XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 96 di Mercoledì 7 settembre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Lainati Giorgio , Presidente ... 3 

Audizione della presidente e del consiglio di amministrazione della Rai ai sensi dell'articolo 49, comma 12-ter, del decreto legislativo n. 177 del 2005:
Lainati Giorgio , Presidente ... 3 ,
Maggioni Monica , presidente del consiglio di amministrazione della Rai ... 3 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 6 ,
Freccero Carlo , consigliere di amministrazione della Rai ... 6 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 6 ,
Freccero Carlo , consigliere di amministrazione della Rai ... 6 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 8 ,
Siddi Franco , consigliere di amministrazione della Rai ... 8 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 10 ,
Airola Alberto  ... 10 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 11 ,
Maggioni Monica , presidente del consiglio di amministrazione della Rai ... 12 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 12 ,
Lupi Maurizio (AP)  ... 13 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 14 ,
Verducci Francesco  ... 14 ,
Gasparri Maurizio  ... 15 ,
Margiotta Salvatore  ... 17 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 19 ,
Pisicchio Pino (Misto)  ... 19 ,
Minzolini Augusto  ... 20 ,
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 21 ,
Fratoianni Nicola (SI-SEL)  ... 23 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 24 ,
Airola Alberto  ... 24 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 24 ,
Brunetta Renato (FI-PdL)  ... 24 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 26 ,
Guelfi Guelfo , consigliere di amministrazione della Rai ... 26 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 28 ,
Airola Alberto  ... 28 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 28 ,
Maggioni Monica , presidente del consiglio di amministrazione della Rai ... 28 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 29 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 29 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 29 ,
Maggioni Monica , presidente del consiglio di amministrazione della Rai ... 29 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 29 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 29 ,
Maggioni Monica , presidente del consiglio di amministrazione della Rai ... 29 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 29 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 29 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 29 ,
Maggioni Monica , presidente del consiglio di amministrazione della Rai ... 29 ,
Lainati Giorgio , Presidente ... 32

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO LAINATI

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  Abbiamo autorizzato, altresì, onorevoli colleghi, l'accesso delle telecamere per la ripresa della parte iniziale della nostra riunione.

Audizione della presidente e del consiglio di amministrazione della Rai ai sensi dell'articolo 49, comma 12-ter, del decreto legislativo n. 177 del 2005.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della presidente e del consiglio di amministrazione della Rai, che, ai sensi dell'articolo 49 comma 12-ter del decreto legislativo n. 177 del 2005, riferiranno sulle attività svolte dalla Rai-Radiotelevisione italiana S.p.A. nel periodo compreso tra il gennaio e il luglio del 2016.
  Come previsto nella succitata disposizione, sarà inoltre consegnato – vediamo questi grandi libri che ha accanto a sé la presidente – l'elenco completo dei nominativi degli ospiti partecipanti alle trasmissioni nel medesimo periodo.
  Desidero ringraziare, onorevoli deputati e onorevoli senatori, anche a nome vostro la dottoressa Maggioni e i consiglieri per aver accolto l'invito della nostra Commissione.
  Do la parola alla presidente Maggioni, che svolgerà una relazione introduttiva e, successivamente, se dovessero richiederla, ad altri componenti del consiglio di amministrazione, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere al termine di questi interventi eventuali domande e richieste di chiarimento sia alla presidente, sia a tutti gli altri componenti del consiglio di amministrazione.

  MONICA MAGGIONI, presidente del consiglio di amministrazione della Rai. Cercherò di attenermi nella prima parte della relazione ai punti all'ordine del giorno. Partirei con il riferirvi circa le attività svolte dal Consiglio di amministrazione nel primo semestre dell'anno. Per la precisione, vi ricordo che una relazione di assoluto dettaglio è pubblicata sul sito della Rai. Ne farò una sintesi puntuale per rispetto vostro e di questa Istituzione, e sono a disposizione per eventuali approfondimenti e vi rimando anche per documenti al sito della Rai. Le attività dall'inizio dell'anno hanno riguardato tutti gli ambiti dell'azione aziendale. Faccio una rapida scorsa per temi.
  Per quanto riguarda la governance, il punto chiave è stato il 3 febbraio, quando il Consiglio ha recepito la nuova governance come prevista dalla legge che era stata preventivamente approvata e ha, di conseguenza, disposto le modifiche statutarie apportate dall'Assemblea degli azionisti. Il 16 marzo, sempre sulla scorta dei conferimenti di legge, è stata data delega al presidente alla supervisione delle attività di controllo interno, genericamente controllo interno e, nello specifico, internal audit. In marzo l'attività chiave è stata quella di Pag. 4analisi e approvazione dei palinsesti televisivi per i canali generalisti e specializzati. In quel momento era il palinsesto del periodo maggio-settembre, quindi il riferimento è ai palinsesti che avete visto. Invece a giugno – salto temporalmente – abbiamo approvato i piani di produzione e di trasmissione dei canali per i palinsesti televisivi del periodo autunnale, che stiamo iniziando a vedere in questi giorni.
  Il piano industriale è stato analizzato a diverse riprese anche attraverso riunioni informali con il consiglio di amministrazione ed è stato approvato il 20 aprile. È un piano industriale per il triennio 2016-2018 che sostanzialmente si incentra sull'idea di trasformare Rai in una media company e di mettere l'elemento digitale al centro dell'attenzione. Sappiamo tutti che si tratta di un piano industriale molto particolare, con un forte grado di atipicità, legato al fatto che proprio quest'anno la raccolta del canone ha cambiato significativamente modalità. In questi giorni stiamo aspettando di avere i numeri reali e non quelli in proiezione sull'ammontare del ricavo da canone. Quest'anno sarà anche un esercizio interessante per capire dove si attestino i livelli di evasione. Questo ci permetterà di avere un'indicazione precisa dell'ambito finanziario in cui siamo in grado di muoverci.
  Il 4 maggio è stato presentato e approvato all'unanimità il progetto di bilancio separato di Rai S.p.A. e del consolidato di gruppo al 31 dicembre 2015 redatto secondo i princìpi contabili internazionali, come richiesto sulla base della decisione presa un anno prima di emettere il bond, una delle cui implicazioni era proprio l'adeguamento dei nostri princìpi contabili a quelli di contabilità internazionale.
  Il 26 maggio è stato approvato all'unanimità il piano di trasparenza e di comunicazione aziendale, che ha portato, due mesi dopo, alla pubblicazione dei dati. Nessuno di voi credo possa dimenticare le date.
  Il 3 agosto abbiamo presentato il progetto di riorganizzazione delle news, che – abbiamo avuto modo di chiarirci ampiamente – era un'ipotesi di progetto sulla quale mi sento già di dirvi che abbiamo cominciato a lavorare. Si è riunito proprio ieri il comitato strategico che si occupa della riorganizzazione delle news. L'idea non è semplicemente – anticipo probabilmente qualche tema – di arrivare in Commissione a gennaio, come avevamo detto, con un percorso che dovrebbe portare alla vostra revisione e approvazione della nostra ipotesi di riorganizzazione dell'ambito news. Si tratta, invece, di cominciare un lavoro serrato, del quale vi metteremo a parte. Abbiamo tutta l'intenzione di venire a raccontare le tappe intermedie di questo processo anche per vedere di arrivare a un percorso per cui a gennaio non scoprirete un documento che dovrete iniziare ad analizzare da zero, cosa che rischierebbe di comportare una lunghezza dei tempi. Ricordo che l'altra volta il documento rimase all'analisi di questa Commissione praticamente per cinque mesi, o qualcosa di simile. Il fatto di lavorare insieme e di arrivarci con un percorso condiviso dovrebbe permetterci di arrivare a gennaio con un documento che comunque, qualsiasi cosa poi se ne pensi, conosciate già nella sua genesi. Questo per quanto riguarda le news.
  Sapete che in questi sei mesi – in realtà, sono più di sei mesi; sto superando i confini formali della relazione – sono stati resi i pareri ai sensi dell'articolo 25, punto 3 dello Statuto relativi ai direttori dell'ambito editoriale, il 18 febbraio relativi al direttore di rete e il 4 agosto ai direttori di testate. L'ultimo passaggio che riguarda, per interposta persona, le attività del consiglio riguarda me, perché il 17 luglio sono stata rieletta vicepresidente dell'EBU, ossia dell'assemblea generale dell'Unione europea di radiodiffusione, l'organizzazione dei servizi pubblici radiotelevisivi europei. È un ambito di lavoro nel quale stiamo cercando di condividere visioni e problematiche, anche perché questo è un anno molto particolare, dal momento che l'EBU ha cominciato a esaminare un complesso progetto di riforma per riorganizzarsi e suddividere al proprio interno l'ambito in cui si lavora per i servizi pubblici e l'ambito in cui EBU svolge attività anche di business, che sono quelle di network per la condivisione di immagini e contenuti. Pag. 5
  L'altro aspetto del nostro incontro di oggi riguarda questi fascicoletti che vi abbiamo portato. C'era dell'ironia, presidente, riguardo a questi «fascicoletti» che vi abbiamo portato. Costituiscono l'elenco completo dei nominativi degli ospiti che partecipano alle trasmissioni. Vi darei lettura rapida dei criteri con i quali sono stati compilati questi faldoni. La legge richiedeva la pubblicazione dei nomi e la comunicazione a questa Commissione, semestralmente, dei nomi dei partecipanti a qualsiasi titolo, sia gratuito sia oneroso, alle trasmissioni radiotelevisive di utilità immediata di prima emissione, in studio o in esterna, con esclusione dei cast fissi e dei figuranti. Restano pertanto esclusi dalla rilevazione i partecipanti a produzione a utilità ripetuta (film e fiction), nonché documentari. Ai fini della predisposizione dell'elenco sono stati considerati come ospiti per le trasmissioni di rete gli invitati nei programmi in diretta o registrati presenti in studio in collegamenti o nei servizi chiusi, mentre sono stati esclusi gli intervistati in modo occasionale, non preventivamente pianificati e non previsti in scaletta. Diventa difficile considerare ospite uno che viene bloccato per strada e al quale viene chiesto un parere su qualsiasi argomento. Da ultimo, non sono considerati ospiti gli utenti intervenuti in modo occasionale telefonicamente o nelle trasmissioni radiofoniche. Per le trasmissioni di testata, con riguardo ai notiziari i soli soggetti presenti in studio e invitati in collegamento per approfondimenti su specifiche tematiche, con esclusione degli intervistati in modo occasionale e non previsti in scaletta. Per le rubriche sono considerati ospiti anche gli intervistati inseriti in servizi registrati che risultino, però, preventivamente pianificati e inseriti in scaletta. L'elenco degli ospiti è stato predisposto dalle direzioni editoriali competenti per il primo periodo di attuazione e supervisionato dallo staff della direzione generale. Nell'elenco ciascun ospite è individuato con nome e cognome, ove disponibile, luogo di nascita e, in alternativa, l'evidenza della qualifica, qualora nota. Sono qui a vostra disposizione per essere interrogata adeguatamente.
  Per chiudere questa mia relazione vorrei solo farvi un rapidissimo cenno a due cose che abbiamo fatto negli ultimi mesi e a cui tengo particolarmente. Un cenno è alla copertura delle Olimpiadi, che, al di là di quello che si è detto e scritto, è stata una copertura notevole. È stata una copertura di grande successo sia dal punto di vista degli ascolti, sia soprattutto per la capacità di interazione digitale che abbiamo avuto con i nostri utenti. Il fatto di arrivare ad avere 27 dirette in contemporanea sugli strumenti digitali ha comportato una possibilità di fruizione dell'evento olimpico in modo molto diverso rispetto al passato. Per quello che riguarda, invece, la parte più tradizionale, Rai 2, con la somma di Rai Sport 1 e Rai Sport 2, vi è stata la possibilità di una fruizione davvero ampia dei Giochi Olimpici. È stato veramente un momento importante. Pensate che solo l’app ha avuto 800.000 download con quasi 4 milioni di browser unici connessi. Chi ha familiarità con i numeri di download e sente che un evento specifico ne ha 800.000 in un colpo solo si rende conto che qualcosa sta succedendo. Si tratta di un cambiamento in corso, un cambiamento che vedo compiersi. Spero che l'abbiate già scaricata tutti, perché su questo verrete immediatamente interrogati! Spero che su tutti i vostri device abbiate scaricato Rai Play. Rai Play c'è ormai da qualche giorno. Come sempre si fa quando c'è il lancio di un prodotto digitale, non si fa immediatamente la campagna, perché ci possono essere bug e problemi vari, ragion per cui si struttura la propria campagna di comunicazione sul prodotto digitale. Tuttavia, vi rendete conto che Rai Play è veramente un'innovazione e, per quello che ci riguarda, un'innovazione significativa. Dentro Rai Play potete guardare tutto quello che sta accadendo live, ma non solo. C'è proprio l'elemento di biblioteca, fruibile e notevolissimo in termini di prodotti. Inoltre, ha una caratteristica alla quale tengo moltissimo, essendo una consumatrice seriale di serie TV e di prodotti televisivi, che è il «guarda offline», un modo per diventare Pag. 6 i veri fornitori di contenuti video di cui fruire con qualsiasi tipo di device e in qualsiasi situazione. Con il «guarda offline» per tutti i prodotti di cui deteniamo i diritti, abbiamo la possibilità di dire che ognuno si costruisce la sua libreria e se li guarda in qualsiasi momento, anche sui nostri aerei che non hanno ancora tutti il wi-fi. Pertanto, per esempio, i grandi appassionati di serie possono costruirsi la propria biblioteca.
  Come dettaglio particolare, forse non irrilevante, tutto questo è nel canone. Non è un servizio che ha alcun tipo di costo ulteriore per gli utenti. È un modo per dare una mano anche agli italiani ad abituarsi a questa fruizione non lineare, che poi, come ci siamo detti in quest'aula tante volte, è veramente la strada verso la quale bisogna andare. Vi ringrazio per l'attenzione, spero di non essere stata troppo lunga e di non aver abusato della vostra pazienza.

  PRESIDENTE. No, anzi, presidente, la ringrazio a nome di tutta la Commissione. Come ho annunciato nell'introduzione, prima che i colleghi deputati e senatori pongano delle domande, qualora vi fossero dei consiglieri di amministrazione della Rai che volessero intervenire, ne facciano cortese richiesta alla presidenza. Do la parola al consigliere Freccero.

  CARLO FRECCERO, consigliere di amministrazione della Rai. Signor presidente, volevo sapere una cosa: quanti minuti mi può dare?

  PRESIDENTE. Consigliere, deve tener conto che l'intervento della presidente è stato significativo, ma non lunghissimo. Quindi, pregherei anche lei di fare un intervento che certamente sarà significativo, ma che non sia lunghissimo. Grazie.

