XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 94 di Giovedì 14 aprile 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione del comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera, Vincenzo Melone (Svolgimento e conclusione):
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 ,
Melone Vincenzo , Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera ... 4 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 ,
Melone Vincenzo , Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera ... 6 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 ,
Caligiore Aurelio , Capo reparto ambiente marino del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera ... 8 ,
Melone Vincenzo , Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera ... 9 ,
Caligiore Aurelio , Capo reparto ambiente marino del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera ... 9 ,
Melone Vincenzo , Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera ... 10 ,
Caligiore Aurelio , Capo reparto ambiente marino del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera ... 11 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 ,
Puppato Laura  ... 12 ,
Melone Vincenzo , Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera ... 13 ,
Puppato Laura  ... 13 ,
Melone Vincenzo , Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera ... 13 ,
Caligiore Aurelio , Capo reparto ambiente marino del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera ... 13 ,
Melone Vincenzo , Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera ... 13 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 ,
Caligiore Aurelio , Capo reparto ambiente marino del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera ... 14 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 ,
Caligiore Aurelio , Capo reparto ambiente marino del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera ... 14 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 15 

Comunicazioni del Presidente:
Bratti Alessandro , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso, nonché mediante trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera, Vincenzo Melone.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del comandante generale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia costiera, ammiraglio Vincenzo Melone, accompagnato dal comandante Aurelio Caligiore, capo del reparto ambientale marino delle Capitanerie di porto, dal tenente di vascello Antonello Piras, dal comandante di vascello Pino Menna e dal comandante di fregata Fabrizio Giovannone, che ringrazio per la presenza.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo della depurazione delle acque.
  In particolare, l'audizione odierna si inserisce nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul traffico transfrontaliero dei rifiuti. Abbiamo svolto, come probabilmente lei sa, anche con l'aiuto della Capitaneria, diverse ispezioni nei principali porti italiani e, allo stato, ne sono rimasti pochi in Italia. Proprio la settimana scorsa abbiamo fatto visita ad alcuni porti non italiani. Nella fattispecie siamo andati al porto di Amburgo, un porto importante, dove abbiamo potuto verificare una serie di situazioni. Abbiamo intenzione di completare il nostro giro in Italia prima dell'estate. Se ci riusciamo, inoltre, vorremmo visitare un altro paio di porti anche a livello internazionale, al fine di avere un quadro completo e una comparazione.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espresse e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Darei la parola a lei, comandante Melone, per lo svolgimento di una prima relazione introduttiva. Come Commissione ci siamo anche posti il fine di capire meglio quali possono essere le problematiche che, con riferimento al traffico suddetto, incontrate nella vostra attività. Nel caso, vi invito anche segnalarci delle situazioni. Abbiamo, infatti, tutti letto le dichiarazioni del dottor Roberti e del procuratore Pennisi; la preoccupazione è che stante la nuova normativa, la velocità delle merci nei porti sia talmente elevata per cui i controlli rischiano di essere inefficaci.
  Per ciò che abbiamo visto nei porti, sappiamo che non tutto si può controllare, Pag. 4perlomeno, non colle per colle, container per container; abbiamo, in realtà, avuto l'impressione, dal vostro lavoro, dal lavoro che sta svolgendo l'Agenzia delle dogane, nonché dalle collaborazioni che esistono in molti di questi posti, per cui, al di là della complessità delle situazioni, ci sia in questo senso un lavoro molto attento, maggiore che in altri Paesi, i quali però hanno la nomea di essere più attenti ad alcune questioni. Al porto di Amburgo, per esempio, abbiamo notato come la quantità di merci che movimentano sia enorme, soprattutto in relazione al mercato delle auto usate verso l'Africa; abbiamo visto dei piazzali sconfinati di automobili, difficilmente controllabili una per una; peraltro, in quella parte gli scanner non ci sono. Ci interessa, quindi, capire il suo punto di vista, con particolare riferimento, oltre ad eventuali problemi, anche ad eventuali proposte che, secondo lei, potremmo accogliere per l'attività di contrasto, rispetto alla quale proviamo a contribuire e ad aiutare.

  VINCENZO MELONE, Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera. Ringrazio il presidente per questa bella opportunità: un'occasione per illustrare alla Commissione, di cui saluto tutti i membri, quello che il Corpo fa in materia di tutela dell'ambiente in senso lato; poi scenderemo nei dettagli. La ringrazio veramente per quest'opportunità.
