XVII Legislatura

VIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 24 di Giovedì 8 settembre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Realacci Ermete , Presidente ... 2 

Audizione del Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, sullo stato degli interventi di protezione civile nelle zone colpite dagli eventi sismici del 24 agosto scorso e sul passaggio dalla gestione dell'emergenza alla fase della ricostruzione (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Realacci Ermete , Presidente ... 2 ,
Curcio Fabrizio , capo del Dipartimento della Protezione Civile ... 3 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 8 ,
Borghi Enrico (PD)  ... 9 ,
Pellegrino Serena (SI-SEL)  ... 10 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 11 

(La seduta, sospesa alle 11.30 è ripresa alle 11.35) ... 11 

Realacci Ermete , Presidente ... 11 ,
Braga Chiara (PD)  ... 11 ,
Segoni Samuele (Misto-AL-P)  ... 12 ,
Pastorelli Oreste (Misto-PSI-PLI)  ... 13 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 13 ,
Russo Paolo (FI-PdL)  ... 13 ,
Baradello Maurizio (DeS-CD)  ... 14 ,
Sereni Marina (PD)  ... 15 ,
Carrescia Piergiorgio (PD)  ... 15 ,
Curcio Fabrizio , capo del Dipartimento della Protezione Civile ... 17 ,
Realacci Ermete , Presidente ... 19 

ALLEGATO: Relazione consegnata dal Capo del Dipartimento della protezione civile ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERMETE REALACCI

  La seduta comincia alle 10.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera, nonché la trasmissione diretta sulla web tv.

Audizione del Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, sullo stato degli interventi di protezione civile nelle zone colpite dagli eventi sismici del 24 agosto scorso e sul passaggio dalla gestione dell'emergenza alla fase della ricostruzione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, sullo stato degli interventi di protezione civile nelle zone colpite dagli eventi sismici del 24 agosto scorso e sul passaggio dalla gestione dell'emergenza alla fase della ricostruzione.
  Ringrazio il dottor Curcio per aver accolto immediatamente l'invito che noi gli abbiamo rivolto aspettando che passasse la fase dell'emergenza acuta, perché ovviamente non volevamo ostacolare in alcun modo la preziosa azione di soccorso necessaria nella fase dell'emergenza.
  Questa audizione è la prima di un lungo ciclo di audizioni – abbiamo già avuto modo di audire il sottosegretario De Vincenti, che ci ha già riferito molti dati forniti da voi rispetto alla gestione dell'emergenza – che si inseriranno nell'indagine conoscitiva che svolgeremo sulla fase di gestione della ricostruzione e su quella della prevenzione successiva alla ricostruzione.
  Saluto anche gli autorevoli colleghi non membri della Commissione, a cominciare dalla vicepresidente della Camera, che conosce da tempo queste vicende e le ha seguite anche nella sua regione. Colgo inoltre l'occasione per ringraziare, anche a nome della Commissione, la Protezione Civile, per l'eccellente e prezioso lavoro svolto a servizio del Paese. Come abbiamo detto tante volte, su questo terreno siamo uno dei Paesi migliori del mondo, anche grazie al rapporto che si è costruito fra lo Stato e un volontariato organizzato, generoso e competente.
  Oggi è necessario fare un primo bilancio dell'azione immediata di emergenza e capire in quale misura, in questa fase, possa essere rafforzata l'efficienza della Protezione Civile. Abbiamo avuto modo, in Commissione, di discuterne a lungo, con il contributo di tutti i gruppi all'elaborazione di una proposta di legge delega al Governo, a prima firma della collega Braga, per il rafforzamento del sistema di Protezione Civile, approvata un anno fa in Commissione e adesso all'esame del Senato. Mi auguro venga approvata il prima possibile.
  Sarebbe opportuno avere elementi e informazioni riguardo alla sistemazione provvisoria delle popolazioni colpite dal sisma, per la quale sono state ipotizzate varie date e ipotesi tecniche, nonché, per quanto compete alla Protezione Civile, riguardo al passaggio fra la fase dell'emergenza e la fase della ricostruzione, tema del quale ci siamo occupati anche in fase di redazione della proposta di legge delega.
  Do quindi la parola al Capo del Dipartimento della Protezione Civile, dottor Fabrizio Curcio.

