XVII Legislatura

Commissioni Riunite (VI Camera e 6a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Giovedì 23 giugno 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bernardo Maurizio , Presidente ... 3 

Audizione del Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, sull'attività svolta dalla Banca nell'anno precedente, con riferimento ai contenuti della relazione prevista dall'articolo 19, comma 4, della legge n. 262 del 2005 (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, nonché dell'articolo 46, comma 1, del Regolamento del Senato della Repubblica) :
Bernardo Maurizio , Presidente ... 3 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 3 ,
Bernardo Maurizio , Presidente ... 14 ,
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 14 ,
Causi Marco (PD)  ... 14 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 14 ,
Bonfrisco Anna Cinzia  ... 16 ,
Marino Mauro Maria , Presidente ... 16 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 16 ,
Bonfrisco Anna Cinzia  ... 20 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 20 ,
Capezzone Daniele (Misto-CR)  ... 20 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 21 ,
Capezzone Daniele (Misto-CR)  ... 22 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 22 ,
Carraro Franco  ... 22 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 22 ,
Busin Filippo (LNA)  ... 23 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 24 ,
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 25 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 26 ,
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 27 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 27 ,
Perassi Marino , Avvocato generale della Banca d'Italia ... 27 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 27 ,
Marino Mauro Maria , Presidente della 6a Commissione del Senato ... 28 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 28 ,
Bernardo Maurizio , Presidente ... 28 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 28 ,
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 28 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 28 ,
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 28 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 28 ,
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 29 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 29 ,
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 29 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 29 ,
Marino Mauro Maria , Presidente della 6a Commissione del Senato ... 29 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 29 ,
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 29 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 29 ,
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 29 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 29 ,
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 29 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 29 ,
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 30 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 30 ,
Pesco Daniele (M5S)  ... 30 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 31 ,
Giacomoni Sestino (FI-PdL)  ... 33 ,
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 33 ,
Giacomoni Sestino (FI-PdL)  ... 34 ,
Marino Mauro Maria , Presidente ... 34 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal Governatore della Banca d'Italia ... 35

