XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 103 di Giovedì 26 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione della direttrice generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gaia Checcucci:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 ,
Checcucci Gaia , Direttrice generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 4 ,
Puppato Laura  ... 8 ,
Checcucci Gaia , Direttrice generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 9 ,
Cominelli Miriam (PD)  ... 9 ,
Checcucci Gaia , Direttrice generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 10 ,
Carrescia Piergiorgio (PD)  ... 10 ,
Checcucci Gaia , Direttrice generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 10 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 ,
Checcucci Gaia , Direttrice generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 12 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 

(La seduta, sospesa alle 9.40, è ripresa alle 14.15) ... 13 

Esame della proposta di relazione territoriale sulla regione Veneto:
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 

Audizione di rappresentanti delle aziende del settore Oil & Gas della Val d'Agri:
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 ,
Leone Ida , Direttrice dell'associazione Assoil School ... 13 ,
Sini Stefano , Area Manager della società Italfluid Geoenergy Srl ... 15 ,
Arleo Michele , Responsabile della logistica della società Transar Trasporti Srl ... 15 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 ,
Arleo Michele , Responsabile della logistica della società Transar Trasporti Srl ... 16 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 ,
Puppato Laura  ... 17 ,
Arleo Michele , Responsabile della logistica della società Transar Trasporti Srl ... 17 ,
Puppato Laura  ... 17 ,
Arleo Michele , Responsabile della logistica della società Transar Trasporti Srl ... 17 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 ,
Garramone Antonio , Amministratore della società Garramone Michele e Figli Snc ... 17 ,
Puppato Laura  ... 17 ,
Garramone Antonio , Amministratore della società Garramone Michele e Figli Snc ... 17 ,
Cominelli Miriam (PD)  ... 17 ,
Leone Ida , Direttrice dell'associazione Assoil School ... 18 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 18 ,
Leone Ida , Direttrice dell'associazione Assoil School ... 18 ,
Sini Stefano , Area Manager della società Italfluid Geoenergy Srl ... 18 ,
Da Nazaret Maria Antonietta , Responsabile del laboratorio della società Baker Hughes Srl ... 19 ,
Puppato Laura  ... 19 ,
Da Nazaret Maria Antonietta , Responsabile del laboratorio della società Baker Hughes Srl ... 19 ,
Cominelli Miriam (PD)  ... 19 ,
Leone Ida , Direttrice dell'associazione Assoil School ... 19 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 20 ,
Leone Ida , Direttrice dell'associazione Assoil School ... 20 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 20 ,
Leone Ida , Direttrice dell'associazione Assoil School ... 20 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 20 ,
Leone Ida , Direttrice dell'associazione Assoil School ... 20 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 8.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione della direttrice generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gaia Checcucci.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la dottoressa Gaia Checcucci, accompagnata dal dottor Salvatore Corroppolo, della direzione salvaguardia del territorio e delle acque, che ringrazio per la loro presenza.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo di depurazione delle acque.
  L'audizione odierna s'inserisce nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sulla regione Veneto, con particolare riferimento alla situazione di criticità che sta interessando larghe fasce di popolazione residente con riferimento al presunto inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche.
  In realtà, abbiamo deciso di fare uno stralcio. Abbiamo già presentato la relazione sulla regione Veneto e verrà approvata in tempi brevi definitivamente. Una parte della relazione interessa anche quell'area su cui avevamo già avuto delle segnalazioni durante le nostre missioni. Vista, però, l'importanza che ha assunto l'argomento, abbiamo deciso per una specie di monografia, per cui stiamo svolgendo una serie di approfondimenti.
  Abbiamo sentito più o meno tutti gli attori. Poi dovremo sentire, probabilmente, anche il Ministero della salute. Un pezzo importante riguarda anche loro. Poi avremo tutti gli elementi per chiudere una prima relazione sull'argomento. Abbiamo raccolto una serie d'indicazioni dalla regione, dall'ARPA, dall'IRS CNR. Per chiudere il cerchio dal punto di vista istituzionale, mancate voi. Sentiremo, probabilmente, l'ENEA ISDE, che ha presentato il lavoro sulla sanità.
  Avverto la nostra ospite che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Al di là delle polemiche che ci sono state tra ministero e regione su quanto è stato fatto e quanto no, polemiche più della politica che dell'attività amministrativa tout court, ci interessa capire come si ha intenzione, da parte vostra, di affrontare la Pag. 4situazione. Ci è sembrato di capire che non sia proprio semplice.
  Do la parola alla dottoressa Checcucci.

