ambienti vicini a Signorile, o comunque era entrato in contatto con Signorile.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Questo non me lo disse Cossiga, però, ma me lo disse Varisco. Poi Cossiga me lo confermò in qualche modo, ma in realtà fu Varisco a conoscenza di questa cosa.

  PRESIDENTE. Quando lei dice che era la settimana di Pasqua, ci può aiutare a ricordare quando...

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. La data?

  PRESIDENTE. Sì.

Pag. 5

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. La Pasqua nel 1978 è stata il 26 marzo. Ricordo che quella settimana io rimasi a Roma. Il Transatlantico, il palazzo di Montecitorio era deserto e nell'attesa mi incontravo continuamente con Sandro Pertini, che in quel momento non era più Presidente della Camera, ma non era ancora Presidente della Repubblica.
  Pertini era ossessionato dalla paura della trattativa, cioè era ostile alla trattativa e tendeva ad accusare il suo partito di premere anche su Cossiga per la trattativa. E ricordo le lunghe conversazioni con Sandro Pertini, che mi vedeva come il latore di questa sua preoccupazione e diceva sempre: «Sta’ attento. Dillo a Francesco Cossiga che non si deve assolutamente cedere, non si deve trattare, non deve ascoltare quelli che lo invitano in questa direzione».
  Io ricordo quella lunga settimana di Pasqua, perché Varisco mi metteva in mente uno sbocco non tanto semplice di quell'incontro, e non fu una settimana leggera.

  PRESIDENTE. Io gliel'ho chiesto perché, questo è il prodromo di quella trattativa che mise in piedi Signorile.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Sì, fu poco dopo il sequestro.

  PRESIDENTE. Signorile ha i primi abboccamenti, pensano di poter fare l'incontro.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Certo.

  PRESIDENTE. Poi, di fatto, dopo si sviluppa una trattativa successiva; quindi questo è il prodromo di quella trattativa, che poi Signorile porta avanti autonomamente.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Sì, quella trattativa diretta svanisce.

  PRESIDENTE. La vicenda fu poi brevemente evocata da Cossiga in un'audizione alla prima Commissione Moro ma fu oggetto di approfondimenti solo nel 2000, con l'escussione, su delega della Procura di Brescia, di Lettieri, Melega e Zamberletti.
  In quell'occasione, Zamberletti confermò che Cossiga gli aveva chiesto «una disponibilità a incontrarmi con esponenti delle Brigate rosse, che in qualche modo sarebbero stati in grado di fornire un aiuto per una positiva soluzione del sequestro». Acquisita la sua disponibilità, Zamberletti fu messo in contatto col colonnello Varisco e così via, come ci ha appena detto.
  Nicola Lettieri, nelle dichiarazioni rese il 15 marzo 2001, confermò nella sostanza l'episodio, aggiungendo che era stato informato dall'allora comandante generale dell'Arma, Pietro Corsini, di un contatto tra Carabinieri e brigatisti: «Diedi al generale Corsini la mia immediata disponibilità a fungere da interlocutore, come costoro richiedevano. Ho poi appreso che il Ministro Cossiga designò l'onorevole Zamberletti». Ulteriori escussioni degli ufficiali dell'Arma non hanno consentito di appurare ulteriori elementi.
  Ciò che emerge, dunque, è un'attività dei Carabinieri – lei adesso ci ha spiegato che Varisco pensava che la fonte fosse Signorile – di cui Cossiga fu messo al corrente e per la quale Cossiga stesso delegò Zamberletti, Allo stato, risulta difficile dire se fu una delle tante trattative messe in opera in quel periodo o qualcosa di più. La cosa che ci interessa in particolare, ma l'ha già detta, è che Varisco le disse qualcosa sul contatto, e citò Signorile.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Sì. Varisco mi citò Signorile e non mi parlò assolutamente del comandante generale dell'Arma dei carabinieri.

  PRESIDENTE. Cossiga come le prospettò l'iniziativa? Ce l'ha detto: senza far riferimento ad alcuno.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Sì.

  PRESIDENTE. Era alla ricerca di un contatto che mettesse le forze dell'ordine sulla strada giusta per trovare Moro o per un tentativo di trattare, e avvenne nel periodo intorno alla fine di marzo. Ricordo che Melega lo attribuisce al 22 aprile, mentre una tarda dichiarazione di Cossiga raccolta Pag. 6 da un giornalista parla della Pasqua, ovvero del 26 marzo, che è la data giusta.
  Lettieri, quindi, dice che è Corsini che si attiva, però sia Cossiga sia Varisco sia Zamberletti individuano più o meno come fonte i contatti che aveva Signorile, e quindi è l'inizio della trattativa. E il contatto, stando alle parole di Cossiga, doveva avvenire a Roma, perché Milano non l'ha mai citata nessuno.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Sì, anche perché non mi lasciò partire per Milano. Se fosse stato lì...

