XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 93 di Mercoledì 18 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del Sottosegretario di Stato agli Affari regionali e alle autonomie, Gianclaudio Bressa, sulla finanza delle Province e delle Città metropolitane (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento della Camera dei deputati) :
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 ,
Bressa Gianclaudio (PD) , Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie ... 3 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 5 ,
D'Alì Antonio  ... 6 ,
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 6 ,
Zanoni Magda Angela  ... 6 ,
Bressa Gianclaudio (PD) , Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie ... 7 ,
Zanoni Magda Angela  ... 7 ,
Guerra Maria Cecilia  ... 7 ,
De Menech Roger (PD)  ... 8 ,
Fornaro Federico  ... 9 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 10 ,
Bressa Gianclaudio (PD) , Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie ... 10 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Sottosegretario di Stato agli Affari regionali e alle autonomie, Gianclaudio Bressa, sulla finanza delle Province e delle Città metropolitane.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Sottosegretario di Stato agli Affari regionali e alle autonomie, Gianclaudio Bressa, sulla finanza delle Province e delle Città metropolitane.
  Oggi proseguiamo il check sullo stato dell'arte, in materia di finanza delle province e delle città metropolitane, che abbiamo deciso di fare, subito dopo il diniego rispetto alla riforma costituzionale. Abbiamo sentito, la settimana scorsa, le province e sentiremo, la prossima settimana, le regioni. Oggi, faremo il punto della situazione – per quello che si può fare – e sentiremo il Sottosegretario Gianclaudio Bressa, che ringrazio per la consueta disponibilità e competenza, perché oggettivamente mi sembra che sia la persona più «sul pezzo» nell'ambiente politico e governativo.
  Do subito la parola al Sottosegretario Bressa, ringraziandolo nuovamente per aver puntualmente rispettato l'invito alla Commissione, per lo svolgimento della relazione.

  GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie. Per me è sempre un piacere accogliere il vostro invito, perché questa è una sede di discussione preziosa. Io devo cominciare la mia relazione con un «però», nel senso che credo che siamo in condizioni di fare una riflessione di carattere generale, a seguito della mancata approvazione del referendum, però, per una serie di motivazioni, delle quali la principale è costituita dai problemi di salute del Presidente Gentiloni, noi abbiamo un ritardo di alcuni giorni relativamente alla definizione della manovra correttiva. Comunque, io vi descriverò un quadro generale e mi riservo, se voi siete d'accordo, nel giro di 15 o 20 giorni, di fornire, invece, i dati puntuali, che sono in grado di anticipare come idea di ipotesi di manovra.
  La prima osservazione da fare è che, se voi ricordate, anche in una mia precedente audizione, avevo posto la questione di come il sistema degli enti di area vasta potesse trovare forme di finanziamento anche o prevalentemente con meccanismi di finanza derivata. Questo discendeva dal fatto che, se la riforma costituzionale fosse passata, le Province non avrebbero avuto più copertura costituzionale, quindi l'articolo 119 avrebbe avuto un diverso effetto, e si sarebbe potuto immaginare di ragionare attraverso forme di finanza derivata anche integrale.
  Ovviamente, con la mancata approvazione della riforma, le Province non sono più le vecchie Province, perché la legge Delrio, come sapete, è stata antecedente la riforma, per cui siamo passati dalle Province come enti politicamente rappresentativi Pag. 4 alle Province come enti di area vasta amministrativamente definiti. Pertanto, quest'aspetto non cambia, ma cambia a questo punto, comunque, in maniera chiara la prospettiva. Lo dico perché, anche se la riforma costituzionale, tra le norme transitorie finali, aveva una disposizione che chiariva che gli enti di area vasta sarebbero continuati a esistere e a operare, ci troviamo di fronte alla necessità di specificare, in maniera compiuta e definitiva, quali siano le fonti di finanziamento per stabilizzare la situazione delle Province.
  Voi sapete, perché ne avevamo già parlato anche nelle precedenti discussioni, che la spesa efficientata, per garantire le funzioni fondamentali delle Province, è attorno ai 2 miliardi e 400 milioni di euro. Questa spesa stabilisce il limite al di sotto del quale non si può andare, ma siamo su un limite marginale basso. Faccio un esempio molto pratico: gli eventi meteorologici di questi giorni creano dei problemi serissimi in moltissime Province, perché il costo, per intervenire per lo sgombero neve e per i danni causati dalla neve o dal gelo agli impianti di riscaldamento delle scuole, è una fonte di spesa straordinaria, che già porterebbe, in qualche maniera, a un punto di rottura la stima di 2 miliardi e 400 milioni di euro.