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MAURIZIO BERNARDO

  La seduta comincia alle 15.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, sull'attività svolta dalla Banca nell'anno precedente, con riferimento ai contenuti della relazione prevista dall'articolo 19, comma 4, della legge n. 262 del 2005.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera, nonché ai sensi dell'articolo 46, comma 1, del Regolamento del Senato della Repubblica, l'audizione del Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, sull'attività svolta dalla Banca, con riferimento ai contenuti della relazione prevista dall'articolo 19, comma 4, della legge n. 262 del 2005.
  Il professor Visco è accompagnato da alcune persone che abbiamo avuto modo di incontrare anche in altre occasioni: la dottoressa Valeria Sannucci, Vicedirettore generale della Banca d'Italia, l'avvocato Marino Perassi, Avvocato generale della Banca d'Italia, e il dottor Gian Luca Trequattrini, Capo del Servizio Segreteria particolare del Direttorio e comunicazione.
  Desidero porgere, a nome delle Commissioni Finanze del Senato e della Camera e, in particolare, a nome del presidente Marino e mio, un saluto al Governatore della Banca d'Italia. L'audizione odierna è per noi un'occasione davvero importante, anche alla luce dei prossimi eventi istituzionali che coinvolgeranno i Paesi europei.
  Vi do quindi il benvenuto. C'è attesa nei riguardi delle sue parole, professor Visco, vista l'attualità delle scelte che di recente il Parlamento è stato chiamato a fare su argomenti delicati e importanti per il Paese.
  Do la parola al professor Visco, Governatore della Banca d'Italia.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Ringrazio i presidenti e gli onorevoli senatori e deputati.
  Ringrazio quindi le Commissioni per questa audizione, dedicata alla relazione sulla gestione e sull'attività della Banca d'Italia nel 2015. Ci incontriamo per discutere di questioni istituzionali, cioè la valutazione della politica monetaria, l'attività di supervisione bancaria, la situazione sia economica sia finanziaria del Paese. Da alcuni anni, come sapete, pubblichiamo non solo la Relazione annuale della Banca d'Italia, ma anche quella sulla gestione e l'attività della banca. Di ciò vi parlerò oggi. Ovviamente, sono aperto però a intervenire in sede di dibattito sulle questioni che riterrete opportune.
  Dieci anni fa, nel 2006, fu pubblicata per la prima volta la relazione al Parlamento e al Governo, in osservanza alla legge n. 262 del 28 dicembre 2005, la cosiddetta «Legge sul risparmio». Le informazioni sulla gestione e sull'attività della Banca, che fino ad allora erano state diffuse attraverso la relazione annuale e altri canali di comunicazione, diventarono il fulcro di una nuova pubblicazione ufficiale. Tre anni fa, ne è stata cambiata la denominazione, ma non il contenuto, e consiste nel rapporto che abbiamo diffuso il 31 maggio scorso, pubblicandolo anche sul nostro sito internet.
  Con questa relazione si continua a perseguire l'obiettivo di fornire un resoconto dell'attività che svolgiamo, dei risultati conseguiti e delle risorse utilizzate, ma è anche l'occasione per illustrare in modo organico e integrato le novità che ogni anno interessano la responsabilità dell'Istituto e i rapporti di collaborazione sempre più stretti con altre istituzioni nazionali e internazionali.
  Per un'istituzione dotata di indipendenza, sancita anche dalla normativa europea, è doveroso rendere conto del proprio operato. È un impegno, questo, che si è tradizionalmente esplicato con l'illustrazione, che pensiamo sia rigorosa sul piano tecnico e il più possibile chiara, della nostra azione istituzionale, quella di cui do conto con le Considerazioni finali e con la Relazione annuale. Si è intensificato quest'impegno in questi ultimi anni, molto difficili peraltro, estendendosi maggiormente ai temi della gestione delle risorse.
  A questo scopo la Banca si avvale di molti strumenti: la Relazione annuale, il bilancio, gli interventi di nostri rappresentanti in varie sedi istituzionali, le audizioni parlamentari, i comunicati stampa, la pubblicazione di studi e statistiche, i convegni e i seminari di approfondimento, le iniziative di informazione pubblica.
  Nonostante l'impegno nella produzione di documenti e di relazioni e nonostante l'attenzione con cui cerchiamo di migliorare il sito internet, che è oggi il canale di comunicazione più utilizzato, non vi è una percezione diffusa di ciò che chi lavora in Banca d'Italia fa giorno dopo giorno. Più di una volta abbiamo incontrato interlocutori preparati e attenti i quali si sono sorpresi nell'apprendere nel corso di un colloquio che una determinata attività, la cui importanza viene percepita con assoluta chiarezza, viene in effetti svolta dalla Banca d'Italia. È chiaro che la nostra azione di comunicazione va ancora migliorata.
  L'incontro di oggi mi dà modo di offrire una sintetica rassegna dei compiti che l'ordinamento italiano ed europeo hanno conferito alla Banca d'Italia, prima di passare a illustrare l'attività svolta specificamente nell'ultimo anno.
  La Banca d'Italia è la banca centrale della Repubblica italiana, ed è parte integrante dell'Eurosistema. Come tale è responsabile dell'attuazione nel nostro Paese di tutti gli interventi e le decisioni di politica monetaria presi dal Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea, di cui faccio parte con i Governatori di tutte le banche centrali dei Paesi aderenti all'euro.
  È l'autorità competente per il nostro Paese nell'ambito del Meccanismo di vigilanza unico sulle banche e anche l'autorità nazionale che opera nell'ambito del Meccanismo di risoluzione unico delle crisi nell'area dell'euro. È altresì l'autorità designata per l'attivazione delle misure macroprudenziali orientate al complesso del sistema bancario.
  La Banca è, inoltre: autorità di supervisione sui mercati rilevanti per la politica monetaria e di sorveglianza sul sistema dei pagamenti, dei cui servizi è gestore a livello europeo e nazionale; tesoriere dello Stato; istituto di emissione e stabilimento industriale per la produzione di banconote; centro statistico per i fenomeni creditizi e valutari; istituto di analisi e ricerca in materia economica e finanziaria.
  Negli ultimi anni, oltre ad assumere nuove responsabilità nel contesto dell'Unione bancaria, la Banca è stata incaricata di valutare i requisiti di qualità dei sistemi di risoluzione alternativa delle controversie in materia bancaria e finanziaria e, dal gennaio di quest'anno, di assicurare il controllo delle disposizioni in materia di commissioni interbancarie.
  La Banca d'Italia fornisce mezzi, strutture, risorse umane per sostenere l'attività dei collegi dell'Arbitro bancario finanziario. Nel rispetto dell'autonomia decisionale dei collegi, si persegue in tal modo l'obiettivo di migliorare il funzionamento del sistema e i suoi processi di lavoro.
  Nell'ambito della Banca d'Italia, che le fornisce tutte le risorse umane fisiche tecnologiche e i mezzi finanziari necessari, è poi costituita l'Unità di informazione finanziaria per l'Italia, l'UIF, che svolge, in condizioni di indipendenza, funzioni di analisi finanziaria in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento al terrorismo internazionale. Il Direttore generale della Banca d'Italia è Presidente dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) e, insieme ai due consiglieri dell'Ivass, i cinque membri del Direttorio della Banca fanno parte del Direttorio integrato dell'Ivass, presieduto dal Governatore, organo collegiale competente ad assumere gli atti di rilevanza esterna relativi all'esercizio delle funzioni istituzionali in materia di vigilanza assicurativa.
  L'Ivass è autonomo sul piano organizzativo, finanziario e contabile, ma la Banca contribuisce a delinearne assetti organizzativi e modalità di funzionamento, anche distaccando personale e mettendo a disposizione tecnologie informatiche.
  Passo ora a descrivere le principali attività svolte dalla Banca d'Italia nel 2015 e a dare le informazioni salienti sulle risorse utilizzate.
  Come membro del Consiglio direttivo della BCE, il Governatore della Banca d'Italia è chiamato a contribuire alla definizione della politica monetaria nell'area dell'euro. Nel partecipare all'assunzione di decisioni nell'Eurosistema sono particolarmente importanti le analisi e le ricerche sviluppate all'interno della Banca d'Italia.
  Nel 2015, i nostri ricercatori hanno analizzato in particolare i rischi oggi connessi con un'inflazione particolarmente bassa. Gli studi effettuati hanno contribuito in modo significativo a formare la base analitica per le decisioni sulle misure straordinarie di politica monetaria adottate, che si sono rivelate efficaci nel sostenere l'attività economica in Italia e nell'eurozona. Si dice che la politica monetaria si fa a Francoforte: la politica monetaria si fa a Francoforte e si attua in tutti i Paesi, ma alla politica monetaria dà un contributo fondamentale la Banca d'Italia, con gli interventi del Governatore, i quali, insieme a quelli degli altri Governatori, nell'ambito di una dialettica molto importante, portano alle decisioni; a ciò danno un contributo fondamentale, di cui non si può fare a meno, le funzioni di analisi della Banca.
  L'attuazione delle misure di politica monetaria in ambito nazionale ha richiesto un impegno sempre maggiore, via via che si ampliavano il novero e l'importo delle operazioni. Il programma di acquisto di titoli, avviato alla fine del 2014, è stato esteso a più riprese, includendovi titoli pubblici emessi da Paesi dell'area dell'euro. Nel 2016 è stato ulteriormente ampliato, sia in termini di volumi sia in termini di gamma dei titoli acquistabili, e dal mese di giugno 2016 è stato esteso anche a obbligazioni emesse da imprese non finanziarie. Si tratta di un'attività complessa sul piano operativo. Bisogna valutare le obbligazioni, intervenire sui mercati, ci sono regole molto importanti che vanno seguite per evitare di avere effetti distorsivi sui mercati finanziari, che certamente non desideriamo.
  Dall'avvio del programma a oggi, la Banca ha acquistato titoli per circa 156 miliardi di euro, di cui oltre 127 per titoli pubblici italiani. Rispetto alla fine dell'anno scorso, c'è già un grande incremento: erano, rispettivamente, 81 su 156 e 62 su 127. Questo programma continuerà fino a marzo dell'anno prossimo, quando vedremo il risultato in termini di inflazione di medio termine, quale si potrà desumere dall'andamento dei prossimi mesi.
  Nel campo del sistema dei pagamenti, lo scorso anno ci ha visto fortemente impegnati per l'avvio, il 22 giugno, di TARGET2-Securities, cosiddetto T2S, la piattaforma europea per il regolamento delle transazioni in titoli che è stata sviluppata dalla Banca d'Italia insieme con le banche centrali di Francia, Spagna e Germania, e che ora gestiamo insieme a quest'ultima.
  Il 31 agosto si è conclusa positivamente la prima fase di migrazione dei depositari centrali e delle piazze finanziarie nazionali, con il passaggio a questa piattaforma di Monte Titoli spa, una società per azioni che è di fatto il terzo depositario centrale europeo in termini di volumi di traffico. La migrazione della piazza finanziaria italiana ha rappresentato un momento delicato sia per l'elevato flusso di transazioni e la complessa articolazione delle operazioni gestite da Monte Titoli, sia per l'impegno profuso dalla comunità finanziaria nazionale e dalla Banca per garantire continuità ed efficienza, soprattutto al regolamento dei titoli di Stato. Noi abbiamo un debito pubblico molto alto e abbiamo bisogno di un mercato che funzioni molto bene, soprattutto perché questo debito ha un rollover molto elevato ogni anno, e quindi è molto importante questa infrastruttura. Si tratta di tutte le transazioni crossborder in titoli gestite in questo modo.
  Entro la fine del prossimo anno, questa infrastruttura consentirà di regolare le transazioni in titoli in ventuno Paesi. L'avvio della piattaforma ha richiesto interventi normativi, effettuati insieme con la CONSOB, ed è un passo importante nella direzione dell'integrazione e dell'armonizzazione dei mercati finanziari europei, e rafforza il ruolo dell'Eurosistema nell'offerta di servizi di pagamento.
  Il sistema di pagamenti all'ingrosso, che esiste da molto tempo insieme a Target2, costruito dalla Banca d'Italia e dalla Bundesbank con il supporto della Banca di Francia, ma gestito operativamente da noi e dalla Deutsche Bundesbank, ha regolato lo scorso anno nell'area dell'euro 88 milioni di pagamenti (in media circa 350.000 al giorno), per il 99,96 per cento dei casi regolamenti avvenuti in meno di cinque minuti.
  A livello nazionale, per rendere più efficiente la gestione dei pagamenti al dettaglio effettuati attraverso lo scambio di titoli cartacei, come l'assegno o, come avviene sempre più di frequente, mediante pagamenti elettronici, ai cinque centri diurni di compensazione e regolamento del sistema di BI-Comp, costituito e gestito dalla Banca, è stato aggiunto un ciclo notturno.
  I pagamenti al dettaglio sono stati oggetto di diverse novità normative. Tra il 2015 e i primi mesi del 2016 sono entrati in vigore il regolamento sulle commissioni interbancarie delle carte di pagamento e la nuova direttiva sui servizi di pagamento, entrambi definiti con l'apporto diretto della Banca d'Italia nel corso del semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea.
  Nel quadro della realizzazione dell'area unica dei pagamenti in euro, la SEPA, il 1° febbraio 2016 è stata completata l'adozione degli standard europei, che consentono di effettuare pagamenti in tempo reale all'interno dell'area, un bonifico può essere cioè effettuato immediatamente tramite internet da una banca italiana, da una francese, tedesca, olandese, spagnola. Questi sistemi consentono di effettuare quindi i pagamenti in tempo reale – anche sviluppando soluzioni di pagamento innovative, cioè non solo attraverso internet, ma anche tramite altri strumenti informatici, come i cellulari, mantenendo i benefìci acquisiti con l'integrazione degli strumenti di pagamento a livello europeo.
  In materia di mercati finanziari, l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, l'ESMA, ha riconosciuto la piena conformità alle proprie linee guida dell'attività di controllo sulle vendite allo scoperto svolta dalla Banca d'Italia e dalla CONSOB. In realtà, le Autorità italiane seguono completamente queste linee guida, più di chiunque altro.
  La stamperia della Banca d'Italia ha un ruolo importante nel campo dell'innovazione nella produzione delle banconote. Per incarico della BCE, essa ha il compito di sperimentare nuove soluzioni nella stampa dei biglietti per l'area dell'euro. Lo scorso anno, la stamperia ha prodotto 1,3 miliardi di banconote, pari al 22 per cento del fabbisogno complessivo del sistema.
  Con il contributo della rete territoriale, curiamo la qualità dei biglietti in circolazione, il cui valore è stimato in circa 142 miliardi di euro. Sto citando molti dati numerici. Li ritroverete anche nella relazione scritta che vi ho consegnato; ciò è utile a darvi un'idea dei diversi compiti che svolgiamo e di quanto ci impegnano.
  Si tratta quindi di 142 miliardi di euro, da un lato, e, dall'altro, si tratta anche di intervenire distruggendo i biglietti logori (circa 890 milioni di banconote), nonché di ritirare quelli di cui accertiamo la falsità, circa 162.000. Lo scorso anno è entrata in circolazione la nuova banconota da 20 euro, che, come quelle da 5 e da 10 euro della seconda serie, introdotte rispettivamente a maggio 2013 e a settembre 2014, presenta caratteristiche di sicurezza rafforzate.
  Ciò è molto importante, soprattutto in un Paese come il nostro, dove appunto quest'attività di falsificazione e diffusione dei falsi è ampia. Vorrei inoltre parlarvi dell'attività di ricerca che si cela dietro la produzione delle banconote, connessa con la fase della produzione industriale e con la ricerca di materiali che consentano di produrre banconote in modi meno inquinanti. C'è infatti molta attenzione alla cosiddetta «produzione verde», sulla quale la Banca d'Italia è il referente principale per la BCE.
  Il lancio della nuova banconota è stato accompagnato, come sapete, da una nostra campagna informativa per il pubblico e per gli operatori professionali. Essa ha fatto seguito alle difficoltà occorse quando, negli scorsi anni, sono state introdotte nuove banconote; difficoltà connesse con il funzionamento degli ATM.
  È proseguita l'attività di controllo che la Banca svolge dal 2012 sulle attività di autenticazione e selezione delle banconote effettuate dagli operatori di mercato. L'azione di controllo sulle società di servizi ha interessato in questi quattro anni la totalità dei soggetti. In occasione degli accertamenti ispettivi, che sono stati sedici nel 2015, nella maggior parte dei casi in Italia si sono riscontrate rilevanti criticità, soprattutto nel sistema dei controlli interni e negli assetti organizzativi e di governo, in parte imputabili alle ridotte dimensioni degli operatori. Abbiamo molti operatori di piccole dimensioni. In Germania ci sono pochissimi operatori – circa quattro o cinque – di grandi dimensioni.
  Ovviamente, il territorio è diverso, va servito in modi diversi, però questo è un limite, perché molte volte questi operatori sono di dimensioni così piccole che non riescono a compiere una serie di compiti essenziali per garantire la sicurezza di ciò che fanno e a rendicontare in modo efficace alle banche il loro operato.
  La fragilità patrimoniale e le debolezze strutturali hanno prodotto l'uscita dal mercato di soggetti minori, non in grado di rispettare i requisiti normativi. Il numero degli operatori è sceso da 68 a 43; sono comunque sempre troppi. A seguito degli interventi, le criticità si sono ridotte, ma permane l'esigenza di accrescere l'affidabilità e la correttezza operativa di questi soggetti. Siamo impegnati a intensificare l'analisi e i controlli ispettivi a distanza già da quest'anno.
  Alla fine del 2015, i conti di tesoreria detenuti dalle amministrazioni pubbliche presso la Banca erano circa 21.000. Questo è un altro compito effettuato dalla Banca a seguito di un accordo con il Ministero dell'economia e delle finanze. I flussi intermediati sono aumentati del 6 per cento rispetto all'anno precedente. Sono state eseguite 66,7 milioni di operazioni di incasso e pagamento, il 96 per cento delle quali attraverso procedure informatiche. Le aste di impiego della liquidità del Tesoro effettuate dall'Istituto sono state nell'anno 276; quelle per il collocamento dei titoli del debito pubblico sono state 242.
  Dal 1° gennaio di quest'anno è sostanzialmente completato il progetto di tesoreria telematica, che prevede che le operazioni di incasso, pagamento e rendicontazione avvengano con modalità digitali. L'azione della Banca è orientata a intensificare la collaborazione con il Ministero dell'economia e delle finanze per utilizzare al meglio le informazioni sugli incassi e i pagamenti e per soddisfare la domanda di maggiore trasparenza nella gestione della finanza pubblica.
  Nel 2015 abbiamo predisposto gli strumenti analitici, organizzativi e operativi per svolgere la funzione di autorità competente ad attivare politiche macroprudenziali per la salvaguardia della stabilità del sistema finanziario. Sono state rese note al mercato le misure attivabili a questi fini, integrando, ove opportuno, i criteri comuni europei, nei limiti della flessibilità lasciata alle autorità nazionali. Posto che ci troviamo in una situazione difficile sul piano congiunturale, la nostra decisione è stata quella di porre il coefficiente della riserva di capitale anticiclica pari a zero.
  Il Consiglio per la stabilità finanziaria, l'FSB, ha confermato il gruppo bancario UniCredit nella lista delle istituzioni a rilevanza sistemica globale, e la Banca d'Italia ha identificato i gruppi UniCredit, Intesa San Paolo e Monte dei Paschi di Siena come istituzioni a rilevanza sistemica nazionale.
  Nell'ambito del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, la Banca d'Italia ha contribuito al lavoro di completamento dello schema internazionale di regolamentazione per le banche (Basilea 3), che sarà portato a termine quest'anno. Gli obiettivi principali che sono stati perseguiti sono, da un lato, la riduzione della variabilità indesiderata dei coefficienti di rischio, sostanzialmente variabilità tra Paesi, con specifico riferimento alle attività per le quali alcune banche internazionali applicano coefficienti particolarmente bassi; dall'altro, evitare un aggravio eccessivo dei requisiti basati su metodi standard, che vengono usati dalle banche minori e dovrebbero costituire un punto di riferimento anche per le banche maggiori.
  Il metodo standard è, in sintesi, l'applicazione di coefficienti dati, uguali per tutti, a tutte le banche. Se alcune banche hanno una capacità individuale di stimare il rischio in modi diversi, si tratta di metodi particolari, che devono essere validati. In alcuni casi, per i grandi prenditori di credito, non è disponibile un'informazione sufficiente, in termini di tempo, per calcolare le probabilità di rischio, e quindi per validare efficacemente i modelli proprietari delle banche. In questi casi occorre stabilire dei parametri standard, dati dalle autorità di vigilanza e validi per tutti gli operatori, cioè per tutte le banche internazionali.
  L'aspetto fondamentale è evitare un aggravio eccessivo dei requisiti basati su questi metodi, e quindi cercare di essere più rigorosi nei confronti di banche che potrebbero avere rischi elevati, evitando però di adottare una regolamentazione così stringente da rendere l'attività di credito più difficile. Si tratta di un equilibrio molto complesso – tra l'altro non uguale in tutti i Paesi – che dipende da fattori strutturali e da fattori ciclici.
  Si discute molto di questi aspetti. Quest'anno si sono svolte due riunioni dei cosiddetti GHOS (Group of Governors and Heads of Supervision), cioè il gruppo dei responsabili delle vigilanze nazionali a livello mondiale, presieduto da Mario Draghi, e a gennaio è stato deciso di verificare che tutti gli interventi sul capitale delle banche per contrastare rischi eccessivi di varia natura non producessero, nel loro complesso, l'effetto di innalzare il requisito relativo al capitale a livelli tali da rendere molto difficile l'attività delle banche. È stato deciso di non avere per quest'anno un aumento significativo dei capital ratios. Le autorità di alcuni Paesi, invece, vorrebbero avere tale aumento. Ovviamente, questo non vuol dire che in alcune situazioni particolari il capital ratios non debba essere messo a livelli più alti di sicurezza. Noi ci adoperiamo affinché il completamento di Basilea 3 non comporti però un incremento significativo dei requisiti di capitale.
  Nell'ambito dell'Autorità bancaria europea (EBA) abbiamo partecipato alla definizione degli orientamenti in materia di politica e prassi di remunerazione e incentivazione del personale bancario e di individuazione delle caratteristiche di distribuzione dei prodotti bancari destinati alla clientela al dettaglio, cioè i mutui, i conti correnti, i servizi di pagamento. L'EBA è l'autorità di regolazione, non di supervisione, che però ha di fronte tutti i 28 Paesi e la Commissione europea, e media tra tutti questi per avere standard comuni, lo stesso rulebook, come si dice.
  Ovviamente, vi sono differenze notevoli tra l'area dell'euro e quella fuori dall'euro, e ci sono anche i rischi visti da alcuni. Una delle questioni dibattute nell'ambito della discussione sulla cosiddetta Brexit è esattamente questa, ossia il fatto di non volere accettare che vi siano effetti sulle proprie banche o sulla propria politica economica e monetaria, determinati dalle decisioni dei 19 Paesi che fanno parte dell'area dell'euro.
  A livello nazionale, abbiamo contribuito all'azione di riforma del settore delle banche popolari e di credito cooperativo, collaborando alla definizione dei provvedimenti legislativi ed emanando disposizioni attuative. Il coinvolgimento nei processi decisionali del Meccanismo di vigilanza unico è stato molto intenso. La Banca d'Italia ha partecipato alle riunioni del Consiglio di vigilanza e del suo comitato direttivo (le quali sono state, nel 2015, rispettivamente, 38 e 22) e ha esaminato 984 procedure scritte per l'assunzione delle decisioni, di cui 147 relative a intermediari italiani.
  Sostanzialmente, gli uffici svolgono un'istruttoria, anche attraverso un rapporto dialettico con l'autorità di Francoforte, la quale discute le proposte nell'ambito del Consiglio di vigilanza e le trasmette al comitato direttivo, che decide se approvarle. Qualora emergano differenze di opinioni, c'è anche un'unità di mediazione.
  Il sistema di vigilanza unica ha subito, dal 2014, una serie di innovazioni, in base alle quali c'è un'interazione molto stretta tra le autorità di vigilanza nazionali, le direzioni generali di Francoforte e il Consiglio di sorveglianza di Francoforte, di cui fanno parte i rappresentanti delle autorità nazionali. Noi abbiamo uno dei Vicedirettori generali della Banca d'Italia che ne è parte e il Capo della Vigilanza, che è il suo sostituto.
  Ora, in questo contesto, durante il 2015 la Banca ha contribuito fortemente all'attività di supervisione sulle banche significative, che sono tredici gruppi bancari italiani e nove filiazioni e succursali di banche estere. Sulle banche meno significative vi è stata la vigilanza diretta dell'Istituto, che ha riguardato 50 gruppi bancari, 422 banche non appartenenti a gruppi e le altre succursali di banche comunitarie. Abbiamo concorso, quindi, alle decisioni assunte nell'ambito dell'SSM, cioè del Single Supervisory Mechanism, sulle oltre cento banche significative di altri Stati partecipanti. Nell'anno sono stati oggetto della vigilanza diretta dell'Istituto anche 6 succursali di banche extracomunitarie e 456 intermediari non bancari.
  L'azione di vigilanza sulle banche italiane e sugli intermediari finanziari non bancari si è concretizzata, nel 2015, in circa 6.300 analisi cartolari condotte a distanza, 1.130 incontri con esponenti di soggetti vigilati, 760 lettere di richiesta di informazione o di richiamo, e 207 ispezioni. I provvedimenti adottati sono stati oltre 860.
  Queste cifre non sono in grado da sole di dar conto dell'impegno richiesto ai nostri esperti, addetti a un'attività delicata come la vigilanza sugli intermediari creditizi e finanziari, che, come ho richiamato di recente in altre occasioni, per la tipologia di rischi a cui sono esposti, sono intermediari che non possono essere assimilati ad alcuna altra categoria d'impresa. Nondimeno, i numeri che ho citato possono costituire un parametro per valutare l'incidenza sulla nostra azione complessiva degli interventi posti in atto in alcuni momenti particolarmente drammatici attraversati da singole banche in situazioni di dissesto.
  Sul piano organizzativo, il processo decisionale oggi seguìto in queste materie riflette le innovazioni introdotte con la legge n. 262 del 2005. Nell'apportare modifiche all'assetto istituzionale e alla governance della Banca d'Italia, questa legge ha introdotto, tra l'altro, il principio di collegialità nell'assunzione delle decisioni, attribuendo al Direttorio, come organo collegiale, la competenza ad adottare i provvedimenti aventi rilevanza esterna. Questi hanno forma scritta, sono motivati e sono adottati nell'ambito di riunioni di cui viene redatto apposito e molto dettagliato verbale.
  La Banca d'Italia ha recepito nel proprio statuto queste regole. I provvedimenti aventi rilevanza esterna, relativa all'esercizio delle funzioni pubbliche attribuite dalla legge alla Banca per il perseguimento delle funzioni istituzionali, che dal secondo semestre del 2015 includono anche i compiti derivanti dall'attribuzione all'Istituto della funzione di autorità nazionale di risoluzione nell'ambito del Meccanismo di risoluzione unico, sono assunti dal Direttorio in riunioni che hanno di norma cadenza settimanale, fatte salve ipotesi eccezionali che richiedano di svolgere più di una riunione nell'arco di una settimana.
  Nel 2015 si sono tenute 51 riunioni collegiali, nel corso delle quali il Direttorio ha assunto 636 decisioni. Circa il 70 per cento di queste è riconducibile all'esercizio della vigilanza in materia bancaria e finanziaria. Le altre questioni trattate sono principalmente connesse con la vigilanza nei confronti dei gestori del contante e con la sorveglianza sui mercati e sui sistemi di pagamento.
  Sono in corso le attività per la costituzione del nuovo albo unico degli intermediari finanziari; 324 soggetti hanno richiesto l'iscrizione: alla fine del marzo scorso, ne erano stati autorizzati 78. Per numerose richieste è in corso l'acquisizione di ulteriori elementi informativi.
  Gli uffici della Banca hanno esaminato 10.300 esposti della clientela su presunti comportamenti anomali di banche e intermediari finanziari. Se ne sono tratte informazioni su situazioni di mancata conformità alle norme o di disfunzione organizzativa, per individuare casi di esercizio abusivo dell'attività bancaria e finanziaria, e anche per programmare iniziative di educazione finanziaria.
  Gli accertamenti sui profili di trasparenza e correttezza nei confronti della clientela sui servizi bancari e finanziari hanno riguardato 96 banche e 28 altri intermediari, interessando 266 sportelli. In alcuni casi, l'efficacia delle ispezioni presso le direzioni generali è stata rafforzata coordinandole con verifiche su più sportelli, valutando sia i profili organizzativi e procedurali sia i riflessi concreti di tali assetti nei rapporti con i clienti. Sollecitati dalla Banca d'Italia, gli intermediari hanno restituito alla clientela 65 milioni di euro nei casi di improprio addebito di oneri.
  Nel 2015, l'Arbitro bancario finanziario (ABF), che opera attualmente attraverso tre collegi insediati a Milano, Napoli e Roma, ha ricevuto più di 13.500 ricorsi, un numero di quasi quattro volte superiore a quello del 2010, primo anno di piena operatività. Le decisioni assunte sono state 10.450, con un aumento del 22 per cento rispetto al 2014. Nel 68 per cento dei casi, l'esito è stato favorevole ai clienti.
  Per effetto del rapido aumento del numero dei ricorsi all'ABF, i tempi di decisione si sono progressivamente allungati. Pertanto, entro il 2016 saranno costituiti quattro nuovi collegi dell'Arbitro, con le relative segreterie tecniche, a Bari, Bologna, Palermo e Torino. In prospettiva, un nuovo portale permetterà ai consumatori di presentare i ricorsi per via telematica.
  Le iniziative di educazione finanziaria per la scuola hanno raggiunto oltre 90.000 studenti, il 50 per cento in più rispetto all'anno precedente. La Banca ha, inoltre, partecipato alla prima rilevazione nazionale di iniziative e di educazione finanziaria, che consentirà di definire una strategia volta a migliorare i livelli di alfabetizzazione finanziaria dei cittadini.
  Nell'ambito di un costante dialogo con le associazioni dei consumatori, sono stati organizzati in Banca incontri di confronto e di informazione per avviare specifiche iniziative nei confronti degli adulti, con l'obiettivo di accrescerne la consapevolezza finanziaria. L'insistenza sulla necessità di rafforzare le competenze dei cittadini in materia finanziaria muove dal convincimento che quelle competenze rappresentino il primo presidio di fronte a comportamenti dolosi, che nessuna cornice normativa, per quanto valida, può impedire.
  Nel 2015, la Banca ha fornito riscontro a circa 205.000 richieste di accesso ai dati della Centrale dei rischi, che raccoglie le informazioni fornite da banche e società finanziarie sui crediti concessi alla clientela. Il servizio è gratuito e permette a ciascun cittadino di conoscere i dati che banche e società finanziarie hanno segnalato sul proprio conto.
  Con riferimento alla gestione delle situazioni di dissesto degli intermediari, la Banca partecipa attivamente alle riunioni del Consiglio di risoluzione unico, dei comitati di coordinamento e dei gruppi interni di risoluzione che lavorano alla predisposizione dei piani di risoluzione delle banche significative.
  Nell'anno sono state gestite 23 procedure di amministrazione straordinaria nei confronti di banche, SGR e intermediari iscritti nell'elenco speciale: 6 sono state chiuse con la restituzione dell'intermediario alla gestione ordinaria, 7 con la liquidazione, 6 sono in corso.
  Per quattro banche in gravi difficoltà, come sappiamo, è stato necessario ricorrere alla procedura cosiddetta di risoluzione, introdotta con il recepimento, a novembre dello scorso anno, della direttiva europea sul risanamento e la risoluzione delle banche e delle imprese di investimento. Sui fatti che avevano condotto quelle banche alla crisi e sulla nostra azione di vigilanza abbiamo dato conto in più occasioni con note e chiarimenti, da ultimo in Senato lo scorso 19 aprile.
  In questa sede, mi limito a ricordare che le misure adottate, che secondo le nuove regole hanno posto i costi delle risoluzioni a carico degli azionisti e dei detentori di obbligazioni subordinate, erano divenute l'ultima alternativa possibile alla liquidazione, che avrebbe avuto per la collettività effetti ancora più traumatici. Esse hanno assicurato la continuità operativa delle banche, avviandone il risanamento, nell'interesse dell'economia dei territori di insediamento, hanno evitato possibili minacce per la stabilità finanziaria e hanno consentito di non porre oneri diretti a carico dello Stato.
  Passo a un altro impegno della Banca d'Italia. L'attività statistica, che ha assunto negli ultimi anni un'importanza crescente, anche in relazione agli impegni che derivano dalla partecipazione all'Eurosistema e al Meccanismo di vigilanza unico. L'assetto organizzativo della funzione è stato rivisto nel corso del 2015 per rafforzarne l'unitarietà di indirizzo. L'esperienza e l'attenzione della Banca d'Italia all'utilizzo dei dati della Centrale dei rischi a fini statistici e di vigilanza sono alla base della decisione di dare sostegno al progetto del Sistema europeo delle banche centrali denominato AnaCredit, che mira alla realizzazione di una base dati europea analitica del credito.
  Superate le resistenze di altri Paesi con differenti esperienze in questo campo, la versione provvisoria del relativo regolamento BCE è stata sottoposta a consultazione pubblica, conclusa nel gennaio 2016. La realizzazione dell'infrastruttura che gestirà l'archivio AnaCredit sarà curata dalla Banca d'Italia, dalla BCE e dalle banche centrali di Spagna e Portogallo.
  Nel gennaio 2016, l'Italia ha acquisito per prima la certificazione di Paese che soddisfa pienamente i requisiti previsti dai nuovi standard di diffusione delle statistiche economiche e finanziarie comparabili definiti dal Fondo monetario internazionale insieme all'ISTAT, anche grazie all'impegno della Banca, che lo scorso anno ha pubblicato tutte le categorie dei dati a tal fine richieste.
  All'attività di ricerca economica ho già fatto cenno a proposito del supporto che essa fornisce alla mia partecipazione ai lavori del Consiglio direttivo della BCE, ma la ricerca naturalmente non ha riguardato esclusivamente quell'ambito di indagine. Essa ha trattato anche temi rilevanti per l'analisi strutturale e congiunturale dell'economia italiana, per i mercati, le banche e gli altri intermediari finanziari, per la finanza pubblica, per l'economia e la finanza internazionale.
  I risultati delle ricerche sono stati diffusi e sottoposti a discussione in numerosi seminari e convegni, tra cui quello riservato annualmente ai temi della finanza pubblica, organizzati anche con la partecipazione di analisti e ricercatori del mondo accademico e delle principali istituzioni internazionali. Nell'anno è stato pubblicato un centinaio di lavori di ricerca, ai ricercatori della Banca sono riferibili oltre 50 articoli in riviste che pubblicano sulla base di valutazioni esterne e indipendenti. Sono stati anche pubblicati lavori e note su temi di stabilità finanziaria e di vigilanza, di ricerca giuridica, oltre ad atti di seminari e convegni, tutti rintracciabili sul sito web dell'istituto.
  La tradizione della Banca nella ricerca economica si è andata costruendo nel corso di molti decenni, perfezionando costantemente i canali di reclutamento e i percorsi di formazione dei giovani economisti, prevedendo anche selezioni sul mercato globale dei dottorati in economia, per favorire il rientro in Italia di studenti che hanno perfezionato gli studi nei migliori atenei all'estero.
  Questo patrimonio di conoscenze non è assimilabile a un'accademia. È piuttosto un laboratorio al quale anche i Governi che si sono via via succeduti nel nostro Paese hanno sistematicamente attinto per avere contributi tecnici di analisi e proposte a beneficio delle decisioni su numerosi temi rilevanti per lo sviluppo del nostro sistema economico e finanziario.
  Vorrei ora dare alcune notizie sulle risorse umane e finanziarie che la Banca utilizza e sullo sforzo di ammodernamento dei processi di lavoro e delle strutture organizzative.
  Dopo un confronto articolato con le organizzazioni sindacali, nei primi mesi del 2016 abbiamo varato una riforma degli ordinamenti del personale ispirata a criteri di valorizzazione del merito, organizzazione del lavoro per obiettivi, temporaneità degli incarichi, valutazione dei comportamenti manageriali da parte di pari e collaboratori. Abbiamo rivisto gli assetti organizzativi sia nell'amministrazione centrale sia, soprattutto, a livello territoriale.
  La principale modifica nell'amministrazione centrale ha riguardato lo scorso anno le attività svolte dalla Banca in qualità di autorità nazionale di risoluzione delle crisi bancarie, di cui ho parlato prima, per le quali abbiamo istituito un'unità organizzativa posta alle dirette dipendenze del Direttorio.
  Tra l'ottobre del 2015 e il gennaio del 2016, sono state chiuse diciannove filiali e tre divisioni delocalizzate di vigilanza. Nelle ventidue città in cui queste strutture operavano, sono temporaneamente attivi nuclei di risorse di dimensioni ridotte, che svolgono compiti di natura prevalentemente informativa. Dodici di questi nuclei termineranno la propria attività entro il mese prossimo, i restanti dieci entro la fine del 2018.
  Tra il 2008 e il 2010, con una prima riorganizzazione della rete territoriale, il numero delle filiali era stato ridotto da 97 a 58: ora sono 39. L'opera di razionalizzazione organizzativa ha fatto leva sull'ammodernamento del sistema dei pagamenti e sulla digitalizzazione delle attività svolte dalle filiali.
  Superata definitivamente l'articolazione provinciale, la nuova conformazione fa perno sulle filiali presenti nei capoluoghi di regioni e nelle due province autonome. La riorganizzazione di alcune funzioni comporta un maggior ruolo della rete territoriale nelle attività di vigilanza sugli intermediari finanziari, tutela della clientela bancaria, gestione della circolazione delle banconote e delle monete, valutazione del rischio di credito dei prestiti utilizzati come garanzia nelle operazioni di politica monetaria.
  La riforma si prefigge di migliorare la qualità dei servizi alla collettività e determinerà a regime risparmi stimati in circa 50 milioni di euro l'anno. I costi operativi della Banca sono scesi del 15 per cento in termini reali tra il 2009 e il 2015, hanno avuto lo scorso anno una lieve flessione rispetto al 2014, dello 0,3 per cento, nonostante l'impegno finanziario connesso con importanti progetti informatici (tra cui l'avvio di TARGET2-Securities) e con l'aumento delle attività in vari comparti.
  Grazie agli interventi di riforma degli assetti organizzativi, alla semplificazione e alla riduzione delle norme e dei processi di lavoro, al potenziamento e all'innovazione delle dotazioni tecnologiche, gli organici della Banca sono passati da oltre 10.000 addetti nei primi anni Novanta, considerando anche il personale dell'UIC, assorbito dalla Banca nel 2008, ai circa 7.000 attuali. Il personale, il cui costo nel 2015 ha inciso per il 57 per cento sugli oneri complessivi della Banca, è sostanzialmente stabile dal 2012.
  Alla fine dell'anno scorso, le persone in servizio erano 7.032, 46 in meno rispetto a dodici mesi prima. Le risorse messe a disposizione dalla Banca alla UIF e alle segreterie tecniche dell'ABF erano, rispettivamente, 133 e 71. Delle persone in servizio, inoltre, 170 erano impegnate presso altre organizzazioni in Italia e all'estero; in particolare, quelle collocate in aspettativa per l'assunzione di impieghi presso istituzioni internazionali, quali il Fondo monetario internazionale, l'OCSE, l'EBA, che erano appena 49 prima della costituzione del Meccanismo di vigilanza unico, sono salite a 126, di cui 105 presso la BCE. Le risorse impegnate presso le rappresentanze diplomatiche italiane in alcune piazze strategiche erano 11.
  Nel complesso, le risorse addette alle strutture della Banca erano pertanto 6.658. Anche se confronti omogenei tra autorità di diversi Paesi non sono mai agevoli, a titolo di raffronto indicativo è utile tenere presente che le persone addette alla Banque de France e alla Deutsche Bundesbank alla fine dello scorso anno erano oltre 11.200 e 9.600, mentre i compiti di vigilanza sulle banche sono affidati nel nostro Paese alla sola Banca d'Italia, in Francia e in Germania essi sono svolti con il concorso di altre autorità, l’Autorité de contrôle prudentiel et de résolution e la BaFin.
  Per concludere, molti dati che ho fornito in quest'intervento si giustificano solo con il tentativo di essere il più concreto e oggettivo possibile. Sappiamo, peraltro, che un'istituzione fonda la sua autorevolezza non solo sull'impegno, ma anche sui risultati, non sempre facili da misurare. Siamo un'organizzazione con numerosi compiti istituzionali che offre servizi diversi. Ci confrontiamo ogni giorno con molteplici interlocutori: il Parlamento, il Governo, l'Autorità giudiziaria, la Pubblica amministrazione e le Autorità italiane di controllo e regolamentazione; la Banca centrale europea, le Banche centrali e le Autorità di vigilanza di altre Nazioni, le istituzioni finanziarie internazionali; i centri di ricerca economica, il mondo accademico e la scuola; il sistema statistico nazionale, gli intermediari bancari e finanziari, gli utenti dei loro servizi; gli operatori di mercato, le imprese e i fornitori; i media e l'opinione pubblica.
  Ciascuno di questi soggetti è portatore di interessi diversi. In molti casi, rendiamo loro dei servizi, con alcuni abbiamo un rapporto di collaborazione per il conseguimento di obiettivi istituzionali, nei confronti di altri svolgiamo un ruolo di Autorità.
  Con l'Autorità giudiziaria sono state sviluppate forme di stretta collaborazione e coordinamento. Segnaliamo alle procure tutti i fatti riscontrati nello svolgimento dell'attività di vigilanza che possono costituire reato, trasmettiamo ai magistrati inquirenti informazioni di possibile interesse, prestiamo consulenza tecnica su richiesta della Magistratura nell'ambito di procedimenti penali in materia bancaria e finanziaria. Nel 2015 i nostri esperti hanno curato novantanove perizie; due pool stabili di risorse collaborano con le procure di Milano e di Roma.
  L'appartenenza al Sistema europeo di Banche centrali offre occasioni di confronto quotidiano, richiede un continuo scambio di informazioni e rappresenta una fonte costante di stimolo all'adozione delle buone prassi seguite nell'una o nell'altra istituzione. Il personale della Banca d'Italia partecipa a diciassette comitati nell'ambito dell'Eurosistema e a numerosi gruppi di lavoro tematici.
  Vi sono frequenti occasioni di verifiche e di audit sulle diverse attività condivise. Come nel campo della politica monetaria unica, è sempre più stretta l'integrazione operativa nell'ambito del Meccanismo di vigilanza unico. Partecipiamo ai programmi di valutazione periodici condotti dal Fondo monetario internazionale e da altre istituzioni internazionali.
  Tutte le attività della Banca d'Italia, e non solo quelle a rilevanza esterna di rilievo istituzionale, seguono i princìpi cardine dell'azione amministrativa: economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza. I nostri processi decisionali si muovono in un quadro articolato di norme, a livello internazionale e nazionale. Diamo piena applicazione alla distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie. I provvedimenti aventi rilevanza esterna sono assunti in forma collegiale dal Direttorio.
  L'impegno a migliorare il nostro modo di operare è continuo sia nelle materie attribuite alla nostra responsabilità dall'ordinamento italiano ed europeo, che presentano oggi sfide della cui complessità siamo pienamente consapevoli, sia sul piano della gestione organizzativa interna, anche alla luce dei grandi cambiamenti economici, sociali e tecnologici che stiamo tutti affrontando.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il professor Visco.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
  L'onorevole Villarosa chiede di intervenire sull'ordine dei lavori.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Vorrei chiedere, se possibile, di procedere con singole domande e risposte, perché vi sia maggiore chiarezza su ciascun quesito che verrà posto.

