XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 84 di Mercoledì 4 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione del direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall'Orto:
Fico Roberto , Presidente ... 3 ,
Campo Dall'Orto Antonio , direttore generale della Rai ... 3 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 5 ,
Pisicchio Pino (Misto)  ... 7 ,
Margiotta Salvatore  ... 9 ,
Ranucci Raffaele  ... 11 ,
Ciampolillo Lello  ... 13 ,
Airola Alberto  ... 14 ,
Gasparri Maurizio  ... 16 ,
Verducci Francesco  ... 19 ,
Ruta Roberto  ... 21 ,
Minzolini Augusto  ... 21 ,
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 23 ,
Campo Dall'Orto Antonio , direttore generale della Rai ... 23 ,
Fico Roberto , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall'Orto.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall'Orto, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Ricordo che nella seduta dello scorso 28 aprile il direttore generale ha proceduto all'illustrazione delle linee guida strategiche del piano industriale 2016-2018 del Gruppo Rai.
  L'audizione odierna proseguirà con l'illustrazione da parte del direttore generale delle previsioni economiche relative alle suddette linee guida.
  Do la parola al dottor Campo dall'Orto, con riserva per me e per i colleghi, di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Vi ringrazio dell'attenzione e anche dell'opportunità che il presidente mi ha dato di descrivere il piano: ho cercato di farlo in un tempo ragionevole che comunque è stato lungo, spero che sia emersa con chiarezza la volontà e le ambizioni che questo piano ha.
  Oggi sarò molto breve e vi illustrerò la parte economica in poche slide. Questa è la situazione economica di partenza, nel senso che, come vedete, la Rai negli ultimi anni ha avuto conti economici contraddistinti da un momento di grande difficoltà nel 2012, poi corretto nel 2013.
  Il 2014 è stato un altro anno di difficoltà, legata al prelievo straordinario sommato al fatto che, essendo un anni pari, ha un costo maggiore per la nostra azienda in relazione ai diritti sportivi, compensato dalla privatizzazione di Rai Way, che ha comportato una plusvalenza di 228 milioni di euro.
  Il consiglio di amministrazione ha approvato all'unanimità il bilancio 2015 questa mattina: siamo riusciti ad avere un risultato in linea con il conto economico che avevamo ricevuto e la previsione di leggera perdita, cosa che siamo riusciti a portare avanti e a contenere grazie a due grandi elementi. Uno è il controllo dei costi, nel periodo di mia competenza dal 5 agosto al 31 dicembre, che è anche un risultato della pubblicità, non scontato: è andata però molto bene nell'ultimo trimestre grazie alla somma del nostro cambio di politica commerciale, che ha riportato il prezzo verso l'alto, e di un mercato che ha avuto una leggera ripresa. Qui, in questa slide, ci sono i dati chiave dei ricavi, poi andrò a dettagliare l'elemento definente dal punto di vista delle risorse di questo piano, che è legato al canone. I ricavi complessivi nell'arco del piano sono stabili intorno a 2 miliardi e 800 milioni, con risultato ante imposte che vuole essere positivo, Pag. 4 ed è uno degli obiettivi che, come ricorderete, ci siamo dati dal punto di vista dell'equilibrio economico-finanziario.
  Il margine operativo lordo è intorno ai 600 milioni. È chiaro che per un'azienda come la nostra, che si trova ad avere grandi costi del contenuto, un'attività tipica, sotto il margine operativo lordo, perché gli ammortamenti della fiction e del cinema vanno sotto, è un dato meno significativo, perché il contenuto per noi è il carburante quotidiano delle nostre attività.
  Questa è la slide più importante dal punto di vista della definizione dei macro-numeri del piano, perché identifica in maniera molto chiara e dettagliata la nostra previsione rispetto all'andamento del canone. Si sono fatte mille previsioni, ma crediamo che questa sia realistica, perché non ha elementi di eccessiva ambizione o di eccessiva prudenza, e proietta i seguenti numeri che ora procedo a analizzare più approfonditamente. Il canone unitario ammonta a euro 113,5 e vi ho già illustrato nelle altre sedute come sia di fatto il più basso in Europa, però si abbasserà ulteriormente a 100 euro quest'anno. Le famiglie paganti in questo momento sono 15,5 milioni, i non paganti sono il 27 per cento della popolazione italiana. Il canone associato alla bolletta elettrica ha proprio il fine di abbassare il canone a 100 euro e di aumentare il bacino potenziale del numero di utenti elettrici, che sono 23 milioni. Qualcuno di voi avvezzo a queste cose diceva però che gli utenti elettrici che hanno una prima casa (si parla solo di prime case, nel senso che qualunque casa ulteriore non viene associata al pagamento del canone) sono di più, ed effettivamente sono poco più di 25 milioni, ma ci sono le esenzioni, che non sono state aumentate e quindi riducono il bacino di persone che pagheranno il canone. Abbiamo applicato un tasso di morosità dell'8 per cento, che è il vero elemento di previsione, legato al fatto che da un lato c'è una morosità fisiologica già all'interno delle bollette elettriche, con un tasso che, secondo le compagnie, va dal 3,5 al 5 per cento. In questo caso abbiamo applicato un tasso maggiore, perché si tiene conto di coloro che dichiareranno di non essere in possesso di un apparecchio televisivo.
  La campagna di informazione è stata molto diffusa, abbiamo avuto un picco di richieste di informazioni a gennaio, quando abbiamo messo in moto una grande campagna informativa con anche un numero verde gratuito; a questo punto l'informazione in quest'ambito è stata fatta, tanto che la quantità di telefonate che riceviamo quotidianamente ormai concerne domande molto specifiche, sul come comportarsi con la seconda casa o sull'età e sui parametri di reddito.
  La cosa molto importante di questa slide è che abbiamo un panorama di risorse stabili. Credo che sia importante per l'azienda di servizio pubblico avere questa prospettiva, perché consente di costruire intorno al progetto che vi ho raccontato la volta scorsa, che riguarda la trasformazione dell'azienda. La parte blu è quella che si chiama canone speciale, cioè il canone sulle attività commerciali. Il canone speciale, a differenza del canone ordinario, rimane di competenza della Rai dal punto di vista della riscossione e quindi non entra nell'ambito del canone in bolletta.
  Questo è l'esercizio più dettagliato rispetto a quello che vi ho appena detto, ovvero quale sia la quantità di canone che prevediamo esserci in più quest'anno, e la cifra è di 174 milioni di euro, cioè i numeri che abbiamo messo prima, sviluppati nelle varie parti, prevedono un supero complessivo di 300 milioni che, una volta tolte Iva e tassa di concessione governativa (la legge n. 190 del 2014 aveva previsto il prelievo del 5 per cento su quella base), tolto anche il fatto che del supero rispetto al 2015 prendiamo due terzi il primo anno e metà gli anni successivi, qui trovate la fotografia dei 174 milioni, che poi, sempre secondo la previsione che vi ho fatto vedere, diventano 137 nel 2017 e 142 nel 2018. I numeri cambiano perché da un lato la quota che riceviamo nell'anno 2 e 3 è il 50 per cento, dall'altro perché contiamo di recuperare mezzo punto percentuale di morosità all'anno per il fatto che, essendo un sistema nuovo, all'inizio ci saranno degli elementi di normale curva di esperienza nel senso di Pag. 5riuscire a essere perfettamente in linea con le richieste che facciamo.
  In queste due slide trovate gli investimenti sul prodotto di cinema e fiction, che generano gli ammortamenti del contenuto in un ambito di stabilità sull'investimento e sul prodotto. Gli investimenti tecnici sono fondamentali per tutte le attività che vi ho detto e anche qui abbiamo un ambito di stabilità con un investimento più grosso quest'anno, in cui stiamo cercando di accelerare le iniziative dal punto di vista di digitalizzazione dell'azienda e anche di investimento rispetto alla parte digitale che conoscete.
  Un'ultima cosa riguarda la struttura patrimoniale del gruppo. La cosa rilevante riguarda l'indebitamento. La nostra posizione finanziaria, che vedete in questa slide, mostra come in questo equilibrio economico-finanziario sia importante la sostenibilità del nostro debito. Qui vedete che il debito, proprio perché il conto economico è previsto in equilibrio nei prossimi anni, rimane stabile a 400 milioni di euro. Come sapete (e questo è fondamentale per il nostro equilibrio finanziario), abbiamo emesso un bond a 350 milioni di euro, settennale a un tasso molto basso, che ci permette di dire che abbiamo una situazione economica stabile e finanziariamente dal punto di vista di gestione del debito non prevediamo di avere problemi di alcun tipo. Se vedete che il debito aumenta e poi ridiminuisce, cosa che sembra anomala, è perché abbiamo previsto al 2018 di comprare i diritti dei Mondiali di calcio: i diritti si pagano in anticipo e quindi si ha l'esborso di cassa nell'anno precedente all'anno in cui si beneficia dell'evento stesso.
  La terza casella sugli obiettivi, relativa alla sostenibilità economico-finanziaria, è essenzialmente riflessa da questi numeri, dove il numero chiave che andremo a verificare nel corso dell'anno, in particolar modo da settembre in poi, quando riceveremo i dati relativi al pagamento del canone in bolletta, diventa il canone. A questo punto avremo la possibilità di affinare il rapporto con il database che, come potete immaginare, è particolarmente importante, anche perché è l'unico database italiano su base familiare, molto grande e comprende 23 milioni di famiglie.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Abbiamo ascoltato l'integrazione e quindi adesso, come veniva ricordato dal Presidente, abbiamo spazio per considerazioni e domande. Peraltro subito dopo l'audizione della scorsa settimana sulle agenzie già c'erano dichiarazioni con le prime valutazioni delle parole del direttore generale ma io, avendo sentito anche l'integrazione di oggi, riconfermo che a mio giudizio il confronto sulle linee guida strategiche del piano industriale iniziato la scorsa volta e integrato oggi è partito con il respiro giusto. Questo perché c'è un lavoro di carattere strategico di definizione del perimetro del servizio pubblico definito correttamente come universale, perché l'orizzonte indicato è quello determinato dalle trasformazioni che riguardano tutti i servizi pubblici europei. Peraltro ci sono materiali parlamentari che rendono i commissari non nuovi a questa discussione, nel senso che, come abbiamo richiamato altre volte, c'è l'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione trasporti alla Camera sulle sfide in epoca di convergenza e materiali a disposizione di questa Commissione con le audizioni dell'EBU sulla dimensione della sfida che hanno tutti i servizi pubblici europei. Credo che sia giusto collocare la discussione sul piano industriale in una sede parlamentare come questa, in un quadro anche più complessivo in riferimento agli altri due passaggi che sono stati poc'anzi richiamati anche con gli elementi di dettaglio.
  Per quanto riguarda il canone, ossia la certezza di risorse per quanto riguarda il servizio pubblico, la scelta va avanti al di là della discussione che di tanto in tanto viene sollevata anche con tanto di atti, mozioni e interrogazioni, però va avanti, quindi è giusto dare su questo un elemento di certezza e di serenità a chi sta ascoltando questa audizione.