  Ora, partendo da tale aspetto e partendo da un dato, che comunque voi conoscete, cioè che, nella legge di stabilità, è stato approvato quello che viene comunemente definito «il fondone». Si tratta di 997 milioni di euro, che adesso – è questione di qualche giorno – devono essere distribuiti. Di questi 997 milioni di euro, 650 milioni saranno destinati alle Province, 250 milioni alle Città metropolitane e gli altri per alcuni interventi puntuali, che riguardano questioni particolari. Sostanzialmente, per effetto della distribuzione di questo fondo, si azzera il taglio del miliardo previsto per il 2017 per le Province. Questo è un dato pacifico perché è contenuto nella legge di stabilità.
  Che cosa manca adesso? Manca una cosa, sulla quale io non sono in condizioni ancora di darvi puntualmente i dati, anche se vi posso descrivere le intenzioni e l'ipotesi di manovra, cioè la definizione dell'ammontare delle risorse aggiuntive, che, come voi ricorderete, l'anno scorso sono state appostate, per poter consentire un punto di equilibrio con le entrate, ormai tutte al massimo livello, visto che tutte le Province hanno portato l'IPT, il TEFA e l'RCA ai massimi livelli di imposizione, e che servono e consentono di tenere in equilibrio il sistema. Voglio ricordarle solo per memoria, affinché comprendiamo di che cosa stiamo parlando.
  L'anno scorso fu introdotto un fondo di 245 milioni di euro per la spesa corrente, per investimenti su strade e scuole e un fondo di 40 milioni per il mantenimento degli equilibri di bilancio. Questi soldi dovevano correggere le situazioni di disarmonia, rispetto all'andamento entrate-fabbisogni di alcune Province. Come voi sapete, le Province italiane non sono tutte uguali, perché ci sono province piccole con moltissimi abitanti e con pochissime strade e ci sono province grandi con moltissime strade e con pochissimi abitanti. Tuttavia, siccome i fabbisogni sono fatti su basi matematiche, messe in relazione ai servizi fondamentali che devono essere resi (in questo caso, le scuole e le strade), c'è bisogno di un correttivo, che tenda, quanto più possibile, a diminuire queste sperequazioni.
  C'erano, poi, 20 milioni di euro di copertura per le spese sul personale soprannumerario, nel senso che le Province avevano continuato a pagare personale, che non era più in carico a loro, per funzioni non più di loro competenza. Inoltre, in un secondo momento, con il decreto degli enti locali, era stato aggiunto un ulteriore fondo di 48 milioni di euro, sempre per il riequilibrio.
  I fondi erano, quindi, di circa 350 milioni di euro, che servivano all'operazione di riequilibrio complessivo. A questi, si aggiungevano due fondi, di cui uno di 70 milioni per i disabili, che è già presente nella legge di stabilità, anche se è stato appostato in un capitolo diverso dall'anno scorso, in quanto è tra le tabelle della pubblica istruzione. Adesso, si tratterà di emanare una norma per spenderlo, visto che questi soldi ci sono. Poi, si sta discutendo Pag. 5 con il Ministro Delrio di un fondo, che l'anno scorso era di 100 milioni, per gli investimenti sulle strade, una volta dell'ANAS e ora provinciali, per valutare la possibilità di ripetere l'operazione dell'anno scorso.
  Ora, andando in porto una manovra sostanzialmente simile a questa, noi dovremmo riuscire a garantire il punto di equilibrio anche per il 2017. Si apre, però, una questione, che credo sarà oggetto non tanto di una mia audizione, ma di una discussione vera con la vostra Commissione.
  Non so quale possa essere la durata della legislatura, ma questo interessa fino a un certo punto, perché, finché la legislatura è in piedi, si lavora. Io credo che noi dobbiamo fare un'operazione di revisione della legge sul federalismo fiscale. Lo dico perché i soggetti sono cambiati e sono cambiati i termini e i rapporti tra le varie istituzioni e perché quella legge – che ha pur avuto, a mio modo di vedere, il grande merito di averci portato a ragionare in termini di fabbisogni e di aver specificato dei meccanismi per la definizione di fabbisogni sostanzialmente seri, che hanno dato prova di poter essere anche utilizzati convenientemente – deve essere un po’ ripensata.
  La difficoltà maggiore che noi abbiamo per quanto riguarda gli enti provinciali, è che questi restano enti con una protezione costituzionale, anche se sono cambiati nella sostanza, cioè non sono più enti politicamente eletti, quindi politicamente rappresentativi della volontà dei cittadini, ma sono enti rappresentativi della volontà dei consiglieri e dei sindaci. Questo è un punto, che io vedo, nella discussione, messo ripetutamente in dubbio da più parti, ma, per quanto riguarda il Governo, su di esso non ci sono punti di ritorno, cioè il senso della riforma Delrio è quello di aver fatto questo passo, anzi il problema vero sarà quello di perfezionare la legge Delrio, anche alla luce di due anni di gestione, che hanno messo in evidenza luci ed ombre del testo della legge.