  PRESIDENTE. Lei sarebbe andato a casa.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Sarei andato a casa mia.

  PRESIDENTE. Nel corso degli anni, ci si è interrogati su quel contatto. Nelle citate dichiarazioni del 2001, Lettieri ha detto con chiarezza che il generale Corsini gli disse che si trattava proprio delle Brigate rosse, non di aree politiche vicine o affini.
  In una dichiarazione di Cossiga non datata, riferita in un volume pubblicato nel 2016, Morte di un Presidente, si affermano a proposito di questa vicenda due cose: il problema era un confessionale a Milano e il fatto che Varisco o lei appuraste che il contatto era un millantatore. Questa storia del confessionale riporterebbe a un'altra vicenda, la presunta attivazione di padre Giuseppe Zucca, controverso personaggio e presidente della Fondazione Balzan, che verso la fine di aprile avrebbe incontrato in una chiesa di Milano un brigatista dissidente e che avrebbe intavolato una trattativa per liberare Moro in cambio di denaro.
  Le risulta niente di tutta questa vicenda?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. No, assolutamente. Non ne parlarono né Cossiga né Varisco né i contatti che avevo avuto in quel periodo.

  PRESIDENTE. Questa, quindi, è un'altra costruzione che non ha niente a che vedere con le sue cose.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Quell'incontro è nato a Roma e forse doveva svolgersi tutto a Roma.

  PRESIDENTE. Non c'entra niente, quindi, il confessionale, al di là del fatto che chi ne parla non ci parla di fonti. Comunque tra le fonti non ci siete né lei né tantomeno Lettieri.
  Infine, in un volume recente, Complici, si riportano sue dichiarazioni agli autori, che aggiungono qualche particolare. Si dice, infatti, che il tramite dovrebbe essere stato Signorile e si riporta casualmente un incontro con Pertini, che avrebbe detto testualmente: «Di’ a Cossiga che non bisogna trattare».

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Sì.

  PRESIDENTE. È sicuro, lei, che si trattasse di Signorile, e che non sovrappone i ricordi?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. No. È l'unico nome che è stato fatto, nel senso che fosse qualcosa che partiva da Signorile, se direttamente o indirettamente non so. Pertini invece l'ho incontrato più volte.

  PRESIDENTE. Quella di Pertini era proprio una posizione politica.
  Passo, però, ora ad alcuni quesiti di tipo più generale.
  Il primo fa riferimento a sue riflessioni sulla vicenda Moro espresse tra luglio e agosto del 1978. In alcuni articoli su «l'Espresso» e «Panorama» furono riportate sue valutazioni che sottolineavano la dimensione internazionale del terrorismo brigatista. Negli anni successivi queste furono riprese sottolineando, credo anche al di là delle sue intenzioni, l'origine atlantica delle minacce a Moro. Osservo poi che queste riflessioni sono più o meno coeve con quelle espresse da Craxi in relazione ai rapporti tra BR e terrorismo mediorientale.
  Recentemente, nella sua audizione presso la Commissione, Signorile ha posto lo stesso tema, insistendo soprattutto sulla questione dell'avvio della seconda guerra fredda Pag. 7e sulle preoccupazioni del blocco sovietico per la politica italiana.
  Detto ciò, proprio in estrema sintesi, può esplicitarci le sue riflessioni dell'epoca, il contesto in cui maturarono, le ipotesi su cui lei rifletté?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. In quel periodo si verificavano delle preoccupazioni parallele, non solo del blocco sovietico, ma anche del blocco occidentale. Si era nella fase di avvio della politica di solidarietà nazionale. In realtà, questo rapporto veniva visto con grande sospetto dall'una e dall'altra parte, e quindi io immaginavo ed ero convinto che in sostanza, poiché il terrorismo nazionale non era eterodiretto, ma senza dubbio era controllato, cioè tenuto sotto controllo, come era logico fare...

  PRESIDENTE. Osservato.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Osservato dalle due superpotenze, oltre che dai Paesi dell'area mediterranea. In quel momento, il problema palestinese irrompeva abbastanza nella situazione italiana, quindi aveva degli aspetti particolarmente preoccupanti sotto questo profilo.
  Quest'attenzione non poteva non essere anche utilizzata o poteva anche favorire lo sfruttamento di una situazione a fronte di una preoccupazione per uno svolgersi della vita politica nazionale non ben compreso dai due versanti o compreso in modo errato relativamente al destino dell'Italia nella politica internazionale, tenendo conto della posizione strategica dell'Italia nel Mediterraneo e dell'aumento delle difficoltà al culmine della guerra fredda, che contrapponeva i due blocchi.