  L'altro passaggio fondamentale è quello del rinnovo della concessione, rispetto alla quale il Parlamento ha definito una proroga del termine: stiamo calendarizzando l'audizione del Sottosegretario Giacomelli, Pag. 6anche perché il percorso di consultazione previsto dalla legge di riforma della governance Rai è iniziato con il lavoro impostato dal Governo.
  Vorrei riprendere alcuni elementi illustrati dal direttore generale. Sul servizio pubblico universale vedo che c'è uno sforzo rispetto alla definizione classica, riecheggiata tante volte in questa Commissione, cioè viene richiamata la BBC, informare, intrattenere, educare (informare e intrattenere richiamati puntualmente in una delle prime slide, educare rientra nel garantire accesso alla conoscenza), c'è lo sforzo di integrare come raccontare il territorio e la realtà contemporanea, e ci sono due elementi di novità da sottolineare, diffondere cultura e inclusione digitale del Paese, una sfida di ampio respiro in cui è fondamentale che Rai sia protagonista, e promuovere l'Italia all'estero, che è un concetto diverso rispetto a offrire programmazione agli italiani all'estero.
  Ho visto che il servizio pubblico è stato definito centrale in qualità e quantità, quindi questo significa che non deve pensare a una riduzione del proprio perimetro in termini di offerta quantitativa, certo collegata alla qualità.
  Sotto il riferimento alla razionalizzazione dell'assetto industriale c'è anche un riferimento alla valorizzazione delle competenze interne. Questo è di stretta attualità, era anche nelle parole del direttore generale che ha fatto riferimento alla scelta di esterni come funzionali allo sviluppo del progetto, il passaggio da broadcaster a media company. È evidente che questo attiene alle scelte dei vertici aziendali, è stata sollevata a più riprese con interrogazioni, dichiarazioni e anche con esposti all'interno dell'azienda che avranno il loro corso.
  Qui voglio ricordare un elemento che finora non è stato sottolineato, ossia che nella legge di riforma della governance dell'azienda, stabiliamo che tutte le scelte assunte dall'azienda debbano essere adeguatamente motivate e rese evidenti attraverso il piano della trasparenza non solo agli addetti ai lavori della Commissione di vigilanza, ma anche all'opinione pubblica interessata, quindi da questo punto di vista c'è una piena responsabilizzazione.
  Rispetto ai capitoli indicati richiamo solo alcune cose. Nella prima parte, che viene definita nel piano Contesto di riferimento, c'è giustamente una sottolineatura alle abitudini dell’audience, l'impatto smartphone e tablet, nella slide n. 14 si indica per fascia oraria l'utilizzo di questi device e della televisione legato all'età. Mi sembra che rispetto all'utilizzo che ne fanno i cosiddetti Millennials, dica molto del futuro immediato dell'azienda, così come in termini di sfide c'è una slide, la 38, che richiama una cosa di rilievo sul versante radio per la Rai, ma anche nella nostra discussione, perché Mediaset ha fatto un'operazione industriale, l'acquisizione dell'80 per cento di una radio, R101, e del 20 per cento di Finelco Radio Monte Carlo. Questo significa che c'è una concentrazione per quanto riguarda l'offerta delle radio che ha un carattere strutturale per quanto riguarda le sfide dell'azienda, anche perché nella scelta Mediaset fa riferimento a questa operazione industriale per le importanti sinergie con l'industria televisiva: in termini di contesto credo abbia un rilievo anche nella discussione che stiamo conducendo. I riferimenti sul mercato pubblicitario in lieve ripresa, bene, sotto la media europea, male, c'entra il fatto che l'offerta sia diversificata.
  Altro dato interessante in una riflessione di più ampio respiro è che il fatturato dei soggetti esteri sarà tendenzialmente al 2019 l'80 per cento. Questa è un'altra riflessione che va oltre l'analisi immediata, ma deve essere considerata nel nostro ragionamento. Per quanto riguarda l'altro capitolo sulla situazione ereditata, nell'offerta web l’audience Rai è molto inferiore agli altri.
  Un dato interessante si trova nella slide 24: la percezione di Rai come servizio pubblico è peggiorata rispetto al triennio precedente. Non per mettere in discussione una riflessione già fatta a consuntivo delle esperienze precedenti, però capire da dove si parte è un dato interessante. Mi sembra che gli altri vadano da sé, la fatica sul Pag. 7mercato on line di Rai, sugli ascolti per quanto riguarda le fasce più giovani.
  Solo due ulteriori considerazioni. Nel capitolo che riguarda rafforzamento e centralità dei contenuti c'è una parte che ha un titolo di respiro: «Valorizzare le scelte editoriali nell'ottica di servizio pubblico, orientando dunque le scelte editoriali», c'è l'esempio di Bruxelles e tutta questa parte sarà poi definita dalle scelte fatte nel quotidiano, ribilanciare i sottogeneri della fiction, l'ideazione e la produzione multipiattaforma mi sembrano cose di interesse.
  Per quanto riguarda le news c'è un riferimento puntuale alla riduzione del numero delle edizioni, con una tabella di confronto con altre esperienze europee con meno edizioni ma maggiore approfondimento, quindi il racconto della notizia. Questo significa meno edizioni perché c'è un rafforzamento del canale all news e in che termini?
  Per quanto riguarda il riposizionamento dell'offerta dei contenuti, non mi addentro più di tanto, anche perché è capitato più volte. Canali generalisti con chiare identità è un titolo che abbiamo sentito diverse volte, è evidente che questo attiene alle scelte che materialmente, compiutamente, quotidianamente vengono effettuate per averne una qualche evidenza.
  Sul versante dell'informazione si è fatto riferimento al gruppo di lavoro, e, se ho capito bene dall'intervento del direttore generale, su questo versante c'è un'accelerazione del lavoro, anche perché la domanda formulata nell'audizione precedente del dottor Verdelli e del direttore di RaiUno continua a essere riproposta in Commissione, ossia se non accadrà più quanto accaduto con i Casamonica e con Riina Junior.
  Rispetto a uno dei profili identificati, quello del dottor Merlo come vicedirettore, leggo sui giornali che non è possibile, non so se questo cambi in qualche termine, però ci interessa capire se vi sia un'accelerazione su questo versante.
  Ho visto che nella parte definita Verso la media company ci sarebbero molte cose, dal ruolo della direzione creativa al modello integrato. Mi ha colpito una slide che richiamava la struttura organizzativa di Rai, indicando il numero di riporti al direttore generale come un'anomalia, in questa parte invece si indica come obiettivo la riduzione di questi riporti. Su questo c'è magari qualche elemento ulteriore in termini di tempi, di quale può essere il percorso?
  Sulla valorizzazione dell'assetto industriale non aggiungo nulla per non prendere ulteriore tempo, però mi ha colpito che il giorno stesso dell'audizione sui giornali si facesse riferimento a un'inchiesta che riguarda l'azienda, che è partita da tempo, e alla sospensione di alcuni funzionari. Non voglio richiamare il merito dell'inchiesta, però forse quando parliamo delle sfide dell'azienda e di tutto quello che va fatto bisogna tener conto che l'azienda ha ancora molte questioni aperte, diversi elementi problematici, e anche questo, Presidente, deve essere uno dei punti della nostra consapevolezza nella discussione che svolgiamo.

  PINO PISICCHIO. Saluto il direttore generale e lo ringrazio per queste sue illuminanti allocuzioni. Non faccio parte del partito delle slide, glielo dico subito, i miei colleghi sanno che con il suo predecessore abbiamo avuto anche momenti dialogici, perché è un mio limite culturale, ma la prospettazione attraverso le slide come abbiamo dimostrato insieme dilata i tempi. Lei oggi è stato bravissimo a sintetizzare con l'aggiunta densa di numeri significativi e probabilmente fuori da questo schema «slideato» avremmo toccato ugualmente il cuore dei problemi. Questo è un mio limite, so che il Presidente è un grande estimatore delle slide, quindi accettiamo l'impianto che la maggioranza suggerisce.
  Il suo argomentare è stato articolato, profondo e anche pieno di aperture rispetto al mondo di domani. Vi ho letto due fondamentali percorsi, questa attenzione e questa sensibilità alle generazioni perdute da un punto di vista del capitale di telespettatori e quindi anche il guardare a uno strumento come quello del web utile per stare al passo con i tempi, per proiettarsi ma anche per realizzare questo ponte e Pag. 8questa forma di comunicazione con le nuove generazioni.
  Il passaggio a media company e quindi l'assunzione di questo ruolo editoriale nel pieno rispetto di quello dell'ente di radiodiffusione è l'altro mattone che viene messo in questa narrazione che lei ci ha fatto.
  Ci sono delle evidenze che ho annotato. Una prima: la Rai continua a rappresentare uno strumento domestico che, come si soleva dire facendo riferimento ad un grande personaggio del ’700, Franz Anton Mesmer, mesmerizza le masse. Ricordo che in passato, quando facevo insegnavo psicologia delle comunicazioni sociali, ai miei studenti raccontavo come i ricercatori americani descrivessero la potenza dello strumento televisivo, che era in grado di narrare una realtà diversa che diventava la realtà dei telespettatori, che avevano percezioni del mondo del tutto diverse da quelle reali. I tempi di permanenza davanti al televisore per il verificarsi di tale effetto venivano valutati dai ricercatori americani intorno alle 4 ore. Vedo che siamo a 4 ore e 33, in incremento rispetto alle stagioni passate. Questo racconta molte cose, una su tutte il maggiore carico di responsabilità sulla nostra televisione di Stato, sul servizio pubblico.
  Sarò più sintetico anche dello stimato collega che mi ha preceduto nel tornare a una domanda di fondo che ho rivolto al direttore generale quando sì presentò con la sua cortesia e con la sua disponibilità, che noi apprezzammo, al Parlamento: qual è oggi la mission della Rai? La Rai ha avuto una straordinaria missione tra gli anni ’50 e ’70, ha costruito un'identità collettiva degli italiani, ha insegnato loro a leggere e a scrivere, e forse oggi abbiamo ancora bisogno di questo, abbiamo un'identità fratta, un'identità polverizzata, un Paese che sta domandando a sé stesso cosa è oggi in un contesto globalizzato. Qual è la Weltanschauung che oggi la Rai vuole rappresentare, certo dentro la complessità e soprattutto il leitmotiv che sta dentro la missione pubblica, il pluralismo delle culture? A mio avviso questa scommessa c'è ancora. Forse è la mia incapacità di penetrare nello strumento slide che non me lo consente, ma non sono riuscito a identificarlo nel caleidoscopio che abbiamo visto.
  La seconda questione, connessa alla prima: in questa missione c'è sicuramente il tema dell'informazione. Ho apprezzato l'attenzione con cui il direttore generale ha guardato ai profili legati all'intrattenimento, che è una delle vocazioni fondamentali, peraltro l'intrattenimento è un tutt'uno rispetto alla costruzione della Weltanschauung laddove certe proposte hanno un significato, altre proposte ne possono avere uno del tutto diverso, ma l'informazione resta oggi ancora la grande scommessa su cui credo si debba esprimere una parola netta. Credo che la rappresentazione della realtà complessa del nostro Paese possa essere recuperata attraverso la grande tradizione di inchieste Rai, direi meno Casamonica, meno Riina, meno spettacolo e più inchieste, più profondità nel prospettare agli italiani una visione del mondo che credo debba essere offerta come strumento di conoscenza di quello che c'è attorno.