  Io mi scuso se non posso essere più preciso, anche se avevo anticipato, già ieri al Presidente, che avevamo avuto un problema. Come voi immaginate, per cause di forza maggiore, una serie di incontri con il Presidente del Consiglio dei ministri, trattandosi di decisioni su scelte importanti del Governo, è stata spostata per i motivi che voi tutti potete immaginare, quindi, se voi siete d'accordo, nel quadro, che io comunque vi ho già anticipato, non nei prossimi 15 o 20 giorni, però, nelle prossime settimane, io sono disponibile a venire per fornirvi, nel dettaglio, la specificazione del Governo per arrivare a garantire un equilibrio del sistema.

  PRESIDENTE. Grazie. Ieri, appunto, il Sottosegretario mi aveva comunicato questo tipo di problematica, che si intreccia – mi ricollego a questo, prima di dare spazio ai colleghi – con un tema: questa legislatura ha lo spazio per concepire delle riforme, comunque necessarie? Sicuramente, quella dell'aggiornamento della revisione più o meno profonda della legge sul federalismo fiscale, di cui avevamo già parlato, è un tema e la ridefinizione di un assetto finanziario delle Province e non solo ne è un altro, quindi è chiaro che, se la legislatura avrà un respiro temporale sufficiente, si riuscirà a imbastire qualcosa, altrimenti – non lo voglio caricare di significato politico – il nostro è tempo perso, nel senso che, purtroppo, fin quando non ci sarà un altro Governo dopo le elezioni, che ripartirà e ridefinirà un programma, c'è il rischio di un intervallo temporale, che può durare anche un anno o un anno e mezzo, per cui queste situazioni rimangono nella precarietà e non possono trovare soluzione. Lo auspico, anche dal confronto il Presidente del Consiglio e da altre situazioni, che esulano da tutti i presenti e che, nel frattempo, magari chiariranno la situazione.
  Certo, noi siamo partiti dal check sulle Province e sulle Città metropolitane, perché ci sembrava l'emergenza, nel senso che tutti pensavano che, con il nuovo assetto costituzionale, si potesse, alla fine, chiudere la partita in un certo modo. Tuttavia, la partita non si può chiudere nel modo previsto e, a questo punto, una risposta deve essere data, anche probabilmente sotto l'aspetto normativo. Pag. 6
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANTONIO D'ALÌ. Grazie, presidente. Le domande in questa fase, come giustamente lei ha sottolineato, sono poche. Si dipende molto, per quanto riguarda le emergenze, dalla situazione assolutamente precaria dei bilanci delle Province e dalla volontà del Governo, ossia da quello che il Governo, come ha detto il Sottosegretario Bressa, metterà a disposizione.
  La mia, più che una domanda, è un'osservazione. A me sembrano un po’ troppo semplicistiche, Sottosegretario, le conclusioni, con cui lei liquida gli effetti del referendum. Secondo me, sarà il Parlamento, o forse anche la Corte costituzionale, a decidere se gli enti, indicati come necessari in Costituzione, possano essere a democrazia indiretta. Su quest'aspetto, ho i miei dubbi, perché si tratta di un problema anche di costituzionalità della legge Delrio, che era un'indubbia anticipazione della riforma. C'è stato forse un passo fatto prima di quello definitivo, quindi io penso che il Parlamento dovrà dare una risposta anche a questo interrogativo.
  Noi siamo assolutamente convinti che tutti gli enti, indicati in Costituzione come enti che compongono il Governo della Repubblica, debbano essere enti a democrazia diretta, quindi io non sarei così tassativo. Capisco che lei esprima il parere del Governo, ma credo che il parere del Paese e quello del Parlamento possano anche essere diversi, quindi io penso che è una bella discussione, o di iniziativa parlamentare o di iniziativa governativa, in Parlamento sulla legge Delrio possa, in tutta la sua impostazione, essere intanto fattibile, anche nell'ambito di questa legislatura, e comunque possa essere indicativa per soluzioni anche di riassetto futuro. Questa è, secondo me, la realtà attuale, dal punto di vista normativo nel nostro Paese.
  L'altra volta, avevo chiesto al presidente dell'Unione delle Province d'Italia (UPI) e chiedo ulteriormente a lei di poter discutere, dato che siamo in sede di Commissione sul federalismo fiscale, di tutte quelle attribuzioni fiscali, che nel passato sono state attribuite alla competenza provinciale e poi sono state eliminate, per sapere se il Governo abbia intenzione, sulla base di questo elenco, anche di rivedere alcune determinazioni. Grazie.