  PRESIDENTE. In diversi libri, si fa riferimento a uno studio sui mass media e il caso Moro che lei avrebbe commissionato nel giugno del 1978 a Tarpley, un giornalista americano che è divenuto noto per una serie di volumi complottisti sugli attacchi alle Torri Gemelle e su altri eventi. Ci può dire qualche cosa al riguardo?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. No, non è vero, non ho mai avuto contatti con lui e non ho mai commissionato studi.

  PRESIDENTE. E non lo ha neanche conosciuto?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Non l'ho neanche mai conosciuto.

  PRESIDENTE. Ha seguito mai tutta la vicenda che riguarda Giovannone, l'OLP, il FLP, i rapporti con il Governo (di fatto, si «saltava» l'ambasciatore a Beirut, D'Andrea)?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. No. Come potevo seguire in quel periodo? Poi per un lungo periodo non mi sono più occupato di affari riguardanti il Ministero dell'interno per quanto riguarda la competenza sulla pubblica sicurezza e sulla sicurezza interna, quindi in realtà non ho seguito questa cosa.

  PRESIDENTE. Non ci si è mai «interfacciato».
  Un'ultima questione di tipo generale. Lei si è trovato in una posizione di responsabilità nel momento della trasformazione degli apparati di Polizia e dei servizi, nel periodo 1977-78.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Esatto.

  PRESIDENTE. Lei partecipò, quindi, alla riflessione che a livello politico si svolse sulla riorganizzazione.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Certo.

  PRESIDENTE. Può dirci qualcosa su come fu impostata e su come furono scelti i vertici dei nuovi servizi? Come si voleva affrontare, con questi nuovi servizi, la lotta al terrorismo?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Io lavoravo ancora come Sottosegretario all'interno con Cossiga per la riforma dei servizi di informazione, e la riforma consisteva nel separare la sicurezza interna dalla sicurezza esterna, quindi venne data vita al SISDE e al SISMI. Santovito diventò il capo del SISMI.

Pag. 8

  PRESIDENTE. Come furono scelti?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Grassini lo scelsi io, cioè Grassini era il mio collaboratore in Friuli per i problemi della sicurezza. Era il generale comandante della divisione Podgora, che opera in quella zona. Fu estremamente prezioso, perché erano momenti anche molto delicati sotto questo profilo.
  C'erano, per esempio, le visite di Capi di Stato, esponenti di Governo di vari Paesi, che dovevano essere «attenzionati» molto di più che nel momento attuale, quando questo problema non si pone. Per esempio, la visita del Vicepresidente degli Stati Uniti Rockefeller ci preoccupava, perché noi avevamo la presenza del collettivo di via dei Volsci, avevamo situazioni anche di possibile crisi nella gestione di queste visite. Devo dire che Grassini le gestì con grande capacità.
  Su quella base, la mia amicizia con Grassini... Ma soprattutto Cossiga ebbe modo anche lui, perché allora la Protezione civile dipendeva dal Ministro dell'interno, di incontrare più volte Grassini. La scelta di Grassini fu una scelta che ricordo mi trovò completamente concorde, anzi io la suggerii a Cossiga.
  Quella di Santovito no. L'ho conosciuto, anzi egli mi consigliò di non concludere l'accordo con Malta quando dopo, come Sottosegretario all'interno, mi adoperai per il trattato sulla garanzia della neutralità anche militare di Malta.

  PRESIDENTE. L'accordo con Dom Mintoff?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. L'accordo con Dom Mintoff. Santovito era contrario.

  PRESIDENTE. Accordo che fu preso male.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Fu preso male da Gheddafi certamente, perché Malta in quel momento era un protettorato libico e noi andavamo a buttar fuori i libici da Malta. Siccome l'accordo prevedeva anche un controllo militare dello spazio aereo maltese, una presenza militare italiana fissa a Malta che doveva verificare la protezione dello spazio aereo per garantire lo spazio aereo di, è chiaro che la Libia rispose con molta veemenza.