  CARLO FRECCERO, consigliere di amministrazione della Rai. Ho capito. Sempre con difficoltà mi devo muovere. Mi rivolgo con molto rispetto agli onorevoli senatori e deputati. Mi collego all'ultima riunione che c'è stata qui, che è stata una riunione tumultuosa, in cui purtroppo ci sono state due dimissioni di persone a me molto care: anzi, questo intervento lo dedico proprio a loro, ai senatori Fornaro e Gotor, che si sono dimissionati. Sono vivi, sì, però non sono più presenti in questa Commissione. Questa mi sembra una cosa molto grave e bisogna spiegare per quale motivo non sono qui.
  Spesso il servizio pubblico ci sembra inutile, orientato com'è verso l'intrattenimento. Invece, mai come ora dovrebbe svolgere le sue funzioni istituzionali che riguardano l'informazione. Perché? Perché siamo di fronte a una scelta importante per il Paese: decidere se cambiare la nostra Costituzione per ridurre il potere del Parlamento a favore dell'Esecutivo o conservarla così come è stata sino ad ora. In questo momento cruciale per le scelte del Paese, la governance della Rai, invece, è già stata riformata in chiave manageriale, sul canovaccio di un ordinamento costituzionale che non sappiamo ancora se sarà approvato. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: tutto il potere va all'Esecutivo e, nel caso della Rai, all'amministratore delegato. C'è una drastica riduzione della possibilità di intervento del consiglio di amministrazione e, contrariamente alle buone intenzioni più volte ribadite, mi sembra che ci si stia orientando verso un appiattimento totale sulle direttive di governo.
  Il mio intervento è sul pluralismo. La parola pluralismo deriva da plurale, escludendo perciò di per sé la possibilità di un pensiero unico. Ritorno alla definizione classica, che si può trovare su un qualunque dizionario: pluralismo è ogni condizione filosofica che consideri la realtà come costituita da una pluralità di princìpi, in contrapposizione al monismo e al dualismo. Il pluralismo nasce come valore in un contesto in cui la molteplicità di opinioni significa in qualche modo ricchezza di possibilità e di opzioni, ma nell'epoca della post-democrazia rischia di diventare una parola vuota di significato. Con il maggioritario e con la versione che ne dà l'attuale Presidente del Consiglio il concetto di pluralismo rischia di diventare un intralcio all'operatività del Governo. Nella repubblica parlamentare il Parlamento è il luogo Pag. 7del confronto tra visioni diverse. È per questo che sono tanto lusingato di essere stato qui invitato. Mi dispiace che ci sia poca gente rispetto alle altre volte, ma non importa.
  La questione interessante è che oggi si dice che il Parlamento va limitato proprio per permettere al premier di realizzare il programma di maggioranza, che poi, in base all’Italicum, maggioranza non è. Il pluralismo, o meglio il dualismo, sopravvive nelle alternanze. Se la minoranza diventa maggioranza, può, a sua volta, dettar legge e limitare i diritti dell'opposizione. Col tempo, il dualismo bipolare e la contrapposizione tra partiti di maggioranza si svuota anche del suo contenuto di differenza. Questo è un altro procedimento che è avvenuto in questi anni. A me sono sempre piaciute le contrapposizioni e la differenza di idee. Nell'epoca di questa post-democrazia abbiamo, anziché progetti diversi, due candidati con progetto analogo che si contendono i voti dell'elettorato.
  Proprio perché è progressivamente espulso dalla politica, il pluralismo deve restare almeno a livello culturale come valore fondamentale e come motore di rinnovamento indiretto della politica stessa. Questo ruolo compete, secondo me, alla televisione come servizio pubblico. Con lo slogan «Fuori i partiti dalla Rai» Renzi sembrava voler combattere quel fenomeno di lottizzazione delle reti che risale alla Prima Repubblica, ma una Rai lottizzata dai partiti è ancora pluralista, o perlomeno più pluralista di una Rai monocolore appiattita sulle linee editoriali del Governo. Oggi in Rai non ci sono più i partiti, né gruppi di opinione – diciamo così – ma la mancanza apparente di politiche è dovuta alla trasformazione della dialettica politica in (posso dirlo?) propaganda governativa. Oggi, se la politica non si vede più, non è perché la politica abbia abbandonato in qualche modo la Rai, ma perché il Governo l'ha occupata del tutto e la stessa non è più confronto di idee. Non è più pluralismo, ma propaganda. Lo torno a ripetere qui.
  Inizio a parlare di questioni specifiche che avete in qualche modo esaminato anche nell'ultima vostra riunione, con riguardo alle slide che avete visto. L'atto di indirizzo della riforma dell'informazione Rai da parte della Commissione di vigilanza conferisce al pluralismo due diversi significati entrambi positivi. Da un lato, il pluralismo è un valore in sé difeso dalla Costituzione, che la Rai deve praticare. Dall'altro, il pluralismo della Rai, soprattutto nell'informazione, ha avuto ricadute pratiche sull’audience – lo ripeto – dei suoi notiziari. Anzi, è proprio il pluralismo che ha creato audience. Mi rivolgo qui a qualcuno che l'ha praticato. È proprio la differenza tra telegiornali che garantisce alla Rai una posizione di leader nel campo dell'informazione, almeno sulla piattaforma generalista. È un dato di fatto che nessuno ha dimenticato. La differenza di telegiornali è ciò che ha garantito alla Rai di avere una preminenza importantissima a livello di audience. Mi riferisco qui ad alcuni documenti ufficiali, tra cui il patto firmato tra la Rai e il Consiglio.
  In che modo il piano di informazione Rai, o meglio le slide già presentate a questa Commissione di vigilanza rispondono a queste direttive? Questa è la domanda. Siamo di fronte a un nuova interpretazione del pluralismo, questa volta non in senso personalistico, di più persone con la stessa idea. No, qui quello che torno a ripetere è fondamentale, perché riguarda il problema politico. A me interessa il problema politico. Questa volta ve l'ho posto in chiave di marketing.
  Che cos'è un'informazione completa? Per me, in primis, è un'informazione che non esclude le notizie scomode, non le altera, non le rende invisibili. Un esempio negativo è quello che ho visto sul TG3, dove è stata in qualche modo accantonata e nascosta la notizia, scomoda per il Governo, della mancata crescita del PIL. Potrei dire questo, ma potrei dire ancora una cosa molto più grave, di cui ho informato Verdelli esattamente due giorni fa, quando lunedì D'Alema ha fatto una lezione sulla riforma e, naturalmente, il TG3 cosa ha fatto? L'ha messa addirittura a farla diventare non una notizia: era la vera notizia, ma l'ha fatta diventare un'appendice a Franceschini. Questo è troppo. Lo dico a Pag. 8lei, Anzaldi, che è sempre così attento. Non va bene questa cosa, non va bene proprio, anche perché era una lezione veramente molto interessante quella che aveva fatto D'Alema.
  Oltre alla pluralità delle notizie, è completa un'informazione che dà spazio – qui, torno a ripeterlo, mi rivolgo a chi ha fatto televisione – nel commento alle notizie stesse a interpretazioni e visioni diverse. Questa è la forza della Rai. Anzi, se oggi ha ancora una funzione la Rai, è proprio che ha questa fondamentale risorsa che è l'informazione. La concezione di pluralismo della nuova Rai è, invece, concentrata – voglio essere buono – su categorie di marketing: le tre reti daranno la stessa notizia rivolgendosi a target diversi. Uscito dall'emittente, il pluralismo non riguarda più in sé i contenuti, ma il pubblico cui i contenuti sono diretti. Parlo di pubblici colti, distaccati, protagonisti, aspirazionali, giovanilità distaccata, marginalità giovanile. Per i tanti pubblici un'unica notizia va cucinata in salse diverse. La motivazione che viene data a questi cambiamenti strutturali dell'informazione è che la Rai, fortissima presso il pubblico generalista, deve conquistare lo spazio dell'informazione digitale. Benissimo. Io, invece, ritengo – vedete che non faccio un discorso di carattere politico; lo faccio anche, ma facciamo un discorso di carattere mediatico – che il rischio sia di perdere il primato nelle generaliste per fare flop anche nel digitale.
  La forza che deriva dall'origine della Rai, di questa grande riforma del 1975 che è il fare avere tante versioni, che è la forza principale, se viene annullata, è un disastro. La ricchezza dei big data risiede proprio nell'essere una banca inesauribile di notizie, di rivolgersi a un pubblico attivo e di farne utenti competenti, capaci di cercare loro stessi l'informazione che interessa. La divisione in target è piuttosto tipica delle emittenti commerciali, che devono vendere un prodotto costituito dagli spot pubblicitari a un pubblico passivo.
  Concludendo, finché la Rai è finanziata dal canone, e attualmente lo è, ha il dovere di svolgere il suo ruolo di servizio pubblico e di rispettare tutte le posizioni. Non è possibile che quelli che hanno rispettato le posizioni del tempo del «sì» e del «no» siano stati allontanati e l'altro, invece, confermato. Questo è un dato di fatto. Nel caso in cui, invece, si pensi di rendere la Rai gradita al mercato per privatizzarla, basterebbe eliminare il canone, ma anche il tetto pubblicitario, per farne un'azienda pubblica produttiva, ma questo è un altro discorso.
  Quello che, però, mi interessava notare in tutta questa vicenda è una sola cosa. Oggi siamo alla vigilia del referendum, che è una questione fondamentale, importantissima, capitale. Credo che la Rai debba riscoprire totalmente la sua funzione di servizio pubblico.

  PRESIDENTE. Grazie, consigliere Freccero: come ha notato, ha avuto un ampio margine temporale per intervenire. Do la parola al consigliere Siddi.

  FRANCO SIDDI, consigliere di amministrazione della Rai. Intervengo brevemente. Credo che sarà più opportuno magari dopo rispondere alle domande dei signori parlamentari, ma alcune osservazioni ritengo che vadano fatte.
  Il collega Freccero ha presentato una visione un po’ catastrofica dell'informazione Rai e del servizio pubblico in questa stagione. Non mi pare che siamo a questo, per fortuna, perché questa non è la stagione in cui assistiamo a epurazioni, come abbiamo negli anni giudicato molte mosse accadute dentro il servizio pubblico, ma è la stagione in cui, semmai, gli epurati addirittura ritornano in Rai. Credo che questo sia un elemento che va considerato. Anche rispetto alle recenti questioni anche di sofferta decisione del cambio delle direzioni dei telegiornali credo si sia osservato un fatto comunque inequivocabile: il tentativo di tenere conto della realtà professionale che la Rai esprime pluralisticamente al suo interno, con ciò individuando delle figure professionali di vertice per la guida dei telegiornali che sono patrimonio di un'azienda servizio pubblico che abbiamo il dovere di tutelare e promuovere, come consiglio di amministrazione. Questo Pag. 9è il nostro compito primario. Sulle valutazioni politiche dobbiamo verificare se davvero, invece, ci siano squilibri e discostanze. Vedo in atto uno sforzo, non compiuto, non definito, non completato, evidentemente – sono lavori in corso – di ridefinire la stessa missione pluralistica del servizio pubblico, considerando proprio quello che ha detto Freccero. Il pluralismo non è più misurabile – già non lo era per me da cittadino prima – esclusivamente in rapporto alla forza e alla rappresentanza politico-parlamentare dei partiti. Per come la politica e i movimenti del Paese si muovono il pluralismo oggi è molto articolato e frammentato. Si misura di volta in volta spesso in relazione ad aggregazioni su temi e su tematiche fondamentali per la vita del cittadino, compresa quella evidentemente della riforma costituzionale, ci mancherebbe altro. Su questo vanno fatte poi le commisurazioni dell'attività dell'informazione. Per questa ragione questa Rai sta tentando un'operazione nuova, non fatta prima, che è quella di dare voce proprio all'anima sociale del Paese nella sua articolazione più complessa. È la missione che viene indicata anche ai direttori di telegiornale e ai direttori delle reti, che sono i responsabili di questa idea da sviluppare, la quale concretamente va messa in campo e dovrà essere misurata alla luce dei programmi editoriali che i direttori di telegiornale devono presentare entro il termine di sessanta giorni dalla nomina. Come ben sapete, i direttori di rete hanno già avuto questa indicazione di missione al momento dell'assunzione dell'incarico. Sta partendo una nuova stagione. I processi alle intenzioni credo che li dobbiamo fare, ma non spettano a noi. A noi spetta il compito di assicurare e muoverci perché la sensibilità sul tema del pluralismo sia ancora più diffusa, più attenta e attenta ai fatti reali in termini di concretezza e non di misurazione – diciamo così – aritmetica di chissà quale avvenimento volta per volta o di chissà quale esposizione o sparata venga fatta di qua o di là. Si tratta di guardare proprio alla sostanza. È il momento più difficile, perché si tratta di vivere una condizione nuova del pluralismo concreto, vissuto dalla gente, dalle categorie, dal Paese. Piuttosto mi preme dire un'altra cosa, prima di chiudere. È un breve intervento, questo. Non intendo fare polemica interna. Chiaramente ci sono le discussioni: questo dimostra che anche il consiglio di amministrazione stesso è un luogo in cui si esprime pluralismo. Questo pluralismo fa bene, perché aiuta a evitare guai – spero – nel prosieguo. Sicuramente siamo tutti in una fase anche sperimentale. La sperimentazione della nuova governance non è un fatto semplicissimo. Lo notiamo anche spesso in alcune polemiche che si innestano sulla vicenda Rai pubblicamente ogniqualvolta c'è qualcosa che attizza l'attenzione o che suscita un rilievo per qualsiasi ragione motivata o di parte. Si pensa ancora che ci sia la vecchia governance, mentre invece dal 3 febbraio c'è una nuova governance, su cui mi piacerebbe che si potesse discutere e ragionare con la politica che ha fatto la legge e, quindi, col Parlamento. Forse, anche se siamo ancora agli inizi, alcune problematiche emergono. Sicuramente abbiamo una Rai che può essere un po’ più libera da vincoli particolari burocratici, e non solo, ma anche politici nella sua gestione, il che l'aiuta a essere più azienda, ma l'azienda Rai non è un'azienda come tutte le altre. È un'azienda che deve essere sempre anche popolo. Allora questo raccordo che va assicurato attraverso il Parlamento, che prevede oggi la legge attraverso il consiglio di amministrazione, sconta delle problematiche sul piano operativo non semplici da risolvere di tanto in tanto. Ci sono zone che rimangono d'ombra in questo momento nella gestione. Nella modalità di gestione del rapporto non sempre è ben chiaro fin dove arriva il potere generale quasi assoluto della direzione generale che assume in questa fase anche la funzione di amministratore delegato, ma che diventerà pienamente una funzione di amministratore delegato solo fra due anni, cioè quando si andrà al rinnovo. Nel consiglio di amministrazione si creano delle problematiche che vanno affinate nel metodo e nella comunicazione. Infatti, il consiglio di amministrazione da questo punto di vista è intenzionato, per Pag. 10esempio, a fare il massimo possibile perché almeno sul piano regolamentare, stando all'interno ovviamente dei limiti della legge, si crei un rapporto più evidente e più partecipativo. Questo perché si realizzi appieno la condizione imprescindibile affinché gli obiettivi anche di controllo che vengono affidati al consiglio di amministrazione possano essere effettivamente realizzati. Altrimenti è oggettivamente complicato. Arrivano a volte anche dalla politica delle istanze ai consiglieri a fare determinate cose. Un momento, però, il consiglio di amministrazione non può deliberare una nomina. Il consiglio di amministrazione non può neanche formalmente proporla. Può proporla nei canoni e nei termini, ma non è il suo compito. Il suo compito è fissare i criteri base sui quali poi il direttore generale fa le sue scelte e le sottopone, solo per la parte che la legge prevede, al voto del consiglio di amministrazione, che ha un limite. È un voto solo per negare. Non è un voto per favorire. Ricordiamocelo questo. Il consiglio di amministrazione può decidere di non nominare un direttore, di bocciare un direttore, se ha al suo interno sei voti da mettere insieme su nove, ma non può contrapporre una mozione in cui vota un altro direttore. Lo può fare come atto politico, ma allora torniamo alla vecchia prassi in cui si fanno le operazioni puramente politiche.
  Da un lato, la legge aiuta a liberare la gestione della Rai da una conduzione tutta politica, parcellizzata, decisa dall'esterno. Dall'altro, rende complicato a volte il raccordo su determinate situazioni. Alcune figure non considerate dalla legge forse vanno meglio disciplinate. La legge ha parlato solo dei direttori di telegiornali e delle figure editoriali. Dopodiché, il vicedirettore editoriale, il vicedirettore di rete e una serie di altre figure che nascono, e che nascono nuove, che abbiamo ritenuto che fossero importanti, come la direzione creativa – faccio un esempio – e la direzione digital, se non fosse che si è creato un rapporto armonico sostanzialmente con il direttore generale, sfuggirebbero a qualsiasi dato. Possono sfuggire anche qui in Parlamento. Noi stessi abbiamo sofferto alcune situazioni, ma anche il Parlamento l'ha fatto, di figure che sono arrivate, ma che fanno parte di un altro tipo di orientamento legislativo e giurisprudenziale a cui ci dobbiamo attenere e su cui tutti ci potremo pronunciare, al limite, dopo il risultato conseguito. Ci sono dei limiti e delle problematiche di sofferenza su cui, in prospettiva, proprio nel momento in cui presentiamo una relazione sui primi sei mesi, bisogna forse ragionare.