  GIOVANNI PAGLIA. Grazie, io sconsiglierei di mettere mano alla legge sul federalismo fiscale, in assenza di una condivisione di fondo rispetto al destino istituzionale delle Province, com'è stato evidenziato anche nel dibattito, che si è aperto nei giorni immediatamente successivi al referendum costituzionale e, in particolar modo, nelle giornate dell'elezione dei nuovi consigli provinciali. Ci sono numerose forze politiche convinte – credo sia una riflessione, anche al di là delle forze politiche – del fatto che la legge Delrio non sia assolutamente compatibile con il risultato del referendum. Io credo, quindi, che dovrebbe essere interesse di tutti – e lo dico adesso, visto che ne stiamo parlando – arrivare a un assetto stabile il più in fretta possibile, cioè non rimettere mano anche alla legge sul federalismo fiscale, dando per assunto che la depoliticizzazione della Provincia sia definitiva, quando, invece, una qualsiasi diversa maggioranza fra un anno, se non prima, potrebbe rimettere in discussione l'una e l'altra cosa.
  D'altronde, mi pare di capire, anche – questa è la domanda – da quello che diceva il Sottosegretario, che per quest'anno, di fatto, l'idea comunque è di partire con un altro intervento tampone sostanzialmente, non cercando di stabilire dei canali di finanziamento, che valgano per oggi e per domani, ma tamponando, per l'ennesima volta, una situazione. Poi, se ho capito bene, si vedrà cosa accade, altrimenti sarei contento di essere smentito.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Ringrazio il Sottosegretario Bressa per le cose che ci ha detto e capisco che ha difficoltà ad andare oltre. Vorrei solo avere alcune precisazioni. Innanzitutto, se non ho capito male, al più presto dovrebbe uscire il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di distribuzione del fondo di 3 miliardi di euro...

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  GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie. L'altro, che riguarda la distribuzione dei soldi destinati alle Regioni, è in discussione, ma non credo lo chiuderemo giovedì in Conferenza Stato-regioni. Comunque, anche quello andrà definito entro la fine del mese, anche se sono due cose diverse.

  MAGDA ANGELA ZANONI. L'altra cosa, invece, riguarda il decreto-legge di cui si parla e che è quello generale sugli enti locali. Molte cose sono rimaste fuori dalla legge di bilancio, perché abbiamo dovuto accorciare i tempi di discussione in Senato e non abbiamo potuto inserire nulla. Inoltre, stanno arrivando molte richieste dall'UPI e dall'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI). È ovvio che, nel «Milleproroghe», non si potranno mettere tutte queste richieste, perché non ci stanno per materia, quindi pochissime cose verranno inserite nel Milleproroghe. Vorrei capire se si tratta di una favola di cui si parla o se, invece, questo decreto-legge è in costruzione e quali tempi si prevedono.
  L'altra considerazione, che vorrei fare, riguarda le Province. Credo che un ripensamento sulle Province debba essere fatto, come abbiamo già detto anche la scorsa settimana con gli altri auditi. Probabilmente, la proposta di Saitta, che, a suo tempo, prevedeva una revisione della dimensione delle Province, andrebbe esattamente incontro alle osservazioni, che prima lei faceva, di profonda differenziazione fra le Province e, probabilmente, alcune province non hanno nessuna ragione di esistere. Per un certo periodo, anche politicamente, la Lega aveva chiesto di aumentare il numero delle province, introducendo province di dimensioni assolutamente non idonee, perché non considerabili concettualmente come area vasta.
  Al di là di grandi ripensamenti sulla legge Delrio, sulle funzioni eccetera, già solo un lavoro sul dimensionamento potrebbe portare a delle modifiche utili, anche per rendere più chiari tutti gli studi sull'efficientamento, perché anche quelli diventano dati più omogenei con dei benchmark più significativi. Grazie.

  MARIA CECILIA GUERRA. Ringrazio anch'io per questa audizione e per la promessa della prossima. Vorrei chiedere due cose, di cui una riguarda l'immediato, su cui vorrei un chiarimento. Capisco che ci sarà questo intervento correttivo, però quei 350 milioni di euro circa, elencati come distribuiti nel 2016, sono compresi nella manovra correttiva? Certo, vedremo le cifre esatte con la manovra, però, quando lei ha fatto l'elenco, se ho capito bene, ha detto che, dei due fondi, uno già c'è e per l'altro si deve discutere per fare lo spostamento dall'ANAS eccetera, per cui si tratta di risorse, che comunque da qualche parte già ci sono. Dover tirare fuori altri 350 milioni di euro nel contesto attuale è un po’ più complesso, però mi sembra urgente, perché è chiaro che, altrimenti, c'è un buco. Questo è abbastanza evidente, alla luce della ricostruzione molto precisa fatta da lei.