  MARCO CAUSI. Ringrazio il Governatore per la relazione. Incontri come questo dovrebbero essere più frequenti, così da avere anche un flusso continuo di informazioni e di valutazioni, tra Banca d'Italia e Parlamento, su materie che sono molto delicate e che investono, in questa fase storica, una grande rilevanza per l'opinione pubblica.
  Ho due domande da porle. Fermo restando che sappiamo tutti che la politica monetaria da sola non riesce a far uscire l'Eurozona dalle secche, e superato l'ostacolo della Corte Costituzionale tedesca, nell'ambito dell'Eurosistema e delle vostre attività di ricerca si è aperta una riflessione teorica sulla natura della moneta creata con il Quantitative easing? La riflessione mi sembra molto rilevante per orientare non soltanto i comportamenti operativi dell'Eurosistema, ma anche le politiche pubbliche. Questa, infatti, non è una moneta esterna, ma interna. Almeno, quando ho studiato negli anni Settanta-Ottanta, così ho imparato l'economia monetaria. La moneta esterna ha effetti e un impatto diverso.
  Si possono modificare e migliorare questi effetti? Sembra, ed è questo un punto politico di grandissima rilevanza che – al di là del referendum sulla cosiddetta Brexit – questi interventi così massicci abbiano successo nell'obiettivo della stabilizzazione, ma meno successo in termini di crescita. Mi domando se abbiate svolto una riflessione su questo, sulla possibilità, ad esempio, di utilizzare particolari strumenti monetari, come i fondi di stabilizzazione dell'Eurozona. Non parlo degli eurobond, che so essere una parola vietata in Europa, ma si sta riflettendo su possibili strumenti monetari che potrebbero avere un maggiore impatto sulla crescita economica, oltre che, come è accaduto in questi anni, sulla stabilizzazione?
  Vengo alla seconda domanda. La Banca d'Italia si è giustamente lamentata per anni con il legislatore perché aveva i poteri di vigilanza e di ispezione, ma quando, in seguito ad attività di vigilanza e a ispezioni, sapeva di dover intervenire, non aveva gli strumenti per farlo.
  Questi strumenti di intervento sono stati conferiti alla Banca d'Italia con il decreto legislativo n. 72 del 12 maggio 2015. Si tratta di poteri di restrizione dell'attività dell'intermediario, divieti a effettuare specifiche operazioni, possibilità di rimozione di singoli componenti o di interi board. Credo che il legislatore abbia tardato nel dare questi poteri, ma finalmente lo ha fatto.
  La questione è la seguente. Dal maggio del 2015, al di là della necessaria riservatezza su questi temi, questi poteri sono stati utili? Li state usando?