  Terza questione, cui il direttore ha fatto cenno in alcuni passaggi, ma, dato che abbiamo costruito in tempi non lontani un documento adottato all'unanimità da questa Commissione, che ha sempre guardato con attenzione alle risorse interne, i nostri 12.000 dipendenti ognuno dei quali rappresenta un capitale, in quanto la Rai ha impegnato parecchie risorse per creare queste professionalità che storicamente hanno rappresentato punti di riferimento anche per altri servizi pubblici di altri Paesi, vorrei che ci fosse qualche parola più forte e più incisiva intorno alla volontà di attingere a due mani da queste risorse, perché abbiamo forse il meglio all'interno di questa nostra Rai.
  Mi ha fatto piacere il riferimento del collega alla radio, uno strumento antico, che però credo debba essere valorizzato e rimesso in campo, forse anche il meno costoso e meno complicato da gestire rispetto alle produzioni più importanti, riferimento che quindi faccio mio. Nel nuovo slancio che si sta immaginando di imprimere cerchiamo di lasciare dietro le scorie, Pag. 9le cose che hanno creato problemi, tutte quelle zone di incertezza.
  Ne abbiamo parlato in altri momenti e l'ho ricordato poco fa: la Rai non deve rappresentare e raccontare in modo perplesso in contesti traversi le storie della mafia, le storie che non richiamo ma sono nella nostra memoria recente, che hanno rappresentato anche motivo di conflitto, di cui non abbiamo bisogno.

  SALVATORE MARGIOTTA. Il direttore è certamente consapevole della difficoltà della sfida che sta vivendo, proporzionale alle aspettative che come Parlamento abbiamo nei suoi confronti. Lei è il primo direttore del post riforma, abbiamo voluto una riforma che desse al direttore poi amministratore delegato tante competenze, tanti poteri per usare un termine forse volgare ma che volgare non ritengo sia, e dunque le aspettative che abbiamo nei confronti di lei che guida la nave in questo periodo sono notevoli, quindi non ce ne vorrà se alcune sottolineature appaiono forti, ma sono comunque svolte in spirito totalmente collaborativo.
  Per quanto riguarda il piano ho trovato molto buona l'analisi dello status quo, mi pare che lì ci sia tutta la sua capacità di leggere quel che succede oggi nel mondo e nei media, ed è evidente come lei abbia chiarissimo il campo di gioco, come ha detto l'altra volta, per l'oggi e anche per un domani non vicinissimo, perché è proprio di chi sa guardare quel che sta per succedere guidare bene gli eventi. Si evidenzia (l'ha detto Peluffo e condivido) una giusta direzione verso la media company, una distintività del servizio pubblico chiara. A tale consapevolezza per quanto mi riguarda non mi pare corrisponda nel piano uguale nettezza nell'individuare obiettivi e strumenti per conseguirli. Mi sarei aspettato da quelle premesse uno slancio maggiore anche sul piano dell'innovazione, che (sarà una mia difficoltà) ancora intravedo poco o non intravedo fino in fondo.
  Lo stesso piano mi è sembrato più una serie di linee guida editoriali anche ben fatte che un vero e proprio piano industriale. Qui lei sconta (l'ha detto e gliene do atto) anche il tema che poi il piano sarà comunque da rivedere quando avremo definito la mission nello stabilire una nuova concessione, quindi mi rendo anche conto di questa difficoltà e spero che nella definizione della mission saremo altrettanto capaci di guardare lontano.
  Qualche piccola considerazione di dettaglio sul piano, ad esempio sulla questione delle risorse native digitali, su cui lei ha detto, penso che ci sia una previsione di ingresso ancora debole e timida (parlerò delle questioni che riguardano il personale) e questo è un campo su cui prenderei molto dall'esterno e investirei in nuove professionalità.
  Mi pare che sul numero dei canali Rai non si sia scelto con chiarezza se diminuirli o meno, cosa di cui abbiamo discusso sempre anche noi con molti dubbi (io stesso ne ho molti). Pare alcune volte che i canali siano troppi, però altrettanto chiaramente sappiamo che alcuni di questi canali in particolare, sia pur con piccoli ascolti, sono invece fiori all'occhiello, per cui mi rendo conto che questo è un altro dei temi particolarmente delicati.
  Sui centri di produzione ha detto bene, trovo che siano sottoutilizzati quelli di Napoli e Torino e che bisogna capire bene cosa farne, sulla fiction lei ha detto più volte che siamo numeri uno, non ho compreso fino in fondo perché, capisco bene il dato quantitativo, un po'meno quello qualitativo, e credo che la scommessa dell'esportabilità all'estero della fiction sia ancora tutta da vincere, fosse vinta quella mi sarebbe più facile ritenere che effettivamente siamo i numeri uno.
  Su Rai News penso invece che ci siano delle scelte chiare come ridurre il numero di edizioni, però non accompagnate (capisco che sarà sede di ulteriore approfondimento) da una serie di innovazioni. Qualche edizione in lingua inglese di Rai News non sarebbe ad esempio un'idea sbagliata, in modo che anche all'estero qualcuno possa andare a cercare le notizie internazionali sulla Rai anziché su CNN, in quanto mi piace avere questo tipo di ambizione.
  Sui canali generalisti (ha ragione Peluffo) mi pare che ancora siamo veramente in embrione, cioè avrei saputo dare le definizioni Pag. 10 anch'io che non sono un uomo di televisione, la differenza tra RaiUno, RaiDue e RaiTre non mi sembra tanto forte da fare intravedere una notevole innovazione, ricordo che la TV è diventata una cosa nuova quando si è agito sui canali generalisti, la prima RaiTre di Guglielmi, alcune cose di Arbore su RaiDue hanno fatto la rivoluzione positiva della televisione, quindi forse la sfida vera da cogliere è esattamente quella di capire quali di questi canali generalisti possa diventare il traino della nuova sfida.
  Qualche altro dettaglio sul tema del personale. Lei ha dato in premessa una spiegazione che non trovo particolarmente esaustiva e vorrei svolgere qualche considerazione. Premetto: l'indipendenza gestionale del direttore generale e poi amministratore delegato dai partiti e dalla politica l'abbiamo voluta noi con questa legge, sarei contraddittorio con me stesso che l'ho votata e sostenuta, se pensassi che adesso dobbiamo far tornare dalla finestra quello che è uscito dalla porta, però siamo una Commissione di vigilanza e quindi, se riteniamo che qualcosa non vada, la poniamo al direttore generale. A parte la sgrammaticatura, che pure ho evidenziato in altra sede, del ricorso della Rai contro il Governo sui diritti amministrativi, continuo a non capire (lo dico con spirito positivo) il ruolo del direttore editoriale Verdelli e come si vuole riformare l'informazione. Dritto o storto, positivo o negativo sulla cosiddetta riforma dell'informazione attraverso le Newsroom in questa Commissione abbiamo discusso a lungo per 6-7 mesi, abbiamo fatto un parere, intravedevamo le luci e abbiamo visto tutte le ombre, adesso mi è ancora poco chiara la direzione in cui si ci si muove. Non ero in Commissione quando Verdelli ce l'ha spiegata, ma dalle cose che ho ascoltato fino adesso quantomeno non sono convinto, a parte che anch'io come altri colleghi abbiamo trovato imbarazzante l'audizione del direttore Verdelli a proposito della questione Riina, e non aggiungo altro al riguardo.
  Mi è molto piaciuta la sua insistenza sulla questione delle teche, ha usato un'espressione che mi ha convinto, evidenziando come non sia soltanto un problema di Rai recuperare fino in fondo le teche, ma sia un problema di memoria storico-culturale del Paese e persino dei paesi, perché si legge la storia attraverso le teche, mentre sulla piattaforma on line non ho notizie sulla valorizzazione delle teche. So che è un suo obiettivo, ma non mi è chiara la tempistica, non mi è chiaro come si debba fare.
  Ho visto che si pensa di escludere dal palinsesto di RaiUno Il caffè di RaiUno, quel programma che la mattina presto ha un buon impatto sulla cultura, capisco che è una domanda da fare più al direttore di RaiUno che a lei, ma vorrei capire se ci sia una scelta di azzerare quei piccoli spazi di cultura che esistono sul RaiUno oppure la si voglia migliorare, e su questo saremmo d'accordo.
  Sul personale penso che in qualsiasi azienda pubblico-privata un direttore generale debba saper fare quello che lei ha detto, cioè integrare potenzialità esterne, che è giusto che il direttore generale porti da fuori, con quanto già esiste all'interno. La sensazione che ho ed è molto diffusa in azienda (credo che debba essere un suo tema, anche se lei ha dato una risposta intelligente dicendo che le interessano i 13.000 dipendenti, che si devono sentire motivati) è che una squadra che non integri i valori esistenti con valori esterni non funzioni in nessuna azienda, quindi secondo me lei ha il compito di motivare di più persone che in questo momento si sentono quasi snobbate, come se non ci fossero valori, mentre i valori in Italia sono in qualsiasi campo, e io credo che ci siano.
  Non ho capito fino in fondo la questione dello spostamento del dottor Fiorespino dal personale, in un primo momento i giornali avevano parlato addirittura di licenziamento, ma si licenzia per motivi gravi e mi chiedo se così fosse, ma ho letto che adesso non si parla più di licenziamento ma di spostamento, quindi vorrei capire perché. So che è stato nominato un direttore facente funzione, ma rumors sono che anche per il personale lei intenda andare all'esterno, valuti se è veramente necessario, se non c'è una persona in Rai che Pag. 11possa fare questo mestiere, sa bene che (questo la farà arrabbiare, ma glielo devo dire) che c'è la critica che lei ha già sentito secondo cui aver avuto un curriculum di passaggio in MTV apre le porte alla Rai.
  Come vengono selezionati questi dirigenti esterni, sempre attraverso il job posting, da quali società, come sono state individuate le società, come stabilisce i criteri per la selezione dei curriculum vitae? È vero che i costi non sono esattamente quelli dichiarati e cioè che il costo fino adesso di questi 20 esterni siano ben maggiori dei 4 milioni a cui si è fatto riferimento?
  Mi è sembrato quasi paradossale che, mentre non ci era chiaro cosa dovesse fare Verdelli, voi avete scelto di assumere un vice Verdelli, poi oggi abbiamo letto che invece non lo potete assumere, quindi anche su questo vorremmo un po’ di chiarezza in più. Potrei continuare ma non voglio essere eccessivo sulle domande perché non voglio che sembri un eccesso di difesa dello status quo, tutt'altro, ma sarei più contento se queste eccellenti professionalità che porta dall'esterno si integrassero alla grande con quelle già esistenti, in modo che la cosa possa funzionare di più. Per il resto auguri, buon lavoro, ha un compito arduo da portare a termine.

