XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 33 di Mercoledì 3 agosto 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente della regione Sardegna, Francesco Pigliaru:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 
Pigliaru Francesco , Presidente della regione Sardegna ... 3 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 8 
Boldrini Paola (PD)  ... 8 
Rizzo Gianluca (M5S)  ... 9 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Pigliaru Francesco , Presidente della regione Sardegna ... 9 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Capelli Roberto (DeS-CD)  ... 11 
Pigliaru Francesco , Presidente della regione Sardegna ... 12 
Capelli Roberto (DeS-CD)  ... 13 
Pigliaru Francesco , Presidente della regione Sardegna ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIAN PIERO SCANU

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente della regione Sardegna, Francesco Pigliaru.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente della giunta regionale della Sardegna, il professor Francesco Pigliaru, che è accompagnato dalla dottoressa Alessandra Berry, sua consulente, e dalla dottoressa Daniela Sari, sua portavoce.
  Grazie per essere presenti così numerosi. Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  L'audizione odierna rappresenta un importante punto di passaggio nei lavori della nostra Commissione, la quale, come è ben noto a ciascuno di voi, nella seconda fase della propria attività concentrerà l'attenzione su alcune questioni strettamente connesse al territorio della Sardegna e alle problematiche legate alle servitù militari.
  Vi è noto che oltre il 60 per cento delle servitù militari nel nostro Paese è concentrato sul suolo sardo, dove insistono tre importanti poligoni, che costituiranno – anche questo vi è ben noto – l'oggetto principale dei lavori di cui ci occuperemo in occasione di una missione programmata per il prossimo mese di settembre.
  Per approfondire queste tematiche, abbiamo chiesto al presidente della regione Sardegna di poter godere della sua presenza, al fine di porgli alcune questioni e interrogativi, non prima, però, di averlo ancora una volta ringraziato e di averlo pregato di svolgere la propria relazione introduttiva. Grazie, presidente. L'ascoltiamo volentieri.

  FRANCESCO PIGLIARU, Presidente della regione Sardegna. Grazie, presidente Scanu, per questo invito e per questa occasione.
  Per essere breve leggerò una relazione che fa il punto generale sulla questione delle servitù militari e in particolare sui problemi ambientali ad esse connessi.
  Inizio subito, salutando i presenti e ricordando che è la seconda volta che ho l'occasione di discutere e confrontarmi con una Commissione parlamentare sulle questioni legate alla presenza militare in Sardegna. La prima volta fu due anni fa, nell'ambito di un'indagine conoscitiva della IV Commissione difesa in materia di servitù militari.
  Oggi porterò il punto di vista della giunta regionale, del consiglio e di alcuni sindaci della mia regione su uno degli aspetti sui quali già allora ci confrontammo: la tutela e la salvaguardia della salute e dell'ambiente nelle aree militari.
  Preliminarmente, vorrei fare una constatazione. Non è sicuramente un caso che, quando si discute intorno alle ricadute della presenza militare, il confronto avvenga principalmente sulla Sardegna. Questo dipende dal fatto che, come è stato appena ricordato, la Sardegna è la regione in Italia dove Pag. 4la presenza militare incide in misura maggiore.
  Infatti, è tecnicamente definita come la regione maggiormente oberata dalla presenza militare, non solo con riferimento all'estensione delle aree militari (terra, mare e aria, queste ultime non sufficientemente valutate), ma anche e soprattutto con riferimento all'intensità delle attività che si svolgono in queste aree.
  Passiamo ad alcuni dati ed evidenze. In Sardegna oltre 30.000 ettari sono proprietà dello Stato, che li ha acquistati all'incirca negli anni cinquanta, naturalmente a prezzi molto diversi da quelli attuali.
  Sono impegnati dal demanio militare 7.200 ettari dal poligono di Capo Teulada, 1.500 ettari da quello di Capo Frasca, 500 ettari dall'aeroporto militare di Decimomannu, 12.000 ettari dal poligono a terra di Perdasdefogu, 1.000 ettari da quello di Salto di Quirra. Il rimanente grava su tutto il territorio regionale.
  Ancora 13.000 ettari sono gravati in senso tecnico dalle servitù militari e vengono utilizzati per campagne di sgombero durante le esercitazioni militari nei poligoni in proprietà private o comunali.
  Oltre 80 chilometri di coste non sono accessibili ad alcuna attività produttiva nelle zone demaniali soggette a servitù. In queste zone, infatti, sono interdette per gran parte dell'anno le normali attività umane ed economiche, comprese per vaste porzioni di mare quelle di ancoraggio e di pesca.
  In Sardegna sono dislocati, come si sa, tre poligoni di tiro: Capo Teulada, Capo Frasca e Salto di Quirra. I poligoni di Capo Teulada e Perdasdefogu sono i più vasti d'Europa. In essi si articola l'attività esercitativa, addestrativa e sperimentale più intensa di tutta Italia.
  Una presenza così importante – è bene sottolinearlo – risale ormai a cinque decenni fa, quando c'erano un mondo completamente diverso, contesti geopolitici diversi e differenti modalità esercitative. Basti pensare all'enorme innovazione tecnologica che è avvenuta in questi anni. Sembra che in Sardegna tutto ciò non abbia prodotto alcuna trasformazione e alcun riproporzionamento. Tutto è rimasto immutato rispetto a sessant'anni fa.
  Naturalmente noi abbiamo parlato della necessità di misure di riequilibrio dei gravami delle servitù militari. L'abbiamo fatto in consiglio regionale, nel Parlamento italiano, in Commissione difesa, nel continuo confronto con il Governo.
  Abbiamo parlato di un dato strutturale, che è la sproporzione della presenza militare in Sardegna. Abbiamo parlato di una prospettiva a medio-lungo termine per la soluzione di questo dato strutturale e di una prospettiva a breve termine per l'introduzione di immediate misure di mitigazione, che dovrebbero dare risposte ai nostri territori.
