XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 163 di Martedì 12 luglio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 2 

Audizione della dott.ssa Lucia Borsellino, responsabile del coordinamento dei programmi di sviluppo e ricerca dell'Agenas e della formazione manageriale:
Bindi Rosy , Presidente ... 2 
Borsellino Lucia , responsabile del coordinamento dei programmi di sviluppo e ricerca dell'Agenas e della formazione manageriale ... 3 
Bindi Rosy , Presidente ... 7 
Fava Claudio (SI-SEL)  ... 7 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 8 
Lumia Giuseppe  ... 8 
Sarti Giulia (M5S)  ... 9 
Mattiello Davide (PD)  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Borsellino Lucia , responsabile del coordinamento dei programmi di sviluppo e ricerca dell'Agenas e della formazione manageriale ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Borsellino Lucia , responsabile del coordinamento dei programmi di sviluppo e ricerca dell'Agenas e della formazione manageriale ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12  ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 20.20.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione della dott.ssa Lucia Borsellino, responsabile del coordinamento dei programmi di sviluppo e ricerca dell'Agenas e della formazione manageriale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della responsabile del coordinamento dei programmi di sviluppo e ricerca dell'Agenas e della formazione manageriale, dottoressa Lucia Borsellino. L'audizione odierna riveste particolare importanza per la Commissione per una serie di motivi: il prossimo 19 luglio la Commissione si recherà in missione a Palermo per partecipare alle commemorazioni del giudice Paolo Borsellino e delle altre vittime della strage di via D'Amelio, di cui quest'anno la Commissione si è fatta concretamente promotrice, contribuendo insieme all'Associazione nazionale magistrati all'organizzazione sia della cerimonia che si svolgerà la mattina al palazzo di giustizia di Palermo, sia della rappresentazione teatrale in memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che si terrà la sera presso il teatro greco di Segesta. In vista di tale ricorrenza, d'accordo con i componenti dell'ufficio di presidenza, ho ritenuto di chiedere alla dottoressa Lucia Borsellino la disponibilità a un'audizione, che sarà dedicata a una pluralità di argomenti. In primo luogo, ricordo che è la prima volta che un componente della famiglia Borsellino viene ascoltato in Commissione antimafia e anche con ciò intendiamo onorare la memoria del giudice Borsellino a 24 anni di distanza dalla strage di via D'Amelio, sulla quale – occorre drammaticamente ricordarlo – ancora oggi si attende che sia fatta piena luce. Ritengo perciò che questo invito fosse doveroso, così come è doveroso che tutte le istituzioni, compresa quella alla quale abbiamo l'onore di appartenere, non cessino di dare il proprio contributo perché su quella tragica vicenda siano fatte verità e giustizia. In secondo luogo, nel corso dell'audizione si approfondirà il tema delle infiltrazioni mafiose nel settore della sanità, di cui la dottoressa Borsellino si è occupata nel corso della sua carriera lavorativa, assumendo nel 2012 l'incarico di assessore alla salute della regione siciliana, da cui si è poi dimessa irrevocabilmente giusto un anno fa, dopo uno scandalo giudiziario nel settore della sanità regionale che ha coinvolto il dottor Tutino, noto chirurgo palermitano. Quella vicenda appare anche emblematica rispetto al lavoro che la Commissione ha avviato sulle distorsioni e sulle degenerazioni dell'antimafia, anche per l'eco mediatica causata dalla diffusione incontrollata di notizie su presunte intercettazioni, ma soprattutto sulle ragioni delle dimissioni date dalla dottoressa Borsellino. Rivolgo pertanto un ringraziamento particolarmente sentito alla dottoressa Lucia Borsellino e le cedo volentieri la parola, ricordando che l'audizione Pag. 3 si svolge in forma libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in seduta segreta.

  LUCIA BORSELLINO, responsabile del coordinamento dei programmi di sviluppo e ricerca dell'Agenas e della formazione manageriale. Ringrazio la presidente e tutta la Commissione. Io mi sento particolarmente onorata nel partecipare oggi a questa audizione e ringrazio profondamente la presidente per aver inquadrato questa audizione nell'ambito della memoria di un anniversario che chiaramente scuote il cuore e le emozioni di tutti per quanto è accaduto nel nostro Paese. È innegabile che io sia particolarmente emozionata, perché rientrare nel ricordo di questi eventi, che in realtà per me costituiscono un pensiero ricorrente in ogni istante della mia vita, comporta nel momento in cui mi trovo a parlare della mia storia personale e di ciò che ci è accaduto che l'emozione mi assale e spesso ho preferito, anche per la mia inclinazione caratteriale, non presenziare a eventi pubblici in ricordo della strage di via D'Amelio. Riesco, invece, a sostenere maggiormente la situazione quando in occasione di altri anniversari mi sono trovata a onorare la memoria e il ricordo di molti colleghi che ho visto cadere, in quanto, oltre che colleghi, anche amici di mio padre e della mia famiglia, oltre che collaboratori, poliziotti e carabinieri che lo hanno assistito fino all'ultimo momento della sua vita terrena. Io ho cercato nell'ambito della mia vita professionale e personale di custodire e onorare questo patrimonio di valori morali del quale mi sono nutrita. Non vi nascondo, tuttavia, che decidere di rimanere a lavorare nella mia regione purtroppo ha rivelato ciò che temevo, ovvero che il fatto di essere figli di persone che sono state identificate come eroi nazionali loro malgrado, pur essendo persone assolutamente normali e svolgendo un lavoro assolutamente