  GAIA CHECCUCCI, Direttrice generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Mi riaggancio, presidente, alla sua premessa e cerco proprio di entrare nel merito degli ultimi tempi, soprattutto relativamente a quello che si ha intenzione di fare, che credo poi sia ciò che anche interessa la Commissione.
  Per fare questo, ho steso, per essere un po’ più utile non solo alla sottoscritta ma anche in occasione di quest'audizione, una cronistoria, un fascicolo vero e proprio di ciò che è successo e di tutte le corrispondenze di questi anni, dal 2013 a oggi. Le ultime sono le mie, ma fino a qualche mese fa non lo erano. È una cronistoria di dettaglio relativa proprio al tema in oggetto, con tutte le interlocuzioni del Ministero dell'ambiente con la regione Veneto, delle agenzie di protezione ambientale, dell'ISS, con tutti i carteggi afferenti gli aspetti d'interesse.
  Lei stesso ricordava l'argomento in oggetto che interessa la Commissione, quello del PFAS, degli inquinanti, che attiene ai profili legati alla salute. Essi riguardano, essenzialmente, la competenza del ministero di riferimento, aspetti legati all'agricoltura, per cui ci sono sicuramente un interesse e un'azione da parte del Ministero dell'agricoltura, e aspetti che riguardano le mie competenze, l'ambiente, nello specifico la tutela del corpo idrico e i limiti agli scarichi. Mi farà piacere, quindi, entrare un po’ nel merito di quello cui accennava in partenza, specificando esattamente che la polemica, di chi doveva fare cosa, è frutto del tentativo di capire, come cercherò di esplicitare, la differenza del limite allo scarico con l'obiettivo di qualità.
  Altro sono gli standard di qualità, su cui torniamo varie volte, che il ministero evidenzia nei propri carteggi e che sempre il ministero ha commissionato al gruppo di esperti – ci tornerò, ovviamente, nel dettaglio – per cui adesso abbiamo gli SQA (standard di qualità ambientale) per le acque superficiali recepite nel decreto legislativo n. 172, e mi permetto di dire che li abbiamo anche per le acque sotterranee. L'11 luglio, infatti, io stessa ho mandato al concerto del MIPAF e del MISE i valori soglia per le acque sotterranee, ho già avuto proprio in questi giorni il concerto del MISE e resto in attesa di quello del MIPAF. Mi auguro che arrivi a breve per rispettare la scadenza del luglio di quest'estate del recepimento della direttiva acque sotterranee.
  È un'azione che il ministero ha portato avanti e che non confligge, non è altro rispetto a quella di limiti agli scarichi. È semplicemente frutto di un approccio diverso, ossia quello della direttiva 2000/60/CE, non più rigorosamente impostato attorno al limite allo scarico – impostazione legge Merli per comprenderci – ma alla tutela del corpo idrico, agli obiettivi di qualità: valutate le pressioni che gravano sui singoli corpi idrici superficiali e sotterranei, scegliete la combinazione delle misure di tutela quali-quantitativa più efficace per il raggiungimento di quell'obiettivo.
  L'attenzione si sposta, quindi, dal limite allo scarico, approccio forse un po’ più parziale, chiuso, a uno che è l'orizzonte della direttiva 2000/60/CE, non solo recepito dal nostro ordinamento, ma culturalmente interpretato ormai da molti anni dal Ministero dell'ambiente e da tutti i player e gli attori nel settore ambientale, ovvero quello della direttiva che dal limite allo scarico passa al corpo idrico recettore.
  È da lì che nasce un'interlocuzione, fin dal 2015 – poi ho un'esatta cronistoria della corrispondenza – epoca di una nota del ministero in cui si invita la regione Veneto, sulla base dell'articolo 101, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, nell'ambito dell'esercizio della propria autonomia a definire i valori limite di emissioni anche diversi rispetto a quelli contenuti nelle famose tabelle dell'allegato del decreto legislativo n. 152. Perché questo? Non perché lo dica una norma, cambiando un approccio precedente, ma perché è la conseguenza dell'approccio diverso incardinato, e quindi poi declinato tecnicamente, Pag. 5 con tutta la documentazione del caso nella direttiva.
  Facendo leva sulla valutazione delle pressioni dell'amministrazione regionale, le autorità di bacino, quindi i soggetti istituzionali territoriali di riferimento – non è un caso, e ci tornerò, che siano contenute misure specifiche per queste sostanze all'interno del piano di gestione delle Alpi orientali, all'interno delle misure funzionali al perseguimento degli obiettivi di qualità – la regione ha l'autonomia, la discrezionalità di porre quest'approccio.
  Questo non significa che il ministero non voglia farlo, ma semplicemente che lo ha già fatto nella visione della direttiva 2000/60/CE, con l'individuazione degli SQA, con il decreto legislativo n. 172, pubblicato a fine 2015, che lo farà a breve nella formalizzazione. Lo ha già fatto, perché il decreto c'è già, in occasione del recepimento direttiva acque sotterranee per i valori soglia appunto delle acque sotterranee. Gli standard di qualità e i valori soglia sono i riferimenti a cui attenersi per poi gestire, decidere, individuare le misure necessarie sulla base delle pressioni riconosciute.
  Non è un'alternativa al limite allo scarico: non è non volerlo fare o che il ministero non voglia farlo. Il limite allo scarico, che è stato fatto sulla base appunto dell'approccio di un po’ prima della direttiva, è tra l'altro anche ribadito e confermato anche oltre quello cui ero tenuta per ciò che ho detto, per l'impostazione del ministero, per il quadro normativo nel quale ci muoviamo. Diversamente, si rischia di rimanere ancorati a una cornice normativa superata da tanto. Non è nuovo; il decreto legislativo n. 152 del 2006 recepisce la direttiva 2000/60/CE, ora siamo nel 2016, quindi siamo addirittura all'aggiornamento degli SQA e dei valori soglia delle acque sotterranee.
  Non è, quindi, che non ci fossero prima; siamo all'aggiornamento proprio per volontà del ministero, che ha commissionato l'incarico al gruppo tecnico IRS CNR e ISS a fine 2013, poi ha avuto i risultati di questo studio a fine 2014, che sono il substrato conoscitivo da un punto di vista tecnico-scientifico di ciò che ha condotto al provvedimento normativo assunto a cui facevo riferimento del decreto n. 172 del 2015 per gli SQA e del neo-decreto che ci sarà a breve per le acque sotterranee.
  Veniamo un po’ al confronto con la regione. Sensibilizzata io stessa, ma poi negli anni visti i precedenti, l'insistenza della regione alla definizione dei limiti allo scarico, a che il ministero li individuasse e fossero forniti i limiti allo scarico anche da parte dell'ISS, vorrei richiamare una nota dell'ISS dell'11 agosto 2015 alla regione Veneto.
  Vi si formalizza che a integrazione di quanto raccomandato nei precedenti pareri, nelle richieste in oggetto, si danno dei valori soglia, si raccomanda il rispetto dei limiti di performance, i vari microgrammi, per queste sostanze. Si precisa che queste indicazioni devono essere considerate provvisorie e soggette a revisione alla luce delle evidenze scientifiche disponibili e dei risultati del biomonitoraggio in fase di svolgimento.
  Che cosa significa? Significa che l'ISS risponde alla regione Veneto su ciò che la regione chiedeva proprio su questi limiti allo scarico, ovviamente rinviando ai valori soglia, perché è questo l'approccio ed è questo ciò a cui mi riferivo. È questo che il ministero, e quindi l'istituto scientifico, attesta.
  A questa nota, sempre su richiesta della regione Veneto – il carteggio è abbastanza costante e, soprattutto, avente a oggetto la stessa richiesta, cioè il famoso limite allo scarico – anche il 6 aprile 2016 l'Istituto superiore di sanità, a riscontro della nota del 10 agosto 2015 della regione, dà un'espressa comunicazione: tenuto conto dello stato di qualità dei corpi idrici superficiali interessati e considerato che la contaminazione di detti corpi proviene sia da fonti di tipo puntiforme, come scarichi reflui, sia di tipo diffuso, come per l'interazione con altri corpi sotterranei, i valori limite allo scarico di tali sostanze dovrebbero essere più bassi possibile, raggiungibili attraverso l'applicazione delle migliori tecnologie di trattamento disponibili pur essendo cautelativi per la protezione della salute. Pag. 6
  Nella consapevolezza dei limiti tecnologici esistenti, si raccomanda pertanto di adottare le migliori tecnologie idonee a mantenere i valori più bassi possibili in scarico per le sostanze in oggetto, rispettando appunto dei limiti, e si allega una tabella in cui si mutua lo standard di qualità ambientale e lo si traspone come limite allo scarico.
  A fronte di questo, investita ulteriormente dalla regione, che chiede al Ministero dell'ambiente se il parere dell'ISS rivesta cogenza assoluta e dicendo in contemporanea che la regione aveva avviato un'indagine, un programma d'interventi, che si sollecitava il ministero ad assumere iniziative anche per altre situazioni, altre realtà – era un problema diffuso a livello nazionale, poi vedremo – con la mia prima nota, oltre alla bozza di accordo Fratta-Gorzone, cui magari accennerò, l'11 maggio 2016 rispondo alla regione Veneto con una premessa in cui richiamo le competenze della regione, una piccola premessa in punta.
  Alla richiesta se il parere dell'ISS aveva un carattere di cogenza o meno, rispondo ricordando innanzitutto il quadro normativo: ai sensi dell'articolo 101 del decreto legislativo n. 152 del 2006, comma 1, al fine del perseguimento degli obiettivi di qualità, comma 2, la regione può assumere le iniziative che ritiene, quindi individuare anche limiti diversi – sottolineo diversi – ovviamente sulla base delle evidenze e delle pressioni che rileva, da quelli individuati nell'allegato di riferimento proprio in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità con riferimento a ogni sostanza inquinante o per gruppi di famiglie o sostanze affini.
  La regione può, quindi, farlo, avrebbe potuto farlo già dal decreto legislativo n. 152 del 2006, a maggior ragione può farlo adesso perché il decreto legislativo n. 172 del 2015, che recepisce gli SQA per le acque superficiali, individua espressamente. Questo dimostra che il ministero ha evidenza, ma che è riuscito anche a usare lo strumento normativo per mettere a disposizione, per dare indicazioni, pur nell'autonomia, ai territori interessati da questo tipo di contaminazione, per cui sono previsti piani di monitoraggio specifici, e chiedendo un piano di misure adeguato rispetto a quest'inquinamento.
  Nel decreto legislativo n. 172 del 2015, quindi, non indichiamo solo diamo i valori, gli SQA, ma diciamo di fare attenzione al fatto che per quei tipi di sostanze è necessario un piano di monitoraggio e un piano delle misure specifico per l'abbattimento delle sostanze stesse.
  Nonostante questo, anzi direi in aggiunta, ricordo che ai sensi dell'articolo 101, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, potevano e possono farlo, a maggior ragione adesso: ricordo che per la definizione di sostanze pericolose, sempre l'articolo 74 del decreto legislativo n. 152 del 2006, individua la sostanza pericolosa e poi parla di altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe e inquinanti – testuale definizione – o qualsiasi sostanza che possa inquinare.
  Alla luce dei poteri riconosciuti loro dall'articolo 101, comma 1 e 2, in particolare, e di queste definizioni che dicono che cosa sono le sostanze pericolose, ma soprattutto che possono anche individuare altre sostanze pericolose a esse riconducibili e che cosa significa inquinante, le regioni possono individuare elementi nuovi o diversi da quelli contenuti nella tabella tenuto conto delle pressioni e della peculiarità del proprio territorio in virtù del fatto che ciò avviene sulla base di un assunto ai fini del perseguimento dell'obiettivo di qualità nell'ambito di quella combinazione di misure che ogni ente territoriale può attivare, così come le autorità di distretto, sulla base della conoscenza dello stato di qualità, presupposto di partenza per individuare gli interventi e le cosiddetti misure strutturali e non, qualitative e quantitative.
  Poiché, però, nella nota in oggetto, che ho richiamato, del 6 aprile l'ISS evidenzia la necessità, in considerazione della diffusa contaminazione, di eliminare tutte le emissioni e gli scarichi nei corpi idrici delle suddette sostanze per garantire il raggiungimento dell'obiettivo di qualità, come noto dallo standard di qualità definito per le Pag. 7sostanze, in virtù di questa valutazione dell'approccio combinato, considerata la situazione di significativa emergenza, il ministero ritiene che i valori limite proposti debbano essere applicati fin da subito, e comunque adottando le migliori tecnologie disponibili idonee al raggiungimento degli stessi mediante l'adeguamento degli impianti di depurazione.
  Tradotto, si poteva fare, lo potevate fare, ma non lo dico per attribuire colpe, che qui non serve. Si sta parlando di una situazione molto preoccupante, e dirò quali azioni abbiamo cercato di mettere in campo, ma per sottolineare che si poteva fare, si può fare a maggior ragione. Siccome, però, si chiede la cogenza o comunque che il ministero affermi se il parere dell'ISS e se quegli stessi SQA traslati nei limiti allo scarico formalizzati di ISS abbiano un carattere di cogenza assoluta, la direzione ha ritenuto di dire che ce l'hanno.
  Del resto, non poteva che essere così, ovvero si rimette la discrezionalità laddove non si ha un carattere di cogenza assoluta, e c'è una valutazione che la regione Veneto ha fatto per cui ha deciso, sulla base dell'approccio di misure combinate, di esercitare la propria autonomia in modo diverso, legittimamente. Siccome l'approccio è che il ministero ha l'ultima parola, la posizione del ministero è quella, in via cautelativa, di assumere le evidenze dell'ISS.
  Questa del limite allo scarico e degli SQA è sembrata a un certo punto una vicenda quasi di elementi di contrasto: voglio o non voglio farlo. Non è così. Il ministero ha fatto e sta facendo quello che può e deve. Ho cercato, nella nota che ho inviato, di trovare una soluzione che uscisse dalla questione su chi dovesse farlo e dal limite allo scarico.
  Aggiungo alla Commissione, vista l'attenzione che avete dato e visto che il gruppo tecnico IRS CNR e ISS ha prodotto quelle evidenze scientifiche che hanno consentito l'individuazione del provvedimento normativo degli SQA e dei valori soglia, che se è necessario metterlo a disposizione della regione Veneto presso il ministero, lo facciamo perché possa continuare a lavorare sui cosiddetti limiti allo scarico. Lo facciamo fin da subito se ciò è funzionale.
  Sottolineo che si poteva fare comunque. La regione aveva la possibilità di farlo in ogni caso. Il ministero si rende disponibile a riattivare il gruppo di esperti e ad andare avanti nell'approfondimento, e quindi nella definizione dei limiti allo scarico.
  Mi è stato chiesto anche recentemente, quando ho avuto modo di andare in regione per l'accordo di programma Fratta-Gorzone, legato a quest'aspetto e su cui poi dirò qualcosa – finora vi ho parlato del passato e del presente, ma vorrei cercare di dare una prospettiva per il futuro – come mai non si sia potuto dare dei limiti per tutte le sostanze.
  Dare limiti allo scarico per tutte le sostanze è molto complesso, perché richiede un'attività di tipo scientifico molto impegnativa. Non si tratta di una sostanza, sono tantissimi i tipi. Spesso, la riconduzione a gruppi analoghi di queste sostanze, che hanno peculiarità simili, è servita proprio per accorpare a quei limiti già individuati queste stesse sostanze.
  Questo lavoro, che sarà portato avanti in parallelo sicuramente, in modo che ci sia un ulteriore approfondimento e quindi si possano individuare i limiti, non è però altro e, soprattutto, non è al posto dei valori di individuazione degli standard di qualità, gli unici effettivi parametri di riferimento grazie ai quali la regione, l'Autorità di bacino, l'autorità di distretto nel piano di gestione possono individuare le misure.
  Si valutano, torno a dire, sulle pressioni effettivamente riscontrate in quel corpo idrico, con l'approccio della direttiva 2000/60/CE. In ogni caso, possiamo garantire come ministero di nuovo la riattivazione di questo tavolo, in modo che si possano fare tutti gli approfondimenti funzionali ai limiti allo scarico.
  Per arrivare al futuro, si mi è consentito, ho citato prima l'accordo Fratta-Gorzone perché ho ritenuto di utilizzare fin da subito un contenitore normativo, di intesa istituzionale, che aveva in passato affrontato il tema degli obiettivi di qualità e codificato una serie di azioni da compiere Pag. 8nel territorio della regione Veneto per i riferimenti di corpi idrici per l'individuazione di fonti alternative, quindi funzionali al raggiungimento di obiettivi di qualità. Mi riferisco al trattamento delle acque, agli impianti di depurazione, a tutto ciò che era funzionale al raggiungimento al 2015 dell'obiettivo di qualità. Si era ricorso a un'intesa istituzionale, come quelle cui si ricorre normalmente, a un accordo di programma.
  Quest'accordo di programma, però, non solo era datato in termini temporali, ma soprattutto aveva dimostrato il non raggiungimento degli obiettivi previsti, oltre che il superamento abbondante delle scadenze contenute nell'accordo. Ho ritenuto, stiamo facendo per altri accordi esistenti, di riprenderlo, aggiornarlo, valutare soprattutto gli obiettivi raggiunti e non raggiunti e usare quei contenitori per inserire eventualmente obiettivi diversi.
  Nell'approccio di novazione, a integrazione di quello del 2013, ho formulato alla regione Veneto una proposta di accordo, che ho illustrato quando sono andata un paio di settimane fa al collegio di vigilanza convocato. L'accordo era rimasto fermo per un po’ troppo tempo.
  Ho formalizzato la proposta del Ministero dell'ambiente, che sostanzialmente aggiorna e, come quadro conoscitivo, dà evidenza del piano di gestione delle acque che non era previsto prima nel quadro conoscitivo; perché era legato al perseguimento degli obiettivi di qualità del distretto dell'Appennino settentrionale, che ha al proprio interno le misure di monitoraggio e quelle funzionali alla riduzione delle sostanze inquinanti PFAS. Abbiamo aggiornato il quadro conoscitivo e anche una serie di scadenze superate.
  Soprattutto, mi interessa dire che abbiamo inserito all'interno di quell'accordo l'obiettivo di abbattimento delle sostanze PFAS, ovvero abbiamo individuato nell'unico contenitore possibile l'obiettivo e le azioni da compiere per il perseguimento di quell'obiettivo.
  Concludo dicendo soltanto che vi sarà un accordo integrativo di quest'intesa istituzionale. Sto raccogliendo adesso le evidenze della regione Veneto, di tutti i soggetti e gli attori sottoscrittori a cui l'ho illustrato. Ho depositato la versione del ministero. Stanno arrivando adesso i contributi per estendere la versione definitiva, ma l'approccio è stato condiviso e credo sia stata anche evidenziata dalla stampa la soddisfazione per aver creato innanzitutto il presupposto per trovare casomai – aggiungo e concludo – i finanziamenti funzionali alla soluzione o alla risoluzione, all'abbattimento di questi.
  La mia idea è che si debba, innanzitutto, trovare i contenitori programmatori, aggiornarli alla luce del quadro normativo e delle evidenze ulteriori, come il piano di gestione, gli obiettivi di qualità, le misure, ciò che è stato fatto, soprattutto contenitori che possano raccogliere finanziamenti specifici formalizzandoli nel perseguimento di quegli obiettivi e che il ministero ha dichiarato da subito di impegnarsi a reperire, auspicando ovviamente che anche gli enti territoriali facciano altrettanto.
  Prima non c'era il riferimento a queste sostanze, quindi troviamo come obiettivo, oltre agli altri di qualità legati agli impianti di trattamento e depurazione, anche questi, e specifichiamo espressamente nella nostra proposta di accordo l'individuazione di fonti d'approvvigionamento alternative. L'obiettivo è l'abbattimento, la riduzione, il trattamento, lo scarico per queste sostanze, ma anche l'individuazione di fonti di approvvigionamento alternative.
  Per questi obiettivi vi saranno delle misure specificate in un accordo integrativo al quale ci siamo impegnati, per il quale la regione si è detta disponibile. Auspicabilmente, dovrà essere sostenuto con dei finanziamenti, cui già per parte nostra ci siamo impegnati e che spero riusciremo a ottenere.