Pag. 3

  FABRIZIO CURCIO, capo del Dipartimento della Protezione Civile. Grazie, presidente, ringrazio questo autorevole consesso anche per le attestazioni che mi sono direttamente pervenute e che ricambio. In merito a questo evento, devo testimoniare che almeno in questa prima fase (ci attende, infatti, un percorso molto lungo) il Paese ha dato una testimonianza di un grandissimo cuore, di una grandissima solidarietà e di una grandissima capacità tecnica a tutti i livelli.
  Come Dipartimento abbiamo fatto la nostra parte, ma devo testimoniare che non ci sono stati settori della pubblica amministrazione o articolazioni organizzative territoriali che non abbiano fino ad oggi messo testa, competenza e cuore in questo dramma che ha colpito il nostro Paese. Ribadisco, quindi, che il sistema in questo momento ha dato una buona prova.
  Se siete d'accordo, svolgerei un'introduzione abbastanza rapida su alcuni elementi, perché so che il sottosegretario De Vincenti li ha già esposti. Depositerò una relazione dettagliata, però gli elementi oggettivi sono questi: il 24 agosto, alle 3.36, il sisma di magnitudo 6 ha avuto una profondità superficiale e, ad oggi, si contano più di 6.000 repliche. Ciò ha un significato importante anche rispetto alla questione, posta dal presidente, in merito a ciò che stiamo facendo: queste attività in corso continuano a influire sulle popolazioni colpite anche nel momento in cui proponiamo scelte di rientro, perché si tratta di territori ancora soggetti a sismi con intensità variabile, il che ovviamente influisce molto anche sulle decisioni delle persone.
  Sappiamo che la porzione di territorio che è stata investita è quella dell'Appennino centrale: sono interessate fondamentalmente quattro regioni, con un epicentro abbastanza ristretto, nei comuni di Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto e una fascia circostante in cui i danni sono stati particolarmente rilevanti. Abbiamo ancora in corso la valutazione della macrosismica; ogni tanto si sente parlare giustamente di cratere e credo sia corretto, non solo da un punto di vista tecnico. È in corso una valutazione tecnica oggettiva molto importante sulla macrosismica, che ha visto più di 190 sopralluoghi, ma permettetemi di sottolineare che questa attività non è affatto semplice, perché con le scosse successive alcune valutazioni vanno riviste. Le prime valutazioni della macrosismica hanno definito un certo tipo di cratere, però ogni volta che c'è una scossa al di sopra di un certo valore alcuni danni si possono aggravare e, quindi, i dati sono rivisti.
  Siamo in fase di definizione, sperando che questa sequenza ci lasci il tempo di portarla a termine, di una macrosismica unica, ufficiale, che possa diventare poi un documento tecnico alla base delle valutazioni per definire il famoso cratere. Per quanto riguarda il sistema di Protezione Civile, noi abbiamo come riferimento il danno fisico, ma è evidente che una serie di misure che potrebbero essere prese in sede governativa, quindi più ampia, potrebbe andare al di là del territorio direttamente interessato. L'esempio più tipico è quello del turismo, che non è stato colpito solo nell'area dell'epicentro, essendosi registrate disdette anche nell'area circostante. È chiaro che la Protezione Civile non ha il potere di prendere provvedimenti se non nell'area strettamente colpita, ma il Governo può immaginare misure a sostegno di alcune categorie e quindi un'azione molto più ampia.
  L'attività della macrosismica è abbastanza complessa, perché la tipologia costruttiva di queste zone è estremamente variabile: vi sono edifici che hanno resistito a fianco di edifici completamente crollati e, quindi, la tipologia edilizia non ha uniformità. Al di là delle zone in cui si sono verificati crolli completi, che sono situate nei comuni che ho definito, anche nelle aree circostanti la valutazione del danno è molto difficile da portare avanti, proprio a causa di questa differenziazione. Ovviamente, il sisma ha lasciato dietro di sé una traccia drammatica in termini di vite umane: ad oggi le vittime sono 295 e si sta continuando a scavare. Oggi è il quattordicesimo giorno dall'evento e quindi, se si considerano le attività svolte in questo primo periodo, ci si rende conto che, da Pag. 4una parte, si parla di ricostruzione e, dall'altra, si sta ancora scavando e, quindi, stiamo comprimendo molto le tempistiche. Al riguardo, rivolgo un appello, che ho lanciato anche al di fuori di questa autorevole sede, alla razionalizzazione delle fasi: oggettivamente è giusto porsi tali questioni anche in termini prospettici, ma è bene che ogni fase sia governata con gli strumenti adeguati.
  In questo momento c'è un'area di Amatrice in cui si sta ancora scavando, in cui siamo ancora in fase di soccorso: non ci attendiamo di trovare persone vive, ma anche il recupero dei resti ha una sua importanza fondamentale, nella nostra come in qualunque altro tipo di cultura. In questo senso, per noi questa fase è ancora operativa, che si deve sposare con quella di assistenza, di cui a breve darò conto. La situazione è drammatica e caratterizzata da alcune peculiarità contingenti, legate al fatto che quella è una zona di seconda villeggiatura, tipica dell'area laziale e romana, in un periodo dell'anno, fine agosto, in cui si torna presso la casa dei nonni o si lasciano i figli: il numero delle vittime è paragonabile al numero delle persone che sono state salvate, che è paragonabile al numero dei feriti. Se si fa una verifica a livello storico degli eventi sismici, ciò è abbastanza insolito, perché tra il numero delle vittime e il numero dei feriti, in genere, si registra un ordine di grandezza differente. Questo dimostra che si tratta di un sisma molto concentrato, che ha causato danni e distruzioni particolarmente elevati.
  Per quanto riguarda l'attivazione del servizio nazionale, come al solito, dopo aver ricevuto la notizia – al di là del fatto che ho sentito la scossa, visto che ero casualmente sveglio – abbiamo immediatamente attivato le procedure ordinarie che testiamo con le nostre esercitazioni, quindi abbiamo convocato l'Unità di crisi e il Comitato operativo nazionale di Protezione Civile che ha iniziato ad operare subito, alle 4.00, fornendo indicazioni a seconda delle informazioni. Come sapete, il Comitato operativo assicura la direzione unitaria e il coordinamento delle attività in emergenza, stabilendo gli interventi delle varie amministrazioni, individuando anche le aree interessate, che oggi abbiamo chiare, ma che nella notte non lo erano ancora.
  Ho personalmente informato, come da procedura, il Presidente del Consiglio e anche il sottosegretario De Vincenti, che ha partecipato anche alla prima seduta in Comitato operativo, ove abbiamo disposto la mobilitazione di tutte le risorse disponibili per assicurare la ricerca e il soccorso della popolazione e, quindi, abbiamo immediatamente messo in piedi tutto quello che era possibile fare, a iniziare dalle strutture operative, il volontariato, la parte scientifica, e mobilitando tutte le risorse che, man mano che giungevano le informazioni, indirizzavamo secondo le possibilità e le esigenze.
  Da un punto di vista infrastrutturale, non abbiamo riscontrato criticità vere e proprie, cioè non vi sono zone che ci hanno creato problemi insormontabili, ma abbiamo dovuto lavorare anche per liberare alcune aree per transitare. Al riguardo, c'è stata un'ottima sinergia con le strutture operative, le Forze armate e i Vigili del fuoco e, quindi, anche le aree più difficilmente accessibili sono state raggiunte, inizialmente tramite elicotteri. Chiaramente, in questi casi sul territorio c'è una prima risposta spontanea, che poi man mano si organizza. Devo dire che il territorio ha fatto quello che ha potuto, nel senso che con i sindaci, con il volontariato, ma anche con le persone comuni che, come accade sempre in questi eventi, si sono date una mano, si è cercato di dare una prima risposta. In seguito, secondo la configurazione che ogni regione si è data, sono state attivate poi le strutture a livello regionale, ossia il Centro coordinamento soccorsi della Prefettura, le sale operative regionali: oggi il modello di Protezione Civile prevede una conformazione territoriale abbastanza strutturata, ma differenziata da regione a regione. Come di consueto, abbiamo mandato personale del Dipartimento direttamente sul posto, soprattutto nei centri che poi si sono rivelati quelli effettivamente colpiti. Ad Amatrice, Accumoli e Arquata Pag. 5abbiamo quindi inviato i primi gruppi del nostro personale.
  Al termine delle prime riunioni che abbiamo fatto – ma in realtà è stata una riunione continua – mi sono recato direttamente sul posto con il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Delrio, ove abbiamo voluto constatare direttamente alcune cose e abbiamo fatto una rapida ricognizione su queste aree. Come sapete, anche il Presidente del Consiglio, nel primo pomeriggio della giornata del 24, si è recato in quelle aree. Il coordinamento effettuato dal Comitato operativo si è svolto fino alle 19.00 del 28 agosto ed è stato sciolto a seguito dell'attivazione, alle ore 12.00 dello stesso giorno, della Direzione di comando e controllo che, come sapete, è la struttura di coordinamento a livello nazionale, situata a Rieti, istituita a valle della delibera del Consiglio dei ministri e della prima ordinanza di Protezione Civile.
  Ricordo poi rapidamente una serie di attività, quali il potenziamento del contact center per dare risposte, ove possibile, alle persone, l'attivazione, d'intesa con le regioni, grazie a un accordo preventivamente stipulato con gli operatori di telefonia mobile, del numero 45500 per l'sms solidale, con il quale sono stati versati più di 13,5 milioni di euro: vi è quindi stato un notevolissimo riscontro di solidarietà, con organizzazione immediata di punti stampa all'interno del Dipartimento, in modo tale da garantire un'informazione periodica ai giornalisti.
  Come a voi è ben noto, abbiamo un collegamento importante con Bruxelles: abbiamo dato immediatamente l'informativa dell'evento, ma non abbiamo richiesto l'aiuto, anche se abbiamo avuto pressioni in tal senso da parte dei tecnici e non abbiamo avuto necessità di supporto tecnico da parte di squadre provenienti dall'Unione europea o addirittura di aiuti internazionali, però in questa fase abbiamo già attivato il meccanismo del Fondo di solidarietà europeo, perché vogliamo lavorare per recuperare risorse da utilizzare nella primissima fase dell'emergenza.
  In ambito internazionale abbiamo lavorato anche con il Ministero degli affari esteri, perché hanno perso la vita 18 persone straniere e quindi abbiamo dovuto intrattenere relazioni per dare informazioni alle ambasciate, in modo che potessero proseguire con gli atti di loro competenza.
  In ambito europeo è stata attivata un'altra serie di informazioni, legate soprattutto al sistema Copernicus, che è un sistema europeo di mappatura dei danni: stiamo pertanto investendo in un'attività nella quale l'Italia si è spesa molto ed è leader in ambito europeo, il che va a nostro vantaggio nel momento in cui ne abbiamo necessità.
  Vi è poi un'altra serie di azioni con i nostri centri di competenza, ISPRA, CNR, INGV e ASI, in particolare per l'attivazione dei dati della costellazione satellitare italiana Cosmo SkyMed. Non mi dilungo sulle forze in campo attivate, che sono tantissime e coinvolgono più di 5.000 persone complessivamente.
  Vorrei ora fare riferimento alla risposta in termini sanitari, che è stata veramente corale: tornerò sull'argomento, se ne avrò la possibilità, per sottolineare gli aspetti relativi alla pianificazione. In questa emergenza abbiamo messo a frutto una serie di pianificazioni, sulle quali abbiamo lavorato per anni: tra questi, ricordo la risposta sanitaria, il Programma nazionale di soccorso, l'attivazione delle squadre di identificazione dei deceduti, così come per le cosiddette «casette» abbiamo raggiunto un accordo quadro a seguito di una gara Consip. Il Dipartimento ha svolto, per strutturarsi, alcune attività di pianificazione che inevitabilmente vengono attivate durante l'emergenza, raggiungendo un elevato grado di efficienza.
  Attualmente vi sono 4.500 persone assistite nelle aree attendate, a fronte di una disponibilità molto più ampia: non sussiste, quindi, un problema di sistemazione delle persone. Ovviamente abbiamo la necessità di portare via queste persone dalle tende, in quanto le temperature non sono sostenibili: essere in tenda è un problema già per i nostri standard qualitativi che sono molto elevati; oggi piove ancora, dopo ventiquattro ore di pioggia, le temperature si Pag. 6stanno abbassando e c'è una certa urgenza di portar via queste persone.
  Abbiamo una difficoltà pratica, derivante dal fatto che la popolazione, a distanza di quattordici giorni, ancora non è pronta a venir via: si tratta di comunità belle, forti, fiere, e parlando con queste persone si capisce come già spostarsi rappresenti un problema; la risposta tipica è «se non sono morto per il terremoto, non muoio per il freddo». Questa risposta, da una parte, è comprensibile, ma, dall'altra, ci impone di dare risposte per il migliore collocamento di queste persone.
  Ovviamente stiamo parlando di un numero ridotto rispetto alle 80.000 persone dell'Abruzzo o alle 40-50.000, a seconda del tempo, di Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia: sappiamo che questi numeri tenderanno a ridursi perché non si tratta di 4.000 ipotesi di inagibilità, ma di 4.000 casi in cui deve essere ancora effettuata la valutazione sull'agibilità, in alcuni dei quali le persone hanno casa agibile ma sono spaventate.
  Al di là della parte umbra, in cui vi è una situazione un po'diversa, in quanto non si sono verificati veri e propri crolli, ma soprattutto danneggiamenti – a riprova che dove si costruisce con i criteri antisismici le strutture non crollano e quindi non uccidono, altro elemento fondamentale – stiamo affrontando sin dall'inizio con i sindaci le varie questioni in un dialogo continuo e dinamico e, quindi, non esistono soluzioni preordinate somministrate al territorio.
  In particolare per il comune di Accumoli, c'è la tendenza a spostarsi verso le aree di San Benedetto del Tronto: è stato concluso un accordo tra i sindaci e da ieri è iniziato il primo spostamento di persone da Accumoli a San Benedetto del Tronto.
  In merito ad Amatrice è in corso una riflessione, perché c'è una parte di persone che si vorrebbe spostare, ma molte altre vogliono rimanere: si è puntato molto sul discorso di «Amatrice solidale», con la messa delle seconde case nella disponibilità di chi ha perso la prima, e nelle Marche, ad Arquata, è in corso una serie di incontri per definire bene il sentimento della popolazione sulla propria sistemazione.
  Rispondo ora nel dettaglio alla domanda del presidente: qual è il traguardo? Con il territorio abbiamo condiviso un percorso che mira alle cosiddette «casette», termine ovviamente non tecnico che indica abitazioni provvisorie ma altamente tecnologiche, con requisiti tecnici prestazionali molto elevati, coibentazione, resistenza carico a neve, gas: si tratta, quindi, non di container, ma di abitazioni vere e proprie di tipo provvisorio. Per la realizzazione di tali strutture abbiamo stimato un tempo credibile massimo di sette mesi: è ovvio che la tipologia dell'abitazione influisce sulla tempistica, nel senso che un container viene posto in quindici o venti giorni, mentre per questo tipo di soluzione c'è bisogno dell'individuazione e dell'urbanizzazione di un'area soprattutto con il gas (quelle zone, spesso montane, non hanno una rete gas, quindi bisogna crearla). C'è quindi bisogno di una serie di requisiti per fare le cose bene anche da un punto di vista amministrativo e giuridico, nel senso che vorremmo limitare, se non possiamo azzerare, il contenzioso per l'acquisizione delle aree: capiamo che si tratta di emergenza e dobbiamo fare in fretta, ma capiamo anche che non si può costruire sull'area immediatamente, perché altrimenti si creano problemi per chi rimarrà.
  Si sta quindi cercando di fare una valutazione geologica e una delimitazione delle aree, nonché la quantificazione dei fabbisogni: si calcola che i comuni molto danneggiati hanno perso la conoscenza del loro abitato e delle persone che hanno diritto alla casetta, quindi, una volta effettuate la delimitazione dell'area e la verifica tecnica, c'è bisogno di una valutazione precisa del numero delle abitazioni che si vogliono mettere in quell'area e delle relative dimensioni, con attenzione ai nuclei familiari.
  Questo giustifica la necessità di un tempo di sette mesi: si tratta del tempo tecnico necessario per la costruzione, perché occorre predisporre casette di grandezza proporzionata ai nuclei familiari, e questo, se non è possibile individuarlo ad Pag. 7personam, va quantificato nella maniera corretta per evitare spese ingiustificate o di predisporre strutture sottodimensionate. Oltretutto stiamo parlando delle cosiddette «aree rosse», cioè quelle distrutte, mentre per un altro lotto di aree inagibili dobbiamo ancora svolgere le verifiche. Ricordo sempre che siamo a quattordici giorni dall'evento e per fare le verifiche e predisporre le schede tecniche Aedes abbiamo bisogno di capire perfettamente a chi sia intestata l'abitazione, entrandovi con il proprietario e acquisendo i dati catastali. Su tale scheda si definisce poi l'attività emergenziale, ma non solo, quindi è bene che il lavoro svolto sia estremamente puntuale, per evitare rivisitazioni e ricorsi, se non sperperi. Ovviamente occorre svolgere questo lavoro con i comuni, che conoscono il loro patrimonio: stiamo quindi lavorando per rafforzare i comuni e far sì che siano in grado di ricevere le squadre che effettuano questo tipo di verifica.
  In tale sistema, al quale partecipano i sindaci, i presidenti delle regioni e le associazioni di volontariato, stiamo proponendo tre tipi di soluzione, che ho già scritto nella mia prima ordinanza. Il primo è il contributo di autonoma sistemazione, che è un riconoscimento che lo Stato dà a chi nell'arco di questi sette mesi (l'arco temporale di intervento) non grava sull'assistenza: si ha pertanto diritto, una volta lasciati l'hotel o la tenda, a 200 euro a persona per un massimo di 600 euro per un nucleo familiare e, in aggiunta, a una serie di incrementi previsti in caso di fragilità particolari all'interno della famiglia. La seconda è la classica soluzione alternativa, come gli alberghi. In merito a ciò, si registra un po'di resistenza, perché per queste comunità spostarsi da Amatrice a Rieti è uno shock, però bisogna capire che non si può rimanere all'interno delle tende. La terza è la situazione relativa alle verifiche tecniche, sulle quali stiamo accelerando, perché molte di queste persone, al di là della zona rossa, hanno magari la seconda casa agibile che può essere messa a disposizione di chi ha la casa inagibile. Questo sistema ha preso il nome di «Amatrice solidale», uno slogan lanciato dal sindaco, molto positivo in termini di comunicazione, ma anche di sentimento.
  Al fine di poter ridurre le zone rosse, nominerò un soggetto attuatore per i puntellamenti, perché c'è bisogno di una figura tecnica che coordini, che è stata individuata in un dirigente del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco. Ridurre la zona rossa significa recuperare le aree agibili.
  Queste sono le proposte che noi facciamo ai cittadini: stiamo aspettando che i cittadini le digeriscano, le comprendano, perché nessuno può o vuole forzare. Come ho detto tante volte, c'è anche un margine di rischio che dobbiamo accettare: laddove, senza forzatura, il cittadino scelga di rimanere in tenda, non è accettabile che poi il giornalista mostri la tenda sotto la pioggia; o forziamo la mano o accettiamo quel rischio insieme. Io sono favorevole ad accettare quel rischio insieme, nel senso che noi diamo la disponibilità; se però quel cittadino non vuole lasciare la tenda, cercherò di aiutarlo, ma se piove forte si bagnerà e non ci sono alternative. Essendo una persona abbastanza cauta, ho apprezzato molto questo slancio positivo della stampa nelle prime fasi, ma la temo molto, perché è evidente che già oggi iniziamo una fase di rigurgito e che questa positività si scontrerà con le difficoltà che dovremo comunque affrontare: in maniera molto chiara ritengo che o si forza la mano, come non credo si possa fare, oppure questo rischio c'è e, quindi, lo dovremo gestire.
  In merito agli allevamenti e alle aziende agricole, è stata fatta una scelta di supporto puntuale e, quindi, chi possiede animali e un'azienda agricola può non andare via e avrà a disposizione un container per poter stare vicino agli animali. Per capire quando saranno pronti questi container, bisogna considerare che siamo a quattordici giorni dall'emergenza: occorre svolgere un minimo lavoro di urbanizzazione, di livellamento del terreno e di messa in stabilità: bisogna capire se si tratta di un'area soggetta ad alluvioni, se alla prossima pioggia potrebbe verificarsi una colata di fango. Al di là degli slogan, c'è la necessità di un'azione tecnica, per la quale noi stiamo spingendo il più possibile, ma che deve essere Pag. 8compresa. I container per Amatrice partiranno dal Friuli lunedì, ma dopo che queste verifiche saranno state fatte: se tutti i container d'Italia vengono portati a Rieti, ma il tecnico non può ancora valutare la compatibilità, la gestione diventa difficile.
  Avrei veramente molto altro da dire, ma la relazione è a vostra disposizione. Considero la nomina di un commissario per la ricostruzione positiva per due motivi. In primo luogo, sono fermamente convinto che il percorso sia unico e che esso preveda alcune fasi: quella emergenziale e di assistenza alla popolazione, in capo alla Protezione Civile, secondo le linee che ho illustrato in precedenza, e quella relativa alle scelte di ricostruzione. È chiaro che anche la scelta delle cosiddette «casette», che, tra l'altro, non sono necessariamente in legno, è una fase di transizione, perché sono state fatte sulla base della gara Consip: questa transizione sarà l'eredità del Commissario, quindi credo che sia giusto che la scelta sulla logistica, sulla filosofia, sul pensiero si faccia insieme, perché è inutile che si segua un percorso che poi chi dovrà procedere alla ricostruzione non condivide. Il Commissario sta lavorando insieme a noi, avendo ben chiara la differenza delle responsabilità, ma per me è fondamentale perché so qual è la linea che sarà seguita dopo l'attività del Dipartimento di Protezione Civile: possiamo quindi condividere le scelte, anche perché la scelta non è una scelta personale, ma per il territorio è quella che meglio si concilia con le esigenze del territorio in termini di sostenibilità, perché se ognuno pone la propria questione personale è difficile. Stiamo lavorando veramente con grande sinergia, anche perché con il Commissario ho lavorato in Emilia e ci siamo già completamente tarati: sappiamo che quella è stata un'esperienza utile per certi versi ma non replicabile per altri, quindi siamo perfettamente allineati.
  Concludo con una considerazione, se consentite, che riguarda il percorso che abbiamo fatto prima di questo evento, cioè il percorso della legge delega. Questa esperienza, fino ad oggi, conferma che il percorso è quello giusto, così come le idee che ci eravamo fatti sui temi della pianificazione, sulle priorità, sul rapporto con il territorio, sul rapporto con il volontariato – temi che non sto qui a ribadire perché li conoscete molto bene, avendo espresso il vostro autorevole parere in merito.
  Quando questa esperienza sarà più consolidata, quindi tra almeno quattordici giorni, io sono pronto anche a portare ulteriori spunti, che magari possono essere di ausilio, ma soprattutto per i futuri decreti legislativi delegati, perché l'impostazione di questo percorso ci convince. In questo senso vorrei ribadire l'importanza e la necessità (ovviamente lo rimetto alla valutazione del Senato) che la legge delega sia approvata anche in quel ramo del Parlamento, perché metteremo in piedi il frutto di questi ragionamenti in sede di predisposizione dei decreti legislativi delegati e avremo più consapevolezza su alcuni temi. Ritengo che aver scritto il testo del provvedimento prima degli eventi, ma avere poi l'esperienza pratica delle necessità, ci aiuterà a dare, nei decreti legislativi delegati, risposte veramente efficaci ed efficienti dal punto di vista dell'applicazione della normativa in tema di Protezione Civile.
  È evidente che per la pianificazione ci è saltato agli occhi, perché oggi abbiamo raccolto una serie di pianificazioni che abbiamo chiuso proprio quest'anno: alludo al percorso dei rapporti con i responsabili sanitari regionali, durato due anni, che ho avuto l'onore di seguire come direttore dell'Ufficio emergenze e la fortuna di chiudere da Capo del Dipartimento: si tratta di un percorso che abbiamo attuato esattamente come gli altri che ho avuto modo rapidamente di sottolineare.

