XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 170 di Martedì 20 settembre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 2 

Audizione del direttore dell'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Umberto Postiglione:
Bindi Rosy , Presidente ... 2 
Postiglione Umberto , direttore dell'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ... 2 
Bindi Rosy , Presidente ... 7 
Postiglione Umberto , direttore dell'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 7  ... 7

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del direttore dell'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Umberto Postiglione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore dell'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Umberto Postiglione.
  Il prefetto Postiglione è accompagnato dal viceprefetto aggiunto Andrea Nino Caputo. L'audizione fa seguito a quelle svolte nel 2014 subito dopo l'insediamento del prefetto Postiglione, con il quale, peraltro, c'è stata sin da allora un'intensa e proficua collaborazione.
  La seduta odierna è volta ad un aggiornamento sui temi generali del funzionamento dell'Agenzia e dell'attuazione del programma di lavoro a suo tempo illustrata dal prefetto Postiglione, oltre a eventuali approfondimenti su situazioni particolari e portate all'attenzione della Commissione nel corso delle numerose missioni svolte specialmente in Sicilia.
  Ricordo, come di consueto, che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera e che ove necessario i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta.
  Cedo ora la parola al prefetto Postiglione, che ringrazio per la sua presenza.

  UMBERTO POSTIGLIONE, direttore dell'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Cara presidente, grazie dell'opportunità.
  Sono felice di potere esporre – ovviamente per sommi capi – ciò che l'Agenzia ha fatto da quando ci siamo visti all'inizio della mia attività di direttore dell'Agenzia medesima.
  Ho ben chiaro quello che dissi quando fui audito allorché ero a cinque, sei giorni dalla nomina; poi fui audito dopo altri quattro, cinque giorni, ma ovviamente ero io stesso alle prese con l'avvicinamento ai temi e ai problemi dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati.
  Da allora, di strada ne è stata fatta tanta. Posso dire – e lo farò immediatamente, dopo aver dato i risultati fondamentali, cioè quali sono i numeri – che in questi due anni abbiamo un saldo positivo, a favore finalmente dell'Agenzia, rispetto al numero di beni nuovi entrati, a seguito dell'attività della magistratura, nel novero dei beni da assegnare.
  Noi siamo con 5.300 beni consegnati fino a luglio di quest'anno, rispetto a qualcosa come 2.500 beni nel frattempo pervenuti grazie all'attività della magistratura e delle forze dell'ordine. È la prima volta che si verifica, e questo accade grazie a un lavoro che è partito dalla stessa base dalla Pag. 3quale i miei predecessori sono dovuti partire, ma io ho avuto la fortuna di poter apprendere dalle loro esperienze e la possibilità di avvalermi di valenti collaboratori, con i quali siamo riusciti a impostare il lavoro, anche cercando di individuare delle funzioni, nella stessa assegnazione dei beni, che servissero a creare quella che abbiamo definito «legalità percepibile». Percepibile da chi diventa destinatario di questi beni, percepibile nel senso che viene avvertita e viene avvertita come una presenza dello Stato.
  Faccio risalire il seme di questa legalità percepibile alla prima audizione, quando – se i componenti della Commissione che erano allora presenti lo ricordano – mi chiedevo come mai questi alloggi tolti alla criminalità organizzata non potessero essere, ad esempio, impiegati per attenuare gli effetti dell'emergenza abitativa. Abbiamo affrontato il tema e non abbiamo dato soltanto alloggi di servizio alle forze dell'ordine (ne abbiamo dati tanti, soprattutto dove ce ne sono tanti, cioè Palermo, dove c'è anche bisogno), ma abbiamo dato anche tanti alloggi per assegnarli a coloro che erano ai primi posti nell'emergenza abitativa.
  Oltre a questo, sulla base di un colloquio avuto con l'allora Ministro delle infrastrutture, il Ministro delle infrastrutture, d'intesa con il Ministero dell'economia, ha emanato un decreto interministeriale per finanziare per tre anni la ristrutturazione di alloggi confiscati perché siano destinati a fini di edilizia economica e popolare.