  Rispondo subito alla preoccupazione del procuratore antimafia. Ritengo, invece, che il sistema sia più efficace dal punto di vista dei controlli. Esprimo un mio pensiero: poiché ora si sta facendo lo sdoganamento a mare, questo significa che tutte le procedure previste per fare in modo che i contenitori possano essere liberati dal porto avvengono ore e ore prima. Questo ci consente di monitorare la nave lungo tutto il suo percorso, con i sistemi di monitoraggio del traffico, su cui poi, magari, spenderò qualche parola in più.
  Soprattutto, però, con lo sdoganamento, così come richiesto, le varie istituzioni coinvolte, dalla Dogana alla Guardia di finanza, alla Capitaneria di porto, hanno l'opportunità di procedere a un'attività di incrocio dei dati che può preliminarmente, eventualmente, dare dei segnali di allarme. I sistemi sono fatti in modo tale, in particolare per la Dogana, che ci sono degli allarmi legati alla provenienza della nave o al tipo di merce che questa può trasportare e così via. Procedere, prima che la nave arrivi in porto, a quest'attività di verifica documentale – e non solo – consente di vedere prima se ci sono eventuali rischi, ovvero contenitori da controllare.
  Introduco qui un altro elemento. Stiamo recependo, a livello europeo, una direttiva che, dal 1° luglio, obbligherà alla pesatura dei contenitori. Esemplifico: lo spedizioniere che deve spedire un contenitore, deve dichiarare esattamente quanto pesa. Questa norma nasce per motivi di sicurezza. Sino ad oggi non c'è stato quest'obbligo e, conseguentemente, quando si va a stivare la nave, questa non viene stivata nel modo giusto, alcune navi risultando criccate. È una misura che nasce ai fini della sicurezza della navigazione. Se, però, ci pensiamo bene, questa misura è importante anche da un punto di vista dei controlli. Lo spedizioniere, infatti, è obbligato a pesare i contenitori e a dichiarare quanto pesano. L'autorità preposta, nel momento in cui va a fare i controlli a campione, se verifica che il contenitore non è di quella pesata – c'è uno scarto su cui a livello europeo si sta trovando una mediazione tra chi è per il 5 per cento del peso, chi per il 3 per cento e così via – individua già un altro segnale d'allarme.
  Ritengo che forse i porti si stiano attrezzando ancora meglio, ancora di più mettendo a sistema le banche dati – è un tema che, come il presidente sa, abbiamo avuto già modo di affrontare – della Dogana, della Capitaneria e dell'Autorità portuale. Questo ci consente, ancora di più, di effettuare i controlli.
  Il mio intervento, quindi, sarà suddiviso in due momenti: ci sarà una parte iniziale, di inquadramento generale, per dare un'idea di che cosa fanno le Capitanerie; successivamente, il comandante Caligiore, capo del reparto ambientale marino delle Capitanerie di porto, tra l'altro in dipendenza diretta dal Ministro dell'ambiente, scenderà nei dettagli tecnici, anche illustrandovi Pag. 5 alcune attività che sono state svolte in specifiche realtà con riguardo all'argomento che stiamo trattando.
  Partirei proprio dalla legge n. 979 del 31 dicembre 1982, la famosa legge sulla difesa del mare, che ha individuato nel Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera l'organizzazione operativa di riferimento per la salvaguardia della risorsa ambiente, attribuendoci molteplici e articolate competenze, dalla sorveglianza nelle aree marine protette al controllo e monitoraggio dei traffici marittimi, dal controllo della fascia costiera marina, al fine di prevenire e reprimere qualsivoglia forma di illecito amministrative penale (abusivismo edilizio compreso), ai controlli sul naviglio nazionale ed estero, così come discendenti dalle convenzioni internazionali Marpol 73/78, dall'attivazione e aggiornamento dei piani locali antinquinamento, alla salvaguardia delle specie di flora e fauna marina protetta, fino alle ultime competenze cristallizzate negli articoli 135 e 195 del codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006), che hanno sancito il ruolo primario del Corpo in materia di vigilanza e controllo sugli illeciti amministrativi e penali in materia di scarichi nocivi in acque marine e traffico illecito dei rifiuti.