  PRESIDENTE. La ringrazio per la puntuale relazione. Molte altre questioni sono affrontate nel documento che ci è stato consegnato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta (vedi allegato). Abbiamo il tempo per porre le questioni e ridare la parola al Capo del Dipartimento della Protezione Civile per rispondere ai quesiti posti. Pag. 9
  Accenno a una questione che probabilmente è già stata risolta. La sindaca di Vallo di Nera, Agnese Benedetti, e altri sindaci hanno chiesto una deroga riguardo alle scuole. Noi abbiamo un sistema scolastico che prevede un numero minimo di alunni e sappiamo che questo, in molti piccoli comuni, pone problemi seri che andrebbero rivisti: in una fase di emergenza bisogna prevedere una deroga anche per questo – che probabilmente è stata già prevista – perché altrimenti c'è il rischio che una serie di classi non possano iniziare il loro percorso o vengano costituite pluriclassi, che rappresentano un disincentivo per le famiglie a rimanere sul posto. Probabilmente questo aspetto è stato già affrontato, però lo segnalo come un tema posto da alcuni sindaci.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ENRICO BORGHI. Grazie, signor presidente. Innanzitutto rivolgo un ringraziamento al dottor Curcio, alla sua struttura e ai suoi collaboratori per aver accolto la richiesta della Commissione: credo che questa sia anche l'occasione giusta per esprimere il nostro ringraziamento per il lavoro profuso, per il metodo seguito e per il modo con cui questo lavoro si è esplicato.
  Ho già avuto modo di sottolineare questo aspetto nel corso dell'audizione del sottosegretario De Vincenti e desidero ribadirlo in questo contesto. Il nostro è un Paese straordinario, che spesso indulge sulle proprie caratteristiche negative, senza retorica, senza iattanza, ma al tempo stesso devo sottolineare che, come ama ripetere il presidente Realacci, la nostra Protezione Civile è tra le migliori al mondo: sottolineare a consuntivo questo elemento sta a significare che gli sforzi e il lavoro che le istituzioni hanno svolto in questi anni, da un lato, non sono stati profusi in maniera inutile e, dall'altro, ci possono consentire di fare ulteriori passi in avanti. Credo, infatti, che nessuno di noi possa essere contento di dire che la macchina della Protezione Civile ha funzionato al meglio: vorremmo che non lavorasse mai, se fosse possibile, ma sappiamo perfettamente che un Paese dove 21 milioni di abitanti vivono in zone sismiche e 6 milioni vivono in zone a rischio idrogeologico, questa è solo una pia intenzione e nel solco del sano pragmatismo dobbiamo continuare lungo questo versante, adeguando la strumentazione normativa e regolamentare e facendo tesoro delle cose che, anche in un contesto di positività come questo, possono non aver funzionato, per poter intervenire nelle fasi successive, che sappiamo ci saranno. Si tratta, infatti, di un evento che non è destinato a terminare, per la naturale prosecuzione degli elementi della fisicità, e non è circoscrivibile solo ai quattro comuni che oggi vivono una condizione di grave difficoltà. Avendo metà del Paese una piattaforma montana che inizia in Piemonte e finisce sullo stretto di Messina, adagiata sopra la placca africana, dobbiamo renderci conto che dobbiamo completamente cambiare il paradigma con cui sin qui abbiamo fatto prevenzione e ricostruzione.
  Considero giusto sottolineare un concetto espresso dal dottor Curcio: noi dobbiamo lavorare dal punto di vista della continuità e, quindi, la domanda è se servano innovazioni legislative in questa direzione, tra il ruolo, la funzione, la responsabilità della Protezione Civile e i compiti attribuiti al Commissario straordinario per la ricostruzione, che non possono essere interpretabili come due momenti tra i quali c'è una cesura, in quanto occorre un percorso di coerenza fra la prima fase, quella dell'emergenza, e la seconda fase, quella della ricostruzione, in cui già oggi si gettano le basi per quello che ci sarà successivamente.
  Evitiamo un male italiano, che è quello delle canne d'organo, dei compartimenti stagni o – peggio ancora – dei rimpalli di competenze. Stiamo vedendo all'opera una positiva attività del Commissario straordinario per la ricostruzione coordinata con quella della Protezione civile e vorremmo capire se al riguardo occorra un intervento normativo: è evidente, infatti, che tutto questo non può essere lasciato né alla perorazione delle buone intenzioni, né alla disponibilità delle singole persone, ma deve diventare effettivo. A noi pare – in questo Pag. 10senso raccogliamo l'indicazione e ci permettiamo di evidenziarlo, sia pure nel pieno rispetto del lavoro di un altro ramo parlamentare – che voi abbiate già messo in campo i princìpi che abbiamo discusso nel corso dell'esame della proposta di legge dell'onorevole Braga, non di riforma, ma di coordinamento e rafforzamento del percorso della Protezione Civile. Lo dico non per mettere i puntini sulle «i», ma perché la semantica ha un senso: noi riteniamo di dover parlare non della riforma, ma del rafforzamento della Protezione Civile.
  Nel considerare positivo aver visto all'opera quelle linee guida che sono state oggetto della discussione e del lavoro di questa Commissione (coordinamento e non gerarchia, forte coinvolgimento delle autorità locali, responsabilizzazione in una logica di filiera e di sussidiarietà, valorizzazione del volontariato in una logica di coordinamento), crediamo che esse debbano trovare una chiusura rapida, e questo è compito non vostro ma del legislatore. Noi possiamo solo chiedervi di continuare ad andare in questa direzione dal punto di vista regolamentare.
  Concludo, signor presidente, con due ultime osservazioni. Noi riteniamo molto positivo il coinvolgimento dei sindaci e delle comunità locali: le esperienze del passato ci dicono che laddove questo è stato fatto (il caso di scuola è quello del Friuli) e si è puntato non solo sul senso di responsabilità delle comunità, ma anche sul loro senso di identità, l'emergenza è stata gestita meglio e la ricostruzione ha funzionato. Questo è un elemento dal quale non dobbiamo sfuggire: dobbiamo ricostruire per ridare un'anima, un senso, una prospettiva, un'identità a quelle comunità. Non dobbiamo ricostruire muri di pietra, ma dobbiamo aiutare queste comunità a ricostruire in una logica di prospettiva, non di retrospettiva.
  In secondo luogo, vorrei rivolgere una domanda con riferimento all'occupazione delle aree: siccome nel nostro Paese si fa sovente ricorso ai tribunali, con aggravi burocratici notevoli, vorrei chiedervi se serva, sotto questo profilo, un'innovazione legislativa, perché noi riteniamo che quattro parole d'ordine debbano caratterizzare il lavoro: semplificazione – per evitare, nel rapporto con i cittadini, le fasi intermedie e burocratiche che comportano lungaggini, nonché rinvii –, trasparenza, efficienza e innovazione, soprattutto dal punto di vista della capacità di ricostruzione.
  Ne parleremo anche con il commissario Errani: oggi ci sono le condizioni a livello tecnologico per fare in modo che quelle realtà possano essere ricostruite, rispettandone le caratteristiche tipologiche e le peculiarità e, al tempo stesso, garantendone la sicurezza attraverso precise scelte. È chiaro che bisognerà vietare di costruire scuole in fasce rosse, ma sarà possibile costruire scuole in modo diverso, con caratteristiche e modalità che garantiscano il diritto di quella cittadinanza di mandare i figli a scuola in un contesto di assoluta sicurezza.