  Naturalmente c'erano delle indicazioni. Erano privilegiate quelle strutture che erano ubicate nelle città capoluogo, ovviamente dove ci sono beni e dove ci sono beni da adeguare, perché erano magari in condizioni non idonee perché fossero abitati direttamente.
  Ebbene, anche questo abbiamo fatto nelle città di Palermo e di Napoli, lasciando ovviamente, sulla base di un accordo con i comuni, la scelta ai comuni stessi. I finanziamenti sono assicurati dal Ministero delle infrastrutture. Abbiamo così potuto cominciare il recupero di una quarantina di alloggi con le risorse che sono state assegnate per l'attuazione di questo decreto.
  L'altro tema che fu allora affrontato era come potessero essere messi insieme i beni confiscati e l'unica fonte di finanziamento che in maniera abbondante è presente nelle possibilità oggi dei soggetti pubblici, cioè i fondi europei, quindi i due mondi delle risorse europee da utilizzare pienamente (cosa che difficilmente è riuscita soprattutto alle regioni con i POR, negli anni scorsi) e dei beni confiscati. Pochi giorni dopo essere uscito dalla Commissione antimafia, presi contatto con il capo dipartimento del dipartimento per lo sviluppo e la coesione territoriale della Presidenza del Consiglio dei ministri. Con il suo aiuto abbiamo fatto una ricerca estremamente approfondita, esplorando tutte le possibilità di impiego di risorse dei fondi europei in due direzioni. Una è il rafforzamento dell'Agenzia con i fondi del PON, il Programma operativo nazionale, quello gestito dai ministeri.
  In particolare, abbiamo puntato la nostra attenzione verso le soluzioni che consentissero all'Agenzia di avere la possibilità di operare meglio, perché noi siamo sempre nelle stesse condizioni, con cento persone in comando e basta, con un turnover continuo, perché chi è in comando ci può stare massimo tre anni, e così quando i soggetti hanno acquisito una professionalità più adeguata allo svolgimento del loro ruolo il comando termina e questi devono rientrare. Si comincia da capo con l'addestramento di nuove leve.
  Ovviamente questo sistema non va e va assolutamente – speriamo con la nuova legge – modificato per dare una struttura stabile all'Agenzia.
  Tuttavia, per integrare la capacità operativa dell'Agenzia, abbiamo messo su un progetto, che sta per partire, per selezionare circa cinquanta operatori divisi in tre fasce. La prima fascia è quella degli operatori che saranno addetti a implementare il nostro sistema informatico, che funziona, vi posso tranquillizzare; ci sono state sempre storie su questo, sul sistema informatico dell'Agenzia, ma Regio funziona, anzi lo stiamo perfezionando, ormai siamo a un Pag. 4grado avanzato di implementazione di quello che abbiamo chiamato «open Regio».
  Regio contiene tutti i dati operativi che servono a noi per svolgere le pratiche e dovrebbe essere implementato automaticamente dalle cancellerie dei tribunali. Questo è avvenuto parzialmente grazie al sistema SIPPI (Sistema Informativo Prefetture e Procure dell'Italia Meridionale), il sistema delle misure di prevenzione gestito dal Ministero della giustizia. Purtroppo il sistema SIPPI, un po’ antiquato, è saltato alcuni mesi fa. In Sicilia sono stati persi circa l'80 per cento dei dati e in altre parti d'Italia più o meno è successa la stessa cosa.
  Il nuovo sistema, denominato SITMP (Sistema informativo telematico delle misure di prevenzione), che qualcuno dal Ministero, anche nelle relazioni fatte al Parlamento, scriveva che funzionava perfettamente, non è mai partito. Quando si parlava di sistema funzionante, SITMP non era stato nemmeno collaudato. Oggi è collaudato, però è stato finanziato con fondi del PON Sicurezza che rendono possibile l'utilizzazione di quelle risorse soltanto nelle quattro regioni che facevano parte dell'Obiettivo 1 nell'epoca: Sicilia, Calabria, Campania e Puglia. Per il resto d'Italia SITMP non potrebbe funzionare, avendo la spada di Damocle della Commissione europea che ci chiede di restituire i soldi perché non avremmo potuto utilizzarli per operare per esempio in Lombardia, in Piemonte, in Toscana, nel Lazio, in tutto il resto d'Italia.