normale, per me e per i miei fratelli – parlo naturalmente per ciò che abbiamo vissuto più direttamente – ha costituito una prova, forse la più alta che abbiamo dovuto sostenere. Noi in qualche modo eravamo preparati a ciò che purtroppo sarebbe accaduto, in quanto soprattutto negli ultimi giorni della vita di mio padre era evidente a tutti – ma evidentemente cercavamo di rimuoverlo dalla nostra mente – che mio padre corresse un pericolo assolutamente tangibile e preventivabile. Alla luce di ciò che è accaduto dopo è facile pensare che non si sia fatto tutto il possibile, perché questa tragedia si evitasse. Noi lo gridiamo a gran voce da anni, perché sono note a tutti le molte istanze di mio padre che non riteneva che la scorta fosse il metodo più sicuro per poter tutelare la propria incolumità, anche perché si metteva a rischio quella di ragazzi che avevano la mia età, perché Emanuela Loi aveva la mia età, ma nonostante tutto mio padre invocò l'aiuto dello Stato perché venissero rafforzate le misure di protezione, in particolare per quanto riguarda i siti dove più spesso si recava, come quello dell'abitazione della madre. A parte questo episodio che racconto per far comprendere la nostra consapevolezza non solo di quei giorni, ma di quegli anni, mio padre ebbe la scorta in occasione dell'uccisione del capitano Basile e quindi nei primi anni ’80, per cui tutta la mia infanzia e quella dei miei fratelli è stata vissuta con la costante presenza di persone che hanno fatto questo lavoro con onestà, con amore, con dedizione e con trasporto umano assolutamente ricambiato, per cui posso dire di aver avuto una famiglia allargata da questo punto di vista. Per quanto avessi profuso impegno nel conseguimento di un titolo di studio a cui aspiravo e nell'aver accettato, in forza di una legge dello Stato, di entrare a far parte di una pubblica amministrazione, non immaginavo né ero pronta a ciò che dopo sarebbe accaduto, ovvero al fatto che qualunque cosa avessi fatto che fosse dipesa dal mio impegno certamente non sarebbe stata ascritta solo al mio impegno come professionista, ma sarebbe stata purtroppo spesso oggetto di strumentalizzazioni per il semplice fatto di essere la figlia di Paolo Borsellino. Questa è stata la sfida più grande con la quale mi sono dovuta misurare. Tutto questo mi ha creato non poche difficoltà anche nella vita personale, ma ho cercato di rispondere a tutte le chiamate di servizio che mi sono arrivate, Pag. 4da ultimo quella alla carica di assessore, che chiamo anch'essa «chiamata di servizio» perché sono stata spinta a compiere questa scelta anche dalle sollecitazioni dei colleghi che avevano sempre visto in me un punto di riferimento per ciò che ero riuscita a dare nell'ambito di un lavoro di squadra, che è stato sempre l'aspetto che ha contraddistinto il mio modo di operare all'interno dell'amministrazione, dove sono stata per ben 23 anni. Ho scelto di accettare questo incarico dopo aver avuto vari ruoli di responsabilità all'interno dell'amministrazione regionale, in quanto credevo in un progetto di risanamento del sistema sanitario regionale, che in particolare aveva avuto impulso dagli anni 2008 in poi, quando la Sicilia insieme ad altre regioni italiane è entrata nei cosiddetti piani di rientro. Il piano di rientro, che all'inizio veniva visto quasi come uno strumento vessatorio per le regioni – in quanto principalmente fondato su princìpi economicistici di tagli lineari e quindi di contenimento e razionamento della spesa pubblica più che razionalizzazione – in realtà, se opportunamente valorizzato, poteva costituire, come ha costituito per la regione siciliana, uno strumento di risanamento e riqualificazione, seppure gli effetti sui costi fossero i primi a emergere, prima ancora di quelli dell'elevazione della qualità dei livelli di assistenza. Sono noti a tutti i primi risultati che questi piani hanno dato con riferimento alla regione siciliana, che appariva assolutamente redimibile sotto questo profilo, in quanto annoverata tra le «regioni canaglia» e che – oltre ad avere sicuramente una storia di cattiva gestione delle risorse pubbliche in sanità, in quanto poteva contare su poche eccellenze e nella gestione ordinaria presentava numerose falle per via dell'importante disavanzo – tuttavia ha mostrato negli ultimi anni, in un contenuto ma significativo periodo di tempo, di saper avere le professionalità adeguate per fare di questo uno strumento di riqualificazione. Prova ne è stata che tra le 7-8 regioni sottoposte al piano di rientro essa è stata l'unica regione che non è entrata nel regime di commissariamento. Quando si è presentata questa proposta nel 2012, eravamo appena usciti da un quadriennio, quasi un quinquennio, di piani di rientro, per cui pensavo che, seppur in un ruolo assai difficile, che ritenevo enormemente grande – rispetto all'umiltà con la quale sono solita accostarmi a qualunque incarico abbia assolto – potessi dare un contributo nella prosecuzione di questa attività, nell'ottica di dare impulso al miglioramento della qualità dei servizi. Sapevo perfettamente che c'era ancora molto da fare, c'era una riforma regionale in atto che per alcuni aspetti era rimasta ancora incompiuta. Questo è stato l'approccio con il quale ho cercato di fare quanto mi era possibile sempre per questo spirito di dovere e di servizio, che è l'unico che mi ha indotto ad accettare quest'incarico e che ha sempre contraddistinto anche la mia incapacità a dire di no laddove pensavo umilmente di non riuscire ad assolvere a questo grande impegno. Ho creduto, quindi, anche nella possibilità di una collaborazione forte all'interno dell'amministrazione nella quale avevo cominciato a operare tra tantissime difficoltà. Nei 2 anni e 8 mesi del mio mandato quantomeno posso dire di essere riuscita a mantenere quel trend che ha consentito comunque alla