  Qui è racchiuso tutto e, volendo circoscrivere le attività delle Capitanerie con riguardo, in generale, alla tutela ambientale, in quello che vi ho letto c'è praticamente tutto. Comprenderete bene come il nostro intervento sia a tutto tondo: perché a tutto tondo? Intanto, si parte dalla sorveglianza dell'area marina protetta; c'è poi la responsabilità del comandante della Capitaneria, il quale deve intervenire nel momento in cui si verifica un inquinamento, essendo lui a dichiarare l'emergenza locale; è quindi il comandante della Capitaneria che interviene sulla macchia, sulla forma di inquinamento; se ciò non dovesse essere sufficiente per le dimensioni, una volta queste arrivate a livello nazionale, è chiaro che salirebbe il livello della titolarità e della responsabilità. In particolare, sarebbe allora la protezione civile, in caso di emergenza nazionale, ad avere la direzione strategica dell'intervento, servendosi del comando generale, quindi delle Capitanerie di porto, per gli interventi di bonifica.
  Vi è poi il controllo della fascia costiera, il controllo sul naviglio (controlli anche preventivi). Infatti, tutta l'attività ispettiva svolta dal personale delle Capitanerie di porto a bordo delle navi ai fini della Marpol, cioè dell'idoneità della nave a trattare i rifiuti di bordo, le acque di sentina e simili, è fondamentale perché preventiva. L'attività ispettiva va proprio a verificare se la nave sia opportunamente attrezzata e idonea ai fini della tutela dell'ambiente. Anche questo è un aspetto molto importante.
  Molto importante è anche – mi riallaccio a quello che ho detto inizialmente – il discorso del monitoraggio del traffico. Il presidente Bratti ha avuto occasione, girando un po’ per le varie capitanerie con alcuni membri della Commissione, di vedere i sistemi di controllo del traffico, cioè quegli strumenti informatici, elettronici e satellitari che ci consentono di vedere ciò che si muove nel mare. Una nave è, quindi, plottata in tutto il suo percorso.
  Che cosa può significare tutto questo in termini ambientali? Significa che se ho la segnalazione di una macchina in una determinata zona – supponiamo – del Mediterraneo e, magari, ho una segnalazione preventiva perché ci passa il satellite sopra, quindi vedendo la macchia (siamo inseriti in un discorso di controllo satellitare del Mediterraneo per la tutela dell'ambiente), andando a vedere la storia delle navi che sono passate in zona, ricostruendo, cioè, quali sono quelle passate di lì, circoscriviamo l'attenzione e l'attività ispettiva nei confronti solo di quelle passate nell'area interessata dall'inquinamento. Riusciamo, così, anche a mandare un'unità navale a fare dei prelievi e, conseguentemente, a vedere di che tipo di prodotto si tratta. Facciamo, poi, il riscontro con le navi passate in zona – sapendo in quali porti vanno – e così attiviamo l'attività di verifica e controllo attraverso nostro personale (se le navi vengono in Italia), ovvero richiedendo l'intervento dei nostri omologhi degli altri Paesi in cui la nave va. Lo scopo è proprio Pag. 6quello di incrociare i dati e vedere se si riesce ad avere qualche elemento utile per l'identificazione, o quantomeno ad avere una forma di indicazione in tal senso.
  Come svolgiamo questo tipo di attività – complessa – a tutto tondo? La svolgiamo grazie agli uffici che abbiamo lungo gli 8.000 chilometri di costa. Abbiamo circa 300 uffici e, mediamente, ogni ufficio ha un'unità navale. Relativamente alla nostra componente aerea ed elicotteristica, gli aerei sono dotati di sistemi di monitoraggio ambientale; sono strumenti che lavorano anche in via iperspettrale, per vedere anche l'aspetto termico, salino e di risposta del mare allo strumento stesso al fine di verificare se vi siano delle forme di inquinamento. Tutto questo apparato, oltre ad espletare la nostra attività principale di soccorso, diventa indispensabile per i controlli in mare. Tra l'altro, proprio nel mese di aprile, se non erro il 26-27 aprile, c'è al Principato di Monaco il quarantennale del Piano Ramogepol, un piano che nasce da un accordo tra Italia, Francia e Principato di Monaco proprio per svolgere un'attività di prevenzione, di coordinamento e intervento su eventuali macchie in un'area molto vasta del nord Tirreno, a partire dalla Sardegna fino alle coste sud della Francia, del Principato di Monaco e dell'Italia. C'è anche l'interessamento della Spagna, che in qualche modo viene coinvolta. Con il quarantennale è un momento molto importante anche da questo punto di vista.