  Questa situazione un po’ sconcertante, che si è venuta a creare in una sorta di confronto a puntate con i responsabili del Ministero della giustizia, all'inizio veniva considerata una verità rivelata dal Ministero della giustizia e una colpa dell'Agenzia. È esattamente il contrario: a pensare a fare giustizia, in questo caso, è stata la Corte dei conti, che ha aperto un'indagine conoscitiva su quello che fa l'Agenzia, ma anche su questa parte. Alla fine abbiamo avuto il riconoscimento della correttezza dei nostri comportamenti e della irregolarità, invece, laddove non si rispettano leggi che esistono da quattro, cinque, sei anni sul trasferimento di questi dati.
  Che cosa abbiamo pensato? Poiché il Ministero della giustizia ha grossi problemi e questo magari è un problema apparentemente insignificante di fronte alla gestione informatica di tutte le attività di giustizia, abbiamo pensato di rafforzare la nostra Agenzia per due anni con una trentina di soggetti capaci di selezionare i dati che servono dai carteggi di giustizia, per infilarli dentro il nostro sistema.
  Per fare questo chiederemo la collaborazione al Ministero della giustizia, i cui dirigenti responsabili sono diventati molto più concilianti e collaborativi dopo quella audizione alla Corte dei conti, nel corso della quale i magistrati hanno chiarito come stavano le cose davvero.
  Quindi, abbiamo la possibilità di implementare il sistema di base con tutti gli elementi, ma abbiamo anche avviato questa azione che è molto importante. Qual era il problema dei destinatari, che soprattutto dei beni immobili e di gran parte dei mobili sono soggetti pubblici? Era la difficoltà di capire di che cosa si stava parlando. Noi scrivevamo delle lettere per chiedere se si intendeva manifestare l'interesse per l'assegnazione di un tale bene, ma quel bene dovevano andare a cercarlo. Abbiamo fatto una vetrina che si chiama «open Regio», cioè «Regio aperto». Ovviamente saranno abilitati ad entrare soltanto coloro che sono possibili destinatari dei beni, quindi soltanto i comuni, quelle che sono oggi le province, se ancora immaginano di poter prendere dei beni, le regioni e ovviamente l'Agenzia del demanio per le esigenze dello Stato.
  Open Regio contiene fotografie, mappe catastali, dati, elementi di tutti i tipi che descrivono perfettamente il bene. Questo lo stiamo facendo anche in sintonia con l'Agenzia del territorio: elementi per andare a riempire di contenuti di qualsiasi tipo vengono raccolti, con convenzioni che abbiamo fatto, da tutti i soggetti che li detengono per l'uso normale da parte dell'amministrazione dello Stato o altre amministrazioni.
  Io ho lavorato anche nella direzione di incentivare i comuni, che sono i nuclei fondamentali della nostra società e sono, Pag. 5per gran parte dei beni, i destinatari naturali, cercando di trovare un sistema per evitare il ripetersi di quello che è successo in passato: un bene assegnato al comune; il comune se lo prendeva perché non diceva no al prefetto, non diceva no al direttore dell'Agenzia, non diceva no al demanio, però poi il comune se lo teneva, magari lo utilizzava per qualche tempo, ma alla fine questo bene ce lo ritroviamo chiuso e non utilizzato. Questa, lo sappiamo tutti, è una sconfitta piuttosto cocente per tutto lo sforzo fatto per togliere quel bene alla criminalità organizzata.
  Allora, per far partire il processo dal basso, l'elemento che mancava in tutto il quadro operativo delle assegnazioni era un elemento fondamentale: con quali risorse questo bene poteva essere adeguato e inserito nella realtà locale? I comuni non hanno soldi, la finanza pubblica è assolutamente allo stremo. Tagli su tagli non hanno portato a nessuna possibilità in questa direzione.