mia regione fino a quella data di non rientrare nell'onta di un eventuale commissariamento, a fronte di risultati economici che ancora si mantengono stabili. Questo è l'aspetto positivo delle due facce della medaglia, perché nel sistema sanitario della mia regione e in quello di tutte le regioni del nostro Paese si è dimostrato che gli sprechi sono ancora tanti e c'è un'enorme possibilità di efficientamento dei sistemi, a cominciare dalla riduzione degli sprechi derivanti da cattiva gestione, sino a sfociare in taluni casi anche in fenomeni di corruzione. Questo a prescindere dai disavanzi strutturali che hanno connotato i sistemi sanitari di alcune regioni, anche perché è stato dimostrato come regioni in equilibrio economico-finanziario abbiano ancora sacche di inefficienza che, se opportunamente analizzate e affrontate con strumenti adeguati, possono certamente concorrere alla sostenibilità del sistema, senza ledere alcun servizio e alcuna aspettativa rispetto alla domanda di salute Pag. 5dei cittadini. Ho proseguito il mio mandato per circa 2 anni e 8 mesi, finché sono arrivata alla decisione irrevocabile di lasciare l'incarico. L'ho fatto con umiltà, ma anche con grande determinazione, in quanto ritenevo fino a quel momento di non poter essere più utile all'obiettivo che mi ero prefissata, nella misura in cui il livello di strumentalizzazione della mia posizione all'interno del governo regionale – dettato anche e soprattutto dal fatto di essere la figlia di Paolo Borsellino, che era un motivo ricorrente negli organi di stampa – non mi ha consentito di proseguire. Certamente alcuni eventi scatenanti hanno non accelerato, ma rafforzato la determinazione delle mie dimissioni. Di accelerazione non si può parlare, perché era una decisione che sapevo sarebbe intervenuta anche mesi prima, in quanto il livello di strumentalizzazione della mia posizione all'interno del governo regionale nella qualità di assessore alla salute era tale da non consentire di svolgere questo lavoro in condizioni di umana sostenibilità, pur con tutte le difficoltà che questo incarico comporta e che io avevo messo in conto.
  Ho espresso le ragioni di questa scelta all'interno di una lettera che tra l'altro è stata resa pubblica. Questa è la prima audizione pubblica nella quale mi si chiede di approfondire le ragioni di questa scelta, tuttavia nel corso di quest'anno che mi separa dalla cessazione del mio incarico non ho avuto più modo, nemmeno su sollecitazione esterna, di ritornare sul dettaglio delle motivazioni, ancorché abbia ritenuto da subito di proseguire il mio impegno in un altro contesto, seppure nell'ambito sanitario. Voglio anche chiarire i passaggi successivi perché, in attesa di comprendere in che modo avrei potuto proseguire il mio impegno, avevo anche maturato la decisione di allontanarmi dalla mia regione. Vorrei però precisare in questa circostanza che non è stato un volersi tirare indietro o un volersi allontanare in quanto ritengo che la mia regione non sia redimibile sotto alcuni profili, non è questo il motivo e sono stata anche educata ad alimentare, anche a volte di fronte a situazioni che scoraggerebbero chiunque, la speranza in un futuro migliore anche per una regione disgraziata come la mia, perché non potrei definirla altrimenti, in quanto è stata per decenni il teatro di una guerra che molti non hanno voluto vedere, e mi risulta difficile anche ricordare e contare tutti coloro che sono caduti per questa ragione. Mi sono trovata a qualche mese dalla cessazione dell'incarico a ricevere una richiesta di collaborazione dal direttore generale dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari (AGENAS). L'Agenzia è un ente pubblico con il quale ero venuta in contatto nel corso della mia esperienza professionale, in quanto, essendo stata responsabile per 3 anni, dal 2009 al 2011, del piano di rientro, l'Agenzia faceva da interfaccia tra lo Stato e le regioni, che è l'attuale ruolo all'interno anche dei tavoli ministeriali di verifica. Si trattava di un ambiente che conoscevo e ho ritenuto di poter contribuire a trovare anche delle misure organizzative che potessero migliorare alcuni ambiti assistenziali nel nostro Paese. L'opportunità mi è stata data nella misura in cui il direttore regionale mi ha proposto di supportare l'Agenzia nella definizione di alcune misure contenute all'interno del patto per la salute 2014-2016. Questa è stata la richiesta alla quale ho ritenuto di poter rispondere positivamente per la multidisciplinarità degli incarichi che mi erano stati affidati e che mi avevano consentito di avere un osservatorio generale delle varie implicazioni all'interno del sistema sanitario. Ho dunque preso servizio, in distacco dalla mia regione, in seno allo staff di direzione, il 1° settembre dello scorso anno e, oltre alle misure del patto per la salute, soprattutto in tema di ricerca e di formazione manageriale, il direttore Bevera mi ha chiesto di dare impulso ad alcune attività già avviate dall'Agenzia un anno prima, sulla scorta di un protocollo d'intesa stipulato con l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) il 14 novembre del 2014. Mi ha affidato, quindi, il coordinamento di sette tavoli tecnici istituiti dal Ministero della salute e dall'AGENAS il 10 settembre 2015, esattamente dieci giorni dopo l'assunzione del mio incarico. Da quella data abbiamo cominciato a lavorare insieme all'Agenzia Pag. 6 nell'ambito di questi tavoli tecnici, che dovevano affrontare alcune tematiche individuate come prioritarie sulla base di un'analisi operata anche dall'Autorità anticorruzione sui piani triennali delle aziende sanitarie. Inizialmente c'è stato un tavolo congiunto ANAC, Ministero della salute e AGENAS, che ha lavorato alacremente per un mese e mezzo, dando luogo a un documento che è stato integralmente recepito dall'ANAC con