XVII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 21 di Giovedì 28 luglio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Marazziti Mario , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Enrico Costa, sulle linee programmatiche del Governo in materia di politiche della famiglia (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento) :
Marazziti Mario , Presidente ... 3 ,
Costa Enrico (AP) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 3 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 7 ,
Lenzi Donata (PD)  ... 7 ,
Binetti Paola (AP)  ... 8 ,
Lorefice Marialucia (M5S)  ... 9 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 9 ,
Costa Enrico (AP) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 10 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 11 ,
Costa Enrico (AP) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 11 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARIO MARAZZITI

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Enrico Costa, sulle linee programmatiche del Governo in materia di politiche della famiglia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Enrico Costa, sulle linee programmatiche del Governo in materia di politiche della famiglia.
  Do, quindi, la parola al Ministro Costa, ringraziandolo della sua disponibilità.

  ENRICO COSTA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Grazie, presidente. Cari colleghi, prima di illustrare le linee programmatiche relative alle politiche per la famiglia non posso prescindere da alcune considerazioni di ordine generale.
  La famiglia è il nucleo fondamentale e naturale della società e ha diritto a essere protetta dalla società e dallo Stato. La storia della famiglia narra i cambiamenti della società e dell'intera collettività. La famiglia si è modificata nel corso della storia, modellandosi a seconda delle istanze sociali che la circondano.
  È innegabile che all'interno dei differenti contesti lavorativi pesano le difficoltà che si incontrano nel conciliare la vita lavorativa con la vita familiare, le condizioni economiche delle famiglie più povere o meno abbienti, di quelle che assistono disabili o persone anziane, ma soprattutto l'incertezza del futuro che grava sulle giovani generazioni in una condizione di crisi che è stata accentuata con la crisi del 2008 e che ha colpito le famiglie dal punto di vista del reddito e del patrimonio, cosa che ha inciso, appunto, sulle prospettive e sulla visione del futuro da parte delle giovani coppie.
  Di qui la necessità, che poi espliciterò nel dettaglio, di orientarsi verso politiche familiari volte a sostenere il desiderio di paternità e di maternità, che contribuiscano ad aumentare il tasso di occupazione femminile, migliorino i servizi per l'infanzia e trasformino la famiglia da soggetto passivo a soggetto attivo artefice della propria qualità della vita.
  Il calo della natalità è un dato centrale sul quale va orientata la nostra analisi. I dati che emergono ci portano a pensare alla necessità di interventi che siano unitari, condivisi e omogenei.
  Tutti conoscete i dati Istat. Nel nostro Paese nel 2008 avevamo quasi 577.000 nati, ma nel 2015 siamo scesi a 488.000. Tale decremento corrisponde a un invecchiamento della popolazione che ci fa pensare, in assenza di fatti nuovi e di politiche efficaci, a una società con una prospettiva fragile.
  A questo si accompagnano altri indicatori preoccupanti. Infatti, se analizziamo l'età media della mamma al primo figlio vediamo che nel 1965 era sotto i 25 anni, invece oggi è sopra i 30 (più o meno 30,7). Rispetto al tasso di fecondità, ovvero il numero medio di figli per donna in età fertile, siamo passati dall'1,45 del 2008 all'1,35 del 2015.
  È, però, utile anche il confronto con altri Paesi, per esempio con la vicina Francia, della quale ho studiato le misure per trarre una conclusione che possa essere utile per noi.
  Comunque, un tasso di fecondità che si avvicina più al numero 1 che al numero 2 è preoccupante perché ci dà un quadro del dimezzamento della popolazione. Su questo ci sono delle proiezioni interessanti di Eurostat, che certamente vanno prese per quello che sono, ma ci fanno comprendere come la preoccupazione sia non solo del nostro Paese, ma debba investire, salvo alcune eccezioni come la Francia, l'intera Unione europea.
  I dati mostrano, al 2080, una proiezione di aumento della popolazione europea a 520 milioni e di quella nazionale a 65 milioni di abitanti, ma se analizziamo gli stessi con l'ipotesi di neutralizzazione della variabile migratoria, come se da domani non ci fossero più nuovi immigrati nel nostro Paese, la prospettiva della popolazione attuale, compresi gli immigrati che oggi sono nel nostro Paese, sarebbe molto preoccupante.