  La cornice nella quale ci muoviamo è quella definita dall'ordine del giorno del consiglio regionale del 17 giugno 2014, che è stato votato all'unanimità e che ha impegnato il governo regionale verso un riequilibrio dell'incidenza militare e verso una graduale dismissione dei poligoni di Capo Frasca e di Teulada. L'ordine del giorno ha impegnato anche verso la riconversione in senso duale del poligono interforze di Quirra, impegno peraltro già affermato dal Parlamento italiano con l'approvazione della mozione n. 100582 del marzo 2012, presentata dal senatore Gian Piero Scanu.
  Ora vengo all'oggetto più specifico del nostro incontro, ricordando che qualunque nostra interlocuzione è svolta a partire dal «preminente interesse alla tutela della salute e dell'ambiente» nonché dal «diritto delle popolazioni e dei lavoratori dei poligoni a essere informati circa gli impatti delle attività addestrative». Cito dall'ordine del giorno approvato in consiglio regionale il 17 giugno 2014.
  Oggi il mio contributo a questi lavori è in primo luogo la testimonianza del forte interesse della regione Sardegna per l'importante lavoro di analisi che questa Commissione sta svolgendo.
  Nelle scorse settimane ho incontrato il dottor Mauro Mura, il consulente della Commissione, al quale abbiamo assicurato la completa collaborazione della nostra amministrazione, dei tecnici dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Pag. 5Sardegna (ARPAS) e degli assessorati della sanità e dell'ambiente.
  La collaborazione è già stata avviata e so che sarà proficua, perché abbiamo tecnici – alcuni li avete già auditi nelle scorse settimane – che da tempo conducono analisi sulle problematiche e sugli impatti ambientali ed epidemiologici legati alle attività esercitative. Questi tecnici hanno sviluppato delle competenze che credo siano tra le maggiori in Italia.
  Il punto su cui vorrei focalizzare questo intervento è il seguente. Queste analisi degli impatti sono sempre state svolte nel corso di emergenze e sotto la pressione di inchieste. I temi della tutela e della salvaguardia della salute ambientale sono sempre stati affrontati successivamente all'impulso della magistratura o delle Commissioni parlamentari d'inchiesta.
  Mi riferisco, per esempio, al caso del poligono del Salto di Quirra, all'indagine, che mi risulta in corso, sul poligono di Teulada e alla prima Commissione d'inchiesta sull'utilizzo dell'uranio impoverito. La sequenza è dunque: emergenze, iniziative, inchieste e, quindi, analisi.
  Su questi temi esiste – lo voglio sottolineare – una posizione della regione Sardegna che propone di uscire dalle logiche dell'emergenza e del rincorrere informazioni a fronte di problemi che sono di volta in volta emersi, e che vuole, invece, affrontare questi temi secondo una visione di sistema.
  Già due anni fa abbiamo detto che il primo tassello da mettere in campo è, infatti, la conoscenza dei fatti, la trasparenza dell'informazione.
  È paradossale che a oggi non siano svolti monitoraggi ambientali sistematici nelle aree esercitative e che non ci siano misurazioni continue degli impatti basate su standard scientifici internazionali.
  Nei poligoni sono necessarie attività di caratterizzazione ambientale e, laddove occorre, devono essere avviate le attività di messa in sicurezza e bonifica.
  È necessario restituire informazioni trasparenti e continue alle popolazioni. Naturalmente l'enfasi è sul fatto che devono essere continue, non devono essere solo risposte a indagini e a emergenze, che pure sono assolutamente essenziali e fondamentali.
  È necessario restituire informazioni trasparenti e continue alla popolazione e a chi lavora nei poligoni e dare certezza sulla qualità delle attività che vengono messe in atto.
  Non può essere accettabile che, per esempio, il poligono Delta di Teulada per anni sia stato dichiarato permanentemente interdetto e non bonificabile, perché «né possibile né conveniente bonificarlo». Solo adesso, sempre su impulso della magistratura, si sta procedendo alla sua caratterizzazione.
  C'è un dato che vorrei portare alla vostra attenzione. A oggi la valutazione circa la possibilità tecnica di operazioni di bonifica e ancor più sulla loro convenienza è lasciata alle autonome decisioni delle autorità militari, salvo appunto le decisioni indotte da inchieste parlamentari o della magistratura.
  Quello che sto cercando di dire è che il sistema attuale è altissimamente imperfetto dal punto di vista della produzione e generazione di dati obiettivi e continui che descrivano la situazione.
  Attualmente le autorità militari devono predisporre per ciascun poligono un disciplinare per la tutela ambientale.
  Noi francamente ci auguriamo che si possa finalmente comprendere che viviamo in tempi nei quali tutto il mondo sa e sperimenta che le buone pratiche in questo ambito si realizzano dove le funzioni di controllo sono indipendenti da quelle di gestione.
  È un principio fondamentale, assolutamente conosciuto e assolutamente caratterizzante qualunque buona pratica ci possa venire in mente quando si parla di monitoraggio, di controllo, di verifica e di valutazione di impatti.
  La nostra proposta sul monitoraggio è chiara e rigorosa: prevediamo che l'ARPAS abbia un ruolo fondamentale nel produrre i dati, che verranno da un continuo e rigoroso monitoraggio, effettuato, come dicevo prima, sulla base di standard internazionali. Noi proponiamo l'istituzione di osservatori Pag. 6 ambientali indipendenti. Vogliamo conoscere lo stato attuale dell'ambiente, in modo continuo e non episodico.
  Questa è la proposta della giunta e del consiglio regionale. È la proposta che noi abbiamo presentato al Governo e che io naturalmente rappresento qui a voi.
  Fino a oggi il nostro dialogo con il Governo si è svolto con un approccio di tipo negoziale, dove, davanti alle evidenze condivise, si individuano su base volontaria le misure di mitigazione, formalizzate in accordi o intese.
  Oggi su questi temi è forse necessario intervenire con una norma specifica, e noi siamo a disposizione di chiunque sia interessato ad andare in questa direzione e siamo pronti a collaborare con le nostre idee e con le nostre capacità tecniche.
