XVII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 18 di Mercoledì 18 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 2 

Audizione di rappresentanti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sull'attività di vigilanza e di contrasto in materia di truffe telefoniche (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 2 ,
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 2 ,
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 9 ,
Coppola Paolo (PD)  ... 9 ,
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 9 ,
Coppola Paolo (PD)  ... 9 ,
Liuzzi Mirella (M5S)  ... 10 ,
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 10 ,
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 10 ,
Cotugno Enrico Maria , Vicedirettore della Direzione tutela dei consumatori dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 10 ,
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 11 ,
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 11 ,
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 11 ,
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 11 ,
D'Orazio Annalisa , Capo Gabinetto del Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 11 ,
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MICHELE POMPEO META

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sull'attività di vigilanza e di contrasto in materia di truffe telefoniche.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2 del regolamento, di rappresentanti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sull'attività di vigilanza e di contrasto in materia di truffe telefoniche.
  La Commissione ha ritenuto di dover audire nuovamente l'Autorità su questo tema molto sentito e abbiamo avuto un'immediata disponibilità del presidente, che ringrazio.
  Le darei subito la parola, presidente, per la relazione introduttiva.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
  Signor presidente, ringrazio lei e la Commissione per quest'invito, che mi darà l'opportunità di illustrare l'attività di Agcom per quanto riguarda il fenomeno delle cosiddette truffe telefoniche. In realtà, il termine è forse esagerato. Sono, in ogni caso, delle pratiche non regolari. Solo in alcuni casi abbiamo un'attività che può essere definita truffaldina.
  La normativa assegna all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni competenze differenziate in materia di tutela e protezione dei consumatori finali di servizi di comunicazione elettronica. La differenziazione delle competenze e, di conseguenza, degli strumenti di intervento nasce in primo luogo dalla diversa natura dei servizi fruiti dai consumatori.
  Un primo elemento di distinzione deriva, infatti, dalla tutela di servizi garantiti (diritto a un servizio di interesse generale), come nel caso del servizio universale e nelle comunicazioni elettroniche, rispetto a servizi per cui sono previste condizioni oggettive di tutela nel consumo, il cui livello dipende dalle caratteristiche del servizio, come la complessità tecnologica, e dal controllo sui prezzi e sulla qualità, già esercitato in principio dalla concorrenza.
  Nel primo caso, l'Autorità, ma anche il ministero, che ne determina il contenuto, svolge un ruolo di natura regolamentare, fissando i livelli qualitativi dei prezzi dei servizi minimi garantiti e propositiva, segnalando al legislatore l'eventuale modifica del servizio anche sulla base dei nuovi bisogni dell'evoluzione della domanda e della coesione sociale derivante dal diritto di accesso a internet attraverso un'efficace qualità della rete.
  Nell'ambito delle competenze generali di tutela dei consumatori dei servizi di comunicazione elettronica offerti nel mercato concorrenziale, invece, il ruolo dell'Autorità si sostanzia nelle attività di vigilanza e contrasto ai comportamenti degli operatori: da un lato, attraverso gli strumenti di vigilanza in risposta alle denunce e segnalazioni dei consumatori (risoluzione di controversie, diffide, sanzioni); dall'altro, Pag. 3 attraverso l'adozione di regole di condotta, anche in attuazione degli orientamenti europei, e la definizione di linee comuni finalizzate a stimolare forme di autodisciplina da parte degli operatori (i codici di autoregolamentazione).
  La normativa europea e nazionale in materia prevede, infatti, alcune condizioni minime di tutela dei consumatori di servizi di comunicazioni elettroniche. Per trarre pienamente vantaggio nell'ambiente concorrenziale è opportuno, per esempio, che «i consumatori possano effettuare scelte informate e cambiare fornitore se nel loro interesse. È essenziale assicurare che possano farlo senza incontrare ostacoli giuridici, tecnici o pratici, in particolare sotto forma di condizioni contrattuali, procedure, costi e così via. Ciò non esclude la possibilità di imporre periodi contrattuali minimi ragionevoli nei contratti proposti ai consumatori».
  Inoltre, la liberalizzazione dei mercati delle reti dei servizi di comunicazione elettronica, unita al rapido progresso tecnologico, ha stimolato la concorrenza e la crescita economica, e ha prodotto una vasta gamma di servizi destinati agli utenti finali, accessibili attraverso le reti pubbliche di comunicazione elettronica.
  In tale contesto, da un lato è necessario garantire un pari livello di tutela dei dati personali e della vita privata ai consumatori e agli utenti, indipendentemente dalle tecnologie utilizzate per fornire un determinato servizio; dall'altro, occorre prendere atto che i nuovi mezzi di comunicazione e la stratificazione dei servizi di accesso e delle applicazioni sul web accrescono il rischio di un consumo inconsapevole e involontario da parte dei consumatori-navigatori.
  A fronte di questi cambiamenti, l'Autorità ha dovuto affrontare e dare risposta a diverse tipologie di «truffe» o danni a carico dei consumatori. L'attività si è concentrata, in particolare, su tre fattispecie: le attivazioni di servizi non richiesti su reti e servizi di comunicazione da postazione fissa; l'attivazione di servizi, in particolare su reti radiomobili, e/o contenuti a sovrapprezzo rispetto al servizio base, giustificati come servizi a valore aggiunto; le modifiche contrattuali unilaterali.