  RAFFAELE RANUCCI. Mi rivolgo a lei, direttore generale, quale capo azienda. Io credo moltissimo in questa riforma di cui sono stato relatore, ma credo che un'azienda debba avere un suo capo che faccia le sue scelte. Da broadcaster a media company lei l'ha definita una trasformazione molto impegnativa e ha detto che si tratta non di un restauro, ma di una rifondazione, che probabilmente passa anche nella cultura delle persone che lavorano in Rai. A me non interessa, direttore, chi assume, quando assume, cosa fa e chi promuove, perché sono problemi suoi, lei è il capo azienda e penso che lo faccia per il miglior funzionamento dell'azienda, quindi non mi interessano tutte le varie notizie che escono ed entrano e chi in Rai viene assunto o spostato.
  Le faccio una prima domanda sull'ultima slide e sul conto economico 2016-2017-2018, dove da 2,8 scendiamo a 2,7 come ricavi complessivi e risaliamo a 2,8. Questo è dato dal fatto che nel 2016 e nel 2018 ci sono eventi sportivi, che questi fanno aumentare la pubblicità o c'è una parte nel 2017 di supero del canone?
  Anche il margine operativo lordo è differente e, nonostante il 2016 preveda i ricavi complessivi del 2018, abbiamo un margine operativo lordo che è quasi 80 milioni in meno. Questo deriva dal fatto che ci saranno minori ricavi o minori costi, cosa viene tagliato? Il risultato ante imposte da cosa viene influenzato, visto che nel 2016 abbiamo un ricavo ante imposte di 1 milione e nel 2018 di 12 con un fatturato più o meno simile?
  Entro sull'altra parte che lei ci ha esposto l'altra volta per porle domande e ripercorrere le sue considerazioni per quanto riguarda le valorizzazioni di alcuni siti, Napoli e Torino. Come pensa di valorizzare questi due siti, continuando con le fiction o attraverso altri tipi di attività?
  Per quanto riguarda sempre le fiction lei ha detto che bisogna riscrivere le regole e mi sembra una cosa assolutamente giusta, soprattutto perché 500 milioni vengono investiti nelle fiction che hanno sicuramente un risultato dal punto di vista non solo degli ascolti, ma spesso dei contenuti ottimali. Non ritiene che sia però opportuno che una volta tanto sia la Rai a scrivere le sue sceneggiature, ovvero a dire qual è il soggetto piuttosto che recepire le proposte degli altri, cioè fare una linea editoriale anche per le fiction, per cui si vuole raccontare una certa Italia, un certo modo della nostra cultura piuttosto che produrre fiction utilizzabili anche all'estero, facendo anche sì che questi investimenti possano ricadere ampiamente sui territori e non siano relegati a pochi? Lei giustamente ha detto che pensiamo che siano grandi, però confrontandoci con l'internalizzazione sono piccoli, però per l'Italia sono grandi e mi sembra molto interessante realizzare delle coproduzioni internazionali. Come pensa che questo possa essere realizzato? Non più pochi quindi all'interno della Rai che gestiscono le fiction.Pag. 12
  Le pongo la stessa domanda per il cinema, che è molto importante. Alcuni lamentano che Rai sia un monopolio e ormai siano rimasti in pochi, ma credo che la Rai aiuti il cinema italiano, perché circa 65 milioni sono stati investiti nel cinema nel 2015, quindi è uno sviluppo. Qual è la politica anche qui sui contenuti?
  Proprio perché siamo in un futuro che ha fame di contenuti, credo la Rai debba produrre contenuti che abbiano una valenza internazionale, che le permettano di competere a livello internazionale. Benissimo quanto lei ha detto di Rai International, il fatto che finalmente diventi un modo per comunicare all'estero e piace molto anche a me il fatto che, come ha detto il Presidente del Consiglio, finalmente ci siano dei sottotitoli in lingua laddove Rai International cerca di trasmettere la cultura del nostro Paese come anche il tema delle scienze.
  Sul tema delle scienze la Rai deve anche svolgere un ruolo di apripista per l'eliminazione del digital divide. Pensa di poter fare una trasmissione come Non è mai troppo tardi del digitale? Possiamo anche pensare di rivolgerci agli anziani o a coloro che non sanno cosa sia un computer e aiutarli a diventare digitali con una trasmissione di questo tipo.
  Un altro punto più complicato è quello dell'offerta digitale. Qual è il ruolo che lei vede per Rai in questo Risiko generale fatto da grandi società di telecomunicazioni, dove pensa si possa collocare la Rai?
  Ci ha parlato di circa 55 milioni per la piattaforma digitale, non so se sia poco o tanto, ma, visto che in questi giorni stiamo parlando in Commissione lavori pubblici del problema del rilascio di oltre 700 MHz delle bande di frequenza e quindi di una nuova tecnologia che si affaccerà nel nostro Paese, se questa sia in tenuta in considerazione. L'Europa ce lo chiedo per il 2010, noi stiamo cercando di portarla al 2022, sappiamo che nel 2017 i nuovi apparecchi avranno una nuova tecnologia, nel piano pensiamo di accostarci piano piano a questa tecnologia?
  Credo che la direzione creativa possa essere legata a quanto dicevamo, dando impulso ai contenuti sia delle fiction sia televisivi, per lo sport condivido quello che lei ha detto in merito all'esigenza di raccontarlo in modo diverso e di far sì che lo sport abbia un appeal più giovane in senso lato e credo che questa sia un'operazione importante, come anche la scelta di unificare i due canali sportivi.
  Cosa succede a Rai Way, la teniamo in questo Risiko? Sono dell'opinione che in Italia, se ci fosse un'unica Rete a disposizione di tutti, sarebbe la cosa migliore, è chiaro che dovrei porre questa domanda al Governo e al Ministero competente, ma qual è la sua visione su questo su questo punto?
  Ho visto che nel suo schema a pag. 56 ha inserito una serie di fiction di lunga serialità, ma non vedo Un posto al sole che ritengo una delle grandi comunicazioni anche sociale che la Rai fa, anche se molti non se ne accorgono.
  L'ultima domanda, assetto immobiliare. Ne abbiamo parlato altre volte e credo che anche lei abbia in testa il Broadcasting Center della BBC a Londra. Capisco che è un'operazione molto grande, ma cominciare a pensare che la Rai abbia il suo Broadcasting Center, non so se a Saxa Rubra o al centro di Roma, che sia aperto come quello della BBC e sia fonte di ricavi. La gente infatti si reca all'interno di quello della BBC a Londra e può partecipare a una finta trasmissione o da dietro le quinte a un telegiornale, quindi è un posto interattivo e attrattivo. Capisco che si tratterebbe di un'operazione immobiliare molto grande, però probabilmente, razionalizzando alcune cose, si potrebbe arrivare anche a questo.
  Non so quanti di noi, direttore, abbiano visto la BBC, France 2, le televisioni spagnole e le televisioni tedesche, ma la Rai è nettamente superiore. Per quanto riguarda la parte giornalistica non credo che ci siano paragoni, ma la BBC chiaramente ha un bacino molto maggiore, essendo anche lingua parlata in tutto il mondo, però, se vogliamo parlare degli altri contenuti, rispetto alle altre televisioni europee la Rai è sicuramente migliore. Questo non ci deve far dormire su due cuscini, ma ci deve Pag. 13spingere a migliorare sempre di più, però credo che lei come capo azienda abbia un piano industriale, economico e di tecnologia che, seppur sicuramente migliorabile, vada nella strada giusta e possa dare alla Rai il posto che ha da tempo e che potrà migliorare nel tempo.

  LELLO CIAMPOLILLO. Ringrazio anch'io il direttore generale della Rai. Il tema di questo secondo incontro è «Rai, da broadcaster a media company» e questo vuol dire che Rai va verso la Rete, il web, verso la multimedialità e l'interazione soprattutto con chi è dall'altra parte, quindi si passa dal boadcaster alla Rete in cui chi usufruisce dei contenuti può anche interagire.
  Partirei da una citazione di Pasolini, che in un'intervista realizzata quando la Rai era ancora in bianco e nero dichiarò: «la televisione non è uno strumento democratico», e probabilmente aveva ragione. Ogni anno Report senza frontiere stila la classifica della libertà d'informazione nel mondo, e approfitterei per ricordare proprio in questa sede che l'Italia su 180 Paesi è al settantasettesimo posto, e non c'è molto da essere allegri non solo per la posizione, ma per il fatto che dall'anno scorso a quest'anno siamo scesi di ben quattro scalini e in Europa peggio di noi c'è solo la Grecia. È invece interessante osservare che Stati meno sviluppati di noi dal punto di vista economico sono in posizioni superiori in classifica, il Ghana al ventiseiesimo posto, il Burkina Faso al quarantaduesimo, Haiti al cinquantatreesimo, Serbia al cinquantanovesimo. Senegal al sessantacinquesimo. In testa nei Paesi del nord Europa invece abbiamo la Finlandia, i Paesi Bassi, la Danimarca, il Costa Rica e la Giamaica. Nella cartina che viene stilata insieme alla classifica l'Italia è considerata tra i Paesi con problemi rilevanti per quanto riguarda la libertà di stampa e l'informazione.
  Andiamo quindi a vedere se questi problemi rilevanti siano riscontrabili anche in Rai e tra le tante occasioni che possiamo citare ce ne sono due in particolare, tra l'altro anche recenti, che riguardano il programma Agorà di Rai 3. Parliamo dei referendum sulle famose trivelle e si parlava ad Agorà della possibilità di raggiungere il quorum e in diretta il bravo presentatore ha dichiarato: «sarà dura raggiungere il 50 per cento, quindi il quorum, perché si vota solo in 8 regioni». Anticipo che c'è stata subito la correzione, però intanto c'è da valutare perché cercare di orientare il voto degli ascoltatori che devono prendere ancora una decisione su cosa votare e poi non è vero che si votava soltanto in 8 regioni. Questo potrebbe passare in secondo piano, se qualche giorno dopo non fosse accaduto che, in seguito al sondaggio in cui era stato chiesto ai cittadini se Renzi fosse amico delle lobby, sì o no, sondando il cui esito era stato chiaramente contrario a Renzi (le mostro quello che un tempo si chiamava fermofotogramma, ma oggi chiamiamo screenshot) con al 31 per cento «no», 44 per cento «sì», 25 per cento «non so». Questa è chiaramente una manipolazione, perché il 31 per cento risulta nello schema come se fosse il 50 per cento, il 44 per cento che è in verde addirittura viene riportato nel grafico come quasi inesistente, mentre la maggioranza di chi aveva partecipato al sondaggio aveva detto che Renzi è amico delle lobby, il 25 per cento è più grande del 44, quindi proprio un grafico fatto al contrario. La manipolazione però continua, non è finita qui, perché le dimensioni dei caratteri che sono stati utilizzati per il sì, per il no e per il non sa sono diverse, ovviamente il no, poiché bisogna dare la percezione che Renzi non è amico delle lobby, è più grande, il sì è più piccolo e il non sa ha una dimensione diversa. Questo è un sondaggio dall'esito chiaramente contrario a Renzi, ma viene trasformato in una sorta di inganno televisivo, oserei dire trucco cinematografico, e la semplice visione di questa immagine trasmessa a milioni di telespettatori evidenzia proprio un uso sleale dell'informazione pubblica, ancora oggi asservita a questo Governo.