  MIGUEL GOTOR. Come rispose?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Rispose in questo modo: mandò una delegazione al Ministero degli esteri, al Sottosegretario agli esteri, a dire: «Quest'accordo non s'ha da fare». Poi dopo come rispose? Io dico che, andando a vedere come rispondeva la Libia, come ha risposto su alcuni incidenti aerei che sono avvenuti nel deserto del Sahara e in Gran Bretagna, devo dire che usava mezzi molto convincenti.
  Ma io ricordo che quando ci fu quella visita Santovito mi disse: «Lei sta grattando la schiena della tigre, stia attento che la Libia...». Difatti, quell'accordo ha portato Malta nell'Unione europea poi in prospettiva, perché prima dell'accordo Malta era nella zona di influenza libica, tanto che ad agosto, dopo la sigla del trattato, la Libia impose a una piattaforma dell'ENI di lasciare il posto – stavano facendo delle prospezioni nel mare di Malta – e io andai a Malta per garantire Mintoff che, anche se non ancora ratificato dal Parlamento, noi avremmo tenuto fede a questo trattato di difesa della neutralità dell'isola.
  Quindi, in sostanza i rapporti allora erano molto tesi. Voglio aggiungere che anche Cossiga era piuttosto preoccupato, perché l'accordo era nato prima dell'arrivo di Cossiga alla Presidenza del Consiglio. Cossiga è andato fino in fondo nella conclusione del trattato, però anche lui era abbastanza preoccupato delle reazioni della Libia.

  MIGUEL GOTOR. E voi in diretta aveste il sospetto che la vicenda di Ustica potesse essere collegata.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Io ci ho scritto un libro.

  MIGUEL GOTOR. Lo so, dopo.

Pag. 9

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Io l'ho avuta in diretta, in quei giorni.

  MIGUEL GOTOR. In quei giorni, i libici si sono fatti sentire.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. In quei giorni, i libici si erano fatti sentire, tanto che io ero andato a Parigi, perché l'accordo doveva essere firmato da Italia e Francia e da Libia e Tunisia. In realtà, Francia e Tunisia si ritirarono. Io andai a Parigi per convincere il Ministro degli esteri francese a procedere con noi, e lui mi disse: «Noi abbiamo già dei grossi problemi nel Sahara. Noi siamo perfettamente d'accordo su questo trattato, però non vogliamo aggravare le nostre difficoltà di rapporti con la Libia».

  PRESIDENTE. Adesso le chiedo due opinioni e poi lascio la parola all'onorevole Grassi e al senatore Fornaro, che hanno chiesto di intervenire.
  Secondo lei, al di là delle indiscrezioni giornalistiche che sono girate in quei tempi, se fosse diventato di dominio pubblico un eventuale accordo tra i palestinesi e l'Italia, che cosa sarebbe potuto succedere?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. È difficile col senno di poi immaginare cosa sarebbe potuto succedere, però certamente i rapporti fra l'Italia e i palestinesi in modo molto garbato sono continuati ininterrottamente in quegli anni.

  PRESIDENTE. No, le chiedevo quale sarebbe potuta essere la reazione dei nostri alleati se, al di là dello scoop giornalistico sul lodo Moro, ci fosse stata una documentazione precisa di quei rapporti?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Non sarebbero stati facili, perché quelli ormai erano momenti molto difficili. Poi non posso immaginare come si sarebbero sviluppati allora.

  PRESIDENTE. A seguito di questo, Israele e Libia, sempre come sua opinione, possono avere avuto un interesse a osservare quantomeno nella vicenda del rapimento Moro?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Non credo molto. Israele... Questi Paesi osservano sempre, però non credo. Il vero problema non era neanche la Libia, soprattutto nella vicenda Moro; io lo escludo. La Libia era interessata a mantenere la garanzia di alcune aree di influenza.

  PRESIDENTE. Sue e basta.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Sue e basta.

  GERO GRASSI. Onorevole Zamberletti, in un Paese nel quale nessuno dice mai grazie, io le dico grazie, perché lei notoriamente è stato il padre della Protezione civile. Visto che ci incontriamo dopo tanti anni, grazie per quello che ha fatto.

  PRESIDENTE. Le scosse di terremoto di oggi lo rendono...

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Però devo dire che la Commissione grandi rischi aveva previsto sette mesi di rischio dopo il terremoto di agosto.