  PRESIDENTE. Ha parlato forse meno di lei, consigliere Freccero. Non ci mettiamo anche a fare una gara del tempo: non è opportuno e non produrrebbe alcunché. Ringrazio il consigliere Siddi del suo intervento. Non vi sono altri consiglieri che abbiano intenzione di intervenire, ma abbiamo alcuni iscritti nel dibattito.

  ALBERTO AIROLA. Il mio intervento sarà brevissimo, perché in realtà di quello che il Movimento pensa della nuova governance e dell'ipotesi di piano editoriale presentato il 4 agosto qui abbiamo già ampiamente parlato e l'abbiamo chiarito sia con la presidente Maggioni, sia con il direttore generale. Quindi, non aggiungerei niente e non toglierei tempo né ai miei colleghi, né soprattutto ai consiglieri. Perché? Perché ritengo che siate un Consiglio che, nella nuova configurazione legislativa, è stato indubbiamente depotenziato, ma anche in qualche modo messo in condizioni – o sarebbe dovuto essere messo in condizioni – di collaborare, ma anche di garantire che l'attività del direttore generale e i suoi «superpoteri», come sono sempre stati chiamati in maniera un po’ conviviale, venissero armonizzati, controllati e anche indirizzati. Del resto, siete la dimostrazione che questa nuova legge, che avrebbe dovuto essere una legge che svincolava dal controllo dei partiti, più che del Parlamento e della politica, la Rai, il servizio pubblico, in realtà ha trovato un direttore con i superpoteri nominato dal Governo con un consiglio che è comunque espressione del Parlamento e anche dei partiti. Si tratta di un mix tra la vecchia legge e una nuova visione, ma dalle parole che ho sentito – Pag. 11condivido ovviamente quasi per intero l'intervento del consigliere Freccero, ma mi ha incuriosito anche il suo intervento, consigliere Siddi – emerge il fatto che il vostro ruolo sia in qualche modo confuso. Gradirei sentire anche dagli altri consiglieri – il pluralismo sta anche in questo – una breve opinione sia sulla vostra attività, sia sui vostri limiti, perché noi siamo i legislatori. Teoricamente, siamo quelli che potrebbero – noi siamo all'opposizione, ma non è detto che non si possa presto anche correggere questo – fare proposte per correggere queste disfunzioni. Invece a me sembra che la Rai, come informazione, non vada per niente bene e che sia peggiorata. Voi avete questo potere, per esempio, come diceva il consigliere, soltanto di poter negare. Quando eravamo in Commissione a discutere la legge, il Sottosegretario Giacomelli ci diceva che, se il consiglio di amministrazione dice al direttore generale una data cosa, non è che il direttore generale se ne può infischiare. Invece, a me sembra che voi non siate messi in queste condizioni. Questa era una garanzia che ci era data. Diversamente consegniamo davvero nelle mani di un unico monarca il servizio pubblico. Invece no. Non condivido il fatto che non assistiamo a epurazioni, ma va bene. Mi ha colpito l'aggettivo «sofferta», con riguardo al cambio dei direttori dei TG. Perché sofferta? Avete trovato in questa procedura delle cose che non ritenete valide, che non ritenete giuste? Qualcuno di voi l'ha espresso, ma vorrei sentire anche gli altri, perché mi sembra importante avere la vostra opinione. La nuova governance non è facile, lo condivido, e il punto più grave è che non sempre è chiaro fino a che punto il consiglio di amministrazione abbia potere. Anche questo mette in condizioni di depotenziare un sistema con i suoi organismi. Serve più partecipazione del consiglio di amministrazione. A quali punti in particolare ritenete sia utile e si debba correggere il tiro?
  Questa è la vostra occasione anche di parlare agli italiani. Qui rappresento il Movimento 5 Stelle, ma anche gli italiani. Noi tutti qui rappresentiamo gli italiani. Gli italiani, come sapete, come è stato fatto notare, adesso devono affrontare un percorso, un autunno molto difficile, con una votazione rispetto al referendum e a una situazione politica in confusione, possiamo dirlo, o comunque in trasformazione, un grave momento di crisi anche politica del Paese. Penso che l'informazione sia la colonna portante di tutto questo. Se viene a mancare quella, e sta venendo a mancare, a nostro avviso, completamente, il Paese farà una brutta fine.
  Per adesso vi ringrazio. Mi piacerebbe chiedervi molte altre cose, ma lo faremo in un'altra occasione.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Grazie, Presidente Lainati. Mi spiace che non ci sia il Presidente Fico, senza nulla togliere alla presidenza dell'onorevole Lainati. Immagino che il Presidente Fico abbia avuto degli impedimenti o delle motivazioni. Non so se le abbia significati agli uffici e se ci possano essere trasmessi. Mi spiace che non ci sia oggi.
  Ho ascoltato il consigliere Freccero, che ha fatto riferimento alla precedente riunione della Commissione di vigilanza. Ho ascoltato e non mi trovo d'accordo in molte cose. Mi scuserà il consigliere Freccero se non ripeterò le cose che ho detto nell'ultima riunione, per un'economia dei tempi, ma anche per il rispetto dei lavori della Commissione, nel senso che abbiamo avuto modo di discutere l'ultima volta. Se poi è di qualche interesse per il consigliere Freccero, potrà leggere le mie, come le considerazioni dei colleghi nel resoconto.
  Mi permetta di dire, però, consigliere Freccero, che ho trovato un po’ sgradevole che all'inizio abbia voluto dedicare il suo intervento ai colleghi Gotor e Fornaro, non solo per un motivo di scaramanzia, diciamo così, ma anche perché sono due colleghi che hanno sempre difeso il loro punto di vista in questa Commissione e anche pubblicamente sulle agenzie senza aver mai bisogno di un avvocato difensore. In questo senso mi è sembrato sgradevole il suo riferimento.
  Sul pluralismo, cui ha fatto riferimento, volevo interloquire sugli aspetti di stretta competenza di questa Commissione che riguardano anche il lavoro di questa Commissione Pag. 12 e l'interlocuzione con il consiglio di amministrazione. Intanto c'è una questione che è stata anche oggetto di una lettera inviata dalla Commissione tutta, dall'Ufficio di presidenza, all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni perché, su iniziativa dell'Agcom, c'era una proposta su cui dovevamo esprimere un parere di delibera che riguardava l'estensione della par condicio, ossia il criterio quantitativo, anche fuori dai periodi elettorali. C'è stato un lungo percorso di audizioni, da cui veniva fuori un po’ da tutti gli auditi che non era il criterio più adatto. Ci sono state due sentenze del TAR, successivamente anche a due ricorsi che erano stati fatti da parlamentari che fanno parte anche di questa Commissione, che hanno minato quella delibera, tant'è che siamo in attesa che l'Agcom proponga un nuovo schema di delibera su cui esprimeremo il nostro parere in merito al pluralismo.
  Sempre in merito di pluralismo, l'ho ascoltata attentamente oggi qui, ma mi è capitato anche di sentirla nelle sue diverse apparizioni televisive e in alcuni convegni, come quello organizzato dal presidente Gasparri. Visto che, giustamente, una delle questioni che lei solleva in maniera ripetuta è il tema del referendum istituzionale, questa Commissione ha già identificato i relatori per quanto riguarda il regolamento applicativo della par condicio. Sono il collega Verducci e il collega Crosio. Da questo punto di vista c'è un lavoro in corso. Non mi era chiaro se i suoi riferimenti su questo versante fossero più da componente del consiglio di amministrazione o, come le ho sentito dire in una puntata di In Onda, se non ricordo male, da protagonista attivo di questa campagna referendaria, visto che ha annunciato che sarà uno dei protagonisti e che costruirà su questo una iniziativa politica. In merito sarà interessante avere anche l'occasione di confrontarsi negli spazi dedicati al confronto tra il «sì» e il «no».
  Presidente, volevo richiamare l'attenzione, la mia e un po’ quella di tutti, sull'ordine del giorno. Oggi quest'audizione è una novità, intanto perché è in relazione alla legge che prevede che il presidente e il consiglio di amministrazione vengano qui in Commissione a relazionare sull'attività semestrale. Questa è la prima volta. Secondo me, è anche utile capire nell'interlocuzione tra Commissione e consiglio di amministrazione come questo, che è un elemento di protagonismo del consiglio di amministrazione previsto dalla legge, sia utilizzato al meglio e non sia un semplice adempimento burocratico, non la semplice trasmissione del tomo che abbiamo visto oggi ci avete portato in maniera cartacea. Dovrebbe essere anche un'utile interlocuzione, su temi di carattere generale o in maniera più stringente. Credo che anche intorno a questo dovremmo oggi indirizzare il nostro confronto.
  Su questo dico solo due cose, presidente, e ho concluso. Una è una domanda, perché forse non ho inteso bene io. Mi sembra di aver capito che la responsabilità sull’internal audit sia stata conferita alla presidente. Questa è una domanda, perché non sentito.

  MONICA MAGGIONI, presidente del consiglio di amministrazione della Rai. Controllo interno e internal audit, come da testo di legge.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Perfetto. In secondo luogo, la presidente ha fatto riferimento al piano news, al piano dell'informazione, proponendo – mi sembra – un percorso che dovrebbe essere di interesse, al di là dell'opinione di tutta la Commissione. Noi abbiamo memoria – ho vicino il relatore del parere sul piano dell'informazione della scorsa volta – e ci ricordiamo qual è stato il percorso. Qui la suggestione che ci viene proposta è diversa. Evidentemente il piano verrà presentato nei suoi termini compiuti e formali alla Commissione, ma mi pare che ci sia anche un'interlocuzione precedente su alcuni snodi e su alcune scelte. Questa a me sembra essere una novità di grande rilievo. Non conosco l'opinione degli altri commissari, ma credo che questa possa essere una novità utile anche su come organizziamo i nostri lavori nell'interlocuzione tra la Commissione e il consiglio di amministrazione.

Pag. 13

  MAURIZIO LUPI. Anch'io tornerei all'oggetto dell'incontro tra la Commissione di vigilanza e il consiglio di amministrazione della Rai, perché credo molto sia alle funzioni che la Commissione di vigilanza ha, sia alle funzioni proprio per la nuova governance – dovremmo sentirci su questo tema per vedere se funziona o no – che la legge attribuisce al presidente, che è diverso dal direttore generale, cui vengono dati poteri esecutivi e operativi, e al consiglio di amministrazione.
  La finalità di quest'audizione, prevista dalla legge, è verificare se in questi primi sei mesi i punti che consiglio di amministrazione e azienda Rai si sono dati con il piano editoriale, con l'obiettivo che la nuova Rai si prefigge di diventare una media company e il piano della trasparenza, funzionano. Ne abbiamo discusso e mi piacerebbe che non si dimenticassero le discussioni fatte qui, anche con la richiesta di azioni che devono essere conseguenti a quel piano presentato e discusso.
  Si è detto che era solo l'inizio. Ci sono state osservazioni, ci sono state discussioni, ci sono state incongruenze. La Commissione di vigilanza le risottolinea. Il presidente e il consiglio di amministrazione hanno il compito, nell'autonomia dei loro poteri, di verificarne lo stato di attuazione, se i punti di quelle incongruenze si sono risolti e come si vuole proseguire. C'è stato comunicato, e noi l'abbiamo apprezzato, che era solo l'inizio, non solo perché è previsto, ma proprio perché doveva essere un nuovo modo con cui l'azienda pubblica si poneva nei confronti degli utenti, che era solo un primo passo nella trasparenza.
  C'è un terzo elemento, oltre a questi due. Il terzo elemento di un percorso che state facendo nei primi sei mesi era il primo passo del piano news, della riorganizzazione delle news che l'altra volta era stato presentato, in cui in questo momento il presidente ci sottolinea che l'azienda vuole seguire un metodo diverso da quello del passato, che ritengo assolutamente fondamentale. Penso alle polemiche dell'altra volta: «è un piano chiuso, è un indirizzo, ci sono solo linee guida; allora che cosa ci vediamo a fare, che cosa ci sentiamo a fare la notte prima delle vacanze?». Si dice: «Vorremmo seguire un percorso. Non vi presentiamo un piano chiuso, ma che si accompagna nella discussione con voi alla definizione nei ruoli distinti del piano e, quindi, alla fine, nella sua approvazione, a non aspettare sei mesi o nove mesi, perché questo dà incertezza all'azienda».
  Ho fatto questa lunga premessa perché, a questo punto, c'è una domanda che a me interessa, rispetto alla quale chiedo che, ovviamente se possibile, al presidente e anche ai membri del consiglio, nella loro autonomia, di rispondere. Rispetto a questi tre punti il ruolo e, secondo voi, i poteri che la legge vi ha conferito – stiamo anche sperimentando questa legge; è una prima fase – vi aiutano a esercitare la vostra funzione? Quali impedimenti vedete? Per noi questi elementi sono fondamentali.
  Per esempio, ribadisco che sono sensibile al tema del pluralismo, non solo politico. L'abbiamo definito più volte. Quello che serve a questo Paese – l'ho detto con il mio collega e amico fraterno, nonché maestro, Paolo Bonaiuti – è un pluralismo effettivo culturale, che poi non si traduce e non vive sulle nuvole, ma si interpreta sulle facce, sulle persone e sulle scelte che vengono fatte. Uno mi può dire che siamo pluralisti se poi le persone sono colore, occhi, idee, storie. Se sono tutte di un dato tipo, altro che pluralismo culturale abbiamo. Abbiamo un pluralismo culturale a parole e poi professionisti validissimi, che però non danno l'impressione di un arcobaleno con i colori che piacciono ad alcuni che sono qui presenti.
  La prima domanda è: in questi sei mesi c'è questa funzione fondamentale anche nella compensazione dei ruoli rispetto al direttore generale, che non è il padre padrone di quest'azienda, ma è messo nelle condizioni, per poter ottenere i risultati? Abbiamo fatto una scommessa e gliel'abbiamo detto anche con molta forza le volte precedenti, quando è venuto. Oggi il direttore generale ha tanti poteri, ma ha anche tante responsabilità. Può rischiare di far fallire questo modello di un'azienda che si comporta come un privato, anche se è un'azienda a servizio pubblico. Vorrei sapere Pag. 14 se avete esercitato e quali impedimenti avete avuto nel vostro esercizio per le funzioni che vi vengono attribuite, a che punto sono il tema e gli indirizzi riguardo a questa attuazione vera che si declina poi e che si dovrà vedere anche nel piano delle news, ma anche nelle scelte delle fiction, nelle scelte dei programmi, nell'eliminare qualcuno piuttosto che qualcun altro, nel pluralismo culturale?
  In secondo luogo, vorrei sapere a che punto è il piano della trasparenza. Chiedo al consiglio di amministrazione e alla presidente rispetto alle incongruenze che erano state sottolineate la volta precedente – paradossalmente, pensionati che vengono recuperati e a cui viene data consulenza di qualche centinaia di migliaia di euro oppure altro, il tema delle retribuzioni e tutti i temi che erano stati posti in questa Commissione e che è inutile ripetere – come si stanno attuando provvedimenti, se state chiedendo al direttore generale di rispondere e quali provvedimenti si prevedono.
  Sul piano della riorganizzazione delle news è una questione che era venuta fuori l'altra volta e che, secondo me, era condivisa da tutti. Certamente sta nelle nuove forme e nei nuovi modi di comunicazione, ma il servizio pubblico ha bisogno non di meno informazione, ma di più informazione. Vorrei sapere come questa riorganizzazione, che è iniziata con le nomine dei nuovi direttori, sta producendo o sta andando avanti, se con più informazione o se, invece, come oggi ho letto in un comunicato dell'UsigRAI, si rischia di andare esattamente in una direzione opposta.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al collega Vicepresidente Verducci, volevo solo spiegare al consigliere Diaconale, che ci ha raggiunti da poco, che sia lui, sia il consigliere Guelfi potranno intervenire alla fine delle domande che, come lei notava, vengono poste dai colleghi senatori e deputati.