determina n. 12 del 28 ottobre e che per la prima volta definisce una sezione specifica per la sanità all'interno del piano nazionale anticorruzione. Questa sezione specifica comincia a dare indicazioni precise alle aziende sanitarie e agli enti assimilati, perché affrontino con decisione alcuni temi particolarmente suscettibili al rischio di comportamenti distorsivi e devianti dall'interesse pubblico, per non dire poi corruttivi, quando sfocino in condotte di rilievo anche penale. A seguito della determina approvata dall'ANAC il 28 ottobre, a distanza di circa due mesi dall'assunzione del mio incarico, il lavoro è proseguito per verificare l'effettiva applicazione di queste misure da parte degli enti e delle aziende sanitarie. Si è ritenuto da subito di dover implementare queste misure alla luce della necessità di doverle poi meglio articolare all'interno del piano nazionale anticorruzione 2016 di prossima pubblicazione. Come sarà noto a tutti voi, la collaborazione tra il Ministero della salute, l'Agenzia e l'ANAC prosegue incessantemente adesso come attività ordinaria, tanto da avere definito, cosa che prenderà corpo dal mese di settembre prossimo, un programma di verifiche e di controlli in situ all'interno delle aziende, per valutare le misure organizzative. Sottolineo la natura organizzativa perché, quando si parla di misure di prevenzione e di fenomeni corruttivi, non si parla certo di misure repressive, ma di misure che hanno semplicemente lo scopo di migliorare e rendere più efficiente e trasparente l'organizzazione sanitaria, perché noi partiamo dal presupposto che il disordine amministrativo genera comportamenti e condotte che possono scaturire in condotte di rilievo anche penale laddove prevalga l'interesse individuale o ci sia poca trasparenza nei processi. La mia attività è proseguita, ma posso dirvi che è una parte anche piccola delle attività che mi sono state assegnate perché, come vi dicevo, l'Agenzia ha anche competenze più ampie in tema di ricerca, di formazione anche manageriale, oltre che di supporto tecnico al Ministero insieme con l'AIFA e l'Istituto superiore di sanità nell'avvio di processi che concorrano all'efficientamento dell'organizzazione sanitaria sotto il profilo gestionale, ma anche di miglioramento dell'efficacia clinica delle cure. È noto a tutti come in seno all'Agenzia insistano dei sistemi di monitoraggio quali per esempio il piano nazionale esiti, sulla base del quale da quest'anno, in base alla legge di stabilità, i direttori generali verranno valutati sulla scorta dell'effettivo adempimento degli obblighi inerenti ai livelli essenziali di assistenza e non solo di quelli economico-finanziari. Questo per quanto riguarda la mia attuale esperienza lavorativa in seno all'AGENAS, all'interno della quale sono onorata di collaborare in quanto è un'attività che riesco a condurre «in modo normale», senza quelle condizioni di contesto che hanno impedito non solo a me ma anche alla mia famiglia di proseguire. Spero, da questa prospettiva, di poter offrire un contributo che non sia soltanto legato alle difficoltà di contesto già riscontrate nella mia regione, ma con riferimento a tutto il Paese.
  Se la presidente mi consente, vorrei fare una piccola digressione con riferimento al momento che stiamo vivendo. Attualmente si sta celebrando il cosiddetto «Borsellino quater», siamo arrivati alla quarta fase di un processo lunghissimo che dura da circa 24 anni e, se siamo arrivati a questo punto, è perché sicuramente qualcosa non è andata. Non è andata non perché sia difficile la ricerca della verità, questo lo sappiamo, ci sono tragedie accadute nel nostro Paese che ancora gridano vendetta, anche se questo è un termine che non mi piace e non mi è proprio, in quanto ancora rimangono occulte le verità che hanno condotto a determinati eventi. Nel caso della strage che ha tolto la vita a mio padre e agli uomini della scorta ritengo che non sia Pag. 7stato fatto ciò che invece era giusto che si facesse. Il lavoro pare che sia stato tanto, ma ritengo che per quello che sta emergendo in questa fase processuale ci si debba veramente interrogare sul fatto se veramente ci si possa fidare in toto delle istituzioni. Scusatemi se lo dico in una sede istituzionale autorevolissima, ma il semplice sospetto che uomini dello Stato abbiano potuto tradire un altro uomo dello Stato – lo dico non da figlia, ma da cittadina – mi fa vergognare e quindi mi spinge anche a chiedere in questo autorevole consesso un supporto istituzionale a chi veramente ritiene di potersi impegnare nella ricerca della verità. Io mi auguro che questa fase processuale giunga a ottenere dei risultati che in qualche modo tentino di fare chiarezza su quanto è accaduto. Certo, pensare che ci si possa affidare ancora a ricordi di un figlio o di una figlia che a quell'epoca magari stavano lottando per poter conseguire un diploma di laurea, pur con le difficoltà legate al momento, mi sembra un po’ crudele, anche perché mio padre per correttezza professionale non certo riferiva a un ragazzo di 19 anni o a una ragazza di 22 quanto stesse facendo. Oggi, quindi, mi viene veramente difficile dire che non conoscevo determinati fatti o non ricordo determinati fatti, per me è una violenza enorme che continuo a vivere anche da figlia e una difficoltà oggettiva all'elaborazione di un lutto che non è consentita.

  PRESIDENTE. Grazie. Grazie per aver accettato di essere tra noi oggi e per le parole che ha voluto consegnare a questa Commissione, che – mi sento di dire – non cadranno nel vuoto per quanto riguarda gli aspetti della sanità, sui quali questa Commissione è impegnata, come la dottoressa Borsellino sa, anche grazie alla collaborazione che c'è stata con l'AGENAS e che noi vorremmo portare a compimento. Proprio per questo credo che ci saranno anche altre occasioni di approfondimento.