  Le attivazioni non richieste sui servizi tradizionali potrebbero essere definite come le truffe della «prima ora». È un fenomeno che ha preso piede soprattutto sulla linea telefonica fissa e che ha spesso avuto come vittime gli anziani, o comunque gli utenti meno accorti, che si sono ritrovati addebitati in bolletta i costi di servizi mai richiesti o in ordine ai quali si è semplicemente ricevuta una telefonata illustrativa dall'operatore, ma senza che a essa abbia fatto seguito un esplicito consenso.
  L'articolo 70 del codice delle comunicazioni elettroniche riconosce ai consumatori il diritto di stipulare contratti sulla base di condizioni che, quanto meno nel loro contenuto minimo individuato dalla norma medesima, devono essere rese note al momento della conclusione. La ratio della norma, quindi, è duplice: da un lato, consente agli utenti di ricevere informazioni adeguate ai fini di una corretta e consapevole scelta contrattuale; dall'altro, evita che siano attivati servizi e prestazioni in assenza del consenso preventivo espresso da parte dell'utente.
  Sul piano regolamentare, l'Autorità ha adottato nel 2006 uno specifico regolamento di disciplina dei contratti stipulati a distanza. Alla luce delle disposizioni settoriali, l'Autorità negli anni ha svolto un'intensa attività di vigilanza e sanzionatoria nei confronti degli operatori, dando per esempio risposta a circa mille segnalazioni negli anni 2013 e 2014, e a 720 nel solo 2015.
  Le recenti modifiche apportate al codice del consumo nel 2014, con il decreto legislativo 21 febbraio 2014, n. 21, hanno in parte inciso sulle competenze dell'Autorità. Il decreto ha innanzitutto provveduto a una più puntuale definizione delle cosiddette pratiche commerciali scorrette, su cui vigila l'Antitrust, finendo per ricomprendervi anche la fornitura di servizi non richiesti, come si ricava dalla lettura dell'articolo 65, che pone il divieto per il professionista di pretendere pagamenti supplementari per offerte e/o opzioni aggiuntive rispetto al Pag. 4contratto principale in assenza di un consenso espresso del consumatore.
  Inoltre, il medesimo decreto ha ridisegnato sul tema specifico i rapporti tra Agcom e Autorità antitrust, prevedendo l'estensione dell'applicazione dell'articolo 65 del codice del consumo anche ai settori regolati, tra cui quello delle comunicazioni elettroniche, previo parere dell'autorità settoriale.
  L'intervento normativo delineato ha avuto l'effetto di limitare la portata applicativa dell'articolo 70 del codice in relazione alle fattispecie di attivazione di servizi non richiesti, ridimensionando l'ambito di intervento di quest'Autorità.
  In ragione di tale nuovo quadro normativo, l'Autorità ha approvato il nuovo regolamento recante disposizioni a tutela dell'utenza in materia di contratti relativi alla fornitura di servizi di comunicazione elettronica, sulla base del presupposto che i contratti in questione, in quanto necessari a garantire agli utenti l'accesso alla rete e ai servizi di informazione e comunicazione pubblica forniti attraverso di essa, possono essere considerati afferenti a beni costituzionalmente sensibili.
  Da tale peculiare natura dei servizi di comunicazione elettronica discende che le vicende contrattuali relative ai rapporti tra operatori e utenti di tali servizi necessitano di un surplus di garanzie e tutele, e quindi di una disciplina specifica che abbia particolare riguardo alla completezza delle informazioni da rendere in sede pre-contrattuale, ivi comprese quelle relative alle condizioni di variazione o all'esercizio del diritto di recesso del rapporto negoziale nonché alla semplificazione e trasparenza delle condizioni economiche e qualitative offerte, con la finalità di garantire una scelta libera e consapevole e la facilità di comparazione tra le numerose offerte presenti sul mercato.
  Del resto, a prescindere dalle norme comuni in materia di codice del consumo, la stessa disciplina di settore europea e nazionale detta specifiche disposizioni in ordine al contenuto dei contratti di abbonamento a servizi di comunicazione elettronica, alle modifiche contrattuali, al recesso, alla trasparenza delle informazioni.
  In ragione di ciò, l'Autorità con il regolamento del 2015 si è fatta carico di fare chiarezza anche in materia di diritti e doveri delle parti in caso di conclusione telefonica, o comunque a distanza, dei contratti per la fornitura dei servizi. In tale ottica, l'Autorità, attraverso un documento di orientamento per il mercato, ha precisato il portato dell'articolo 51, comma 6, del codice del consumo, così come modificato dal decreto legislativo n. 21 del 2014, contenente una specifica disciplina dei contratti conclusi per telefono.
  La soluzione cui si è pervenuti, elaborata anche alla luce delle criticità emerse dall'esperienza concreta, è stata quella di dare alla norma una lettura che assicuri un elevato livello di tutela prima della conclusione dell'accordo contrattuale, prevedendo come necessario e non più facoltativo l'invio al consumatore di informazioni scritte, anche in forma telematica, al termine della conversazione telefonica. Solo in tal modo, infatti, può garantirsi all'utente un'adeguata comprensione delle condizioni contrattuali del contratto.
