XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 97 di Giovedì 15 settembre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Audizione del direttore di Rai Fiction, Eleonora Andreatta:
Fico Roberto , Presidente ... 2 ,
Andreatta Eleonora , direttore di Rai Fiction ... 2 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 9 ,
Gasparri Maurizio  ... 9 ,
Ranucci Raffaele  ... 9 ,
Margiotta Salvatore  ... 10 ,
Lupi Maurizio (AP)  ... 11 ,
Airola Alberto  ... 12 ,
Andreatta Eleonora , direttore di Rai Fiction. Producer ... 13 ,
Airola Alberto  ... 13 ,
Andreatta Eleonora , direttore di Rai Fiction ... 13 ,
Airola Alberto  ... 13 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 13 ,
Bonaccorsi Lorenza (PD)  ... 13 ,
Pisicchio Pino (Misto)  ... 14 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 14 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 14 ,
Andreatta Eleonora , direttore di Rai Fiction ... 15 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 16 ,
Lupi Maurizio (AP)  ... 16 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 16 ,
Andreatta Eleonora , direttore di Rai Fiction ... 16 ,
Lupi Maurizio (AP)  ... 17 ,
Andreatta Eleonora , direttore di Rai Fiction ... 17 ,
Lupi Maurizio (AP)  ... 17 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 17 ,
Andreatta Eleonora , direttore di Rai Fiction ... 17 ,
Airola Alberto  ... 20 ,
Andreatta Eleonora , direttore di Rai Fiction ... 20 ,
Airola Alberto  ... 20 ,
Andreatta Eleonora , direttore di Rai Fiction ... 20 ,
Airola Alberto  ... 20 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 20 ,
Andreatta Eleonora , direttore di Rai Fiction ... 20 ,
Airola Alberto  ... 20 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore di Rai Fiction, Eleonora Andreatta.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore di Rai Fiction, Eleonora Andreatta, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Do la parola alla dottoressa Andreatta, con riserva per me e per i colleghi di rivolgerle, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  ELEONORA ANDREATTA, direttore di Rai Fiction. Nelle precedenti audizioni, ho avuto modo di raccontare il progetto di Rai Fiction, il suo sviluppo e la sua evoluzione. Per noi, la Commissione di vigilanza è anche un banco di prova per i nostri obiettivi. Abbiamo lavorato in questi anni prima di tutto perché il racconto del servizio pubblico fosse inclusivo, in termini di varietà sia dei pubblici a cui si rivolge sia dei temi, dei punti di vista e dei linguaggi. I risultati sono stati positivi e abbiamo adesso nuove sfide, sfide più ambiziose, innanzitutto quella di una ancora maggiore diversificazione del prodotto. Abbiamo iniziato e ancora amplieremo la produzione non solo per la rete ammiraglia, ma anche per RaiDue, RaiTre e Rai 4. Questo vuol dire, da un lato, fornire alle reti un prodotto identitario; dall'altro, poter arricchire la fiction di diversi linguaggi. Questo significa, rispetto al passato, una maggiore discontinuità e anche un più ampio ventaglio editoriale in cui deve esserci anche il prodotto che si rivolge a un pubblico nazionale, ma che può anche vendere all'estero, che può ambire all'internazionalità. Per fare questo, la base di tutto è un rapporto più maturo con il mondo della produzione, ed è quello sul quale in quest'anno abbiamo molto lavorato.
  Parto dai dati di ascolto. I dati di ascolto non sono importanti in termini assoluti, ma lo sono se accompagnati dalla qualità e dall'innovazione. Lo sono, soprattutto, come parametro per misurare la nostra capacità di essere servizio pubblico universale, e quindi di entrare in sintonia con il sentire del Paese, di costruire un'offerta in cui un pubblico ampio possa riconoscersi. Tra settembre 2015 e maggio 2016 sono andate in onda su RaiUno 121 serate, con uno share medio del 21 per cento e più di 5.200.000 spettatori. Questo risultato è ancora migliore se guardiamo quello che è successo tra gennaio e maggio: lo share è cresciuto al 22,3, con un ascolto medio di quasi 7.700.000 spettatori. Anche le repliche che ci sono state in questo periodo hanno avuto risultati particolarmente positivi, a testimonianza del valore di utilità ripetuta del prodotto di fiction, e quindi della possibilità di ammortizzare i costi tramite passaggi diversi. Complessivamente, tra repliche e prime visioni, sono andate in onda da settembre a maggio 140 Pag. 3serate su 274 complessive, che significa che l'offerta di RaiUno è costituita più che al 50 per cento da fiction nazionale. Se aggiungiamo a questo il fatto che quest'anno, per la prima volta da molti anni, abbiamo avuto in prime time su RaiDue e su RaiTre prodotto di fiction, insieme alle 250 del Posto al sole arriviamo a una produzione di prima visione nazionale di più di 450 ore.
  Come nella precedente audizione di un anno fa, i primi dieci titoli da settembre a maggio del contesto competitivo sono tutti della Rai e sono composti da una varietà di progetti: lunga serialità, serialità media e poi eventi soprattutto di carattere civile. Quest'anno, però, anche i successivi dieci titoli sono tutti della Rai, che significa che i migliori venti titoli in termini di ascolto sono tutti Rai, e quindi sono Rai più di 90 serate. Si tratta di una conferma della validità del lavoro editoriale e di controllo della qualità che siamo in grado di esercitare. Tra questi titoli, oltre alle serie note, amate dal pubblico, abbiamo avuto cinque esordì particolarmente positivi. Tutto può succedere e È arrivata la felicità sono due serie che parlano della famiglia, in modo molto attuale, molto contemporaneo, raccontando la diversità delle generazioni e delle geometrie che assume oggi la famiglia. Ci sono poi Il paradiso delle signore, Questo è il mio Paese, Non dirlo al mio capo. Sono storie di genere diverse, ma che hanno attratto anche un pubblico più giovane. È interessante anche il risultato sul pubblico delle famiglie che hanno il decoder Sky, e che quindi hanno una possibilità di scelta maggiore rispetto agli altri: anche presso le famiglie che appunto possiedono Sky i risultati della fiction Rai sono estremamente positivi. Dei migliori 100 ascolti della televisione italiana di tutti i generi, 53 sono fiction, e tutte di RaiUno ovviamente. Il secondo genere più rappresentativo è quello dell'intrattenimento con 30 serate, equamente condivise tra Rai e Mediaset.
  Ho portato, però, proprio perché ho detto che non sono importanti solo i dati, le quantità degli ascolti, una ricerca Nopsis multi-client, quindi finanziata anche da Mediaset e da Sky, non solo da Rai. Dalla ricerca si vede che la fiction è un genere che caratterizza in modo particolare il servizio pubblico e riesce a dare, proprio come prodotto premium, valore e significato al canone.
  Alcuni valori tipici della televisione generalista, che in un panorama multi-channel si stanno disperdendo, come il co-viewing familiare, il racconto dell'Italia, l'immedesimazione e il senso di comunità, tramite la fiction del servizio pubblico sono invece rivitalizzati. Si conferma in quest'anno la leadership della Rai in termini sia quantitativi sia qualitativi. I termini qualitativi sono la varietà dell'offerta, ma anche la capacità di rinnovamento e di parlare a pubblici diversi.
  È cresciuto quest'anno anche l'indice Qualitel della fiction, ed è cresciuto dello 0,3 per cento rispetto allo scorso anno. Le caratteristiche attribuite al prodotto di fiction Rai sono buona recitazione, buona realizzazione, capacità di emozionare e coinvolgere, ma anche la vicinanza dei temi e delle storie trattate al sentire delle persone, che ho dato come uno dei nostri obiettivi principali nella costruzione del racconto.
  Oltre a premi internazionali, tra cui per esempio la nomination di Braccialetti rossi agli International Emmy Kids Awards, uno dei premi più importanti a livello internazionale, voglio citare i premi che la fiction italiana ha avuto in Italia: MOIGE, Diversity Media Awards e Telefono Azzurro. Questi premi testimoniano il modo attento, eticamente orientato, ma anche rispettoso della diversità, del racconto del servizio pubblico.
  La nostra capacità di costruire storie nuove, la nostra capacità progettuale è basata sulle professionalità e sui talenti che utilizziamo. L'innovazione e la scoperta del nuovo talento fanno parte, così come l'inclusione, dei princìpi fondamentali dell'operato e del racconto del servizio pubblico. Questo vale per i grandi maestri, come Pupi Avati o Marco Tullio Giordana, che da tempo lavorano per Rai – quest'anno, hanno lavorato per Rai anche Cristina Comencini, Francesca Archibugi e Alessandro D'Alatri, che per la prima volta affrontano progetti televisivi – ma vale anche per Pag. 4registi più giovani, come Sydney Sibilia, Matteo Rovere o i The Jackal, che stanno lavorando con noi. Infine, vale per i giovanissimi, per quelli che vengono dalle scuole, dall'aiuto alla regia o da un primo film di esordio promettente, come Claudio Noce, Lorenzo Sportiello e Michele Alhaique, i tre registi che faranno la prossima serie di Non uccidere, che sostanzialmente vengono da una grande novità di esperienza.
  La produzione di fiction della Rai, in linea con la normativa europea, e soprattutto la normativa nazionale per il sostegno all'industria e il pluralismo produttivo, è realizzata in collaborazione con le società di produzione indipendente. È quello che chiede il testo unico e il contratto di servizio.
  La Rai collabora con una varietà di società: da un lato, gruppi più grandi, che si sono attrezzati in termini di macchinari, di personale artistico e tecnico, in grado di realizzare lunga serialità con scadenza annuale. Se pensiamo che uno degli obiettivi dati al servizio pubblico è quello di creare prodotto internazionale, dobbiamo anche pensare che non ci confrontiamo più con un mercato solo locale, ma col mercato europeo, fatto di realtà molto più grandi di quelle italiane. Le realtà che consideriamo grandi sono, in realtà, medie o medio-piccole se paragonate a quelle francesi, tedesche o inglesi. Poi la Rai, ed è questo qualcosa che sta diventando un'esclusività del servizio pubblico, fa lavorare le società di carattere artigianale, le realtà più piccole, che sono realtà di eccellenza e possono tenere alta la competizione e, contemporaneamente, fornire un prodotto di qualità elevata. È aperta questa possibilità anche alle società nuove, quelle giovani.
  I numeri sono inequivocabili, altrimenti sono solo parole. Quest'anno, secondo la fonte ufficiale dell'Osservatorio sulla fiction italiana – sto sempre parlando del periodo di messa in onda che va da settembre a maggio – sono ventidue le società che hanno lavorato con Rai. Sono di più se consideriamo questi mesi ulteriori; per Mediaset sono sette e per Sky tre. Delle società che hanno lavorato per Mediaset, 4 hanno lavorato anche per Rai, e tutte le società che hanno lavorato per Sky hanno lavorato anche per Rai. Da questi numeri è chiaro come il mercato si stia polarizzando tra un servizio pubblico volano dell'industria audiovisiva e una committenza concentrata solo su pochi gruppi. Quest'anno hanno lavorato le nostre troupe come sempre sul territorio italiano – come vi ho già raccontato, la delocalizzazione è proibita – praticamente in tutte le regioni d'Italia. Questo è un breve video di una società che si chiama Anele, che per la prima volta ha lavorato per il servizio pubblico per un prodotto di RaiUno, che è stato l’access della nostra prime time delle ultime settimane, tratto dai racconti di Camilleri Donne, una società che aveva lavorato prima solo per il Web.
  Nell'ultimo triennio, l'investimento della Rai nella fiction è aumentato sia in termini assoluti sia dal punto di vista delle piattaforme d'offerta. Questa è la stagione 2014-2015, quindi la stagione precedente, nella quale la Rai aveva prodotto il 63 per cento delle ore complessivamente prodotte nel panorama italiano. Questa crescita è chiara vedendo i risultati di quest'anno, in cui la Rai ha aumentato la produzione di 50 ore, arrivando al 76 per cento complessivo della produzione italiana, mentre per esempio la quota di Mediaset si riduce dal 34 al 18 per cento.
  Arriviamo alla fiction della prossima stagione. Questi sono i dati di quello che abbiamo consolidato, ma guardiamo con voi verso il futuro, verso quello che stiamo elaborando e quello che faremo. I risultati in termini di ascolto sono stati molto positivi, ma questo non basta. Questa per noi è una spinta ad andare avanti, e la scommessa è di riuscire, in un panorama sempre più diversificato e frammentato, ad alzare la qualità media del prodotto classico della fiction generalista e, contemporaneamente, e a creare un racconto che coinvolga nel flusso della nostra narrazione quelle fasce più giovani che hanno bisogno di un racconto più complesso, più sofisticate e che seguono la serialità internazionale, ma che fino a oggi non sono state spettatrici della fiction nostrana. Ognuno nel servizio pubblico deve trovare qualcosa Pag. 5che corrisponda ai propri gusti, ai propri bisogni e alle proprie necessità. La base di questo è lavorare sull'innovazione, che inevitabilmente per RaiUno è più graduale e che avviene all'interno sia dei titoli noti sia dei titoli che abbiamo varato, ma anche in modo più discontinuo e rapido per le altre reti.
  Partiamo dalla fiction di RaiUno, la grande rete generalista del Paese, la rete che è e deve essere di tutti, la rete della più ampia inclusione. Il racconto che vogliamo fare per RaiUno deve essere in grado di coinvolgere e interessare per i temi trattati. In particolare, la produzione di oggi è costituita da lunga serialità, da quei formati che anche a livello internazionale sono tipici della televisione. La lunga serialità di RaiUno deve distinguersi per lo spessore delle storie trattate e per la vicinanza, appunto, al vissuto delle persone. I temi sono la contemporaneità, innanzitutto, la società che cambia, le famiglie, la crescita dei giovani, la legalità, l'attenzione al sociale, ma anche il senso delle nostre radici. Quest'anno abbiamo lavorato sulla creazione di eventi in un modo diverso rispetto al passato. In passato gli eventi erano le miniserie e i TV-movie. Oggi, invece, costruiamo i nostri eventi intorno ad alcune serie che contengono valori che si riverberano sul senso complessivo del servizio pubblico, su che cos'è il servizio pubblico.
  Il primo di questi eventi è Braccialetti rossi, alla sua terza serie, che andrà in onda a metà di ottobre, che ha ristabilito il contatto con il pubblico più giovane, ricordo il 40 per cento dei ragazzi fino ai 14 anni e più del 30 dei ragazzi tra i 15 e i 24, con una community digital di più di un milione di utenti. Quelli su cui abbiamo lavorato nella nostra campagna pubblicitaria sono i valori del servizio pubblico. Dato che la campagna è partita durante il periodo sportivo estivo, sono i valori tipici dello sport, in particolare i valori della rete olimpica: l'amicizia, la solidarietà, il coraggio, il rispetto e la condivisione. Il fatto di farlo diventare un evento apre la strada a dire al pubblico in generale che, appunto, esistono, come Braccialetti rossi, altri prodotti capace di rivolgersi al pubblico più giovane e anche che hanno la stessa carica valoriale. Questo vale, per esempio, per la serializzazione del film di Pif La mafia uccide solo d'estate, che parte poche settimane dopo Braccialetti rossi e che ha un punto in comune, e cioè il punto di vista: il racconto, così come nel film di Pif, è visto attraverso gli occhi di un bambino, di uno giovane, che in questo caso ha dieci anni. Attraverso il suo sguardo scopre il mondo, scopre la realtà che gli sta intorno, quella della Palermo della fine degli anni Settanta. Di questo vi mostro in anteprima il trailer.
  Il terzo evento dell'autunno è la serie di coproduzione internazionale dedicata alla famiglia dei Medici, uno dei punti apicali della nostra programmazione autunnale, una serie che racconta un momento essenziale della storia e della cultura del nostro Paese, facendo anche rimandi al presente. È estremamente interessante per il mercato internazionale. Insieme a un cast italiano di primo livello ci saranno Dustin Hoffmann e Richard Madden, tra i protagonisti di Game of Thrones. Lo showrunner che ha curato il progetto è Frank Spotnitz, un importante showrunner americano, che a suo tempo firmò X-Files e che l'anno scorso ha realizzato una delle serie più importanti di Amazon, The man in the high castle. La serie sarà presentata in occasione del board meeting degli Emmy International Awards di fronte a una platea internazionale. Il progetto è stato girato in 4K e la Rai manderà il doppio audio italiano-inglese, in modo da poter godere anche della bellissima presa diretta di questa serie.
  Sono serie-evento non soltanto le grandi coproduzioni internazionali, ma anche i racconti che sono significativi di un determinato momento della nostra storia e del nostro sviluppo e che hanno una forza di esemplarità epica. Così è stato per La meglio gioventù, ad esempio, e per questa serie, che si chiama Di padre in figlia, scritta da Cristina Comencini e Francesca Marciano e che racconta l'emancipazione femminile fra gli anni 1960 e la fine degli anni 1980 in un paese del Nord-Est d'Italia, che si sviluppa a sua volta da una situazione Pag. 6 rurale di relativa povertà a dipartimento industriale.
  Voglio parlare anche di una serie che è importante perché è innovativa, in quanto per la prima volta affronta un genere, quello del giallo soprannaturale, che non è comune per la televisione italiana. È stata scritta da Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi e, prima ancora di andare in onda, ha raccolto l'interesse di Studio Canal e, quindi, ha la possibilità di avere un distributore internazionale di grande profilo. È la storia di un poliziotto che si trova a indagare sulla propria morte e che da morto ha una seconda possibilità, ovvero può riparare agli errori fatti.
  Uno dei grandi elementi di forza della fiction nella stagione che si è conclusa è stato il racconto civile, che è centrale negli ascolti e nella linea editoriale del servizio pubblico. Abbiamo raccontato, fuori dalla retorica, cercando di restituire la verità umana dei personaggi, storie come quella di Lea Garofalo, del sindaco Vassallo, di Felicia Impastato, del poliziotto Roberto Mancini nella lotta alla camorra di Sotto copertura, dell'imprenditrice Luisa Spagnoli.
  Questa è una linea che continua nella stagione che si sta per aprire. Racconteremo con La classe degli asini il fatto che l'Italia è stato il primo Paese in Europa ad abolire le classi differenziali.
  Avremo un nuovo film di Marco Tullio Giordana, I due soldati, ambientato fra l'Italia e l'Afghanistan, I fantasmi di Portopalo e, infine, la storia di Lucia Annibali, che sarà presentata quest'anno in occasione della Giornata mondiale contro la violenza alle donne, che racconta il coraggio dell'avvocato delle Marche che è stata sfigurata dal fidanzato, ma che ha portato questo suo nuovo aspetto come un simbolo della sua capacità di rinascita e di risposta positiva, con la sua storia di non amore. Questa è la scena che chiude il film.
  Sempre sulla traccia della memoria e dell'identità, ci sono, oltre alle storie civili, anche le storie che appartengono alla nostra cultura popolare. Ricorderete senz'altro la serie su Domenico Modugno di qualche anno fa. Dopo Sanremo andrà in onda la storia di Studio Uno, quindi la nascita del grande varietà popolare e fra pochi mesi inizieremo le riprese della serie su Fabrizio De André.
  Se RaiUno è la grande rete dell'inclusione, del grande racconto popolare, le altre reti permettono di non delegare l'innovazione alla sola televisione a pagamento. Per RaiDue, per RaiTre e per Rai 4 vogliamo proporre dei progetti sfidanti, dei progetti nuovi, nell'ottica di un avvicinamento del prodotto nazionale agli standard della migliore serialità internazionale, con una maggiore discontinuità rispetto a quello che è stato fatto in passato.
  RaiDue lavora sulla complementarietà dell'offerta rispetto a RaiUno e si rivolge in particolare al pubblico giovane e giovane-adulto. I prodotti che abbiamo in cantiere e che abbiamo appena finito di realizzare per questa rete sono coerenti con una linea editoriale che è volta all'innovazione. È decisivo l'elemento di irregolarità e rottura rispetto agli schemi narrativi abituali. Vogliamo raccontare anche storie e personaggi scorretti, legati all'attualità del contesto in un sistema che serva a spiazzare un pubblico che ha bisogno di essere stupito e incuriosito. Cerchiamo high concept che possano essere coprodotti, proprio perché il linguaggio più moderno della rete rende ancora più agevole questo elemento. L'evento di questo autunno sarà l'adattamento dei romanzi di Antonio Manzini: Rocco Schiavone. I romanzi di Manzini, da quando sono in onda gli spot, da quest'estate, sono tornati tutti all'interno della classifica dei libri più venduti. L'interprete principale è Marco Giallini, reduce dai successi cinematografici.
  La fiction di RaiTre è caratterizzata soprattutto dal racconto del reale, perché è una rete che sente il reale, intercetta i temi della contemporaneità e fa riflettere. Si caratterizza rispetto alle altre reti, che comunque raccontano la realtà, per un contatto più diretto e un'attenzione continuativa ai problemi, alle difficoltà e ai temi dell'oggi. Sappiamo che da ormai vent'anni l’access prime time di RaiTre si apre con Un posto al sole, un prodotto di fiction che affronta, all'interno della quotidianità del Pag. 7genere, una varietà e una ricchezza di temi di carattere sociale e civile. Quest'anno abbiamo avuto la prima serie di Non uccidere, un'esperienza fortemente innovativa. Pur con un racconto a basso costo, è riuscita a intercettare un pubblico nuovo e diverso, ad avere un grandissimo successo a livello di critica, ma soprattutto, grazie al suo gusto, comune alla serialità anglosassone e nordeuropea, a vendere nel resto del mondo, in Francia, in Germania, in nord Europa, in Sudamerica, e ad avere l'interesse di due distributori internazionali. La serie è prodotta con il centro di produzione TV di Torino, e quindi fa parte delle valorizzazioni degli asset interni, estremamente importanti per noi. Questo che vi mostro è ancora il vecchio trailer.
  Sempre per RaiTre produrremo quest'anno, in collaborazione con un altro centro di produzione, questa volta quello di Napoli e per la prima volta girando in un centro di produzione in 4K, un dramedy contemporaneo che racconta in modo surreale, ma estremamente affettuoso, la vita quotidiana del reparto di urologia oncologica di un ospedale italiano, un'esperienza che in qualche modo tocca da vicino o da lontano molte persone e che ci permette, con uno stile libero di racconto, di dipingere un affresco realistico sia della malattia sia di tutti i risvolti umani che questo comporta. La scrittura e la regia sono di Mattia Torre e l'interpretazione di Valerio Mastandrea. Le riprese inizieranno a novembre. L'evento di RaiTre, però, il linguaggio caratterizzante della rete sarà quello della docu-fiction, con esempi di alto profilo, come è stato quello della cattura di Provenzano di alcuni anni fa, ma che è stato un episodio rimasto puntuale, mentre diventerà qualche cosa di maggiormente utilizzato. Contemporaneamente, ci sarà anche la documentary series sulla base di esempi internazionali di alto profilo, come hanno fatto per esempio HBO con The Jinx o Netflix con Making a murderer. Quello della docu-fiction è un linguaggio estremamente ricco e duttile, col quale non soltanto racconteremo la cronaca e l'attualità, ma anche biografie o accadimenti che segnano l'oggi.
  Arriviamo a Rai 4, che nel sistema dell'offerta Rai è la rete più aperta all'innovazione e al cambiamento. È la rete che si rivolge al pubblico più giovane, a quel pubblico che ha dei riferimenti comuni di cultura mediatica rispetto ai propri coetanei a livello europeo e internazionale. È una rete pensata per i nativi digitali, non solo come pubblico, ma anche per quanto riguarda il lavoro di produzione e di creazione artistica. Rai 4 per noi è un campo aperto che non deve in questo momento avere un perimetro fisso, ma in divenire, quello dei progetti che ci verranno presentati. Deve essere un laboratorio del talento. Anche sul formato vogliamo lavorare in un modo diverso rispetto agli altri canali, lavorando per esempio sui 30 minuti, un formato a livello internazionale in grande crescita. Penso a serie come Girls, Transparent, Mozart in the jungle o, a suo tempo ormai anni fa, Sex and city: linguaggio tipico delle televisioni cable più avanzate, come shot time o di Amazon, che permette un circuito maggiormente internazionale per i nostri progetti. Per Rai 4 organizzeremo un lavoro in comune col centro sperimentale, col premio Solinas e con altre scuole per l'esordio del talento e per realizzare anche dei pilot non solo scritti, ma anche effettivamente girandoli, in modo da poter consentire ai più giovani di avere un rapporto con la Rai che coniughi e accompagni il percorso tra la scuola e la professione. Apriremo anche dei pitching rivolti a nuovi autori e nuovi produttori, in modo da poter accogliere in massimo grado la novità.
  Se è importante la varietà dell'offerta, sono importanti anche le modalità in cui l'offerta arriva. Questo riguarda la direzione digital, ma per un servizio pubblico che si rivolge anche al pubblico abituato alla fruizione non lineare, in mobilità, quello di fiction è un prodotto di eccellenza fondamentale per l'offerta attraverso le diverse piattaforme.
  Siamo arrivati a un altro degli elementi fondamentali del lavoro compiuto quest'anno. Sappiamo che dal 2014 abbiamo intrapreso un percorso di trasparenza rispetto al mercato con la pubblicazione Pag. 8delle linee editoriali condivise con il consiglio d'amministrazione e un format per la presentazione dei progetti. Quello che abbiamo voluto fare, però, da maggio di quest'anno è stato ripensare, approfondire e rilanciare il sistema di presentazione dei progetti, in modo da permettere una maggiore qualità delle proposte e un modo per avere una maggiore aderenza alle linee editoriali delle reti, e un percorso di grande trasparenza. Il percorso di trasparenza è garantito dal fatto che tutti i progetti saranno presentati solo attraverso il portale e prevedono una ricchezza di presentazione inedita rispetto al passato, in linea con le best practice a livello mondiale. Abbiamo chiesto la consegna dei materiali scritti, come è sempre avvenuto, cioè il concept, i soggetti, la descrizione dei personaggi, ma quello che richiediamo è uno sforzo ulteriore di investimento, che è investimento economico, ma soprattutto di carattere creativo da parte dei produttori. Dato che la televisione, la serialità, non è la traduzione meccanica di pagine, ma linguaggio visivo, montaggio, musica, allora un progetto, per essere giudicato, più elementi ha di carattere musicale e visivo e più è possibile valutarne l'effettiva originalità e qualità. Insieme ai materiali richiesti chiediamo di avere reference ad altre serie italiane e internazionali, il moodboard o teaser trailer di presentazione dei progetti, più reference musicali, le ipotesi di regia, di collaboratori tecnici, di cast, l'analisi del pubblico di riferimento, l'analisi economica, le possibilità di co-produzioni estere, le possibilità di avere sequel. Vorrei soffermarmi, perché si tratta di linguaggio effettivamente tecnico, su cosa sono i moodboard e i teaser trailer di presentazione. Sono gli elementi di carattere visivo, fotografico o montati, presi in generale da altri prodotti, che permettono di capire che cosa la produzione ha in mente come realizzazione del progetto. Una serie può essere raccontata in mille modi diversi: questi teaser o moodboard permettono di vedere l'idea del progetto. Ne ho portato uno consegnatoci da una società di produzione come adattamento dei romanzi sul commissario Ricciardi scritti da Maurizio De Giovanni che qualcuno di voi forse avrà letto.
  Il romanzo è stato tradotto in tutto il mondo, e anche negli Stati Uniti. Queste sono le critiche del New York Times e del Wall Street Journal ai romanzi di Maurizio De Giovanni, che testimoniano come esista un mercato aperto e pronto per realizzare questo progetto secondo canoni internazionali, avendo già un co-produttore.
  Uno degli elementi fondamentali per la Rai è quello dell'internazionalizzazione, cioè di essere non solo un player, e forse il pivot dell'audiovisivo italiano, ma di costruire un linguaggio che possa confrontare l'immaginario italiano con il circuito internazionale della comunicazione.
  Quali sono i tipi di serie esportabili? Da una parte, le serie che hanno una forte identità e che lavorano sul genere, che è una lingua franca: quando è parlata, sotto il profilo visivo, della qualità di scrittura e di interpretazione, ha un livello internazionale. Pensiamo non solo a Montalbano, ma per esempio a serie come Fargo o Breaking Bad: hanno un'identità locale molto particolare e, contemporaneamente, lavorano sul genere. Questo vale anche per la serialità nord europea e per quella per esempio inglese. Ovviamente, però, la possibilità di internazionalizzazione del nostro prodotto passa attraverso le grandi coproduzioni internazionali. Nell'universo multimediale della narrazione esistono tante tipologie di storie. Molte sono quelle che vengono dal mondo anglosassone, che parla una lingua franca e che ha una fortissima industria. Ci sono alcuni Paesi, come Danimarca o Israele, che sono riusciti a ritagliarsi all'interno della distribuzione internazionale delle piccole nicchie. Noi pensiamo che il ruolo e lo spazio che ha l'Italia all'interno della comunicazione della narrazione internazionale debbano essere più ampi. È così, come abbiamo visto, con la serie sui Medici o con progetti come Il nome della rosa: pensiamo di poter lavorare sulla forte identità culturale del nostro Paese e di Pag. 9poter occupare quel ruolo che l'Italia è giusto abbia.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIORGIO LAINATI