  L'unica soluzione era utilizzare i fondi europei. Abbiamo studiato con la Presidenza del Consiglio tutte le possibili forme di utilizzazione dei vari filoni, all'interno dei PON e dei POR, delle risorse europee per sostenere lo sforzo di adeguamento dei beni alle vere necessità del territorio. Questo lavoro ha portato a confezionare una cosa che il primo capo dipartimento dello sviluppo e della coesione territoriale chiamò «la cassetta degli attrezzi». Poi lui se n'è andato e ne è arrivato un altro, il dottor Donato, che è stato il vero protagonista, insieme a noi, di questa sorta di scoperta. Abbiamo individuato tutti i canali possibili di finanziamento per utilizzare al meglio i beni confiscati nei territori; abbiamo mandato questo elenco di possibilità, unitamente all'elenco dei beni, a ogni presidente di regione; abbiamo avviato gli incontri.
  Abbiamo cominciato dalla Campania perché avevamo il lavoro già completato, in quanto la sede di Napoli aveva il pacco completo delle notizie che ci servivano già pronto, ma già dopodomani abbiamo l'incontro con la Sicilia, che significa l'incontro con il 49 per cento dei beni confiscati.
  Che cosa diciamo alle regioni, ai presidenti delle regioni e ai loro delegati, soprattutto ai dirigenti delle regioni che sono responsabili della utilizzazione dei fondi POR? Diciamo «dateci uno 0,3, 0,4, 0,5 per cento della quota assegnata alla regione e, insieme ai comuni, voi che avete capacità progettuali – perché è possibile, con i fondi, anche individuare professionisti che possano lavorare – scegliete insieme al territorio, voi che siete soggetti di programmazione a livello regionale, e andate a trovare le soluzioni».
  Dopodiché convochiamo una bella conferenza di servizi nella prefettura del capoluogo della regione e procediamo all'incrocio fra le domande e l'offerta: assegniamo i beni in questa maniera. Tutti i beni, però, saranno stati studiati secondo questo criterio, in maniera da essere accompagnati da un finanziamento che serve a fare quelle opere di adeguamento che possono trasformare il bene da una cosa che può finire chiusa in una cosa veramente utile.
  Non vi sto a dire che ci faremo carico anche di capire che cosa vorranno fare con ogni bene, però questo processo, basato sulla conferenza di servizi, è stato già applicato con grande successo. Abbiamo approfittato della confisca Campolo, a Reggio Calabria – che non è certamente nel nord Italia, quindi non c'è una sensibilità forte, anzi, molte volte, soprattutto nei comuni minori, c'è un po’ di ritrosia nell'accettare i beni – di 148 beni immobili, più una collezione di oltre cento opere di artisti.
  Campolo era il re dei videogiochi e, non so per quale motivo, forse per immagazzinare i soldi dentro valori che magari nel tempo crescono, era diventato un collezionista di opere di maestri tra i quali Picasso, impressionisti francesi, insomma c'era di tutto in quella collezione. Tutti quadri autentici, tranne tre. Noi abbiamo ricevuto i quadri e i 148 beni a novembre del 2015; abbiamo consegnato tutto entro il mese di marzo del 2016. I 148 beni sono andati a soggetti pubblici. Abbiamo fatto la conferenza di servizi alla prefettura di Reggio Calabria e coloro che hanno manifestato interesse concorrente per lo stesso bene Pag. 6sono stati pregati di aspettare, quindi l'Agenzia ha studiato le proposte che avevano fatto cercando di valutare quale fosse la proposta più convincente e alla fine i beni sono stati assegnati tutti.
  Per quanto riguarda i quadri, fortunatamente la provincia di Reggio Calabria aveva una struttura da destinare a museo, è stato inaugurato e già funziona un nuovo museo a Reggio Calabria che contiene tutta la collezione di Campolo, ma anche spazi per favorire giovani artisti della regione che vogliono esporre le loro opere. Ci sono le sale dedicate ai quadri della confisca e poi ci sono questi spazi espositivi dove chi va a vedere i quadri importanti può anche vedere le opere di questi giovani che hanno diritto a esporre – mi pare – per tre mesi ciascuno. Chi vuole esporre viene ovviamente valutato dal direttore del museo. A me sembra comunque una bella cosa, perché ha reso fruibile il patrimonio artistico confiscato a Campolo, non l'ha allontanato dalla Calabria, perché ci sono anche questi sentimenti – se Campolo questi soldi li ha tolti, li ha tolti soprattutto qui, quindi va indennizzato il territorio – e il territorio è gratificato da questo.