  Vengo alle attivazioni inconsapevoli dei servizi a valore aggiunto. Si tratta delle attività di contrasto condotte aventi a oggetto l'attivazione di servizi e/o contenuti a sovrapprezzo, cosiddetti value added services, senza che gli utenti abbiano prestato il necessario consenso, che sono aumentate negli ultimi anni a fronte della maggiore diffusione dell'accesso a Internet su reti di comunicazione.
  Questi servizi sono variegati, loghi e suonerie, servizi di oroscopo e consulenza astrologica, tanto per citare i più diffusi, spesso attivati navigando sulle pagine di un sito internet. Si tratta di condotte che determinano addebiti spesso elevati e non facilmente recuperabili.
  Anche su questo fronte è stato il legislatore comunitario ad aprire la strada. Il primo testo normativo che affronta compiutamente il tema dei contenuti digitali è il codice del consumo, che, come ho detto recentemente, è stato modificato dal già citato decreto legislativo n. 21 del 2014. Pag. 5
  Numerosi sono stati gli interventi regolamentari intesi a prevenire il rischio di attivazioni inconsapevoli di servizi a valore aggiunto e a tutelare gli utenti rimasti vittime di tali pratiche. Tra queste va annoverata in primis la delibera n. 418/07/CONS, che all'articolo 5, comma 4, pone in capo agli operatori della telefonia mobile l'obbligo di disattivare immediatamente i servizi a sovrapprezzo in abbonamento e di interrompere i conseguenti addebiti a decorrere dalla semplice richiesta telefonica dell'utente mediante chiamata al numero di assistenza clienti nonché mediante eventuali ulteriori e modalità telematiche messe a disposizione dall'operatore. In tal modo, si fornisce una tutela anche ex post contro l'attivazione di servizi non richiesti.
  Più di recente, grazie all'attività di sensibilizzazione della gravità di tali fenomeni condotta dall'Autorità presso gli operatori, si è giunti all'adozione del nuovo codice di autoregolamentazione dei service provider nella versione CASP 3.0, cui la delibera n. 47/13/CIR ha attribuito valore regolamentare, quindi vincolante, a far data dal 1° dicembre 2013. Tale codice ha anzitutto il pregio di estendere il suo ambito di applicazione ai nuovi canali di accesso e fruizione, cosiddetti mobile internet da smart phone e tablet, e alle nuove modalità di offerta, in particolare per servizi browsing e per le applicazioni.
  Si prevedono specifici accorgimenti che gli operatori sono tenuti ad adottare nella promozione dei servizi premium allo scopo di evitare l'attivazione inconsapevole di servizi non voluti dall'utente. In tale ottica, è stabilito che l'acquisto o l'attivazione in abbonamento di un servizio premium non possano realizzarsi in conseguenza di un semplice clic effettuato su un elemento qualsiasi del flusso di comunicazione, ad esempio sul banner. L'utente, al contrario, deve sempre essere reindirizzato su una specifica landing page per la finalizzazione dell'acquisto.
  È altresì previsto che l'utente che abbia completato l'attivazione consapevole di un servizio non possa essere reindirizzato automaticamente verso pagine di attivazione di altri servizi, e ciò al fine di evitare pericolosi fenomeni «a cascata».
  Particolare attenzione è stata posta alla promozione di servizi premium in abbonamento, senza dubbio i più odiosi per gli ignari utenti. Per essi si prescrive che qualsiasi iniziativa promossa che comporti anche l'acquisto o l'attivazione in abbonamento di un servizio deve esplicitare tale conseguenza in modo inequivoco fin dal primo contatto promozionale con l'utente. Si specifica, inoltre, che l'utilizzo della parola «gratis» o di suoi sinonimi è consentita solo se i servizi o le offerte promozionali sono fruibili in modalità totalmente gratuita, e cioè senza alcun costo aggiuntivo per l'utente, salvo naturalmente i costi per l'accesso a detti servizi previsti dal piano tariffario di appartenenza. È fatto poi obbligo di menzionare nella stessa frase la condizione grazie alla quale si ottiene il servizio gratuito e la durata dell'offerta promozionale.
  Inoltre, ai fini di garantire la massima trasparenza circa le condizioni contrattuali del servizio premium proposto, e quindi di consentire al consumatore l'assunzione di una decisione commerciale pienamente consapevole, nel codice si impongono altresì condizioni sul formato della landing page, di attivazione su siti web ovvero su siti mobile/wap, richiedendosi l'evidenziazione grafica delle informazioni concernenti le conseguenze derivanti dal clic sul tasto «attivazione», «conferma», «annulla». Per i servizi in abbonamento si richiede che sia sempre ben visibile la dicitura «in abbonamento» o «servizio in abbonamento» con carattere in grassetto e dimensioni tali da renderla chiaramente e immediatamente riconoscibile.
  L'Autorità, nella fase precedente l'integrazione del codice del consumo, che ha rimesso in parte la competenza all'Antitrust, ha avviato numerosi procedimenti sanzionatori nei confronti di diversi operatori delle telecomunicazioni per fattispecie di attivazione non richiesta di servizi premium su cellulari, di attivazione tramite presentazione ingannevole della pagina web e di attivazione di servizi in abbonamento attraverso messaggi diffusi via internetPag. 6 sotto forma di pubblicizzazione della partecipazioni a concorsi a premi, procedimenti tutti conclusisi con l'irrogazione di sanzioni o con l'approvazione degli impegni presentati dagli operatori intesi ad assicurare per il futuro una maggiore trasparenza nelle modalità di attivazione di tali servizi.