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. La prima è una domanda di scuola. Ho studiato dieci anni prima di lei e allora si parlava molto di moneta esterna e moneta interna.
  La moneta esterna si chiama base monetaria. Noi creiamo base monetaria comprando attività finanziarie. Questo vuol dire che la moneta cresce perché noi la creiamo, ma non è l'unica fonte. C'è anche una fonte di moneta interna, data dalle banche, il credito, e così via. Nel complesso, la moneta complessiva cresce non tanto, il credito cresce poco.
  Il problema è: che cosa sarebbe successo senza questo forte impatto di creazione monetaria da parte della Banca Centrale europea? Si sono fatte molte valutazioni, sulla base di diversi modelli. La nostra valutazione è che, nel complesso, la crescita nominale sarebbe stata di 3 punti in meno tra il 2015 e il 2017. L'effetto, quindi, c'è stato.
  Qual è il canale di trasmissione? È quello che passa attraverso gli effetti sulle attività finanziarie, in termini di ricchezza e di tassi d'interesse. In particolare, acquistando titoli a lungo termine, si abbassano i relativi tassi d'interesse e questi titoli si confrontano con possibili investimenti redditizi sul lungo periodo; portando i tassi d'interesse a livelli negativi per le banche che depositano le loro riserve presso la Banca centrale, si crea un disincentivo a tenere tali somme inutilizzate, incentivandone quindi l'utilizzo nell'ambito di programmi più vantaggiosi, e così via.
  Se la domanda è se questo abbia un effetto sulla crescita economica, la risposta è no. Con queste misure, effettivamente, si mira ad avere un effetto per avvicinare la domanda a livello di potenziale attività di tutti i Paesi dell'area euro. Ciò perché se c'è molta distanza l'effetto sui prezzi è negativo e si va a sommare all'effetto, una tantum, di abbassamento dei prezzi del petrolio o dell'andamento dei tassi di cambio.
  Questo è il meccanismo fondamentale. Molti parlano di helicopter money: si tratta, sostanzialmente, di creazione di moneta usando i mercati delle attività finanziarie e le banche per trasmettere impulsi.
  Un tempo la moneta era consolidata nei bilanci degli Stati. Quando io studiavo, vi era un vincolo di bilancio che diceva che il disavanzo pubblico è uguale alla variazione del debito dello Stato più la variazione della moneta, la quale era debito dello Stato. Con l'inflazione degli anni Settanta e Ottanta, si è deciso, sia a livello politico, sia a livello accademico, di separare le attività della Banca centrale da quelle del settore pubblico.
  Tale indipendenza è sostanzialmente operativa, non è quindi un'indipendenza nel senso che ognuno fa quel che vuole; deve infatti conseguire un obiettivo, che è la stabilità dei prezzi. Anche laddove gli obiettivi sono la stabilità dei prezzi e la massima occupazione, le due cose si possono considerare congiuntamente, e conducono comunque alla stabilità dei prezzi.
  La crescita è una cosa diversa. Per questo parliamo tanto di riforme strutturali e di politiche di bilancio. Ci interroghiamo molto su questi temi, come ci interroghiamo anche sul fatto se questa creazione di liquidità possa portare a rischi di instabilità finanziaria, perché potrebbe distorcere nei mercati la formazione dei prezzi di alcune attività finanziarie e creare bolle, e così via.
  Per ora, questo non sta accadendo. Il credito sta riprendendo, ma non sta esplodendo. Le crisi finanziarie che abbiamo visto in tutti gli ultimi anni sono crisi da eccesso di debito o di credito. Ciò non sta avvenendo, però ovviamente è una situazione che va osservata con molta attenzione. È anche questo uno dei motivi per cui bisogna stare molto attenti ai livelli dei tassi, ai tassi di interesse negativi e agli effetti che possono avere.
  Sull'uso di ISM, si tratta di strumenti di natura sovranazionale comunitaria, e vale quello che ho detto altre volte: è difficile avere una politica monetaria comune senza avere una politica di bilancio e fiscale comune. Tutto lo sforzo che facciamo è in questa direzione. Secondo me – è un'opinione personale non condivisa da altri Governatori – è difficile avere un Ministro dell'economia e delle finanze unico non dotato di un bilancio unico e della possibilità di utilizzare strumenti di debito comuni. È una questione aperta. Affinché, però, si progredisca e non si interrompa la costruzione europea di una moneta senza Stato, bisogna che ci sia «più Stato».
  Quanto ai poteri attribuiti alla Banca d'Italia, essi sono molto importanti. Alcuni di questi sono stati usati, di altri è in corso l'utilizzo per la prima volta. Vi sono però anche poteri che possono essere utilizzati direttamente nell'ambito del sistema europeo di vigilanza unica, per esempio nell'escussione dei fit & proper.
  In molte occasioni ho assistito, negli anni in cui sono stato Governatore, a passaggi di persone da fondazioni a banche, o nei consigli di amministrazione di banche, che forse sarebbe stato meglio non avvenissero, ancorché si trattava di soggetti che avevano esperienza in tanti altri campi. Si pone molta attenzione alle numerose decisioni che vengono prese ogni giorno in procedure scritte, esaminate a fondo nell'ambito del Consiglio di sorveglianza.

  ANNA CINZIA BONFRISCO. Ringrazio il signor Governatore. Con la sua relazione sull'attività della Banca d'Italia – descritta con grande precisione – e con le dichiarazioni in essa contenute, ci ricorda la grande collaborazione fornita dalla Banca d'Italia al Governo e al Parlamento, nell'ambito di molti provvedimenti legislativi. Ha citato lei il decreto-legge sulle banche popolari, sulle banche di credito cooperativo, fino all'attuazione del bail-in, largamente sostenuta in una fase della nostra attività legislativa. Tutti noi ricordiamo infatti il modo in cui abbiamo recepito la direttiva sul bail-in.
  Fino all'ultimo tema, last but not least, dei consulenti finanziari. La vostra attività, insieme a quella di CONSOB, ha dato finalmente vita a quest'organismo di vigilanza. Si è persa un po’ la natura innovativa del consulente finanziario, che si voleva libero dal conflitto di interessi con le banche, quindi autonomo, «fee-only», come viene definito. Ciò anche per offrire all'ampio processo di ristrutturazione del nostro sistema del credito uno sbocco lavorativo diverso e alternativo rispetto al settore bancario, di tante competenze che si sono sviluppate all'interno al sistema bancario.
  Tuttavia, le do una notizia, Governatore: siamo nell'anno del fallimento di molte banche italiane. È successo all'improvviso, senza che nessuno se ne sia accorto per tempo: abbiamo assistito al crac di una piccola quota del sistema del credito italiano, con le quattro piccole banche, e poi c'è stato il «macigno» delle banche venete, nell'ambito del quale, evidentemente senza che nessuno se ne accorgesse, sono state bruciate centinaia di miliardi di risparmi, di valore e di sostegno all'economia di quel territorio. Si tratta di uno dei territori più avanzati dal punto di vista della crescita, dello sviluppo industriale, oltre ad essere uno dei pochi distretti ad oggi in grado di competere sui mercati internazionali.
  Come ricordava il collega Causi, avete strumenti potentissimi a vostra disposizione. Non siete, infatti, solo i soggetti che possono inviare la Guardia di Finanza o i Carabinieri. La Banca d'Italia ha un grande ruolo e un importante potere di moral suasion.
  Torno a ricordare: dove eravamo tutti quando il bail-in è stato recepito in quel modo, mentre oggi, con ritardo e con grande difficoltà, ne chiediamo la revisione e la gradualità, per poterlo adattare al sistema italiano, diverso non solo dal punto di vista bancario, ma anche dal punto di vista culturale? L'asimmetria tra le informazioni che detiene la banca rispetto a quelle detenute da un risparmiatore è evidente.
  Considerando quest'insieme di cose, non pensa che, nell'anno orribile dei fallimenti bancari, oltre che aiutare, ispirare e sostenere l'attività dei Governi e del Parlamento perché legiferi al meglio, ci possa essere anche un'assunzione di responsabilità? Chi ha suggerito questo è un'altra questione.
  Come ho affermato ieri in Aula, in questa vicenda di cui nessuno si assume la responsabilità, il Parlamento chiede di conoscerla, affrontarla e analizzarla, in virtù del suo ruolo, limitato e modesto, di rappresentare i cittadini e difendere i loro diritti. Primo fra tutti, il diritto di vedere garantito il loro risparmio, come previsto dalla Costituzione. È possibile che una Commissione di inchiesta sul sistema bancario consenta ai cittadini italiani di conoscere la verità? Finora, sono stati completamente all'oscuro della verità.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MAURO MARIA MARINO

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al Governatore, vorrei fare il punto sugli interventi. Ho iscritto a parlare l'onorevole Capezzone, il senatore Carraro, l'onorevole Busin, l'onorevole Villarosa, l'onorevole Paglia e l'onorevole Pesco.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Grazie mille per quest'intervento, che, oltre a porre una domanda, contiene anche un'affermazione e una valutazione.
  Cominciamo dal bail-in. Il Governo ha presentato un provvedimento che il Parlamento ha approvato e ha messo in atto l'anno scorso. Si tratta del recepimento di una direttiva europea. Non credo che la direttiva, una volta che debba essere recepita, possa non essere accolta, perché è un provvedimento di rango superiore. Il punto è come si è svolta la discussione sulla direttiva e con quale iter si è giunti all'approvazione del provvedimento.
  Mi sono espresso varie volte su questo tema, quindi cercherò di essere breve. Il punto fondamentale è che «bail-in» significa non scaricare sulla generalità dei consumatori i problemi che nascono all'interno di una banca e, a questo punto, per evitare l’«azzardo morale» della banca, mettere la banca stessa, e quindi i creditori (inclusi gli azionisti), nella condizione di dover sostenere i costi o le perdite. Si tratta di un principio che si è affermato dopo gli effetti della crisi finanziaria, che le nostre banche non hanno subìto.
  C'è stata una forte interazione su questi temi, a livello tecnico. La Banca d'Italia, presente a Francoforte, anche sul piano decisionale, non lo è a Bruxelles, però abbiamo dato un contributo molto importante alla discussione, sia sulla comunicazione della Commissione sugli aiuti di Stato, sia sul bail-in.
  Il problema finora ha riguardato gli aiuti di Stato. Il bail-in è un rischio che cerchiamo di tenere sotto controllo, ma il punto fondamentale è la comunicazione della Commissione europea sugli aiuti di Stato, che risale al 2013. Si è svolta una discussione, all'esito della quale la Commissione europea ha assunto le proprie decisioni, con tutta l'indipendenza legata al fatto che la responsabilità di garantire la pari concorrenza è totalmente nelle mani della Commissione stessa.
  Hanno quindi elaborato alcune proposte, sulle quali siamo intervenuti con molta decisione, anche per iscritto. Ho consegnato uno di questi interventi scritti alla 6ª Commissione del Senato: il cosiddetto non-paper, che abbiamo inviato e che è stato distribuito ai rappresentanti degli altri Paesi. È un'analisi tecnica sulla comunicazione sugli aiuti di Stato, sia per gli aspetti legati al bail-in, sia sul fatto che gli strumenti da utilizzare non potessero essere quelli esistenti, bensì strumenti contrattuali nuovi, per i quali non sussisteva la retroattività. Abbiamo altresì fatto presente che la gradualità doveva essere assicurata, dando un tempo lungo, necessario per comprendere le novità introdotte.
  La comunicazione è nella totale responsabilità della Commissione europea e vale per tutti. Essa ha, infatti, un potere legislativo al quale non possiamo sottrarci. È inoltre titolare di un potere interpretativo su ciò che è aiuto di Stato e ciò che non lo è.
  Negli ultimi anni, come ho affermato nella mia relazione, la Banca ha preso una serie di provvedimenti. Ho elencato il numero di provvedimenti e ho anche enunciato quanti sono i casi di amministrazione straordinaria. Quelli non risolti sono relativi alle citate quattro banche. La vicenda delle banche venete è diversa; ne parlerò poi.
  Le quattro banche sono state sottoposte al burden sharing. La comunicazione della Commissione europea non ha riconosciuto la possibilità di utilizzare il Fondo di tutela dei depositi interbancario privato, affermando che, da quando tale Fondo è diventato obbligatorio, anche se i soldi sono privati e le decisioni sono prese indipendentemente dai partecipanti, deve essere considerato un aiuto di Stato. C'è una controversia aperta su questo punto.
  Perché si è proceduto cercando di convincere la Commissione della possibilità di utilizzare tale Fondo, senza che loro dessero una risposta se non a metà novembre, con la quale hanno preannunciato che la loro risposta sarebbe stata negativa? Ebbene, sapendo che la loro interpretazione sarebbe stata negativa, questo Fondo non poteva essere usato. Se lo fosse stato, le banche avrebbero dovuto apporre un corrispondente ammontare nei loro bilanci, per neutralizzare il rischio legale di una dichiarazione negativa da parte della Commissione europea.
  Nei fatti, quindi, il Fondo non poteva essere utilizzato. L'unica possibilità era convincerli che il Fondo interbancario era uno strumento che poteva essere usato, come previsto, peraltro, dalla direttiva sui fondi, la quale è, sul punto, in contrasto con la direttiva sulle risoluzioni bancarie. Si trattava di un problema interpretativo.
  L'interpretazione che è stata data – che nasce dall'intervento sul caso Cassa di risparmio della provincia di Teramo (Tercas), risolto in questo modo dalla Corte di giustizia – è ora oggetto di contestazione; ex ante non si poteva agire diversamente, perché le banche sarebbero fallite.
  Le banche non sono fallite. Questo è un punto importante. La stabilità, che attiene alla nostra responsabilità, è stata assicurata, perché tutta la componente di passività, a parte i crediti subordinati, e tutta la componente di attività delle banche ha continuato a funzionare, garantendo il finanziamento dell'economia locale e mantenendo i depositi.
  Il problema del burden sharing sui crediti subordinati è gravissimo, perché si applica a uno strumento acquisito prima dell'adozione della decisione della Commissione e l'obbligazione subordinata è stata trasformata in uno strumento che può essere utilizzato per far fronte alle perdite. A questo strumento era associato, a suo tempo, il rischio che la banca fosse liquidata: siccome nessuna banca era stata liquidata, quel rischio poteva essere giudicato basso; c'è poi il tema del modo scorretto con cui molti di questi titoli sono stati ceduti alla clientela da parte delle banche.
  Questa è una cosa che va sicuramente stigmatizzata e deve essere sanzionata, ma non attiene alla natura del rischio connesso a quello strumento. Esso aveva il rischio connesso con la possibilità di una liquidazione. Le liquidazioni non c'erano state, il rischio era quindi modesto. Questo è il punto. C'è poca differenza, infatti, tra i tassi d'interesse di questi strumenti e i tassi di obbligazioni ordinarie.
  Nel momento in cui diventa il primo strumento per far fronte alle perdite effettive della banca, il rischio collegato al credito subordinato cambia moltissimo. Per questo volevamo usare uno strumento contrattualmente dedicato a questo scopo, nell'ambito del burden sharing. Perché non ci siamo riusciti? Sicuramente si è trattato di un fallimento nello spiegare le nostre ragioni e nel convincere il resto del mondo. È un fallimento nostro e del Paese. Su questo sono pienamente d'accordo. C'è una responsabilità.
  Bisogna considerare, tuttavia, che siamo 28 Paesi, 19 dei quali all'interno dell'area euro, e molti di questi Paesi volevano mettere in sicurezza i propri conti pubblici, dopo aver utilizzato largamente le risorse statali per risanare i loro sistemi. Noi abbiamo avuto sicuramente la sfortuna grave di una crisi economica, ma non a causa di una crisi finanziaria, posto che i prodotti di finanza strutturata nei bilanci delle banche non erano molto diffusi. C'erano nel Monte dei Paschi e nella banca tedesca posseduta da UniCredit, perché era una caratteristica del sistema tedesco quello di avere conduit che investivano nei mutui subprime.
  Quel rischio è stato coperto da alcuni Stati ma altri Stati hanno detto basta. Oltretutto, c'è stato il caso della Spagna, per la quale c'è stato un intervento diretto, perché si è verificato il fallimento delle banche, che avevano un'esposizione concentrata nei confronti di un intero settore, quello immobiliare, i cui prezzi erano crollati. Nel nostro caso abbiamo avuto un graduale peggioramento della situazione finanziaria delle banche, legata a una crisi economica straordinaria, continua e prolungata, con una caduta del PIL del 10 per cento e della produzione industriale del 25 per cento, che non poteva non riflettersi anche sugli istituti bancari.
  In tale quadro, è stato per me prioritario l'obiettivo di evitare la crisi sistemica dell'intero sistema bancario. Con il 25 per cento in meno della produzione industriale, abbiamo mantenuto un sistema bancario in funzione – una funzionalità abbastanza buona – ma incorrendo in questi incidenti gravissimi legati a cambiamenti normativi, che non siamo usciti a contrastare.
  Secondo la BRRD, cioè il bail-in, secondo il quale, nel caso in cui si debba mettere in risoluzione una banca, con rischi di instabilità del sistema più che di azzardo morale, interviene l'Autorità di risoluzione con tutti gli strumenti a sua disposizione, senza tuttavia utilizzare fondi pubblici; qualora lo stato di crisi sia insanabile, la banca viene liquidata. Questo è come è cambiato il mood, il modo di pensare.
  Si può cambiare la disciplina sul bail-in? Lo si può applicare in modo diverso? Se ne sta discutendo molto. Se ne parla con tutte le Autorità responsabili della vigilanza di altri Paesi e tutti capiscono il problema. Come avrà notato, però, molti dicono che il bail-in di per sé è qualcosa di giusto, mentre la sua applicazione è un problema complesso. La mia idea è che lo capiremo solamente se ci sarà una crisi grave; ci vuole quello che si chiama tecnicamente un back stop, da utilizzare per frenare la crisi.
  Per quanto riguarda le banche venete, nel corso delle nostre ispezioni abbiamo riscontrato gravi irregolarità. Abbiamo fatto un'ispezione prima del comprehensive assessment, per quel che riguarda una delle due banche in questione, e sono state immediatamente effettuate le segnalazioni.
  La cosa straordinaria è che ciò sia avvenuto tra il 2013 e il 2014, mettendo in atto operazioni che sono, lo ripeto, straordinarie. Alla banca, indipendentemente dalla sua trasformazione in società per azioni, è stato richiesto di aumentare la capitalizzazione, per superare il comprehensive assessment, cioè lo stress test.
  Tutte le banche italiane hanno superato quello che si chiama il quality assessment, ma lo stress test è il test che alcune banche facevano fatica a superare. La banca Monte dei Paschi di Siena e Banca Carige non lo hanno superato.
  La Banca Popolare di Vicenza ha effettuato un aumento di capitale per superarlo. Quest'aumento di capitale è stato, però, effettuato in modo assolutamente non conforme, né alle prassi, né alle norme. Dal gennaio 2014, infatti, vi è l'obbligo, per le banche che fanno acquisto di azioni proprie, di comunicarlo alla Banca d'Italia.
  Nel corso del comprehensive assessment, ci siamo accorti che questa banca faceva acquisti di questo tipo ma non li comunicava. A questo punto, abbiamo svolto una verifica: ci hanno risposto che si erano sbagliati e che lo comunicavano allora. Sarebbero stati sanzionati, ma ci siamo posti il problema del perché lo facessero. A questo punto, eravamo in pieno comprehensive assessment.
  La Banca d'Italia ha poi deciso di fare un'ispezione ma, a seguito di contatti con la BCE, che sarebbe subentrata nell'attività di vigilanza alla Banca d'Italia ai primi di novembre dello stesso anno, abbiamo deciso di farla successivamente, come BCE, appena il comprehensive assessment fosse terminato. La cosa straordinaria che è emersa sono stati i cosiddetti finanziamenti «baciati», il che vuol dire che molte delle azioni emesse dalla banca per capitalizzarla sono state finanziate direttamente dalla banca stessa; si tratta di una pratica che determina l'annullamento dell'aumento di capitale finanziato in quel modo.
  Questa vicenda è in mano alla Magistratura, la quale è stata immediatamente coinvolta. Gli ispettori della Banca d'Italia hanno dato immediatamente notizia della situazione emersa alla Magistratura. Siamo inoltre intervenuti direttamente, chiedendo di cambiare gli organi amministrativi. L'amministratore delegato è stato sostituito. Il presidente è andato via. Che cosa succederà ora?
  Essendoci un miliardo di euro da sostituire è intervenuta la BCE dicendo che la banca era al di sotto dei requisiti regolamentari richiesti e bisognava, quindi, ricapitalizzare. Si è andati quindi sul mercato per ricapitalizzarla. Nel frattempo, è stata approvato il decreto-legge sulle banche popolari. Il problema è che il mercato non ha risposto perché, da un lato, era in atto una crisi collegata a fatti esogeni; dall'altro, c'era sfiducia nei confronti della banca. È nato quindi il fondo Atlante, di iniziativa privata. Questo fondo è intervenuto per ricapitalizzare.
  Che cosa è successo ai risparmiatori? Sicuramente, a chi aveva depositi, obbligazioni e obbligazioni subordinate, niente. La stabilità dei finanziamenti è stata mantenuta. Ovviamente, purtroppo, rimangono anche i crediti deteriorati, le sofferenze, e via dicendo.
  Quanto alla ricapitalizzazione della banca, il valore delle azioni viene costituito sulla base del price to book ratio prevalente in istituzioni finanziarie simili. Esso, attualmente, non è 1, ma sotto 1, per la bassa redditività del settore. Perciò il valore di quelle azioni viene abbassato. Se il valore di prezzo rispetto al libro è il 38 per cento, bisogna che sia questo il valore corrispondente per effettuare la nuova valutazione. A questi livelli, la valutazione ha comportato il disastro; ciò è evidente.
  Come si risolve questa situazione? C'è molto da dire. Sicuramente, c'è un problema riguardo al modo in cui queste azioni sono state vendute nel tempo ai risparmiatori e a cosa è stato detto loro. Bisogna inoltre che nessuno investa tutti i suoi soldi in un solo investimento, per esempio investendo nelle azioni di una banca. E c'è da dire che, forse, nel ricapitalizzare o nel vendere questa banca, metodi per indennizzare, in parte, coloro che hanno perso i loro soldi possono essere ideati dagli stessi nuovi proprietari, attraverso warrant e altri tipi di interventi.
  Non so se sono stato esauriente. Ovviamente, ci sono molte altre cose che credo lei pensi che io debba dire, però questa è la mia risposta.