  GERO GRASSI. Io parlavo del Friuli, del passato, del fatto che lei è stato un punto di riferimento in questo settore.
  Detto questo, lei faceva parte, anche a un livello abbastanza alto, di uno dei due partiti chiave della vicenda Moro, cioè la Democrazia cristiana. Le persone impegnate anche al Governo durante i 55 giorni, tranne una, continuano a sostenere che non si potesse trattare e che lo Stato non doveva trattare, e che lo Stato fece di tutto per salvare Moro. Analogamente, la parte comunista ha sempre sostenuto la stessa cosa.
  Questa Commissione ha verificato e accertato alcune novità. Gliene cito due. La prima è che la dichiarazione di Andreotti del 16 marzo 1978, nella quale dice che il Governo aveva deciso di non trattare si riferisce a una decisione che non c'è mai stata, perché agli atti del Governo non Pag. 10esiste una decisione di questo tipo. Andreotti ha parlato, quindi, a titolo personale, dicendo tra l'altro una cosa non vera, che in realtà – anche qui, onore alla memoria – Sciascia aveva intuito e pubblicizzato.
  La seconda cosa è che nel 1991, a seguito di «Monte Nevoso 2» per capirci, Cossiga a Spadolini dice in sostanza: «Il fedele e leale collaboratore dell'onorevole Berlinguer, segretario del Partito comunista, l'onorevole Ugo Pecchioli, mi ha comunicato in nome e per conto del Partito comunista che per il PCI Aldo Moro era morto il 16 marzo in via Fani».
  Ora, lei, che ha vissuto quel periodo molto più di me, capisce bene che, se DC e PCI – che all'epoca, sommati, corrispondono a circa il 75 per cento dei voti – per bocca di Pecchioli e Andreotti sostengono, uno che la trattativa il Governo ha deciso di non farla, l'altro che per loro, comunque vada l'episodio del rapimento, Moro è morto, il cerchio si chiude.
  Le esprimo un mio parere. Secondo me, all'interno della Democrazia cristiana le vere notizie a voi non arrivavano, si limitavano a due persone. Io sono convinto, quindi, che a lei – come a tanti altri, anche Ministri del Governo Andreotti, con i quali ho parlato – le novità emerse nei 55 giorni non venivano dette.
  La domanda è: lei, in cuor suo, non per sentito dire, ritiene che il Governo, la Democrazia cristiana, abbiano fatto qualcosa per salvare Aldo Moro?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Devo dire che è noto che la Democrazia cristiana aveva al suo interno – basta pensare all'onorevole Fanfani – persone che si erano espresse per la trattativa.
  Tuttavia, la preoccupazione dei vertici dei due partiti che avevano la responsabilità della guida del Paese, era che una trattativa sul caso Moro – questa è la cosa detta – avrebbe creato un precedente gravissimo per quanto riguarda il rapporto non solo con il terrorismo, ma anche per i rapporti interni fra i partiti.
  Quindi, in realtà, la politica della Democrazia cristiana, quella espressa, e quella del Partito comunista, sono state tutte e due sulla linea della fermezza, direi prendendo le distanze anche da una posizione interna democristiana, quella di Amintore Fanfani, e quella ben nota del Partito socialista di Bettino Craxi. Il quadro è stato sempre molto chiaro sotto questo profilo.
  Che poi la volontà di raggiungere l'obiettivo di liberare Moro si sia sviluppata in tutti i modi, anche cercando trattative collaterali per strappare informazioni – per esempio, la cosa prospettatami da Cossiga, cioè l'incontro con gente delle BR o vicina alle BR per avere qualche informazione e riuscire a cogliere uno spazio per raggiungere un risultato – questo si è fatto sempre, fino alla fine.
  Certamente, però, in quel momento ha giocato anche il fatto che proprio il cambiamento dei vertici della Polizia e dei servizi in un momento così delicato aveva creato anche un po’ di turbamento nell'attività operativa di ricerca.
  Non possiamo dimenticare – questo mi ha sempre confortato sull’«attenzionamento» molto maggiore delle due superpotenze sul terrorismo – che la liberazione del generale Dozier è l'unico caso in cui un sequestrato viene trovato vivo nel covo, e quindi viene liberato.

  GERO GRASSI. L'unico caso, no.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. L'unico caso significativo.

  GERO GRASSI. C'è Cirillo che viene...

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. No, un momento, per Cirillo ci fu una trattativa.

  GERO GRASSI. Una trattativa, certo. Sossi...

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. No, ma stiamo attenti che Dozier fu trovato vivo nel covo e liberato, senza trattativa.

  PRESIDENTE. Mi sembra chiaro quello che dice il senatore Zamberletti: Dozier è l'unico di cui si scopre dove sta. Qualcuno lo ha detto agli investigatori.

Pag. 11

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. L'unica irruzione in un covo per liberare il sequestrato, senza negoziato, avviene nel caso Dozier, e ciò mi ha sempre dimostrato che, in realtà, un'attenzione di forze non italiane sulla vicenda BR.

  GERO GRASSI. Siamo d'accordo.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Si dà il caso che il generale Dozier fosse un generale americano.

  MIGUEL GOTOR. Una battuta me la concederà: non c'è stata trattativa, ma c'è stata tortura per arrivare a Dozier.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Non lo so... No, ma non da parte italiana.

  MIGUEL GOTOR. No, da parte italiana. Lei quarant'anni dopo non lo sa e dice di no di fronte a una Commissione parlamentare.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Si tratta di vedere le mosse da chi sono state guidate.

  MIGUEL GOTOR. Io le ho fatto una domanda precisa. Voglio sapere se lei, a distanza di 38 anni è disposto...

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Io non ho prove.

  MIGUEL GOTOR. Ad ammettere che ci sia stata tortura...

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. No.