  SERENA PELLEGRINO. Grazie, presidente, per l'audizione odierna, che secondo me era indispensabile. Rivolgo il benvenuto al capo della Protezione Civile, ingegner Curcio. Sono l'onorevole Pellegrino, vicepresidente della Commissione Ambiente. Tengo a precisare che la mia regione di provenienza è il Friuli Venezia Giulia, dove da bambina ho vissuto in prima persona la ricostruzione dopo il terremoto, durata più o meno una ventina d'anni.
  Non si ricostruisce e non si fa il modello Friuli in un anno: le persone hanno vissuto e hanno preferito vivere in baracca perché sapevano che questo garantiva loro la possibilità di tornare nelle loro case. Credo che il modello Friuli sia irreplicabile per un semplice motivo, in quanto c'era una situazione contingente assolutamente particolare: avevamo a disposizione un esercito, fermo, immobile e stanziale; con poche telefonate l'esercito si è mobilitato in pochissime ore. La Protezione Civile non esisteva, in quanto l'avvio della Protezione Civile in Italia si è avuto proprio con il terremoto del Friuli Venezia Giulia. Avevamo moltissimi volontari con la «V» maiuscola, che si sono messi a disposizione, e sindaci con una grandissima capacità di spesa. Quindi, la situazione del Friuli Venezia Pag. 11 Giulia, dal mio punto di vista, non è replicabile.
  È stato dato l'equivalente di 20 miliardi di euro in una ventina d'anni, cifra importante che oggi sicuramente è molto difficile recuperare. Il Commissario ha svolto un lavoro straordinario e quella filiera ha funzionato: la ricostruzione è stata eccezionale. Il «modello Friuli» oggi è nominato ovunque, però non possiamo dimenticare che questa situazione oggi non esiste più. Non vorrei fare la voce fuori dal coro, perché ritengo che la Protezione Civile abbia dato un enorme contributo e abbia supplito, in questa circostanza, alle figure mancanti che ho citato prima, però non posso non sottolineare che si tratta di volontariato e non di professione.
  Quello che in questo momento voglio sottolineare è che non possiamo pensare di sostituire i professionisti con i volontari. Ritengo che i tecnici abilitati alla professione di ingegnere (lo dico a lei che è ingegnere), architetto, geometra, perito, siano formati dagli Albi professionali e dalle scuole di formazione ad intervenire sul territorio: le chiedo quindi contezza sui corsi di formazione che la Protezione Civile ha messo in atto. Tutti i professionisti sono abilitati a intervenire durante le emergenze del terremoto, quindi mi piacerebbe capire per quale motivo, nella circolare del 3 settembre, laddove si fa riferimento ai liberi professionisti che vengono coinvolti come volontari, si cita il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2014 – ritengo, peraltro, che il concetto di volontariato collida con quello di libera professione – si attribuisca, alla lettera c), la qualificazione di esperto ai dipendenti pubblici o personale in organico alla struttura dei centri di competenza, e poi, alle lettere a) e b), soltanto a coloro che abbiano effettuato le quaranta ore di formazione svolte dalla Protezione Civile e pagate 400-500 euro a professionista.
  So che molti Ordini professionali hanno osteggiato questi corsi di formazione, perché tutti i tecnici sono abilitati a partecipare alle valutazioni dell'agibilità nei paesi terremotati. Penso che per la ricostruzione e la prevenzione debbano essere coinvolti i professionisti e le imprese, non i volontari.
  Le chiedo quindi contezza in merito all'accaduto, perché ritengo che la nostra Repubblica sia fondata sul lavoro e il volontariato debba essere lasciato solo ad alcuni aspetti.