  Per effetto delle citate modifiche legislative al codice del consumo del 2014, Agcom ha limitato il presidio sanzionatorio, concentrandosi sulla ricerca delle soluzioni regolamentari più efficaci, in grado di scongiurare il pericolo di attivazioni fraudolente e/o inconsapevoli in via preventiva e generalizzata.
  Occorre innanzitutto segnalare che il sistema incentrato sull'autoregolamentazione, come il codice CASP adottato dall'Autorità attraverso un tavolo di coordinamento con gli operatori, e sull'attività di vigilanza e sanzionatoria delle autorità competenti si è rivelato spesso inadeguato in quanto non sufficientemente idoneo a svolgere una funzione di deterrenza effettiva e reale. Arrivano, infatti, ancora copiose a quest'Autorità le segnalazioni di utenti che si sentono raggirati per l'attivazione inconsapevole di servizi premium non voluti.
  Al contempo, sulla tematica dei servizi a valore aggiunto si registra ancora un cospicuo contenzioso tra utenti e gestori, con elevati costi per gli utenti, per gli stessi operatori e per i Co.Re.Com.
  Giungono, altresì, all'attenzione dell'Autorità le istanze delle associazioni dei consumatori, intese a sollecitare l'adozione di misure di trasparenza e di controllo della spesa per ogni servizio e/o bene, ossia quelli per i quali l'operatore procede all'addebito sul portafoglio mobile per sé, in conto terzi ovvero attraverso altri accordi. Un elenco, a titolo esemplificativo e non esaustivo, comprende i servizi premium, altri servizi di revenue sharing, la navigazione wap, acquisti in app, mobile payment, mobile ticketing, servizi voip, collegamenti a hot spot wi-fi e ogni altro tipo di addebiti sul conto prepagato o sulla fattura dei contraenti.
  Anche alla luce delle istanze ricevute, l'Autorità con la delibera 23/15/CONS, cosiddetta «Bolletta 2.0», ha avviato la consultazione pubblica per la modifica della delibera n. 418 del 2007, con il preciso intento di fornire una risposta più adeguata alle numerose problematiche sorte a seguito del vorticoso sviluppo di applicazioni software per terminali mobili, le cosiddette app. In alcuni casi segnalati, queste applicazioni, pur apparendo gratuite al loro primo utilizzo, si sono poi rivelate particolarmente costose, costringendo l'ignaro utente a esborsi consistenti non comunicati né prevedibili sulla base delle informazioni rese disponibili al momento dell'attivazione.
  Peraltro, a esito delle verifiche condotte dagli uffici, spesso si è constatato che gli utenti hanno avuto notizia o conferma dell'indesiderata attivazione di servizi di nuova generazione solo a seguito di una telefonata al call center degli operatori.
  Tale deficit di trasparenza si riscontra anche in fattura, dove i costi relativi all'attivazione di tali servizi non sono adeguatamente dettagliati, al punto da rendere ardua la riconducibilità dei costi ivi indicati a quel determinato servizio premium. Sotto questo profilo, nello schema di delibera sottoposto a consultazione pubblica è previsto che tali servizi siano evidenziati attraverso apposite voci nei documenti di rendicontazione e che sia fornita all'utente ogni informazione utile alla riconoscibilità del servizio inconsapevolmente attivato. Tale livello di dettaglio dovrebbe consentire la verifica da parte del contraente della corrispondenza tra quanto addebitato e quanto derivante dal consumo del servizio in base alle condizioni contrattuali sottoscritte.
  Ancora sul fronte della tutela ex post, la proposta di regolamento promuove procedure semplici, celeri e trasparenti, non solo per l'immediata disattivazione dei servizi non richiesti e il blocco degli ulteriori addebiti, come già previsto dalla delibera precedente, ma anche per il rimborso degli importi non dovuti, prevedendo l'immediata restituzione delle somme addebitate, come già sperimentato con il già citato Pag. 7codice CASP 3.0, dove è previsto che «l'operatore il cui cliente sporge un reclamo si faccia carico della gestione e dell'eventuale rimborso senza rinvii ad altri soggetti».
  Infine, nello schema di delibera sottoposto a consultazione pubblica si interviene a porre rimedio a un'altra pratica senz'altro illecita, quella del cosiddetto «enrichment», una moderna forma di arricchimento indebito a scapito dei fruitori dei servizi di navigazione su internet attraverso gli smartphone. In buona sostanza, dopo il clic dell'utente, che il più delle volte è un normale scroll sulla pagina che si sta visualizzando sul telefonino, l'operatore mobile fornisce al content service provider in via automatica il numero di utenza del cliente, così da rendere riconoscibile al fornitore del servizio VAS il soggetto richiedente l'attivazione del servizio, e quindi possibile il successivo automatico addebito del costo del servizio sul credito telefonico dell'utente.
  Per la risoluzione del problema, lo schema di provvedimento prevede che, in caso di acquisto di contenuti digitali o servizi a sovrapprezzo tramite rete dati mobile, l'operatore non può addebitare il relativo costo sul conto telefonico del cliente se il fornitore del servizio non ha acquisito l'esplicito consenso dell'utente in ordine a tale modalità di addebito.