  Ma non cadrà nel vuoto neanche la richiesta di supporto, da parte di questa Commissione, al lavoro che le istituzioni stanno svolgendo per affermare verità e giustizia. Senza paragonarci al dolore e alla sofferenza di una famiglia, anche noi come cittadini e come rappresentanti del popolo italiano avvertiamo questa esigenza come una responsabilità che tutti portiamo. Mi sento di dire quindi che, soprattutto dopo tutti questi anni, accanto a una verità processuale che tutti noi invochiamo come necessaria, avvertiamo che ci sono delle responsabilità anche in sede politico-parlamentare, che forse dopo tanti anni è una sede non meno opportuna di quella giudiziaria.
  La ringraziamo davvero per questa testimonianza, sappiamo che ha un costo e per questo la riteniamo ancora più preziosa. Lascio la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  CLAUDIO FAVA. Grazie, presidente. Grazie, dottoressa Borsellino, è un onore per noi ma anche una responsabilità averla qui per le cose che lei ci ha detto, per l'invito che ci ha rivolto, per l'impegno che mi sento di condividere con la presidente, che non lasceremo cadere e che rappresenta la ragione stessa della nostra funzione istituzionale. La ringrazio anche per l'emozione, la sua emozione è anche la nostra, un Paese che sia ancora in condizione di emozionarsi è un Paese che continua a dare segni di vita, e la ringrazio anche per questa pretesa di verità perché è la nostra pretesa di verità. Penso che non ci sia nella storia giudiziaria d'Italia un processo che ha subìto le violenze del processo per la morte di Paolo Borsellino, dove si arriva a una sentenza costruita su un collaboratore di giustizia manovrato affinché qualcuno possa allontanare la verità dalle aule di giustizia. Credo che ciò che è accaduto sia grave e riguardi non soltanto la vicenda di suo padre, ma la dignità di questo Paese, e credo che nella sua domanda di giustizia e di verità prevalga innanzitutto la richiesta di verità, perché la giustizia è fattore umano, dipende da molte contingenze, ci sforziamo di arrivare a una giustizia che è sempre affidata alla sapienza e alla sensibilità degli uomini, la verità invece è una cosa a cui abbiamo diritto, perché senza la verità non possiamo dare sepoltura ai nostri morti, quindi abbiamo il diritto alla verità in Pag. 8questo Paese. Siccome questo è un Paese di tante colpe e pochi colpevoli, raccogliamo il suo invito.
  Sulla sua vicenda alla regione siciliana volevo farle soltanto una domanda, che prende spunto dalla sua lettera, che suo fratello ha detto giustamente che ha prodotto un silenzio sordo da parte delle istituzioni, ma noi vorremmo che non ci fosse silenzio su questa lettera, su ciò che rappresenta e anche sul dolore che esprime sulle cose che lei ci ha spiegato. C'è una riga all'inizio di questa lettera «prevalenti ragioni di ordine etico e morale e quindi personali»: quelle personali le intuiamo, erano legate anche alle vicende accadute nei giorni immediatamente precedenti, sulle ragioni di ordine etico e morale, invece, parlando di sanità in Sicilia, parlando del settore in cui forse più a lungo e più pesantemente si è estesa l'ombra, l'interesse e la presenza mafiosa, vorrei che lei ci dicesse qualcosa che ci permetta di contestualizzare non soltanto la sua vicenda personale, ma anche la sua vicenda professionale alla guida dell'assessorato più importante della regione siciliana. Vorremmo capire se le ragioni di ordine etico e morale che l'hanno portata a questo gesto possono anche riguardare l'attività di questa Commissione.

  RICCARDO NUTI. Grazie, presidente, farò solamente tre domande. La prima: è notizia di pochi giorni fa che il direttore generale del policlinico di Palermo Li Donni è indagato per aver firmato possibili false dichiarazioni attestanti un incarico svolto da Giovanni Migliore, il direttore generale del civico di Palermo. Se questo fosse confermato, avremmo un altro scandalo pari a quello di Giuseppe Noto, che i giornali definirono ai tempi come un suo fedelissimo. AGENAS insieme all'ANAC ha predisposto o intende predisporre un piano ispettivo per controllare incarichi e nomine? Se già è stato fatto o si ha intenzione di farlo, quando pensa che potremo avere i risultati di questo piano ispettivo?
  La seconda domanda è che tipo di controlli contiate di fare sui protocolli informatici di carico e scarico farmaci e dispositivi ospedalieri, dove spesso si annidano le peggiori truffe al Sistema sanitario nazionale.
  L'ultima domanda è se le risulti che le nomine dei direttori generali cui contribuisce direttamente AGENAS in commissione di selezione siano regolari, ossia che le giunte regionali rispettino gli elenchi.