  PRESIDENTE. Dobbiamo purtroppo sospendere la seduta per un problema tecnico all'impianto audio.

  La seduta, sospesa alle 11.30 è ripresa alle 11.35.

  PRESIDENTE. Comunico che l'interruzione del segnale audio ha impedito la registrazione dell'intervento della collega Terzoni. Do ora la parola alla collega Braga.

  CHIARA BRAGA. Approfitto di questa occasione per rivolgere alcune domande specifiche al capo Dipartimento della Protezione Civile, perché abbiamo avuto molte occasioni di confrontarci sui temi generali e credo che ne avremo ancora in futuro.
  Visto che in questo momento siete impegnati in maniera particolare a gestire questa seconda fase dell'emergenza, dopo quella del soccorso e della salvaguardia delle vite umane quella di accompagnare questo percorso temporaneo, vorrei sapere se siano stati messi in campo dalla Protezione Civile o comunque siano in programma, vista anche la specificità di questo sisma e delle caratteristiche territoriali dei comuni colpiti, percorsi di accompagnamento, di partecipazione e di condivisione delle scelte non soltanto con le istituzioni che rappresentano quelle comunità, ma anche con i soggetti direttamente interessati.
  L'attenzione che lei giustamente poneva sull'esigenza di evitare ogni forzatura, ma anche di mettere in evidenza le conseguenze e i rischi di scelte come quelle che ci ricordava la collega Terzoni, dovute alla volontà di rimanere in quel luogo, richiede percorsi di accompagnamento specifici, che per poter essere applicati devono essere Pag. 12definiti e regolamentati in un determinato modo.
  L'altra questione si collega al lavoro che la Commissione ha svolto in merito alla proposta di legge delega di riordino del sistema di Protezione Civile. Come lei ricordava, molti di questi aspetti rimandano all'esigenza fondamentale, che tutti abbiamo sottolineato come primaria, di occuparci dei temi della Protezione Civile in «tempo di pace», per predisporre le condizioni per agire al meglio in situazioni di emergenza come quelle che hanno caratterizzato questo terremoto.
  Lei ci ha già detto che alcuni di questi aspetti potrebbero essere meglio delineati nell'ambito dei decreti legislativi delegati, e questo conferma la bontà e la volontà positiva con cui abbiamo lavorato. Lei ritiene che alcuni di questi aspetti della gestione – per quanto di competenza della Protezione Civile – della seconda fase dell'emergenza necessitino di un intervento di inquadramento normativo e, quindi, anche alla luce di alcune esperienze passate, se sia opportuno definire tale quadro normativo per evitare un accavallamento delle ordinanze? Probabilmente, a regime, in caso di attuazione della legge delega, questi provvedimenti d'urgenza troverebbero un quadro più complessivo, ma in questo momento di transizione e di passaggio forse evidenziano la necessità di un intervento normativo specifico. Noi ci siamo confrontati su questi temi, anche con riferimento alla garanzia, alla trasparenza e alla legittimità delle forniture degli appalti: penso che questo sarà uno dei primi campi di applicazione della nuova normativa sugli appalti e che queste norme troveranno un'applicazione positiva. Le chiediamo di segnalarci l'eventuale necessità di aggiornamento e di migliore definizione, perché siamo impegnati parallelamente in questa verifica della fase di attuazione.
  Oggi abbiamo la prima occasione di confrontarci con il capo Dipartimento dopo il sisma: non lo dico per richiamare alla correttezza, in quanto credo che tutti abbiamo lavorato per questo scopo, però, proprio perché lavoriamo e ragioniamo su questi temi, dobbiamo avere chiaro quali sono le competenze e le responsabilità e, quindi, evitare di porre al capo Dipartimento questioni che attengono a scelte che dovremo compiere noi come legislatori o dovrà fare il Governo. Penso ad esempio al tema fiscale, trattandosi di scelte che non competono al capo Dipartimento della Protezione Civile.