  Mi chiedo se viene valutato che ci sia un effetto ulteriore, in termini di fabbisogni legati al tema dei Centri per l'impiego, che, nell'ambito della discussione sulla riforma costituzionale, forse sono, tra le competenze delle Province, quelli che sono rimasti più «appesi», senza paternità e senza un adeguato finanziamento, in un momento in cui dovrebbero svolgere un ruolo molto rilevante. Le chiede se c'è una riflessione su quest'aspetto.
  C'è una questione di riforma strutturale, che sicuramente è necessaria, perché è chiaro che la riforma Delrio era pensata come riforma ponte e l'intervento della legge di stabilità per il 2015, con tagli così insostenibili, si è dimostrata una mossa un po’ avventata. Mi chiedo se, anche in questo caso, non sia necessaria una riflessione, al di là del tema molto più rilevante sulla rappresentanza di primo o di secondo livello, anche perché, dal punto di vista formale, sempre di rappresentanza si tratta, cioè non basta il fatto che l'azione sia di secondo grado per dire che non abbiamo trasformato un organismo politico in uno amministrativo, per cui, in merito, non sono d'accordo con la sua affermazione. In ogni caso, la mancata riforma costituzionale ripropone il tema dell'autonomia. Pag. 8
  Lei ci ha detto che, nelle Province, sono al massimo livello le piccole leve in loro possesso e che le hanno esaurite. Tuttavia, mi sembra un po’ forzato considerare questo livello di prelievo come quello standard ai fini della definizione del fabbisogno, su cui stiamo ragionando.

  ROGER DE MENECH. Intanto, grazie per la disponibilità. Io dividerei in due parti il tema relativo alle Province. Innanzitutto, c'è un tema con carattere di emergenza, che è quello di sistemare i conti. Dentro questo tema, io credo, se l'incontro di oggi può gettare le basi per «garantire» quell'extrafinanziamento intorno ai 300-350 milioni di euro, che è esattamente la richiesta fatta dall'UPI appena una settimana fa, possiamo tamponare una situazione di emergenza.
  A questo tema, io aggiungo quello del limite temporale. C'è una situazione di emergenza, che ha alle spalle la garanzia di alcuni servizi, e vanno date delle risposte sufficientemente in maniera immediata – questo è un altro grande tema – per dare stabilità agli amministratori locali.
  Inoltre, mi chiedo se sia sufficiente ripristinare i fondi, anche in un momento di emergenza, per tamponare una situazione creatasi alla genesi della formazione del bilancio. Insomma, dobbiamo dirlo: probabilmente il mancato passaggio al Senato non ha consentito di fare fin da subito i correttivi, che erano necessari. Dunque, è sufficiente ripristinare i fondi, oppure, come ho detto e stimolato anche nell'intervento con l'UPI, dobbiamo anche cercare di mettere in atto alcune modifiche organizzative rispetto a come spendiamo queste risorse? Lo chiedo perché, altrimenti, ogni tanto mi sembra di essere di un Paese un po’ schizofrenico.
  Ieri, sul Corriere della Sera, il buon Rizzo ribadiva ancora una volta l'ennesimo attacco alle Province dal punto di vista dei media. Sto parlando di ieri e non di tre anni fa. Dato per scontato che il Parlamento e il Governo non devono seguire le indicazioni di Rizzo, a meno che non si candidi e non venga a governare il Paese, vorrei fare una riflessione, rispetto ai difetti, che hanno provocato la teoria e anche la pratica della riforma, perché, in questo momento, dobbiamo distribuire le risorse, quindi la riforma diventa una cosa molto pratica. Per esempio, quando parliamo di ex strade dell'ANAS, dobbiamo mettere in campo non soltanto la richiesta di aiuto da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ANAS, ma anche un riordino dell'organizzazione delle strade a livello nazionale.
  Certo, possiamo discutere degli effetti del referendum – lo dirò dopo – dal punto istituzionale, ma io credo che una discussione trasversale molto laica e molto tranquilla fra le forze politiche su quello che possiamo riorganizzare meglio, rispetto anche alle competenze delle Province, delle Regioni e dei Comuni, quindi all'assetto delle istituzioni, debba essere fatta. Lo dico perché, altrimenti, corriamo il rischio di tamponare in un momento di emergenza, ma anche di avere ancora nei nostri territori forme multiple di gestione delle strade, quindi di non intercettare per nulla quello che di buono c'era dentro la legge Delrio.