  Si tratta di una presa in giro che sicuramente i cittadini non meritano, caro direttore generale, e soprattutto non è questo il modello di informazione pubblica che noi vogliamo, immaginiamo e auspichiamo Pag. 14per il futuro, una televisione pubblica che tra l'altro è sostenuta con il canone dei cittadini.
  Il Movimento 5 Stelle chiede che vengano presi provvedimenti contro chi ha manipolato l'informazione in questo modo così barbaro, affinché simili casi non possano ripetersi, anche perché, direttore, adesso andiamo incontro ai referendum costituzionali e chiediamo davvero che questo non accada neanche una sola volta. Le chiedo davvero con tranquillità di controllare e capire come sia potuta accadere una cosa del genere, che è gravissima. Questo dimostra che Report senza frontiere ha stilato una classifica corretta e, poiché accade questo in Italia, è giusto che l'Italia sia considerata un Paese con problemi rilevanti sull'informazione e sia al settantasettesimo posto.
  Noi speriamo che la Rai in futuro ci faccia risalire in classifica e magari arrivare ai livelli di Finlandia, Paesi Bassi, Danimarca, Costa Rica e anche la Giamaica. Grazie, direttore.

  ALBERTO AIROLA. Grazie, direttore, di essere qui. Capisco la difficoltà di affrontare questo cambiamento radicale del servizio pubblico, vedo che, come avevamo già notato, c'è una grossa resistenza del sistema a cambiare e questa difficoltà si percepisce anche nel piano industriale da una serie di tentativi di cambiare che si scontrano con le difficoltà di questa resistenza.
  Io non la criticherò per le nomine perché, se lei spende questi soldi ed è in grado di darci il servizio pubblico che noi chiediamo, sono soldi ben spesi, anche perché ce ne è veramente bisogno, e, se con una legge voluta dalla maggioranza del Governo le diamo dei superpoteri e poi limitiamo il suo ambito di indipendenza, forse non abbiamo capito. Questo problema si riversa anche sulla difficoltà di superare le resistenze che il sistema oppone. Quando si parla di nomine come il ruolo di Verdelli a coordinatore dell'informazione sulla Rai e ci si chiede perché si vada in quella direzione, la mia risposta è che si va in quella direzione perché non si può cambiare lo stato attuale radicalmente.
  Se lei infatti è costretto a tenere 4 telegiornali perché questi rispondevano ad esigenze di lottizzazione politica in passato e il sistema tende a mantenere questa sua condizione, capisco che, non potendo cambiare l'esistente, ci sia il tentativo di indirizzarlo in una direzione che poi vorremmo, perché, se stiamo a guardare la BBC, anche tutto il sistema di canali andrebbe ridotto, e anche tutto il sistema di mission di RaiUno, RaiDue, RaiTre, Rai 4, Rai 5, Rai Movie, Rai Premium andrebbe rivisto in maniera molto più coraggiosa e radicale.
  Mi spiego: quando leggo (mi fanno un po’ sorridere) le mission singole delle TV, dove si cerca con delle parole di trovare delle mission, preferiremmo invece avere una razionalizzazione seria, ma mi rendo conto che non è semplice, perché poi alla fine anche sui direttori di Rete ci sono state delle nomine che, pur nel totale rispetto della sua indipendenza, forse così indipendenti poi non sono. Il problema vero secondo me è questo.
  Ieri lei ha presentato i nuovi criteri rispetto alla scelta delle fiction, criteri che tutti vogliamo siano resi più trasparenti, più condivisi, quando venne qui la direttrice Andreatta le chiesi come scegliessero i progetti e lei mi disse: «ci troviamo intorno a un tavolo, leggiamo un po'di proposte e poi scegliamo» e poi venne fuori la storia delle Happy five. Anche qui c'è una resistenza del sistema a essere cambiato, perché Tinny Andreatta andrebbe mandata via, perché lei non potrà ottenere quello che vuole tenendo lì Tinny Andreatta, che continua ad avere relazioni specifiche con alcune società, contro cui non abbiamo niente, ma, come dice lei, cerchiamo di diversificare l'offerta.
  Ottenni sottobanco dalla Rai il Piano fiction del 2013-2014 e ho avuto modo di vedere le cifre stanziate per alcuni progetti, erano dati aggregati però, quando vedo che una puntata di un fiction della Lux costa 1 milione di euro e ho quel tipo di resa sia come contenuti e come impatto culturale sul popolo italiano, sia come vendibilità trovo che sia sbagliato. Pag. 15
  Lei inserisce a pag. 56 uno schema in cui ci dà questa percezione delle spese su miniserie e lunga serialità e vedo che Un passo dal cielo sta tra 1 e 1,2 milioni per cento minuti di trasmissione. Credo quindi che si dovrebbe osare di più, ma capisco anche le sue difficoltà. Dovremmo cercare di andare il più possibile in una direzione in cui tagliamo certi rami. Prima si parlava di Rai cinema e Rai fiction e della 01: sono parti del sistema Rai che non hanno senso di esistere, una casa di distribuzione cinematografica sulle spalle del servizio pubblico non ha senso, tanto più che in questo Paese c'è già un problema di distribuzione e di monopolio della distribuzione. Se quindi la Rai riuscisse a sgravarsi di certe spese, utilizzando quei soldi in parte per fare altro, in parte per finanziare invece una credibile produzione cinematografica alternativa (ribadisco non dirigistica) o per comprare format come Braccialetti rossi, bella serie sicuramente piaciuta, che è un format spagnolo.
  Credo che in Rai esistano delle competenze per tirar fuori anche altre proposte del genere, evitando che vada a comprarle un mediatore che magari è un ex dirigente e ricarica il prezzo sui mercati internazionali. Questi circuiti vanno spazzati via, capisco la difficoltà di affrontare ex novo tutto questo, ma il punto d'arrivo deve essere quello. Fiorespino infatti (questa è l'unica critica che faccio) andava mandato via prima non tanto per la storia di Merlo quanto per la storia degli audit sia riguardo a Lo Giudice e a tutta la vicenda dell'indagine della Guardia di finanza, sia anche per altre indagini interne che erano legate per esempio a Del Brocco e a suoi presunti finanziamenti non troppo chiari.
  Per chiudere le fila di tutto, se lei è capace di attuare in Rai una vera trasparenza, quella che chiediamo da tempo, quindi di far capire alle persone, ai cittadini, ai competitor, agli stakeholders, come vengono spesi questi soldi, questa è la chiave per allontanare da sé i sospetti, rendere un buon servizio pubblico e fare dei buoni prodotti.
  Se lei è in grado di ripensare questi investimenti su fiction e intrattenimento tv, basta con un servizio pubblico che deve spalmare su tre o quattro canali generalisti programmi di intrattenimento, va bene che il servizio pubblico intrattenga, ma deve intrattenere con giochi a premi che incitano al soldo facile, alla vincita facile, al gioco d'azzardo? Basta, questa roba non è servizio pubblico, ce ne sono diversi di questi format non esattamente come Il gioco dei pacchi, possiamo risparmiare su quello, risparmiare su tutti i produttori e gli agenti famosi che producono questi prodotti e concentrarci su una reale produzione che vada a fare servizio pubblico vero. Anche per questo sarebbe servito stringere le fila dei canali e diminuire l'entropia dei palinsesti sui quali distribuire contenuti.
  Anche dell’infotainment e del caso Vespa abbiamo parlato e rispetto a Verdelli, ha fatto bene a prendersi la responsabilità, a rimandare al mittente le accuse, ma poi dobbiamo vedere dei cambiamenti, che rispetto a queste criticità devono intervenire su un infotainment eccessivo e una situazione in cui dalla mattina alla sera ci troviamo traslati di colpo da una situazione faceta, di colore e di divertimento a una situazione serissima di cronaca nera o di mafia. Cerchiamo invece di compartimentare le due cose.
  Sicuramente il senso della televisione, la sua natura più intima è quella di intrattenere in maniera anche leggera, perché non è sempre semplice catturare l'attenzione dello spettatore e condurlo su percorsi un pochino più impegnativi, ma secondo me questa è la vera sfida del servizio pubblico, è cercare di non farsi prendere troppo dal lato leggiadro e superficiale del mezzo televisivo, ma usarlo di più.
  È importante dare un segnale ai dipendenti, so che lei l'ha ribadito e questo è importantissimo: i dipendenti aspettano un segnale chiaro di valorizzazione, che lei può dare loro. Può essere una grande rivoluzione, possono anche essere dei primi passi simbolici, ma cominciamo a farlo, perché credo che questo darà una notevole spinta all'azienda, perché da troppi anni sono state lasciate all'angolo delle eccellenze, Pag. 16 delle competenze che invece andavano valorizzate.
  Ribadisco: cacciare chi è inaffidabile e sospetto, i casi di Fiorespino e Lo Giudice sono eclatanti, mi complimento per la sua decisione sulla vicenda degli appalti al massimo ribasso, purtroppo il Governo ha di nuovo permesso di fare appalti al massimo ribasso, in questo ci vorrà un senso etico, deontologico e di correttezza nei confronti della qualità del servizio pubblico della dirigenza e dei suoi collaboratori nel cercare di valorizzare dei feed qualitativi virtuosi rispetto all'esternalizzazione degli appalti. Se mi permette una battuta su quello che ha detto Margiotta, è vero che forse MTV aprirà le porte alla Rai, ma quando noi abbiamo fatto la proposta di chiudere a parlamentari, ex parlamentari e membri del Governo il consiglio di amministrazione Rai e i posti dirigenziali Rai ce l'hanno bocciata.
  Nei consigli di amministrazione c'è sempre gente che arriva dalla politica e noi non riusciremo a riformare il servizio pubblico fino a quando non avremo una legge che veramente non sovrappone il signor Gasparri con il signor Renzi, che attualmente controllano o hanno controllato fino adesso gran parte dell'informazione Rai.
  Io glielo dico: dopo le amministrative avete deciso di fare le nomine dei direttori dei TG, quello è un momento delicato, un momento basilare, e non voglio vedere lo stesso schema che è stato proposto anche con altre stagioni di nomina, voglio vedere persone indipendenti, che non sono collegate per qualche ragione a editori controllati dalla politica. Quello è un momento delicato, non dico che voglio un mio amico, non dico che voglio uno del Movimento 5 Stelle: dico di lasciare uno spazio libero ai cittadini e non ai partiti, e questo mi sembra doveroso nei confronti di tutti.
  La seguiamo nel suo lavoro, la supportiamo, cercheremo di segnalarle tutte le possibilità di miglioramento, se non può eliminare certi gangli ormai consolidati di potere clientelare all'interno della Rai, cerchi di limitarli, perché l'unico modo vero di rilanciare questa azienda è aprirla a nuove esperienze, giacché appunto non possiamo radicalmente rinnovarla.

  MAURIZIO GASPARRI. Per quanto riguarda il piano ovviamente molte affermazioni sono così programmatiche e generiche, quindi le vedremo, perché abbiamo sentito altre volte il discorso della media company, l'avvento del digitale – non è una notizia che abbiamo appreso dalle varie audizioni che abbiamo avuto e siamo ben consapevoli che sta comportando una serie di modifiche – e il problema dei giovani, che lei ha sottolineato e di alcune fasce d'età attratte da social network e contenuti video consumati con altri mezzi. Mi ha sorpreso che ad esempio La 7 sul digitale terrestre si sia attrezzata con un telecomando che fa apparire una schermata dei programmi dei giorni precedenti e permette di andare a ricercarli, cosa che anche Rai potrebbe fare, senza pretendere un'evoluzione digitale planetaria, che tutti ci auguriamo ci sia: è una cosa di facile uso e mi ha colpito che un'emittente più piccola della Rai la faccia mentre la Rai la potrebbe tecnicamente fare.