  LAURA PUPPATO. Faccio un inciso. Credo che valga la pena che forniate alla magistratura di Vicenza la differenza tra limiti allo scarico e obiettivi di qualità. Il problema è anche, dal punto di vista giudiziario, far recepire da quando ci sono gli elementi per valutare che l'inquinamento è in atto a seguito di una mancata applicazione di norme e leggi. Pag. 9
  Detto questo, vorrei guardare non soltanto all'interno del Paese, ma anche fuori da questo Paese. Il tema dei perfluoroalchilici è emerso con grande evidenza anche in altre realtà mondiali, nell'Ohio, in Norvegia, nella stessa Germania, che nel 2016 aveva previsto di mettere fuori norma i perfluoroalchilici, spostando mi pare adesso al 2018, ma poco cambia. Siamo praticamente alle soglie dell'esclusione della possibilità di utilizzo in ambito industriale di queste sostanze proprio per la loro grave permanenza nel suolo e nelle acque, soprattutto nel corpo umano.
  Il tema che si pone, quindi, è il seguente. Premesso tutto ciò che ha detto e che direi mi è abbastanza chiaro anche a seguito di una serie di ulteriori audizioni e informazioni, che cosa si fa come Paese? Che cosa avete intenzione di fare come ministero su questo grande tema? La situazione è acclarata, come risulta da una serie di documenti. Ne parleremo anche con ENEA ISDE e così via. Mi pare che l'allarme ci sia e sia anche piuttosto fondato.