  PRESIDENTE. Ringrazio il direttore per questa bella presentazione. Il presidente Fico si è assentato un momento. Sono qui a ringraziare la dottoressa Andreatta anche a nome suo e a dare la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  MAURIZIO GASPARRI. Vorrei fare un riferimento, in particolare, a un tema di cui abbiamo parlato anche in altre audizioni con il direttore generale. Ovviamente, queste, anche quelle all'interno del mercato internazionale, sono produzioni italiane che attingono al mercato interno. Ci sono poi alcuni casi di format ripresi dall'estero. Qual è il rapporto col mondo del cinema italiano e quale produzioni ulteriori sono in programma? In particolare, crediamo che la Rai debba essere un veicolo anche di promozione della cultura e della qualità televisiva, della fiction e cinematografica italiana, che finiscono per intrecciarsi, ma tra le varie notizie che ho visto e le anticipazioni non ho visto menzionare una serie di cui si era parlato sui Vangeli di Pupi Avati, uno dei principali registi italiani: è in programma? Ci sono idee al riguardo? Il tipo di tematica e il tipo di autore possono sicuramente far parte di quel panorama identitario e culturale a cui si attinge.
  Mi ha divertito il riferimento all'attualità, a proposito della serie sui Medici e le banche di Firenze. Non so se fosse quello il riferimento, dal momento che ultimamente si è parlato di banche toscane...