  Passando alla parte istituzionale, io credo che avremmo detto tutte le cose, di cui abbiamo parlato oggi, anche con la vittoria del «sì», anche se non sono d'accordo con tanti di voi. Nella riforma Delrio, c'era il tentativo di intrecciare e di mettere più in relazione il livello politico con quello territoriale. Anche le ultime elezioni per le Province ci dicono che, sempre di più, la legge Delrio viene interpretata dalle amministrazioni locali e dalle Province come una lezione politica, o almeno questa è la mia sensazione. La riflessione vera rispetto all'assetto istituzionale – e lo stimolo che do a questa Commissione e al Governo – è quella di pensare a una revisione profonda della norma Delrio, non dimenticandoci che le Province sono un anello di congiunzione fra le Regioni e i Comuni. Secondo me, anche nell'assetto istituzionale del futuro, questi due assetti, dovranno intrecciarsi.
  Riguardo alla sovrapposizione delle competenze, di cui posso citare ambiti ottimali, consorzi, società partecipate e gestione dei servizi, che ci hanno spinto a costruire quella legge per tagliare i livelli di Governo Pag. 9e intrecciarli, non riusciamo, come dicevo, a dare una risposta alla domanda, che da un po’ di anni il Paese ci rivolge.
  Io non so se questa legislatura ce la farà o meno, ma dico, alla Commissione, ma anche al Governo e al Parlamento tutto, che comunque mettere in campo delle azioni e delle discussioni, perché questo ragionamento venga sgrezzato, è quantomeno, secondo me, nostro compito, anzi è assolutamente nostro compito, anche – e chiudo – differenziando molto la capacità di fare queste riforme, perché le Province sono diverse. Ci sono Province che, per fortuna, hanno degli extragettito, che non c'entrano niente con la finanza nazionale derivata. Dalle grandi partecipazioni, che alcune Province hanno su asset strategici con plusvalenze positive, queste hanno altri fondi di carattere regionale o di carattere assolutamente fuori dalla finanza. Oggi, queste Province si trovano nell'assurdità – lo dico perché le giro un po’ – di non poter spendere le loro risorse extra, perché hanno gli stessi vincoli ai tagli e del personale eccetera delle Province, che magari non hanno quelle risorse. Devo dire che anche questa mi sembra una follia.
  È chiaro che noi, quindi, dovremmo impostare una riforma molto più puntuale. Lo dico perché le Province sono tante, ma sono assolutamente diverse, per cui o riconosciamo queste diversità, sia in termini istituzionali che di gestione del servizio, oppure ricadremo negli errori fatti anche in questi ultimi quindici anni, trattandole tutte alla stessa maniera. In tal senso, per quelli che avevano la convenzione ANAS vengono previsti tagli in maniera orizzontale, esattamente come per quelli che non avevano la convenzione con l'ANAS per la gestione delle strade, col risultato finale che, oggi, per quel pezzo di strada non hanno la possibilità di coprire il finanziamento; bisogna riconoscerlo. Grazie.

  FEDERICO FORNARO. Ringrazio anch'io il Sottosegretario Bressa. Noi abbiamo richiesto queste audizioni, forti della preoccupazione, che dai territori arriva. Riprendo un attimo la riflessione, che faceva prima, per dire che c'è una questione di emergenza, tenendo conto, più che degli enti in quanto tali, dei servizi che questi erogano ai cittadini, quindi auspico – ma ne sono convinto – che si possa trovare una soluzione, pur nel quadro di difficoltà della finanza pubblica, che ricordava prima la collega Guerra, quindi attendiamo fiduciosi di avere i dati nel merito.
  Vorrei fare, però, un'unica osservazione in tal senso. Io credo che, intanto, la legislatura – inviterei a un principio di realismo – si chiuderà a febbraio del 2018, quindi, da questo punto di vista, credo che si debba lavorare, oggi, come se fosse così, altrimenti rischiamo veramente di fare dei pasticci. Inoltre, da questo punto di vista, il risultato del referendum ci restituisce un problema reale, qual è quello delle Province, anche per quanto detto dal Sottosegretario.
  Sul tema della governance, io aggiungo un elemento. Si è molto concentrata l'attenzione sul carattere dell'elezione di secondo grado di un ente costituzionale eccetera, ma io mi permetto di sottolineare, anche per esperienza, che, più che questo, io vedo un altro problema. Il modello della legge Delrio, che, di fatto, trasformava le Province in una sorta di consorzio dei Comuni, lascia scoperto il problema della guida quotidiana, anche da un punto di vista politico, di enti importanti in molte realtà, come le Province. Lo dico con una battuta: in questo momento, a mio giudizio, più che la mancanza di un'investitura popolare diretta del Consiglio provinciale, si sente l'assenza delle Giunte. Nessuno pensa di ritornare, evidentemente, a Giunte faraoniche, come numero, eccetera, ma rimane una questione, se vogliamo dire le cose come stanno. In questo momento, c'è l'assoluta impossibilità di svolgere quello che credo sia assolutamente fondamentale e costituzionalmente tutelato, cioè il ruolo politico, all'interno delle Province, nella guida dei settori fondamentali, senza nulla togliere alla struttura tecnica e senza intaccare il ruolo dei dirigenti. Credo, quindi, che, attorno al tema della governance, si debba fare una riflessione.