  Vengo alle variazioni contrattuali improprie ex articolo 70, comma 4. Un'altra pratica molto diffusa è quella della modifica delle condizioni contrattuali attuate in modo ingiustificato, ovvero senza un'adeguata informativa agli utenti.
  A partire dalla scorsa estate, tre dei principali operatori di telefonia mobile hanno messo in atto manovre tariffarie varie, volte nella sostanza ad aumentare il costo mensile dei piani tariffari di una vasta parte della propria customer base.
  Più in dettaglio, i tre operatori hanno comunicato ai clienti tramite sms l'imminente addebito di una somma addizionale a fronte di alcuni servizi aggiuntivi, come traffico dati, biglietti per il cinema, traffico illimitato verso un numero amico e così via, facendo salva la possibilità per gli utenti medesimi di recedere dal contratto o di comunicare la rinuncia alla modifica.
  Sul punto giova rammentare che il cosiddetto «ius variandi» ha una portata eccezionale e non può essere esercitato in via ordinaria alla stregua di una normale offerta commerciale. La modifica unilaterale delle condizioni contrattuali trova la sua compiuta disciplina nell'articolo 70, comma 4, del codice delle comunicazioni, ove è stabilito che «il contraente, qualora non accetti le modifiche delle condizioni contrattuali da parte delle imprese che forniscono reti o servizi di comunicazione elettronica, ha il diritto di recedere dal contratto senza penali né costi di disattivazione. Le modifiche sono comunicate al cliente con adeguato preavviso, non inferiore a 30 giorni, e contengono informazioni complete circa l'esercizio del diritto di recesso. L'Autorità può specificare la forma di tali comunicazioni».
  Ne discende con tutta evidenza che una manovra di repricing può ritenersi conforme alle norme dettate a tutela degli utenti solo al ricorrere di talune circostanze sopravvenute, quali un mutamento nel contesto tecnologico o di mercato rilevante, non prevedibili al momento della stipula del contratto originario e tali da rendere non più sostenibile per l'operatore un piano tariffario ormai datato. Solo in tali situazioni la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali comunicate e accettate dall'utente al momento della conclusione del contratto potrebbe ritenersi necessaria, e quindi giustificabile.
  Sotto questo profilo, l'attivazione automatica di servizi e/o opzioni mediante il meccanismo del cosiddetto opt-out, in virtù del quale grava sull'utente l'onere di manifestare volontà contraria e di non voler usufruire dell'offerta, non appare certo coerente con la ratio sottesa all'articolo 70 del codice, e solo impropriamente viene ricondotta dagli operatori nell'ambito applicativo dell'articolo 70, comma 4, alla stregua di una legittima modifica contrattuale.
  In merito a tali variazioni contrattuali improprie, l'Autorità con la recente delibera n. 111 del 2016 ha assunto una posizione Pag. 8 netta, chiarendo che una manovra di repricing può ritenersi conforme alle norme dettate a tutela degli utenti dal codice delle comunicazioni elettroniche solo qualora la modifica unilaterale sia volta ad adeguare le condizioni contrattuali comunicate e accettate al momento della conclusione del contratto con riferimento ai servizi richiesti dall'utente, e non a introdurne di nuove.
  Come detto, il codice del consumo ha attribuito all'AGCM la competenza generale a contrastare le pratiche commerciali scorrette in tutti i settori, contemplando un criterio di specialità da applicarsi nel caso di pratiche commerciali scorrette attuate in settori regolati, e perciò affidati alla cura di altri soggetti istituzionali, come appunto quest'Autorità per il settore delle comunicazioni elettroniche.
  In base, infatti, all'articolo 19, comma 3, del codice del consumo, in caso di contrasto tra normativa generale e speciale le disposizioni settoriali contenute in altre fonti comunitarie e nelle normative nazionali di recepimento, prevalgono sulle disposizioni generali del codice del consumo. Tuttavia, tale criterio di specialità si è rivelato spesso inadeguato, atteso che di frequente ci si è trovati di fronte a procedimenti svolti in parallelo dalle due Autorità aventi a oggetto le medesime fattispecie e i medesimi operatori, con il potenziale rischio di giungere a conclusioni contrastanti.
  Il legislatore ha, quindi, provato a fare chiarezza sulla delicata questione dei rapporti tra disciplina generale e normativa speciale in materia di pratiche commerciali scorrette, intervenendo per ben due volte in due anni, secondo una linea d'azione non sempre lineare: una prima, nel 2012, ribadendo la competenza dell'Autorità di regolazione per gli aspetti già oggetto di una disciplina settoriale; una seconda, nel 2014, stavolta attribuendo all'AGCM la competenza esclusiva per le pratiche commerciali scorrette perpetrate anche nei settori regolati, prevedendo il rilascio di un parere obbligatorio ma non vincolante da parte delle autorità settoriali.
  Anche il giudice amministrativo ha mostrato qualche incertezza sul tema dell’actio finium regundorum tra questa Autorità e l'AGCM in tema di pratiche commerciali scorrette, mutando più volte orientamento nel corso degli ultimi anni. L'incertezza determinatasi per il susseguirsi di tali interventi normativi e giurisprudenziali ha richiamato l'attenzione anche della Commissione europea, che ha avviato una formale procedura di infrazione ai danni dello Stato italiano.