  RAFFAELE RANUCCI. Ringrazio la direttrice, che ha fatto veramente una bellissima esposizione dei programmi. Sembrava quasi di stare a Cannes quando una volta presentavamo i programmi della Rai. Credo che Rai Fiction stia andando nella giusta direzione, ma vorrei sottolineare due o tre concetti.
  Lei ha parlato di un rapporto più maturo col mondo dalla produzione. Credo che per anni la Rai abbia subìto le produzioni. Che cosa voglio dire, direttore? Alla Rai venivano sottoposti progetti, delle fiction, che valutava non tanto sulla necessità di dare alcuni tipi di comunicazione, di un prodotto identitario del Paese, ma anche secondo il peso che alcune produzioni avevano all'interno dalla Rai. Non lo nascondiamo. Ci sono produzioni molto più forti e produzioni molto più deboli. Mi fa piacere che lei ci abbia raccontato che ci sarà un nuovo modo, ma la cosa che credo molto importante è che i temi non debbono essere promossi da fuori. Credo che Rai Fiction, la Rai in generale, debba decidere quali sono i temi delle sue fiction. L'identità del nostro Paese deve passare attraverso una scelta delle funzioni di trasmissione.
  È ancora in onda, per esempio, in questi giorni Catturandi. Trovo che Catturandi sia un'ottima fiction, che ci racconta un mondo molto particolare, esalta l'azione della polizia, dell'investigazione, anche se è tratto da racconti, ma molto vicini alla realtà.
  Lei ha parlato di Un posto al sole. Sono uno dei fan di Un posto al sole; 250 puntate sono anche poche, direttrice, ma è verissimo che Un posto al sole, oltre ad avere, come lei ha detto, una funzione civile e sociale, ha anche una funzione culturale, di promozione dei luoghi di Napoli. Credo che la fiction della Rai debba essere quella che dà i tempi e detta le necessità. Ricordiamoci che in questo campo la Rai ha una funzione economica nel Paese, perché attua una distribuzione di risorse sui territori, da Torino, a Roma, a Napoli e ai territori dove vengono girate le fiction. Sono molto contento che lei abbia detto che ci sono una varietà di gruppi. Spero che questi gruppi siano anche proporzionati. Lei ha parlato di 22 diversi produttori. Mi piacerebbe sapere anche, però, all'interno di questi 22 come sono distribuiti i fatturati e le risorse, perché possono essere 22, di cui cinque hanno il 90 per cento del fatturato e gli altri il resto. La mia richiesta, Pag. 10 quindi, è di sviluppare ancora di più le piccole realtà, perché questo vuol dire portare ricchezza nei territori e portare ricchezza alle piccole e medie imprese.
  Un'altra cosa che vorrei sottolineare è che dobbiamo continuare a pensare anche in positivo. È giustissima l'internazionalizzazione della fiction della Rai, ma cerchiamo anche di portare la parte positiva del Paese. Come ho detto prima, dobbiamo catturare vicende che riguardano la storia del Paese e che molto spesso i nostri ragazzi non conoscono, ma credo che, quando parliamo di portare all'estero – attività straordinaria di promozione del nostro Paese, ma torniamo sempre a quella svolta da Montalbano – dobbiamo anche puntare alla bellezza e alla positività. Altrimenti, tendiamo a raccontare un Paese della mafia, un Paese in cui non c'è chiarezza. Invece, c'è un Paese attivo e produttivo. La fiction su Olivetti è stata straordinaria, bellissima. Bisogna continuare a rappresentare anche l'attualità di questo Paese, che possiamo raccontare anche in senso promozionale all'estero.
  Infine, non pensa si possa attivare anche una produzione interna? La Rai potrebbe essere essa stessa produttrice di fiction? Perché rivolgersi sempre a quei grandi produttori – insisto che sono cinque, sei o sette – di fiction? Potrebbe esserci un progetto di Rai Fiction produttore di Rai Fiction?