  ANNA CINZIA BONFRISCO. La ringrazio, Governatore. Non penso questo, intendo solo scusarmi con lei se sono sembrata polemica nei suoi confronti. In realtà, è il Parlamento che ha la necessità di assumersi una responsabilità e acquisire la conoscenza dei dati. Quello che ha potuto fare lei ce lo ha raccontato.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Anch'io mi assumo le mie responsabilità in questo caso. Quando non siamo riusciti a intervenire sulle decisioni della Commissione europea sugli aiuti di Stato, per noi è stata una sconfitta. Lei non sa quante e-mail di protesta ci sono state; c'è chi, nella Commissione, afferma che l'unica istituzione che non ha capito che bisognava fare così come si è deciso di fare è la Banca d'Italia. È stato un confronto molto difficile.
  A ciò va aggiunto che non abbiamo avuto forse neanche il sostegno – non lo dico polemicamente – che hanno avuto per esempio la Germania o la Spagna, nel percorso di creazione dell'Unione bancaria, la quale rappresenta la risposta alla crisi dei debiti sovrani e la ripresa di un processo di unificazione. Quei Paesi hanno avuto sempre la stessa struttura politica rappresentata a Bruxelles. Noi abbiamo avuto, tra il 2013 e il 2014, tre Governi. Questo non è da poco. Si tratta di persone molto valide, ma ovviamente ogni volta c'è da rimettere in discussione, in un confronto ministeriale, progressi raggiunti nel tempo e che hanno visto protagonisti diversi. Questo, quindi, è un problema che abbiamo dovuto affrontare.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MAURIZIO BERNARDO

  DANIELE CAPEZZONE. Le ho inviato nove giorni fa una lettera aperta e pubblica, permettendomi di chiederle un atto di trasparenza sul doloroso caso di Banca Etruria. Chi parla è un garantista e un liberale, quindi totalmente disinteressato a questioni giudiziarie o ad approcci giustizialisti, ma sono molto preoccupato di un altro aspetto di crony lending, cioè di credito facile, credito agli amici e agli amici degli amici. Se un cittadino si reca presso un istituto bancario anche per un piccolo fido, giustamente o no, viene sottoposto a un'analisi del sangue. Qui c'è ragione di ritenere che sia accaduto altro.
  Per questo le chiedo, sottolineo nelle forme e nei modi che riterrà più opportune, un atto di trasparenza: rendere noto chi abbia ricevuto credito da Banca Etruria, quanto abbia ricevuto, con quali piani di rientro e con quali garanzie.
  Ho ricevuto ieri, e la ringrazio molto per questo, una sua risposta articolata e di spessore, con la ricostruzione di altre vicende che le ponevo. La ringrazio per questo ma, su questo punto lei, in modo comprensibile dal suo punto di vista, mi dice che c'è un segreto d'ufficio e che avete comunicato le posizioni anomale all'autorità giudiziaria, trasmettendo la documentazione sulle posizioni anomale alla Magistratura.
  Comprendo la sua risposta, ma immagino che lei comprenda la mia delusione. Innanzitutto questo vuol dire che sarà, forse, la Magistratura a togliere le castagne dal fuoco o a mettere le castagne sul fuoco, a toglierne alcune e a metterne altre. Mi interessa fino a un certo punto. A me interessa ciò che avverrà dopo e oltre gli eventuali reati, che non compete né a lei né a me, ovviamente, individuare o contestare.
  Camminiamo, come lei sa, sull'orlo di un burrone. È difficile fare previsioni. Il futuro è naturalmente fuori controllo. Viviamo nel tempo dell'oscuro e dell'imperscrutabile, però nel nostro Occidente – e l'Italia ha delle condizioni di fragilità particolari – ci sono tante condizioni rischiose, che possono innescare una crisi, quali la bassa crescita, i debiti sovrani altissimi, tassi innaturalmente bassi, la fragilità delle banche, i non performing loans, le banche italiane con portafogli così esposti sul piano del debito pubblico.
  La situazione è già così delicata che richiederebbe una visione sull'architettura del sistema bancario. Ho letto con grande passione il contributo di idee dell'ex Governatore della Banca d'Inghilterra, Mervyn King, su questi temi. Dinanzi a questa situazione così opaca, oscura, rischiosa e imperscrutabile, è necessario, da parte di tutti, e quindi da parte sua e della politica, almeno comprendere che, dopo tanti strappi, occorre un atto di «sutura» simbolico con i cittadini. Trovi lei le forme e i modi, ma non perda l'occasione, Governatore.
  Le preannuncio che la sua risposta, molto gradita, per me non conclude il dialogo e l'interlocuzione. Reitererò la domanda in molte forme. Ho l'impressione che se non si risponde a quella domanda – chi ha avuto credito facile procurando danni così gravi e perché? c'è qualcuno che ha avuto un percorso preferenziale sul piano del crony lending? – sia un grosso problema.
  Concludo con un sorriso, ma con un sorriso serio. Tutti amiamo la Toscana e amiamo l'arte. C'è un meraviglioso affresco del Vasari nel quale è raffigurata una bandiera sulla quale ci sono le parole: «cerca», «trova». Penso che quelle due parole, cerca e trova, dobbiamo averle tutti molto presenti.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Non c'è molto da aggiungere. Certo che comprendo quello che lei chiede. Sulla questione di rivelare ciò che emerge dalle ispezioni della Banca d'Italia, vi è una norma di legge che prevede addirittura sanzioni penali per chi faccia tali rivelazioni. Possiamo parlarne soltanto con la Magistratura e, in alcuni casi, con le autorità di controllo. Questo è un dato certo, dopodiché tutto ciò che la Magistratura definirà come illegale, illecito e così via, sarà reso disponibile.
  Sul piano concreto, invece, se ci sono state attività delle banche, le quali sono imprese private, che non rispondono a criteri di sana e prudente gestione, la Banca d'Italia interviene e lo fa con tutti gli strumenti a sua disposizione: le amministrazioni straordinarie, quando ciò è possibile, le rimozioni, le sanzioni, le quali sono anche rese pubbliche e, in alcuni casi, utilizzate al di là della sfera semplicemente tecnica.
  Alla domanda su quali sono i crediti concessi e a chi, francamente non è possibile rispondere. Non è possibile sul piano penale e sul piano normativo in generale. La legge l'ha approvata anche lei... Sì, sicuramente, perché lei rappresenta il Parlamento, ed è una legge del Parlamento. Se verrà modificata, io non avrò problemi a rendere disponibili le risultanze delle ispezioni della Banca d'Italia. Io devo attenermi alla legge e la Banca d'Italia si attiene minuziosamente a quanto stabilito dalla legge. Non c'è dubbio su questo. Abbiamo una struttura legale nella Banca d'Italia e qualunque decisione assumiamo viene presa collegialmente dopo un'istruttoria da parte degli uffici, sulla quale svolgiamo un'interazione sia formale sia sostanziale, come reso evidente dal fatto che, in tutti i casi in cui appuriamo comportamenti di questo genere, prendiamo provvedimenti.
  Le centinaia di lettere di richiamo, con le quali obblighiamo a non adottare certe pratiche, a tenere il credito sotto certi livelli, e così via, hanno tutte alla base due o tre ragioni: organizzative; concessione di credito agli amici, alle parti correlate o in modi che sono impropri e che vengono sanzionati con dettagli specifici.
  Le nostre decisioni sono spesso oggetto di ricorso davanti alla Magistratura, ma si tratta di ricorsi i quali vengono praticamente tutti respinti, perché le nostre decisioni sono documentate e precise.

  DANIELE CAPEZZONE. Governatore, scansare il problema non aiuterà neanche lei, mi creda.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Per niente, anzi affronto decisamente il problema, e lo affrontiamo decisamente banca per banca. Questa è la prima parte della risposta.
  Per quanto riguarda invece il problema dei crediti deteriorati, sicuramente in parte riflette questo. Mi creda, però, che ciò rappresenta una piccola parte del problema. La maggior parte del credito deteriorato e del gravissimo aumento delle sofferenze nel Paese è legata all'economia reale. Non sono le banche ad aver creato l'economia reale, ma l'economia reale che ha determinato il credito deteriorato. A supporto di questo ci sono una serie di analisi.

  FRANCO CARRARO. Il fatto di non intervenire per primo mi dà la possibilità di fare un brevissimo commento di introduzione.
  Gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, soprattutto dell'onorevole Capezzone e della senatrice Bonfrisco, rilevano e confermano come sarebbe utile una Commissione d'inchiesta parlamentare. Mi duole constatare che la maggioranza e lo stesso Governo si erano precipitati nel dire «ben venga, facciamo presto», mentre temo che finiremo la legislatura senza approvare la legge istitutiva della Commissione. Penso che essa sarebbe utile, non per sostituirci alla Magistratura, ma per cercare di individuare, sulla base dell'esperienza fatta, gli strumenti per evitare che questa situazione si ripeta.
  Fatta questa breve premessa, signor Governatore, vorrei porle un quesito molto preciso. È vero che le banche sono imprese private. È altrettanto, però, vero che la loro rilevanza sociale è molto superiore a qualsiasi altra impresa. Lo conferma il fatto che, in Europa, c'è un sistema di vigilanza sulle banche, che non c'è per le imprese metalmeccaniche, chimiche, e così via. È giusto che ci sia, per carità.
  Nella sua relazione, si afferma che il Consiglio di stabilità finanziaria ha confermato il gruppo UniCredit come una delle tre istituzioni a rilevanza sistemica nazionale e l'unico gruppo bancario italiano a rilevanza sistemica globale. I poteri della vigilanza credo riguardino anche il fatto di accertarsi che un gruppo bancario importante come UniCredit per prima cosa rispetti le regole di governance: secondo lei, sono rispettate le regole di governance in un istituto in cui la posizione di amministratore delegato è sostanzialmente, non solo formalmente, vacante da qualche tempo e ancora non si sa quando tale questione sarà risolta?
  Lo dico sulla base delle informazioni di stampa, ma anche sulla base delle interviste rilasciate dagli interessati, tra i quali membri del consiglio di amministrazione, lo stesso amministratore delegato Ghizzoni. Siamo peraltro non solo in un momento in cui il sistema bancario ha i noti problemi che conosciamo, ma anche in una giornata nella quale l'esito del referendum in Gran Bretagna potrebbe determinare dei contraccolpi.
  Posto che la Banca d'Italia ha poteri di vigilanza, i quali sono stati anche rafforzati – come ricordato dall'onorevole Causi – in che modo intendete intervenire? Le sembra una situazione normale?