  PRESIDENTE. Mi scusi, vista anche l'attualità della questione relativa all'olio e alle trivelle in mare, poi, magari, potremmo anche rivolgerle qualche domanda in merito; per tornare al tema della sicurezza, invece, lei ci ha detto che avete una serie di collegamenti anche con gli altri Paesi. Tuttavia, essendo il Mediterraneo un mare piuttosto piccolo, in caso di fuoriuscite di olio o di una nave che perda petrolio – non siamo in un oceano – sarebbe interessante capire se anche con gli altri Paesi avete dei collegamenti: insomma, qual è il sistema di sicurezza?

  VINCENZO MELONE, Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera. Presidente, la ringrazio per questa domanda perché mi dà l'opportunità di anticipare una cosa che ritengo molto importante e che si potrebbe verificare a fine giugno. Come dicevo, l'attività di controllo e di prevenzione è molto spinta, non solo da parte dell'Italia, ma anche dei Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo e dei Paesi della ex Jugoslavia. Tanti accorgimenti cercano di evitare eventuali collisioni o problemi alla sicurezza della navigazione. In Adriatico, ad esempio, c'è un sistema di canalizzazione del traffico proprio perché il mare è un bacino piuttosto ristretto e c'è la necessità, ai fini della sicurezza della navigazione, di avere – esemplifico – due corsie, una a salire e una a scendere; c'è poi anche un'attività di controllo e di monitoraggio del traffico. A livello europeo, quindi, direi che siamo messi bene. Ci sono gli accordi di cui le dicevo prima e poi c'è il piano Ramogepol, molto importante, che occupa un'area piuttosto ampia.
  Che cosa accadrà tra il 30 giugno e il 1° e il 2 luglio di quest'anno? La Guardia costiera italiana, su mandato dell'Europa, della direzione generale della Commissione europea per gli affari marittimi e la pesca, organizzerà a Napoli, nell'ambito dell'altro grande evento della Naples Shipping Week, una riunione organizzata nei confronti del cluster, della classe marittima a livello internazionale, il MED Forum delle Guardie costiere europee, cioè la riunione, l'incontro, di tutte le Guardie costiere dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: parliamo di una trentina di Paesi.
  Ovviamente, saranno presenti anche gli organismi internazionali di riferimento a livello europeo e a livello internazionale, dall'IMO (International Maritime Organization), alla DG Mare, alla DG Move (Directorate General for Mobility and Transport), all'Agenzia europea della pesca, a Frontex (più legata all'immigrazione) e a EMSA, l'Agenzia europea per la sicurezza marittima. È un consesso internazionale di altissimo profilo. Tra gli argomenti che intendiamo portare, c'è proprio quello che sta dicendo lei. Siccome il Mediterraneo, tutto sommato, è veramente, ancorché un Pag. 7grande mare, molto circoscritto e sappiamo bene cosa significhi uno sversamento, come è successo a Panama a suo tempo, l'iniziativa della Guardia costiera italiana sarà proprio quella di cercare di coinvolgere i Paesi, del Nord Africa in particolare, per cominciare a ragionare e fare sistema nell'ipotesi che si verifichino certi fatti. L'obiettivo è cercare di fare sistema anche nell'attività di prevenzione. La ringrazio, quindi, perché mi dà l'opportunità di parlare di una cosa certamente molto importante, organizzata dal Paese Italia, che – ripeto – coinvolgerà le Guardie costiere del Mediterraneo.
  Proprio perché la tutela dell'ambiente mare è così primaria per il Ministero dell'ambiente, titolare della funzione, laddove le Capitanerie di porto sono il braccio operativo – se ci sarà tempo, vi spiegherò anche il perché di ciò – nell'ambito di quel Ministero si trova il reparto ambientale marino, di cui il comandante Caligiore è capo reparto, che dipende direttamente dal Ministro e dalla struttura, ricevendo dalla direzione generale le direttive finalizzate a fare delle campagne in materia ambientale. Su questo, poi, il comandante Caligiore avrà modo di parlare. Vi leggo, ora, una parte molto interessante, innovativa, che si è concretizzata al Ministero dell'ambiente, dove il comandante Caligiore ha avuto un ruolo importante: «...attraverso uno strumento convenzionale è stata negli ultimi anni affinata la sinergia tra Ministero dell'ambiente e Capitanerie di porto, finalizzata all'implementazione della funzione di monitoraggio, affidata alla Guardia costiera, delle attività di bonifica afferenti ai siti di interesse nazionale, SIN, nel caso in cui la perimetrazione, stabilita normativamente con apposito decreto ministeriale, ricomprenda anche zone di mare.