  GAIA CHECCUCCI, Direttrice generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Mi rendo conto che probabilmente quello che ho intenzione di fare o che ho detto, che stiamo facendo, è parziale rispetto a un problema e a una preoccupazione che esistono, come ricordava la senatrice.
  Per un approccio che si ponga davanti alla problematica in modo serio, alto e, soprattutto, che abbracci tutti gli aspetti, quello della salute, quello richiamato dell'agricoltura, quello dell'ambiente, occorre anche un coinvolgimento degli altri ministeri importante, significativo. Se questa è la sollecitazione della Commissione, volentieri la raccolgo e volentieri mi farò parte diligente nei confronti dei colleghi degli altri ministeri.
  Sotto l'aspetto dell'ambiente, quindi unicamente per il filone di quello che possiamo fare noi fin da subito, c'è il fatto di rinvestire o sollecitare il gruppo tecnico all'interno del quale c'è l'Istituto superiore di sanità, coinvolto non a caso dal 2013, mentre nel precedente studio, del 2011, non c'era; c'era soltanto il CNR. Il ministero si rende conto, infatti, della delicatezza e dell'importanza degli aspetti che riguardano la tutela della salute, e coinvolge immediatamente l'ISS nel gruppo di lavoro. Si potrà senz'altro riattivare questo tavolo, peraltro sempre incardinato con un gruppo di esperti che lavora con il ministero e che verrà sensibilizzato ulteriormente.
  Sottolineo che, però, servirà il coinvolgimento importante e significativo anche degli altri ministeri, come quello della salute innanzitutto, dell'agricoltura, per un approccio realmente esaustivo. Sono io la prima a comprendere come azioni finalizzate unicamente al Fratta-Gorzone siano probabilmente risolutive, se lo saranno, soltanto di una certa area. Qui si parla di una contaminazione in particolare nelle province di Vicenza, in parte Padova e Verona. Ricordo che tutto ciò risale a uno studio avviato dalla Commissione, se non sbaglio, nel 2006, che aveva evidenziato questa presenza nel Po. Da lì nasce la convenzione del ministero del 2010-2011 con IRS CNR, proprio per approfondire quanto era stato evidenziato da questo studio della Commissione.
  Stiamo parlando indubbiamente solo di un'area, ma è altresì vero, come ricordava la senatrice, che queste sostanze sono presenti anche in altre, quindi occorre allargare, non «giocare soltanto di rimessa», ma anzi usare l'esperienza maturata purtroppo anche nell'emergenza di questo periodo per sviluppare un'azione che sensibilizzi non solo al monitoraggio, ma immediatamente anche all'intervento attraverso il programma di misure che abbiamo sperimentato nel distretto di riferimento in altre realtà, senz'altro.
  Vorrei solo sottolineare che quello che stiamo facendo per il Veneto, che richiederà di essere sviluppato, con un po’ di supporto da un punto di vista economico, è una prima risposta seppur parziale a quello che in quel territorio è emerso.

  MIRIAM COMINELLI. Esiste, concretamente, un sistema che il ministero attua per fare sorveglianza e valutare l'incidenza ambientale di tutte quelle sostanze chimiche, Pag. 10 nuove molecole che non sono tabellate nel decreto legislativo n. 152 del 2006?

  GAIA CHECCUCCI, Direttrice generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il monitoraggio di tutte le sostanze è in capo alle amministrazioni territoriali, tanto che fin dall'inizio il ministero, prima anche di avere le evidenze dello studio, si attiva per coinvolgere gli enti locali, le amministrazioni territoriali e le agenzie ambientali di riferimento e sollecita proprio al monitoraggio puntuale.
  È il monitoraggio che si trova all'interno del piano di gestione del distretto delle Alpi orientali, quello sia del primo ciclo, cioè ante 2016, sia del secondo, che si sviluppa con ulteriori 69 punti significativi, altri 29 sui laghi. L'implementazione del monitoraggio è a dimostrazione del fatto che la competenza è in capo all'amministrazione territoriale, all'ente territoriale, alla regione, ed è individuata poi all'interno del PDG.
  Il monitoraggio non appartiene al ministero, ma rimesso alla discrezionalità di chi ha intestata quest'attività e ha la possibilità, attraverso il supporto scientifico del caso, immaginando una serie di tabelle e di parametri, di svilupparlo anche su sostanze «non codificate» contenute nelle tabelle di riferimento.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Visti i suoi riferimenti all'articolo 101 e al 74 e alle indicazioni del ministero sulla cogenza delle indicazioni dell'Istituto superiore di sanità, poiché la situazione non è cambiata di molto rispetto a quelle indicazioni – praticamente, continuano lo scarico e la situazione che deriva dall'utilizzo delle acque di raffreddamento o dei pozzi che finiscono nel torrente Poscola, continua questa fase di inquinamento – ed essendoci un grave pregiudizio per l'ambiente, è stata valutata dal ministero la possibilità di ricorrere alla diffida alla regione e all'esercizio dei poteri sostitutivi nel caso di inattività?
  Se dite che questi sono limiti cogenti e non si provvede a modificare le autorizzazioni per imporre alla ditta l'obbligo del rispetto, fermo restando che l'articolo 75 fa salvi anche i poteri di ordinanza, si configura anche un'inadempienza, o comunque un'inerzia da parte della regione.
  Inoltre – non sono un chimico – le sostanze di cui stiamo parlando sono pericolose anche per l'ambiente acquatico? Se lo fossero, potrebbe essere lo strumento per porre dei limiti allo scarico delle acque superficiali ricorrendo alla tabella n. 5 del decreto legislativo n. 152 del 2006.

  GAIA CHECCUCCI, Direttrice generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Mi sembra sia toccata la questione della bonifica, quindi delle azioni che la regione ha messo in campo.
  Ricordo un elemento forse importante. Nel luglio 2014, la regione Veneto ha imposto alla società Miteni, che l'ARPAV individua come responsabile della produzione di queste sostanze, il barrieramento, il rispetto allo scarico dei livelli di performance indicati dall'ISS nella nota del 16 gennaio. È la regione Veneto che nell'AIA, quindi sottolineo nell'ambito della propria discrezionalità – consapevolmente già nel luglio 2014, può farlo e lo fa – impone il rispetto di questi livelli di performance già formalizzati con la famosa nota richiamata dell'ISS del 2014, poi reiterati nuovamente.
  Quest'AIA, quest'autorizzazione integrata ambientale è inserita nel programma di misure del piano di gestione del distretto idrografico dell'Appennino, quindi c'è la valorizzazione di queste previsioni all'interno del più ampio PDGA, il masterplan di riferimento, funzionale all'abbattimento di questo tipo di misure della concentrazione delle sostanze PFAS. La regione Veneto ha presente, quindi, ed esercita la propria autonomia e immediatamente, in approccio cautelativo, dà dei limiti in occasione dell'autorizzazione integrata ambientale.
  Lei mi chiede delle concentrazioni di soglia di contaminazione, delle concentrazioni di soglia di rischio, delle possibilità di esercizio del ministero. A che punto siamo su questo? Siamo al punto che il Ministero dell'ambiente fu sollecitato nel 2014 con Pag. 11una nota di ARPAV, che comunicava proprio che la ditta Miteni, ai sensi del 245 – si rientra nella fattispecie – aveva presentato il piano di caratterizzazione, per cui venivamo notiziati innanzitutto dall'ARPAV.
  Si chiedeva che la sezione tutela dell'ambiente si facesse promotrice presso il ministero per la definizione dei limiti, e in aggiunta di definire le CSC, concentrazioni soglia di contaminazione, per i terreni e per le acque sotterranee, e parametri tossicologici ulteriori da utilizzare per l'analisi di rischio.
  C'è, quindi, la richiesta a stretto giro della regione Veneto per individuare le CSC al ministero, che a luglio 2014 formalizza la richiesta all'ISS di indicazioni in merito ai quesiti, e quindi di individuare le CSC, che vengono individuate, formalizzate: c'è un piano di caratterizzazioni di cui siamo notiziati, ma non siamo ancora all'analisi di rischio. Non si ha evidenza, quindi, dopo il piano di caratterizzazione, nelle more dell'analisi di rischio probabilmente in corso, che siano state adottate delle misure di prevenzione afferenti alla bonifica.
  Sottolineo che si tratta di competenza regionale. Alla domanda sull'esercizio dei poteri sostitutivi in presenza di un rilevamento del danno, come si era sempre detto, e dell'accertamento delle responsabilità, rispondo che prima di tutto c'è la regione, poi ovviamente la valutazione di eventuali poteri sostitutivi. A oggi, però, non ci sono assolutamente le condizioni per attivare la filiera da un punto di vista giuridico, di step che lei ha evidenziato.