  Naturalmente perché questo abbia un senso è necessario specificare meglio cosa intendiamo per «osservatori ambientali indipendenti».
  L'osservatorio ambientale a cui pensiamo noi è un presidio permanente, istituito presso la regione Sardegna, con oneri a carico della Difesa, o comunque non a carico della regione, con l'obiettivo di valutare gli effetti sull'ambiente e sulla salute delle attività militari, in particolare, ma non esclusivamente, di quelle svolte all'interno dei poligoni.
  Tali attività dovranno altresì consentire, a partire da uno stato ambientale definito, la valutazione della sua evoluzione nel tempo. Da qui deriva la necessità di un monitoraggio continuo.
  L'osservatorio è supportato, nella nostra idea, da un sistema di raccolta ed elaborazione di dati ambientali, sanitari e di contesto.
  Si avvarrebbe, pertanto, di sistemi di monitoraggio, da realizzare secondo modalità condivise dalla regione, dal Ministero della difesa e dal Ministero dell'ambiente, specifici per ogni poligono o installazione militare, dei sistemi di monitoraggio di tipo sanitario, del Sistema informativo regionale ambientale (SIRA), del Sistema informativo sanitario integrato regionale (SISAR), delle banche dati sanitarie, nonché delle informazioni fornite dalla Difesa circa gli aspetti ambientali qualitativi e quantitativi delle specifiche attività militari che vengono svolte.
  La realizzazione di osservatori ambientali indipendenti necessita di una chiara distinzione, come ho detto, tra organo controllato e organo controllante. Ciò che deve essere tenuto fermo è questa separazione tra funzioni di controllo e oggetto del controllo. I ruoli devono essere ben delineati.
  Su questo abbiamo discusso molto naturalmente con il Ministero della difesa, che conosce molto bene la nostra posizione. Direi che la nostra posizione è perfettamente ragionevole.
  Questa è la nostra proposta: la regione ritiene di farsi carico delle attività di controllo – ne ha il dovere e la responsabilità – e di individuare nell'ARPAS l'organismo regionale deputato alle attività di controllo.
  Si può discutere se l'ARPAS sia un organismo indipendente. Dal nostro punto di vista, è l'organismo indipendente ragionevolmente individuabile in questa soluzione da noi proposta.
  Il compito e il dovere della regione è infatti quello di raccogliere e validare i dati analitici prodotti nei piani di monitoraggio, che potranno essere resi alla comunità scientifica per ulteriori valutazioni.
  Nel caso in cui tali dati evidenzino superamenti di valori limite di legge o di valori di riferimento di soglia riconosciuti e adottati a livello internazionale, dovranno essere attuate senza indugio le necessarie operazioni di mitigazione e/o di bonifica.
  Il concetto è: qualcuno agisce (i militari) e qualcuno controlla e fa monitoraggio (un organismo indipendente, che, secondo noi, è perfettamente individuabile nell'ARPA regionale).
  Pensiamo che il dovere del controllore indipendente sia principalmente quello di mettere i dati a disposizione della comunità scientifica. Quando i dati saranno a disposizione della comunità scientifica, ci potranno essere valutazioni dell'ARPAS, ma queste saranno perfettamente affiancabili da valutazioni dell'intera comunità scientifica nazionale e internazionale.
  Il punto fondamentale è esattamente quello di avere i dati e di metterli a disposizione Pag. 7 di chiunque li voglia utilizzare e di chiunque con essi possa fare valutazioni su qual è la situazione del momento, ma anche valutazioni, inevitabilmente più complesse dal punto di vista statistico e scientifico, di individuazione, scoperta e definizione di eventuali tendenze in atto.
  Tutto questo si può fare se ci sono dati, se i dati sono quelli giusti e se i dati hanno una frequenza sufficientemente alta per poter consentire di fare, non solo la fotografia, ma anche il film di ciò che sta succedendo. Questa trasparenza è ciò che conta.
  Noi non pensiamo all'ARPAS solo come un organismo indipendente che organizza l'emersione dei dati e su quelli dà i propri giudizi, ma come una cosa un po’ più articolata, in cui i giudizi sono certamente anche nelle nostre mani e nella disponibilità della regione Sardegna.
  Io credo che sia ancora più giusto che questi dati vengano messi a disposizione degli esperti che possono risiedere nelle università, nei centri di ricerca o dovunque si voglia, in una logica di trasparenza e di controllo in senso molto ampio.
  La funzione tecnica di controllo dovrà essere esercitata, a nostro parere, secondo disciplinari e standard, che, come ho detto, sono quelli della comunità scientifica nazionale e internazionale.
  Tutti i poligoni dovrebbero essere obbligatoriamente soggetti alla caratterizzazione delle aree ad alta intensità militare, in analogia con quanto previsto nei siti industriali potenzialmente contaminati.
  Questo comporterebbe innanzitutto l'esatta localizzazione delle aree ad alta intensità militare. Anche questo è un momento di conoscenza: la conoscenza di quali sono le aree che sono soggette ad alta intensità di attività militare e la conoscenza per tipologia delle esercitazioni svolte in ciascuna delle aree.
  Le aree militari potrebbero essere così classificate anche in funzione dell'intensità delle attività svolte. Ciò comporterebbe la possibilità di individuare puntualmente i valori-soglia per ognuna delle aree coinvolte.
  Più precisamente, se nelle aree a intensa attività militare i valori-limite sono analoghi a quelli delle aree industriali, nelle aree più distanti, a minore intensità di attività militare, i valori-limite dovrebbero, invece, essere pian piano assimilati a quelli delle aree residenziali, facendo una differenziazione a seconda dell'intensità dell'attività svolta nei vari territori.
  Infine, in materia di salvaguardia ambientale, vorrei sottoporre alla vostra attenzione delle problematiche che già conoscete e che sono state citate poco fa dal presidente, relative ai siti di interesse comunitario (SIC), individuati ai sensi della direttiva 92/43/CEE (Direttiva Habitat), il principale strumento della politica dell'Unione europea per la conservazione della biodiversità.