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  SALVATORE MARGIOTTA. Anch'io ringrazio la direttrice per la puntuale esposizione, che ci ha anche regalato qualche momento suggestivo. Le rivolgo i complimenti per le colonne sonore dei trailer, quasi tutte belle.
  Avevo due questioni da porre, ma a entrambe ha risposto nel suo intervento, a una in modo che reputo soddisfacente, mentre sull'altra lascia aperti dubbi già avanzati dal collega Ranucci, che condivido e su cui dirò qualche parola.
  La prima concerne, da un lato, l'esportabilità e l'internazionalizzazione e, dall'altro, fiction in lingua inglese. A me è molto piaciuto il trailer della fiction sui Medici in lingua inglese. Mi ha preceduto nella domanda, perché ha già affermato che sarà trasmessa anche in lingua inglese. Lo ritengo uno dei modi possibili per far vedere queste fiction ai giovani, perché magari i nostri figli non guardano una fiction sui Medici, ma se sanno che è in inglese, per il solo fatto di sentir parlare la lingua che per loro inizia a essere quasi consueta come l'italiano, la guardano. Sull'internazionalizzazione mi pare che siamo molto in progress, però i concetti che ha espresso vanno tutti benissimo. Mi ha fatto piacere anche vedere che si sta girando qualcosa sui libri di De Giovanni, che apprezzo. Mi pare una cosa buona.
  La seconda questione che volevo porre e da lei inquadrata in una maniera che non mi ha soddisfatto, è l'annosa vicenda dei grandi produttori e piccoli produttori, già introdotta correttamente dal collega Ranucci. Faccio un paio di premesse e poi vado alla domanda. Innanzitutto, da quel che mi consta – ma potrei avere dati sbagliati – le fiction che hanno effettivamente ascolti molto importanti, che superano quel 26 per cento a cui lei ha fatto riferimento, sono quelle antiche, cioè le solite Don Matteo, Un medico in famiglia, Montalbano. Naturalmente, come si dice nel calcio, «squadra che vince non si cambia». È anche vero, però, che fare questi risultati sempre con lo stesso prodotto, da un lato, è facile e, dall'altro, affeziona un pubblico ormai anziano e non si rivolge ad altro pubblico. È vero che c'è stata Braccialetti rossi, un grandissimo successo, ma è vero anche, da quel che mi risulta – potrei sbagliare – che anche lì c'era una mutuazione da parte di un prodotto di altro Paese (credo spagnolo).
  Al di là di questa premessa, il tema è sempre lo stesso. Lei afferma correttamente che ci sono alcuni grandi produttori – io dico che sono quattro e qualcun altro dice che sono cinque o sei, ma questo non conta – che sono in grado di dare un grande prodotto che fa questi numeri; nel frattempo, noi, però, diamo spazi anche ai piccoli produttori. Come dicevo, la risposta Pag. 11è soddisfacente a metà, perché secondo me – lo dicemmo anche in un'antica audizione di un paio di anni fa – il tema non è quello. Il tema è che la più grande industria culturale italiana, come amiamo dire, non deve solo dare spazio anche ai piccoli, ma deve farli crescere. Il processo è virtuoso se qualche piccolo diventa grande, non se il mercato viene diviso da un dato numero grandi e da un po’ di piccoli, con quei grandi che rimarranno tali all'infinito e quei piccoli che rimarranno tali all'infinito. Capisco che è molto più difficile. Faccio sempre il paragone con un mondo che conosco di più, quello delle imprese di costruzione. Anche in quel settore è più o meno così, ma non va bene. Un Paese virtuoso non può avere quattro grandi gruppi di costruzione e poi tanti piccoli, altrimenti non cresce. Allo stesso modo, non può avere, soprattutto quando tutto ruota attorno a fondi pubblici, pochi grandi gruppi e una miriade di piccoli condannati al nanismo. Da questo punto di vista, alla sua intelligenza, alle sue capacità e alle sue qualità professionali mi sento di affidare, non proprio una mission, ma un consiglio: andrà sempre meglio se in un futuro in Commissione vigilanza ci dirà che qualche piccola realtà è riuscita a crescere grazie all'aiuto che ha avuto dalla più grande industria culturale del Paese, che è la Rai, che utilizza fondi pubblici.