  MIGUEL GOTOR. No. A tutt'oggi?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. A tutt'oggi, no. C'è stata un'informazione...

  MIGUEL GOTOR. Le darò documentazione al riguardo.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Se mi dà la documentazione, allora lei vuol dimostrare che fu tutta una cosa italiana, la liberazione di Dozier.

  MIGUEL GOTOR. No. Io non voglio dimostrare nulla. Lei ho fatto una domanda. Non ci si arrivò attraverso la trattativa. Certo, ci fu tortura. Lei mi ha risposto: «A me non risulta».

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Sì, non risulta.

  MIGUEL GOTOR. Io le dico che le fornirò la documentazione.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Se me la dà...

  MIGUEL GOTOR. Gliela do. Non scherzo, gliela do.

  GERO GRASSI. Onorevole, chiedo scusa, lei il 16 marzo che ruolo aveva?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Il 16 marzo, cioè in quel periodo...

  PRESIDENTE. Il 16 marzo 1978.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Del 1978, sì. Ero deputato, non avevo ruoli di Governo.

  GERO GRASSI. Non aveva ruoli di Governo.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Infatti Cossiga, in riferimento all'episodio del quale abbiamo parlato prima, preferiva che, in casi di richiesta di un incontro con un politico, questo non fosse un membro del Governo.

  GERO GRASSI. Lei è a conoscenza del fatto che nel comitato costituito da Cossiga al Ministero dell'interno, composto da quaranta persone, c'erano trentanove iscritti alla P2?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. No.

  GERO GRASSI. E che il quarantesimo fu costretto a dimettersi, il prefetto Napoletano, direttore del CEIS, sostituito dal Pag. 12prefetto di Venezia, Pelosi, anche lui iscritto alla P2?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Io non ho seguìto quella parte, perché non avevo cariche di Governo.

  GERO GRASSI. No le sto chiedendo se...

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. No.

  GERO GRASSI. Lei sa che il generale Grassini era iscritto alla P2?

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. L'ho saputo dopo. Grassini l'ho proposto io, quindi se avessi saputo che era iscritto alla P2 non lo avrei proposto.

  GERO GRASSI. Certo, certo.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Anzi, non so neanche se era iscritto nel momento in cui l'ho proposto. Può essersi iscritto successivamente.

  GERO GRASSI. Lei sa che il generale Grassini è la persona che il 17 marzo 1978 ha mandato un'informativa come Guardia di finanza, che individuava una seria ipotesi di prigione di Moro, che, alla luce dei lavori di questa Commissione, sembra essere sostanziata da una serie di prove? E la cosa strana è che Grassini, dopo aver fatto quest'informativa, peraltro molto precisa, nel comitato dei quaranta non ne parla mai.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Scusi, Grassini un'informativa come Guardia di finanza? Era un generale dei Carabinieri, Grassini. Era un generale dell'Arma dei carabinieri, comandante di una divisione dei Carabinieri.

  GERO GRASSI. Ho sbagliato, ho confuso il nome del generale.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Grassini era il direttore del SISDE.

  GERO GRASSI. Sì, perfetto, il generale della Guardia di finanza...

  MIGUEL GOTOR. Giudice.

  GERO GRASSI. Giudice. Lo stesso Giudice, che fa parte del comitato dei quaranta, nel comitato dei quaranta non ne parla mai.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Non lo so.

  GERO GRASSI. Che lei sappia, anche per frequentazione con Cossiga, questo comitato dei quaranta...

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Non mi sono mai informato sui lavori interni del comitato dei quaranta, lo ammetto. Non era neanche nelle mie prerogative.

  GERO GRASSI. Certo.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. E non sarebbe stato neanche delicato, non essendo io al Governo.

  GERO GRASSI. Capisce che l'influenza della P2 emerge pesantissima.
  Lei ha frequentato il colonnello Varisco.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Sì.

  GERO GRASSI. Lei prima ha detto che il colonnello aveva paura per sé. Non si capisce perché le Brigate rosse lo abbiano ucciso il giorno della pensione. Sappiamo che la compagna del colonnello Varisco era la segretaria di Pecorelli ed emergono dalle indagini delle commistioni operative tra il colonnello Varisco e gli uomini della banda della Magliana, che il colonnello Varisco frequentava.
  Lei ricorderà che sul suo omicidio c'è stata sempre un'area di opacità.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Per l'arma utilizzata.

  GERO GRASSI. Vorrei chiederle questo: lei che spiegazione dà dell'omicidio Varisco?