  Come sapete, si tratta di una rete ecologica diffusa in tutto il territorio dell'Unione, per garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario.
  Come è a voi noto, nelle aree SIC qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze significative sul sito della Rete Natura 2000 devono essere sottoposte a valutazione d'incidenza ambientale.
  La valutazione d'incidenza, se correttamente realizzata e interpretata, costituisce lo strumento per garantire il raggiungimento di un rapporto equilibrato tra la conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie e l'uso sostenibile del territorio.
  A questo proposito, è bene sottolineare che la valutazione d'incidenza si applica sia agli interventi che ricadono all'interno del piano di Natura 2000 o in siti predisposti per diventarlo sia a quelli che, pur sviluppandosi all'esterno, possono comportare ripercussioni sullo stato di conservazione dei valori naturali tutelati nel sito in senso specifico.
  I piani di gestione SIC prevedono che le attività esercitative, quindi, debbano essere soggette a valutazione d'incidenza.
  In Italia esiste una problematica specifica, di cui siete ben consapevoli, rispetto alle aree militari classificate SIC che a oggi Pag. 8non hanno rispettato le prescrizioni relative alla valutazione d'incidenza.
  La Commissione su questo tema ha già avviato una procedura di preinfrazione, che è il procedimento che si avvia con gli Stati. In caso di risposte insufficienti, viene avviata questa procedura.
  Un elemento di criticità presente nelle zone militari ricadenti in aree SIC è, quindi, dato dalla mancanza di valutazione d'incidenza circa le attività esercitative. Questo è un dato di fatto, di fronte al quale dobbiamo naturalmente avere piena consapevolezza che c'è una situazione irregolare.
  Anche questa questione rientra nel quadro generale di una situazione decisamente insoddisfacente, caratterizzata dalla carenza di valutazione, che si trasforma in insufficiente trasparenza circa gli impatti di attività esercitative sull'ambiente, una risorsa che, in quanto pubblica e non riproducibile, va tutelata con il massimo rigore.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente, per la sua relazione. Se fosse possibile, mi piacerebbe metterla nella disponibilità dei colleghi in mattinata. Non ho potuto fare a meno di considerare che, come capita a tutti, o perlomeno a me, all'ultimo momento lei ha portato delle integrazioni. Questo probabilmente significa che seduta stante non la può lasciare.
  Se fosse possibile averla in mattinata, ve ne saremmo grati, non solo perché naturalmente c'è la volontà di rendere valido il testo letto – non ci sono problemi di sorta sotto questo aspetto – ma anche perché è consuetudine che i commissari possano poter riflettere meglio sulle cose che hanno avuto la possibilità di ascoltare.
  Senza anticipare valutazioni o giudizi che non spettano, almeno in questa sede, alla nostra Commissione, vorrei esprimere apprezzamento per le cose che ha detto, che peraltro vanno nella direzione dei lavori della Commissione.
  Noi siamo soliti usare, anche perché godiamo della presenza in Commissione di magistrati e di esperti di grande competenza e bravura, l'espressione «giurisdizione domestica», alla quale lei ha fatto riferimento, nel momento in cui ha giustamente sottolineato la volontà di evitare che il medesimo circuito possa contenere al proprio interno la funzione di controllore e quella di controllato.
  Il carattere di indipendenza sul quale lei si è soffermato in diversi passaggi, riconoscendo nell'ARPAS il soggetto preposto alla garanzia dell'indipendenza e della correttezza dei dati – dal mio personale e modesto punto di vista potrebbe essere un'individuazione condivisibile – va appunto nella direzione di aprire definitivamente alla comunità internazionale, non solo a quella scientifica, ma anche a quella popolare e a quella politica, la conoscenza di un mondo che, per ragioni a volte giustificabili, ma molto spesso per motivi non ospitabili in un contesto democratico, ha manifestato e manifesta ancora atteggiamenti, se non proprio di opacità, di relativa trasparenza. Vi affido questo eufemismo, che può essere anche un ossimoro.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLA BOLDRINI. Innanzitutto, mi complimento con il presidente Pigliaru per la sua esposizione, così piena di buonsenso. Lei ha detto delle cose quasi ovvie.
  Mi riferisco alla necessità di avere un controllo più assiduo rispetto a tutto quello che avviene nell'ambito dei poligoni, piuttosto che ricorrere sempre al carattere di emergenza delle inchieste, come purtroppo è avvenuto finora.
  Noi stiamo trattando questo tema e lo tratteremo in maniera molto più approfondita, come diceva il nostro presidente Scanu, nelle prossime missioni che faremo a settembre, anche perché, come penso lei sappia, questa Commissione ha diviso le tematiche, proprio per essere più specifici su ogni questione che affronteremo.
  È molto interessante quello che lei affermava sulla necessità di fotografare una situazione di controllo. Penso che già lo stiate facendo, perché abbiamo già audito l'ARPA della regione Sardegna.
  Si tratta, quindi, di fotografare l'esistente, per capire in che modo caratterizzare, come lei giustamente ha detto, simulando le caratterizzazioni dei siti industriali, Pag. 9 e da lì eventualmente partire con le bonifiche, ma anche avere un monitoraggio continuo e di controllo.
  Condivido con lei il tema della terzietà, perché ARPAS sarebbe un ente terzo adatto per fare questa cosa. Queste agenzie sono state individuate appositamente per fare l'organismo di controllo.
  Io vengo da un territorio dove l'ARPA Emilia Romagna ha sempre fatto un grande lavoro come organismo di controllo su siti, ma anche su inceneritori. Pertanto, capisco e conosco la valenza di questo organismo e l'importanza che può dare a un protocollo che dovesse essere eventualmente istituito.
  Il tema che affronteremo successivamente è quello delle bonifiche, che sono molto importanti. Già nelle precedenti commissioni sono stati individuati fondi per effettuare delle bonifiche.
  È compito della nostra Commissione fare questo tipo di indagine per quanto riguarda i fondi.