  PRESIDENTE. Vorrei porre un paio di questioni.
  Le problematiche sono diverse. Anzitutto, il rischio che tutta questa contaminazione, soprattutto nella falda profonda, possa far considerare il sito come contaminato. Il tema è, quindi che l'ISS manda i dati, e si necessita di tabellare come CSC queste famiglie di sostanze. A seconda della situazione, il valore sarà alto o basso. In un caso, tutta la falda è contaminata, e quindi bisognerebbe fare una gigantesca messa in sicurezza.
  Questo è quello che è successo nell'autorizzazione ambientale integrata. Alla fine, il Veneto ha riconosciuto che lì c'è una fase di inquinamento della falda, e quindi ha imposto dei limiti nell'autorizzazione integrata ambientale, poi ha addirittura imposto una barriera idraulica, procedimento tipico in presenza di un sito contaminato. Se la falda profonda deve essere considerata contaminata, le problematiche si aggravano ulteriormente, perché bisogna capire come mettere in sicurezza, al di là del fatto che si peschi per la potabilizzazione o meno, che penso sia un'altra questione ancora.
  Credo che, al di là del sistema di qualità ambientale, uno dei temi sia quello del rischio sanitario. In presenza di un rischio sanitario, in teoria si sarebbe dovuto sospendere immediatamente l'emungimento dai pozzi dell'acqua... L'intervento che state ponendo in essere va benissimo, ci mancherebbe, e ci interessa leggere l'accordo di programma su cui state lavorando, ma il punto è capire come si giocherà tutta questa partita. Ovviamente, ci riferiamo al Veneto. L'IRS ci diceva che, in realtà, le altre situazioni nel Paese sono un po’ meno gravi, molto più gestibili. Anche loro continuano a porre attenzione a quell'area e a quell'attività imprenditoriale fatta da x anni.
  Sostengono anche, come ci dicevano ieri, che ci sia stato un inquinamento diffuso della falda, perché trovano concentrazioni anche a monte dell'eventuale sito potenzialmente incriminato, comunque concentrazioni elevatissime anche a monte.
  Inoltre, anche se come giustamente dite «non siete voi a effettuare i monitoraggi», non può essere sottaciuta un'altra questione, che a mio parere riguarderà altre situazioni nel futuro, ossia quella della predisposizione da parte degli enti di controllo di una capacità soprattutto analitica nei propri laboratori, in grado di far fronte agli eventuali limiti di rilevabilità che devono esserci nei laboratori stessi.
  Non so chi si sia occupato degli SQA dei corsi superficiali, ma basti pensare a che cosa significano 0,6 nanogrammi per litro a livello europeo. Ci dicevano che oggi la Pag. 12capacità della rilevabilità da parte dei laboratori e delle agenzie un po’ più avanzate non ci arriva. Credo, per quanto non sia di competenza diretta il monitoraggio, che si debba ragionare su un inquadramento che favorisca la definizione di specializzazione dei laboratori a livello nazionale. Temo che di nuove sostanze si parlerà nel futuro e che la rilevabilità sia diversa rispetto a quella delle sostanze oggi conosciute, ormai monitorate. Credo anche questo sia un dato assolutamente importante.
  Vorrei capire se anche su questi ragionamenti vi state calibrando, ma ripeto che forse la preoccupazione maggiore nell'immediato è quella di come quell'area verrà definita. Sarà un sito da bonificare o che cosa sarà?

  GAIA CHECCUCCI, Direttrice generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Presidente, ho ricordato che abbiamo dato all'ISS, sulla base dell'istanza della regione Veneto, la quale raccoglieva le evidenze di ARPAV, le concentrazioni soglia di contaminazione funzionale. Il piano di caratterizzazione esiste, per l'analisi di rischio aspettiamo di capire le evidenze che non abbiamo, ma di cui saremo notiziati col progetto di bonifica in corso.
  Quello a cui fa riferimento, se non sia il caso di perimetrare quell'area, e quindi ergerla a fattispecie di sito con natura diversa, non regionale ma magari nazionale, è chiaro che è una scelta, come sa, che parte proprio anche dall'ente territoriale, in cui si fa parte attiva il Ministero dell'ambiente per le perimetrazioni. Probabilmente, è anche il frutto di alcune evidenze che come Commissione darete in fondo ai vostri lavori.
  È chiaro che questo percorso, devo dire anche appunto grazie al vostro lavoro, ha consentito a tutti, ognuno per la parte di propria competenza ma anche in un approccio diverso, di conoscere bene, o direi meglio, il problema inquinanti più PFAS; prima esso era appannaggio di alcuni, ognuno per un piccolo settore, con il taglio di tutela del corpo idrico per il Ministro dell'ambiente, col suo per quello della salute, il suo per quello dell'agricoltura. Quest'approccio è sicuramente quello migliore e, soprattutto, consentirà di avere una fotografia a 360 gradi e che, quindi, si propone di dare soluzione al problema.
  Se una delle soluzioni dovrà essere questa, sarà questa. A oggi, non è proprio possibile, perché io non ho l'analisi di rischio. Sono alla caratterizzazione, e non sono notiziata di ulteriori informazioni, che magari sono in corso di reperimento.
  Chi ha redatto gli SQA recepiti nel decreto legislativo n. 172 del 2015, è il gruppo cui ho fatto riferimento, presenti ISS, IRS, CNR, ISPRA, il gruppo di esperti a cui possiamo tornare. Per rispondere al suo riferimento al monitoraggio, sensibilizzando ISPRA, lei a sua volta il sistema di agenzie di riferimento; possiamo farci parte diligente in questo, senz'altro, e coinvolgere, come del resto è stato sempre coinvolto, il nostro istituto di ricerca.
  A oggi, però, sottolineo ancora una volta che, con riferimento all'azione del ministero, non per ritirarmi o per non fare qualcosa di più di quello che fino a oggi si è fatto – ci mancherebbe, siamo qui per questo – sono tutti coinvolti. Si tratterà di raccogliere le evidenze di questo percorso e tornare a investire sia ISPRA sia il gruppo di esperti, come ho detto, per approfondimenti e magari aggiornamenti.
  Del resto, anche nella nota dell'ISS si parlava di fenomeni conosciuti fino a oggi alla luce dei monitoraggi esistenti, quindi anche quelli in continuo. Anche l'estensione dei punti di monitoraggio contenuta nel piano di gestione è fondamentale. Poi occorrerà verificare le risultanze di questi monitoraggi. È un'azione da svolgere in continuo, che non può fermarsi a una ricetta per sempre. Lo abbiamo capito. In contemporanea, serve l'attivazione degli strumenti che possono realmente tradurre le evidenze scientifiche in azioni e, soprattutto, supportarle – insisto – da un punto di vista economico, perché c'è bisogno di intervenire subito.
  I gestori del servizio idrico, i player sul territorio, ci assicurano che con i trattamenti effettuati di carboni attivi e altri ulteriori che stanno sviluppando, possiamo Pag. 13considerarci tranquilli. Ovviamente, non lo discuto neanche, lo raccolgo. Ciò non toglie che, siccome viene calcato, ribadito, stigmatizzato alla luce delle tecnologie disponibili, è ovvio che la ricerca debba andare costantemente avanti e non ci si possa fermare.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Checcucci e dichiaro sospesa la seduta.

  La seduta, sospesa alle 9.40, è ripresa alle 14.15.

Esame della proposta di relazione
territoriale sulla regione Veneto.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame della proposta di relazione territoriale sul Veneto. Ricordo che oggi è prevista la scadenza dei termini per la presentazione di osservazioni e proposte di modifica al testo presentato dai relatori, che è già stato trasmesso a tutti i componenti della Commissione. Tuttavia, a seguito dell'integrazione dell'approfondimento in corso di svolgimento sull'inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) in alcune zone del Veneto, avverto che il suddetto termine per la presentazione di osservazioni e proposte di modifica è prorogato al giorno 7 giugno prossimo.

Audizione di rappresentanti delle aziende del settore Oil & Gas della Val d'Agri.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante impianti televisivi a circuito chiuso.
  L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti delle aziende del settore Oil & Gas della Val d'Agri. Sono presenti Michele Arleo, responsabile della logistica della società Transar Trasporti Srl., Antonio Garramone, amministratore della società Garramone Michele e Figli Snc., Stefano Sini, area manager della società Italfluid Geoenergy Srl., Ida Leone, direttrice dell'associazione Assoil School, e Maria Antonietta da Nazaret, responsabile del laboratorio della società Baker Hughes Srl., che ringrazio della presenza.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo della depurazione delle acque.
  L'audizione odierna, come sapete, si inserisce nell'ambito di un approfondimento che la Commissione sta svolgendo sulla situazione della regione Basilicata, con particolare riferimento alle attività di prospezione, estrazione e trasporto idrocarburi. In realtà, avevamo previsto una visita ai due siti d'interesse nazionale, dopodiché come noto è successo quel che è successo nel Centro Oli, e quindi abbiamo modificato e anticipato di qualche settimana la nostra attività.
  Credo, però, che a fine mese o a metà luglio completeremo questa visita ai due siti d'interesse nazionale in Basilicata, e magari potrà essere l'occasione per venire giù per eventuali approfondimenti, ma stiamo di fatto completando una relazione e riteniamo di avere quasi tutti gli elementi perché abbia un senso.
  Cedo dunque la parola alla dottoressa Ida Leone, direttrice dell'associazione Assoil School. Noi abbiamo accolto la vostra richiesta di essere auditi, per cui vi chiederemmo di delineare il quadro dal vostro punto di vista. Seguiranno eventuali domande da parte dei colleghi. Deciderete voi come gestire i successivi interventi.
  Penso si sia capito che tutto viene registrato e sarà redatto un resoconto completo della seduta la cui consultazione sarà pubblica.