  Ripeto, la cosa importante è che tutta questa operazione è durata esattamente quattro mesi in tutto. Quindi, non parliamo più di confische epocalmente tenute in vita dall'Agenzia, ma stiamo parlando di accorciare i termini, di abbreviare. Abbiamo fatto una serie di operazioni credo importanti e la presidente Bindi è stata nostra gradita ospite in alcune circostanze, ad esempio quando abbiamo riconsegnato il Castello di Miasino, ormai diventata una storia tormentata. Lo abbiamo tolto alla moglie di Galasso e l'abbiamo consegnato alla regione, che magari cercheremo di convincere a utilizzare parte dei fondi europei per sollevarsi da quella spesa di circa 700.000 euro che – mi diceva il vice presidente della regione – è necessaria per restituire Miasino in sicurezza alla collettività.
  Tutto questo quadro di operazioni, di lavoro, ha trovato un altro momento importante con l'Hotel Sigonella Inn, che si trova a Motta Sant'Anastasia, alle porte di Catania, vicino alla base di Sigonella, che è stato sempre molto redditizio. Questo albergo era ancora gestito da una società alla quale l'aveva affittato il mafioso Placido Aiello, che nel momento nel quale la magistratura aveva dissequestrato i suoi beni, in un primo tempo sequestrati – poi li ha risequestrati e confiscati – aveva affittato questo albergo a una società che aveva sede a Londra. Noi avevamo l'albergo fra i beni consegnati a noi, ma c'era questo contratto di affitto. Insomma, abbiamo ottenuto dalla magistratura competente la possibilità di intervenire e finalmente siamo riusciti a sgomberare l'albergo, preoccupandoci anche, unitamente alla prefettura di Catania, del destino degli ospiti momentanei, che sono stati sistemati in un altro albergo. Alle 5 di mattina siamo entrati lì dentro, in forza con carabinieri e polizia, e abbiamo buttato tutti fuori.
  È un segno importante, anche se se n'è parlato poco. Non so perché, ma il Sigonella Inn non è assurto alle glorie del Castello di Miasino. Eppure era una cosa molto simile, anzi forse ancora peggiore, ed è stata cancellata. Adesso abbiamo affidato il Sigonella Inn a una società confiscata con la quale stiamo operando a Catania, ma siamo alle soglie di un altro cambiamento. Vi spiego: abbiamo notato che tutte quelle attività produttive – soprattutto in Sicilia, meno in Calabria e in Campania, perché fra l'altro in Calabria e in Campania non ci sono grandi realtà confiscate, mentre in Sicilia ce ne sono – per le quali è facilmente individuabile la platea della clientela, cioè chi possono essere i clienti, sono le società confiscate alla mafia che vengono duplicate dai mafiosi. Noi le confischiamo e loro ne aprono un'altra simile, perché hanno la possibilità di individuare i possibili clienti, di intimorirli perché si rivolgano alla nuova società, e noi assistiamo alla caduta del fatturato delle aziende confiscate e alla nascita di nuove aziende intestate a soggetti assolutamente trasparenti e limpidi, in maniera impeccabile. Poi si scoprirà che sono dei prestanome di chi ha creato questa cosa.
  Il problema è cercare di intervenire in maniera diversa – questa è la mia idea – su Pag. 7quelle attività come l'edilizia, un'attività per la quale si sa chi deve costruire e lo si sa perché ha bisogno di una concessione. Basta avere una piccola spia pagata nell'ufficio competente del comune per sapere tutte le concessioni che vengono rilasciate e a chi sono state rilasciate. Non bastasse questo, ci sono i cartelli che obbligatoriamente per legge devono essere messi per indicare, sia per le opere pubbliche che per le opere private, da chi sono fatte, perché sono fatte e in base a quale titolo. Nei cartelli ci sono anche gli indirizzi dei soggetti che bisogna in qualche maniera compulsare per vendere calcestruzzo e altri materiali, roba che in tante parti della Sicilia e della Calabria è appannaggio della produzione mafiosa e della ’ndrangheta.