  GIUSEPPE LUMIA. Anch'io ringrazio la dottoressa Borsellino perché questo Paese non avrà mai pace fino a quando non riuscirà a fare piena verità e giustizia in ordine alla stagione 1992-1993, una stagione che ha flagellato il Paese e su cui il Paese non sempre ha dato il meglio di sé nel capire la portata di quella sfida e nell'organizzare quel cammino di verità e giustizia che prima veniva richiamato. Mi ha colpito quando ci ha detto che non si può pensare di scavare ancora sul piano della verità e della giustizia rimettendo questa responsabilità ai ricordi di chi allora, come lei, suo fratello e sua sorella, eravate in una condizione difficilissima, travagliatissima, seppur tragicamente consapevole di quel momento particolare. Siamo al quarto processo, al Borsellino quater, e lei ha detto una cosa che deve interpellare la coscienza delle istituzioni, qualcosa non ha funzionato. Quando si pensa al quater si pensa di salire di livello e aggiungere un pezzo di verità, scavare ancor di più e arrivare ai cosiddetti «mandanti esterni», al sistema delle collusioni, alle omissioni, alle responsabilità. In questo caso, invece, non è stato un ulteriore approfondimento processo per processo, ma si è dovuto ricominciare su alcuni aspetti, perché si è scoperto che lo Stato aveva bucato clamorosamente, alcune responsabilità, alcuni soggetti che avevano avuto un ruolo all'interno della stessa cosa nostra. Ecco perché il richiamo della presidente Bindi è più che mai appropriato: c'è una responsabilità istituzionale, politica, che addirittura soverchia quella giudiziaria, perché – lei ha fatto bene a farvi riferimento – c'è stato un buco già in quel periodo sia di protezione, sia di comprensione della portata della sfida, quindi già lì ci sono responsabilità politiche e istituzionali che mai lo Stato ha avuto il coraggio di chiamare con nome e cognome, definendo una traccia vera di responsabilità, Pag. 9 dalla mancata protezione, all'averlo esposto sul ruolo di possibile responsabile della Procura nazionale antimafia, un'esposizione micidiale, al non aver compreso la portata della strage di Capaci, che si dovette caricare sulle spalle direttamente suo padre, perché non ci fu una risposta tale da poterne condividere la portata. A questo si aggiunge poi tutto il resto, tante e tante questioni che si accavallano e che a volte ho provato a elencare qui in Commissione antimafia, ma sono almeno dieci o dodici questioni che si accavallano e fanno gridare a una responsabilità grave e vergognosa da parte dello Stato. Vorrei capire se sta notando un cambiamento di clima, perché è inutile chiedere ricordi, fatti, giudizi che sono sotto gli occhi di tutti noi. Ognuno è in grado di farsi la propria idea e mi auguro che continueremo a scavare, però vorrei sapere se sta notando un cambio di clima, se lei percepisce che si vuole la verità, si vuole cercare e andare sino in fondo. Capisco che anche questa domanda possa causarle dolore, però è importante comprendere se c'è una reazione adeguata oppure no.
  L'altra domanda riguarda la Sicilia, naturalmente anche questa in punta di piedi. Vorrei sapere se dal suo osservatorio, visto che ha detto che c'è un aspetto positivo e un aspetto negativo in questa sua esperienza, stia notando che questo cammino prosegue e se con la sua scelta traumatica che ha fatto ha posto le basi perché si possa continuare. Vorrei sapere se nella sua attività di denuncia sia quando era direttore che quando era assessore abbia avuto il sostegno del governo della regione.

  GIULIA SARTI. Anch'io la ringrazio, dottoressa Borsellino, e le dico la verità: ero venuta qui con l'intenzione di farle alcune domande più puntuali, ma sinceramente, dopo quello che ha detto, faccio molta fatica anch'io perché capisco la sua difficoltà e penso che sia già un gesto molto forte, molto importante che lei sia qui questa sera, perché qui non deve sentirsi come in un'aula di tribunale, ma deve sentirsi a suo agio. Questa è la prima considerazione che le faccio.
  Per una persona molto giovane come me, che da tanti anni segue determinate vicende e cerca di mettere tutto il proprio impegno per non far cadere nel silenzio tanti episodi e tanti avvenimenti che purtroppo abbiamo sotto gli occhi, è anche importante, quando ci si trova di fronte a una persona come lei, avere la possibilità di ripercorrere anche soltanto qualcosa che lei ha già detto. Niente ricordi o sforzi di memoria, quindi, perché, come lei ha detto, questo tipo di responsabilità dovrebbe ricadere non sui figli di Paolo Borsellino, ma piuttosto su altri che, invece di parlare vent'anni dopo o continuare a tacere, avrebbero dovuto fare prima determinati sforzi.
  Questo è l'aspetto che a me, ma a noi tutti come Commissione fa più male, vedere uomini delle istituzioni che non hanno memoria o la ritrovano con versioni diverse, tantissimi anni dopo, ed è per questo che siamo ancora qui, dopo così tanti anni, con un processo Borsellino quater, un processo sulla cosiddetta «trattativa Stato-mafia» e un processo Capaci bis. Questo è l'elemento che penso dia più fastidio a voi in primis e a noi come cittadini soprattutto.
  Lei è stata ascoltata in un'udienza un anno fa, il 19 ottobre del 2015. Prima di quell'occasione eravate stati ascoltati come testimoni in un'udienza oppure non c'erano mai state occasioni? Anche il fatto che i figli di Paolo Borsellino non siano mai stati ascoltati – per quanto i loro ricordi non debbano essere verità assoluta e uno sforzo da parte vostra sia impossibile e anche ingiusto, perché eravate giovanissimi quando purtroppo è successo quello che è successo – è un dato che fa scalpore.
  Oggi c'è stata una dichiarazione importante al Borsellino quater perché è stato ascoltato Bartolo Iuppa ed è emersa una vicenda inedita che non era ancora venuta fuori nei verbali, cioè il fatto che subito dopo il 19 luglio si era recato insieme ad Anna Maria Palma sul luogo della strage di via D'Amelio per cercare l'agenda rossa. Questo particolare non era mai venuto fuori, ne ha parlato oggi e ci sarà modo di approfondire anche queste vicende nei prossimi giorni, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi nelle aule giudiziarie, che Pag. 10sono quelle appropriate. Tuttavia, visto anche quello che le è successo con Arnaldo La Barbera e questi episodi di verbali che non ci sono stati in merito a quello che era successo quando vi era stata riconsegnata la borsa nera di suo padre senza l'agenda rossa, vorrei chiederle una considerazione sul fatto che questa agenda rossa non è fantascienza, come ancora oggi qualcuno vuol far credere, e che dietro alla sua sparizione ci sono stati episodi brutti che hanno interessato la vostra famiglia. Solo una considerazione, quindi, sull'agenda rossa di suo padre e sul fatto che è esistita e che non è vero che, come ancora spesso si vuol far credere, sono solo sciocchezze o non si deve andare avanti nella ricerca di questi particolari e di quanto è successo il giorno della strage. Non con le vostre testimonianze e i vostri ricordi, ma andando avanti con tutti gli attori del caso, perché attori c'erano, indagini ci sono state, archiviazioni pure, però probabilmente sempre per insufficienza di prove e mai per approfondimenti veri che potevano essere fatti. Questa è una considerazione personale che tengo a fare in questa sede perché sono passati troppi anni e uno sforzo in più poteva essere fatto da tutti, dalla politica ma anche dalla magistratura, senza voler fare accuse personali a nessuno.