  IDA LEONE, Direttrice dell'associazione Assoil School. Innanzitutto, ringrazio per averci concesso, in così breve tempo oltretutto, la possibilità di essere qui. Abbiamo seguìto la vostra presenza in Basilicata. Ci siamo posti, a un certo punto, il problema che probabilmente un punto di vista delle aziende che operano nell'indotto della Val d'Agri, che offrono servizi a supporto dell'attività che ENI svolge in Val d'Agri, potesse essere utile per comprendere la situazione. Pag. 14 Ormai sono passati due mesi dal fermo dell'impianto, per un tessuto economico importante nell'area, che impatta innanzitutto sui lavoratori e, in eguale misura, anche sulle aziende.
  Abbiamo avanzato una richiesta in maniera informale. Siamo qui in cinque, perché questo era il numero consentito per la presenza in audizione. Rappresentiamo aziende che offrono servizi diversi. Mi fa piacere dire che insieme a noi, qui davanti al civico, ci sono altre sessanta persone, altrettanti rappresentanti di aziende, di associazioni di categoria di settori dell'indotto indiretto, albergatori, commercianti, e anche una rappresentanza dei lavoratori di queste aziende.
  Il problema è, infatti, fortemente sentito da tutti. Credo che il fatto che tutti sono qui dia la misura dell'interesse e dell'attenzione di cui abbiamo bisogno. Siamo qui per chiedere in maniera sentita attenzione a un mondo produttivo. Soprattutto, sono già passati due mesi e sulle spalle delle aziende si sente forte il carico del tempo che passa. Abbiamo predisposto una traccia di ragionamento. Abbiamo condotto un'indagine censendo 56 aziende che operano direttamente con ENI. Parlo, quindi, di un indotto diretto, di quelli che fanno proprio servizi all'impianto, di manutenzione, di assistenza, di trasporto, di ingegneria.
  In questo momento, le aziende dovrebbero essere una novantina, ma 56 sono quelle che hanno risposto a un censimento che abbiamo inteso fare, innanzitutto su un dato occupazionale. Abbiamo il dato al 31 gennaio, cioè prima che si interrompesse la normale attività dell'impianto, del numero di lavoratori in carico in queste aziende, e ne abbiamo censiti 1.779. Poi abbiamo svolto un'indagine sulla dimensione e la tipologia delle aziende e quali di queste possano beneficiare degli ammortizzatori sociali. Non tutte possono fare ricorso a queste misure. Questo vuol dire che non tutti i lavoratori che in questo momento sono fermi sono garantiti in questo frangente.
  Nel frattempo, alcuni contratti a tempo determinato di lavoratori che operavano nel settore sono già scaduti e, in assenza di operatività, non è stato possibile rinnovarli. Credo che parliamo grosso modo di 290 persone. Vado a memoria, ma tutto è riportato in un documento che intendiamo lasciare.
  Ci siamo anche spinti un po’ più avanti. Ogni azienda conosce la propria peculiarità, i propri investimenti sul territorio e immagina quale sia la resistenza, il tempo su cui contare ancora perché possa mantenere inalterato lo stato degli investimenti sulle persone, sui mezzi e sulle attrezzature. Ci siamo spinti a una previsione fino a settembre: se il fermo dovesse prolungarsi oltre settembre, per noi sarebbe veramente complicato. Credo che il 70 per cento delle aziende morirebbe.
  Il censimento rappresenta campioni diversi. In Val d'Agri ci sono sedi operative di aziende multinazionali e nazionali di media e grande dimensione, poi ci sono aziende del tutto locali, nate intorno alle attività di ENI, in cui si sono specializzate e qualificate.
  Nell'arco di quindici anni, da che è cominciata l'attività, le aziende hanno dovuto, per lavorare con ENI, adeguarsi a degli standard. Per lavorare direttamente come contrattisti o anche in subappalto è necessario, infatti, qualificarsi con ENI. La qualifica richiede dotazioni minime molto alte in termini di solidità finanziaria, di formazione, di investimenti – guardo i colleghi, più esperti di me in questo senso – di certificazioni sulla sicurezza di carattere ambientale, che hanno costi importanti e che vanno mantenute anche quando non si lavora se a termine.
  Parlo delle certificazioni, dei mutui che si fanno per acquistare le macchine, delle attrezzature. Quelle hanno delle scadenze che prescindono dal fatto che l'attività sia sospesa. Le aziende in questo momento sono chiamate a rispondere all'esigenza dei lavoratori, in cassa integrazione. La cassa integrazione ha un'istruzione particolare, non abbiamo ancora avuto l'approvazione, e comunque seppure fosse approvata dall'INPS, le aziende la stanno anticipando, che significa moneta cash ogni mese per pagare la cassa integrazione ai lavoratori. Pag. 15Ancora, ci sono gli investimenti sulle attrezzature, leasing, mutui, assicurazioni per le macchine, standard sul personale e sulle strutture e così via.
  Concluderei qui e col permesso del presidente passerei la parola all'ingegner Sini, che ne sa qualcosa più di me.

  STEFANO SINI, Area Manager della società Italfluid Geoenergy Srl. Per completare la descrizione della dottoressa Leone, che è stata molto chiara, vorrei illustrarvi la qualità delle industrie che operano nell'indotto.
  Per lavorare con le compagnie petrolifere, sono necessari elevatissimi standard di qualità, conseguiti da tutte le aziende, anche le più piccole. Come diceva la dottoressa Leone, in Val d'Agri lavorano multinazionali che operano in tutto il mondo, e quindi conoscono questa tipologia di attività e sono strutturate per farla, ma anche società medie e medio-piccole italiane, che hanno elevato il loro standard di qualità e di efficienza, e quindi hanno creato strutture tecnicamente molto valide, che possono e che hanno portato anche a sviluppare lavori all'estero. Si sono avviati processi di internazionalizzazione di queste aziende locali che hanno portato a conseguire commesse e lavori all'estero, portando l'eccellenza italiana anche fuori dai confini nazionali.
  La Val d'Agri è un effettivo volano per la crescita anche di aziende piccole e medie italiane che possono creare valore. Teniamo a dirlo e a sottolinearlo, perché a nostro avviso è molto importante. Il perdurare di questo blocco sicuramente porta a una contrazione drammatica di questa realtà.
  Oltre alle aziende dell'indotto diretto, ci preme comunque ricordare la drammatica situazione delle aziende dell'indotto indiretto. Parliamo di alberghi, ristoranti, bar, assicurazioni, banche, supermercati, che hanno avuto nel solo mese di aprile una contrazione del volume d'affari del 60 per cento, ma questo vale principalmente per alberghi, ristoranti e bar. In generale, per tutte le strutture commerciali della zona hanno visto una contrazione tra il 30 e il 60 per cento. Anche lì, quindi, si stima una perdita di posti di lavoro, con il perdurare di questo blocco, di oltre 150 persone.
  Per quanto riguarda le aziende più strettamente legate all'indotto diretto, abbiamo circa 1.779 posti di lavoro censiti. Se il blocco dovesse perdurare, a fine anno forse rimarrebbe meno del 35 per cento di questi posti, ossia più di 1.300 posti di lavoro persi, purtroppo anche per la congiuntura internazionale, con prezzo del petrolio basso, che quindi non permette, nonostante siano tutte aziende sane e comunque competitive, una veloce rilocalizzazione.

  MICHELE ARLEO, Responsabile della logistica della società Transar Trasporti Srl. La Transar Srl è una società subappaltatrice in ENI.
  Vorrei dire due cose fondamentali. Noi siamo una ventina di aziende che ci occupiamo prevalentemente di trasporti delle acque di processo in Val d'Agri, e prestiamo servizi all'interno del Centro Oli. Per fare questo, ENI comunque ci mette in condizione di essere delle aziende non dico come un fiore all'occhiello, ma siamo lì. Abbiamo spese esorbitanti per comprare i mezzi. Ho qui l'elenco e nell'ultimo anno, anno e mezzo, abbiamo tirato fuori quasi 8 milioni 200.000 euro per cercare di essere competitivi in una situazione che lo richiede.
  Per lavorare in ENI, servono standard altissimi anche per i trasporti. Bisogna avere macchine non più vecchie di Euro4, cisterne con il massimo dello standard per i trasporti. Questi trasporti – giusto per farlo capire un po’ a tutti – sono rigorosamente piombati alla partenza, ed ENI tiene molto a questo, le aziende devono essere a posto sia in relazione agli autisti, sia per le polizze antinquinamento. Offriamo il massimo che si può sui trasporti.
  Oggi, con questa situazione, non dico che siamo al limite come tenuta, ma a comprare 8 milioni di mezzi in un anno con mutui e leasing a cinque anni, la tenuta aziendale salta, a partire dal livello bancario. Salta tutto. Quello che ci preoccupa oggi è che ripartire tra sei mesi vuol dire non ripartire, ma prendere queste macchine e farle riportare alle società che ce le hanno vendute. Per noi, sarebbe veramente Pag. 16un disastro. Quello che oggi chiedo a questa Commissione, sempre rispettando sicurezza e salute, è di cercare di stringere un po’ i tempi per la ripartenza. Solo per questo, signor presidente, faccio un appello a lei in particolare.