  FRANCESCO VERDUCCI. Attribuisco grande importanza a questo incontro di oggi. È il primo incontro che facciamo in merito a una prerogativa introdotta dalla nuova legge sulla governance. Un incontro che ha un suo rilievo istituzionale particolare, tant'è che l'oggetto è la relazione dell'attività semestrale della Rai. Ha un rilievo istituzionale e anche, da questo punto di vista, una prima volta. Anch'io devo qui manifestare la sorpresa per l'assenza a questo incontro, per il rilievo istituzionale che ha, del Presidente Fico. Non abbiamo motivazioni di questa assenza. Non posso non rimarcare, però, lo stupore, vista l'importanza di questo incontro.
  Voglio dire in premessa, prima di venire al tema e all'introduzione fatta dalla presidente Maggioni, che sono rimasto colpito dall'intervento del consigliere Freccero, non tanto per il fatto che fosse evidentemente fuori dal tema circoscritto, dall'oggetto di questa nostra audizione, previsto tra l'altro da un testo di legge nella sua puntualità, ma per aver egli rimarcato nel corso del suo intervento in maniera singolare il tema del pluralismo. Il tema del pluralismo è un tema fondamentale per questa Commissione, naturalmente. È un tema fondamentale per il consiglio di amministrazione nel quale voi sedete. È un tema fondamentale che ci riguarda e si lega al tema dell'autonomia dell'azienda. Non c'è pluralismo fino in fondo se l'azienda non può essere autonoma. La riforma che abbiamo approvato in Parlamento fa sì che ci sia stata per l'ultima volta lo scorso agosto l'elezione da parte di questa Commissione dei membri del consiglio di amministrazione. La prossima volta i membri del consiglio d'amministrazione saranno indicati dalle Aule parlamentari. Questo ne rafforzerà anche l'autonomia. Aver spezzato anche questo rapporto così diretto tra Commissione di vigilanza e consiglio di amministrazione va a vantaggio, a mio avviso, e ad avviso del Parlamento, che ha approvato questa legge, dell'autonomia dell'azienda e, quindi, anche del suo pluralismo, sul versante dell'informazione ma non solo. La questione singolare che voglio rimarcare è che penso che il tema del pluralismo, del quale tutti dobbiamo farci carico, a maggior ragione debba essere un tema di cui si fanno carico i rappresentanti Pag. 15del consiglio di amministrazione della Rai, i quali, nel momento in cui sono stati votati a farne parte, smettono del tutto, a mio avviso, le loro matrici politiche di provenienza, o comunque dovrebbero fare in modo di lasciarle da parte. Per questo motivo mi ha molto colpito che tutta l'introduzione dell'intervento fatto qui dal consigliere Freccero fosse invece contro la riforma approvata dal Parlamento e anche contro la riforma costituzionale approvata dal Parlamento. Penso, invece, che sia compito di questa Commissione e anche dei membri del consiglio di amministrazione vigilare, come stiamo facendo e come abbiamo fatto nelle ultime settimane più volte, sul fatto che l'informazione in merito al referendum costituzionale e le voci siano equilibrate e rispondano al pluralismo, così come è stato verificato anche dall'Agcom.
  Dobbiamo fare in modo – vengo al merito di questo nostro incontro – che questi appuntamenti non diventino appuntamenti burocratici e che invece ci aiutino a rilanciare il servizio pubblico dell'azienda. Si tratta di un rilancio del servizio pubblico che qui la presidente ha evidenziato, ricapitolando nell'attività fatta innanzitutto il piano industriale e poi certamente il tema del piano di riorganizzazione delle news, un tema su cui qui abbiamo avuto un confronto anche molto duro, soprattutto nella nottata del 3 agosto scorso.
  Voglio rimarcare una cosa che anche in quell'occasione ebbi a dire, cioè come sia fondamentale condividere, soprattutto per quello che riguarda le news, un progetto. È fondamentale che nel piano di riorganizzazione vengano recepite le istanze che questa Commissione ha voluto indicare nei confronti del consiglio di amministrazione della Rai. Su questo dobbiamo insieme valutare un percorso comune.
  Poi, però, ci sono altre questioni che qui abbiamo evidenziato e che anch'io voglio evidenziare, di cui una in particolare. Abbiamo svolto un'audizione in cui, oltre alla presidente, c'era anche il direttore generale Campo Dall'Orto sulla questione della trasparenza. Ci siamo lasciati con un impegno preso da voi, su nostra sollecitazione, a produrre un codice di autoregolamentazione per ampliare il piano di trasparenza e anche, in merito agli stipendi, ad abbassarli secondo le indicazioni di legge e anche secondo le indicazioni – questo è il nostro auspicio – di questa Commissione. Vorrei sapere quale sia lo stato dell'arte.
  Un altro punto che sempre solleciterò quando verranno qui in audizione la presidente e il direttore generale è quello che riguarda i lavoratori precari in azienda, perché è un punto di grande sofferenza. Oggi l'azienda è mandata avanti soprattutto da migliaia di lavoratori senza tutele e con uno stipendio molto spesso vergognoso. Da questo punto di vista sono state annunciate stabilizzazioni importanti, ma vorrei capire se c'è un piano complessivo per abbattere questo muro del precariato in Rai, o una strategia complessiva sul tema del personale in Rai.
  L'ultimo punto è quello che abbiamo qui citato, un piano di riorganizzazione delle news e il tema del servizio pubblico. Vorrei capire come questo tema del servizio pubblico verrà declinato anche rispetto a un progetto complessivo di rilancio della Radio Rai. Abbiamo avuto nelle scorse settimane, in questo mese di agosto, molte polemiche intorno al lavoro del nuovo direttore artistico della radio, Carlo Conti. Ci sono state notizie su nuovi palinsesti, alcune poi rientrate, e programmi di cui si paventava la chiusura, una chiusura che, invece, non ci sarà. L'abbiamo appurato dai giornali. Vorrei su questo capire da lei più questioni in merito a un progetto, a quando saranno presentati i palinsesti della radio e avere anche assicurazione che rispetto ad alcune battute che ci sono state, relative alla trasformazione dei quattro canali della radio verso moduli di flusso o format simili a quelli delle private, in realtà, il rilancio di Radio Rai mantenga al centro un progetto fortissimo di servizio pubblico, una forte distintività nei confronti delle private, sia dal punto di vista artistico e musicale, sia naturalmente dal punto di vista della offerta informativa.

  MAURIZIO GASPARRI. Mi pare che, al di là del tomo che ci è stato fatto vedere – poi lo consulteremo – l'audizione stia vertendo su argomenti vari a piacere, dal Pag. 16precariato alle leggi che abbiamo approvato. Pertanto, sinteticamente dirò anch'io la mia opinione, incentrando però sul pluralismo le mie considerazioni e sollecitazioni.
  In fondo, la procedura prevista dalla legge per verificare gli ospiti e gli elenchi di cui al tomo ha una ragione non di fare una statistica voyeuristica per vedere chi ci fosse o meno. Credo che non ci siano nemmeno le foto e che ci siano solo i nomi, quindi non è neanche una lettura appassionante. Si potrebbe anche fare via mail, con supporti anche visivi. Lo dicevo per dire che non è una lettura emozionante. Spero di riceverne copia. Il tema è il pluralismo, nel senso che le tante facce e le tante persone devono essere garanzia del pluralismo, altrimenti questo sarebbe un elenco del telefono.
  Vorrei in futuro poter trovare sintonia con l'onorevole Lupi. Lo dico sinceramente. Con lui ho condiviso tanti percorsi politici, ma, quando fa le domande su quella legge che non tutelerebbe la funzione del consiglio di amministrazione, mi chiedo come ha votato quando quella leggina è stata fatta. Io ho votato contro. Ho spiegato in Commissione, in Aula e ovunque i rischi che c'erano per il pluralismo e ho votato contro quella norma. Non ricordo come abbia votato Lupi, che evidentemente dalle domande mi pare sia critico. Se era critico, non so come abbia votato, perché il tema della normativa vigente e del pluralismo di cui all'elenco, consigliere Siddi, non è per fare opere politiche parcellizzate. Mi sono segnato la sua affermazione. Lei ha detto che adesso non si fanno più le operazioni politiche parcellizzate. Sarà che lei, da sindacalista combattivo come l'ho conosciuta, adesso si è un po’ accomodato ed è entrato nella casta insieme a tutti noi. Quindi, benvenuto. Lei è pagato, mentre loro, che sono pensionati, non li pagano. Quindi, vi siete divisi in base alla fascia di reddito. Qui ci sono i consiglieri gratuiti e i consiglieri retribuiti, anche poco, peraltro. Anche quelli retribuiti, per la verità, non è che abbiano chissà quale compenso. È esiguo, diciamoci la verità.
  Mi rifaccio serio per concludere rapidamente. Il problema è che è una parcellizzazione il pluralismo, consigliere Siddi, perché vuol dire dare a ciascuno una presenza in base alle idee. L'ho detto tante volte anche in vigilanza. Mi dispiace ripetermi. Anche il Parlamento è parcellizzato. Uno vota quello, uno vota quell'altro. Ci sono rappresentanze di idee, di opinioni e di programmi. Ognuno si sperimenta e si vede se è bravo o non è bravo.
  Non voglio fare ironia sull'assenza del Presidente Fico. Leggo le cronache e i giornali e capisco la giornata. Questo dimostra, però, che la vita è più complicata degli annunci del tipo «faremo qua», «faremo lì», tutte le dirette, l’app. Ho cercato anch'io su qualche app le dirette delle riunioni di questi giorni e non le ho trovate.
  Quindi, il tema è il pluralismo che le norme hanno garantito per il servizio pubblico. Attualmente, onorevole Lupi, la mia critica alla legge era giustificatissima. Si tratta di dare lo strapotere a un solo consigliere. Siddi ha ricordato che, su mia insistenza e con un mio emendamento, è stata messa la norma che, se sei su nove sono contrari, possono impedire. È stata una piccola concessione del potere del momento. È difficile, ma può accadere. Se vi proponessero come direttore generale un analfabeta, immagino che ci sarebbero nove su nove contro. È una norma di salvaguardia per impedire cose come questa. Non lo so. Può darsi anche che un analfabeta intelligente possa essere meglio di tanti di noi alfabetizzati. È sbagliato il concetto, da cui poi anche le nomine e tutte le vicende. Adesso leggeremo il tomo, vedremo e controlleremo, ma il problema è stato che anche le nomine fatte il 3 agosto con quelle modalità, la notte, si potevano non fare. Il Presidente Fico, lo ribadisco, è stato connivente. Si sarebbe potuta fare un'audizione del consiglio e parlare del regolamento delle news. Onorevole Lupi, abbiamo anche votato alle tre di notte nell'Ufficio di presidenza la possibilità di fare delle audizioni la mattina alle otto o alle due e lei non ha votato a favore delle mie proposte. Quindi, qualche tentativo estremo di tutelare il pluralismo si poteva Pag. 17fare anche alle otto della mattina del 4 agosto.
  Detto questo, a me preoccupa, presidente Maggioni – lei è un presidente di garanzia – quello che accade in riferimento al pluralismo e al referendum. Leggeremo i nomi, i tomi e tutto. Che sta accadendo? Voi avete una responsabilità e noi abbiamo una responsabilità, colleghi. Non sappiamo la data del referendum. La data del referendum non dipende dalla Commissione di vigilanza e nemmeno dal Parlamento. Dipende dal Governo. Ieri il Presidente del Consiglio ha detto che consulterà le formazioni politiche. Lei, onorevole Brunetta, è stato consultato, come Capogruppo? Non l'hanno ancora consultata. Avranno trovato occupato. La consulteranno, però, perché devono consultare i Capigruppo. Chi consultano? Noi poi non abbiamo nemmeno un segretario. Abbiamo certamente un leader, che però non credo si occupi di questo.
  Vorremmo sapere, presidente, come si garantisce un pluralismo nella fase intermedia che si protrae. Dicemmo già questa cosa a giugno-luglio. Poiché il referendum non si sa quando avverrà – tuttora leggiamo fine novembre-dicembre – la par condicio scatta da quando c'è la data. Se non c'è la data, non c'è la par condicio. Voi che potete fare? Che il tema sia divisivo e lacerante – anche il consigliere Freccero ha evocato le manifestazioni; anche noi ne facciamo tante; ci si intreccia nel «sì» e nel «no» con posizioni diverse – è vero, ma è un tema bello della democrazia del Paese ed è un dibattito importante, che accade in un momento anche significativo.
  Passo alla mia preoccupazione. Non parlerò delle retribuzioni. Su quello, colleghi, c'è un emendamento al Senato. Si vota martedì. Si mette il tetto. Ce ne sono di vari Gruppi: c'è anche il mio. C'è quello di altri. Se non piace il mio, ci sarà quello di Airola. Se non piace quello di Airola, c'è quello di Calderoli. Basta votare. Lo risolviamo martedì questo problema delle retribuzioni. Lo dico a tutti voi e a tutti i partiti. Andrò in Aula con le mozioni che abbiamo votato qui all'unanimità e con tutto quanto. Attenzione, lì in Aula qualcuno ci segue. Ci sarà qualche diretta streaming o altro. Le retribuzioni le risolveremo in quel contesto. Chiedo al presidente se sia garanzia di pluralismo degli amici prendere i vari Merlo and company, pensionati pagati. Non c'è il pluralismo di idee, ma c'è il pluralismo degli amici. In merito vorrei sapere che state facendo. Qual è la posizione contrattuale di Merlo, che è uno dei garanti del piano che lei ci ha detto ci verrà illustrato – è un work in progress – e la ringraziamo, e a gennaio sarà definito? Qual è la posizione e quanto guadagna Merlo, se è pensionato o se è compatibile.
  L'altra questione riguarda il referendum. Come vi regolate in questa fase in cui, non essendoci la data, non si ha il regime legislativo della par condicio, ma c'è un'esigenza di pluralismo che a noi è sembrata intaccata dalla fretta delle nomine di luglio-agosto, che poi vertevano soprattutto su una delle testate, diciamoci la verità, che doveva essere in qualche modo normalizzata. Non vedo tutti i telegiornali. Controllerò.
  Ho già la app, però, presidente. L'ho messa subito e le darò anche qualche consiglio per semplificarla. Va bene, ma per alcune cose andrebbero messe più in evidenza le dirette forse, perché uno poi cerca quelle come prima. Darei un'altra priorità alle icone, ma qui rientriamo nei consigli non richiesti degli utenti. Io sono un utente.
  Vorrei sapere sul referendum che si fa adesso. Consigliere Siddi, il pluralismo non lo chiamerei parcellizzazione, ma su questo tornerà al pensiero precedente. L'ho conosciuta più pluralista.