  Cosa diversa invece è l'azienda confiscata nella quale il cliente non è facilmente individuabile. Parlo, per esempio, delle attività alberghiere. Ho parlato del Sigonella Inn, ma vi parlo anche del San Paolo Palace. Quando sono arrivato il San Paolo Palace aveva un amministratore che era stato amministratore giudiziario poi coadiutore dell'Agenzia; aveva il direttore che era uomo del signor Jenna, il soggetto mafioso a cui l'albergo era stato confiscato; aveva gli stessi dipendenti... Io dissento da coloro che guardano ai dipendenti delle aziende confiscate come a dei soggetti prossimi alla santità. Tutto il rispetto, qualsiasi comprensione, ma per essere dipendente di una società che è di proprietà della mafia, della camorra o della ’ndrangheta... Secondo me bisognerebbe fare accertamenti approfonditi.
  Noi gli accertamenti li facciamo quando queste società finiscono nella dirittura finale della consegna alla cooperativa di dipendenti. Bene, vi posso dire che le società di Aiello, cioè Ati Group e altri nomi che diventeranno famosi nella tematica delle aziende confiscate, insomma centodieci dipendenti, ai quali abbiamo detto di formare la cooperativa, hanno prodotto una cooperativa di trenta dipendenti. Abbiamo fatto gli accertamenti sui trenta dipendenti: anche in mezzo a loro ci sono persone che non possono stare nella cooperativa, gli altri non sono entrati proprio perché evidentemente non ci potevano entrare. Questa è la realtà e io vorrei che ne prendessimo atto a fronte di certe esagerazioni ed esasperazioni che hanno a volte raggiunto toni incredibilmente alti, portando su un altare i lavoratori della ditta confiscata come se fossero tutti santi. Purtroppo le carte dicono che non è così e i fatti dicono che non è così. Trattiamoli da persone normali.

  PRESIDENTE. Direttore, le chiedo scusa, ma come lei sa uno dei motivi per i quali l'abbiamo convocata, oltre all'illustrazione del lavoro di questi due anni, è relativo a una situazione specifica che riguarda la Calcestruzzi Ericina. Siccome alle 15 i deputati in particolare devono essere in Aula, io direi di amministrare così l'audizione: le facciamo esporre la vicenda Ericina e ci aggiorniamo per le domande, perché anche sulla parte generale ne avrei alcune da rivolgere, per chiarimento e per approfondimento.
  Direi che questo quarto d'ora potremmo dedicarlo alla Calcestruzzi Ericina. Lei mi aveva anticipato che voleva segretare.

  UMBERTO POSTIGLIONE, direttore dell'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Su Calcestruzzi Ericina, poiché ho ricevuto una richiesta di notizie dal Procuratore nazionale antimafia, che nel giorno 15 luglio 2015 ha deliberato su un fatto che è compreso nelle vicende che devo descrivere, quindi anche lui ha avuto bisogno di...

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. I lavori procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Comunico che alle 17.30 presso l'aula della Commissione antimafia si svolgerà un incontro con una delegazione della Commissione affari interni del Parlamento e del Land tedesco Nord Reno-Westfalia alla quale i colleghi eventualmente Pag. 8 disponibili sono invitati a partecipare.
  La missione in Canada avrà luogo dal 25 al 29 settembre 2016; al riguardo, si svolgerà nella giornata di domani mercoledì 21, alle ore 16, un briefing informativo con il Procuratore nazionale antimafia e le forze di polizia, che posseggono elementi di conoscenza importanti per la preparazione alla nostra missione. Anche chi non verrà in missione potrà partecipare a questo incontro.

  Infine, comunico che il seguito dell'audizione del direttore Postiglione è rinviato ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.25.