  Sull'identità creativa e su altre cose non mi pronuncio, vedremo, rilevo un po’ di preoccupazione sul dato della radio, che non è certamente colpa dell'attuale gestione, ma su cui si è accumulato un ritardo storico. Lei dichiara «siamo contenti di essere secondi», ma giustamente traspare dalle parole come sia compito della Rai essere prima in tutti i campi per ragioni storiche e per dimensioni, quindi è necessaria una riflessione rispetto alla modernizzazione della radio e alla concorrenza di network radiofonici importanti che nelle loro trasmissioni si vantano ogni cinque minuti di essere la prima radio, con un'evidente azione autopromozionale.
  Per quanto riguarda invece la questione dell'informazione, credo che ci sia da discutere sul numero dei telegiornali, ma – attenzione – non per difendere la pluralità di testate rispetto ad appartenenze che poi attualmente sono assolutamente indefinibili, ma per un problema di difesa della priorità della Rai nel campo dell'informazione. È vero che forse non ci si può spostare su Rai News 24, sull’all news, Pag. 17perché la gente non è ancora abituata a schiacciare quel tasto del telecomando e molti non sono consci della pluralità dell'offerta e sono ancora abituati a vedere i canali canonici, però, benché ci possa essere uno spostamento progressivo verso l’all news, l'impoverimento nel palinsesto quotidiano dell'informazione sarebbe un errore strategico, posto che la Rai conserva un primato storico.
  Per quanto riguarda la questione introiti canone abbiamo avuto oggi dei dati, erano a mio parere po'sottostimati e ho visto che per gli anni futuri ci sono correzioni di previsione rispetto ad alcuni parametri del 7-7,5 per cento. Se funzionerà la vicenda della bolletta di cui l'avvio è faticoso e non dipende tutto sommato dalla Rai, perché è una questione gestita in altri contesti, vedremo dopo che il Consiglio di Stato ha fatto una serie di osservazioni e di appunti quale sarà l'introito, che potrebbe essere maggiore.
  Questo potrebbe portare a una riflessione futura rispetto alla maggiore tutela di fasce a basso reddito a fasce di anziani, cose che già sono previste, e al problema della pubblicità, perché viviamo in un momento in cui non solo la principale concorrente, ma tutta la situazione della stampa e dell'emittenza in generale è un problema.
  In queste ore stiamo discutendo al Senato l'ennesimo provvedimento sull'editoria che ci viene sollecitato con urgenza, ma forse è il mercato a dover dare delle risposte, e, al di là dell'apprezzabile eliminazione di pubblicità in alcuni canali che però ne trasmettono poca, anche se questa scelta ha un valore pedagogico apprezzabile in quanto canale per minori, si dovrà fare nel tempo una riflessione, perché non siamo ancora in grado di valutare l'impatto e quindi se ne parlerà tra qualche mese, quando avremo dei dati sulla raccolta pubblicitaria.
  Resta un interrogativo sul problema dei centri di produzione, che fine fanno, tema che va approfondito, sono troppi, come utilizzarli, rispondono forse anche a una logica di altri tempi per cui può esserci a Torino un fatto storico o a Napoli un fatto promozionale, però è un tema che bisognerà approfondire.
  Sul numero dei canali sono stato accusato in passato di voler restringere l'informazione: mi fa quasi ridere, lo sapevamo che sarebbe finita così perché era questa la rivoluzione digitale, oggi semmai i canali sono troppi, quindi a volte i canali non hanno un'offerta importante. È chiaro che, se uno facesse la finale di Champions League su Rai 5, quella sera il numero degli spettatori lieviterebbe, ma nessuno metterebbe oggi un prodotto così costoso su un canale del genere, verrebbe cacciato dall'azionista! Oggi però c'è il problema di razionalizzare e in alcuni casi la Rai potrebbe considerare joint venture e collaborazioni con privati perché la legge vigente lo consente, quindi in alcuni canali avere la possibilità nel cinema e in alcuni contenuti anche di cultura di promuovere la partecipazione di privati potrebbe essere uno stimolo.
  Sullo sport che lei considera fondamentale francamente resto dubbioso sul fatto che sia stato scelto un esterno, la cui competenza specifica è tutta da dimostrare e da verificare, per cui addirittura la Rai si ripropone su sfide mondiali nel 2018, cosa ambiziosa, e fa bene a provarci, poi bisogna vedere perché è diventato un terreno minato, si è visto come è finita la gara sulla Champions League, dove chi l'ha vinta ha venduto lo strumento con cui aveva vinto, per cui alla fine le storie sono sempre complicate e finiscono o comunque hanno tappe intermedie diverse da quello che ci si immaginava, perché, se costa troppo, non possiamo certo moltiplicare gli utenti, e lì c'era un sistema a pagamento con Mediaset Premium.
  Per quanto riguarda gli esterni concordo con le considerazioni fatte da altri colleghi. Al di là dei numeri (ne ho contati 22), si obietterà che gli esterni non sono certi stati inventati da questa gestione della Rai, ma ci sono sempre stati. Vi è però la sensazione che quasi non si creda all'interno della Rai, sembra quasi un messaggio laddove infondo 22 su 13.000 sono pochi, però sono importanti, decisivi, quindi il rapporto rispetto alla struttura dirigenziale Pag. 18è significativo. Sembra quasi un messaggio di non fiducia nella Rai, che, come lei sa, ha 900 contenziosi, alcuni a livello di truppa, altri a livello di dirigenza che nelle varie ere è rimasta accantonata, perché è successo sotto tutte le varie gestioni. Credo che una valutazione più attenta delle risorse interne andrebbe fatta, anche perché non le faccio i nomi di quelli entrati o degli interni, e il senatore Margiotta ha fatto la battuta su MTV come una sorta di società di allevamento, però potremmo fare duecento esempi di ogni orientamento e di ogni storia.
  Non ho mai parlato con Fiorespino, pur essendo il capo del personale che chissà quanti politici avranno chiamato, non l'ho mai conosciuto quindi lo posso citare, non è stato licenziato, è stato rimosso, può capitare, viene sostituito da un esterno (perché mai?), ma la colpa è quella dell'assunzione del pensionato? Fra i vari esterni Merlo è uno dei più grandi giornalisti e scrittori italiani, lo conosco da vent'anni, ma quando mai si è occupato di televisione? Forse per la sua vena creativa e letteraria, e anche questo è uno dei temi importanti per un'azienda di contenuti, però di televisione non si è mai occupato. Adesso Fiorespino viene rimosso perché ha fatto l'errore di assumere un pensionato, la Rai ha anche i consiglieri che non vengono pagati perché sono pensionati, quindi non c'è bisogno di andare a vedere le leggi fatte dal Governo Monti e rafforzate dal Governo Renzi, che considero leggi anche discutibili: rottamiamo Piero Angela o altri che sono son bravi e creano la coda nelle università quando fanno le conferenze? Credo però che su queste assunzioni ci sia molto da discutere, direttore, e poi costano molto, si è discusso se 4 milioni, poi si deve considerare il TFR e costi annessi, quindi forse la vostra risposta è stata ottimistica e condivido paradossalmente alcune osservazioni dell'USIGRAI in merito al rispetto di procedure interne del job posting, della verifica delle strutture e anche della riduzione del contenzioso interno. Ne avete 900, alcuni anche di dirigenti che, accantonati nelle varie ere, possono essere validi per altri impieghi.
  Quello che però non ho ancora capito è questa struttura di Verdelli, perché è una direzione delle direzioni e le potrei citare l'articolo 6 del contratto giornalistico, che facendo parte della categoria conosco, secondo cui il direttore ha una sua autonomia nelle assunzioni alla direzione, quindi che fa questa direzione? Si va a fare poi una direzione con due vicedirettori, due capiredattori, non sto qui a citare i nomi, ma molti sono esterni, ci sono quattro soldati e quattro generali in quella struttura, se non ricordo male (un direttore, 2 vicedirettori, 2 capiredattori presi dall'esterno e 3-4 soldati), cosa che non avviene in nessuna organizzazione giornalistica, Per fare cosa?
  Capisco una figura di alta consulenza del direttore generale, che fa delle verifiche, parla con i direttori, cerca di riposizionare l'offerta, però creare questa struttura è francamente una cosa inopportuna rispetto alla vicenda del pensionato, rispetto alle funzioni dei direttori e del contratto giornalistico e dei loro i poteri, e rispetto a un messaggio quasi di sfiducia all'interno della Rai. So anch'io che ci sono molti direttori, compresi quelli che oggi sono interni ma che furono esterni, perché ci sono i nativi digitali, i nativi Rai e poi ci sono quelli che si internizzano nel corso degli anni, quindi capisco che la Rai debba essere aperta ad alte professionalità, ma in qualche caso mi pare che non sia stata aperta ad alte professionalità ed abbia fatto un lavoro più di posizionamento di persone amiche, di persone gradite, di persone di orientamento. Ci si meraviglia del passato, ma si rinnova nel presente.
  Lei tratta questo punto nella parte iniziale della sua relazione, io inviterei a una riflessione perché questo è stato colto all'interno dell'azienda come un messaggio di sfiducia. Non entro nel giudizio sui singoli perché sarebbe antipatico, come anche citare i risultati televisivi di alcuni dei personaggi nominati direttori dopo che su altre televisioni gli erano stati chiusi i programmi per mancanza di ascolti (forse erano sfortunati, forse la qualità era buona, però anche i numeri sono importanti). In televisione non tutto è numeri, lo Pag. 19so bene, però abbiamo visto situazioni in cui autori e autrici di flop sono diventati direttori. Speriamo che in questa nuova vita ottengano di più, però in Rai c'è di meglio!
  Noi seguiamo il percorso con attenzione non per brama di controllo, ma perché la Rai è una risorsa importante del Paese, è un pezzo del Paese, piaccia o non piaccia a quelli che la esaltano o la criticano a seconda delle stagioni politiche, e credo che sia necessaria una riflessione rispetto ad alcune forzature che abbiamo registrato.

  FRANCESCO VERDUCCI. In riferimento all'intervento del senatore Airola penso che sia un bene che la riforma della governance che abbiamo fortemente voluto abbia portato con sé anche una riforma delle funzioni della Commissione di vigilanza, che non eleggerà più i membri del Consiglio di amministrazione che saranno eletti dal Parlamento, e questo darà una maggiore separazione tra la politica e l'azienda.
  Al senatore Airola, che poco fa chiedeva la cacciata di un direttore Rai, voglio dire che il nostro compito è quello di chiarire quali debbano essere gli indirizzi dell'azienda, non entrare in queste cose, né nei palinsesti, ma lavorare per il rilancio del servizio pubblico a partire da autonomia e pluralismo.