  In particolare, la Commissione ha evidenziato che il tenore letterale del nuovo articolo 27, comma 1-bis, sembra suggerire che la competenza del regolatore settoriale, allo stato l'unico che ha il potere di applicare la regolazione specifica, sia esclusa quando una pratica sleale è in gioco. In particolare, prosegue la Commissione, alla luce del testo attuale sembra che, quando un determinato comportamento può integrare sia una pratica sleale sia una diretta violazione della normativa settoriale, non vi sia ricorso alla competenza del regolatore settoriale, e dunque l'applicazione diretta della disciplina settoriale. Alla luce di tale incongruenza, la Commissione ha chiesto di vederci chiaro riguardo alle modalità attraverso cui sia assicurata l'applicazione effettiva della disciplina settoriale.
  Concludo la mia relazione offrendo all'autorevole auditorio degli spunti di riflessione su come potrebbe migliorarsi il sistema e ricondurre la piaga delle truffe telefoniche a soglie fisiologiche.
  Con riguardo ai raggiri, andrebbe senz'altro potenziata l'efficacia deterrente degli importi delle sanzioni, a oggi ancora inadeguati rispetto ai lauti profitti che i vari attori della filiera ricavano da queste attività. A tale riguardo, sarebbe quindi opportuno aumentare il minimo edittale stabilito ai commi 11 e 16 dell'articolo 98 del codice, rispettivamente per la fattispecie dell'inottemperanza agli ordini e alle diffide impartite da quest'Autorità per la violazione delle norme poste a tutela dell'utenza.
  Quanto, invece, alle modifiche contrattuali improprie, occorrerebbe che il legislatore si sforzasse di chiarire meglio la Pag. 9portata dell'articolo 70, comma 4, al fine di ricondurla alla propria naturale funzione di norma posta a presidio dei consumatori, magari attraverso un opportuno coordinamento con le disposizioni del codice del consumo dedicate alle clausole abusive, in virtù delle quali le modifiche contrattuali possono avvenire solo in casi giustificati e preventivamente individuati nel contratto.
  In particolare, l'esercizio legittimo dello ius variandi previsto dal richiamato articolo 70 andrebbe allineato alle tutele previste all'articolo 33 del codice del consumo mediante un intervento normativo finalizzato a introdurre l'obbligo di tipizzare già nelle condizioni generali di contratto le circostanze eccezionali che potrebbero rendere necessaria la modifica delle originarie condizioni contrattuali, sancendo al contempo la nullità di clausole che per la loro genericità potrebbero consentire un uso indiscriminato e arbitrario di tale facoltà da parte delle imprese.
  Infine, con riguardo ai rapporti tra disciplina settoriale e generale, non v'è dubbio che il susseguirsi degli interventi del legislatore e del giudice amministrativo abbia determinato una situazione di incertezza. A giudicare dalle segnalazioni che continuano a pervenire all'indirizzo di quest'Autorità, sembra che anche gli utenti vittime di tali condotte sleali siano disorientati e non abbiano ben chiaro a chi rivolgere le proprie istanze di tutela.
  Dal canto suo, l'operatore è chiamato ad applicare sia le regole speciali sia quelle generali e deve poter confidare sul fatto che l'esatta osservanza della normativa speciale soddisfi integralmente le esigenze comportamentali, senza che residuino spazi per sanzionare condotte conformi alla normativa applicativa.
  Sotto questo profilo, né l'adozione di protocolli d'intesa suggeriti all'articolo 27, comma 1-bis, né la previsione del parere obbligatorio ma non vincolante dell'autorità di settore appaiono strumenti sufficientemente adeguati a dirimere la descritta situazione di incertezza. Appare, quindi, auspicabile un nuovo intervento del legislatore inteso a fare definitiva chiarezza sull'attribuzione di competenze e sulle modalità di regolazione dei rapporti tra quest'Autorità e l'AGCM, anche al fine di dare risoluzione alla procedura di infrazione.

  PRESIDENTE. La ringraziamo per la lunga ma esauriente relazione. Questo volevamo. Abbiamo anche apprezzato le sollecitazioni al legislatore ad adeguare la legislazione vigente, sempre mettendo al centro il problema dei consumatori, in parte di competenza di questa Commissione, in parte della Commissione Attività produttive. La pongo come riflessione. Lei ci sollecita. Proviamo a raccogliere la sfida.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLO COPPOLA. Anch'io ringrazio per la esauriente relazione, ma ho ancora delle richieste.
  Vorrei sapere se è possibile avere un'indicazione...

  PRESIDENTE. Per quest'audizione o per la prossima?

  PAOLO COPPOLA. Non lo so, dipende. È già in possesso del presidente il numero di sanzioni e segnalazioni che sono arrivati per le truffe sui servizi a valore aggiunto? Lei ci ha detto che per i servizi attivati sulla telefonia fissa, dal 2013 al 2016 ci sono state 1.720 segnalazioni: sarebbe interessante conoscerne la distribuzione rispetto ai vari operatori di telefonia e le risposte, cioè quale percentuale di segnalazioni ha ottenuto un riscontro positivo che fosse veramente una truffa o non lo fosse.