  L'altra cosa su cui sono rimasta davvero molto perplessa è il tema delle aree SIC. Le chiedo quali sono i poligoni che fanno parte di Rete 2000 e che, quindi, sono aree SIC dove ci deve essere un monitoraggio. L'impatto ambientale, come diceva lei, per via della biodiversità, non deve superare una certa incidenza, perché altrimenti potrebbero uscire dalla Rete 2000.
  Secondo me, è importante sapere quali poligoni sono sotto controllo e avere dati che chiariscano come mai non abbiano mai fatto una valutazione. Chi doveva farlo eventualmente? È un sistema molto complesso. C'è qualcuno che deve fare le valutazioni e poi portare i dati all'attenzione.
  Innanzitutto vi chiedo questi dati, che secondo me sono molto importanti, anche perché, se noi parliamo della Sardegna, tutti si immaginano delle coste bellissime e non si immaginano, invece, che ci possano essere ancora delle cose di questo genere, che per noi sono molto importanti da recuperare.

  GIANLUCA RIZZO. Ringrazio anch'io il presidente Pigliaru. Io farei due domande secche.
  Vorrei sapere quali azioni ha messo in campo il governo regionale per tutelare i posti di lavoro del personale civile ed eventualmente dei 1.400 militari, considerato che, se si chiude Capo Frasca, così come vorrebbero alcuni, l'Aeronautica militare dovrà rilocare 1.400 persone in altre parti d'Italia, peraltro sottraendo ai sardi – infatti, quei militari sono praticamente tutti sardi – la possibilità di vivere nella propria terra.
  Inoltre, vorrei capire che fine ha fatto il protocollo di intesa Stato-regione del marzo 2007 sulle dismissioni militari. Non è stata avviata nemmeno la dismissione di aree militari non più indispensabili alle Forze armate. Vorrei capire se il dialogo tra regione Sardegna e ministero è ripartito da zero o se si possono almeno riconfermare gli impegni di quel protocollo.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Pigliaru per la replica.

  FRANCESCO PIGLIARU, Presidente della regione Sardegna. Innanzitutto, grazie per i commenti.
  Le aree SIC sono diffuse in tutte le zone di cui abbiamo parlato: Teulada, Capo Frasca, Salto di Quirra. Nel caso di Teulada si tratta delle zone dunali, della splendida zona delle sabbie bianche e di Porto Pino.
  Io sono molto d'accordo con quello che diceva l'onorevole Boldrini. Se mi posso permettere un discorso appena più ampio, è vero quello che diceva lei: l'immagine della Sardegna è l'immagine di una terra bella, di una terra in gran parte non rovinata da interventi irresponsabili da parte dell'uomo, di una terra integra.
  Questa idea di Sardegna ha avuto un valore nel passato, ma avrà un valore enormemente più grande in un mercato globale, perché nel mondo si cerca integrità territoriale, si cerca food safety, si cercano prodotti che garantiscano sicurezza di ogni tipo.
  Questo per noi è un valore assolutamente fondamentale, che è certamente in netto contrasto con il fatto di avere, non tanto attività militari in senso generico, ma situazioni che non sono gestite, governate e conosciute con la massima trasparenza dei dati. Le aree SIC da questo punto di vista Pag. 10sono certamente un problema molto importante.
  Per quanto riguarda le valutazioni d'incidenza che devono essere svolte, noi facciamo la massima pressione affinché le autorità militari diano avvio a questo percorso, perché la prima mossa spetta a loro.
  Questo è un tema che sarà bene approfondire, per evitare analisi o iniziative d'infrazione da parte della Commissione europea, ma soprattutto per gestire in modo adeguato problemi importanti come quelli.
  Cosa si fa per difendere i posti di lavoro? Per la verità, noi al momento non abbiamo nessun ruolo nel ragionare sui posti di lavoro. Noi abbiamo semplicemente ragionato su una prospettiva, nella quale si prenda atto che c'è un gravame particolarmente importante nei confronti della Sardegna dal punto di vista dell'uso del territorio, con annessi e connessi, quindi con problemi di impatti oggi non sufficientemente monitorati e conosciuti e con rischi di reputazione per la qualità dell'offerta territoriale della Sardegna nel mondo. Abbiamo semplicemente posto questo problema.
  Nel corso della precedente audizione – naturalmente possiamo mettere a disposizione anche quella relazione, se fosse un complemento considerato utile – abbiamo ricordato che tutto in questi anni si è in qualche misura ridotto intorno all'attività militare, perché la tecnologia lo permette e perché i vincoli di bilancio lo richiedono. Ci sono state riduzioni di budget, in alcuni casi di personale e così via. L'unica cosa che è rimasta perfettamente immutata in sessant'anni è la dimensione fisica delle servitù militari.
  Questo, francamente – l'ho detto e lo ripeto senza nessuna timidezza – non ha senso. È cambiato tutto, è cambiata la tecnologia, si parla della possibilità di fare mille attività simulate, ci sono realtà aumentate, il mondo è incredibilmente mutato. È possibile che l'unico fattore fisso che non cambia mai è che quella quota esatta di territorio deve continuamente essere al servizio di?
  Lei, onorevole Boldrini, parlava di buonsenso. Mi pare che questo non sia esattamente allineato col buonsenso. Questa è la mia sensazione della cosa.
  Noi su Capo Frasca – immagino che mi verranno poste altre domande – abbiamo individuato delle aree che sono immediatamente dismissibili dal ruolo di servitù militare senza alcun impatto.
  Non è stata una nostra iniziativa quella di ridimensionare l'uso di Decimomannu. Come lei sa, è stata una scelta delle autorità tedesche, che, per motivi loro, hanno preso una decisione probabilmente legata al fatto che le tecnologie sono cambiate e che non si può fare tutto come lo si faceva in passato.
  La risposta secca è che io credo che queste tendenze, con le tecnologie che conosciamo, ci siano dappertutto. Ci sono dei robot che sostituiscono operai, ci sono simulazioni che sostituiscono attività dirette, e questo cambia il quadro.