  I siti di interesse nazionale – spesso alla ribalta della cronaca, come testimoniano i recenti fatti di Bagnoli e l'annosa vicenda dell'ILVA di Taranto – sono costituiti da particolari aree contaminate, che lo Stato italiano ha classificato come particolarmente pericolose per l'estensione o per la tipologia dell'inquinamento, che comporta elevato rischio sanitario per la popolazione esposta alle matrici ambientali contaminate. Si tratta, per quanto di competenza della Guardia costiera, di aree portuali e costiere dove insistono o sono stati dismessi impianti connessi alle attività produttive di tipo siderurgico, chimico, di deposito e stoccaggio di oli minerali, nonché prodotti petroliferi raffinati, con conseguente produzione di rifiuti speciali tossico nocivi di difficile smaltimento e contaminazione di sedimenti marini.
  L'eterogeneità fisica ambientale e la pluralità di soggetti pubblici e privati proprietari delle zone ricadenti nelle perimetrazioni ufficiali – per il SIN di Porto Marghera se ne contano, ad esempio, 200 – rendono queste aree dei sistemi complessi e articolati, dove prima ancora del lavoro sul campo è necessario uno studio, da effettuare in maniera continuativa, approfondita e dettagliata.
  Su impulso della direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque, il reparto ambientale marino del Corpo ha coordinato, anche affiancando il personale militare operante sul posto, l'attività di alcune Capitanerie di porto finalizzata al controllo e monitoraggio di SIN, quali Porto Marghera, Trieste e Porto Torres, siti dove peraltro le procure della Repubblica competenti hanno manifestato la necessità alle autorità marittime di riferimento di proseguire le verifiche e gli accertamenti fin qui condotti.
  La strutturazione di tale complessa attività, che si giova delle risorse economiche messe a disposizione del MATTM nell'ambito delle convenzioni ad hoc redatte e sottoscritte, è stata recentemente estesa anche ai SIN di Livorno, Cogoleto Stoppani e Manfredonia, dove è in corso l'elaborazione da parte delle Capitanerie di porto della pianificazione operativa di massima, primo passo verso il raggiungimento degli scopi di bonifica ambientale di tali aree».
  Prima di passare la parola al collega, vorrei completare il discorso della prevenzione. Noi abbiamo una convenzione anche con il MISE, il Ministero dello sviluppo economico, per cui assicuriamo la continua sorveglianza delle piattaforme: che cosa significa ciò? Significa che le piattaforme Pag. 8sono costantemente sorvegliate da sistemi satellitari: se il satellite dovesse bucare, cioè non ci rimanda le immagini, il nostro aereo si alza in volo e sopperisce a questa mancanza. C'è, quindi, un monitoraggio costante delle piattaforme petrolifere, siano esse a gas o che producano petrolio. Da un punto di vista della sorveglianza, della prevenzione, mi sento di dire che, veramente, esprimiamo un alto livello di qualità. Dal punto di vista dell'intervento, speriamo che non ce ne sia mai il bisogno, ma ci siamo strutturati in tal senso.
  Il Ministero dell'ambiente ha una convenzione con Castalia, cioè con soggetti proprietari di rimorchiatori nei diversi porti d'Italia che si sono consociati, quindi c'è una flotta di oltre 30 rimorchiatori di grosse dimensioni distribuiti lungo la costa italiana, opportunamente attrezzati di panne, di disperdenti, di sistemi di raccolta che, alla bisogna – speriamo mai – vengono chiamati e mandati in zona. Detto questo, con il permesso del presidente, passerei la parola al collega.

  PRESIDENTE. Prego.

  AURELIO CALIGIORE, Capo reparto ambiente marino del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera. Ringrazio il presidente e l'ammiraglio comandante, il quale mi ha coinvolto in quest'audizione. Cercherò di contenere il mio intervento in tre fondamentali punti, che rappresentano, per certi versi, un'innovazione rispetto alla storicità della tematica trattata da questa Commissione. Uno è quello, fortemente voluto dal presidente Bratti, riguardante il trasporto transfrontaliero dei rifiuti e l'attività di controllo, diventata via via più incisiva, tanto che adesso presenterò uno degli ultimi risultati conseguiti da un nostro comando territoriale, nella fattispecie la direzione marittima di Civitavecchia, che credo sia in linea con quelli che erano gli auspici del presidente Bratti. Dovete perdonarmi, ma per non lasciare nulla al caso e per fare una relazione quanto più dettagliata possibile, dovrò basarmi su documenti scritti, quindi, leggerò la gran parte del mio intervento, sperando che sia una lettura puntuale ed esaustiva delle tematiche che andiamo ad affrontare.