  SALVATORE MARGIOTTA. Sarò brevissimo, provando a centrare un concetto che mi pare alla base di quest'audizione, se l'ho ben compresa, almeno per come intendo il rapporto tra consiglio di amministrazione, direttore generale e Commissione di vigilanza.
  Intanto, ringrazio la presidente per l'intervento, come sempre puntuale. Le faccio gli auguri per la riconferma alla vicepresidenza dell'EBU. Ho compreso che si tratta di una cosa molto seria e molto importante. Pag. 18 Che l'Italia sia rappresentata al massimo livello è cosa utile per tutti noi.
  Ringrazio anche il consigliere Freccero, di cui pure non ho condiviso l'intervento, che però ho seguito con attenzione. Con una battuta potrei dire che il pluralismo, per esempio, si garantisce di più andando a una trasmissione televisiva che lasciando la sedia vuota, come è accaduto ieri, ma è una battuta della polemica del momento. Ringrazio anche il consigliere Siddi, di cui, invece, ho condiviso gran parte del ragionamento.
  Qual è, secondo me, il tema generale? Poi farò due o tre esempi che avranno un sapore anche un po’ polemico, ma non è quello il cuore delle cose che voglio dire. Il tema è che abbiamo fatto una legge, l'abbiamo seguita, ci abbiamo creduto fortemente e l'abbiamo corretta, ha ragione il presidente Gasparri, anche sulla base di alcuni suoi emendamenti, alla fine con l'idea di trovare un punto di equilibrio tra un'esigenza di gestione manageriale autorevole, persino autoritaria in qualche modo, del direttore generale futuro amministratore delegato... Lo dico per essere più chiaro. Abbiamo condiviso – stavo dicendo – un equilibrio tra questo ruolo del direttore generale e un consiglio di amministrazione dal mio punto di vista altrettanto forte, per come l'abbiamo caratterizzato nella legge. Verducci ricordava che la prossima volta sarà eletto dal Parlamento. Ha ragione, ma questo non toglie nulla alla vostra stessa autorevolezza, essendo eletti da una Commissione bicamerale e quindi dal Parlamento anche voi.
  Questo è il mio quesito: come sta funzionando il rapporto, equilibrato come noi lo vorremmo o non equilibrato come alcune volte appare, tra consiglio di amministrazione e direzione generale? È vero che il consiglio d'amministrazione non può fare le nomine – lo ricordavano prima – ma alcune cose le può fare. Le abbiamo scritte nella legge. Su alcune questioni molto vexatae quali atti di indirizzo dà il consiglio di amministrazione? Senza polemica, si possono assumere o nominare consulenti pensionati? Lo decide il direttore generale o il consiglio di amministrazione dà una linea di indirizzo? Li si può pagare 200.000 euro o più? Qui mi viene un'altra battuta, sollecitata da Gasparri. I consiglieri di amministrazione pensionati devono lavorare gratis, ma poi si possono fare contratti esterni a pensionati anche molto lucrosi. Prendetela come una battuta.
  Queste idee, questi comportamenti, questa linea di azione del direttore generale sono conformi alle linee di indirizzo che voi fornite? Quali atti di indirizzo editoriali avete approvato in consiglio di amministrazione? Del piano editoriale abbiamo già parlato e sappiamo che non c'è ancora.
  C'è un atto di indirizzo sui compensi esterni? Penso al piano trasparenza a cui si faceva riferimento? Potrei fare tutta una serie di esempi per dire che quello che mi aspetto, da parlamentare, dal consiglio di amministrazione eletto dal Parlamento è che svolga fino in fondo il suo ruolo di indirizzo con la precisione maggiore possibile, lasciando, come è giusto che sia, la gestione in capo al direttore generale.
  Forse in questo mi sento di potervi chiedere uno sforzo in più. Mi sento di poter dire che la Commissione di vigilanza ha tutto l'interesse a che questo sforzo in più sia concretizzato anche con la collaborazione della vigilanza, perché è così che il rapporto diventa virtuoso e la governance funziona.
  D'altra parte, così avevamo provato a immaginarla. Vedremo poi, come per tutte le cose nel corso del tempo, se l'abbiamo immaginata bene o se l'abbiamo immaginata male, ma, essendo questa la prima esperienza, credo che il tema che vi pongo sia assolutamente cogente e fondamentale.
  Anch'io aggiungo un dettaglio sulle questioni della radio, già sollevata dal collega Verducci. C'è la questione, che riguarda anche il segnale televisivo, ma quello radiofonico ancora di più, per cui ci sono intere zone in cui prendere Radio Rai è complicatissimo. In virtù delle questioni a cui ha fatto riferimento il collega sulle stesse polemiche e addirittura su casi di censura, poi per fortuna rientrati, della nuova nomina del direttore artistico Conti, persona di primo livello, forse sarebbe il caso, non oggi naturalmente ma in futuro, Pag. 19di dedicare una riunione della Commissione chiedendo un'audizione dei direttori Sinisi e Conti per capire quale sia la loro idea e quale sia il loro progetto in relazione al rilancio della radio.

  PRESIDENTE. Caro senatore Margiotta, come lei sa, alla fine di questa nostra riunione ci sarà un Ufficio di presidenza. Presumo, quindi, che questa sua richiesta potrà essere posta in quella sede.

  PINO PISICCHIO. Terrò la parola davvero per qualche secondo, perché il privilegio di chi parla in chiusura è che gli argomenti sono stati già svolti e, quindi, non c'è bisogno di tornarci. Faccio solo due brevi sottolineature.
  La prima, naturalmente, è una considerazione di ringraziamento e gratitudine al presidente e ai consiglieri che sono oggi qui con noi per quello che ritengo, peraltro, non un adempimento formale, ma anche un'occasione che ci consente di fare un bilancio del primo tempo della nuova Rai e di capire se e in che misura possa concretamente adoprarsi un percorso di aggiustamento per il tempo successivo. Mi pare che un tema sia venuto fuori in tutta evidenza, a parte l’incipit assai interessante consegnatoci dal consigliere Freccero, che però implica un impegno dialogico sui temi straordinariamente importanti del pluralismo e del rapporto del pluralismo con i grandi princìpi costituzionali, declinato all'interno di un percorso quale può essere l'esperienza Rai. Sono temi che a me, peraltro, sono molto cari e che credo debbano essere oggetto di una nostra valutazione. Qui arrivo a uno dei punti che volevo offrire alla valutazione dei nostri interlocutori. Sul piano editoriale ho apprezzato l'idea di una dialogica con la Commissione di vigilanza, ma credo che dobbiamo trovare anche una modalità con la quale declinare questa dialogica, che non può essere solo il momento finale della consegna del testo, ma deve riguardare anche nel frattempo, nel mezzo, come riusciamo a esserci utili vicendevolmente. Quindi, il primo tema è come facciamo ad andare avanti dopo l'affermazione dei princìpi che abbiamo ascoltato sul piano editoriale e nel frattempo che succede. Nel frattempo accade che le nomine vengano fatte, nomine che abbiamo anche considerato e apprezzato nelle scorse settimane, ma che comunque stanno dentro il progetto.
  Un secondo tema importante che è stato posto all'attenzione da molti colleghi – ne faccio solo un brevissimo cenno per dire che sta a cuore anche a me – è il rapporto tra consiglio di amministrazione e vertici Rai. È evidente che nella prospettazione che viene fatta dalla riforma l'indirizzo che viene impresso dal consiglio di amministrazione non si esaurisce in un'espressione teorica e soltanto di manifestazione di un'idea vaga. Si deve poter declinare un qualcosa di più, qualcosa che sia anche un intervento concreto nella gestione nell'amministrazione. La domanda è come rendere possibile la coerenza con l'impianto normativo, con il quotidiano, con il percorso di una realtà complessa come quella della Rai.
  Voi conoscete, peraltro – e questo è l'altro punto di domanda – l'attenzione che abbiamo sempre posto, a partire dal nostro parere sul vecchio piano editoriale, sull'utilizzo delle risorse interne da un punto di vista dell'informazione. So che questo tema sta a cuore anche alla presidente, per la verità, e al consiglio di amministrazione, ma non può rimanere sempre e comunque una petizione di principio per poi trovarci di fronte a realtà e situazioni che non corrispondono a questa petizione di principio.
  Concludo dicendo una cosa: sono abbastanza colpito e insoddisfatto relativamente a un particolare della vostra esperienza, ossia il fatto che vi siano consiglieri di amministrazione che prestano la loro attività gratuitamente. È stata con una battuta ricordata dal presidente Gasparri la differenza che passa tra consigliere gratuito e consigliere remunerato. È una situazione che non accetto da un punto di vista concettuale. Non può essere consentito che qualcuno presti la propria opera in una dimensione di gratuità, perché significa che il lavoro che fa è un lavoro che non vale niente. È un lavoro che non è niente. Forse Pag. 20su questo tema dovremmo tornare, non solo con riferimento alla considerazione che dobbiamo al lavoro dei consiglieri fuori da questo schema del riconoscimento che non viene fatto loro del lavoro che compiono, ma davvero in termini di petizione di principio, perché non può andare avanti così.

  AUGUSTO MINZOLINI. Molte riflessioni, magari fatte anche in termini provocatori, del consigliere Freccero, secondo me, hanno una loro logica, tenendo conto di come è andata avanti la metamorfosi, il cambiamento, della Rai in questi mesi.
  Riconosco al presidente della Rai un'onestà intellettuale. La prima volta che ci siamo incontrati, se si ricorda, usò un'espressione: «Dobbiamo andare verso una Rai in cui ci sia una visione plurale, un soggetto unico che guardi il mondo». Rispetto a quel tema avevo posto un problema diverso, ossia che probabilmente nella natura e nella storia della Rai sarebbe stato più corretto parlare di un pluralismo di visioni, cioè di soggetti diversi che guardano uno stesso motivo. È nella struttura stessa di un'azienda enorme, con 14 canali, che quindi ha tutta una serie di fonti informative che hanno bisogno di avere una diversità, perché la ricchezza della Rai è nella diversità. Invece, a quanto pare il meccanismo, che mi aveva lasciato un po’ interdetto, è stato seguito poi anche nella governance, in cui abbiamo avuto una primazia del Governo. Possiamo cambiare come vogliamo. Potremmo poi fare questo consiglio di amministrazione e lo potremmo decidere nelle Aule parlamentari e non in Commissione vigilanza. Credo che non cambierà molto. Diciamoci la verità: se vogliamo squarciare un minimo di ipocrisia quando parliamo di queste cose, qui mi sembra abbastanza chiaro che non è così. Da lì siamo arrivati alle nomine. Vedete, avrei capito se si fosse usato un criterio esatto nel fare le nomine. Per esempio, noi cambiamo tutti e tre i direttori dei telegiornali e poi tu sceglievi. Era un modo. Non cambiamo nessuno dei direttori dei telegiornali, perché dobbiamo partire, dobbiamo verificare e poi nel tempo decideremo, rispetto alla riforma, che tipo di nomine vogliamo fare. Invece, si è seguito uno schema un po’ particolare: due sono stati cambiati e uno no.
  L'altra volta, provocatoriamente – l'ho fatto anch'io, caro Freccero – ho detto che mi sembrava che l'unica categoria che potevo vedere su come erano state fatte le nomine fosse la vicinanza o meno al fronte referendario del «sì». L'ho detto e sono stato contestato dalla presidente. Io l'ho presa tranquillamente. Mi sembra, francamente, che se devo vederne uno, non vedo un altro tipo di criterio che è stato utilizzato. Non mi è stato spiegato, francamente.
  Se andiamo a vedere l’audience, non capisco perché quello del TG2 no. Se andiamo a vedere anche i nomi, non sono stati epurati, ma sono stati emarginati i vari Giannini e Berlinguer, ma potrei parlare anche di altri. C'è sempre questo tipo di logica. Perché faccio questo discorso? Sono d'accordo con Freccero su due aspetti. Il pluralismo è il dato essenziale della Rai, che riguarda non solo la necessità e la ricchezza culturale, ma anche la capacità dell’audience. Abbiamo una Rai che è ancora al 40 per cento perché è così. Non dobbiamo fare dei discorsi, perché, se andiamo a ritroso quando facciamo questi discorsi, allora dobbiamo ritornare alla Rai prima della riforma, ma la Rai della prima riforma era un altro soggetto. Quella è stata una conquista. Non possiamo, secondo me – questo è un errore e bisogna avere anche il coraggio di dirlo – parlare di quella riforma vedendo soltanto gli effetti degenerativi della lottizzazione. Dovevamo vedere che all'interno di un soggetto unico era intervenuto un meccanismo che aveva portato nuove culture. Probabilmente non avremmo il Paese di oggi, se non ci fosse stata quella riforma. Se abbiamo il coraggio di fare questo, allora dobbiamo tenere conto che quel pluralismo è essenziale, altrimenti non si capisce perché dovremmo avere una Rai con 14 canali e non so quanti telegiornali. Basterebbero un canale solo e un TG solo e casomai un canale di questo tipo che viva solamente del canone. Allora, a quel punto, le risorse della pubblicità le reimmettiamo nel mercato e garantiamo Pag. 21nel mercato il pluralismo, che è un dato, secondo me, quasi logico.
  Dico questo e lo dico ora, alla vigilia del referendum, perché questo è un problema che vi potete porre. La riforma della governance è figlia diretta della riforma costituzionale. O la Rai avrà la capacità di garantire il pluralismo nelle nuove vesti, o altrimenti questo referendum sarà anche un referendum sull'informazione. Questo è il dato essenziale ed è il problema che vi vedete porre come consiglieri di amministrazione.