  Dopo questa premessa alla quale tengo, ritengo che il piano che il direttore generale ci ha presentato vada nella giusta direzione e che soprattutto vadano nella giusta direzione gli obiettivi, le direttrici di questo piano, che naturalmente andrà rivisto anche con un lavoro forte di interlocuzione tra questa Commissione e l'azienda, alla luce di quella della concessione e del contratto di servizio che daranno nuove mission a cui doversi rapportare.
  Il tema affrontato finalmente nel merito con un avvicinamento che forse è stato troppo lungo è l'obiettivo media company, quindi arrivare a un servizio pubblico universale e distinguibile, che stia sul mercato distinguendosi, raccogliendo la sfida dei contenuti on demand, un servizio pubblico che riesca ad essere non solo universale, ma anche personalizzato. Questa sfida si affronta su due versanti, parlare a coloro che non guardano la televisione e parlare a coloro che guardano solamente la televisione, con una funzione nuova di alfabetizzazione digitale.
  Un altro punto importante che voglio rimarcare è il tema della valorizzazione industriale, legato anche al tema del radicamento territoriale. C'è un punto sul quale voglio insistere, la grande risorsa delle sedi territoriali, che solamente la Rai possiede. Credo che i due centri di produzione sottoutilizzati, quelli di Napoli di Torino, possano essere utilizzati adeguatamente solo se avranno una adeguata specializzazione.
  C'è un tema che abbiamo letto nella sua relazione, legato agli introiti pubblicitari. Credo che la pubblicità in Rai vada ripensata, molto bene che si sia dato seguito a quanto abbiamo chiesto in questa Commissione, cioè togliere la pubblicità da Rai Yoyo e poi in prospettiva da Rai Gulp, che però è oggetto di valutazione ma spero che ci si arrivi dai canali dedicati ai bambini, dai canali dedicati al tema della cultura, ma certamente la Rai deve continuare ad avere pubblicità, non può perdere pubblicità perché, se la dovesse perdere, andrebbe molto all'estero (penso a Google e a Facebook). Il tema è come legare la pubblicità ai prodotti nell'interesse di un servizio pubblico innovativo, così come indicato nella prossima concessione.
  Viene evidenziato dalla sua relazione che il nostro è sempre più un Paese dove è molto forte la crescita dei consumi non lineari, e questa forse è la sfida più grande per il nostro servizio pubblico, come sapersi reinventare al tempo appunto dell’on demand e della crescita esponenziale dei consumi non lineari.
  Voglio evidenziare anche un dato secondo me rilevantissimo, cioè l'importanza crescente della produzione rispetto alla distribuzione. Questo significa che rispetto alle tabelle che abbiamo visto devono crescere gli investimenti di prodotto e devono crescere anche investimenti tecnici che possono fare della Rai davvero un driver tecnologico. Pag. 20
  Abbiamo una crisi, da lei evidenziata nella sua relazione, sul target giovanile delle nuove generazioni davvero drammatica, con Mediaset che supera la Rai su un target amplissimo, quello al di sotto non dei 25 o dei 40 anni, ma dei 54 anni, quindi questo è un problema enorme per la Rai, su cui recuperare subito con maggiore innovazione di linguaggio. Da questo punto di vista mi lego anch'io a quanto veniva detto su RadioRai, che ha enormi potenzialità ma ha bisogno, se non vuole essere legata al solo target dei maschi adulti, di uno sforzo di maggior coraggio e di maggiore innovazione.
  C'è poi un tema fondamentale per quanto riguarda la Rai come vettore per il made in Italy, per la nostra cultura all'estero e quindi anche per il nostro sistema Paese e per la sua credibilità in termini anche di potenzialità manifatturiere, che è quello della fiction e del cinema. La fiction è un settore nevralgico anche in termini di posizionamento culturale, di narrazione culturale, dove bisogna puntare su prodotti esportabili all'estero, su prodotti che stiano su un punto decisivo per il servizio pubblico, cioè inclusione, cittadinanza, coesione sociale, su cui si sta facendo tanto ma abbiamo dei margini di miglioramento. Bene che si punti sulla lunga serialità e le miniserie, un punto politico fondamentale che voglio rimarcare è la necessità di ampliare il più possibile il parco dei fornitori, perché è troppo ristretto e va ampliato, come rimarcavano altri colleghi. Lo stesso va detto anche per il cinema, per aumentare gli investimenti per le opere esportabili.
  Vengo ora al punto del numero dei canali, come sappiamo rispetto ad altri servizi pubblici abbiamo un numero eccessivo di canali, questo significa scontare un deficit, quello del basso investimento per ora prodotta, mentre una riduzione dei canali ci permetterebbe un aumento degli investimenti. Da questo punto di vista penso che questo piano industriale debba essere più coraggioso, perché questo è un obiettivo fondamentale per il rilancio dell'azienda, così come sui canali tematici c'è un piano troppo timido, perché la riduzione è necessaria per avere canali più ambiziosi. Credo che la Rai debba avere anche l'ambizione di possedere un forte canale dedicato alla cultura, che oggi non ha in pieno.
  Chiudo su due temi anch'essi fondamentali. Sull’on line attualmente abbiamo una posizione quasi indecente per i dati che abbiamo sul numero degli utenti unici e delle pagine viste, c'è grande enfasi in questo piano sull’on line che naturalmente è decisivo per arrivare alla media company, però manca, rispetto a tanti soggetti che si muovono su questo, il ruolo guida della Rai come grande driver della digitalizzazione del Paese, e penso che su questo si debba investire anche parallelamente al lavoro che si sta facendo sulla concessione.
  Quello che ritengo il punto più debole di questo piano è quello che riguarda le news, su cui c'è ancora molta nebulosità. È un tema decisivo per il servizio pubblico, non emerge una direzione di marcia molto chiara, voglio dire anch'io che questa Commissione aveva licenziato un documento importante per ripensare l'assetto organizzativo delle news nel nostro Paese, il cui assetto risale ad una stagione legata addirittura alla Guerra fredda, quindi abbiamo bisogno di un riassetto organizzativo e anche di più coraggio su un nuovo piano editoriale. Non emerge un piano forte riguardo alle edizioni principali, né riguardo al grande tema dell’all news, bene ridurre le edizioni brevi in favore dell’all news, ma che tipo di all news debba avere la Rai non è ancora chiarissimo ed è un tema con tutta evidenza decisivo, così come è decisivo per avere una Rai all'altezza dei tempi sperimentare sul versante dell'informazione un canale in lingua inglese, ma anche un canale lingua araba per sperimentare il tema dell'integrazione e della cultura euro-mediterranea.
  Ho accolto con rammarico la dichiarazione dell'Agcom della settimana scorsa, spero che abbiate fatto altrettanto anche voi, perché, se la direzione della Rai avesse dato più ascolto anche all'interlocuzione avuta con questa Commissione di vigilanza, con ogni probabilità non avremmo ripetuto quello che reputo per la credibilità del Pag. 21servizio pubblico un passo falso gravissimo, cioè l'intervista a Riina junior da parte di Vespa in quel contesto, se fosse stata presa maggiormente sul serio la richiesta di questa Commissione, non avremmo avuto quel passo falso e oggi non saremmo a chiedere che quel monito dell'Agcom sia preso in grande considerazione e faccia parte del prossimo piano editoriale della Rai.

  ROBERTO RUTA. Cerco di essere strettissimo anche perché condivido quanto detto da Verducci e dal capogruppo, quindi andrò alla sintesi.
  Premesso che la stabilità delle entrate per un'azienda come la Rai è una cosa di straordinaria importanza per una programmazione seria, posto anche il carattere di universalità, come ho riscontrato nel piano industriale illustrato dal direttore e che condivido, perché è così per mission e per legge, e la volontà di rafforzare il territorio come tratto identitario della nostra comunità divisa nelle varie regioni, a me convince la voglia di innovazione che ho letto nell'esposizione e la voglia di correre verso il futuro raggiungendolo possibilmente, anzi qualche volta anticipandolo, quindi questa scommessa non può che essere letta con grande favore.
  Ritorno però a «informare, intrattenere ed educare» con tre domande secche. Informare: alcuni l'hanno già detto e io lo ripeto, ci vuole la garanzia della pluralità, ma prima ancora, come presupposto della pluralità, ci vuole l'autonomia e l'indipendenza. Per me le scelte vanno verificate su questo, nomi e cognomi rappresentano storie di autonomia o di altra natura. Se le scelte e le nomine saranno storie di autonomia a partire dalle testate giornalistiche, di indipendenza e di autorevolezza, saranno oggetto di sottolineatura positiva, altrimenti no. Nell'informazione si andrà in questa direzione con tutti i limiti che può implicare?
  Intrattenere: cestiniamo tutte le trasmissioni spazzatura, intratteniamo ma scommettendo sull'innovazione, del resto Braccialetti rossi ha avuto tanto successo perché c'erano i contenuti, l'ho visto con i miei figli per i quali è un appuntamento settimanale, guai a perderlo, e mi chiamavano raccomandandomi di tornare a casa in tempo per vederlo! La voglia di stare insieme, di vedere la televisione che dà valori è una scommessa più difficile di quella di fare qualche altro tipo di programma, lo so, ma facciamo questa scommessa fino in fondo anche rischiando l'impopolarità o una non immediata popolarità.
  Educare: innanzitutto i bambini che sono i fruitori quotidiani senza filtro e senza coscienza critica. Nella parola educare che è difficilissima da assumere e da interpretare accompagniamo senza resistere o addirittura con convinzione o spirito di rassegnazione la nostra comunità nazionale come Rai nella direzione di rafforzare la società dei bisogni prodotti, che crea il conseguente bisogno di soddisfarli, andando verso la società consumistica più sfrenata, come ci impone il budget oppure proviamo a fare un'inversione di marcia?
  Ci vorrebbe uno spot Rai che ricordi che la felicità non si raggiunge comprando qualunque cosa ti dicano di comprare, ma acquistando solo quello che desideri veramente, o uno spot che educhi all'acquisto di generi alimentari dicendo in maniera chiara quali contenuti organolettici siano nocivi, informando più che sconsigliando.
  Su queste tre questioni come mission la Rai torna quella di qualche decennio fa, laddove la missione è anche quella di educare secondo i princìpi costituzionali che non sono mai stati oggetto di proposta di revisione da parte di nessuno?

  AUGUSTO MINZOLINI. Cerco di essere più veloce. Leggendo le slide della presentazione emerge il grande merito di aver dato l'immagine esatta del ritardo accumulato dall'azienda. Questo è un punto essenziale.
  Siamo in una fase abbastanza difficile per la Rai ed è anche una grande contraddizione: da una parte abbiamo un servizio pubblico che ha molti ascolti, ma all'interno di questa azienda ci sono i germi per cui si rischia l'estinzione del pubblico che tiene alti gli ascolti. L'elemento essenziale è stato ripreso da Verducci: da una parte una generazione che vive solo di Rai, dall'altra una generazione che vive senza Rai. Un Pag. 22problema del genere è essenziale nel rispetto alla prospettiva della media company, perché deve assolutamente collocarsi sul mercato e deve soprattutto immaginare il proprio profilo, con tutte le contraddizioni che ci sono.