  PRESIDENTE. Se ne avessi la potestà...

  MICHELE ARLEO, Responsabile della logistica della società Transar Trasporti Srl. So che lei è una persona molto chiara su tante cose. Abbiamo apprezzato anche i suoi interventi per i nostri controlli in Basilicata. È stato molto chiaro, e noi l'abbiamo apprezzato. Veramente saremmo felici se aumentassero i controlli. Saremmo anche noi più apprezzati per il lavoro che svolgiamo. Oggi siamo etichettati come gente che sta intorno a ENI, che chissà che cosa fa. Noi facciamo veramente il possibile.
  Io in prima persona, ma come il mio collega Antonio, lavoriamo tutti i giorni in quell'impianto, lui da 25 anni e io da 5. Siamo lì tutti i giorni a combattere in quell'impianto. Ci teniamo a dire che siamo disposti veramente a tutto, ma vi preghiamo, sempre nei limiti del possibile, di accelerare un po’ i tempi e di cercare di farci ripartire il più presto possibile.

  PRESIDENTE. È chiaro che come Commissione non abbiamo il potere di fare quel che ci chiedete. Sapete, ma forse sono stato un po’ veloce, che siamo una Commissione di inchiesta e che la principale caratteristica del nostro lavoro, ma perché così lo impone la legge istitutiva, è di occuparci delle situazioni che prevedono un potenziale o reale illecito di carattere ambientale associato al ciclo dei rifiuti, delle bonifiche e alla depurazione delle acque.
  Le motivazioni in punta di legge del nostro intervento derivano proprio dall'intervento della magistratura, che ha messo in moto un meccanismo che andrà avanti a livello giudiziario, ma che ci coinvolge. Il Parlamento ha voluto questa Commissione proprio perché si occupasse di queste vicende, con poteri in parte simili a quelli dei magistrati, ma ovviamente non abbiamo quella professionalità né siamo sostitutivi per un lavoro svolta da un'altra parte dello Stato.
  Detto questo, come sapete dalla stampa relativa a quando siamo stati giù, pur rilevando una serie di criticità e avendo ascoltato diversi interlocutori, istituzionali e meno – per esempio, tutte le associazioni ambientaliste – al di là della diatriba politica che su questi eventi trova sempre un brodo colturale importante, ma questo non ci interessava, ho ricordato, perché così sono state le audizioni, che anche tra coloro che più denunciavano scarsità dei controlli, probabili inquinamenti, nessuno ci ha mai detto che quell'impianto dovesse sparire.
  A volte la discussione si radicalizza anche in quel modo. Nessuno, come dalle audizioni si potrà evincere, ci ha detto questo. Tanti hanno manifestato diverse perplessità, diverse paure, sottolineato diverse situazioni, in gran parte riscontrabili oggettivamente, in gran parte forse no, di gran parte delle quali la magistratura si dovrà occupare.
  Possiamo sicuramente cercare di mantenere l'attenzione sul tema, investire coloro che decideranno e a più riprese fare presente la situazione, ma la conoscono. In conferenza stampa abbiamo fatto un appello alle parti, ognuna per le sue responsabilità – ci mancherebbe altro – che facessero in modo che a un problema non se ne aggiunga un altro. Sicuramente, dei problemi di controllo ambientale ci sono stati, c'è un corso giudiziario, e vedremo come finirà, ma se a questo dovesse aggiungersi un problema anche di carattere occupazionale e sociale, è chiaro che la miscela diventerebbe esplosiva. Ci siamo sentiti di poterlo dire.
  Ripeto che abbiamo le condizioni per chiudere a breve una relazione che consegneremo al Parlamento tutto, e chiederemo magari un percorso abbreviato per la discussione. Proveremo a fare tutto quello che è nelle nostre possibilità secondo i compiti attribuiti dalla legge, al di là della nostra singola volontà. Accogliamo le vostre istanze, adesso vi sarà rivolta qualche domanda, e cercheremo di portare anche Pag. 17questa voce e di non trattarla come una qualsiasi testimonianza. Alla stessa relazione abbiamo dato la precedenza su tutte, proprio perché ci rendiamo conto che il tema è lì.
  Faremo tutto l'immaginabile per arrivare a un minimo di soluzione, per quanto abbiamo anche capito che alcune questioni rischiano di avere dei tempi lunghi, perché le questioni tecniche sono anche complicate.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LAURA PUPPATO. Vi ringrazio per la vostra presenza oggi.
  Signor Arleo, lei ha citato il settore dei trasporti, che immagino sia quello di operatività della sua azienda, e forse non solo, nel senso che siete qui a rappresentare anche le altre aziende di quel settore, e ha puntato l'attenzione sul fatto che i trasporti venivano richiesti in un certo modo da parte di ENI, per cui vi era una rigorosa piombatura e una necessità di trasferire quanto veniva prelevato dall'impianto: può essere più esplicito?
  Per quanto di sua competenza, naturalmente, da quell'impianto che cosa esattamente si prelevava e dove eventualmente veniva portato quanto prelevato? Vi sono state mai richieste di fermate intermedie o di attività che possono essere utili a questa Commissione?

  MICHELE ARLEO, Responsabile della logistica della società Transar Trasporti Srl. Noi prelevavamo le acque di processo dall'impianto. Piombate le macchine, ci sono dei formulari e la «bolla di viaggio» del mezzo con le destinazioni. Fermate intermedie non ne sono state mai fatte. Dal momento che il veicolo parte, trascorre un tempo di quattro ore, quattro ore e mezza, sempre se si è nelle vicinanze, per arrivare allo scarico, in base all'impianto che riceve. Non abbiamo avuto mai di queste richieste da parte della committenza.

  LAURA PUPPATO. Per capire meglio, quali erano gli impianti serviti?

  MICHELE ARLEO, Responsabile della logistica della società Transar Trasporti Srl. Gli impianti che abbiamo servito sono diversi: Ecosistem, Lamezia Terme, Econet, anche quello di Tecnoparco, De Cristofaro a Lucera, in provincia di Foggia, Hera Ambiente, a Ravenna. Ce n'è qualche altro di cui adesso mi sfugge il nome. Posso dirle la zona, ma non il nome preciso. C'era anche Depuracque di Chieti.

  PRESIDENTE. I numeri che ci avete fornito riguardano l'indotto del Centro Oli o anche Tecnoparco? Non c'entrano niente con Tecnoparco, bene.
  Avendo lavorato nei trasporti e portando un po’ questo materiale, non avete mai notato differenze della qualità del materiale che portavate in giro? Sapete che le ammine hanno una certa soglia olfattiva: avete ravvisato delle differenze negli anni?

  ANTONIO GARRAMONE, Amministratore della società Garramone Michele e Figli Snc. No, questo no. Vi spiego più o meno come funziona il trasporto.
  Quando andavamo a caricare, insieme al formulario ci veniva consegnata volta per volta un'analisi chimico-fisica eseguita da un laboratorio d'analisi e venivano fatte le campionature: ne veniva lasciata una al produttore, una al trasportatore...

  LAURA PUPPATO. Che cosa vuol dire insieme?

  ANTONIO GARRAMONE, Amministratore della società Garramone Michele e Figli Snc. Insieme al trasporto, insieme all'autobotte. Venivano fatte tre campionature sigillate, di cui veniva portata al depuratore terminale. Che c'erano altre cose, negli anni, no, non lo abbiamo notato.

  MIRIAM COMINELLI. A sua conoscenza, c'è qualche dipendente di aziende dell'indotto indagato o comunque soggetto a provvedimenti di questo tipo?
  Inoltre, ha detto che non tutti i dipendenti sono garantiti dagli ammortizzatori sociali: si può fare un approfondimento su quello?

Pag. 18

  IDA LEONE, Direttrice dell'associazione Assoil School. Dalle intercettazioni credo ci siano delle persone indagate anche tra gli operatori, anche tra i dipendenti. Non saprei dirle di più.
  In merito agli ammortizzatori sociali, quelli vengono riconosciuti dall'INPS in base alla tipologia di contratto, all'appartenenza dell'azienda, al numero di dipendenti – al di sotto dei quindici dipendenti non sono garantiti – e anche per il tipo di contribuzione, l'anzianità di servizio e così via.
  Oltretutto, alcune delle aziende potrebbero beneficiare degli ammortizzatori in deroga, che per quanto ci hanno riportato anche i sindacati, in Basilicata non sono finanziati, cioè non c'è copertura finanziaria. È questo il problema. Io, per esempio, rappresento un centro di formazione agli addetti sia per la sicurezza sia per la formazione continua: siamo cinque dipendenti e saremo i primi a non poterne beneficiare.