  Infatti, nel 2080, al netto della variabile migratoria, ci sarebbero 39 milioni di abitanti nel nostro Paese; nel 2070 sarebbero 42; nel 2060, 47; nel 2050, 51. Insomma, ci sarebbe una netta flessione e lo stesso varrebbe per l'Unione europea. Questo si ricongiunge all'aspetto che ho evidenziato del quasi dimezzamento delle generazioni, legato anche al significativo calo del tasso di fecondità.
  Sempre secondo Eurostat, nel nostro Paese questo comporterebbe, al netto della variabile migratoria, un numero di nati di 308.000 unità, quindi una flessione ulteriormente pesante rispetto agli attuali 488.000. Solo per fare un esempio, anche la Francia da circa 800.000 nati scenderebbe a 725.000, ma sarebbe una flessione molto più contenuta.
  A questo aggiungo anche altri elementi. Ritengo, infatti, che un inquadramento generale sia fondamentale per avere una visione organica focalizzata non solo sul nostro Paese, ma anche su quello che succede intorno a noi.
  Secondo Eurostat, l'età media della popolazione salirebbe dal 44,7 di oggi al 48,9 del 2080, con una discesa della percentuale degli infraquattordicenni dal 14 al 13,7, quindi limitata, e un aumento dal 21 per cento al 31 per cento della percentuale degli ultrasessantacinquenni. Questo è in termini generali. Invece, con l'ipotesi al netto della variabile migratoria l'età media salirebbe da 48 a 53,2; gli infraquattordicenni scenderebbero al 12,4; gli ultrasessantacinquenni da 21,6 al 36,2 per cento. Ecco, sono dati piuttosto chiari circa l'evoluzione.
  Soprattutto, la prospettiva sulla natalità nel nostro Paese deve essere guardata in modo non molto ottimistico perché abbiamo una proiezione del numero di donne in età fertile sempre più ristretta. Infatti, il numero di donne in età fertile che esce è molto superiore rispetto a quelle che annualmente vi entra.
  Su questi dati non abbiamo margini o spazio d'azione. Tuttavia, abbiamo degli spazi d'azione su altri aspetti. Per esempio, prima ho detto dell'aumento dell'età media della mamma al primo parto; ecco, questo è un elemento sul quale possono essere fatti dei ragionamenti.
  Il tasso di occupazione femminile è un altro elemento sul quale occorre concentrarsi per comprendere la nostra situazione. Ebbene, si attesta al di sotto del 50 per cento, 13 punti circa al di sotto della media europea, senza alcuna variazione favorevole nell'ultimo decennio.
  Questi dati si ripercuotono pesantemente sulla natalità. A differenza del passato oggi è comunemente riconosciuto che il livello di occupazione femminile è un fattore favorevole alla procreazione. Anzi, i Paesi con livelli di natalità più alti sono proprio quelli che registrano una più elevata presenza di donne nel mercato del lavoro.
  Anche in questo caso, purtroppo, la realtà italiana mostra dei valori insoddisfacenti. Se nel 2005 – sono dati non molto recenti, ma ci fanno comprendere bene la nostra realtà – le donne lavoratrici che a due anni dalla nascita di un figlio non lavoravano più erano il 18,4 per cento, questa percentuale è salita al 22,3 per cento nel 2012, con l'inevitabile conseguenza di scoraggiamento e di dissuasione delle scelte procreative.
  Il fenomeno si accentua per le donne titolari di lavori a tempo determinato (45 per cento nel 2012 conto 36,3 per cento nel 2005) e per quelle con basso titolo di studio (30,8 rispetto al 12,3).
  Consapevoli del ruolo sociale ed educativo che la famiglia svolge, abbiamo una nuova sfida da affrontare, che – ripeto – deve assolutamente partire da una comparazione numerica, ma anche in relazione alle misure adottate negli altri Paesi.
  Il 13 luglio scorso ho incontrato, in Francia, il Segretario generale dell'OCSE Gurría e la ministra francese delle famiglie, dell'infanzia e dei diritti delle donne Rossignol. In questo confronto mi sono convinto che non ci si deve illudere di poter invertire la tendenza sulla denatalità in breve tempo. Non si tratta di un tema che può essere affrontato con una o singole misure, ma è fondamentale agire attraverso delle politiche a tutto campo, che non siano semplicemente mirate, nello specifico, alla famiglia. Infatti, il fenomeno da invertire è molto più radicato in termini negativi.