  Analogamente, per quanto riguarda la segnalazione sui servizi a valore aggiunto, vorrei sapere se poi ci sono state azioni conseguenti alla delibera n. 111 del 2016 sul repricing o se c'è stata solo la delibera, se ci sono state sanzioni o altro e quali erano i tre operatori coinvolti.
  Vorrei anche sapere se, nell'ambito della delibera «Bolletta 2.0», presidente, lei non pensa che potrebbe essere una buona idea, per scoraggiare le pratiche degli operatori che tendono ad attivare servizi non richiesti, quella di porre l'obbligo di comunicare Pag. 10nelle bollette, comunque nelle comunicazioni agli utenti, il numero di segnalazioni arrivate e le sanzioni che sono state comminate, un po’ cercando di mimare quello che succede sul web. È, chiaramente, molto meno del rating sociale, ma almeno dal mio punto di vista, e vorrei conoscere il suo parere, potrebbe essere un buon modo per sfruttare la trasparenza e disincentivare questi meccanismi.

  MIRELLA LIUZZI. Ringrazio il presidente Cardani per l'interessante audizione, che ha portato in effetti alcuni spunti che avevamo anche noi rilevato; alcune domande che volevamo rivolgerle hanno già trovato risposta nella relazione.
  Mi riallaccio alla domanda che le poneva il collega Coppola, chiedendo se è possibile conoscere la cifra delle sanzioni che sono state indirizzate ai vari operatori di rete, magari totale, anche per anno. Quest'aspetto è interessante perché, come è stato scritto anche nella relazione, alcune sanzioni sono minime, perché la legge istitutiva non ne prevede al di sopra di un certo importo. Che cosa fanno molti operatori telefonici? Addirittura, inseriscono in un certo senso in bilancio queste possibili multe, lo vedono come un costo che possono preventivare, ovviamente a discapito dei consumatori.
  Ho poi una domanda più specifica: la delibera n. 23 del 13 gennaio 2015 porterà ad un ulteriore provvedimento? C'è stata, infatti, la consultazione, come è scritto anche qui nella relazione: arriverà una delibera quanto prima?
  È interessante anche il problema di competenze tra Agcom e AGCM, una problematica della quale ci stavamo occupando.
  Oltre ai servizi premium e alle modifiche contrattuali, un altro problema che ha interessato i consumatori è relativo alla cosiddetta tredicesima sui cellulari, questa pratica che ha portato un mese a diventare di 28 giorni in modo da aumentare di non so quale percentuale l'incasso annuale per le compagnie telefoniche. Questo dovrebbe essere, però, esclusivamente di competenza dell'AGCM, se non mi sbaglio. Purtroppo, questi problemi portano non solo incertezza per gli utenti, ma costituiscono un problema anche per noi legislatori, che comunque dobbiamo fare esposti e segnalazioni agli utenti.
  Ci sarebbe anche un discorso interessante sulle app. Preannuncio al riguardo ai colleghi che c'è una mia proposta di legge proprio sulle app e sui costi nelle app, assegnata a questa Commissione. Potremmo anche parlarne durante l'Ufficio di Presidenza se vogliamo prevedere di lavorare su questo tema, magari anche ampliandolo maggiormente. La proposta di legge è esclusivamente sulle app: se vogliamo lavorare anche sulle modifiche che ci sono state suggerite dall'Autorità, possiamo iniziare a pensarci.

  PRESIDENTE. Non essendoci ulteriori domande, do la parola al professor Cardani per la replica.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Sulle domande sollevate prima, se il presidente permette darei la parola al dottor Cotugno, che segue direttamente questi problemi, e quindi ha una conoscenza più dettagliata.

  ENRICO MARIA COTUGNO, Vicedirettore della Direzione tutela dei consumatori dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Le domande sono numerose. Mi riserverei di fornire puntualmente i dati sulle sanzioni irrogate e la percentuale di segnalazioni divise tra operatori.
  Posso anticipare che sicuramente, tenendo conto della percentuale di clientela, H3G è l'operatore al momento col più alto tasso di segnalazioni, credo dovuto anche alla tipologia di clientela che gli si affida, ma questo è solo un dato a spanne. Vi forniremo i dati precisi.
  Il numero di segnalazioni che pervengono è più o meno stabile nel tempo, non ci sono state impennate. A partire dal 2013, siamo intorno a qualche centinaia all'anno.
  Per quanto riguarda le sanzioni, abbiamo avuto un andamento costante fino alla modifica legislativa, e quindi all'ultima pronuncia dell'Adunanza plenaria, che ha Pag. 11riconosciuto la competenza dell'AGCM, l'Autorità antitrust, anche nel settore regolato. Fino ad allora avevamo un paio di milioni all'anno di sanzioni per questi motivi, dopo questa modifica del codice del consumo abbiamo registrato necessariamente una battuta d'arresto e ci siamo limitati a sanzionare le competenze che riteniamo appunto ancora di nostra competenza, come la mancata disattivazione di servizi non richiesti dall'operatore che omette di disattivare il servizio nonostante la richiesta del proprio cliente.