  MAURIZIO LUPI. Ringrazio anch'io il direttore per la relazione così dettagliata ed esaustiva che ci ha fatto. Ritengo che questa sia una delle audizioni più importanti che abbiamo fatto. Lei ce lo ha spiegato esattamente prendendo il tempo necessario e raccontandoci che siamo di fronte, in un linguaggio nuovo e moderno, a una funzione di servizio pubblico che oggi passa prevalentemente attraverso questi prodotti. È per questo che, trattandosi di un servizio pubblico ed essendo noi una Commissione di vigilanza, dobbiamo dare un'attenzione doverosa a questo settore sotto i due aspetti che sono stati sottolineati.
  Giustamente lei ha fatto riferimento a una serie di obiettivi nel condurre la sua responsabilità e, quindi, nello sviluppare questo settore, che continua a crescere. Il dato che mi ha colpito è che nei concorrenti questo settore diminuisce, perché è evidente che bisogna investire risorse, che o arrivano dal mercato oppure sono quelle che il servizio pubblico in quanto tale (canone Rai) mette a disposizione della possibilità di continuare a svolgere questo compito. Lei ha parlato di una serie di obiettivi del racconto. Uno di questi per me è fondamentale: il tema dell'identità e delle nostre radici, oltre a quello della modernità eccetera. Come coniugare identità e radici, identità plurali, identità che appartengono alla storia? Una delle sfide più grandi dell'Occidente – ne abbiamo discusso più volte a proposito di quello che ci sta accadendo – è come recuperare e rendere moderna la propria identità. È evidente che la domanda che dobbiamo porci è se, attraverso questa programmazione, questo compito, legato a tutti gli altri che condivido, inizia a essere esaustivo o meno. Lei ha parlato anche del laboratorio di talenti, della qualità, della tradizione, dei giovani, della crescita del settore. Mi sembrano tutte questioni fondamentali. Prima di porle delle domande specifiche, le faccio una sola osservazione rispetto alla crescita del settore. Io ritengo, invece, che, proprio perché Rai è servizio pubblico e azienda pubblica, come è accaduto per il cinema e per altri settori nel nostro Paese, il servizio pubblico e le risorse che ha a disposizione possano diventare un grande moltiplicatore di eccellenze e di sviluppo privato industriale. Di conseguenza, mai e poi mai vedrei una Rai che si autoproduce. Vedo una Rai che, proprio per questo, fa crescere e sviluppare talenti, qualità e il settore, che possibilmente non si deve limitare all'Italia, ma deve concorrere nel mondo. Questa ovviamente è la nostra posizione.
  Non a caso, molti degli interventi dei colleghi, come il mio, si sono focalizzati su due questioni. La prima è la seguente: se diventa così importante questo settore, qual è il criterio con cui garantiamo accesso al settore e pluralità e non monopoli? I dati che hanno citato gli altri colleghi sono quelli che risultano anche a me. Lei ci ha riferito che c'è molta diversificazione, in quanto ci sono 22 società di Pag. 12produzione che hanno lavorato. A noi risulta – ma credo che questa sia l'occasione per chiarire, anche attraverso la trasparenza dei dati e ovviamente la comunicazione – che il 60 per cento del valore delle produzioni si concentri su quattro case di produzione. Queste ultime possono anche essere le più brave, ma qual è il criterio che si usa?
  Il nostro Gruppo di Area popolare, direttrice, quando si discuteva della riforma della Rai, aveva proposto un emendamento, ma poi nel dialogo col sottosegretario Giacomelli si è tornati indietro. Nell'emendamento ci chiedevamo: qual è la modalità con cui si dà accesso a tutti? È quella della gara? È possibile fare gare in questo settore? A proposito di discrezionalità, come si misura la qualità? Questo è un tema oggettivo e sono solo la chiarezza dei criteri e la trasparenza dei dati che possono far venir meno i dubbi o le perplessità. Al contrario, se non c'è trasparenza e se non ci sono criteri chiari, questi dubbi e queste perplessità rimangono. Se 22 è un numero eccezionale, può essere un numero che non va assolutamente nella direzione che lei si auspica e che ci ha riferito e che ci auspichiamo noi come Commissione di vigilanza. Su questo chiederei a lei di aiutarci a comprendere, anche nella precisione dei dati e dei criteri che usate.
  La seconda domanda, invece, riprende e sviluppa un'osservazione del senatore Gasparri. Proprio in virtù della funzione di servizio pubblico, come ci ha detto il direttore generale, per le fiction contano gli ascolti, ma non solo quelli. Peraltro, l'idiozia che è stata trasmessa su RaiDue in questi giorni, il reality show sui giovani ricchi, può aver fatto anche il 10 per cento di audience, ma ritengo che sia proprio una cosa da eliminare, nel senso che non rientra nei criteri del servizio pubblico e dell'utilizzo di risorse del servizio pubblico. Questo non riguarda lei, ma abbiamo avuto qui una lunga disquisizione da parte del direttore di RaiDue, che è venuto a raccontarci la novità, come, quando eccetera. La più grande novità che RaiDue ci ha proposto è di dimostrare – non sono un pauperista o un populista – come quattro giovani possano vivere la loro vita cercando di passare tutto il loro tempo a decidere se la macchina deve essere di un colore o di un altro. Questo non riguarda lei, però il tema di un pluralismo culturale e di un racconto plurale della nostra società rispetto ai suoi criteri è fondamentale.
  Mi collego alla domanda del senatore Gasparri sulle serie come La buona novella, che avevano avuto un coraggio importante, prendendo il cinema d'autore, e che, peraltro, avevano avuto un buon risultato d'ascolto. La prima puntata aveva fatto, se non ricordo male, oltre 4 milioni di ascolto. Questo è un segnale. Cosa se ne fa? Che fine hanno fatto? Andiamo solo sulle fiction che raccontano la realtà, che raccontano un giusto pezzo di storia del nostro Paese, oppure raccontiamo questa pluralità di dimensione culturale, che appartiene alla storia dell'Italia e dell'Occidente, con coraggio, attraverso autori nuovi e vecchi? Questo mi piacerebbe molto, perché, se non si scende nel concreto, tra possibilità di far lavorare tutti e di farli crescere e possibilità di raccontare tutta una storia plurale della cultura del nostro Paese, credo che non passiamo dalle buone intenzioni e dagli obiettivi fondamentali alla realtà e alla concretezza.

  ALBERTO AIROLA. Sono contento che i colleghi sollevino i problemi di trasparenza, perché io qua nel settembre del 2013, quando ci incontrammo, chiesi esattamente di sapere come venivano divisi i soldi. All'epoca avevate un budget annuale di oltre 100 milioni di euro. Adesso, da quel che mi risulta, ci sono 500 milioni in ballo per i prossimi tre anni tra voi e Rai Cinema. Chiesi di sapere come venivano divisi questi soldi e su quali società.
  Successivamente, in un'audizione del consiglio di amministrazione dell'epoca venne fuori la vicenda delle happy five, le cinque società. In seguito, durante la sua ultima audizione con noi, lei disse che avrebbe provveduto a trovare nuovi criteri di selezione e a fare trasparenza, mettendo in evidenza i progetti proposti dalla Rai, quelli scelti e le società selezionate. Oggi noi, a parte i piacevoli filmini che abbiamo Pag. 13visto, dovremmo ragionare su dei dati, anche aggregati. Mi basterebbe un grafico a torta – le torte rappresentano anche una metafora – in cui si sappiano queste fette, anche a grandi linee, a chi vanno.
  Come hanno fatto notare tutti, 22 nuove società di produzione mi stanno bene, ma chi sono? Lei ha citato prima una nuova produzione. È un'estensione della Palomar. Non ho nulla contro la Palomar, ma basterebbe, a sua difesa, arrivare con dei dati e farceli vedere.
  Arrivano dall'interno della Rai, ma anche da piccoli produttori, tantissime lamentele, almeno a me, sulla sua gestione personalistica del settore Rai Fiction. Accentra su di lei quasi tutte le scelte. È addirittura producer di Montalbano. Mi dica se è vero oppure no.

  ELEONORA ANDREATTA, direttore di Rai Fiction. Producer?

  ALBERTO AIROLA. Lei attualmente è producer interna Rai della fiction Montalbano?

  ELEONORA ANDREATTA, direttore di Rai Fiction. No, assolutamente. Si chiama Erica Pellegrini.

  ALBERTO AIROLA. Vado avanti, perché non ho interrotto nessuno, quindi non interrompete me.
  Comunque, ha sempre usato lo stesso personale. Mi risulta anche un'altra cosa, che ritengo abbastanza grave, cioè che la selezione e la lettura delle proposte di sceneggiatura presentate alla Rai viene fatta da consulenti esterni. Alla faccia della valorizzazione degli asset! Basterebbe veramente poco per smentire queste cose, che possono anche essere illazioni. Sono delle segnalazioni. C'è parecchia gente che potrebbe lavorare in Rai e potrebbe scrivere. Per esempio, di queste fiction che producete quale format è uscito internamente dalla Rai? Ce n'è uno? Inoltre, a proposito di Rai 4 e dell'esordio dei talenti – bellissima proposta – che budget avrà?
  Da lei ho sempre sentito solo parole. L'unica cosa che le riconosco – l'unica – è di aver fermato le delocalizzazioni, anche quello su iniziativa del Movimento 5 Stelle. Dunque, ora o io vedrò dei dati, vedrò deleghe a consulenti esterni, cose che la Rai potrebbe fare tranquillamente... Credo che a tutto questo si risponda esclusivamente con la trasparenza. Da tre anni lei qua non ci ha mai portato uno straccio di niente. Infatti, quelle quattro cifre che ho visto lì – mi perdoni – non significano niente, perché non so neanche il budget del prossimo anno più o meno come verrà ripartito.
  La fiction sui Medici costa come Don Matteo? La fa la Lux Vide: bellissima, belle inquadrature, tutto bello. La si fa in co-produzione: con chi? Perché? Perché quel prodotto viene fatto in co-produzione? Può essere una buona notizia, non dico che questa sia una critica, ma di tutto questo non sappiamo nulla.
  Allora, prima di metterci a parlare, prima di un'altra audizione, deve portare dei dati sensibili sul sito. Fatemi vedere se c'è qualche cosa, è partito il piano trasparenza da luglio. Voglio capire perché non c'è niente di Rai Fiction, nulla. Nell'applicazione vedo quattro titoli, e mi sta bene, ma questa non è una fiera, non è un mercato dove si vengono a vendere dei prodotti internazionali e si fanno vedere due trailer a eventuali acquirenti. Questa è una Commissione parlamentare che fa gl'interessi di cittadini che le danno i soldi per fare cose che non devono essere cose solo sue e dei suoi amici, ma cose a vantaggio della Nazione.