  Soprattutto, occorre fare in modo che ci sia una politica europea in questa direzione, visto il contesto e salve le eccezioni che ho evidenziato.
  C'è un aspetto che mi ha molto colpito nel confronto con il ministro francese. Quando le ho chiesto quale fosse la misura che ha ritenuto più efficace nel suo Paese per sbloccare e migliorare la situazione, la risposta è stata la stabilità delle misure, perché, ovviamente, essa determina la sicurezza nelle famiglie, soprattutto in quelle giovani, e consente alle misure stesse di essere assorbite dai cittadini.
  È chiaro che se le misure cambiano tutti gli anni è difficile riuscire ad avere la percezione di uno Stato amico, quand'anche lo fosse e intervenisse con una serie di atti continui. In Francia, dal 1945, il settore famiglia rappresenta un ramo specifico della previdenza sociale, cui sono dedicate risorse strutturali e prestazioni molteplici accanto a malattia e vecchiaia.
  Mi ha colpito anche un altro aspetto. Le misure attuate in Francia hanno come obiettivo quello di offrire una gamma completa di servizi più vicini alle persone. Oltre che alle donne in stato di gravidanza sono orientate soprattutto nell'interesse dei minori. Lo Stato viene a conoscenza che una donna è in attesa di un figlio attraverso una comunicazione che deve essere immediatamente effettuata durante la gravidanza, non a fini statistici, ma perché ci possa essere una sorta di presa in carico, un'attenzione sui diritti e le opportunità anche successive per le mamme in attesa di un figlio. È, dunque, un intervento di natura informativa che prosegue anche dopo la nascita, illustrando, sempre a livello locale, i servizi gratuiti di formazione per le nuove madri, quelli di assistenza medica specializzata e quelli offerti per i bambini fino ai 3 anni di età.
  Si tratta di un sistema che, a prescindere dal merito di ciascuna misura, consente alle famiglie di sentire le istituzioni quali garanti del proprio futuro. Non sono misure sporadiche, temporanee o sperimentali, ma strutturali, per cui consentono di essere percepite nel corso degli anni.
  Per andare in questa direzione, è fondamentale fare la scelta politica che la famiglia non sia un soggetto neutro di fronte al legislatore e di fronte al fisco. Penso che la famiglia e la natalità abbiano per il Paese un potenziale economico di crescita, di sviluppo e anche di sostenibilità dei conti pubblici nel lungo periodo che fa in modo che le risorse che vengono loro dedicate non danneggino, appunto, i conti pubblici, ma finiscano, invece, per migliorarli in termini di crescita e soprattutto di sviluppo nel lungo periodo. Questa è la mia percezione.
  Sono pochi mesi che ho l'onore di guidare il ministero e il dipartimento relativo. Quando ho chiesto di avere un'immediata ricognizione delle norme relative al sostegno alla famiglia, mi sono imbattuto, come in ogni settore del nostro Paese, in una pletora di norme e di misure accavallate fra di loro, spesso contraddittorie, non più efficaci, non più finanziate oppure finanziate in modo non sufficiente o molto superiore rispetto al loro «tiraggio».
  Insomma, se chiedessi oggi a una giovane coppia quali sono le misure delle quali potrebbe godere nel caso diventassero papà e mamma sarebbe molto difficile avere una risposta precisa proprio per questa frammentazione. Per questo motivo – come ho già dichiarato in altre sedi – ho pensato che fosse fondamentale l'elaborazione di un Testo unico sulla famiglia volto a superare la frammentazione di disposizione legislative e a semplificare l'accesso ai servizi dedicati, anche attraverso un migliore utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, prevedendo, quindi, anche strumenti che consentano di valutare gli effetti dei provvedimenti normativi in termini di impatto sulla famiglia.