  FABIO RAMPELLI. Il tema fondamentale che ancora una volta abbiamo sviluppato e stiamo sviluppando nel rapporto con l'azienda, con il suo consiglio di amministrazione e con il presidente, perché probabilmente ci è maggiormente a cuore, è e resta quello del pluralismo dell'informazione e del pluralismo culturale. Penso che al primo giro di boa della riforma approvata non si possa fare a meno di constatare che, come minimo, la macchina debba essere rettificata, intanto perché, se si vuole introdurre nel funzionamento tra diversi poteri un principio di efficienza, di velocità e di autorevolezza, è fondamentale agire contestualmente per rafforzare, insieme al potere esecutivo, anche l'altro potere, che è quello di indirizzo e controllo.
  Questa riforma sta tradendo in queste settimane e in questi mesi tutte le sue latenze e i suoi punti deboli perché c'è uno strapotere, un accentramento di poteri sull'Esecutivo e sulle funzioni esecutive e c'è uno svuotamento complessivo, che più volte è stato denunciato, non soltanto oggi e qui, che crea un evidente squilibrio. Si è passati, con l'approvazione della riforma, dalla partitocrazia – così veniva chiamata per definirla in maniera negativa – al familismo. Non è più importante avere una tessera di partito in tasca, è vero, ammesso e non concesso che questo potesse rappresentare il male assoluto. È più importante prendere l'aperitivo con il direttore generale o chi per lui e stare nel posto giusto nel momento giusto per segnalarsi come persona di riferimento. Se questa può essere definita un'evoluzione in positivo di un'azienda che è un servizio pubblico a tutto tondo, anzi, di più, è un servizio culturale, anzi, di più, è un'industria culturale, anzi, di più, è la principale industria culturale di Italia... Se si potesse auspicare questa sorta di degenerazione, sono convinto che, al di fuori della recitazione delle parti di ciascuno, intimamente nessuno si possa sentire predisposto e orientato verso questo tipo di possibile degenerazione, di cui abbiamo visto i primi prodromi e che potrebbe continuare ad aggravarsi. Quindi, intanto dobbiamo prendere atto che c'è questa difficoltà. A mio giudizio, anche se sembra paradossale – premetto che ho votato contro la riforma e, quindi, ho le mani libere – le anomalie in oggetto sono abbastanza palesi e hanno trovato il proprio epifenomeno nella notte del 3 agosto, quando, improvvisamente e misteriosamente, dopo mesi in cui non accadeva nulla, si è deciso, alla vigilia della pausa estiva, anzi nel bel mezzo della pausa estiva, con la guardia abbassata da parte dell'opinione pubblica, da parte degli opinionisti, da parte del circuito mediatico, con il Parlamento che si stava chiudendo (mi pare che l'ultima seduta prevista fosse quella del Senato della Repubblica per il 4 agosto, mentre la Camera aveva esaurito i suoi lavori il 3 agosto), impossibilitati anche ad aprire un contenzioso, di procedere alla sostituzione dei direttori, tutti bravissimi, quelli confermati, quelli defenestrati, quelli subentranti.
  Ciò è avvenuto, però, con delle anomalie che abbiamo potuto denunciare e che sono abbastanza preoccupanti, nella misura in cui corrispondono comunque a una stagione fatale e decisiva per le sorti della nazione, perché si vanno a rivedere i principali meccanismi e l'architettura delle Istituzioni repubblicane. Essi andrebbero manovrati con una certa delicatezza e, se possibile, anche con un po’ di rispetto per le tante generazioni che questa nazione l'hanno messa in piedi. In quell'occasione abbiamo potuto constatare il limite che non dovrebbe essere derogabile, ma che è stato ampiamente derogato di questa riforma. Dunque, a mio giudizio, ripeto, anche se probabilmente questa non è una mansione propria del Consiglio di amministrazione, Pag. 22 ma penso che sia opportuno prendersi anche delle licenze, andrebbero suggeriti al Parlamento possibili episodi modificativi della legge vigente per tentare di ripristinare un pluralismo culturale, che non può essere uno scioglilingua. Non può essere uno scioglilingua.
  Il pluralismo, se è una concessione, non è un diritto e, se non è un diritto, non fa testo. Nel momento in cui il sistema non prevede la manifestazione di una sensibilità culturale e politica all'interno di un'azienda pubblica che vive anche e forse soprattutto di questo, si tradisce evidentemente una deriva totalitaria. Questo episodio probabilmente – anzi me lo auguro; non ci credo, sinceramente, lo dico per compassione verso i miei avversari – non è stato calcolato adeguatamente in maniera preventiva, ma comunque è nei fatti. Qualora ci fosse e ci dovesse essere mai un pluralismo, questo pluralismo sarebbe concesso e, quindi, non avrebbe una propria vita autonoma e, in quanto tale, smentirebbe la propria funzione cardine. Mi auguro che le persone intelligenti e dotate di sensibilità istituzionale presenti all'interno del consiglio di amministrazione, espressione del Parlamento italiano, ancorché per il tramite della nomina della Commissione di vigilanza Rai, per ora, possano farsi carico di suggerimenti che non sono né di destra, né di sinistra. Oggi parliamo di una questione che esiste, che ha probabilmente un tempo debito e proprio, ma che esisterà anche dopo l'esistenza in vita delle nostre persone, dei nostri partiti di riferimento, delle nostre sensibilità culturali. Quindi, dobbiamo obbligatoriamente pensare anche a questo.
  Sono stato più lungo di quanto avrei desiderato. Avrei diverse denunce da fare da un punto di vista proprio delle scelte, del merito, delle defenestrazioni, dei demansionamenti e delle mortificazioni delle professionalità interne. Sono cose già dette, ragion per cui starei qui semplicemente a sottolineare una prassi consolidata nel corso del tempo, che si voleva modificare e che, invece, è passata dall'appartenenza al partito attraverso la detenzione di una tessera a frequentazioni amicali di altro genere.
  L'ultima battuta, invece, la voglio fare, perché l'ho fatta già il 3 agosto, in merito alla funzione di questo ente, di quest'azienda, che è una funzione non necessariamente di tipo mercatista. Se l'azienda Rai deve svolgere delle scelte, assumendosene la responsabilità di tipo economico, stare sul mercato e concorrere con i propri alter ego privati, allora non ha un senso che si stia qui a parlarne. Bisogna procedere a ranghi serrati e a passi veloci verso la privatizzazione. Non ha un senso che esista un consiglio di amministrazione, non ha un senso che il presidente del Consiglio nomini il direttore generale, non ha senso nulla. Si facciano delle scelte di mercato e si metta all'opera nella competizione la misura della capacità di eccellere rispetto ai competitori di altro segno. Se, invece, la Rai è e deve restare un soggetto pubblico – questo me lo auguro, sinceramente – significa che il fatto di essere la principale industria culturale italiana deve coniugarsi con la necessità di promuovere il prodotto italiano in tutte le sue manifestazioni, cosa che non accade, in maniera paradossale. Praticamente il 90 per cento delle rubriche e delle testate hanno titoli stranieri. Penso che non dovremmo e non dovreste mortificarvi attraverso l'approvazione di una legge, com'è accaduto in Francia con la legge Toubon, da parte del Parlamento che vi imponga di essere sensibili e di avere un minimo di decoro per promuovere la quarta lingua più studiata del mondo, di cui evidentemente non siamo consapevoli neanche noi.
  Vogliamo cercare di mettere in sintonia questo episodio di Rai in quanto servizio pubblico/industria culturale italiana più importante della nazione con la necessità di promuovere, salvaguardare e valorizzare la cultura italiana, la lingua italiana, la produzione italiana, le professionalità italiane, gli attori italiani? Anche questo è un compito, perché quest'azienda, guarda caso, si alimentava prima, e oggi ancor di più, con una forma quasi estorsiva, ossia con un canone in bolletta energetica, con i soldi dei cittadini italiani. Non è un episodio Pag. 23 da trascurare. Se qualcuno con azioni di indirizzo che, invece, sono nelle competenze del consiglio di amministrazione, se ne volesse far carico, ci farebbe una cortesia.

  NICOLA FRATOIANNI. Vorrei dire in premessa, collega Verducci, che, pur non avendo il consigliere Freccero alcun bisogno di avvocati difensori, lo spogliarsi delle matrici politiche una volta eletti non credo possa essere scambiato col bisogno di spogliarsi anche dei propri punti di vista e delle proprie idee. Altrimenti non avremmo nominato un consiglio di amministrazione in cui persone esprimono un punto di vista e su questa base costruiscono anche un elemento di orientamento, ma avremmo fatto un'altra scelta, che a me pare un tantino regressiva anche dal punto di vista dell'approccio culturale. La relazione della presidente naturalmente si inscrive nella prescrizione della legge che prevede quest'audizione per questi temi e non fa che confermare, per quel che mi riguarda, quanto quella legge, oltre che essere sbagliata nella sostanza (naturalmente, è un punto di vista che ho avuto modo di esprimere molte volte), presenti anche qualche tratto di inutilità. Lo dico non per la relazione, ma perché è del tutto evidente a noi e a voi che, quando la relazione sul lavoro svolto è presente, come ci è stato comunicato, in una versione ben più dettagliata sul sito e, dunque, in uno spazio pubblico, costringe voi e noi a passare molte ore a discutere solo di quanto già disponibile anche in un'altra sede e rischia di essere quanto meno un po’ superfluo. Non mi stupisce, dunque, che la discussione concerna altre questioni che in qualche modo abbiamo di fronte: non possiamo far finta che quello che è successo anche solo qualche settimana fa non sia avvenuto. Questa Commissione – l'hanno ricordato in molti – è stata riunita fino alle prime ore del 4 agosto per tentare di impedire che si procedesse a una scelta che, al netto del merito, si è determinata in un contesto e con modalità, francamente, incomprensibili. Ognuno di noi ha su questo un elemento di valutazione. C'è chi, come me e come altri, pensa che quella scelta abbia tra le sue matrici la necessità di un'accelerazione in termini di omogeneizzazione rispetto alla prossima partita referendaria. A prescindere da questo elemento, che è un elemento di valutazione che ognuno può esprimere in modo differenziato, mi pare, però, francamente difficile non riconoscere che, in termini di metodo, di modalità e di tempistica, anche rispetto al modo con cui si era, a un certo punto, deciso di procedere, seppur non a partire da una prescrizione di legge – anche qui tutti sappiamo che dal punto di vista della legge niente è stato violato – si era immaginato un percorso diverso. Si era immaginato, cioè, che le nomine, anche di ruoli particolarmente rilevanti come quello dei direttori dei telegiornali, fossero in qualche modo il frutto di una valutazione condivisa sul piano editoriale, facendo delle scelte sulla base di una scelta generale di indirizzo, cosa che, invece, non è avvenuta. Poiché questo è il quadro nel quale ci troviamo, mi pare evidente che anche la discussione di oggi non potesse che essere concentrata su queste questioni.
  Finisco subito dicendo questo: penso – l'ho detto in premessa – che questa sia una pessima legge, che riduce molto le funzioni del consiglio di amministrazione, che ne riduce gli spazi di intervento e ne riduce l'efficacia. Credo, invece, che questa legge consegni un potere smisurato nelle mani del governo del Paese, chiunque lo occupi, naturalmente, e credo che questo sia sbagliato. Poiché siamo di fronte, però, a un passaggio delicatissimo per il Paese, su una questione che, per definizione, è forse la più importante, ossia un bene pubblico come la Costituzione e le regole su cui si fonda la nostra società, vorrei chiedere al consiglio di amministrazione cosa intende fare per garantire il pluralismo dell'informazione, che, a mio avviso, oggi è gravemente lesionato rispetto al tema referendario. Anche questo, naturalmente, è un punto di vista. Dunque, aspetto di sentire le vostre opinioni. Cosa intendete fare per garantire il pluralismo, in particolare di fronte a una situazione che, dal mio punto di vista, è clamorosa? Il continuo rinvio, il continuo balletto sulla data del referendum, Pag. 24 da un lato, non consente di definire nemmeno il periodo della par condicio e, dall'altro, allunga una campagna elettorale sulla base di criteri, francamente, del tutto incomprensibili e con una modalità che a me pare indecente dal punto di vista del rispetto della tutela della democrazia del Paese. Che cosa intendete fare rispetto alle vostre funzioni e alla vostra possibilità d'intervento?
  Intanto vorrei sapere come pensate di essere in grado di garantire il pluralismo su questo terreno prima della par condicio, visto che non ci è dato sapere quando la par condicio comincerà. Non ci è dato sapere la data del referendum. Come pensate di poter garantire il pluralismo anche in questa fase? A me pare che sia una questione decisiva, che va molto oltre gli ordini del giorno e gli oggetti formali, pure importanti, di riunioni su cui venite convocati e rispetto ai quali, ovviamente, rispondete in prima battuta. Mi pare che questa sia la vera questione rilevante, su cui anche il rapporto tra Commissione, consiglio di amministrazione e governance della Rai può verificare un elemento di funzionalità, oppure l'assenza completa di utilità anche di questo luogo.

  PRESIDENTE. Collega Airola, chiede la parola sull'ordine dei lavori? È una cosa rapidissima?

  ALBERTO AIROLA. Minimale. Alle 17 chiudono gli uffici del Senato. Non si sa perché, ma c'è questa direttiva. Dalla prossima settimana riprende l'orario normale, ragion per cui volevo chiedere di armonizzare i tempi, se fosse possibile.

  PRESIDENTE. Ho capito benissimo. La ringrazio. Anzi, senatore Airola, sempre chiedendo scusa al presidente Brunetta, al quale darò immediatamente la parola, colgo l'occasione per ringraziare i senatori e i deputati che hanno avuto la cortesia di rimanere ad ascoltare sia l'intervento del presidente Brunetta, sia le risposte del presidente e dei consiglieri ed esprimo rammarico per coloro i quali sono andati via, che hanno però posto domande e non conosceranno direttamente le risposte.