  DAVIDE MATTIELLO. Dottoressa Borsellino, prendo la parola per ringraziarla a mia volta per la testimonianza che ci ha portato, per dire pubblicamente che mi ritrovo nelle parole della presidente Bindi e nell'auspicio a cui la presidente ha dato voce poco fa, dopo averla sentita, e per condividere con lei soltanto una riflessione che credo sia giusto da parte nostra consegnarle. Proprio la scorsa settimana il Parlamento ha definitivamente approvato il nuovo articolo 375 del codice penale, l'abbiamo fatto dopo un lungo iter parlamentare, su proposta di Paolo Bolognesi, il presidente dell'associazione vittime della strage di Bologna, abbiamo inserito nel codice penale il reato di depistaggio e, a valle di questo lungo lavoro parlamentare, dopo le modifiche apportate dal Senato, questo nuovo articolo 375 è un reato proprio con dolo specifico, cioè colpisce esattamente quel tipo di condotta vergognosa e imbarazzante a cui lei ha fatto riferimento e che tanto ci inquieta. Abbiamo sentito finalmente la responsabilità di formalizzare nel codice penale la condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio che, al fine di sviare o impedire un'indagine o un processo penale, imbroglia le carte. Ci siamo detti alla Camera la scorsa settimana che approvavamo questa norma con una punta di amarezza, rendendoci conto del significato che ha inserire nel codice penale dopo tanti anni questo tipo di fattispecie, un'amarezza accresciuta dalla consapevolezza che una norma penale non è retroattiva e quindi non servirà a sanzionare le condotte di coloro che venti o ventiquattro anni fa hanno imbrogliato le carte. Anche alla luce di alcuni echi che arrivano dalle udienze di oggi a cui la collega Sarti faceva riferimento, sia chiaro a tutti, diciamocelo in questa sede autorevole perché questo messaggio arrivi anche fuori di qui, che questo nuovo articolo 375 non è retroattivo, ma sarà applicato a coloro che oggi dovessero ancora imbrogliare le carte. Non possiamo colpire chi allora lo fece, ma possiamo colpire chi ora continui a imbrogliare le carte, dal momento che queste vicende giudiziarie sono ancora aperte e il sospetto, la preoccupazione e il dubbio che qualcuno ancora oggi cerchi di imbrogliare le carte è fondato. In questo senso è un piccolo conforto sapere che il Parlamento, anche facendo tesoro dei drammi e delle vicende complicate di cui lei è testimone, ha modificato finalmente il codice penale.

  PRESIDENTE. Sarei tentata di tornare sul tema della sanità, però, oltre alla domanda che ha rivolto il vicepresidente Fava sulle ragioni che lei esplicitava nella lettera, che riguardano la Sicilia e oltre ai temi toccati dall'onorevole Nuti, dall'analisi che noi abbiamo fatto sulle ASL commissariate per poi procedere a campione nell'osservazione anche di altre aziende sanitarie, risultano evidenti alcuni varchi attraverso i quali le mafie entrano: gli accreditamenti, il sistema di gare, la mancanza di una contabilità economico-finanziaria, la mancanza della programmazione, la rotazione Pag. 11del personale soprattutto dirigenziale, in alcune regioni soprattutto, insomma la mancanza di controlli. Noi crediamo che sia arrivato il tempo di chiudere questi varchi per fermare non solo le mafie, ma la corruzione che purtroppo viene praticata anche da chi mafioso non è. D'altra parte, siccome molte delle regioni interessate dai commissariamenti sono particolarmente influenzate nel sistema sanitario dalla presenza delle mafie e sono anche in piano di rientro o in commissariamento, secondo noi il Governo nei piani di rientro con le regioni che subiscono questo tipo di pressioni dovrebbe esigere dalle regioni un adeguamento delle regole e dei controlli, soprattutto in quei settori che aprono i varchi alle mafie. Il dissesto finanziario dipende, infatti, in larga parte dalla pratica corruttiva e dal condizionamento delle mafie, che naturalmente laddove non c'è ordine, dalla contabilità al sistema degli appalti e delle gare, trovano strada più facile, ma che sanno anche insinuarsi laddove, come avvenuto in alcune regioni, c'è anche il tentativo di mettere in ordine il sistema. Si sottovalutano alcuni rischi oggettivi, un sistema di accreditamento senza regole soprattutto dove la sanità privata è molto forte e potente è un'autostrada anche per le mafie. Vorremmo quindi che il lavoro che state facendo voi e che abbiamo più modestamente provato a fare noi avesse anche queste conseguenze.