  La previsione di tale testo unico è già stata inserita all'interno del Programma nazionale di riforma allegato al Documento di economia e finanza. È ovvio, però, che il testo unico rappresenta un aspetto normativo e che è necessario intervenire anche con una serie di misure specifiche. Questo è il mio auspicio e per questo esercito uno stimolo nei confronti dei miei colleghi dell'esecutivo per fare in modo che le politiche familiari siano al centro dell'agenda, ma soprattutto, più concretamente, dei prossimi provvedimenti.
  È fondamentale avere una visione complessiva, non concentrarci su una misura. Abbiamo misure importanti, che vanno rafforzate, che siano il bonus bebè o la detrazione sugli asili nido. Ecco, ci sono – ripeto – alcuni interventi importanti. Per esempio, penso che l'assegno, il premio alla nascita o bonus bebè debba essere anticipato a prima della nascita perché è giusto consentire alla giovane coppia di poter godere di alcune risorse prima della nascita, spalmate nel corso del tempo. Questa potrebbe essere una valutazione.
  Abbiamo le misure sulla detrazione delle spese per gli asili nido. Ecco, su questo è necessario ragionare molto perché rispetto ai parametri che dobbiamo rispettare in relazione ai posti negli asili nido siamo molto indietro. Dovremmo destinare delle risorse e soprattutto individuare delle forme di sostegno alle famiglie che debbono sopportare delle spese comunque pesanti per ciò che attiene, appunto, agli asili nido. Sotto questo aspetto, sarebbe utile ragionare su quali opportunità ci possono essere per favorire la nascita di asili nido aziendali.
  C'è, poi, il capitolo babysitter e gli aspetti legati al congedo parentale. Sono misure già presenti a livello sperimentale. Ancora, abbiamo il sostegno alle giovani coppie per l'affitto e per l'acquisto dell'immobile. Insomma, parlo di misure che ci sono, ma vanno orientate e rese organiche in un percorso di vita della giovane coppia che genera dei figli e crea una famiglia, magari anche numerosa. Quando dico famiglia che non deve essere neutra rispetto al fisco e rispetto al legislatore intendo proprio un'attenzione in questo senso.
  Abbiamo, poi, una misura sulla quale occorrerà un'attenzione specifica che è quella delle detrazioni per i familiari a carico, eventualmente con un rafforzamento per le famiglie numerose.
  Ci sono molte altre misure, ma è fondamentale non pensare che una singola misura sia risolutiva. Occorre una politica, quindi una prospettiva. Abbiamo già svolto alcune attività in questo senso. Alla fine parlerò, infatti, dell'Osservatorio per la famiglia.
  Vi sono alcune misure di carattere amministrativo che ho già posto in essere. Mi riferisco, anzitutto, all'adozione del prescritto decreto annuale di riparto del fondo delle politiche della famiglia. Nell'ambito di questo fondo, abbiamo attuato, in sede di conferenza unificata, un'intesa con le regioni per trasferire loro le risorse per svolgere azioni, appunto, a sostegno della natalità, che chiaramente saranno declinate da parte delle regioni.
  Altre azioni sono state poste in essere per ciò che attiene al fondo nuovi nati. Si tratta di azioni esecutive di questo percorso, che non erano state attuate in precedenza.
  C'è poi un'attività, che dovrebbe essere conclusa a brevissimo, di coordinamento con le regioni in merito al cosiddetto «family audit», che è una sorta di certificazione della qualità nata presso la provincia autonoma di Trento. In sostanza, è un'analisi delle attività private che ritengano di accettare questo percorso a sostegno dello svolgimento e dell'organizzazione del lavoro finalizzato alla conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare.
  Infine, abbiamo l'Osservatorio nazionale della famiglia, che sarà presentato al più presto e che potrà, insieme al comitato tecnico-scientifico, fungere da organo di supporto, consultivo e anche di stimolo per ciò che attiene alla politica della famiglia.
  Siamo partiti dall'aspetto sovranazionale perché queste politiche non possono prescindere dal contesto in cui ci troviamo. Ovviamente, scendendo, ci sono delle politiche esecutive che debbono essere attuate in rapporto con le regioni e con i comuni in un quadro organico che occorre far percepire non come una semplice ordinaria amministrazione, ma come l'esercizio di una politica con una sua propria identità.

  PRESIDENTE. Ringrazio il signor ministro per la sua esposizione, che ci dà un primo quadro. Chiedo ai colleghi se vi siano quesiti oppure osservazioni.