  SAMUELE SEGONI. Ringrazio il capo della Protezione Civile e la Protezione Civile stessa non solo per l'audizione, ma anche per l'impegno profuso sul campo. Avrei molte domande, ma per non sottrarre tempo ai colleghi mi limito a un paio di spunti.
  Il primo è relativo ad alcune istanze che da tempo porto avanti in questa sede, sia attraverso lo strumento delle mozioni sia con la proposta di legge di riordino della Protezione Civile: io sono il primo firmatario di una delle proposte di legge abbinate a quella della collega Braga e noto con piacere che altre forze politiche le hanno fatte proprie.
  Per l'ennesima volta si rende evidente come non sia sufficiente che i piani di emergenza comunali esistano e siano noti ai sindaci e alla popolazione, ma sia improcrastinabile poterli validare in «tempo di pace», magari a campione, perché è impossibile validare 8.000 piani comunali: qualcosa bisogna fare, però, per assicurarsi che poi possano corrispondere ad esigenze reali.
  In secondo luogo, ribadisco il discorso sulla «filiera zero» nei soccorsi, negli aiuti e nella ricostruzione, per non ripetere gli errori fatti a L'Aquila, dove la disgregazione del tessuto sociale è stata innanzitutto disgregazione del tessuto economico: è necessario andare a cercare non solo i beni di prima necessità, ma anche la manodopera stessa, i materiali per il soccorso e per la ricostruzione internamente alle aree colpite da sismi o da altri eventi calamitosi, al fine di favorire un ritorno alla normalità attraverso un primo, parziale aiuto alla ripresa economica.
  Alcune mie mozioni in questo senso sono state approvate e, quindi, vorrei sapere se in occasione del recente terremoto Pag. 13sia stato fatto qualcosa per andare in questa direzione.
  Vorrei fare infine una considerazione che so essere dirompente, relativa alla previsione dei terremoti. Sappiamo tutti che i terremoti non si possono prevedere, o, meglio, allo stato dell'arte non siamo in grado di farlo, però io rilevo che in ambito internazionale le comunità scientifiche di Paesi come Giappone, Cina, Taiwan e Stati Uniti si stanno muovendo già da qualche anno nella direzione di investire risorse in ricerca scientifica sulla previsione dei terremoti e per mettere in piedi un sistema di allertamento come avviene per le frane: l'allerta meteo in Italia è all'avanguardia, cosa che venti anni fa era impossibile.
  Forse, se si riuscisse a investire in questa direzione adesso, fra qualche decennio potremmo essere in grado di prevedere i terremoti. So che chi parla di previsione temporale dei terremoti in Italia viene automaticamente bollato come ciarlatano, però, ripeto, ci sono comunità internazionali che si stanno muovendo in questa direzione: mi piacerebbe se la Protezione Civile assecondasse, attraverso programmi di ricerca nei propri centri di competenza, la ricerca, per poter fare previsioni non soltanto sulle allerta meteo, sulle frane, sulle alluvioni, ma anche su eventi sismici.

  ORESTE PASTORELLI. Ringrazio l'ingegner Curcio, che ho avuto modo di incontrare nelle zone colpite dal sisma, per il lavoro svolto dalla Protezione Civile in maniera attenta.
  In questa sede voglio puntualizzare alcuni aspetti che dobbiamo tenere in grande considerazione e il Parlamento, insieme con il Governo, deve far sì che determinati interventi collegati alla prevenzione non siano adottati solo a parole, ma vengano attuati. Chiedo all'ingegner Curcio, per il ruolo rivestito sul campo con le istituzioni locali, con le quali ha instaurato una grande sinergia, di rimettere in piedi prima possibile le attività artigianali, commerciali e agricole presenti sul territorio. Credo fortemente che, con la ripresa delle attività artigianali, commerciali e agricole di quel territorio, si possa far sì che tutta la popolazione che oggi è nelle tende ricominci a credere che l'economia possa riprendere il giusto corso.
  Sono stati fatti grandi sforzi: credo che l'impostazione data sia quella giusta e noi dobbiamo fare la nostra parte. Io ho sostenuto le parole del presidente sul problema dell’ecobonus per la prevenzione di determinate problematiche e condivido anche l'interrogazione che oggi discuteremo sul problema della firma dell'Italia degli accordi sul clima di Parigi. Sono pienamente d'accordo sull'esigenza di impostare il nostro lavoro sulla prevenzione, perché se preveniamo, non piangiamo. Questo è il messaggio che voglio dare.

  PRESIDENTE. Del resto, il primo atto di questa legislatura è stato votato all'unanimità da questa Commissione: una risoluzione a prima firma mia, sottoscritta da tutti i colleghi, presentata in occasione del cinquantenario dell'alluvione del Vajont. Vi avevamo già inserito questi temi, incrociando tutte le questioni, collegate, quindi, da un filo conduttore.

  PAOLO RUSSO. Non ho purtroppo la fortuna di far parte di questa Commissione. In questi quindici anni, il nostro Paese ha reso grande ed efficiente la Protezione Civile e lei, che è il capo Dipartimento, ne è la rappresentazione più immediata e diretta. Gli apprezzamenti nei suoi confronti sono meritati e, pertanto, riducono anche la portata, collega Borghi, della necessità di quella riforma o di quel rafforzamento, proprio perché mi sembra che la Protezione Civile, anche in questa occasione, sia andata nella direzione giusta, oserei dire senza la norma.
  Ho apprezzato molto il pragmatismo, il realismo del capo del Dipartimento, soprattutto quando ha evidenziato che tra gli slogan e l'azione c'è la necessità di tempo: escludo che questa sia una «bacchettata» a qualcuno, ma è un modo concreto per dire che bisogna avere, passo dopo passo, la misura delle cose da fare e, soprattutto, l'umiltà di affrontarle con qualche slogan in meno.
  Oltre a questo apprezzamento, mi perdonerà se le suggerisco di evitare di «difendere Pag. 14», per eccesso di zelo, un Commissario, che era – sì – indispensabile e necessario, ma che così come è stato indicato e nominato ci è sembrato di parte, anzi di partito, quindi non gradito. Per questo le suggerirei di evitare una difesa d'ufficio.
  Affronto ora una serie di questioni. Riguardo al ricovero per gli animali, cerchiamo di capire le tempistiche, capiamo le difficoltà, le problematicità e la necessità di un minimo di infrastrutturazione anche per i container: quando l'ultimo container giungerà in quell'azienda agricola per consentire di riprendere l'attività nel migliore dei modi e per dare quella sensazione, a cui faceva riferimento anche il collega Pastorelli, di lenta ripresa sul fronte del lavoro e della speranza?
  Riguardo alle misure per gli enti locali in deroga per le assunzioni di personale, trattandosi di comunità così piccole che non hanno il personale adeguato, state prevedendo misure che consentano non di trasferire unità da regioni lontane, ma di utilizzare competenze, intelligenze e sensibilità tutte locali, che possano essere messe al servizio dei comuni? La regione Lombardia ha dato la disponibilità delle case di servizio per Expo, che potrebbero essere utilizzate da subito e a basso costo. Su questo fronte state svolgendo qualche valutazione? Emerge che il timore di venire stabilmente sistemati altrove induce prudenza e cautela a muoversi da parte delle popolazioni e, quindi, potrebbe essere utile prevedere un meccanismo di partecipazione e di monitoraggio sociale dei processi organizzativi e di ricostruzione. Lo avete previsto?
  Emerge anche un altro elemento, ossia la fragilità dei sistemi infrastrutturali interni: mi riferisco a tutti i sistemi infrastrutturali nelle aree interne del nostro Paese, tema che forse afferisce più al lavoro di noi parlamentari. Dovremmo riflettere su come le aree interne abbiano una fragilità intrinseca, perché probabilmente devono servire una minore quantità di trasporto, ma evidentemente poi rappresentano strutture nevralgiche. Mi riferisco, ad esempio, alle infrastrutture di telefonia mobile che, proprio perché devono servire piccole comunità e piccole aree, sono affidate necessariamente alle cure dei privati i quali hanno poco interesse ad essere operativi in quelle zone.
  Infine, state lavorando sulle aree di stoccaggio per i materiali di risulta, le previsioni di giacimenti, le previsioni di discariche di servizio per tutto il materiale lì deposto? È evidente che siamo al cospetto, come lei ha detto con molto garbo, di un terremoto che ha caratteristiche drammatiche straordinarie, ma tipologiche completamente diverse, assai concentrato: ci aspettiamo, quindi, una risposta in termini di intervento maggiormente efficace, efficiente e celere.