  La risposta è quella che tutto il mondo occidentale conosce: bisogna investire in ricerca. Nel caso specifico, bisogna investire in attività duali. Questa è la via maestra. Attività che sessant'anni fa avevano un senso oggi si fanno in un modo diverso. Questo modo diverso ha molta più tecnologia di prima. Questa tecnologia ha molte più possibilità di essere utile anche per le attività civili. Questa è la cosa fondamentale alla quale noi dobbiamo pensare.
  Nel caso di Decimomannu, per esempio, le attività legate all'aviazione militare e civile e alla sperimentazione intorno all'uso dei veicoli non guidati, i droni, sono la via che noi auspichiamo con forza venga presa, per limitare il gravame, per renderlo un'opportunità che va ben oltre la stretta attività militare e anche per difendere i posti di lavoro.
  Noi riteniamo che tutti gli accordi che erano stati presi per dismissioni di edifici, di caserme e di cose che oggi non sono più strettamente utili per le attività militari siano assolutamente validi e vadano rinvigoriti, ripresi, riportati e messi dentro un quadro complessivo.
  Faccio un solo esempio. Chiunque conosca Cagliari sa che c'è un'area che si chiama Calamosca, che è di una bellezza straordinaria, a 5,5 chilometri dalla sede Pag. 11del comune di Cagliari, in cui si potrebbe disegnare un parco di qualità straordinaria, che credo avrebbe visibilità internazionale.
  In quell'area ci sono alcune importantissime presenze di edifici militari che in questo momento non vengono utilizzati. L'idea era che questa roba venisse restituita alla città e alla regione.
  Quell'idea, secondo noi, è perfettamente valida anche nella logica di creare occupazione, perché si potrebbero e si potranno fare cose straordinarie in edifici sul mare che in questo momento sono vuoti. Abbiamo un piano paesaggistico molto rigoroso. È paradossale che cubature così importanti sul mare non creino lavoro, occupazione e benessere.

  PRESIDENTE. La ringrazio molto, presidente Pigliaru. Do la parola al collega Capelli, che ha chiesto di intervenire.

  ROBERTO CAPELLI. Grazie. Il compito della nostra Commissione è quello di verificare eventuali danni a persone e cose a seguito dell'occupazione militare di una buona parte del territorio della Sardegna utilizzato per le esercitazioni militari.
  Nel corso di un question time alla Camera il Ministro Pinotti mi rispose sul fatto che gli accordi con altre regioni (Puglia e Friuli Venezia Giulia in particolare) sono stati raggiunti e sottoscritti fin dal 2014, mentre nel 2015 è stato istituito un tavolo di concertazione Stato-regione con la Sardegna, che ancora non aveva raggiunto un utile compromesso per la sottoscrizione del nuovo patto. Quella risposta dava un segnale della grande disponibilità da parte del Governo e di una disponibilità non altrettanto grande da parte della regione Sardegna.
  Io mi voglio concentrare su ciò che abbiamo sentito e non sul tema delle basi militari e dell'occupazione del territorio, che magari appartiene più alla Difesa e un po’ meno alla nostra competenza.
  Presidente, riprenderemo questo tema anche alle 14 con il professor Biggeri. Anche sulla storia di Capo Teulada, secondo me, noi dovremmo entrare un po’ nel merito dell'equo indennizzo, che mai c'è stato da quell'occupazione, e soprattutto nel merito degli effetti, non solo sui militari che hanno svolto lì la loro attività, che comunque sono importanti, ma anche sugli abitanti delle zone limitrofe. Si faceva l'esempio di Foxi, dove ci sono addirittura delle incidenze doppie di alcune patologie rispetto ad altre zone.
  Mi chiedo se, nel caso in cui l'inchiesta del dottor Secci si concluda con l'individuazione di chiare responsabilità, la regione Sardegna intenda costituirsi parte civile, perché ovviamente dobbiamo pensare alla tutela dei nostri conterranei.
  Il progetto SIAT (Sistema integrato di addestramento terrestre), a mio avviso, è molto importante. Il progetto SIAT è quello a cui lei ha fatto cenno poc'anzi parlando dell'esercitazione simulata rispetto all'esercitazione a fuoco.
  A mio avviso, sarà molto difficile dismettere le basi militari in Sardegna, o perlomeno io credo che non conoscerò la dismissione delle basi militari, ma potrebbe esserci un'opportuna riconversione, magari sempre a uso militare, che salvaguardi anche l'occupazione, attraverso la ricerca.
  Il progetto SIAT potrebbe porre argine all'invasione ambientale determinata dalla presenza militare in quei territori.
  Infine, le bonifiche non riguardano soltanto le condizioni delle attuali occupazioni militari. Abbiamo un problema di riconversione che riguarda anche ex basi. Chiedo al presidente di darne notizia in questa sede. Parlo della Maddalena, per esempio, e di altre occupazioni militari meno conosciute, di cui sappiamo ben poco, se non nulla, come quella di Tavolara.
  Io avevo chiesto di poterla visitare, insieme alla Commissione, nel corso dei nostri accessi di settembre, per un motivo particolare: c'è l'occupazione, c'è la presenza militare, ma nessuno sa niente di cosa c'è lì dentro. Essendo un deposito, sarebbe importante e interessante sapere di che deposito stiamo parlando, anche perché ci è noto che in passato erano presenti sottomarini con testate nucleari.
  Credo che la regione abbia un suo bel da fare. Sarebbe opportuno capire in questi Pag. 12 tre casi qual è l'atteggiamento della regione a tutela della salute e a tutela dell'ambiente.
  Per quanto riguarda la valutazione dell'opportunità della presenza militare, io personalmente la destinerò ad altra sede.

  FRANCESCO PIGLIARU, Presidente della regione Sardegna. Vedo che il tempo è poco, quindi sarò molto rapido.
  Vengo ai punti specifici. Quando verranno certificati eventuali problemi, la regione vedrà qual è la natura dei problemi stessi e quale ne è la causa e, quindi, valuterà se agire come parte civile. Mi pare che l'abbiamo già fatto in un caso precedente e non abbiamo nessuna timidezza a farlo, se riterremo di doverlo fare. Non c'è naturalmente nessun pregiudizio né in un senso né nell'altro.