  DONATA LENZI. Ringrazio il ministro per aver voluto fare un ragionamento globale per inquadrare il tema e non un'elencazione di manovre. Interloquisco, quindi, su questo piano.
  Certamente, il tema della natalità è centrale per il nostro Paese, non solo per la tenuta dei nuclei familiari. Condivido appieno quello che lei ha detto sul fatto che le misure debbano essere stabili e non sporadiche. È, però, ovvio che questo richiede una collaborazione con altri settori del Governo. Penso, per esempio, a tutta la parte che attiene al fisco e agli assegni per il nucleo familiare.
  Nella nostra mentalità, giustamente, i due punti che danno stabilità alle misure sono, da un lato, il fisco e, dall'altro, quelli che erano gli assegni familiari, che ormai sono ridotti e non vanno a una vasta platea. Questa, però, è una materia che la vede più nel ruolo di promotore che di possibile esecutore. Su questo c'è, comunque, anche una riflessione del partito di maggioranza, quindi spero si possa collaborare.
  Va benissimo anche la volontà di valutare l'efficacia delle misure in atto, che attualmente sono di vario genere e sono inserite di solito nelle leggi di stabilità, ma non tutte evidentemente efficaci. Questo è il motivo per cui abbiamo riconosciuto l'opportunità di lasciare fuori il campo della famiglia dal tema del riordino delle misure assistenziali che era contenuto nella delega povertà. Infatti, il tema della denatalità non è strettamente connesso alla povertà, anche se il reddito conta. Sono, infatti, due politiche sociali diverse.
  Mi permetto di aggiungere un titolo alla sua relazione. Una delle conseguenze della legge Fornero è stato il brusco innalzamento dell'età pensionabile delle donne, che è passata nell'arco di due anni da 60 a 67. Nessuna classe di età ha avuto un innalzamento così brusco perché la scaletta che è stata presentata allegata alla legge di stabilità – come modestamente, insieme all'onorevole Gnecchi, dimostrammo subito al ministro – è falsa, ovvero sostanzialmente inapplicabile.
  In realtà, l'età pensionabile con un solo gradino intermedio passa a 67 anni. Allora, non è un solo un problema di equità previdenziale – anche se quello c'è, ma la risposta è che così le donne diventano uguali agli uomini – ma di impatto sociale di quella misura, in quanto la donna sessantenne è la colonna portante del welfare familiare italiano, sia che si tratti dell'accudimento dei nipoti sia del reggere sulle spalle l'assistenza dei non autosufficienti.
  Non le sto dicendo che dobbiamo ritoccare quel gradino perché so quanto costa, quindi non si potrebbe fare. Dico, però, che il ragionamento che pone il nucleo familiare al centro deve tener conto anche di quanto pesi al momento l'assistenza agli anziani non autosufficienti e come questo incida anche sulle scelte delle famiglie e soprattutto dei ragazzi più giovani, costretti a doversi fare carico anche loro di una parte di questa assistenza, anche con minori possibilità di rivolgersi al sostegno dei genitori.
  Il tema della non autosufficienza tocca, nello specifico, sanità e politiche sociali, ma in questo sforzo così complessivo che ha fatto lo aggiungerei come titolo. Anche su questo ci sono cose in discussione. C'è, per esempio, il tema del riconoscimento del caregiver familiare, ma per non aumentare ulteriormente il carico assistenziale, che cade in particolare sulle donne, credo vada fatto un ragionamento generale sulla nostra capacità di costruire un sistema per la non autosufficienza, peraltro questione che sta molto a cuore al presidente della Commissione.
  Tuttavia, lo aggiungerei – ripeto – almeno come titolo nell'elencazione delle cose su cui le chiedo di fare rete insieme ai suoi colleghi, facendosene promotore.

  PAOLA BINETTI. È giustissimo il riferimento alle misure di tipo strutturale perché danno sicurezza e permettono di fare un investimento. Un figlio è per sempre, non a legislatura. Di fatto abbiamo vissuto non recentissimamente, nel cambio di alcune delle legislature precedenti, il balletto dal bonus sì al bonus no, fino al bonus da restituire. Questo è accaduto perché c'erano logiche e misure diverse considerate come essenziali.