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  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Io per l'arma utilizzata do la spiegazione che mi sono dato subito: chi lo ha ucciso sapeva che doveva ammazzare Varisco al primo colpo, e l'arma utilizzata era l'unica che garantiva che potesse essere ucciso al primo colpo, perché se Varisco non fosse stato ucciso al primo colpo, sarebbe stato un guaio per gli attentatori, in quanto Varisco aveva una capacità di reagire e di prevedere le mosse di un eventuale attentatore che mi ha veramente impressionato.
  Nel periodo in cui l'ho frequentato e si preparava a quell'incontro di cui abbiamo parlato, il suo modo di studiare anche come collocarsi nella macchina, mi ha dato la sensazione che fosse un uomo estremamente attento e capace nel reagire. Quindi, la scelta dell'arma è stata una scelta legata, a mio avviso, alla necessità che il primo colpo non doveva sbagliare.

  GERO GRASSI. Ma perché è stato ucciso? Le chiedo una sua valutazione, è chiaro.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. La mia valutazione è che erano vendette. Varisco era uomo che aveva lavorato veramente al servizio dello Stato. Poi, certo, un ufficiale dei Carabinieri, che opera in quel campo, soprattutto aveva lavorato molto nel settore giudiziario, cioè nel settore delle carceri, quindi certamente i contatti sono doverosi per chi deve raccogliere informazioni, sapere.
  Varisco era il più grande conoscitore dei misteri delle carceri romane, insomma, quindi io penso che fosse un uomo su cui una vendetta delle Brigate rosse era pensabile, tanto che lui delle Brigate rosse era molto...

  PRESIDENTE. Aveva paura.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Aveva paura, cioè sapeva che quel rischio lo stava correndo. Lo correva già un anno prima.

  GERO GRASSI. E le Brigate rosse uccidono una persona il giorno in cui va in pensione.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Sa, se uno deve vendicarsi, non aspetta di vedere lo stato di servizio.

  GERO GRASSI. Sì, ma guardi che gli omicidi delle Brigate rosse normalmente non hanno un carattere romantico.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Appunto.

  GERO GRASSI. Sono finalizzati a difendersi...

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Varisco anche andando in pensione sarebbe stato un uomo sempre utilizzabile per la messe di informazioni che aveva a disposizione. Non è che, cessando lo stato di servizio, uno che ha fatto un mestiere come quello di Varisco viene abbandonato e non si utilizzano tutte le sue conoscenze, anzi spesso è proprio la quantità di informazioni che si sono raccolte nel corso dell'attività di servizio che vengono utilizzate anche dopo. Quindi, il fatto della pensione non dice niente, perché si sapeva che andava in pensione, ma non andava a riposo, ecco...

  MIGUEL GOTOR. Credo che andasse a lavorare con Ugo Niutta, che era il capo di un gruppo imprenditoriale, di cui ora mi sfugge il nome, molto importante allora. Mi sembra di ricordare che andasse a fare il capo della sicurezza di questo gruppo.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Comunque, era un uomo che sarebbe rimasto impegnato, perché era in perfetta efficienza, quindi... Io alla questione della pensione non do peso, anzi penso che veramente... Le Brigate rosse pensavano di farlo fuori già un anno prima, quando era in servizio.

  FEDERICO FORNARO. Chiedo di continuare in seduta segreta.

  PRESIDENTE. Passiamo in seduta segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo.

  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

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  MIGUEL GOTOR. Prima abbiamo parlato di Varisco e del fatto che sia stato ucciso il giorno in cui andava in pensione.
  Vorrei soltanto dire che sono estremamente d'accordo con quanto ha detto l'onorevole Zamberletti, ma vorrei sottoporre all'attenzione della Commissione il fatto che Varisco, appunto, non sarebbe andato a fare il pensionato, ma, come vi dicevo, avrebbe preso servizio – prima non ricordavo in quale azienda – come responsabile della sicurezza per la società Carlo Erba, allora importantissima nel settore della farmaceutica, che era guidata da Ugo Niutta.
  Ugo Niutta – lo sintetizzo al massimo – aveva lavorato per tanti anni all'ENI come uomo di Mattei e poi – l'onorevole Zamberletti se lo ricorderà (stiamo incrociando pezzi della vita pubblica italiana degli anni Settanta, che l'hanno visto protagonista) – era considerato l'uomo di Cefis.
  Varisco andava a lavorare, quindi, con colui il quale in quegli anni, nel 1978-1979, era considerato l'uomo, il grand commis di Stato più vicino a Eugenio Cefis, che a un certo punto e all'improvviso aveva deciso di ritirarsi in Svizzera.
  Niutta fu anche sospettato – non è stato mai provato – di essere stata un po’ la personalità che per conto di Cefis dalla Svizzera aveva rapporti con settori politici, imprenditoriali, militari, in senso lato legati alla massoneria, in senso più specifico legati proprio alla P2.
  Aggiungo e metto agli atti della Commissione, perché mi fa piacere farlo, che il nome di battaglia durante la Resistenza partigiana di Niutta sarebbe da verificare, ma a oggi sappiamo che era Antelope Cobbler, quello utilizzato nel 1977-1978 per lo scandalo Lockheed, che, come voi ben sapete...