  PRESIDENTE. Airola, se ci sono certe osservazioni, deve poi motivarle di più.

  LORENZA BONACCORSI. Vorrei provare a chiederle una delucidazione su quella parte del suo dipartimento che è sempre abbastanza dimenticato, che sono i cartoni animati. Vorrei capire qual è la vostra strategia in relazione alla programmazione e agli obblighi di programmazione che la Rai ha, anche con il rispetto delle quote per la produzione italiana. Faccio oggettivamente fatica a trovare dati sulla programmazione dei cartoni animati. Ho letto da qualche parte, mi pare in un articolo Pag. 14 di Il Sole 24 Ore di qualche tempo fa, che sui canali tematici Rai, cioè Rai Gulp e Rai Yoyo, su 11.000 ore di trasmissione la produzione italiana rappresenta il 27 per cento: è un dato veritiero?

  PINO PISICCHIO. Anch'io vorrei esprimere il mio ringraziamento per l'intervento della direttora. Credo che quest'espressione sia più confacente, perché direttrice mi fa pensare ad altre cose, mentre direttora ci sta.
  Mi pare evidente – la dottoressa Andreatta converrà con me – come il ruolo, in un momento di produzione così importante, fondamentale, di Rai Fiction, sia centrale da un punto di vista della costruzione di un'identità collettiva, e anche di una sensibilità. In genere, la Commissione di vigilanza appare più suggestionata dai profili legati all'informazione, il che ci sta tutto, è giusto. Tuttavia, la psicologia sociale fin dagli anni Sessanta raccontava come l'influenza decisiva della fiction si muovesse per mutare persino gli orientamenti politici all'interno di una comunità di spettatori. La fiction è quindi veramente lo strumento fondamentale per la costruzione e la propalazione di una cultura, di un'identità collettiva.
  Ciò detto, riprendo, solo per una sottolineatura di condivisione, ma anche con un punto di domanda, il tema, già affacciato da qualche collega, relativo alla sensibilità di alcuni temi civili, anche oggetto della fiction – è una sollecitazione a una creatività meno riposata, meno conformistica – per cui forse sarebbe utile evitare di mantenersi sempre su alcune maschere: il mafioso, il politico che necessariamente è un delinquente con la fascia tricolore, quest'ambiente che viene sempre riproposto in certe fiction, salvo il titanico uomo solo che si mette contro questo schema e che, comunque, non fa testo, perché non rientra nella categoria. Probabilmente, una riflessione sotto questo profilo sarebbe opportuna. Oltretutto, credo che esista anche una certa ripetitività in questo schema. Ho visto cose molto belle nei trailer che sono stati proposti e ho visto anche la riproposizione delle medesime facce, dei medesimi attori, caratterizzati in un'identità. Lei sa bene che l'identificazione in un ruolo poi si ripropone e in qualche modo condiziona anche il ruolo successivo di attori che hanno avuto ruoli all'interno delle fiction avente a oggetto materia mafiosa. Certo, c'è anche questo in Italia. Qualche volta, però, sottolineare che ci sono cose diverse male non fa.
  Lei poi ha fatto riferimento – sono molto interessato e curioso di saperne qualcosa di più – a Rai 4 e alla sperimentazione avente a oggetto, come target privilegiato, i nativi digitali. Mi interessa molto: se, cortesemente, avesse la possibilità di dirci qualcosa di più, attingerei con entusiasmo.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Sull'ordine dei lavori, visto l'orario, per non comprimere in alcun modo la risposta ed eventuali altre domande, può esserci un'intesa dei gruppi a rimandare l'Ufficio di Presidenza previsto in coda all'audizione? Abbiamo in ogni caso già il calendario della settimana prossima, quando è prevista un'audizione. Potremmo rimandare l'Ufficio di Presidenza alla settimana prossima.

  PRESIDENTE. Vedo che i capigruppo sono d'accordo: è rimandato. Senatore Airola, abbiamo rimandato l'Ufficio di Presidenza a mercoledì prossimo, quando è già calendarizzata l'audizione del direttore di Rai Cinema Del Brocco.
  Ricapitolando la storia dei nostri incontri, ricordo, anche sulla scorta di alcune domande poste oggi, che quando venne qui la prima volta, c'era stata già un po’ di polemica, ma giustamente per trasparenza e chiarezza, sulle all'epoca famose happy five. Lei venne qui e disse che le happy five non erano five, ma three, happy three. Le chiamò così in quell'audizione. Ci diede anche un dato: quell'anno erano stati stanziati circa 195 milioni di euro, se non ricordo male, per le fiction. C'era una parte per i piccoli produttori ma la grande maggioranza dello stanziamento per le fiction era assegnato a queste tre società. Un dato che possiamo fotografare e da cui siamo partiti. Avevamo chiesto, sempre in quell'audizione, Pag. 15 in che modo venivano selezionate le fiction. Ancora non c'era il progetto del portale.
  Oggi, da quello che vedo possiamo avere già dei risultati. Da quando è ritornata e ha presentato il nuovo portale, non oggi, quando per la prima volta si dovevano mandare le domande all'interno del portale e poi venivano selezionate, tutte le fiction che sono arrivate sono state selezionate attraverso il metodo del portale? È per questo che oggi c'è un nuovo portale con una complessità maggiore rispetto alla presentazione? Tutte le fiction che verranno selezionate devono essere per forza selezionate tramite il portale?
  Inoltre, relativamente ai 195 milioni di euro del 2013, che in stragrande maggioranza andavano alle tre società, come lei ha detto in quell'audizione, oggi questo grafico, questa prospettiva come è cambiata? Si è modificata? Quanto si è modificata? Si tratta di capire anche il lavoro. È vero infatti che 22 produttori sono una cosa importantissima. Rispetto a Mediaset, che ha ridotto, e a Sky, che ne ha tre, e lavorano anche per Rai, sicuramente l'industria culturale è un volano per gli altri produttori e i piccoli produttori. Si tratta solamente di comprendere meglio a livello di dati come è cambiata la situazione dal 2013, quando ci siamo visti la prima volta, a oggi. Questo è un dato che secondo me si può raccontare molto tranquillamente.

  ELEONORA ANDREATTA, direttore di Rai Fiction. Vi ringrazio per gli interventi. Se posso, partirei proprio dalle domande del presidente Fico, che in qualche modo riassumono una serie di interventi precedenti.
  Vorrei specificare che nella famosa prima audizione, in cui ho parlato di tre società che ricorrevano, quello che dissi è che in realtà, già allora rispetto al sistema europeo, in cui c'è una forte concentrazione dei gruppi più importanti, l'Italia ha un panorama relativamente concentrato, tanto che basta una lunga serialità di successo per essere all'interno delle società che tendenzialmente sono nella top list in termini di numero di ore prodotte.
  Pensiamo alla società che produce Un posto al sole, un solo titolo, ma anche a quella che ha realizzato Un medico in famiglia e poi ha prodotto È arrivata la felicità: basta spesso un titolo solo, perché il nostro non è un panorama in cui i gruppi riescano ad avere un fatturato molto alto. Tra le società che lavorano di più avevo fatto una statistica – sapevo che c'era questa domanda – all'epoca tre ricorrevano e la quarta e la quinta a seconda degli anni cambiavano in dipendenza dal fatto che ci fosse un titolo di lunga serialità. Questo era il punto di partenza di allora. Vorrei partire dal presupposto che la Rai agisce, ovviamente, secondo il contratto di servizio e secondo il testo unico, e agisce nella sua politica anche in relazione alla legge generale sull'audiovisivo. In questi anni, per esempio, il grande cambiamento è l'estensione del tax credit alle società di produzione non solo di cinema, ma anche di televisione. Lo scopo è quello di creare un sostrato produttivo competitivo, che porti l'Italia a competere su standard internazionali. Noi siamo degli editori, quindi ci occupiamo di idee, di creatività, maneggiamo una materia non riproducibile in modo meccanico, ma che richiede delle competenze sofisticate e specifiche. Nel momento in cui si ha a che fare con Hollywood, con i grandi agenti internazionali, con registi o con attori che vengono da mercati di un certo tipo, bisogna saper gestire quelle produzioni, che sono macchine complesse, che hanno a che vedere anche con la tradizione del grande cinema hollywoodiano. Ormai, la televisione nelle sue espressioni più alte ha quel tipo di impegno e di competenza specifica. Questo vale anche per la serialità lunga a basso costo, in cui il livello di qualità è spesso di carattere più industriale che non artigianale. Il tax credit va, quindi, anche nella direzione del rafforzamento di alcune realtà perché cresca il mercato.
  La Rai si muove su questi due elementi: da un lato, deve fare un tipo di produzione che, in quanto di lunga serialità, si muove nell'ambito più industriale; già sulle serialità medie, di sei serate o su TV-movie e miniserie, ha l'opportunità di lavorare con Pag. 16società che non sono strutturate nella stessa maniera. Per esempio, quello di BBC è un lavoro di commissioning editor, come lo chiamano loro, un lavoro di interrelazione, dove il lavoro editoriale compiuto dal broadcaster è molto importante. Mi è stato chiesto anche quanto la Rai influenzi quello che viene portato dall'esterno: sul portale abbiamo le linee editoriali, chiediamo un prodotto con determinate caratteristiche, determinate tematiche, determinati contenuti. Comunque, adesso non parliamo di questo. La Rai influenza il modo in cui si fa il prodotto, ma questo, come chiedono il testo unico e il contratto di servizio, deve essere volano dell'industria esterna. Abbiamo l'obbligo di investimento di una quota degli introiti complessivi da canone e pubblicità sulla fiction di produzione per la produzione indipendente. Perché lavoriamo con le società esterne? Perché è l'obbligo di legge, perché lavoriamo anche alla crescita di realtà che possano competere a livello internazionale, perché questa è la direzione della legge sull'audiovisivo italiano, che si è chiesta anche al servizio pubblico, di competere a livello internazionale.
  Vorrei fornire qualche dato in più, che forse aiuta. I produttori che, nell'ambito del sistema complessivo dell'audiovisivo, – quindi non solo Rai, ma Rai, Mediaset e Sky – producono più di sei serate, in Italia sono venti. Di queste società, solo tre non lavorano con Rai: Taodue e Ares sono società del gruppo Mediaset, la società di Raoul Bova ha prodotto direttamente con Mediaset. Diciamo che 17 della società che lavorano con Rai producono almeno una serie, quindi non sono più realtà così piccole, ma in grado di produrre anche un prodotto di carattere seriale. Ancora, le società che producono più di dieci serate sono ormai otto o nove. Quello che è successo è che alcune realtà si sono un po’ rafforzate e c'è una crescita della produzione media verso una produzione più rafforzata: quello che il senatore Margiotta auspicava sta in parte avvenendo. Per quanto riguarda l'investimento, se prendiamo le più grosse società – provvederò magari un dato insieme a Luppi – credo che i cinque o sei gruppi più importanti siano circa il 40 per cento della produzione: questo dipende dalla presenza di lunga serialità, quindi dalla capacità di avere un determinato tipo di produzione nella propria linea produttiva. Non so se sia esaustivo quanto ho detto sui numeri. Si sta ampliando, non sono sempre le stesse società, e la lunga serialità è ciò che contraddistingue sostanzialmente la presenza, ma mi sembra sia un numero importante il fatto che lavorino con Rai 17 società delle 20 che riescono a produrre un prodotto di almeno sei serate.