  RENATO BRUNETTA. Vorrei trattare dei tomi. Nessuno ha parlato dei tomi. Alla domanda, fatta per le vie brevi alla mia amica presidente, se il contenuto dei tomi fosse online o no, lei non è riuscita a darmi una risposta. Mi fa venire in mente un'esperienza personale. Lo dico senza perversione analitica. Appena diventato ministro, mi trovai tomi simili, cartacei, di tutte le consulenze che davano nella pubblica amministrazione ai vari consulenti (comuni, province, regioni, ministeri, enti vari). Erano tomi ponderosi come il suo, il cui contenuto era del tutto inutilizzabile. Con pochissima spesa e senza alcuna modifica normativa – tra l'altro, la normativa era stata voluta dal mio predecessore – misi online tutte le informazioni e venne fuori una rivoluzione. Immediatamente, ad opera del mio ministero, ma ad opera anche dei cittadini, fu fatta un'analisi, comune per comune, provincia per provincia, regione per regione, ente per ente, sui ben 2 milioni di consulenze che venivano date ogni anno, per un totale di 4 miliardi di spesa, a questi consulenti. Per ciascuna consulenza, grazie al mio bravissimo predecessore, veniva individuata anche la tipologia. C'era la progettazione – ricorderò sempre questo – delle fioriere di un certo comune di 150.000 abitanti, come se un comune di 150.000 abitanti non avesse un ufficio tecnico per progettare fioriere davanti al municipio. Evidentemente, quella commessa di progettazione di fioriere non era una commessa di progettazione, ma semplicemente una marchetta, vale a dire un incarico affidato a un amico per progettare le fioriere, quando invece era ovvio che un comune di 150.00 abitanti avesse un piccolo ufficio tecnico che poteva progettare un insieme di fioriere. Si ebbe veramente una piccola grande rivoluzione che portò alla moralizzazione della vicenda. Pertanto, di anno in anno, la spesa diminuì, anche perché i singoli amministratori locali venivano assaltati dai loro concittadini che chiedevano loro conto per aver dato a questo o a quel consulente determinati incarichi retribuiti. Pag. 25
  Non voglio dare un'interpretazione perversa o negativa del fatto che i dati non siano online. Dico solo che mi piacerebbe molto che fossero online nel più breve tempo possibile e che non si trovino ostacoli di tipo burocratico-amministrativo-legislativo, non solo dal punto di vista, presidente, della politica, ma anche dal punto di vista di altre perversioni o devianze che ci possono essere – lei sa benissimo a cosa mi riferisco – nelle ospitate che possono avere effetti e impatti di tipo economico commerciale, marchettaro. Costruire dei cluster di frequenza delle presenze delle singole persone, personalità od ospiti nelle singole trasmissioni o dei dirigenti che operano in singoli percorsi può portare a una moralizzazione, ma anche a un'efficienza, a una gestione efficiente, moralizzata e corretta. Pertanto, il consiglio che le do, in ragione della mia esperienza passata, è questo. Freccero apprezzerà. Serve una compressione semantica, ossia una compressione dei segni infiniti, non gestibili, perché, grazie alla chiave online e a parole chiave che si possono realizzare immediatamente, con un clic si può trovare, trasmissione per trasmissione, area per area, settore per settore, la frequenza di partecipazione dei singoli ospiti, per capire. Dopodiché, starà alla governance, alla dirigenza di questa enorme e straordinaria struttura che è la Rai, capire perché. Naturalmente, se tutto questo viene fornito poi anche all'opinione pubblica, starà anche all'opinione pubblica e alle strutture di vigilanza, come questa – è poca cosa, ma soprattutto all'opinione pubblica – questo tipo di controllo.
  Lo dico perché questo significa il meglio della fruizione della trasparenza. La trasparenza ha questo significato. La trasparenza non deve essere vista come un elemento di deterrenza quasi giudiziaria. La trasparenza deve essere uno strumento di fecondità, di efficienza e di responsabilità da parte di tutti. Poi si vedrà che trasmissioni di tutti i tipi hanno determinate frequentazioni e si capirà anche la chiave economico-culturale-politica di determinate frequentazioni. Questo consentirà a tutti noi di fare meglio il nostro mestiere, lei, presidente, il suo, noi il nostro, i dirigenti Rai il loro, i consiglieri d'amministrazione il loro e l'opinione pubblica il proprio. Per questa ragione le chiedo di trasformare immediatamente i suoi dati da cartacei a online e soprattutto di fare anche una pre-analisi, da questo punto di vista, lasciando ovviamente al mercato dell'opinione pubblica, al mercato della politica, al mercato delle specializzazioni, le relative valutazioni di impatto.
  Aggiungo un'ultima cosa rispetto al referendum. Minzolini ha ragione: il referendum che avremo, non si sa più quando, ma certamente entro il giorno di Natale – ho fatto i conti e certamente sarà entro il 25 dicembre – è un referendum che misura anche la nostra democrazia e il nostro senso di responsabilità. Non è vero che il nostro Presidente del Consiglio non ha definito una data: ha detto che è una settimana dopo la Leopolda e quando gli hanno chiesto quando è la Leopolda, ha risposto che è una settimana prima del referendum. Questo è lo stato della qualità etica e morale del nostro Presidente del Consiglio, il quale sta giocando con una data fondamentale nella vita politica e istituzionale del nostro Paese. Non si può giocare così, una settimana prima o una settimana dopo della Leopolda, come se la Leopolda fosse la misura della nostra vita politico-istituzionale. Questo, signora presidente, questo, signor presidente della Commissione di vigilanza, è semplicemente indecente. Faremo di tutto, come parlamentari e come membri di questa Commissione, che non ha responsabilità da questo punto di vista – e tantomeno ne ha il consiglio d'amministrazione – perché, più si prolunga in avanti la data del referendum, più strumentalizzabile è il percorso. Poiché abbiamo bisogno di tutto in questo Paese, ma non certamente di strumentalizzare le Istituzioni e le previsioni di tipo costituzionale, volevo sottolineare anche questo elemento alla Rai, che in questo fatto è, da un lato, incolpevole, ma, dall'altro, ha anche dei carnefici. La carne di porco che la Rai ha fatto dall'inizio della vicenda referendaria con lo squilibrio a favore del «sì» in assenza di par condicio deve essere anche un Pag. 26punto che deve essere posto alla sua attenzione.
  La ringrazio, signor presidente.

  PRESIDENTE. Io ringrazio lei, Presidente Brunetta. Cerchiamo, onorevoli colleghi, gentili ospiti, di fare il punto della situazione. L'audizione si protrae da più di due ore. Purtroppo – e ribadisco il mio forte rammarico – molti colleghi hanno lasciato l'Aula non attendendo le risposte, il che veramente non è un comportamento garbato. Vorrei, a questo punto, appellarmi alla cortesia dei due consiglieri che hanno chiesto di intervenire affinché il loro intervento sia misurato, per poi dare la parola alla presidente, che peraltro ha davvero scritto un tomo di appunti. Non so come riuscirà a recuperare tutto questo, ma sono sicuro che sarà possibile.
  Darei prima la parola al consigliere Guelfi e poi al consigliere Diaconale. Prego, consigliere Guelfi.

  GUELFO GUELFI, consigliere di amministrazione della Rai. Grazie, presidente. Grazie a tutti voi anche proprio per la differenza delle nostre opinioni e per la quantità delle osservazioni che avete messo a nostra disposizione e anche diciamo per gli inviti e gli stimoli, sui quali vorrei dire qualche cosa. Airola ci chiedeva in quali condizioni siamo e soprattutto vorrebbe sapere che cosa ne pensiamo noi. Sto parlando a professionisti della politica, gli onorevoli che siedono nel nostro Parlamento e che passano la loro giornata ad argomentare e a motivare le proprie opinioni, per poi condurle ai confronti, per poi cercare di vincere delle battaglie, per poi mettere in bisaccia dei risultati nell'interesse, a seconda delle vostre opinioni, del nostro Paese, sia di qua che di là, qualsiasi questione si affronti. Quindi, è evidente che anche qui dentro, anche oggi, dietro alle domande ci sia la manifesta intenzione di produrre il giudizio. Quando mi si chiede che cosa penso, mi si dice che cosa si pensa. Per esempio, si pensa che questo Paese, il Paese in cui operiamo, sia un Paese in cui è a rischio la democrazia, in cui la politica del Governo è una politica che può portare il destino degli italiani verso futuri funesti e difficili, di cui sembra che ci preoccupiamo. Ho pieno rispetto di questa preoccupazione. In altre stagioni di vita, poiché ho qualche anno, come altri – io ho i miei – mi ricordo bene quando usavo qualsiasi occasione mi fosse data per denunciare nelle politiche di governo il grande misfatto nei confronti degli interessi dei miei concittadini. L'ho fatto, l'abbiamo fatto e continuiamo a farlo. È normale che si faccia. È il senso della democrazia. Quando ci si domanda che cosa pensiamo, le volevo rispondere così: quello che penso faccio. Oggi sono nella condizione di fare. Come consigliere di amministrazione di un'azienda pubblica quale è la Rai, io faccio. Non sono tra quei consiglieri, che ci sono, che pensano che il consiglio della Rai non conti niente, che non sia capace e che non ci siano gli spazi per poter incidere sulla politica e sullo sviluppo delle attività e sulle prospettive. Sono tra quei consiglieri, di maggioranza, in questo consiglio che pensano che le politiche di quest'azienda abbiano affrontato una fase e stiano producendo un risultato. Poi può piacere, poi può essere quello che andiamo a inserire negli scenari che ognuno di noi fa. Penso che l'abbiamo fatto e che lo stiamo facendo. Per andare veloce, faccio un rapido elenco. Quello che si può pensare non essere un piano industriale è, come è scritto, un «piano industriale approvato dal consiglio di amministrazione», con una forte maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione.
  Quello che si chiama piano editoriale poi si può dire che lo è o non lo è. È un'ipotesi di piano editoriale. Poi si può dire che lo è o non lo è. Stiamo provvedendo a discutere quali forme e quali responsabilità può assumere la discussione perché esso si perfezioni, ma è stato approvato dal Consiglio di amministrazione. È stata approvata la direzione digitale, è stata approvata la direzione creativa, sono state approvate le nomine a maggioranza, come sono state approvate anche la legge sulla casa, la legge sulla scuola, la legge sanitaria, la legge della riforma amministrativa, a maggioranza, giustamente. I nostri Pag. 27 stimati e apprezzati colleghi dell'opposizione hanno fatto le loro battaglie perché non venisse approvato, ma è stato approvato. Il Paese si trova di fronte a quel quadro, del quale giustamente ci viene insistentemente chiesto conto e su cui si pensa anche di poter intervenire per andare a modificarlo.
  Voglio fare un salto, anche per motivi di tempo, e andare a vedere non come è stato approvato, non chi siamo come appartenenza politica, ma cosa abbiamo fatto, cosa abbiamo preso in mano quando siamo stati da voi eletti nel Consiglio di amministrazione della Rai e negli ultimi dodici mesi cosa, al di là dei titoli, abbiamo fatto. Abbiamo fatto una cosa semplice, ossia un prodotto televisivo, che va in onda tutti i giorni dalla mattina alla sera su 14 canali, attraverso una serie di cose. Il prodotto televisivo che va in onda è un prodotto televisivo che vengo a dirvi essere molto buono. Non è poco buono, ma molto buono, molto apprezzato, molto apprezzabile, molto correggibile. Sono contento e fiero di avere vissuto la tragedia – da una parte c'è il dolore, c'è la disperazione e c'è la visione del terremoto – coperta dal sistema informativo della Rai in un modo puntuale, costante, veloce, capace e diffuso, su cui mi pare (ho letto gli organi di stampa) non ci sia stata una grande opposizione. Se l'opposizione potesse fare l'opposizione, la farebbe. Sono sicuro che l'opposizione, se può fare l'opposizione, fa l'opposizione. Non regala. Lì sarebbe, sì, vulnerato lo spirito democratico del nostro rapporto, il modo di guardarsi. Quando mi si domanda qual è l'oggetto della trasmissione, è il servizio pubblico di un Paese importante che si chiama Italia. Noi siamo gli italiani. Poi un po’ sono della Lega, un po’ sono dei Cinque Stelle, io sono del PD. Non vuol dire. Siamo gli italiani. Abbiamo a cuore il destino di tutti gli italiani e sappiamo che, quando si resta sotto le macerie, si sarebbe potuto votare «sì», si sarebbe potuto votare «no», ma soprattutto penso che la maggioranza avrebbe avuto difficoltà a pensare a cosa votare, perché è così distante quell'appuntamento democratico che ci dicevano l'onorevole Brunetta e l'onorevole Gasparri che è il referendum, di cui dobbiamo avere tutela. Capisco l'ironia. È imbarazzante, si può essere imbarazzati, la data arriverà. Abbiamo superato ben più difficoltosi imbarazzi e anche questo arriverà. Avremo la par condicio e anche questa arriverà. La regolamenteremo, ne discuteremo e saremo un po’ d'accordo e un po’ no, come è naturale che sia. Non è la prima volta che attraversiamo questo periodo. Quello è il senso della cosa: è il prodotto televisivo, è quello che mettiamo insieme.
  Avrei voluto dire, se non ci si fosse subito buttati, prima delle vostre domande, come nell'occasione della pallacorda, sulla barricata: precediamole le domande, perché questo è il senso tecnico della trasmissione. Il consigliere Freccero è dotato di un senso tecnico della trasmissione e precede le domande, si butta dentro. È giusto, è corretto. Chapeau, avrebbe detto lui. Il senso vero della discussione è quello, o il senso vero della discussione è il fatto, l'atto? A distanza di un solo anno dalla nostra nomina si è realizzata una trasformazione dell'assetto produttivo e del sistema cognitivo dell'ente, ma si sono già realizzate cose che sono impensabili: con riguardo al servizio per la trasmissione delle Olimpiadi i numeri che vengono da quei risultati erano inimmaginabili e sono inimmaginabili. Il fatto è che esiste – ho finito e vado veloce – un'assoluta trasformazione del modo di fruizione (scherzavamo prima su Rai Play; c'è o non c'è, la vediamo o no, ma c'è). Il dato di fatto è che c'è un sistema di fruizione del prodotto radiotelevisivo che ci porta dall'essere il fanalino di coda della fornitura radiotelevisiva Internet a diventare nella pattuglia di testa. Entro la fine di settembre o ai primi di ottobre saremo, nei dati, nei numeri, la pattuglia di testa, i più fruiti. Vedranno le nostre cose, i nostri dibattiti, le nostre dichiarazioni, la nostra presenza in Parlamento, ovunque gli italiani siano e qualunque sia lo strumento attraverso il quale si collegano.
  Mi rendo conto che è tardi e sarebbe piaciuto anche a me dirne tante. Siamo di fronte a una cosa che comunque domani, Pag. 28qualora si ribaltino un'altra volta le regole, è lì. Il mio interesse maggiore è questo: questa casa che sto facendo è una cosa che all'Italia serve? Penso davvero di sì.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Intanto mi scuso per il ritardo, che è dovuto ad altre attività, quelle sì remunerative piuttosto che queste e che purtroppo ci costringono a fare altro.
  Ringrazio anche l'intervento del mio carissimo amico Guelfo Guelfi, perché ha posto con grande franchezza un tema che aleggia, ma che nessuno affronta, con la sua franchezza fiorentina. Il tema è: come funziona questa legge? Come è stata fatta questa legge? A un anno di distanza il rapporto tra la governance e il consiglio su quale base poggia? La legge è stata fatta per spostare il baricentro della Rai dal Parlamento al Governo. Questa legge funziona perfettamente in questa chiave. Giustamente Guelfo Guelfi dice che fa parte della maggioranza, è nella maggioranza all'interno del consiglio di amministrazione e quello che fa questa governance voluta dalla maggioranza di governo a lui sta benissimo. È una logica forse un po’ brutale, ma è una logica solida, che non si può contestare. Posso dire semplicemente: faccio parte dell'opposizione e farò la mia parte. Qual è la mia parte, in questa logica? In questa logica la mia parte è parlare e dire che non sono d'accordo. Basta, non c'è altra logica, con un'aggravante, però. Vi porto un caso specifico. Prima il Presidente Brunetta proponeva di mettere online tutte le consulenze, fare il piano della trasparenza, fissare le retribuzioni. Sono proposte assolutamente sacrosante, ma vi ricordo che la legge, per esempio, vieta di rendere pubblici i compensi per gli artisti. In questi compensi per gli artisti rientrano categorie che non sono soltanto quelle di chi canta, balla o fa altre cose, vi rientrano categorie molto più ampie. Faccio una domanda. Noi consiglieri di amministrazione, quando andremo a votare il bilancio, della macro-voce su questa spesa non possiamo sapere nulla. Ci è stato chiesto da più commissari se conosciamo i compensi per il consulente esterno che è stato preso, pur essendo pensionato. No. Ce lo dice qualcuno? No.