  LUCIA BORSELLINO, responsabile del coordinamento dei programmi di sviluppo e ricerca dell'Agenas e della formazione manageriale. Provo a rispondere a tutte le domande che mi sono state poste e procedo con ordine. La prima, le ragioni di ordine etico e morale. Credo non solo di averle esplicitate in qualche modo nella mia lettera, ma soprattutto di avere riferito per casi singoli nei quali mi sono trovata e averne dato articolata comunicazione all'autorità giudiziaria laddove mi sono trovata ad imbattermi in situazioni che potevano avere un rilievo penale. Tuttavia, non è questo certamente il motivo che mi ha indotto a rassegnare irrevocabilmente le dimissioni, in quanto non è mio costume tirarmi indietro di fronte a situazioni che peraltro ho cercato di affrontare nel modo che deve essere utilizzato quando si viene a conoscenza di notizie di reato. Quello che posso dire certamente è che il clima che si era creato – è noto a tutti – attorno alla mia persona era tale da non consentirmi di proseguire questa attività con le condizioni minime sostenibili perché questa potesse essere svolta in maniera serena e senza condizioni di contesto e pressioni, soprattutto mediatiche, che rendevano assai difficile la prosecuzione del mio incarico. Riguardo alla seconda domanda, quella riferita ai controlli, l'Agenzia in cui mi onoro di lavorare non ha tra i propri compiti istituzionali attività ispettive, se non su espresso mandato del Ministero della salute. Come vi accennavo, nell'ambito di questo programma di controlli che, su mandato del Ministero della salute e dell'Autorità anticorruzione, l'AGENAS è chiamata a supportare, certamente il tema dei farmaci sarà una delle aree critiche che interesseranno il programma, tanto da essere stata individuata anche come area di rischio specifico all'interno degli aggiornamenti della sezione sanità del piano anticorruzione. Naturalmente ciò non sostituisce il livello di controllo interno e intermedio di livello regionale, però l'azione di controllo che si vuole fare in maniera organica a livello centrale serve proprio a comprendere quali sono le criticità di sistema, per poi implementare e affinare le misure correttive anche a livello di indicazioni che l'Autorità nazionale insieme con il Ministero della salute daranno negli atti di indirizzo. Un'altra domanda che mi veniva posta era quella relativa al rispetto all'atto della scelta e della nomina dei direttori generali degli elenchi scaturenti dalle procedure di selezione, cui AGENAS collabora nell'ambito delle Commissioni. Questo dipende anche dalla presenza o meno di norme regionali che rendano vincolante la scelta all'interno degli elenchi, laddove chiaramente non vi è una fonte normativa di rango primario che imponga tale obbligo purtroppo prevale il principio di discrezionalità, ma sapete benissimo che una riforma in tal senso si sta portando avanti da parte del Governo, per cui la nomina dei Pag. 12direttori generali seguirà una procedura univoca su tutto il territorio nazionale e la scelta non potrà che avvenire nell'ambito della rosa degli idonei. Un'altra domanda che mi è stata posta riguarda gli aspetti processuali, quindi se io abbia notato o meno un cambio di clima. Ritengo che valutazioni di questo tipo, soprattutto in questo preciso momento, non mi siano concesse, nella considerazione che io sono anche teste in questo processo. Come è stato ricordato, il 19 ottobre sono stata sentita insieme con mio fratello in udienza pubblica, era la prima volta, tuttavia posso dire che prima di quella data l'unico componente della mia famiglia ad essere sentito era stata mia madre, che fino a quando era in vita ha cercato anche di prendere lei il carico di responsabilità, quindi fino a quel momento noi figli non eravamo stati chiamati in causa. Tuttavia, posso dire che fin dai primi mesi successivi alla strage io mi sono recata a Caltanissetta perché ho trovato la famosa «agenda grigia» nello studio di mio padre e quindi, laddove mi sono trovata a venire in possesso di un elemento che ritenevo già a prima vista importante ai fini delle attività di indagine, mi sono subito recata a portarlo alla procura competente, e ringrazio il cielo di aver avuto questa possibilità nella considerazione che oggi alcune piccole verità sugli incontri fatti da mio padre qualche giorno prima della sua morte sono assolutamente inconfutabili grazie a questo documento. Io sarò sentita anche dopodomani, quindi per questo motivo non me ne vogliate, ma non mi sento anche per correttezza di esprimere qualunque valutazione che sarebbe esclusivamente afferente a una sfera personale.

  PRESIDENTE. Si senta assolutamente sollevata da questo tipo di responsabilità.

  LUCIA BORSELLINO, responsabile del coordinamento dei programmi di sviluppo e ricerca dell'Agenas e della formazione manageriale. Riconduco anche a questo concetto il fatto dell'agenda rossa piuttosto che le dichiarazioni rilasciate oggi dal teste che è stato sentito, in quanto sono tutti aspetti di cui ho riferito all'autorità giudiziaria ed è noto a tutti come più volte mi sia stata posta la domanda sull'esistenza dell'agenda rossa, per cui non posso che confermare anche in questa sede quanto ho già detto all'autorità giudiziaria. Riguardo all'ultima riflessione posta sulla necessità che strumenti come i piani di rientro – parlando di sanità – possano contemplare in maniera ordinaria e sistematica misure di prevenzione e di rafforzamento della trasparenza anche in termini di implementazione dei controlli, questa è la direzione verso la quale il Ministero della salute, l'ANAC e l'Agenzia stanno andando, per cui da questo punto di vista c'è piena sintonia rispetto alle soluzioni vere che devono essere messe in atto perché misure di questo tipo non siano occasionali, ma diventino proprio strumenti di programmazione.

  PRESIDENTE. Ringraziamo ancora, per tutti gli argomenti che sono stati oggetto di questa audizione. Noi riteniamo di aver iniziato un'interlocuzione con la dottoressa Borsellino che forse proseguirà, quindi credo che la prossima volta ci sarà anche più reciproca confidenza tra noi per il lavoro che dovremo fare. Grazie ancora e buon lavoro.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

  (La Commissione concorda. I lavori della Commissione procedono in seduta segreta indi riprendono in seduta pubblica).

  La seduta termina alle 21.40.