  PRESIDENTE. Sarebbe positivo se riuscissimo ad avere qualche numero più dettagliato.

  MAURIZIO LUPI. Esatto!

  PRESIDENTE. In questo modo riusciremmo anche a chiudere definitivamente con tutte le domande che ogni volta vengono poste in Commissione su quest'aspetto. Con i dati si conclude tutto.

  ELEONORA ANDREATTA, direttore di Rai Fiction. Per quanto riguarda il discorso su sequel e serie nuove, il fenomeno di ascolti enormi che alcuni sequel riescono a realizzare, in particolare Montalbano e Don Matteo, è costruito su due o tre elementi. Il primo è il fatto che sono serie partite in un momento in cui la televisione generalista non aveva subìto quel fenomeno di erosione al quale assistiamo oggi. Una delle due serie è basata su romanzi di grande fascino e quindi ha sedimentato nel tempo la propria affezione da parte del pubblico. Nell'altro caso c'è stato un grande lavoro di innovazione. Se guardiamo la prima edizione e l'edizione attuale, in termini sia di linguaggio visivo sia di temi trattati, abbiamo svecchiato tantissimo la serie. Queste serie sono la base che consente di fare innovazione. Nella slide dei primi dieci ascolti sono anche presenti, in realtà, titoli completamente nuovi. Questo dimostra chiaramente che devono ancora costruire la propria affezione. Cresceranno, ma anche nella top ten non ci sono Pag. 17solo i sequel. In ogni caso, la nostra possibilità di innovare e di fare anche prodotti in cui il livello di rischio è più alto, è dovuta anche al consolidamento di alcuni titoli ai quali il pubblico è particolarmente affezionato, e che il nostro trampolino rispetto al nuovo. Il modello di selezione, invece, fa parte di quel percorso di trasparenza che chiede la Commissione e che credo sia un percorso progressivo che la Rai sta compiendo: quando abbiamo pubblicato le linee editoriali è stato un passo avanti.
  Il precedente modello per i progetti serviva soprattutto all'accessibilità, cioè a permettere a quei produttori che magari avevano un rapporto meno diretto con Rai di poter presentare i progetti. Non era così dogmatico il fatto che dovessero essere inseriti nel portale, mentre da maggio di quest'anno è dogmatico che i progetti siano presentati tramite il portale. Comunque, anche all'interno della storia precedente molti progetti nascono dalla presentazione sul portale.
  L'investimento di 195 milioni di euro era un investimento che comprendeva anche i cartoni animati.
  Non ho risposto a tutte le domande su questo tema, ma riprenderei in ordine cronologico le domande che mi sono state poste e approfondirei ulteriormente quello che è stato chiesto.

  MAURIZIO LUPI. Mi scusi, Presidente. Intervengo sull'ordine dei lavori, proprio per aiutarci a seguire la direttrice.
  Se ho ben capito, su questa prima parte ci sarà consegnato un dettaglio dei numeri e su come è diviso il fatturato. Io suggerirei di mandarcelo per gli ultimi tre anni. Siccome lei ha fatto giustamente riferimento alla prima audizione, vorremmo vedere come si è sviluppato e distribuito, anche con le particolarità che la direttrice ha detto, perché è evidente che se si fa una serie di venti puntate il fatturato è legato a questo aspetto. Dunque, i Gruppi riceveranno, attraverso la Commissione, questi dati?

  ELEONORA ANDREATTA, direttore di Rai Fiction. No, io non ho detto questo, perché...

  MAURIZIO LUPI. Non lo sto chiedendo a lei, ma lo sto chiedendo al Presidente, perché credo – mi perdoni, direttrice – che questo sia nel potere e nella disponibilità della Commissione, in quanto rientra assolutamente nei compiti di vigilanza che deve svolgere, peraltro, riguardo alla trasparenza e all'utilizzo delle risorse pubbliche e di un servizio pubblico. Non lo sto ovviamente chiedendo alla direttrice, che lo chiederà al direttore generale, o all'avvocato del direttore generale. Lo chiedo perché condivido l'osservazione che lei ha fatto, Presidente, non essendo questo il Festival di Cannes. Il mio Gruppo fa formalmente questa richiesta e chiede che, se non riceviamo i dati, ci sia una formale risposta negativa sulle motivazioni per cui non vengono forniti. In seguito, i Gruppi parlamentari trarranno le proprie conseguenze. Mi auguro che la risposta sia positiva, perché il clima mi sembra talmente positivo e di collaborazione che non vedo perché non si debbano dire queste cose.

  PRESIDENTE. Quello che ho chiesto come presidente della Commissione è la trasparenza massima, al 100 per cento, e di avere dati più dettagliati e chiari, anche per rispondere in generale alle domande che sono state poste in Commissione dal 2013 in poi, per riuscire a lavorare insieme nel senso istituzionalmente giusto. Per me la richiesta vale e la farò. Proprio per questo vi chiedevo di fornirci dei dati, altrimenti in seguito arriverà una richiesta, ma in questo momento la richiesta è già ufficiale.