  MAURIZIO BARADELLO. Mi associo al ringraziamento per la tempestività della convocazione dell'audizione e per la risposta positiva del responsabile della Protezione Civile.
  Se è vero che vogliamo datare l'inizio della Protezione Civile con il terremoto del Friuli quarant'anni fa, in questi quarant'anni sono successe tante cose e l'esperienza insegna sempre. In quel caso ricordiamo tutti la volontà di ricostruire le attività produttive, ovviamente prima le case, ma poi subito le attività produttive per far tornare alla normalità: mi sembra che qui si stiano già facendo ragionamenti in questo senso proprio perché, seguendo il solco delle considerazioni del collega Borghi, come ente legislativo dobbiamo spingere sulla ricostruzione delle comunità di persone e dei territori e dei beni culturali, per fare in modo che si ricostituisca e si rinormalizzi in questi territori la vita delle persone e ripartano le attività produttive, i beni culturali e gli allevamenti.
  L'esempio del Friuli ha anche aiutato per alcuni aspetti, nel far vivere la comunità anche nel periodo transitorio quando, dopo la scossa di settembre, le persone si sono convinte di doversene andare perché ormai era tutto raso al suolo, ma le comunità hanno continuato a vivere nei luoghi dove si sono trasferite (Grado, Lignano) e le comunità comunali si sono ricreate nei territori dove erano ospitate temporaneamente. Questo ha consentito di continuare Pag. 15a vivere le dinamiche e i rapporti fra le persone e le famiglie.
  Credo che sia da elogiare la governance dell'evento in questa prima fase, che spero possa continuare in futuro, come dicevo nell'incontro con il sottosegretario De Vincenti qualche giorno fa: si è dimostrata l'ottima partenza della macchina della governance, che deve vedere un rapporto equilibrato fra il responsabile della Protezione Civile, il Commissario e soprattutto i sindaci che c'erano, ci sono e ci saranno dopo l'evento, figure cardine attorno a cui ruota tutto. La governance si è quindi messa in moto bene e credo sia sotto gli occhi di tutti che non c'è stata la confusione che solitamente si crea nella spontaneità e nell'emotività degli aiuti da parte di tanti, in quanto sono prevalsi l'ordine, la competenza e la grande logica nell'organizzazione degli eventi.
  Nulla è comunque neutrale anche in questa fase: come lei diceva, tutto quello che viene fatto adesso ha una conseguenza sicuramente anche sugli atti futuri, quindi deve essere fatto seguendo la preparazione e gli studi predisposti in «tempo di pace», che si sono dimostrati efficaci in questa fase.
  Sollevo brevemente tre questioni. Se avete indicazioni su come affinare, dal punto di vista legislativo o normativo, quello che serve per un – speriamo lontanissimo – evento futuro per poter fare tesoro di quello che è successo in questi momenti, siamo pronti a intervenire. Ricordo che per il Friuli furono approvate cinque leggi nel giro di sei o sette anni e considero importante evitare interventi straordinari, prevenendo anche sotto il profilo legislativo.
  Mi associo alle sue preoccupazioni sullo sciacallaggio di alcuni media, che credo sia quasi inevitabile, perché si inventeranno qualsiasi cosa per creare notizia. Forse coinvolgendo nella ricostruzione i media più importanti e studiando qualche iniziativa che li coinvolga, potremmo prevenire questa triste fase.
  Da quando potremo contare sulle risorse del fondo di solidarietà? Si tratta di un tema che non conosco e che approfondirò.

  MARINA SERENI. Ringrazio anch'io il presidente della Commissione per questa audizione e il capo della Protezione Civile per quello che è stato fatto e che si sta facendo e per le informazioni molto puntuali che ci ha fornito nella relazione. Svolgo una sola osservazione di contesto e pongo due domande.
  Per l'esperienza che abbiamo avuto nell'Umbria e nelle Marche, che era ovviamente molto più ampia, sia come numero di sfollati che come dimensione del territorio, credo che sia molto importante non solo la condivisione delle scelte da fare con le comunità, ma anche la possibilità che queste comunità, ad un certo punto, si auto-organizzino.
  Lo dico perché voi avete previsto una funzione di coordinamento di soggetti anche del volontariato esterno, che reputo molto positiva: c'è bisogno, però, che a un certo punto quelle comunità comincino a prendere in mano anche la vita del post-emergenza. Nell'emergenza questo è inevitabile, ma nel post-emergenza è importante che gestire le cucine, dare da mangiare, organizzare la distribuzione del materiale siano anche modi per tenere insieme la vita della comunità, che altrimenti nell'assistenza rischia di scomparire.
  Le due domande riguardano questa fase: oltre al tema sollevato relativo alle scuole dei piccoli paesi, ossia alla rimozione delle macerie, su cui è probabile che nella relazione abbiate riportato alcune considerazioni, chiedo se sia stata già assunta la decisione di centralizzare l'iniziativa nel post-emergenza sui beni culturali sul reatino. Questa scelta desta qualche preoccupazione in Umbria, perché la dimensione umbra è più concentrata e forse potremmo risolvere il tema della messa in sicurezza dei beni culturali nel versante umbro. Vorrei capire se abbiate valutato questa decisione.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Mi associo agli apprezzamenti rivolti al sistema della Protezione Civile dai colleghi e dal capogruppo Pag. 16 Borghi, anche a nome degli altri parlamentari del gruppo del Partito Democratico delle Marche. Abbiamo già avuto occasione di dirlo e ribadiamo che questa prima fase dell'emergenza è stata gestita molto bene, così come la prima fase di governance e di compartecipazione delle scelte con gli amministratori locali.
  Il nostro apprezzamento va al sistema Protezione Civile in tutte le sue componenti, compresa la parte del volontariato dei professionisti. Ho avuto occasione di conoscere il dottor Curcio nel primo meeting degli agibilitatori a Senigallia, due anni fa, e i professionisti volontari in Italia erano allora circa 1.600, di cui 350 delle Marche: si tratta, quindi, di un mondo che va tenuto in considerazione, anche perché la fase della verifica richiede tempi lunghissimi, perché sono tantissime le abitazioni coinvolte e quindi c'è necessità di questo contributo.
  Si è parlato di modello Marche, di modello Umbria, di modello Friuli e di modello Emilia-Romagna: ritengo che ogni terremoto abbia le sue peculiarità e le sue specificità; questo assomiglia molto a quello di Umbria e Marche del 1997 anche per le caratteristiche del territorio, con zone montane scarsamente popolate, viabilità precaria, poche industrie, molta agricoltura. Ritengo che la ricostruzione vada fatta non prendendo a esempio un solo modello specifico, ma prendendo da tutte le esperienze pregresse quanto di buono c'è stato. Al riguardo, la nomina del Commissario Errani, che valutiamo positivamente, è una garanzia.
  Vorrei però segnalare alcune criticità, o meglio alcune esigenze, chiedendo al dottor Curcio di valutare se queste possano trovare soluzione nell'ambito delle ordinanze, essendone già state adottate alcune, oppure possano essere veicolate al Commissario, qualora non siano invece atti di competenza parlamentare.
  Presupposto questo metodo di concertazione, che è stato seguito e che va valorizzato, parto da alcune esigenze segnalate dai comuni delle Marche e dall'ANCI che le ha raccolte: mi riferisco, intanto, alla possibilità della sterilizzazione della spesa post-sisma in ciascun comune, per un ammontare che consenta di sostenere quelle spese che i vincoli di bilancio rischiano di non consentire.
  Un'altra osservazione riguarda le figure dei sindaci, che sono fondamentali e indispensabili in questa fase di concertazione: molti sono lavoratori dipendenti e, quindi, la possibilità di usufruire di un periodo di aspettativa per tutta la durata del primo soccorso diventa quanto mai essenziale, così come il superamento del turnover almeno pari al cento per cento della spesa del 2015, per consentire ai comuni di far fronte a questa situazione, così come, essendo quasi tutti comuni montani con segretari part-time a scavalco, la possibilità di avere a disposizione personale di segreteria.
  Mi permetto di dare un altro suggerimento, che probabilmente pertiene di più alle competenze parlamentari: quando finirà l'emergenza, occorrerebbe prevedere un accompagnamento graduale, per evitare che la sospensione dei tributi si cumuli immediatamente in oneri non sostenibili da parte delle imprese o di chi ne ha beneficiato.
  Un problema a cui è già stato accennato è quello della definizione del cratere. Come parlamentari abbiamo segnalato alcune realtà, soprattutto quelle dell'area dell'Alto Nera (Castelsantangelo sul Nera, Ussita, Visso) che sono prossime all'epicentro e hanno subìto danni. Lei diceva che nella fase emergenziale si pone molta attenzione al problema delle persone e questi sono territori che hanno subìto danni alle persone e all'economia e, quindi, chiederei di accelerare sulla verifica della definizione del cratere.
  Con riferimento alle scuole, le mie considerazioni riguardano non soltanto l'avvio dell'attività, ma anche il potenziamento del personale scolastico, perché ci sarà necessità di un sostegno anche oltre l'orario scolastico.
  Per quanto riguarda le attività produttive, da più parti viene rappresentata l'esigenza di consentire la prosecuzione dell'attività agricola con l'allestimento di stalle per il bestiame e di realizzare per le piccole Pag. 17attività artigianali moduli che permettano di non sospendere l'attività. Queste sono soltanto alcune indicazioni che vengono dai territori: le chiedo di valutarle e raccoglierle quanto possibile nelle ordinanze e di proseguire in questo clima di concertazione e di coinvolgimento del sistema delle autonomie locali, che ha dato ottimi risultati ed è ampiamente apprezzato da tutti gli amministratori.