  Infatti, all'inizio di questa legislatura ho presentato un disegno di legge mai calendarizzato e discusso – lo dico qui come una provocazione – perché il riferimento alla famiglia non fosse legato a un ministero (peraltro in questo momento è il Ministero degli affari regionali con una delega su questo; in altri tempi abbiamo avuto altri tipi di collocazione della competenza famiglia), ma una sorta di Authority sulla famiglia, anche se la parola non piace a molti, che valutasse, appunto, l'impatto sulla famiglia di tutta la normativa che di volta in volta si va formulando, proprio per essere certi di capire quanto una misura aiuterà o complicherà la vita alla famiglia stessa.
  A prescindere da questo, il senso della mia osservazione, se vogliamo che le misure siano strutturali e che non ci siano cambiamenti a seconda degli orientamenti anche ideologici che di volta in volta i governi possono avere, è che è necessario che le misure sulla famiglia vengano sottratte o comunque messe al di sopra di queste variabili.
  Detto questo, riprendo il discorso della collega Lenzi a proposito della funzione di cura e di assistenza anche alle persone anziane, peraltro messa in carico nel 90 per cento dei casi alla donna. Lei diceva della non autosufficienza, ma penso anche alla cronicità oppure a patologie che risultano fortemente impattanti sulla vita di famiglia, come alcune situazioni di bambini che presentano un quadro di autismo per cui le madri, per occuparsi di loro, rinunciano alle proprie attività professionali, anche perché non dispongono delle risorse.
  La presenza nella famiglia, vuoi della condizione di non autosufficienza perché legata all'anzianità, voi semplicemente alla conduzione di complessità legate alla patologia, al disagio o alla sofferenza dei bambini, richiederebbe un'integrazione anche rispetto al sistema sociosanitario ben più stretta di quanto in questo momento non accada.
  Le misure sociali sono tutte sul Ministero del lavoro, ma c'è una parte di esse che hanno un riferimento molto forte al Ministero della salute. La famiglia cavalca, insomma, questa complessità di ministeri e di problemi e di soluzioni. Comunque la cosa più interessante e anche la più difficile da fare è quella che diceva il ministro all'inizio quando parlava della ricostruzione di un percorso culturale di accoglienza della maternità, ovvero di accoglienza positiva alla presenza del figlio.
  Sappiamo che ancora oggi in molti luoghi la donna giovane, sia che lavori in ospedale, in azienda o altrove, è vissuta, proprio in virtù dell'esperienza del figlio, comune un elemento di complessità del sistema, per cui si fa quel che si può per scoraggiarla. Mancano, infatti, misure indirette di natura culturale. Penso, per esempio, al fatto che quando arriva un bambino quasi sempre la giovane coppia deve cambiare macchina, semplicemente perché non c'entra la carrozzina. Non ci sono, però, non dico agevolazioni economiche, ma una relazione di fiducia che permette di affrontare un costo che spesso per le coppie giovani è superiore all'immediata disponibilità economica.
  Penso anche alla famiglia nel senso degli spazi e della casa. I luoghi in cui vivono oggi le giovani coppie si misurano in una manciata di metri quadri, in cui molte volte c'è una stanza da letto e un soggiorno con angolo cottura. Questa non è una casa strana, in una città come Roma, per le giovani coppie.
  Allora, la cultura non può che coinvolgere anche gli imprenditori o il mondo del commercio. Quanto di tutti questi obiettivi è in carico a un osservatorio che regista solo quello che c'è o che, invece, progetta oggettivamente un cambio di mentalità, nel senso di rendere la nostra mentalità molto più benevola e friendly nei confronti della famiglia?
  Spesso, come vuole lo slogan, la famiglia giovane quando si sposa vuole avere tre figli, ma poi ne nasce uno e non arriva quasi mai ad avere il secondo. Questo è un fatto frequente perché la complessità delle situazioni è enorme, anche semplicemente per salire con una carrozzina sui mezzi pubblici perché non sono fatti pensando a chi può, appunto, avere una carrozzina.
  Insomma, ci sono barriere architettoniche fisiologiche legate proprio alle madri che hanno bambini piccoli che non possiamo considerare handicappati, ma la condizione stessa del bambino crea una situazione di handicap nei confronti della quale non c'è benevolenza.