  Il SIAT è un tema molto importante. Noi abbiamo avuto varie versioni di come il SIAT può funzionare e abbiamo avuto molte interlocuzioni. Se sarà necessario e utile, sarò pronto in questa o in un'altra occasione a raccontare qual è la posizione della regione Sardegna su questo punto.
  In generale qualunque cosa riduca l'impatto di attività a fuoco reali, sostituendole con attività simulate, va certamente nella direzione che auspichiamo.
  Tuttavia, auspichiamo anche un'altra cosa. Si parla di tecnologia nell'alleggerimento delle attività militari, ma crediamo che questa sia un'opportunità perché quella tecnologia sia anche la piattaforma dalla quale fare sviluppi in senso duale.
  Abbiamo discusso molto col Governo su quali sono le opportunità che il sistema SIAT consente per portare in Sardegna investimenti in ricerca e innovazione, che vadano nella direzione di farne un luogo nel Mediterraneo nel quale si ragioni molto sulle tecnologie della simulazione, che possono essere interessanti anche per la protezione civile e per molte altre cose.
  Siamo molto ansiosi di vedere qual è il punto di vista del Governo su questo tema: in che misura il SIAT, oltre a ridurre l'attività a fuoco, è anche un'opportunità tecnologica. A questa opportunità, come è noto, noi teniamo molto.
  La risposta è ancora in corso di definizione e dipende molto dall'eventualità che il SIAT sia un sistema chiuso, un sistema aperto o apribile e apribile a cosa.
  L'atteggiamento è assolutamente laico ed è abbastanza simile a quello che lei, onorevole, ha sposato. Rimane il punto che noi dobbiamo capire quali sono i luoghi, i modi e le piattaforme intorno ai quali inizia in Sardegna una credibile, robusta e intensa attività duale nell'ambito della ricerca.
  Questa è una delle cose che ci siamo impegnati a chiedere con forza, attraverso un ordine del giorno del consiglio regionale, ed è anche una convinzione molto forte di chi vi parla.
  Alle bonifiche abbiamo già accennato. Col poco tempo che ho, vorrei accennare alla Maddalena. Mi pare che su questo tema ci siano novità abbastanza importanti in termini di riconversione.
  Conosciamo tutti la storia della Maddalena e non la riassumo. Crediamo che sia fondamentale, esattamente come per le dismissioni del 2007, che si riprenda con assoluta determinazione nella direzione allora segnata.
  Alla Maddalena c'è stato un incidente di percorso che tutti conoscono e che non voglio ricordare, che ha creato una situazione inaccettabile. Mi riferisco all'indecenza di un cantiere potenzialmente molto importante, ma totalmente bloccato.
  Stiamo lavorando perché questa indecenza venga cancellata. C'è stata una prima attribuzione di risorse da parte del Governo di 15 milioni. C'è stato un annuncio importante, fatto dal Primo ministro nella recente visita a Sassari, in occasione della firma del patto con la Sardegna, di un ulteriore contributo di 20 milioni. Ci sono risorse che nel patto per la Sardegna aumentano e integrano questo quadro di risorse complessivo.
  Io credo che adesso le risorse ci siano. Tuttavia, bisogna anche allineare un po’ i comportamenti e uscire da conflitti che in questo momento rischiano di creare un blocco burocratico a qualunque possibilità di utilizzare proficuamente quelle risorse. Pag. 13
  Ci sarà un tavolo molto presto per superare conflitti di varia natura, privata e pubblica, per dispiegare la situazione intorno alla Maddalena e per consentire l'uso di risorse che a questo punto sono piuttosto importanti.
  Di Tavolara magari parleremo in un'altra occasione. Io direi che questo punto rientra esattamente nella logica di cui stiamo parlando adesso: le informazioni devono essere tutte disponibili. Su questo dobbiamo lavorare molto.

  ROBERTO CAPELLI. Ho un'ultima domanda, per conoscenza di tutti coloro che non lo sapessero: quanto riceve la regione Sardegna come equo indennizzo dell'occupazione militare a oggi?

  FRANCESCO PIGLIARU, Presidente della regione Sardegna. Lei tocca un argomento fantastico. Rimaniamo nel cuore, perché poi ci sono tutte le compensazioni che vengono date ai pescatori e così via. L'indennizzo fondamentale è quello che viene dato ai comuni.
  Mi scusi se ho saltato il punto fondamentale del suo intervento, quello relativo al Ministro Pinotti. Quindici milioni è la risposta che dovrei darle, ma forse non posso dargliela, perché non sappiamo quanti soldi arriveranno per il periodo 2009-2014. Questo vi dice tutto della situazione attuale.
  In primo luogo, la cifra è determinata – credo – dal Ministero dell'economia, sulla base dei propri vincoli di bilancio. C'è una cifra che viene stanziata e che poi viene suddivisa tra le regioni, a seconda del gravame delle servitù militari. Questa cifra ha oscillato tra 15 milioni – posso sbagliare qualcosa – e addirittura 9 milioni. In un anno in cui c'erano pochi soldi sono arrivati pochi soldi.
  Questo dimostra che non c'è nessun calcolo obiettivo di compensazione effettiva, di indennizzo. Questo non è accettabile. Può essere molto o poco, ma ci deve essere una formula che mi dice che, se sto usando quel terreno, significa che non posso utilizzarlo per usi alternativi, e questo ha un valore, di mercato o meno, che è parametrato, che non può oscillare a seconda di come va la situazione di bilancio di anno in anno. Dovrebbe essere una valutazione obiettiva. Questo è il primo punto.
  In secondo luogo, dovrebbe essere chiaro che stiamo parlando del periodo 2009-2014 (cinque anni) e non è arrivato nulla. I comuni si lamentano moltissimo di questo fatto, perché quando i soldi sono arrivati spesso sono andati a sbattere contro il patto di stabilità, per cui non è stato possibile spenderli. Pertanto, c'è incertezza nell'arrivo e c'è incertezza nella cifra.