  FABRIZIO CURCIO, capo del Dipartimento della Protezione Civile. Ringrazio perché tutte le osservazioni, le indicazioni e le considerazioni sono per noi utili per continuare nel lavoro che facciamo e nel ragionamento che stiamo mettendo in piedi in questa emergenza, ma soprattutto nella parte più strutturale.
  È evidente che sono stati affrontati molteplici argomenti, alcuni più tecnici, specifici, più di mia competenza, altri più generali, che attengono ad azioni che sfuggono alla mia competenza tecnica, però su tutti questi noi ci riserviamo di predisporre una puntuale relazione, in modo da poter dare riscontro alle vostre osservazioni.
  Colgo però l'occasione per svolgere due o tre considerazioni sugli aspetti più immediati, solo alcuni di quelli di cui ho preso nota. Mi sembra che un nodo cruciale che riemerge in ogni situazione emergenziale sia il rapporto tra l'ordinario e lo straordinario. Si tratta di un tema cruciale: negli ultimi anni abbiamo detto «no» a una Protezione Civile che nelle emergenze pone questioni ordinarie e, quindi, dobbiamo mantenere questa attenzione – è una mia riflessione che pongo alla vostra valutazione – perché c'è la tendenza a riportare il sistema derogatorio, rapido ed efficiente (fin quando lo sarà) ad occuparsi di questioni strutturali.
  Faccio un esempio banale molto semplice, al quale si è accennato, quello della telefonia mobile: io ne ho parlato con il sindaco di Leonessa, ma alla domanda «ma prima comunicavate?» la risposta è stata «no». Lo dico veramente con onestà tecnica e questo vale per la telefonia, per la strada, per il servizio e per l'ospedale. Io faccio ciò che mi viene chiesto e nella linea delle regole, ma a mio avviso dobbiamo evitare di tornare a fare commistioni tra ordinario e straordinario.
  Come ho detto anche nel corso delle mie visite in quei luoghi, noi ci occupiamo di dare una risposta al sisma di magnitudo 6.0 che ha colpito quei territori alle 3.36 del 24 agosto: io lì mi fermo, perché quello è il mio mandato oggi. Se poi avrò un mandato diverso, lo accetterò, ma oggi non c'è, e lo spunto di riflessione che pongo alla vostra attenzione è l'esigenza di separare lo straordinario dall'ordinario, oppure di farlo insieme conoscendo bene i confini, altrimenti come sistema potremmo ricadere in un equivoco che personalmente non ritengo praticabile.
  Su una serie di osservazioni puntuali mi riservo di rispondere nel dettaglio: mi è piaciuto molto il concetto dei piani comunali, in quanto credo che, se facciamo una scelta che è quella del territorio, non possiamo attendere che qualcun altro certifichi il piano, che invece deve essere certificato dalla gente. Si tratta quindi di un piano partecipato, o almeno questa è la mia opinione. Se infatti rimettiamo la certificazione del piano a persona diversa da chi deve «vivere» quel piano, continuiamo a fare un errore tecnico, perché a stabilire la bontà delle aree di accoglienza deve essere la comunità. La comunità poi deve essere supportata e seguita, e su questo sono d'accordo. Prendendo l'esempio da alcuni comuni in cui si è iniziato a lavorare sul piano partecipato, dovremmo aiutare i comuni a fare un piano che poi sia condiviso dalle persone, che conoscono se quella scuola o quell'area va bene o non va bene. Mi chiedo, infatti, con quale criterio si possa certificare con un'autorizzazione a monte. Tutti ci chiedono di andare a vedere i loro piani, ma come il Dipartimento nazionale può esprimersi su un piano territoriale di 8.000 comuni? È chiaro che noi possiamo dare un contributo tecnico generale, ma poi il piano deve essere l'applicazione del territorio, deve essere «sentito» e voluto dalla gente: quando il cittadino bussa alla porta del sindaco, vuole sapere lo stato della sicurezza del territorio; io credo che i percorsi che mettiamo in piedi sono destinati ad essere deboli, e invece Pag. 18dobbiamo spingere per l'affermazione di una cultura su questo aspetto.
  Con riferimento agli appalti, segnalo che con l'ANAC stiamo facendo un lavoro sulla trasparenza. Certamente, sulla questione relativa alla previsione dei terremoti bisognerà «buttare il cuore oltre l'ostacolo», soprattutto parlando di tecnologia. Ciò va chiaramente al di là delle mie competenze come capo Dipartimento, ma sono ben disponibile a dire che noi siamo disponibili a svolgere questo ragionamento in ambito nazionale.
  Una puntualizzazione rispetto al Contributo Autonoma Sistemazione (CAS), che è uno dei temi che affrontiamo: effettivamente non si conosce bene questo meccanismo, sul quale dobbiamo puntare di più, in base al quale la «casetta» è proporzionata non all'attuale condizione, ossia al fatto che si stia in tenda, in albergo o in CAS, ma al danno che si è subito. Questa è un'osservazione tra le tante che riporto, perché su questo aspetto dobbiamo spingere di più e lo faremo.
  Sono d'accordo sul concetto della ricostruzione della comunità in tutti i suoi aspetti: questi borghi sono stati annientati, quindi servono il panificio, la posta, la caserma dei carabinieri ed è chiaro che là è la comunità che si mette insieme.
  Sul percorso normativo è evidente che molte cose sono fattibili con gli strumenti derogatori dell'ordinanza, molte no, cioè non è un caso che un sisma normalmente sia accompagnato da una fonte primaria come il decreto-legge, che dà una serie di risposte alle richieste degli artigiani, delle comunità che devono ricrescere e delle attività produttive. Come capo Dipartimento devo seguire una linea operativa, tecnica, e non posso intervenire su questioni che, pur avendo assoluta rilevanza, hanno ovviamente un respiro diverso.
  Ci sono anche questioni tecniche a cavallo tra i due aspetti, e l'esempio delle macerie è tipico: la filiera delle macerie è molto lunga e indubbiamente deve essere governata con un atto primario. La mia ordinanza ha disciplinato un aspetto che dovrà poi trovare la sua collocazione in un decreto-legge, perché vi è l'urgenza di dare sistemazione alle cose, ma di farlo nella maniera meno traumatica possibile dal punto di vista giuridico e anche pratico.
  Svolgiamo poi altre attività con il Ministero dei beni e delle attività culturali, come la verifica della presenza di amianto nelle macerie, o altre attività, nella logica di affrontare con l'ordinanza questioni urgenti nell'immediato, che coprano un tempo ristretto, dopodiché il respiro è ovviamente quello normativo di un decreto-legge, in cui bisognerà disciplinare in maniera più strutturale gli aspetti emergenziali.
  Si è parlato di Expo: noi abbiamo avuto un incontro tecnico serrato, all'esito di colloqui con il Presidente Maroni, e abbiamo visto che le soluzioni di Expo riguardo alle abitazioni non sono compatibili con le nostre esigenze: lì le casette erano per gli operai, con stanze singole, un bagnetto in container, invece alcune strutture di tipo sociale possono essere utili e sono state messe in quel «calderone» di risorse che su richiesta possono essere attivate.
  Anche questi interventi, in assoluto, non hanno costi, ma quando poi si tratta di smontare palazzine a tre piani, trasportarle e rimontarle, alla fine bisogna anche verificare quanti costi generano in realtà questi «non costi», perché magari la struttura non comporta costi, però c'è un costo che dobbiamo quantificare al di là dell'aspetto tecnico.
  Svolgo un ragionamento sul Friuli: io sono assolutamente convinto, come è dimostrabile anche sulla base degli incontri già tenuti, della validità dei numerosi modelli, ma in realtà completamente diversi. Il terremoto in Friuli è avvenuto trent'anni dopo la seconda guerra mondiale e quelle comunità non sono le comunità di adesso; la nostra società di oggi non è la società di allora: le esigenze del cittadino nell'emergenza magari sono le stesse, ma la risposta è ovviamente diversa.
  È vero che c'erano i soldati che non esistono più oggi, ma bisogna anche considerare che i soldati di allora erano ragazzi di leva di 18-20 anni, bravissime persone che mettevano il cuore oltre l'ostacolo, ma non avevano niente a che vedere con il Pag. 19volontariato di Protezione Civile, che è formato e istruito e che il sabato e la domenica si rapporta con l'istituzione: non parlo di situazione migliore rispetto all'altra, ma di un'altra situazione, e noi dobbiamo ragionare con questa situazione, traguardando possibilmente quello che avremo più avanti.
  La storia dei professionisti è una storia complicata ma semplice, nel senso che noi abbiamo oggi la possibilità di fare queste verifiche perché ci sono persone che mettono a disposizione la propria professionalità in un percorso di responsabilità: oggi abbiamo tecnici che volontariamente valutano se una persona può rientrare in casa, ben sapendo che il fatto che possa rientrare o non rientrare in casa non è il frutto di una valutazione sull'agibilità tout court, ma evidenzia solamente se quell'evento ha prodotto un danno su quell'edificio.
  Rispondo ora alla domanda sui dipendenti pubblici. I dipendenti pubblici hanno organizzato i corsi di formazione senza costi, quindi noi siamo andati a svolgerli senza sostenere costi. Qui non si mette in dubbio la professionalità dell'ingegnere, perché è chiaro che l'ingegnere è in grado di farlo: l'importante è far comprendere il meccanismo e il percorso. Non sto mettendo in dubbio che il cardiochirurgo possa fare un'operazione, ma una cosa è prendere il cardiochirurgo all'ospedale, altra cosa è portare il cardiochirurgo in tenda in una situazione diversa: bisogna far capire a quel cardiochirurgo, che tecnicamente è bravissimo, che lì ci sono condizioni diverse e spiegargli il percorso. Questa è l'idea del corso di formazione, nel senso che la scheda Aedes sarà poi il percorso che arriverà fino all'emergenza. Questo è il sistema, che si può cambiare, modificare e certamente migliorare.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il capo del Dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, al quale auguro buon lavoro, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.25.

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