  Lei prima parlava della presentazione dell'Osservatorio. Tuttavia, tra gli obiettivi dell'Osservatorio, la costruzione di una mentalità più aperta e capace di sottolineare il valore famiglia e non soltanto gli aspetti di complessità e di complicazione potrebbe importante per rendere tutta la società molto più attenta all'accoglienza dei bambini come un bene.
  Del resto, una legge complicata come la n. 194, quando parla della tutela della maternità, la definisce «la tutela sociale della maternità», quindi rimanda a una responsabilità condivisa a tutti i livelli su questo punto.

  MARIALUCIA LOREFICE. Grazie, signor ministro. Da quello che ci ha presentato notiamo che le intenzioni sono sicuramente buone. Tra l'altro, volevamo chiedere proprio quali sono le linee programmatiche specifiche e siamo contenti di capire che molte sono quelle sulle quali avremmo voluto risposte, come gli asili nido, le detrazioni, il sostegno alle coppie giovani per gli affitti e via dicendo.
  Ora, la domanda che a noi viene spontanea è capire quali sono i tempi che il ministero si è dato per realizzare tutto ciò e quante risorse servono. Non vorremmo, infatti, che fossero delle linee programmatiche spot, dopodiché il ministero e il Governo non si trovano nelle condizioni di riuscire a realizzarle. Tutti noi abbiamo provato – anche nei provvedimenti che abbiamo avuto in passato con la legge di stabilità o altri – a inserire delle iniziative del genere, ma la risposta che solitamente ci viene data è che mancano le risorse. Insomma, le intenzioni sono sicuramente buone e assolutamente condivisibili, ma vorremmo capire anche in che modo verranno realizzate e che tempi hanno.
  Mi ricollego alla domanda fatta dall'onorevole Lenzi riguardo al caregiver, che viene chiesto da tantissime famiglie, visto che è un aiuto che permette a chi si trova in condizione di disabilità molto grave di continuare a stare nel proprio nucleo familiare e nella comunità di appartenenza. Vorremmo, quindi, capire se è nelle intenzioni del ministero portare avanti una proposta del genere.

  PRESIDENTE. Vorrei ringraziare i colleghi, a cui interventi mi associo, e il ministro perché, effettivamente, un approccio organico, di fronte alla frammentazione degli interventi, viene ritenuto saggio e l'unico possibile.
  Vorrei solo osservare che dovremmo provare – cosa molto complessa, come abbiamo sentito – a passare dalla famiglia come grande ammortizzatore sociale, quindi depauperata per molto tempo, a società family friendly, ovvero alle famiglie come a un motore di sviluppo, di benessere sociale, di welfare, di sostegno alle fasce deboli e di crescita.
  Allora, in questo senso, penso sia giusta l'osservazione di introdurre, come fatto strutturale, il tema delle non autosufficienze, ineliminabile rispetto anche alla piramide delle età, se vogliamo mantenere una società coesa, che non gravi solamente sulle famiglie.
  A questo proposito, a titolo di domanda, di stimolo o di ipotesi di lavoro, mi chiedo se, pur mantenendo la struttura pensionistica che è stata costruita, non sia possibile immaginare, sotto forma di sgravi fiscali significativi o di salario per la prestazione offerta in chiave sussidiaria rispetto allo Stato, un riconoscimento per il servizio reso a persone che sono andate o vanno in pensione proprio per impedire che l'impatto sociale delle non autosufficienze diventi disgregatore del tessuto sociale.
  Come seconda osservazione, una cosa molto importante di questa audizione è il fatto che, accanto al tema della natalità e delle famiglie, e quindi alla necessità di un testo unico della famiglia, sia apparso quello dell'immigrazione. L'altro aspetto è, infatti, che la nostra società va comunque incontro a un declino e una non sostenibilità rispetto alla piramide dell'età e alla composizione demografica.
  In Italia, c'è un dibattito pubblico che contrappone le politiche per la famiglia e gli italiani al tema dell'immigrazione, mentre sono due poli dello stesso problema. Insomma, abbiamo, da un lato, necessità di un Testo unico della famiglia e di un Testo unico dell'immigrazione, ma anche l'esigenza di invertire il dibattito pubblico perché non riusciremo a fare delle politiche della famiglia se non mandiamo avanti anche le altre.