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Potrei dire che di questo si parla a Francoforte. UniCredit infatti è una banca significant, che ha un Joint Supervisory Team (JST), cioè un gruppo di analisi che la osserva minuto per minuto, di cui, peraltro, per due terzi fa parte personale della Banca d'Italia. È ovvio quindi che la seguiamo ed è ovvio anche che di questo si discuta in ambito di vigilanza unica.
  La questione credo sia assolutamente importante. È evidente che un gruppo di queste dimensioni deve essere guidato con tutti i poteri e chiediamo quindi che si arrivi presto all'individuazione di persone in grado di condurre la banca – in base alla valutazione dei soci – ad avere condizioni economico-finanziarie migliori di quelle attuali.
  Si tratta certamente di situazioni che sono state valutate nel comprehensive assessment e sui mercati; il Gruppo deve prendere decisioni rilevanti sul piano organizzativo e sul piano gestionale. Deve avere quindi un'amministrazione che funzioni. Confido che questo abbia luogo in tempi molto brevi. In base alle mie informazioni si sta determinando la rosa entro la quale sarà effettuata la selezione.
  È evidente che seguiamo tale vicenda con molta attenzione, ma condivido il suo punto di vista: occorre, come probabilmente per tutti i gruppi più importanti, un sistema di governance che preveda interventi nel caso in cui si debba sostituire figure di vertice. Bisogna averle preparate per tempo, in modo che siano disponibili. Comunque la vigilanza, in particolare la vigilanza europea, non sta ferma. Siamo molto consapevoli dell'importanza di una banca di rilevanza sistemica come questa.

  FILIPPO BUSIN. Grazie Governatore, avrei due domande molto brevi.
  La prima riguarda il sistema Target 2, citato nella sua relazione. Mi è venuto in mente un grafico pubblicato dalla BCE qualche giorno fa, in cui ci sono i saldi del Target 2, che dopo il rientro dal divario toccato nel 2012 a seguito delle crisi dello spread del 2011 (aveva toccato la soglia di 700 miliardi di euro a credito della Germania e, specularmente, circa 200 miliardi a debito sia per l'Italia sia per la Spagna), ha cominciato a ricrescere nel 2015, raggiungendo di nuovo picchi simili in questi giorni.
  È un dato per cui dobbiamo allarmarci? Prelude a una crisi del sistema dell'Unione monetaria? La Banca d'Italia, la Deutsche Bank e la BCE possiedono sistemi regolatori, o questo divario tra i saldi del Target 2 potrà aumentare all'infinito, senza che nessuno se ne preoccupi?
  La seconda questione, che ha citato anche lei, riguarda quello che è successo, gravissimo a mio parere, negli anni 2013 e 2014, specificatamente nella Banca Popolare di Vicenza. Mi riferisco alla sopravvalutazione, acclarata anche da Banca d'Italia con numerose ispezioni, con sanzioni a carico del consiglio di amministrazione e dei vertici della banca, fatte non più tardi del dicembre 2012 e con esposti in procura dell'ADUSBEF nel 2008 relativi alla sopravvalutazione. Era dunque evidente, almeno per i vertici delle banche e per gli istituti di sorveglianza, che il prezzo di 62,50 euro ad azione era esagerato.
  Ora, negli anni 2013 e 2014 non ci sono stati solo i prestiti baciati e gli aumenti di capitale da lei richiamati. Magari il problema fosse solo questo. Il danno sarebbe limitato.
  In quei due anni, sono stati fatti 43.000 nuovi soci – tra i quali piccolissimi risparmiatori completamente privi delle conoscenze necessarie per acquisire strumenti finanziari con quel grado di rischiosità – e tutto ciò è avvenuto nel totale disinteresse da parte della CONSOB.
  La mancanza di sorveglianza da parte della CONSOB è altresì acclarata dal fatto che nelle ultime due operazioni di offerta pubblica sia di Banca Popolare di Vicenza sia di Veneto Banca, la CONSOB stessa ha prodotto un documento informativo di circa mille pagine illeggibili – esso appariva come un'autodenuncia delle malefatte di queste due banche – con il quale veniva scoraggiato in ogni modo l'acquisto di azioni. Tali azioni, peraltro, erano al prezzo di 10 centesimi e non più di 62,50 euro.
  Questo disastro ha portato anche ad alcuni suicidi. Due persone si sono suicidate nella provincia di Vicenza e recentemente c'è stato un tentato suicidio. Essi sono il frutto della disperazione di migliaia di famiglie e della crisi di migliaia di piccole e microimprese. Non mi riferisco a grandi imprenditori, i quali hanno gli strumenti finanziari e anche culturali per affrontare una determinata crisi e l'acquisto delle azioni.
  Di fronte a questo disastro, a questa tragedia, la Banca d'Italia ha fatto una riflessione? È mancata la comunicazione con la CONSOB? C'è un responsabile? C'è stata una presa di coscienza? Si è studiata un'azione correttiva che eviti che questi disastri avvengano in futuro? Altrimenti navighiamo nel buio e sull'orlo del precipizio, come diceva il collega Capezzone, ed è molto facile che ci cadremo anche dentro nel prossimo futuro.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Sul tema Target 2 la risposta è più semplice, nel senso che non siamo molto preoccupati. Inoltre, negli ultimi giorni è risalito di nuovo molto fortemente; questo andamento riflette, da un lato, i movimenti di capitale all'interno dell'area e, dall'altro, risente delle politiche di rinnovo e di rollover del debito pubblico. Molti di questi aumenti sono dovuti a questi aspetti tecnici.
  È ovvio, però, che esso non può aumentare all'infinito. Non avrebbe senso. Il motivo è banale. Ipotizziamo che la Grecia o un altro Paese esca dall'Unione europea senza onorare i suoi impegni; ovviamente quella situazione verrebbe ripartita tra tutti gli altri Paesi. Si tratta, quindi, sicuramente di una situazione tenuta sotto controllo, ma è una questione diversa dal movimento autonomo di pagamenti che avveniva un tempo e dalla fuga di capitali. Non è quello, sia chiaro. Da quel punto di vista, quindi, non siamo preoccupati.
  Quanto alla Banca Popolare di Vicenza, certamente c'è un problema serio. Uno dei motivi per cui, per molti anni, contro il parere di moltissimi soggetti, anche all'interno del Parlamento, purtroppo, la Banca d'Italia ha affermato che bisognava intervenire sulle banche popolari, si riferiva esattamente a questo tipo di problemi. Le grandi banche popolari, le quali raccoglievano i soci nel territorio ma erano presenti sull'intero territorio nazionale, avevano vertici autoreferenziali e poco trasparenti. Rilegga i miei discorsi degli ultimi quattro, o cinque, anni. Usavo questi termini per le banche popolari.
  Si può dire quello che si vuole sull'attività del Governo, però la ragione della riforma delle banche popolari risiede sostanzialmente nella difficoltà di capire la relazione tra il sistema cosiddetto di «una testa un voto», e il capitale investito nella banca. Gli azionisti della banca non ne avevano il controllo. È possibile anche che molti di questi soggetti siano stati indotti in modo scorretto, probabilmente, a investire nelle azioni della banca.
  Se così è, dovranno essere applicate delle sanzioni. Credo che, per quanto riguarda l'intervento di ricapitalizzazione della banca – anche gli azionisti nuovi potrebbero pensare di intervenire in questa direzione – ci sia indubbiamente un problema. Come si affronta? È molto complicato.
  Quello delle azioni delle banche popolari è un valore deciso dall'assemblea. Il codice civile lo stabilisce molto chiaramente. Poiché quel valore doveva essere giustificato, abbiamo chiesto alle banche di usare una metodologia ben definita. Che cosa è stato fatto?
  Hanno chiamato alcuni esperti per definire il valore delle banche – si trattava di banche non quotate – sulla base di modelli che si rifanno al dividend discount model, i quali prendono a riferimento il flusso dei dividendi previsto per il futuro, sulla base dell'operatività prevista nei piani industriali della banca, anziché, come si fa adesso, valutare una banca che si deve vendere in borsa sulla base dei cosiddetti multipli.
  Il multiplo è esattamente quel price to book ratio: ad esempio, se il capitale della banca è 100, però il mercato lo valuta 40, quindi di fatto è 40, questo vuol dire che quel 100 viene svalutato a 40. Nel caso, però, di una banca non quotata e non per azioni, il metodo usato ha stimato un valore e lo ha mantenuto, ma è molto difficile pensare che estrapolasse una perdita continua. Se estrapolasse, infatti, una perdita, bisognerebbe che tutti andassero a casa. Nell'assemblea ovviamente questo non avviene.
  Quando è stato abbassato il valore da 60 a 40? Quando è stato applicato per la prima volta un multiplo per valutare che cosa sarebbe successo se questa banca fosse stata quotata in quel momento.
  Tenete conto che, se fosse stato usato il multiplo del 2013, o del 2014, sarebbe emerso che il capitale aveva un multiplo di 1,8 anziché di 0,40. È stato, quindi, aggiustato, dopodiché è mancato il capitale, e a questo punto il valore è crollato nel momento in cui si è ipotizzato di accedere al mercato di borsa. Si è trattato di una vicenda molto grave, sicuramente, però noi non avevamo nessuno strumento per intervenire.
  Non lo possiamo vietare, però bisogna interrogarsi sull'acquisto di prodotti di una banca da parte dei clienti della banca. Ci sono aspetti che vanno accertati. Non è una questione da commissione d'inchiesta, ma da commissione di studio, e non è banale.
  Ovviamente, la soluzione di andare sul mercato comporta tutti i rischi del mercato stesso, quali eccessi di oscillazione, informazioni asimmetriche, necessità di intervenire nel caso ci siano interventi speculativi di insider trading. Però consente di attribuire un valore sulla base del quale poi ragionevolmente valutare la consistenza.
  Le vorrei dire un'ultima cosa proprio sulla Banca Popolare di Vicenza, che, a parere di molti, era «usata» dalla Banca d'Italia. Banca d'Italia non ha mai usato la Banca Popolare di Vicenza. Tutte le aggregazioni che quella banca voleva fare non sono state fatte, sebbene essa volesse farle. L'aggregazione che la Banca Popolare di Vicenza voleva realizzare con la Banca Etruria non è stata voluta da quest'ultima. La Banca d'Italia ha quindi sanzionato la Banca Etruria non perché non ha effettuato la fusione con la Banca Popolare di Vicenza, ma perché non ha fatto niente per dare seguito alla nostra richiesta di realizzare un'aggregazione. Non hanno assunto alcuna azione in quella direzione.
  C'è stata una volta in cui abbiamo chiamato sia la Banca Popolare di Vicenza sia Veneto Banca, anni fa, per farle confrontare. Erano, infatti, due banche non quotate. Volendo aggregare una banca non quotata e una quotata si sarebbe creato un problema molto serio di definizione del prezzo. Nella possibile aggregazione che, anche a livello politico, in Veneto, veniva sostenuta all'epoca tra queste due banche, abbiamo verificato che possibilità ci fossero. Ci sarebbe stata la possibilità di uno scambio di azioni non quotate, magari a prezzi ragionevoli, non senza avere un effetto di mercato da valutare eventualmente dopo, una volta consolidata la banca.
  Questa ipotesi è fallita per motivi interni tra le due banche. Noi non c'entriamo niente. Abbiamo svolto un intervento di agevolazione della comunicazione tra due realtà molto difficili e molto conflittuali.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Cercherò di formulare domande molto brevi.
  Una prima domanda mi è stata sollecitata dall'intervento del collega Capezzone.
  Lei ha affermato che determinate informazioni, come quelle sui fidi accordati ai membri del consiglio di amministrazione e ai sindaci, non possono essere comunicate a nessuno altro che alla Magistratura. Ci conferma, quindi, che il MEF non era a conoscenza della situazione di operazioni sospette all'interno di Banca Etruria; non era cioè a conoscenza del fatto che, all'interno del valore delle sofferenze, c'erano circa 104 milioni di euro di fidi derivanti da concessioni dirette ai membri del consiglio di amministrazione e ai sindaci.
  Cerco di capire sulla base di quali informazioni il Governo e il Parlamento abbiano valutato la risoluzione di una banca. Se il Governo e il Parlamento fossero stati al corrente di operazioni sospette, probabilmente non se la sarebbero presa con gli obbligazionisti.
  Vengo alla seconda domanda. A pagina 128 della sua relazione scritta, si parla del Fondo interbancario di tutela dei depositi. Mi conferma che è dovuto alla sua incapacità il fatto di non aver utilizzato il Fondo, come ha detto lei stesso poco fa? Le possibilità di utilizzo c'erano.
  È stato utilizzato il Fondo interbancario per la Cassa di Risparmio di Cesena, mentre per Banca Tercas il problema è stato risolto dividendo le erogazioni in obbligatorie e volontarie: probabilmente, aspettando un mese, dando la possibilità al Fondo interbancario e al suo presidente di separare le due contribuzioni, anche la Cassa di Risparmio di Ferrara, ad esempio, poteva essere salvata grazie all'utilizzo del Fondo interbancario di tutela dei depositi.
  I Commissari europei ai Servizi finanziari e alla Concorrenza Jonathan Hill e Vestager, dichiarano nella loro lettera di non aver mai obbligato le autorità italiane a non utilizzare il Fondo interbancario, ma che è stata una scelta autonoma delle autorità italiane. Si sarebbero potute utilizzare le norme contenute nel decreto legislativo n. 180 del 2015 per i casi di condizioni economiche particolari del Paese. Si sarebbe potuto chiedere all'Europa una procedura esclusiva, perché si trattava di una situazione particolare, piccola e, tra l'altro, con operazioni sospette.
  Le sottopongo un'altra questione importantissima. Ha parlato del burden sharing, ma io ho l'unico documento ufficiale di avvio della procedura di risoluzione delle quattro banche. È quello riguardante Banca Marche. Lei ha affermato, e anche il Governo ci ha risposto più volte in questo senso, che non è stato utilizzato il bail-in per sottoporre a risoluzione le quattro banche.
  Tuttavia nel provvedimento della Banca d'Italia di avvio della risoluzione leggo una cosa molto chiara. La riduzione integrale delle riserve viene fatta ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo n. 180 del 2015. Tale articolo, però, alla data del 22 novembre non era ancora entrato in vigore, perché fa parte di quegli articoli, dal 48 al 54, che sarebbero entrati in vigore solo il 1° gennaio 2016. Lei scrive di aver utilizzato l'articolo 52, che prevede l'ordine con il quale devono pagare prima gli azionisti, poi gli obbligazionisti, poi i correntisti e così via.
  Lo dice il bilancio, ma vorrei che confermasse anche lei che l'aumento del capitale della Banca d'Italia da 156.000 a 7,5 miliardi di euro c'è stato, quindi c'è stato un trasferimento delle riserve a bilancio. Le riserve erano pari a circa 14 miliardi di euro e sono diminuite a 8 miliardi, mentre il capitale sociale da 156.000 euro è passato a 7,5 miliardi. Mi conferma quindi che i soldi andati agli azionisti provengono dalle riserve, a cui gli azionisti non avrebbero avuto diritto?
  Sempre con riferimento alla Banca d'Italia, si è arrivati a circa il 10 per cento di passaggi di quote azionarie. Bisognava arrivare ad avere tutte le quote pari al massimo al 3 per cento del capitale. Questo obiettivo è stato fallito, posto che il terzo anno, entro cui tutti gli azionisti dovevano avere al massimo il 3 per cento di quote, sta per scadere?
  Infine, non ricordo se lei abbia dichiarato, ma sicuramente lo hanno fatto il Governo e la maggioranza, che la modifica delle norme in merito ai dividendi annuali dei soci privati della Banca d'Italia avrebbe ridotto il dividendo annuale spettante alle banche private. In realtà, nei tre anni precedenti tale modifica normativa le banche private avevano percepito circa 70 milioni di euro di dividendi, mentre l'anno successivo hanno percepito il 500 per cento in più, passando da 70 milioni a 380 milioni di dividendi, l'anno successivo ancora a 340 milioni, e così anche quello seguente. Quindi hanno sempre percepito circa il 4-500 per cento in più rispetto a quanto avveniva prima del 2013.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Andiamo con ordine, perché mi ha posto molte domande. Partiamo dalla fine.
  Relativamente alla revisione dei dividendi, di fatto non c'è differenza rispetto al passato. Semplicemente, essi sono equivalenti, in base al metodo utilizzato, certificato da chi ha fatto degli studi al riguardo, tenendo fermo il limite dato di partecipazione nel capitale della Banca d'Italia, che non può essere superiore ai 7,5 miliardi.
  Quanto al contestato aumento dei dividendi nella misura del 500 per cento, rispetto a quale dato si calcola questo aumento? Essi sono aumentati fino a 350 milioni, che rappresentano il tot per cento dei 7,5 miliardi... Certamente 70 milioni non era neanche il dividendo effettivo, ma il dividendo teorico, calcolato sulla base dei 300 milioni...
  Su questo abbiamo scritto molto, spiegando il metodo di equivalenza applicato. Sono certo che lei abbia letto le nostre argomentazioni, forse le vuole ascoltare di nuovo in questa occasione, ma ci sono documenti che spiegano esattamente come abbiamo proceduto nel definire il dividendo. I 7,5 miliardi sono tratti da riserve sulle quali prima le banche avevano i loro diritti. Le banche certamente erano pubbliche, mentre ora sono private, ma erano gli azionisti della Banca d'Italia.
  Il punto è come si è giunti alla valutazione dei 7,5 miliardi di euro. La Banca d'Italia ha fatto svolgere uno studio certificato, che ha portato a individuare un intervallo tra 5 e 7,5 miliardi. Il Parlamento ha scelto di fissare la soglia a 7,5 miliardi. Sulla base di ciò, 7,5 miliardi sono l'importo massimo che le banche possono chiedere alla Banca d'Italia, semmai essa fosse risolta.
  Teniamo conto del fatto che altrimenti le banche avrebbero potuto chiedere tutto (cioè il capitale e le riserve). In questo il legislatore ha posto un limite molto ben definito.
  L'altro aspetto riguarda quanto hanno percepito le banche. Esse hanno innanzitutto pagato circa 2 miliardi di imposte. Di fatto, quindi, si tratta di 5 miliardi di euro. Tale importo rappresenta l'aggiornamento, ad oggi, di ciò che era dovuto in passato. Un modo banale per fare questo calcolo (ma gli esperti hanno detto che non era il caso di ricorrervi) avrebbe potuto essere moltiplicare i 300 milioni per la serie del PIL negli anni. Credo che il risultato sarebbe stato, approssimativamente, un importo tra i 4 e i 5 miliardi.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. (fuori microfono) Provengono dalle riserve?