  Inoltre, raccolgo – e chiudo – lo stimolo, come ho già detto la scorsa settimana, della collega Zanoni, per cui, se io Pag. 10fossi il Governo, riprenderei in mano il piano dell'UPI, che portava le Province a 60. Sarebbe una risposta seria quella della riduzione del loro numero, che consentirebbe probabilmente di ragionare, anche rispetto alle questioni, che dicevo prima, in maniera differente, non avendo neanche paura – lo dico, qua, a titolo personale – di affrontare il tema dell'elettività degli organi. Credo che si tratti di un tema da affrontare, con pro e contro evidentemente, però non si può far finta di niente. Da questo punto di vista, è positivo, oggi, l'intervento del Sottosegretario Bressa, che mi pare che ponga una serie di questioni e la disponibilità alla discussione, con l'arco temporale, che vedremo come si strutturerà nelle prossime settimane.

  PRESIDENTE. Do la parola al Sottosegretario Bressa per la replica.

  GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie. Vi anticipo alcune risposte, cercando poi di fornire la replica più organizzata nella prossima audizione, quando avremo tutte le tessere del mosaico.
  Innanzitutto, io vorrei che fosse chiara una cosa: porre in discussione politicamente la riforma Delrio è una prerogativa del Parlamento, che, come tale, è intangibile, mentre mettere in discussione la costituzionalità della riforma Delrio è un tema fuori agenda, perché la Corte costituzionale si è già pronunciata nel 2015, a fronte dei ricorsi delle Regioni Veneto, Puglia, Campania e Lombardia, dichiarando pienamente costituzionale la legge Delrio, sia per quanto riguarda la sua nuova dimensione funzionale sia per quanto riguarda la sua funzione di governance. Questo è un discorso che deve essere chiaro. Il Parlamento non solo può, ma ha tutto il diritto di discutere l'opzione politica, che è alla base della legge Delrio, ma non ci sono problemi di costituzionalità, non perché lo dice il Governo, ma perché lo dice la Corte costituzionale, investita del tema della costituzionalità della Delrio da quattro Regioni, che si sono viste respingere le loro argomentazioni. Questo discorso nulla toglie all'autonomia e all'iniziativa politica del Parlamento di rimetterla in discussione, però vorrei precisare che è di questo che stiamo parlando e non di questioni di costituzionalità.
  Non ho detto che le Province sono diventate enti amministrativi, ma che sono enti rappresentativi degli amministratori, il che è diverso, nel senso che non sono più enti rappresentativi della volontà politica dei cittadini, ma sono enti rappresentativi di quella degli amministratori. Ora, se ragioniamo anche in termini di interventi, che possano riguardare la dimensione dei piccoli Comuni, le Unioni dei comuni e le associazioni, a mio modo di vedere, la Provincia, così intesa, acquista un valore e una potenzialità, ancora da scoprire e da definire.
  De Menech dice giustamente «sia questa l'occasione anche per rimettere in discussione le modalità con cui alcuni soldi si spendono per alcune funzioni». Vorrei che fosse chiaro che, con la riforma Delrio, abbiamo identificato – non noi, ma la storia del diritto amministrativo e la storia europea comparata ci hanno portato a determinati risultati – alcuni funzioni tipiche dell'area vasta, che sono contenute nella legge Delrio. Mi riferisco alle strade, alle scuole e alla parte ambientale connessa alle strade. Poi, c'è la funzione orizzontale di coordinamento e di assistenza ai Comuni, per alcune funzioni che i Comuni, in quanto tali, farebbero fatica a svolgere in proprio, e soprattutto c'è il tentativo di fare dell'area vasta l'unico ente intermedio tra il Comune e la Regione, arrivando ad una grande razionalizzazione della giungla di enti intermedi, che ci sono. Dei 7000 enti, che ci sono tra il Comune e la Regione, noi sappiamo che quasi 5000 di questi modelli sono tra il livello comunale e quello regionale, creando una serie di confusioni notevolissime.