  L'impatto delle politiche della famiglia sulla natalità e così via è molto lontano nel tempo, quindi credo che dovremmo fare uno sforzo collettivo, come forze politiche, assieme al Governo, per invertire il dibattito pubblico. Le chiedo, quindi, ministro, se si fa interprete verso tutte le componenti del Governo, anche verso quelle che lei rappresenta, perché stiamo facendo uno sforzo organico. C'è, per esempio, anche il tema dell'approvazione della legge sulla cittadinanza ai bambini e così via. Insomma, abbiamo una visione della società diversa da quella che mi sembra ci sia nel dibattito pubblico.
  Concludo dicendo che mi sembra interessante il discorso del family audit, cioè degli indici di qualità. Chiedo se non si possa studiare che tipo di ristrutturazione sarebbe possibile sul tema delle tariffe. In questo momento c'è lo slogan che dice che costa più l'acqua o l'elettricità per un figlio dopo il terzo figlio che quella che serve per lavare un cane o per altre cose, se si è single.
  Insomma, le tariffe sono costruite con uno zoccolo di consumo sociale iniziale uguale per tutti, con delle crescite progressive. Ora, però, sono aumentati i consumi, quindi c'è da chiedersi se non sia possibile ritoccare le tariffe, ribilanciando, ancora prima di toccare il fisco, la quota che riguarda tutte le famiglie. È chiaro che si tratta di una piccola grande rivoluzione, che sarebbe da quantificare per capire che cosa, come e quanto potrebbe essere fatto.
  Per il resto, ringrazio gli intervenuti e il ministro, a cui cedo la parola per una breve replica.

  ENRICO COSTA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Ringrazio anch'io gli intervenuti e faccio una considerazione di ordine generale, prendendo spunto da tutti gli interventi. Ho cercato di essere realistico nelle considerazioni che ho fatto perché ho evidenziato che nessuno ha la bacchetta magica e che non sarà una legge di stabilità a essere risolutiva di problemi derivanti da varie fonti.
  Tuttavia, è fondamentale cercare di arrivare all'obiettivo di dare ai giovani la possibilità di avere uno Stato amico che stia loro vicino nelle scelte familiari delicate che provocano un'ansia economica, ma anche educazionale.
  Riguardo ai tempi, auspico che nella legge ci saranno delle misure che vadano poi integrate in un contesto più ampio. Il caregiver è fondamentale sotto due aspetti. Non vedo, infatti, soltanto l'aspetto delle risorse, che pure è importate, ma anche quello della dignità della figura e della rete. In sostanza, mi riferisco al non sentirsi soli e al consentire di essere messi in relazione, anche attraverso un'attività di formazione, con persone che si trovino con le medesime responsabilità.
  Le tariffe sono un elemento importante, che rientrano nel contesto più generale della famiglia numerosa o comunque con figli, che non sia neutra di fronte al fisco e soprattutto di fronte allo Stato. Si tratta di decidere quali accorgimenti e quali approcci è necessario avere nei confronti di coloro che devono erogare dei servizi, quando devono farlo nei confronti di famiglie più numerose.
  Recentemente, ho incontrato il presidente della provincia di Trento e ho visto molte misure che potrebbero...

  PRESIDENTE. Si potrebbero definire di democrazia solidale...

  ENRICO COSTA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Potrebbero fungere da punto di riferimento perché ce ne sono alcune finalizzate proprio ad alleviare il peso delle tariffe.
  Visto questo clima di collaborazione costruttiva, darei la disponibilità – vengo dall'esperienza parlamentare che mi ha molto formato, quindi apprezzo molto il lavoro delle Commissioni – nel mese di settembre per una sessione ad hoc che possa consentirmi di avere un confronto con la Commissione per individuare insieme, nell'ambito delle linee che ho indicato, elementi sui quali concentrarsi in modo particolare per approfondire il percorso, anche in vista della legge di stabilità.

  PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente il ministro e tutti gli intervenuti. Sicuramente daremo seguito a questa proposta perché non lasciamo cadere le disponibilità dei ministri.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.25.