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Certo. Non saprei, d'altronde, da dove altro sarebbero dovuti provenire questi soldi.
  Quanto alle quote azionarie, prima di tutto c'è stato un incremento intorno al 15 per cento dei passaggi di quote. Ci sono ancora due banche che devono ridurre le proprie quote. Abbiamo messo in moto un meccanismo di mercato; diversamente, quelle banche perderebbero i propri dividendi, i quali risulterebbero sterilizzati. Ovviamente, potranno vendere le proprie quote a chi vuole ottenere i dividendi. C'è una platea molto ampia di possibili sottoscrittori.
  Sulle questioni relative al burden sharing, alla Banca Marche e all'applicazione dell'articolo 52 del citato decreto legislativo n. 180, passo la parola all'Avvocato generale della Banca d'Italia, Marino Perassi.

  MARINO PERASSI, Avvocato generale della Banca d'Italia. In sintesi, il richiamato articolo 52 viene in rilievo non per la sua applicazione diretta, che riguarderebbe il bail-in e il sacrificio, per esempio, dei depositanti sopra i 100.000 euro. Viene in rilievo, infatti, perché richiamato dall'articolo 28 del decreto legislativo n. 180. L'articolo 28, infatti, richiama l'articolo 52, non in relazione all'applicazione diretta di quanto previsto dall'articolo 52 stesso, ma con riferimento ai princìpi di «scalettatura». Ciò che non è entrato in vigore fino al 2016 è il bail-in, cioè il sacrificio per i depositanti. Spero di essere stato chiaro.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Il punto concreto è questo. Nel momento in cui si sottopone una banca a procedura di risoluzione, va attuato il burden sharing, che richiede la conversione dei titoli subordinati. Le disposizioni recate degli articoli 28 e 52 hanno consentito di convertire i titoli subordinati. L'alternativa a ciò era la liquidazione delle banche.
  Di fronte alla liquidazione, la procedura di risoluzione, come regolata dai richiamati articoli 28 e 52, ha rappresentato il male minore, anche se pur sempre un male.
  Quanto al Fondo interbancario ricordo, innanzitutto, che la lettera dei Commissari europei Vestager e Hill è arrivata in limine mortis. Inoltre è una lettera molto difficile da interpretare, ambigua, la quale finisce, in sostanza, con una frase: «se non fate come vogliamo noi, poi sono fatti vostri...» La lettera afferma, di fatto, che si può anche usare il Fondo interbancario, ma che, nel momento in cui lo si usa, a loro giudizio si attua un aiuto di Stato. Una volta affermato che l'utilizzo del Fondo costituisce un aiuto di Stato, la banca può ricorrere alla Corte di giustizia ma, nel frattempo, avendo fatto intervenire il Fondo, deve costituire un accantonamento per il rischio. Si tratta di norme contabili molto rigide. Questo avrebbe annullato l'intervento del Fondo.
  Perché per Banca Tercas ciò non è avvenuto? Perché in quel caso si è intervenuti prima dell'intervento della Commissione europea. La decisione è stata presa prima. A decisioni già prese, hanno aperto una procedura. Siccome il Fondo era obbligatorio, si è attesa la costituzione del fondo volontario.
  Il caso della Cassa di Risparmio di Cesena è stato affrontato con un fondo volontario, perché le banche hanno capito il rischio sistemico; la Banca d'Italia ha spiegato come ci sia il rischio sistemico nel caso in cui non si intervenga. L'ambiguità della Commissione Europea è che, secondo loro, servono due fondi, uno obbligatorio e l'altro volontario, di modo che le risorse erogate col fondo obbligatorio siano recuperate e confluiscano in quello volontario. È questa la loro logica.

  MAURO MARIA MARINO, Presidente della 6a Commissione del Senato. (fuori microfono)... mi rendo conto che c'è un disallineamento informativo, in quanto al Senato, anche alla luce di un'indagine conoscitiva, abbiamo ben chiare tutte queste cose, e quindi capisco che non siano così chiare qui alla Camera. Prescindiamo, però, dal dialogo, altrimenti non ne usciamo più.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Onorevole Villarosa, lei ha usato l'espressione «operazioni sospette», che noi utilizziamo per il riciclaggio. Non è l'espressione corretta. Sono operazioni probabilmente con parti correlate, qualcosa di questo genere ...

  PRESIDENTE. Mi scuso con il Governatore della Banca d'Italia per la mia interruzione. Inviterei i colleghi allo svolgimento ordinato degli interventi, cosicché tutti coloro che vogliono intervenire possano farlo e il Governatore abbia modo di rispondere.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Vorrei concludere su questo punto.
  Su quale base sono state sottoposte a risoluzione le citate quattro banche? Sulla base delle loro perdite. La valutazione sul perché di tali perdite è successiva. Esse emergono quando i prestiti deteriorati vengono valutati ai valori di cessione immediata, quali quelli congruenti con la risoluzione di una banca. Tali valori sono diversi dai valori contabili: i valori contabili sono a 40, quelli a 20, e ciò determina questa situazione. Questo è il quadro in cui si interviene con la risoluzione della banca.

  GIOVANNI PAGLIA. Relativamente al suo ultimo intervento, sulla questione del fondo volontario e obbligatorio, e quindi all'intervento che è stato possibile sulla Cassa di Risparmio di Cesena mentre non lo è stato sulle quattro banche a novembre: se interpreto bene le sue parole, qualora il sistema bancario avesse avuto l'intelligenza di creare un fondo volontario a novembre, le quattro banche sarebbero potute non andare in risoluzione.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Direi di sì. Sarebbero probabilmente state sottoposte alla procedura di risoluzione, ma si sarebbe posto il caso di utilizzare il fondo, almeno per una parte, e i subordinati si sarebbero potuti convertire in azioni.

  GIOVANNI PAGLIA. Nel caso della Cassa di Risparmio di Cesena il fondo volontario ricapitalizza, i titoli subordinati rimangono dove sono, come anche quelli ordinari e non succede nulla; la banca va davanti con la sua operatività.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Per Tercas non è così, non c'è un'operazione di ricapitalizzazione, ma un intervento a fronte di perdite.

  GIOVANNI PAGLIA. A fronte di perdite, però, si può intervenire con una ricapitalizzazione che colmi le perdite stesse. Se ci fosse stato un fondo disponibile a ricapitalizzare fino a copertura delle perdite e se quel fondo fosse stato volontario, avremmo salvato le quattro banche. Questa domanda fu fatta esattamente in questi termini al Governo allora, e ci fu detto che non poteva essere questa la soluzione.
  Noi chiedemmo esattamente se fosse possibile la costituzione di un fondo volontario il quale sarebbe potuto intervenire, e quindi evitare la risoluzione, ma ci fu risposto che ciò non era possibile e che l'Unione europea vietava qualsiasi tipo di intervento del fondo, volontario o obbligatorio che fosse.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Non è così.

  GIOVANNI PAGLIA. Dico quello che ci ha risposto il Governo, non la Banca d'Italia.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Non lo so. Bisogna leggere la lettera di risposta alle domande.

  MAURO MARIA MARINO, Presidente della 6a Commissione del Senato. Il Governo disse questo perché l'interpretazione data era che non importava che si trattasse di fondi privati volontari, ma il fatto che questo avvenisse sulla base di una norma di legge. L'interpretazione restrittiva data dell'Unione europea veniva data in questo senso, anche mischiando piani diversi, tanto che, nel corso di un'audizione, il professor Maccarone sostenne cose che vennero poi smentite...

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Una questione di fondo è che non possiamo chiedere alle banche di usare il fondo volontario. Se lo facessimo, si tratterebbe di aiuto di Stato.

  GIOVANNI PAGLIA. Questo mi è molto chiaro.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Se loro avessero, di propria iniziativa, costituito un fondo...

  GIOVANNI PAGLIA. ... il fondo Atlante, costituito in anticipo.
  Vorrei un'altra sua valutazione. Con le regole attuali dell'Unione europea, che impediscono agli Stati di intervenire, direttamente o indirettamente, nella ricapitalizzazione del sistema bancario, ritiene sia ragionevolmente possibile che si riescano a smaltire in modo adeguato i 200 miliardi di euro di sofferenze che sono «in pancia» al sistema bancario? Io vedo crescere, anziché diminuire, le sofferenze mese dopo mese.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Stanno diminuendo.

  GIOVANNI PAGLIA. Il valore assoluto cresce. Siamo passati da 198 a 204 miliardi, se non ricordo male il record precedente.
  La domanda è se, a legislazione invariata, cioè senza un intervento dello Stato, sia possibile, secondo la sua valutazione, che questi 200 miliardi diminuiscano in un tempo, per così dire, «umano» e non storico.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. La risposta è sì, è possibile. Le norme di riduzione dei tempi di intervento per il recupero delle garanzie a fronte dei crediti deteriorati ha questo obiettivo. Se i tempi per recuperare i crediti deteriorati e le garanzie fossero gli stessi che ci sono in Germania in Francia, ci sarebbe la metà dello stock. Dato che questi tempi sono stati ridotti, questo aspetto dovrebbe funzionare.
  Attualmente stiamo osservando una forte riduzione del flusso di nuove sofferenze. Con un aumento del credito, lo stock di sofferenze sul totale tende a diminuire. Contemporaneamente, è salita anche la componente di provision a fronte di questo.
  Ovviamente, questo primo intervento di Atlante è importante, perché, anche se di dimensioni ridotte, rende chiaro che è possibile definire un prezzo più vicino tra i valori di libro e i valori indicati dalle società specializzate. Noi dobbiamo procedere. I tempi di cui parlava l'onorevole Paglia – non so che cosa intenda per tempi «umani» – sicuramente non saranno però brevi. Questo aspetto deve essere chiaro.
  Non è vero che in passato non ci sono state crisi bancarie in questo Paese. Ci sono stati i casi del Banco di Napoli e di Italease. Il Banco di Napoli ha avuto una bad bank, costituita applicando un provvedimento, il famoso decreto Sindona, che è ora vietato dalla Commissione europea perché è aiuto di Stato. All'epoca potemmo applicarlo, posto che non facevamo parte di un sistema unico, e ha funzionato, ma ha richiesto tempi molto lunghi. È vero che, anziché recuperare il 40 per cento, si è recuperato l'80-90 per cento circa, ma sono serviti quindici anni. Questo è il punto fondamentale. I tempi sono lunghi.
  In parte si riducono con questi interventi e in parte creando un mercato che non c'era. Ormai si tratta di una soluzione di mercato, non più di una soluzione statale. Bisogna, però, capire che occorrono tempi giusti, direi, più che «umani».

  GIOVANNI PAGLIA. Ho un'ultima domanda. Attualmente la Banca d'Italia detiene circa il 5,6 per cento del debito pubblico italiano, pari a circa 126 miliardi di euro. Avete un piano di mantenimento o di riduzione progressiva di questo stock?

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Non so se rappresenti il 5,6 per cento del debito pubblico, ma questo è il risultato di due interventi. Da un lato, la politica di investimenti della Banca d'Italia, realizzati per generare reddito, il quale, in buona parte, viene retrocesso, volontariamente – perché le norme europee proibiscono la retrocessione obbligatoria – al Tesoro. Una parte degli acquisti è determinata dalla politica di acquisto di attività finanziarie decisa dalla BCE.
  Questa politica continuerà fino a marzo dell'anno prossimo, e produrrà reddito. La Banca d'Italia quest'anno ha avuto utili molto alti, così come l'anno scorso, e come avrà anche nei prossimi anni, perché i rendimenti di questi titoli sono superiori ai tassi base fissati per la politica monetaria. E lo sono perché l'Italia ha un rischio più alto, pari a circa 130-140 punti base di differenza rispetto alla Germania.
  Nella discussione svolta nel consiglio direttivo della BCE, alcuni hanno sostenuto la necessità di un intervento ampio; altri, contrari, ci hanno detto che, nel caso, ci saremmo assunti noi i rischi. Abbiamo deciso di assumerci questi rischi, ma abbiamo anche rendimenti più alti. Questi rendimenti hanno generato miliardi di euro di profitti quest'anno, di cui 3 miliardi sono stati dati al Tesoro dopo aver accantonato le riserve e i dividendi. Questo è il risultato di questo investimento, che continuerà.
  Quando finirà il quantitative easing, la domanda è: improvvisamente si venderà tutto? Ovviamente, questa è una questione da discutere, ma è improbabile che ciò avvenga, anche per gli sconquassi finanziari, in termini di instabilità, che potrebbe determinare. Bisognerà valutare come agire.