  Ho sentito tanti discorsi, ma spesso si scontrano: se immagini una media company, deve avere una dimensione, se immagini un meccanismo in cui l'elemento del servizio pubblico è prevalente, è evidente che le dimensioni della Rai sono fin troppo ampie e allora si potrebbe svolgere lo stesso ruolo in maniera diversa. Credo che non ci sia una chiarezza di idee né da parte dell'azienda che segue le nostre indicazioni, né da parte nostra, quindi mi soffermo su una fase un po'diversa, non vedo molto lontano ma vedo soprattutto questa fase di transizione, perché, se vai troppo veloce, rischi di perdere quello che hai, cioè quello che ti dà la possibilità di vivere ora, ma, se non lo fai, non crei le condizioni per cui ci sia una Rai appetibile per il futuro, quindi devi muoverti in maniera un po'complicata. Probabilmente la programmazione dell'intervento sarà modulata nei tempi, però dovremmo trovare un modo per mantenere l'assetto tradizionale, tentando di arrivare passo dopo passo a quella che dovrebbe essere la Rai del futuro. Per quanto riguarda ad esempio le news, credo che superare immediatamente i telegiornali tradizionali rischi di farci perdere il pubblico di oggi, quello che ti tiene addirittura più alto del servizio pubblico di altri Paesi, ma contemporaneamente devi ragionare su quello che sarà l’all news. Su questo darei un consiglio, perché ho visto che purtroppo nel passato queste cose sono state sempre accantonate e, mentre bisogna creare nelle news attuali delle communities, cioè creare condizioni in cui il rapporto tra il TG 1 e il suo pubblico sia fortificato, il che significa anche abituare quel pubblico ad altri strumenti a cui non è abituato. Parlo di internet e quindi di soggetti che debbono avere una loro espressione anche su quel mondo, che probabilmente sarà superata nel tempo, ma che comunque deve accompagnare quel pubblico piano piano in questo orizzonte futuro.
  Nello stesso tempo devi accelerare l’all news, che però sta in una condizione di difficoltà tale che, se gli affidi subito il carico grosso, rischia di disperderlo senza responsabilità.
  Per quanto riguarda il profilo della Rai dobbiamo ragionare su un aspetto fondamentale: il pluralismo in Rai non è una questione solamente di democrazia, il che è già importante, ma è anche una questione che riguarda il piano industriale, la capacità del prodotto, dell’audience. Se in una azienda come la Rai, nella sua molteplicità (si sono inventati tre telegiornali per questo) riduci la capacità di rappresentanza, si rischia di perdere improvvisamente quote di ascolti, perché il messaggio è diverso e complicato. Personalmente ho una grande stima di Verdelli, però mi domando perché non l'abbiate messo subito a capo di uno dei telegiornali, perché si è creata questa struttura piramidale che rischia di creare una sorta di rapporto dialettico tra i vertici delle testate e questo gotha dell'informazione che, come diceva Gasparri, è una struttura più complessa, perché non è solo il responsabile ma tutta la serie di persone intorno. Sarebbe stato meglio anche per l'apporto di Verdelli dargli subito la responsabilità di una parte dell'informazione Rai, forse la più importante. Così invece rischiamo di allontanare la capacità di innovazione e creare soprattutto una dialettica, in cui alla fine la polemica sui giornali diventa più importante del lavoro che svolgi, come sta avvenendo. Non si tratta del rapporto dialettico tra il capo dell'informazione e il direttore del TG 1, il capo dell'informazione e il direttore del TG 2, in cui emerge un punto di equilibrio: lì uno si assume la responsabilità e credo che una scelta del genere sarebbe stata più logica anche rispetto alla nuova struttura della Rai con l'amministratore delegato, in cui uno gioca, deve essere lasciato libero di fare quello che vuole, di assumersi le responsabilità delle proprie scelte.
  Rispetto a questo discorso del pluralismo non entro nella polemica, però adesso andiamo verso la fase importante del referendum, Pag. 23 ed è una cosa più complicata, perché un conto è avere delle quote come ogni partito ha la sua, mentre il referendum è una campagna già cominciata e su quel punto bisogna garantire il pluralismo a entrambi gli schieramenti. Quello di prima era semplice, perché uno diceva di non andare a votare, ma in questo devi dare la possibilità sia allo schieramento del «sì» sia a quello del «no» su un tema estremamente complesso, di illustrare la propria posizione, quindi ve lo pongo subito come problema.
  La terza cosa riguarda invece il discorso sulle nomine. È giusto che ci siano più risorse in una fase di transizione come questa, quindi la decisione che è stata assunta sul canone è importante, perché altrimenti la difficoltà di bilancio non vi avrebbe permesso di fare investimenti, ma più risorse creano anche una condizione di maggiore responsabilità. Non entro nel merito delle scelte, però è evidente che, se continuiamo in una situazione per cui non so per quale motivo il direttore delle risorse umane venga messo da una parte, non so se il vice di Verdelli sia stato contrattualizzato o no, altrimenti rischiamo di continuare a sommare, il che crea una difficoltà anche per le risorse che avete a disposizione. Credo che sarebbe necessario farsi un quadro generale su quello su cui si deve intervenire e su quello riuscire a fare diciamo delle scelte, partendo dal presupposto che da una parte sono d'accordo che vadano valorizzate le risorse interne, ma per il ritardo accumulato (ritorno al punto di partenza) spesso non trovi nelle risorse interne quelli che dovrebbero perseguire quel tipo di obiettivo, perché questa è un'azienda che purtroppo si è limitata a vivere su quegli ascolti che derivano da quella generazione che non può vivere senza la Rai e che le hanno quindi permesso di andare avanti. Il vuoto che c'è al di sotto delle basi di questa azienda è talmente enorme che devi intervenire per colmare il ritardo.
  Vorrei chiederle infine cosa sia questa storia della mappatura dei giornalisti, che o è una cosa campata in aria o altrimenti fa pensare. Non c'è, va bene, allora sono contento che non ci sia.

  GIORGIO LAINATI. Vorrei fare una brevissima parentesi rispetto alle annotazioni di alcuni colleghi sul referendum, ricordando loro che saremo noi a deliberare il regolamento sulla comunicazione politica referendaria e il direttore non dovrà fare altro che attuarlo insieme ai suoi collaboratori, quindi non credo che, alle già tantissime e onerose responsabilità si possa aggiungere anche questa.
  In ogni caso, siccome chiudo gli interventi e le domande sono state poste tutte e forse anche qualcuna di più, mi limito a chiederle cortesemente (lo avevo fatto anche l'altra volta apprezzando il suo lavoro) per quanto riguarda i famosi cento giovani che hanno superato il traguardo della selezione lei ha parlato di un ingresso dei primi trenta. Gli altri, piano piano? Grazie.

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Desidero ringraziare tutti per le domande, a questo punto deduco che risponderemo la prossima volta, ma tengo a dire una cosa rispetto all'autonomia e all'indipendenza, visto che il senatore Airola ha detto una cosa molto pesante sul fatto dell'autonomia delle scelte sulle nomine dei direttori di Rete.
  La verità è che tra le tante mi sembra che non siano state mosse critiche rispetto all'autonomia e all'indipendenza, poi certo dobbiamo dimostrare di saper fare quello che vogliamo fare, abbiamo presentato un piano molto chiaro rispetto a dove vogliamo andare, ieri sera ne è stato un esempio, perché con tutti i produttori della fiction italiana abbiamo spiegato qual è il metodo trasparente attraverso cui vogliamo i progetti e andremo a investire 600 milioni di euro in tre anni (200 milioni di euro all'anno). Quello che voglio dire è che quel piano poi diventa spesa quotidiana, però quelle nomine sono state veramente fatte rispetto al merito, poi possiamo discutere se siano bravi, però rispetto al loro percorso rivendico l'autonomia delle scelte. È chiaro che c'è sempre un livello ulteriore Pag. 24dove dici «tanto non va bene lo stesso», poi dobbiamo dimostrare di saper fare, ma non credo che possa essere posto un tema di indipendenza rispetto alle persone scelte.
  L'altra cosa a cui tengo, che è stata citata più volte, è che sono d'accordo con quanto è stato detto rispetto al fatto che l'attivazione possa avvenire solo rispetto alle competenze interne, non può esistere un pezzo che va da una parte e uno da un'altra. Quello che sto cercando di fare e credo che stia dando i primi risultati tangibili (ieri sera era un esempio) è introdurre competenze nuove, nel caso del capo della fiction accompagnato da una persona che c'era già, che ha tutte le responsabilità della guida di questa parte, per fare in modo di andare verso un altro luogo. In questo caso, servizio universale vuol dire che dobbiamo usare la fiction in maniera diversa, quindi è assolutamente fondamentale che la cultura del cambiamento permei tutta l'azienda.
  Chiudo con quanto diceva il senatore Minzolini, ossia che quella che ho fatto è una grandissima fotografia di un ritardo di dieci anni che sto cercando di recuperare nel minor tempo possibile, però, come dicevo l'altra volta, dove eravamo? Perché abbiamo consentito che questa cosa avvenisse e ha ragione il senatore Gasparri quando dice che alcune cose sono palesi, come il fatto che è da tempo che è arrivato il digitale, è vero! però il tema è: perché analizziamo il primo contratto sull'offerta multipiattaforma a settembre dell'anno scorso? È vero che il mondo va lì, però è vero anche che dobbiamo prendere atto che in molti casi la nostra azienda non ha fatto quello che altre aziende hanno fatto, e questo è un gap che dobbiamo recuperare nel tempo minore possibile e sono convinto che, se lo facciamo, facciamo un favore alla nostra azienda, al Paese e anche a tutti quelli che verranno dopo. Tengo infatti a sottolineare che in molte di queste competenze (mi ci metto perché sono stato scelto, ma anche tante altre persone) l'idea non è di occupare spazi, ma di fare e lasciare meglio di quanto si sia trovato, per cui non c'è la vocazione di occupare spazi con una logica che secondo me è passata, bensì ho una missione che cerco di fare bene nei tre anni, dopo tre anni sarò giudicato per aver fatto bene o male il mio mestiere e se rispetto a cosa ho trovato l'azienda sia migliorata o meno. Credo che la rotazione nell'ambito di questi ruoli sia molto importante, perché, secondo la missione che darete, la concessione non è un elemento banale, ma arriva in un momento in cui l'interlocuzione con le istituzioni e in particolare con voi sarà fondamentale. Se chiedete a me se abbiamo troppi canali, vi rispondo che dipende dalla missione, secondo me con la missione di media company la verità è che i canali non sono la cosa più rilevante, il tema sono i servizi che dai, alcuni sono lineari, i canali, alcuni sono non lineari, quindi il punto è: riesco a servire tutti i diversi bisogni, delle famiglie, dei bambini più piccoli, di quelli più grandi, lo sport, la cultura? Non direi che abbiamo troppo. Il tema vero è quale sia l'ambito di riferimento. Abbiamo lavorato su questo piano industriale per fare in modo di dare il migliore servizio a perimetro, al momento costante. La missione che ci darete può cambiare quel perimetro o meno, ingrandirlo o rimpicciolirlo.

  PRESIDENTE. Ringrazio il direttore generale della Rai e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.20.