  Per quanto riguarda la diffida TIM, c'è un procedimento aperto. Non ci siamo limitati, infatti, a diffidare la TIM dal portare avanti la manovra, ma abbiamo addirittura con la stessa delibera aperto un procedimento per valutare se introdurre una tariffa ad hoc per il servizio universale, cioè se l'operatore che abbiamo individuato come fornitore del servizio universale non debba offrire una tariffa minima prefissata accessibile a tutti gli utenti, che renda il servizio d'accesso abbordabile per tutti i clienti. Il procedimento è ancora in corso, entro fine giugno scadrà il termine, quindi saremo in grado di emettere un provvedimento finale.
  Per «Bolletta 2.0» vale lo stesso, la consultazione è iniziata con la citata delibera n. 23 ed è ancora in corso, ma scontiamo di concluderla prima dell'estate.
  Quanto all'accorciamento delle mensilità a quattro settimane da sette giorni, abbiamo avviato dei procedimenti, che però poi abbiamo concluso essendo nel frattempo intervenuta anche l'Antitrust. Quello segnalato dal presidente è un problema concreto. Troppo spesso veniamo a trovarci sovrapposti con l'Antitrust, per cui a quel punto cediamo il passo all'AGCM per non rischiare di compromettere entrambi i procedimenti.
  Siccome lì c'è una competenza sicuramente generale prevista per le PCS, quando ci sovrapponiamo cerchiamo di non intralciarci a vicenda. Come, però, giustamente si faceva notare, quello è il famoso ius variandi, cioè il codice delle comunicazioni prevede il diritto per gli operatori di modificare i contratti.
  Quello che suggeriva il presidente è di porre un limite. È assurdo riconoscere all'articolo 70, comma 4, del codice delle comunicazione, che – ricordiamolo – è una norma inserita nel capo dedicato alla tutela degli utenti, proprio la valenza di privare gli utenti delle tutele riconosciute dal codice del consumo. L'effetto paradossale che si raggiunge, infatti, è questo. In virtù di una norma dettata dal codice delle comunicazioni per accentuare la tutela degli utenti, si arriva al risultato finale che gli utenti si trovano scoperti rispetto alla disciplina sulle clausole vessatorie. Su questo, quindi, davvero l'appello del presidente è concreto e forte.
  Sulle app siamo noi ad attendere le novità legislative.

  PRESIDENTE. Forse il presidente vuole aggiungere qualcosa?

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Mi pare che le risposte siano state più o meno date.

  PRESIDENTE. La ringraziamo. È stata un'audizione molto utile. Rifletteremo su come dare seguito anche a una serie di questioni da lei poste.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. In ogni caso, ci impegniamo a portare le cifre richieste dall'onorevole Coppola, che non abbiamo con noi in questo momento. Il mio capo di gabinetto mi toglie la parola.

  ANNALISA D'ORAZIO, Capo Gabinetto del Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Quello dell'onorevole Coppola è senz'altro un buon suggerimento. Questa è una delle cose a cui comunque dovremo lavorare con l'Antitrust. Vorrei integrare quello che è stato detto.
  Io parto dal presupposto che, in ogni caso, è un procedimento di natura sanzionatoria: laddove non hai ottemperato a qualcosa che è previsto dalle norme di legge, chiunque lo faccia, Antitrust o Pag. 12Agcom, se deve avere l'effetto di deterrenza a non ripetere un comportamento, va benissimo. Seppure, infatti, dovessimo fornire in modo esaustivo i dati sulle sanzioni per l'intero sistema Italia, dovremmo coordinarci con loro. Le nostre, peraltro, sono anche molto più basse per effetto dei limiti previsti dall'articolo 98 del codice delle comunicazioni, mentre quelle comminate dall'Autorità antitrust sono notoriamente più alte, tanto che finiscono nei fondi rischio delle aziende.
  Anche per ricostruirlo e poi pubblicarlo in bolletta o renderlo più trasparente anche ai fini dell’alert, dell'informazione che si vuole fornire, si richiede che lavoriamo insieme all'uso di questo dato. Rischieremmo, infatti, che le nostre non siano abbastanza elevate, numerose, un po’ perché non riempiono la platea delle sanzioni date in quanto le segnalazioni vengono fatte dai consumatori e dalle associazioni di consumatori anche all'Antitrust ai fini di pratica commerciale scorretta.
  Molti di questi casi – abbiamo citato le grandi fattispecie – sono tutti correlati alle norme del codice del consumo, non sono specifiche regolazioni di settore. A parte il servizio universale, che definisce qualità e condizioni economiche stabilite per norma e che sono un diritto garantito, le altre sono un capo della disciplina di settore, che però è tutela del consumatore in mercati concorrenziali.
  Molto spesso, quindi, gli strumenti di tutela, come l'informazione preventiva, la correttezza nel porre le informazioni, le variazioni contrattuali, che cosa vendo se vendo fuori dal sito commerciale, a distanza, il teleselling, sono profili che dappertutto, in tutti i Paesi europei, vanno a sovrapporsi al codice di condotta generale dei consumatori rispetto alle fattispecie vendita di servizi di comunicazione elettronica.
  Proveremo con gli amici dell'Antitrust a lavorare a questo strumento, ma ripeto che per il vero alert occorre anche una loro integrazione del dato.

  PRESIDENTE. Ringraziamo i nostri ospiti e per le ulteriori precisazioni.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.