  ALBERTO AIROLA. Lo davo per scontato.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Lo possiamo chiedere? Sì, ma ci viene risposto che non spetta a noi. Non è compito nostro. Possiamo dare, Franco Siddi, un indirizzo, ma nei confronti di un indirizzo che viene cambiato o viene valutato in maniera diversa dalla governance il nostro potere è soltanto il potere del veto, un potere di veto però dimezzato, perché, come ci ricorda giustamente Guelfi, abbiamo il potere del veto dell'opposizione e ognuno fa la sua parte. La governance, però, è stata resa fortissima e verrà resa ancora più forte: quando il senatore Verducci dice che il prossimo consiglio verrà votato direttamente dalla Camera, si tratta di una Camera che, se passa la riforma costituzionale, con la legge elettorale connessa, avrà una super-maggioranza. È chiaro che quel consiglio di amministrazione sarà, a differenza di questo, che è espressione del Parlamento, espressione esclusivamente dell'area governativa, della maggioranza governativa. Vi dico qual è il rischio vero che stiamo correndo, perché lo stiamo correndo già adesso: il pluralismo all'interno del pensiero unico, tipico degli Stati autoritari. Il pluralismo all'interno del mondo sovietico nel passaggio tra Lenin e Stalin era un pluralismo in cui all'interno del partito c'era il pluralismo di Bucharin e Trotsky. Anch'io, non si preoccupi. Per capire bene ho studiato gli avversari. Vuole che le faccia un altro paragone? All'interno del partito unico fascista c'era un pluralismo, ma era all'interno del pensiero unico. È questo pensiero unico che grava su questa Rai. È un pensiero unico politicamente corretto, che consente delle diversificazioni e, se vogliamo...

  MONICA MAGGIONI, presidente del consiglio di amministrazione della Rai. Se paragoniamo la Rai di oggi al fascismo, io mi alzo e chiedo l'interruzione...

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  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Per la verità, ho parlato dell'Unione Sovietica, poi...

  PRESIDENTE. Consigliere, poiché la presidente della Rai sta per intervenire, cerchiamo di completare quest'audizione, che è durata quasi tre ore.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Non credo di aver offeso nessuno. Ho fatto dei paragoni che possono essere...

  MONICA MAGGIONI, presidente del consiglio di amministrazione della Rai. Se la Rai è la voce del fascismo...

  PRESIDENTE. Se ci fosse stato il presidente Fico a presiedere, avrebbe posto delle domande. Io non lo farò, ma lei sa che ho un radicale dissenso da questa sua opinione, che non condivido minimamente. Tuttavia, lei può dire quello che vuole in questa sede, come l'ha fatto il consigliere Freccero. Vorrei solo far presente a ciascuno di voi e di noi che, per evitare una seconda audizione, sarebbe il caso di avviarci verso la conclusione.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Sì, ma, se mi consentite di arrivare alla conclusione, credo che questa interruzione sia infondata. Non ho paragonato la Rai di oggi. Ho fatto soltanto un riferimento generico per parlare di pensiero unico politicamente corretto. Non credo di aver offeso nessuno o di aver compiuto un atto o una bestemmia intellettuale o culturale. Anzi, temo che chi se la prende per un'offesa di questo genere forse lo fa perché si sente toccato in qualche modo. Mi faccia finire. Scusi, presidente.

  MONICA MAGGIONI, presidente del consiglio di amministrazione della Rai. Se ci muoviamo nell'ambito delle offese, diventa...

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Non sto offendendo nessuno.

  PRESIDENTE. Non possiamo neanche però fare questo confronto a due. Non è la sede. Le chiedo scusa.

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Non sto offendendo nessuno. Nutro il massimo rispetto e la massima simpatia per tutti, anche per quelli che non la pensano come me. Da sempre mi comporto in questo modo. Cerco di essere il più corretto possibile, ma, se alle domande che sono state poste volete una risposta e se volete sentire anche le nostre risposte, tento di fornirle. Vi dico che i nostri margini rispetto a una governance fortissima sono estremamente ristretti. Sono stato io a chiedere alla Commissione di vigilanza un pre-regolamento per la fase pre-referendaria. La Commissione ci ha detto: «Ve lo dovete fare da voi». In queste condizioni non siamo in grado di fare un pre-regolamento, perché sarà il regolamento della maggioranza. Anche se tra me e Freccero ci sono idee profondamente diverse, ma mica tanto, se ci chiedete come testimonieremo il pluralismo all'interno della Rai, vi dico che lo faremo a titolo personale. Saremo impegnati, ognuno di noi, chi per il «sì» e chi per il «no», a muoverci a titolo personale. Vuol dire che il giorno della Leopolda faremo una Leopoldona. È assolutamente lecito chiedere che all'interno della Rai non ci sia un pensiero unico. Tutto qui.

  MONICA MAGGIONI, presidente del consiglio di amministrazione della Rai. Cercherò di essere molto rapida, vista la lunghezza di quest'audizione e cercherò anche di controllarmi: normalmente, tengo molto a riferirmi al contesto, perché aiuta a capire le cose. Questa volta mi astrarrò dal contesto che mi consegnano vent'anni di esperienza di Rai, perché il dibattito che ho sentito oggi, se lo dovessi contestualizzare in vent'anni della Rai che ho vissuto, sarebbe un dibattito che a tratti avrebbe anche dei toni interessanti da esplorare. Pag. 30Tuttavia, decontestualizzerò e farò il presidente di questo consiglio di amministrazione rispondendovi – credo – il più possibile puntualmente e, al tempo stesso, rapidamente sui punti sollevati, tutti veramente molto importanti.
  Partirò proprio dal senatore Airola, che per primo ha sollevato la questione della legge, tema che è ritornato a più riprese negli interventi degli onorevoli e dei senatori. Ho un problema nei confronti della legge, ed è molto semplice: sono abituata ad applicare le leggi, non a valutarle. Il fatto che una Commissione parlamentare chieda a me di valutare una legge approvata dal Parlamento mostra una sorta di corto circuito istituzionale, quantomeno, al quale mi vorrei sottrarre. Dopodiché, Monica Maggioni, forse esperta di comunicazioni o di funzionamento dei sistemi di comunicazione complessa, ben volentieri con ognuno di voi può ragionare su quali siano i sistemi migliori al mondo, ma che a un presidente di consiglio di amministrazione possa essere chiesto di valutare la legge che disciplina e determina il funzionamento del consiglio di amministrazione di cui fa parte è veramente molto complesso e non sarò io a rispondere su questo piano. Invece, vi sollecito a pensare che un momento in cui si va verso la riscrittura della concessione del rapporto tra la Rai e lo Stato trovo che potrebbe essere un'occasione interessante e importante per la quale riaffrontare nodi strutturali e contenutistici rispetto a Rai.
  Molto rapidamente, onorevole Peluffo, sulla questione dell'interlocuzione trasparente sulle news e dove gli altri si ritrovano vi prego di considerare la risposta valida anche per loro. Ci sembra un passaggio importante proprio in quello che lei ha colto, cioè il fatto di non arrivare con dei pacchetti, il che era stato il punto più complesso di tutti nella vicenda precedente, ma di avere dei punti di confronto comuni precedenti. L'onorevole Lupi aveva parlato della trasparenza. Cosa stiamo facendo? Vi avevamo detto che avremmo predisposto un piano. Ci si sta lavorando con risorse umane e organizzazione. Di questo piano di autoregolamentazione vi chiederemo probabilmente di venire a parlare direttamente in un futuro decisamente prossimo. L'onorevole Lupi parlava anche della minore informazione, come spesso denunciato dall'UsigRai. Non posso fare a meno di continuare a vedere che avete tutti gli occhi fissi al televisore. Il nostro lavoro è quello di spostare i vostri occhi dal televisore a quello che insieme al televisore si sta facendo in tutti gli altri luoghi. Ce lo siamo detti tante volte insieme in quest'aula: l'informazione passa dal televisore, dove è comunque moltissima – è impossibile non incrociare informazione Rai – ma soprattutto dal mio punto di vista ogni passo in più che si fa per aumentare l'informazione nel mondo digitale è esattamente quello che bisogna fare oggi e che stiamo facendo. È un dato di fatto. Non è una promessa. Probabilmente ragionare sui quantitativi con ottiche e logiche anche diverse non sarebbe male, senza contare quante volte ci sentiamo dire che ci sono le ridondanze e che tutti fanno la stessa cosa. Oggi quello che si sta cominciando a fare è una differenziazione significativa, invece, delle offerte in termini di informazione.
  Senatore Verducci, sulle news e sulla trasparenza ho già detto. La questione dei precari personalmente la ritengo centrale. È stato fatto un lavoro enorme in questi anni di stabilizzazione. Ne manca un pezzo, è vero. Su quel pezzo credo che saremo in grado abbastanza presto di fornire risposte precise e non generiche. Sono d'accordo con lei che, nel guardare in generale alla questione delle retribuzioni, non si può perdere di vista il punto chiave, ossia che tipicamente le persone che lavorano moltissimo e lo fanno anche nelle fasi iniziali del proprio percorso di carriera non hanno adeguata valutazione. Su quello si sta lavorando.
  Il senatore Gasparri ci porta al discorso sul pluralismo e la parcellizzazione: è il discorso che riguarda moltissimi interventi che ho sentito fin qui. Vi avevamo anche detto, a un certo punto, di fornire un'indicazione precisa, perché poi l'indicazione precisa e la formulazione in termini prescrittivi potrebbero arrivare da voi, ma non sono arrivate. Quello che cercheremo di fare è di svolgere al meglio il nostro lavoro. Pag. 31Personalmente, il nostro lavoro, secondo me, anche come consiglio, è quello di ricordare continuamente che la Rai, in quanto servizio pubblico, non è di una parte o di un'altra. La Rai, in quanto servizio pubblico, deve essere il più possibile equa nelle rappresentazioni e soprattutto deve spiegare moltissimo di che cosa si tratta. Tantissime volte abbiamo detto che servizio pubblico è proprio spiegare, fornire i contesti e offrire opportunità di comprensione.
  Sulla questione del pluralismo devo dire che continuo a pensare che – anche questo lo dico rispetto agli interventi dei nostri consiglieri – sia una cosa molto più articolata che non la questione di chi dice «sì» e chi dice «no». È una questione molto più complessa. È culturale. Ci prenderemo il tempo. Consigliere Freccero, io e lei abbiamo una frequentazione tale che, al di là delle sue esternazioni pubbliche, è molto più prossima e reiterata di quanto le sue affermazioni pubbliche lascerebbero supporre. Quindi, avremo modo, quando lei crede, di fare un lungo incontro sulle nostre visioni sul pluralismo. Le devo dire che la sua corrispondenza d'amorosi sensi con il senatore Minzolini mi ha fatto vivere oggi pomeriggio un bellissimo momento, perché a questo pensavo che non avrei mai assistito e invece sì. Abbiamo scoperto che il senatore Minzolini è un talent del consigliere Freccero. Mi aiuta, nel timore di avere epurato o di aver fatto qualcosa di così distante dalla mia cultura, leggere al senatore Minzolini e al consigliere Freccero queste tre righe: «Penso che – parlando del TG 3 – dopo sette anni ci sia un passaggio di mano. Forse una maggiore attenzione ai tempi e ai modi non avrebbe guastato. Parlare degli editti alla Berlusconi non ha senso. Si controllava un monopolio e oggi il rischio non c'è». Michele Santoro dixit questa mattina. Non so chi di voi due se lo intesta, ma va bene. Detto questo, andiamo avanti con le questioni serie. Vorrei dire che, per esempio, il fatto di rivedere una squadra di lavoro permette di fare il lavoro egregio – quello sì – che è stato fatto sul terremoto. Lo capisco, ma non faccio politica: la questione che mi interessa di più è essere presidente di amministrazione di un'azienda che, prima di tutto, è azienda. Quindi, le cose che mi preoccupano sono quelle che mettono in discussione poi il valore dell'azienda. Di queste nomine l'unica cosa che dico è che il lavoro che è stato fatto durante il terremoto in termini di squadra, di capacità di lavorare insieme, di capacità di essere prima di tutto squadra e marchio unico e marchio Rai, per me è il valore più grande che queste nomine hanno portato. Spero che faccia parte di quel percorso che ci porterà al piano dell'informazione, in cui le ridondanze, gli sprechi di risorse e le ripetizioni inutili vengano assorbiti proprio da questo tipo di visione, ossia da gruppi di persone e di lavori che si muovono nella valorizzazione del marchio Rai e nella costruzione reale di quel pluralismo, a cui credo davvero, fatto di visioni, di persone e di racconti. Dire che oggi Rai è un posto in cui si parla una voce sola è, francamente, piuttosto complesso. Scorreteli – quelli sì – i tomi, i racconti. C'è la capacità quotidiana di essere molte cose diverse a qualsiasi ora del giorno e della notte. Sulla questione dell'onorevole Brunetta ci siamo limitati puntualmente a quello che chiedeva la legge. È vero, riuscire a mettere online questi tomi offre una possibilità di decodifica e di lettura che certamente ci preoccuperemo di introdurre. Personalmente vorrei capire, per esempio, quante donne ingegnere e quanti esperti di economia abbiamo chiamato, come, perché e con quale logica. Diventa un passaggio interessante, culturalmente interessante. Non è necessariamente la caccia all'assassino. È anche un modo per capire come strutturiamo il nostro racconto e quali sono i nostri punti di riferimento. Penso che la cosa più intelligente che possa fare in questo momento è tacermi, perché è andato tutto molto per le lunghe. Vi ringrazio. Penso davvero che in questo luogo, in questo caso sì, valga la pena di andare al di là di quello che la legge prevede, cioè che uno venga qui a farvi la sintesi di quello che c'è online. È in questo tipo di scambio e di incontro che forse ha senso e valore anche il fatto di essere venuti qui oggi.

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  PRESIDENTE. Ringrazio chi ha avuto la pazienza di rimanere finora. Ringrazio i consiglieri e la presidente. Vorrei ricordare ai colleghi ancora presenti che mercoledì 14, alle 14, avremo l'audizione del direttore di Rai Fiction, dottoressa Andreatta.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.45.