  Io non ho firmato l'intesa alla seconda conferenza perché ho visto dei problemi aperti molto importanti. Uno dei problemi è esattamente quello che lei citava. Mettiamo a posto tutte queste cose, che sono molto disordinate e a volte anche un po’ umilianti.
  Non sapere quale cifra arriverà e nemmeno qual è il criterio con il quale si disciplina la cifra che arriverà in Sardegna tanti anni dopo è una situazione inaccettabile.
  Il buon senso e la buona amministrazione ci consentiranno – ne sono certo – di migliorare molto lo stato delle cose, nel senso della trasparenza, della certezza dei diritti e della puntualità delle risposte.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Vorrei fare qualche considerazione conclusiva.
  Credo che per la nostra Commissione questa audizione possa essere considerata, non solo positiva, ma anche incoraggiante. Avendo noi il privilegio di riuscire a lavorare in assoluta intesa, così come si conviene a una Commissione d'inchiesta, che, in quanto tale, non deve essere lacerata da divisioni di pregiudizio, costituite dalla presenza di una maggioranza e di un'opposizione, credo che aver avuto il piacere di vedere confermato il nostro punto di vista sia stato un motivo di grande soddisfazione, come hanno affermato alcuni colleghi che sono intervenuti.
  Le consegno – lei sicuramente ne ha già avuto contezza – la delibera del 30 giugno con la quale viene istituita questa Commissione d'inchiesta. È una sorta di atteggiamento formale, ma vorrebbe avere anche un minimo di significato politico. Pag. 14
  In questa deliberazione, signor presidente, lei troverà molte cose di infinita attualità e di altrettanto interesse.
  Ad esempio, questa Commissione ha assunto su di sé in termini programmatici il lavoro svolto dalle Commissioni precedenti. Lei oggi ci ha confermato di condividere tuttora la determinazione assunta a suo tempo e ha avuto perfino la cortesia di richiamarla. Questo vuol dire che c'è un punto di partenza comune e la volontà di rispettare anche il punto di arrivo.
  Lei ha parlato di provvedimenti a breve periodo e di altri a medio-lungo periodo. Naturalmente a noi non può minimamente passare per la testa l'idea di agire volendo condizionare l'amministrazione regionale nella determinazione concreta e temporale di ciò che viene definito a breve termine e a medio-lungo termine.
  Nondimeno, però, siamo incalzati dalla necessità di dare risposte di carattere complessivo, che hanno il loro acme nella tutela della salute delle persone.
  Io vorrei che noi considerassimo quest'audizione il primo tempo di una verifica comune, che proseguirà verosimilmente il 21 settembre. Vi anticipo questa data, sperando che la vostra cortesia ci permetta di poter far coincidere i tempi.
  In quella data noi confidiamo di audire lei ed eventualmente anche l'assessore all'ambiente e l'assessore alla salute, non perché la sua persona non sia rappresentativa dell'intera amministrazione regionale, ma perché dobbiamo entrare nel dettaglio di certe questioni.
  Cito queste cose perché nella preparazione della missione si è ipotizzato di arricchire la nostra fase conoscitiva con domande che incidono nello specifico in quell'ambito di delega: salute e ambiente.
  Il 21 sarà il secondo tempo. Io mi permetto di chiederle, a nome dei colleghi, di verificare se sussistano le condizioni per fare in modo che in quel passaggio sardo-cagliaritano si possa definire meglio una determinazione operativa di ciò che questa Commissione intende fare ed eventualmente di ciò che l'amministrazione regionale intende fare.
  Faccio un esempio. Lei ha accennato a un provvedimento della Commissione europea che starebbe per determinare la pre-infrazione. Anche su questo dobbiamo ragionare, perché la capacità d'intervento della Commissione per definizione non può essere compressa o condizionata da questioni di carattere geografico.
  Noi, quando saremo in Sardegna, vorremmo poter essere nella condizione di definire, nel rispetto delle competenze e dei ruoli di ciascuno, una sorta di messa a punto, che permetta a noi, come Parlamento, di poter dare delle risposte a quanti hanno conferito a questa Commissione il compito di svolgere l'inchiesta. Immagino che lei dovrà darle – peraltro, lo sta già facendo egregiamente, secondo il mio giudizio – al popolo sardo e all'amministrazione regionale relativamente alle tappe che ha ritenuto di dover individuare.
  Noi non intendiamo rinunciare al dovere di... Le cito un'espressione che lei ha usato: «Il sistema attuale è altissimamente imperfetto». Noi la pensiamo come lei: il sistema attuale è altissimamente imperfetto.
  Siccome questa dovrà essere l'ultima Commissione, noi intendiamo mettere il Parlamento nella condizione di rendere finalmente decoroso, decente, meritevole di un Paese civile il sistema che riguarda la gestione dei territori, la tutela della salute e tutto ciò che si chiama «ambiente» in senso quasi metafisico.
  Le chiedo la cortesia di prepararci, magari con la collaborazione della dottoressa Berry, dei nostri uffici e della dottoressa Lai, a questo passaggio di Cagliari, perché mi auguro che da quel passaggio possa uscire una netta, chiara, precisa e a tutti intelligibile posizione rispetto a quello che stiamo facendo e a quello che vorremmo fare nel corso dei prossimi mesi e anche dei prossimi anni.
  La ringrazio ancora una volta per essersi reso disponibile, per le cose importanti che ha voluto dirci e per il contributo molto significativo che ha offerto a questa Commissione. Pag. 15
  Mi permetto di raccomandare ancora una volta la disponibilità a predisporre per il 21 e il 22 settembre un lavoro comune, senza confusione di ruoli. Questa è leale collaborazione. Prepariamoci perché mi pare che la leale collaborazione di cui oggi abbiamo un altissimo esempio si possa concretizzare anche in quel passaggio.
  Ringrazio il presidente Pigliaru e le sue collaboratrici e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.45.