  ELEONORA ANDREATTA, direttore di Rai Fiction. Parto dalla domanda del senatore Gasparri, che è stata anche ribadita da altri parlamentari.
  A proposito dei vangeli di Pupi Avati e la bellissima storia della buona novella, stanno partendo le riprese in questi giorni del secondo tv-movie di questa collection. Infatti, più che una serie è una collection di tv-movie. Si chiama Il fulgore di Dony e racconta un'altra bellissima e molto poetica storia, che attualizza in un modo laico parabole e passi del Vangelo. Sempre nello spirito con cui abbiamo lavorato con Pupi Pag. 18Avati – ricordo anche il film sul bambino cattivo – anche questa è una storia di adolescenti, con uno sguardo poetico, questa volta ambientata nella sua Bologna. In generale, in questo periodo abbiamo concentrato i tv-movie e le miniserie su storie tratte dalla realtà, perché il valore di testimonianza di storie vere è chiaramente più forte, però nel caso di questa vicenda ci è sembrato così particolare il tipo di taglio e così attuale ed eterno al contempo il tipo di tema che abbiamo voluto proseguire.
  Il senatore Ranucci poneva una domanda sulle linee editoriali e su cosa noi determiniamo le nostre fiction. Abbiamo pubblicato le linee editoriali, divise per reti, e per ogni rete ci sono scritte le tipologie di prodotto che stiamo cercando, i generi e anche elementi di carattere contenutistico sugli aspetti che ci interessa trattare. La cosa importante, infatti, è che, per esempio, su RaiUno non esistono storie di genere che non si occupino di temi attuali. I temi del bullismo, della violenza sulle donne, dell'omosessualità, dell'omofobia e della legalità sono tutti temi che all'interno dei nostri racconti, anche di serialità di genere, cerchiamo di trattare. Non siamo passivi, ma, sempre in linea con la legge, sollecitiamo dal punto di vista della creatività, orientiamo i progetti sulle linee editoriali e aspettiamo dal mercato le proposte, che entrano in competizione tra loro per la loro validità.
  Per quanto riguarda il discorso estero, vorrei fare un esempio. Fra i progetti di cui abbiamo parlato, a parte I Medici, che è una grande coproduzione internazionale e Il nome della rosa, progetto che abbiamo in sviluppo, e progetti che lavorano sull'alta cultura e sul nostro patrimonio culturale e letterario, ho citato Schiavone come esempio di coproduzione, ho citato La porta rossa come esempio di un prodotto che immediatamente ha richiamato l'attenzione di un distributore internazionale e Non uccidere. Il lavoro di internazionalizzazione nell'ultimo anno sta avvenendo con maggiore rapidità rispetto a quanto avvenisse in passato. È chiaro che i tempi di sviluppo della fiction sono lunghi, quindi questo processo, che abbiamo intrapreso con decisione, richiede un tempo.
  Sul discorso della produzione interna credo di aver risposto. Il testo unico e il contratto di servizio richiedono che il finanziamento che la Rai investe sia sulla produzione indipendente.
  Il discorso della lingua inglese è interessante, perché le grandi coproduzioni internazionali saranno girate in inglese, però un elemento che si è andato a costruire negli ultimi anni è il fatto che sono esportabili le serie fortemente identitarie. Alcune serie – ho fatto l'esempio di Israele o della serialità nord-europea – non sono girate in inglese. Tutto questo lavoro che stiamo facendo sulla verità dell'Italia, sul fatto di non girare più in Bulgaria... All'epoca si doppiava. Noi lavoriamo sulla presa diretta, sulla verità del linguaggio. Quando facciamo storie contemporanee pensare di girare in inglese è impossibile, perché perderemmo la verità e si sentirebbe il doppiaggio; quindi, stiamo lavorando sull'inglese di più sulle storie che magari, essendo storie d'epoca, permettono una specie di linguaggio neutro e il doppiaggio.
  Sul discorso dell'utilizzare gli stessi prodotti vorrei dire che l'età di Montalbano e l'età di Don Matteo sono entrambe scese quest'anno. Quella di Montalbano è scesa di quasi tre anni di media e quella di Don Matteo di due anni e mezzo, se non sbaglio. Questo avviene perché in realtà sono cresciuti gli ascolti relativi al pubblico giovane. Oltre al pubblico che li ha sempre amati, hanno acquisito del pubblico nuovo. A proposito di Braccialetti rossi, è vero che è un format, ma è anche vero che in Catalogna, che è il Paese che ha originato il format, hanno fatto una prima serie di successo e una seconda serie che è andata male e che noi siamo alla terza serie. Solo l'Italia è riuscita a costruire un racconto. A questo punto, preso il concept originale (totalmente originale nella nostra seconda serie), ne stiamo facendo una terza. In realtà, quindi, non è stato un lavoro pigro, ma è stato un lavoro di rilancio, in cui auspicabilmente da un punto di vista estero gli altri Paesi dove hanno fatto la serie saranno Pag. 19 magari curiosi di vedere l'edizione italiana e acquisirne l'originalità.
  Un altro elemento che vorrei citare è che quest'anno abbiamo trasmesso 50 ore in più dell'anno scorso. Questo non è avvenuto con una crescita proporzionale dell'investimento, nel senso che è aumentato l'investimento, ma siamo riusciti a ridurre il costo unitario e ad avere più progetti in coproduzione.
  Questi due elementi dimostrano come ci sia un investimento, ma ci sia anche la ricerca di prodotti che possono contenere i costi, da un lato, e di progetti in coproduzione, dall'altro. Sono assolutamente d'accordo sul fatto che la Rai debba essere un moltiplicatore di risorse, ed è quello che effettivamente stiamo cercando di fare e sul quale stiamo lavorando.
  Sul discorso di come vengono scelti i progetti vorrei entrare un po’ più nel dettaglio. Per quanto riguarda il discorso delle gare, i produttori portano progetti di cui detengono i diritti. È la ragione per cui, peraltro, il nostro settore, il settore della produzione televisiva, è escluso dal settore pubblico, perché esiste un elemento di infungibilità, che è l'originalità dell'idea. La Rai agisce come un editore, così come BBC o una casa editrice. Si tratta di leggere e adesso anche di vedere e di chiedere dei progetti che abbiano... quel trailer che ho mostrato sul progetto che ancora deve essere costruito è fatto con materiali di produzioni precedenti, con una musica che il produttore ha scelto di appoggiare su quelle immagini e dà un'idea del tipo di modernità che sta cercando, del tipo di regia che andrà a scegliere, del tipo di cast che andrà a comporre. In realtà c'è uno sforzo. I materiali che devono presentare i produttori sono molto consistenti sotto il profilo letterario. Su questi progetti il giudizio viene dato dai capistruttura, ovvero dai dirigenti della Rai, così come avviene per BBC. Utilizziamo lettori esterni, che sono esperti qualificati, che credo abbiano da circa una ventina d'anni contratti per cui sono pagati per i singoli progetti che leggono. Vengono utilizzati per avere schede di ulteriore approfondimento su determinate cose, ma la lettura e il giudizio è dei capistruttura. Abbiamo reso ancora più chiaro il fatto che la responsabilità di selezione è dei dirigenti con il nuovo sistema di maggio, in cui i progetti vengono divisi, secondo l'ordine di arrivo, valutati per un primo giudizio e poi comparati, insieme ad altri colleghi, facendo una scrematura dei progetti migliori. I progetti che vengono effettivamente mandati in attivazione vengono sottoposti all'attenzione del direttore generale: mi sembra che questo sia un sistema di grande trasparenza.
  Per quanto riguarda i cartoni animati, chiedo scusa, ma non conosco i dati di trasmissione. Ovviamente ci occupiamo della produzione dei cartoni animati. La produzione dei cartoni animati della Rai è un settore di cui sono estremamente fiera, perché produce 120 ore all'anno fra progetti nazionali e progetti europei che hanno quote nazionali. In generale i cartoni animati sono il settore in cui è più naturale la coproduzione ed è un settore che è cresciuto in vent'anni. Vent'anni fa non esisteva neanche un'ora di produzione italiana. Noi stiamo parlando dell'Italia, che per il fumetto e il cartone animato è un Paese all'avanguardia nel mondo, che negli anni 1960 aveva un'eccellenza che poi è stata persa. Credo che aver recuperato questa identità sia estremamente importante.
  Sul discorso della restituzione dell'identità collettiva e della sensibilità del Paese, sicuramente il lavoro che facciamo è quello di essere rispettosi delle differenze culturali. Si è parlato di pluralismo. Quello che sicuramente cerchiamo di fare è differenziare i generi della nostra produzione, ma anche i contenuti. Il fatto di avere i migliori venti titoli nei maggiori ascolti è determinato anche dalla capacità di variare il racconto, proprio perché credo che abbiamo percorso le strade antiche dove sapevano rinnovarsi, ma dove non avevano questa capacità abbiamo scelto titoli nuovi e formati diversi.
  Sui temi civili ho citato i titoli di quest'anno, che sono Lucia Annibali, il tv-movie sulla legge Falcucci, che ha abolito le classi differenziali, I fantasmi di Portopalo.Pag. 20
  È giusto: quello della legalità e della lotta alla mafia è un tema sicuramente molto caldo e importante da trattare, però cerchiamo di raccontare una varietà. Ho citato prima l'esempio di Luisa Spagnoli: l'eccellenza culturale o imprenditoriale per noi è un altro elemento di interesse, così come la cultura popolare di cui ho raccontato, ad esempio con la miniserie su Fabrizio De Andrè, che vedrà protagonista Luca Marinelli, uno degli attori giovani più talentuosi del nostro panorama.

  ALBERTO AIROLA. Non ha risposto a quello che ho chiesto io. Le ho chiesto se è producer. Mi ha risposto che non lo è e che ce n'è un altro, ma non ho sentito il nome. Almeno mi risponda a questo: lei non è producer interna di Montalbano? C'è un capostruttura? C'è un producer interno allora?

  ELEONORA ANDREATTA, direttore di Rai Fiction. C'è Erica Pellegrini, che firma, come lei potrà vedere sui titoli di testa di Montalbano.

  ALBERTO AIROLA. E gli esterni che leggono le sceneggiature? È un format interno, è passata un'idea interna... cosa vuol dire l'infungibilità dell'idea, mi scusi? Comunque, lei mi può rispondere la prossima volta anche per iscritto. Se lo segni. Mi scusi, presidente.

  ELEONORA ANDREATTA, direttore di Rai Fiction. Credo di aver risposto, sinceramente. Se vuole, le rispondo, ma l'ho già fatto su ogni punto che lei ha citato. Mi ha chiesto se utilizziamo lettori esterni e le ho risposto: ci sono lettori esterni, che leggono singoli progetti, per i quali vengono pagati con contratti: sono vent'anni che la Rai ha questa prassi, non è una prassi strana.

  ALBERTO AIROLA. In Rai non c'è nessuno che può farlo?

  PRESIDENTE. Airola, concludiamo con le domande. Andiamo con le risposte a queste ultime domande.

  ELEONORA ANDREATTA, direttore di Rai Fiction. Sul discorso dei format usciti dalla Rai, come ho detto, probabilmente lavoreremo su un'idea che è venuta dalla Rai che comporta una produzione interna. Nel caso di produzione interna, non può lavorare un produttore esterno. Come ho detto, non lo dico io, direttore di Rai Fiction, ma il testo unico e il contratto di servizio: la fiction deve essere un finanziamento alla produzione indipendente, c'è scritto questo. La BBC, per esempio, dove c'è una parte di produzione interna, ci sono anche 23.000 impiegati, di cui una parte si occupa degli studi della parte di produzione interna, ed è in grado di fare produzione interna. Noi abbiamo l'intrattenimento, abbiamo varie cose all'interno degli studi: noi lavoriamo in co-produzione su alcuni progetti e stiamo cercando anche di specializzare, per esempio, Torino come realtà nella quale...

  ALBERTO AIROLA. Idee, format di idee, non di produzione. Ho finito, presidente, però è inaudito che non mi si risponda in questa sede a queste domande dirette.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Andreatta e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.40.