  PRESIDENTE. Preparato per il 18 marzo, per Moro. Fu ritirata la copia del giornale.

  MIGUEL GOTOR. Ha più che lambito non solo la vicenda Moro, ma anche la persona di Moro. Mi farebbe piacere che questa Commissione effettivamente mettesse agli atti questo dato, e cioè che il nome di battaglia di Ugo Niutta durante la Resistenza risulta essere stato Antelope Cobbler. Questi sono tutti uomini che hanno fatto la Resistenza, anche il generale Grassini aveva fatto la Resistenza. Stiamo parlando di gente antifascista e massone, capita.
  Una cosa che a me ha sempre colpito del memoriale e delle domande che vengono fatte a Moro, quelle superstiti, rimaste, che si possono contare – leggendo il memoriale, si può individuare quante sono queste domande, non ricordo se diciassette, diciotto, diciannove – è che una specifica e puntualissima riguarda le vicende della Montedison. Questo ha sempre colpito gli studiosi del memoriale ed è stata una constatazione utilizzata per avvalorare l'ipotesi che il memoriale fosse incompleto. C'è, infatti, un'eccessiva, incredibile, distanza tra una domanda così specifica, che sfiora degli interessi spionistici in ambito industriale, e il resto delle domande, come quella – ad esempio – su chi ha messo la bomba a piazza Fontana. Sono domande la cui risposta ipotetica si sarebbe potuta trovare agevolmente leggendo tutta la stampa italiana, dal «Corriere della Sera» con Pasolini, fino alla stampa della cosiddetta controinformazione. Ci sono domande estremamente convenzionali e poi, improvvisamente, alcune di cui una è proprio questa sulla Montedison, estremamente lucida e specifica, che richiama un settore molto delicato della vita industriale italiana. La domanda riguardava quali dinamiche Moro conosceva, se le conosceva, che avevano portato alla scelta di Medici come amministratore delegato della Montedison.

  FEDERICO FORNARO. Presidente.

  MIGUEL GOTOR. Sì, presidente della Montedison.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Comunque, questa sua è una spiegazione ulteriore di come fosse ancora importante Varisco quando stava per andare lì.

  MIGUEL GOTOR. Varisco non andava «in pensione».

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  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Ecco, non andava in pensione.

  MIGUEL GOTOR. Varisco stava salendo degli scalini dentro le dinamiche del potere italiano.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Esatto, è molto giusto.

  MIGUEL GOTOR. Poi Niutta si è suicidato, pare, nel 1984.
  Mi perdoni, lei è un democristiano: detto volgarmente, Niutta era un uomo di Bisaglia.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Vero.

  MIGUEL GOTOR. Anche Bisaglia ha una vicenda particolare.

  GIUSEPPE ZAMBERLETTI. Da studiare.

  MIGUEL GOTOR. Da studiare. Lo dice Zamberletti, non io.

  PRESIDENTE. Noi, però, ci limitiamo a Moro. Vi ringrazio, ma i prossimi contributi saranno per le prossime Commissioni.

  GERO GRASSI. Presidente, posso dire una cosa al senatore Gotor? Senatore Gotor, le conclamate virtù di Varisco sono note. Sono i difetti ad essere ignoti, perché un eccellente investigatore come Varisco – al cuor non si comanda – di norma non intrattiene rapporti, diretti e indiretti, con Mino Pecorelli e con Tony Chichiarelli, falsario della banda della Magliana, quello che fa la rapina da quaranta miliardi e poi viene ucciso miseramente.

  PRESIDENTE. Ha ragione, ma ricordiamoci che di Pecorelli erano amici tutti, e poi...

  GERO GRASSI. Presidente, anche questo non è vero. Aldo Moro non è mai stato amico di Pecorelli.

  PRESIDENTE. Questo non lo possiamo dire.

  MIGUEL GOTOR. Di Miceli.

  PRESIDENTE. Di Miceli, però, sì.

  GERO GRASSI. Del generale Miceli, che faceva il direttore del SID. Certo, non c'è dubbio.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio.
  Ricordo, perché non ve ne dimentichiate, ai colleghi deputati che lunedì 23 ci sarà in Aula la discussione sulle due relazioni finora approvate dalla Commissione. Coloro che intendono parlare debbono chiedere alla Presidenza o ai rispettivi gruppi di poter intervenire. Faremo una discussione generale. Poi ci sarà solo un'altra seduta per le dichiarazioni di voto e la votazione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.

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