  Faccio un esempio, perché è l'unico, su cui – mi auguro che, questa volta, finalmente si possa fare – si può intervenire con legge dello Stato, essendo di competenza statale: gli ATO Gas. Noi abbiamo 171 ATO Gas, a fronte di 75 Province ordinarie. Il discorso su quelle speciali, in questo caso, Pag. 11potrebbe avere dei risvolti che andrebbero studiati meglio, per cui consideriamo solo le Regioni a statuto ordinario. Qualcuno mi deve spiegare perché ci deve essere un ATO Gas per la laguna e un ATO Gas per la terraferma, a Venezia, dove l'ATO che gestisce la rete del gas in laguna non ha necessità tecniche e competenze tecniche diverse da quella che gestisce l'ATO in terraferma, perché di gare e di elementi di coordinamento stiamo parlando. Ora, se noi partissimo da questa riflessione e, attraverso questo tipo di valutazioni, orientassimo anche le scelte regionali, per arrivare a una razionalizzazione di tutto il sistema degli ATO per acque o degli ATO per i rifiuti, faremmo un passo in avanti notevolissimo.
  A questo punto, passerei alle due questioni, che politicamente, a mio modo di vedere, sono più significative, cioè la revisione della dimensione delle Province e il ripensamento della governance. Devo dire che, se il referendum fosse passato, questa distinzione sarebbe stata chiarissima, per cui di competenza statale sarebbe stato definire le funzioni fondamentali, che difficilmente credo possano essere diminuite. Queste potrebbero essere aumentate, anche se comunque il procedimento per aumentare le funzioni fondamentali mi pare avventuroso, perché i tre quarti delle Regioni hanno proceduto con leggi, che, pur avendo logiche tra loro diverse, si stanno dimostrando funzionali. Certo, in alcune Regioni, c'è qualche problema, ma si tratterà di intervenire sulla singola Regione. Il fatto che siano le Regioni ad organizzare le proprie aree vaste ci fa uscire dalla dimensione dell'uniformità del modello, che è un errore di fondo, perché non possiamo immaginare che la Basilicata e il Piemonte siano la stessa cosa, quando affrontano il tema dell'area vasta.
  In merito al discorso della governance, quello posto dal senatore Fornaro, sull'assenza delle Giunte, è un problema vero, ma io sarei ancora più drastico, nel senso che, alla luce dei due anni e mezzo di gestione della legge Delrio e alla luce anche dei risultati delle ultime elezioni, io mi chiedo se la riforma di governance più significativa non possa essere quella di cancellare i consigli provinciali per farne altri composti dall'Assemblea dei sindaci, dal Presidente e dai consiglieri scelti dal Presidente stesso. Ovviamente, trattandosi di poche funzioni, ci sarebbero due o tre componenti, o quattro al massimo, a seconda della dimensione delle Province. In tal senso, si darebbe veramente pienezza alla finalizzazione, rispetto agli obiettivi che la riforma Delrio si era data, di cambiare completamente modello.
  Ovviamente, questo discorso non riguarda solo il Governo, ma il Governo e il Parlamento, perché presenteremo le ipotesi di modifica della legge Delrio. Ci sono anche delle cose banali, che devono essere modificate, perché, come voi tutti ricordate, la legge Delrio è stata approvata con tre maggioranze parlamentari diverse e si è portata dietro delle incongruenze, che, alla prova dei fatti, si sono dimostrate essere anche un problema reale. Ci sarà un tema già pronto: rivedere l'ipotesi della legge Delrio in alcune parti, di cui probabilmente la più significativa è quella della governance.
  Inoltre, dovremmo ripensare alla dimensione organizzativa, perché, con la bocciatura del referendum, noi siamo ancora con l'articolo 132 della Costituzione per la modifica dei confini provinciali, quindi con tutte quelle procedure, che, con la riforma, sarebbero state fortemente semplificate. Condivido dal punto di vista politico-culturale quanto detto dal senatore Fornaro sulla logicità di ripensare il numero delle aree vaste e il tentativo di riordinarle, ma dobbiamo sapere che questo sarà un po’ più complicato, per effetto del fatto che lo strumento di semplificazione pensato con la riforma non c'è, perché la riforma è stata bocciata. Immagino che, per i prossimi dieci anni, non si parli di riforme di questo tipo, per cui con gli strumenti attuali dobbiamo immaginare, comunque, di non fermare il processo.
  Vi ricorderete che, durante il Governo Monti, il Ministro Patroni Griffi aveva immaginato di fare una riduzione eccetera ma poi, al di là degli esiti politici di quel lavoro, la vera obiezione insormontabile Pag. 12era relativamente a quali fossero le procedure per arrivare a questa semplificazione, perché, stante l'attuale articolo 132 della Costituzione, ci sono delle procedure, che devono essere garantite, quindi questo è uno dei temi che è in discussione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario di Stato agli Affari regionali e alle autonomie, Gianclaudio Bressa, per il suo intervento.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 8.55.