  DANIELE PESCO. Vorrei tornare sull'argomento delle quattro banche.
  Dopo la vicenda che le ha coinvolte, sono emerse altre situazioni di crisi, relative, in particolare, a Veneto Banca e alla Banca Popolare di Vicenza. Queste situazioni erano note già da prima, ma si è aggiunta anche la Banca Popolare Mantovana, Crediveneto, Cassa di Risparmio di Cesena. Col provvedimento sulle quattro banche avete agito solo su quegli specifici istituti. La mia domanda è: posto che non disconoscevate del tutto queste situazioni, perché non avete agito prima? Perché sono state adottate soluzioni diverse, e più «severe», per le quattro banche?
  Rimanendo su questo tema, neanche la Magistratura è entrata nel merito della valutazione preliminare svolta dalla Banca d'Italia; mi riferisco alla valutazione delle sofferenze al 17,6 per cento. Sappiamo bene tutti che quella valutazione è stata il risultato di un'analisi comparativa. Sono stati usati dei coefficienti, non si è entrati nel merito.
  Come si fa a non mettere in dubbio un'analisi, seppur preliminare, fatta solo sulla base di coefficienti parametrici, e quindi attraverso una stima parametrica? Esistono sistemi di stima, anche «grossolani», che comunque entrano, almeno in parte, nel merito, come ad esempio l'analisi di Pareto.
  Perché la Banca d'Italia, prima di decidere che quattro banche sono fallite, non ha utilizzato un sistema di stima che magari in qualche giorno, o in poche settimane, avrebbe condotto a dati più certi, che potevano essere utili per evitare la risoluzione? Le stime fatte successivamente hanno condotto, infatti, a un valore del 22 per cento. Non al valore del 25 per cento – il quale sarebbe servito per evitare la crisi – però è possibile che, studiando bene le carte, si sarebbe riusciti a trovare qualche elemento in più per evitare ciò che è accaduto.
  Faccio un'altra domanda sempre sull'erogazione del credito e sulle banche in generale. La Banca d'Italia svolge molte ispezioni, come abbiamo appreso anche dalla sua relazione: avete mai trovato all'interno delle banche, nello specifico mi riferisco al Monte dei Paschi di Siena, la presenza del fenomeno cosiddetto «dell'evaporazione» delle garanzie? Cerco di spiegarmi meglio.
  Molti crediti sono stati erogati con alcune garanzie, ma poi, andando ad analizzare tali garanzie, cosa che penso possa essere avvenuta anche durante le vostre ispezioni, si verifica che queste garanzie non ci sono più: è un fenomeno diffuso? Se lo è, secondo me bisognerebbe commissariare tutte le banche e andare a verificare.
  Inoltre, relativamente all'erogazione di credito, come emerge anche da fonti di stampa, le erogazioni a favore dei membri dei consigli di amministrazione avvenivano in modo molto semplice: era sufficiente far uscire dalla stanza, al momento della decisione, il componente del consiglio di amministrazione al quale doveva essere erogato il credito, direttamente o attraverso le aziende che a lui facevano riferimento. Anche questo è un fenomeno abbastanza diffuso, e quindi anche questo dovrebbe mettere in allarme non solo il Parlamento, ma anche i cittadini?
  Le reitero poi una domanda che le ho già rivolto qualche tempo fa sul reddito di cittadinanza. Secondo lei, il reddito di cittadinanza potrebbe essere uno strumento per ampliare la base monetaria senza dover necessariamente ricorrere all'erogazione di credito?

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. No, non è possibile usare la moneta della banca centrale per finanziare interventi statali; ciò è proibito dall'articolo 123 del Trattato di Lisbona. Riprendo l'esempio che ho citato prima: il disavanzo statale era uguale alla variazione del debito più la variazione della moneta. Con il Trattato, e più in generale con l'indipendenza delle banche centrali da questo sancita, non è più possibile utilizzare la moneta della banca centrale per coprire interventi dello Stato. La questione se il reddito di cittadinanza sia una misura buona o cattiva è un'altra questione. È stato detto che ero contrario a questa proposta del Movimento 5 Stelle, ma non mi riferivo al reddito di cittadinanza. La domanda era molto diretta e riguardava il reddito di base. Un intervento diretto, circoscritto e preciso, di cui definire i contorni, è una cosa sicuramente da studiare. Se, però, si pensa di poter finanziare questo intervento con la moneta della banca centrale, rebus sic stantibus non è possibile.
  Quanto alla questione dell'erogazione del credito ai componenti dei consigli di amministrazione, non mi sembra, onestamente, si tratti di un fenomeno diffuso, ma che sia grave sì. Quando c'è, viene sanzionato. Durante le nostre lunghe riunioni collegiali di Direttorio – avendo avuto in anticipo i fascicoli da studiare – leggiamo i rapporti ispettivi, vediamo i risultati dell'istruttoria compiuta dagli uffici, che propongono al collegio determinati interventi, e così via.
  Se, nel corso di un'ispezione, vengono contestati alcuni comportamenti, si svolge un contraddittorio con gli interessati. Si scrive loro, essi rispondono e gli uffici della Vigilanza svolgono un'analisi per accertare la situazione; gran parte di questo contraddittorio si svolge a livello legale. Viene quindi formulata una proposta, che è sottoposta alla nostra valutazione.
  Tutte le volte che ci riuniamo, esaminiamo molti comportamenti sanzionabili, per carenze organizzative o violazione di deleghe. Spesso non è il consiglio di amministrazione che decide di tenere certi comportamenti, ma sono singoli soggetti che intervengono a favore di qualcun altro per ottenere favori. Vediamo e sanzioniamo questi comportamenti. Se sono penalmente rilevanti, e lo sono quasi tutte le volte, ne diamo notizia alla Magistratura. Che, si tratti, però, di un comportamento diffuso e normale, a me non sembra.
  Sulla questione delle garanzie, tutte le volte che c'è un credito deteriorato gli ispettori verificano con molta attenzione, su campioni di crediti, il tipo di garanzia, che può essere reale o personale, e via dicendo. A volte si tratta di fideiussioni, che sono le garanzie più deboli. Verificano anche il valore di mercato dei beni posti in garanzia.
  Quest'attività, quindi, viene svolta, ed è stata svolta, anche in modo molto diffuso, durante il comprehensive assessment per le tredici banche ad esso soggette. Non mi sembra ci sia stata l’«evaporazione» delle garanzie. A volte, succede qualcosa di diverso e di grave; questo è il motivo per cui abbiamo chiesto di formare un registro di tutti i crediti deteriorati. È il tentativo di avere, a fronte di ogni credito, tutta la documentazione che ad esso si riferisce.
  A volte, le banche stesse fanno fatica a ricostruire la storia legale di un credito, che dia veramente riscontro della garanzia associata al credito. Per questo stiamo insistendo per la tenuta di registi e per misure di organizzazione interna. Sono anni che lo facciamo, inducendo le banche a fare provisioning, cioè a svalutare i crediti quando non vengono pagati. Molte banche fanno fatica a fare ciò, perché affermano che, in quel modo, danneggiano il cliente. È un problema rilevante.
  Quanto alla valutazione preliminare delle sofferenze, la Banca d'Italia non ha imposto alcunché. È stato un dialogo tra Tesoro e Commissione europea. La Commissione europea ha chiesto di individuare dei valori, che sono stati fissati sulla base di parametri utilizzati in casi precedenti verificatisi in altri Paesi. Quel 17 per cento è una media tra il 25 per cento, relativo alle sofferenze con garanzie reali, e il 9 per cento per quelle non assistite da garanzie reali.
  Ai sensi delle norme sul burden sharing, si tratta di un valore provvisorio, soggetto a valutazione nel tempo. Tale valutazione è terminata ad aprile e ha portato alla fissazione di un valore che da 17,6, è passato a oltre il 23 per cento, spingendo verso il 30 per cento il valore di realizzazione immediata delle sofferenze con garanzie reali (quelle che sono a 40 nei libri delle banche). Una distanza quindi c'è, e molte banche non possono sostenerla, ma non è drammatica.
  Il valore del 23,5 per cento avrebbe purtroppo comunque determinato, in base alla normativa sul burden sharing, delle perdite da coprire con interventi successivi per 1,7 miliardi da parte del Fondo di risoluzione, che ha attinto a tre annualità di contributi di tutte le banche italiane.
  Quanto alle quattro banche, è vero che si è scelta una strada diversa. Bisogna ammetterlo. In ogni caso, si tratta di situazioni diverse. Per Veneto Banca e per la Banca Popolare di Vicenza c'è un problema di azioni e non di debito subordinato; va inoltre risolta la questione della valutazione di quelle azioni nell'ambito della ricapitalizzazione, oltre che di comportamenti non leciti degli amministratori.
  Per quanto riguarda la Banca Popolare di Vicenza abbiamo rilevato queste situazioni a metà del 2014 e gli ispettori sono andati successivamente, mentre l'ispezione su Veneto Banca è stata chiusa già nel 2013. Siamo intervenuti chiedendo la rimozione dell'amministratore delegato, ma l'amministratore stesso è stato poi riassunto come direttore. Allora non avevamo il potere di rimuoverlo. Le cose sono andate così.
  Il caso della Cassa di risparmio di Cesena e delle altre banche è diverso ancora, perché nel frattempo è stato creato il fondo volontario. Ovviamente, esso non si può usare per la crisi di una grande banca. È infatti di dimensioni ridotte e può essere utilizzato per far fronte a bisogni di banche che si trovano in una situazione iniziale di instabilità, come nel caso delle piccole quattro banche, le quali detenevano l'1 per cento del totale dei depositi.

  SESTINO GIACOMONI. Vorrei portare l'attenzione su un altro argomento. Ringrazio il Governatore per la pazienza e, soprattutto, per la sua ampia e dettagliata relazione.
  Abbiamo appreso, tra le altre cose, che la Banca d'Italia ha, di fatto, la possibilità di assumere atti di rilevanza esterna relativi all'esercizio delle funzioni in materia di vigilanza assicurativa; lo stesso Direttore della Banca d'Italia è Presidente dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni.
  In questo momento storico, nel quale i tassi di interesse sono pari pressoché a zero e le famiglie di risparmiatori italiane stanno spostando i propri risparmi da BOT e BTP verso strumenti assicurativi, i quali offrono rendimenti più alti, vorrei chiedere: riuscirete, attraverso gli atti di vigilanza assicurativa, a far sì che non avvenga nel comparto assicurativo quello che, purtroppo, è avvenuto nel settore bancario?
  È una preoccupazione che comincio ad avvertire. Sulle banche infatti il faro è ormai è acceso: sui gruppi assicurativi, che probabilmente raccoglieranno molte risorse in termini di previdenza, fondi e simili, c'è la stessa attenzione? E c'è, da parte vostra, la capacità di prevenire problemi?

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. C'è molta attenzione in questo ambito. Sono ormai tre anni che siamo supervisori, come Direttorio della Banca d'Italia. Abbiamo dotato l'IVASS di infrastrutture informatiche e di ispettori proprio perché si usino metodi abbastanza affidabili.
  La mia impressione è, prima di tutto, che il sistema sia, nel confronto con gli altri Paesi europei, sicuramente più bilanciato. Vi è stato un esercizio di stress svolto dall'EIOPA, l'Autorità che supervisiona l'intero sistema assicurativo europeo. L'Italia ha avuto un buon risultato; meno buono è stato l'esito per altri Paesi. Il bilanciamento tra attivo e passivo nelle scadenze, la duration e l'esposizione ai tassi dell'attivo e del passivo, per le assicurazioni italiane non è un problema.
  Nell'applicazione della nuova disciplina Solvency 2, entrata in vigore da qualche mese, tutte le assicurazioni italiane hanno riserve di capitale sufficientemente alte. Le ispezioni dell'IVASS sono mirate a verificare queste riserve. I tassi d'interesse bassi sicuramente costituiscono, come ho detto anche nella relazione, un problema per gli investitori istituzionali, sia fondi pensione, sia assicurazioni. Un periodo molto prolungato di tassi d'interesse bassi si riflette poi in rendimenti bassi per coloro che hanno contratti con le assicurazioni. Uno dei modi per le assicurazioni per evitare tracolli è, però, di rinegoziare il contratto o di rivedere le clausole da inserire nei nuovi contratti.
  L'attuale possibilità, per le assicurazioni, di entrare in comparti diversi da quelli tradizionali, quali il mercato dei titoli di Stato e gli immobili – pensate all'immobile come garanzia reale principale di un'assicurazione – consente loro di intervenire con prestiti a imprese o sui mercati di attività diverse da quelle obbligazionarie. In questo senso, ci possono essere alcuni rischi, che devono essere valutati.
  Per quanto riguarda la possibilità, per le assicurazioni, di erogare prestiti, in base alla norma recentemente approvata dal Parlamento, abbiamo insistito perché questa attività sia svolta sempre con la partecipazione di una banca; ciò non perché ci fidiamo più delle banche che delle assicurazioni, ma perché le banche hanno una specializzazione sugli impieghi che le assicurazioni non hanno.
  Si tratta di una materia in evoluzione, che seguiamo con molta attenzione, come è ovvio. Mi sembra peraltro che quello italiano sia un settore più bilanciato rispetto a quello degli altri Paesi.

  SESTINO GIACOMONI. La ringrazio. Mi sembra che possiamo stare un po’ più tranquilli.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MAURO MARIA MARINO

  PRESIDENTE. Ringrazio, innanzitutto, i colleghi che sono rimasti fino alla fine dell'audizione del Governatore Visco, così dando prova di serietà. È un atteggiamento sempre molto apprezzabile quando si è parte di un'istituzione. Permettetemi inoltre un ringraziamento non formale al Governatore per questo momento di confronto. Egli ha dimostrato grande disponibilità al dialogo, di fronte alla richiesta di questa audizione da parte delle due Commissioni di Camera e Senato. Valutiamo ciò molto positivamente, in linea con lo spirito di collaborazione che ha sempre contraddistinto i rapporti tra Banca d'Italia e istituzioni.
  Penso che il quadro, ampio e articolato, che ci è stato descritto sia sicuramente la risposta migliore a coloro che chiedevano quale sarà il ruolo della Banca d'Italia dopo che saranno entrati in vigore gli stress test e ci sarà un accentramento di funzioni nella BCE. L'ampia relazione e le risposte del Governatore ai nostri quesiti ci hanno fatto capire, in modo molto trasparente, il ruolo fondamentale che la Banca d'Italia riveste.
  È emersa innanzitutto l'attenzione sistemica – come se un filo rosso coniugasse i vari interventi sviluppati nel complesso percorso di riforma del sistema bancario – avendo sempre la Banca d'Italia come punto di riferimento.
  Ho notato inoltre una serie di indicazioni molto significative e utili che il Governatore ci ha offerto. Permettetemi di parlare, in particolare, come 6ª Commissione del Senato, visto che stiamo svolgendo la seconda indagine conoscitiva sul sistema bancario. Questo è un elemento importante e significativo, con valenza prodromica rispetto ai numerosi disegni di legge relativi all'istituzione di una Commissione d'inchiesta in materia.
  Ho una visione un po’ diversa da quella espressa dal senatore Carraro sulla necessità della Commissione d'inchiesta stessa, ma questo sarà un tema che affronteremo all'interno della 6a Commissione. La ricchezza del quadro che ci è stato offerto ci permette infatti di operare un preciso distinguo tra le competenze della Magistratura e quelle di nostra spettanza. In base a questa visione di insieme, credo che potremo dare un contributo diverso, ma altrettanto significativo, con il lavoro che abbiamo svolto.
  In conclusione, credo che l'audizione svolta oggi renda evidente la necessità di fare squadra come sistema Paese. Uno degli elementi emersi in modo più marcato è stato come spesso, a fronte di un quadro che appariva abbastanza piano, siano invece arrivate, da parte dei competenti organi dell'Unione europea, interpretazioni ostative che hanno reso tutto più difficile.
  Apprezzo l'enorme autonomia che ciascuno di noi ha nel suo ruolo istituzionale, Banca d'Italia in primis. Penso che, proprio nel rispetto delle diverse posizioni e dell'autonomia di ognuno, si possa svolgere un ruolo importante di difesa del nostro sistema, anche attraverso un'interlocuzione sempre più serrata – in termini, non distruttivi, ma costruttivi – con il contesto europeo, che deve diventare il nostro punto di riferimento.
  Ciascuna Commissione potrà sviluppare ulteriormente i temi affrontati nel corso dell'audizione. Ringrazio ancora il governatore Ignazio Visco.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal professor Ignazio Visco, Governatore della Banca d'Italia (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 18.30.

ALLEGATO