  PRESIDENTE. Vorrei porre due questioni.
  Anzitutto, avete avuto rapporti con la regione su questo, incontri col presidente della regione o suoi delegati per manifestare, giustamente, le stesse preoccupazioni?
  Vorrei poi porvi una domanda generale. Siete tutti operatori, oltre che residenti e fruitori: secondo voi, c'è stato qualcosa che non è andato in un certo momento, in un certo periodo? Qual è stata la vostra sensazione? Lì ci sono situazioni, per quanto ripeto le indagini seguano l'interpretazione di un codice o di un altro, che riguardano l'utilizzo delle torce, odori particolari, manifestazioni in giro che un po’ sono state segnalate: avevate la sensazione che qualcosa non andasse per il verso giusto? Parlo di sensazione, non vi si sta chiedendo una prova provata.

  IDA LEONE, Direttrice dell'associazione Assoil School. Rispondo sicuramente alla prima e da profana alla seconda.
  Non abbiamo avuto incontri con le istituzioni fino alla settimana scorsa. In occasione dell'intenzione manifestata dal presidente della regione Pittella di aprire un tavolo di crisi presso il Ministero dello sviluppo economico, sono stati convocati Confindustria, i sindacati e alcune altre associazioni di categoria. In quella circostanza abbiamo anche dovuto un po’ forzare la mano perché insieme a Confindustria ci fosse una nostra rappresentanza. La Confindustria regionale è a Potenza, noi abbiamo proprio il polso della situazione e ci abbiamo tenuto a esserci. Abbiamo partecipato, quindi, a quest'incontro e confideremmo di poter essere presenti, sempre in rappresentanza minima, al Ministero dello sviluppo economico.
  Riguardo alla seconda domanda, la scuola che dirigo è lì da cinque anni. Io vivo a Potenza e lavoro a Viggiano, quindi viaggio tutti i giorni, ma da umanista, che conosceva poco tecnicamente l'ambiente – l'impatto del centro è suggestivo, mi affascina anche l'ingegneria meccanica per quello che rappresenta – sapevo comunque sicuramente di operare in un'area considerata ad alto rischio.
  Abbiamo seguìto subito tutte le procedure di sicurezza, perché chiunque rientri in un perimetro di quell'area deve sapere che cosa vive tutti i giorni. Quando abbiamo assistito a qualche perdita in torcia, a qualche sfiammata, l'impatto emotivamente è stato forte, ma uscendo nel piazzale a rendermi conto di che cosa stesse succedendo degli ingegneri di processo accanto a me che lavorano in impianto mi hanno spiegato che è una benedizione il fatto che sfiammi il gas sfiammi in torcia, altrimenti esploderebbe l'impianto.
  Io l'ho raccontata proprio da profana. Che il gas che brucia in quel momento sia metano, quindi non una sostanza inquinante, e che ci sia un po’ di odore di H2S, di zolfo, è verosimile, è comunque un impianto industriale. Prendetela come la testimonianza di chi, come voi, potrebbe assistere a un fenomeno del genere.

  STEFANO SINI, Area Manager della società Italfluid Geoenergy Srl. Voglio aggiungere qualcosa a quello che ha detto la dottoressa Leone. Pag. 19
  Io non sono lucano, vivo in Basilicata da forse dieci anni, ma lavoro in quella zona da circa venti. Ho portato i miei figli piccoli, che sono nati e crescono lì. Se avessi avuto il sentore che fosse una sorta di inferno dell'inquinamento, non ce li avrei portati.
  Anche per il discorso torcia e il discorso gas flaring, quella è una torcia di sicurezza, funziona in caso di criticità, di problemi all'interno dell'impianto, dove occorre una rapida depressurizzazione di alcune sue parti, quindi si usa come valvola di sfogo. Sono momenti che durano qualche minuto, giusto il tempo necessario a depressurizzare tutte le linee interessate dal problema in corso, per poi procedere alle manutenzioni di riparazione e ripartire.
  Sì, come si è detto, sono episodi emotivamente impattanti, ma sono momenti definiti nel tempo, di breve durata, e servono proprio per preservare l'impianto e salvaguardare l'incolumità delle persone che ci lavorano. Forse in questo sarebbe opportuna una maggiore informazione. Chi non lo conosce lo vive come un pericolo, e invece non lo è.

  MARIA ANTONIETTA DA NAZARET, Responsabile del laboratorio della società Baker Hughes Srl. Immagino siate tutti a conoscenza della prospettiva risolutiva di ENI di questa situazione. ENI ha lasciato in procura una possibile soluzione che tecnicamente eviterebbe anche quello che potrebbe essere successo in precedenza e che potrebbe aver causato un'alterazione dell'acqua di reiniezione così come esce dal pozzo.
  Quello che ci preme anche in questo momento è che questa soluzione possa avere il benestare della procura, e quindi richiedere le opportune autorizzazioni alle modifiche impiantistiche che ci saranno da fare. Sarebbe per noi molto importante, un orizzonte cui ambire.

  LAURA PUPPATO. Qual è la causa, che lei sappia, in parole semplici?

  MARIA ANTONIETTA DA NAZARET, Responsabile del laboratorio della società Baker Hughes Srl. In parole semplici, il ciclo chiuso dell'acqua di reiniezione parte da quello che si estrae dal pozzo, ossia acqua, olio e gas, e queste tre porzioni devono essere separate: la fase acqua viene trattata e separata; la fase olio viene separata, ed è quella che poi va a Taranto; la fase gas ha bisogno di essere addolcita, cioè che siano eliminati H2S e CO2, e questo avviene attraverso la MDEA e il TEG, un disidratante.
  Ora, per eventi tecnici potrebbe esserci stato un fenomeno di trascinamento dovuto a un malfunzionamento dell'impianto, ma stiamo parlando comunque di concentrazioni molto basse. La proposta di ENI è di creare una vasca separata che raccolga l'acqua che viene fuori dal trattamento di addolcimento gas. Questo eviterebbe nella maniera più assoluta la possibilità che parte di quell'acqua finisca dell'acqua di reiniezione vera e propria, che poi va esattamente al pozzo di reiniezione.

  MIRIAM COMINELLI. Avete una vostra struttura di coordinamento o fate riferimento a Confindustria? Prima faceva distinzione con la Confindustria di Potenza.

  IDA LEONE, Direttrice dell'associazione Assoil School. Ci siamo organizzati spontaneamente e abbastanza in fretta, non abbiamo pensato di costituirci formalmente in un comitato. Il nostro riferimento è comunque sempre Confindustria, almeno fino a oggi. Vedremo se ci sarà la necessità di dare una connotazione diversa, anche giuridicamente più identificabile. Per questo mi scusavo per l'informalità con cui ci siamo proposti. Sarebbe stato sicuramente più facile per voi avere un interlocutore che avesse un ruolo. Noi siamo sessanta aziende e giù, quando ci hanno ammessi, ci hanno definiti «quelli dell'oil & gas».
  Esatto, siamo i lavoratori dell'oil & gas in questo momento. Se sarà necessario, ci costituiremo, ma il punto non è la forma. Oltretutto, sarebbe anche discriminante. Abbiamo avviato questo discorso e mentre stavamo venendo qui anche le associazioni di categoria, gli albergatori e così via, hanno chiesto se potevano venire, perché il Pag. 20problema è comune. Ci riconosciamo tutti in una causa.
  Dalla settimana scorsa, quando era previsto che venissimo ma non avevamo questa novità, siamo anche tutti un po’ più fiduciosi. Il fatto che ENI abbia aperto a una possibile soluzione ci fa ravvisare uno spiraglio più a medio termine. Tecnicamente, sappiamo che si può realizzare, e si può farlo impiantisticamente in due o tre mesi, tempi che ancora riusciamo a sopportare.

  PRESIDENTE. Come ho detto all'inizio, recepiamo le vostre preoccupazioni, in parte ce ne faremo carico, ripeto con le nostre prerogative e possibilità. Ci avete fornito delle indicazioni importanti, i numeri dell'indotto. A volte si sparano delle cifre da cui non si capisce.

  IDA LEONE, Direttrice dell'associazione Assoil School. Abbiamo anche un file più analitico proprio di censimento sulle aziende.

  PRESIDENTE. Potete farcelo avere.

  IDA LEONE, Direttrice dell'associazione Assoil School. Se ha piacere, glielo faccio avere.

  PRESIDENTE. Assolutamente.

  IDA LEONE, Direttrice dell'associazione Assoil School. Abbiamo proprio il numero di dipendenti per azienda, le casse integrazioni attivate, i contratti scaduti e così via, che poi abbiamo rappresentato in percentuale qui, ma è più analitico. Ve lo faremo avere.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo. Trasmettete lo stesso messaggio ai vostri colleghi: per qualsiasi cosa rimaniamo in contatto, potete scriverci, segnalare altri problemi, e noi cercheremo di monitorare un po’ la situazione. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.