  Rispetto alle specifiche tematiche oggetto di interesse della Commissione, è necessario premettere che, come si può agevolmente desumere dai dati afferenti alle attività di polizia marittima e giudiziaria condotte dal personale del Corpo, il livello di aggressione ambientale non può che definirsi elevato contro i danni arrecati a tutte le matrici ambientali: acque, terreni e atmosfera.
  Sulla base delle competenze sancite ex lege e a seguito delle specifiche direttive del signor Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le Capitanerie di porto hanno condotto negli ultimi anni diverse campagne di tutela ambientale, durante le quali le attività di prevenzione e accertamento delle violazioni ambientali sono state organizzate in maniera intensiva e ripartite in sette macroaree di azione, tra cui, naturalmente, è compresa quella afferente al traffico illecito dei rifiuti (peraltro non limitata alla movimentazione contra legem, ma estesa anche all'individuazione delle discariche abusive insistenti sul territorio nazionale).
  Con specifico riferimento al ciclo dei rifiuti, l'attività svolta dal Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia costiera, nell'anno 2015, comprensivo dell'ultima campagna di tutela ambientale, concentrata nel periodo da marzo a settembre, ha permesso di conseguire i seguenti risultati: 62 notizie di reato e 123 sequestri penali effettuati dai militari del Corpo; sequestro di oltre 4.700 tonnellate, pari a 720 container, di rifiuti di varia natura e provenienza, la maggior parte abbandonate in maniera incontrollata in aree demaniali e/o presso aree produttive ricadenti all'interno e/o adiacenti gli ambiti portuali industriali; sequestro di una superficie complessiva di circa 300.000 metri quadri, pari a 45 campi di calcio.
  L'analisi di merito dell'attività svolta consente di affermare che per la maggior parte gli illeciti accertati in materia di rifiuti possono essere riconducibili a comportamenti occasionali, slegati, cioè, gli uni dagli altri, non ascrivibili a organizzazioni Pag. 9e/o a macro disegni unitari, bensì a prassi aziendali scorrette, che sovente si ricollegano anche a un carente livello organizzativo delle imprese sottoposte al controllo nel settore della gestione ambientale.
  A riprova di ciò basti considerare che le violazioni più ricorrenti riguardano la mancata e/o irregolare tenuta delle scritture ambientali (registri di carico-scarico, formulari di identificazione, i famosi FIR, e dichiarazioni annuali, i MUS), prassi contra legem nella gestione dei depositi temporanei e/o stoccaggi intermedi, depositi preliminari e/o messe in riserva, miscelazione e/o mancata corretta differenziazione dei rifiuti prodotti durante l'attività aziendale (soprattutto da parte di cantieri navali, terminali industriali, depositi costieri e così via).
  La natura concentrata dell'attività espletata durante le campagne nazionali di tutela ambientale, giunte oramai alla quarta edizione. Recentemente – l'altro ieri – il signor Ministro ha firmato la lettera con cui incarica il Corpo di predisporre una quarta campagna, per cui, evidentemente, l'efficacia, l'incisività e i risultati lusinghieri finora conseguiti hanno invogliato il Ministro Galletti a continuare su questa strada.

  VINCENZO MELONE, Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera. Chiedo scusa, quando parliamo di campagna, parliamo di campagna a livello nazionale. Significa che per mesi tutti gli uffici periferici del Corpo delle Capitanerie di porto, secondo la missione data dal Ministro, fanno gli interventi e i controlli. Comprendete bene che, quando parliamo di una campagna che va da marzo a settembre, quasi tutto l'anno, gli uffici periferici – non dico tutti i giorni – sono comunque coinvolti nel perseguire le indicazioni del Ministro a livello nazionale.

  AURELIO CALIGIORE, Capo reparto ambiente marino del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera. La natura concentrata delle attività espletate durante la campagna nazionale di tutela ambientale, giunte oramai alla quarta edizione, non deve però trarre in inganno. Più spesso la repressione degli illeciti ambientali richiede una lunga e costante attività investigativa, necessaria per acquisire quegli elementi di prova funzionali a rendere inoppugnabili le contestazioni dell'autorità giudiziaria. Non a caso, si è da tempo consolidata una stretta collaborazione con le diverse procure della Repubblica, le quali, oltre ad avvalersi direttamente di personale del Corpo ivi applicato, manifestano un crescente apprezzamento per l’expertise che gli uffici territoriali dell'autorità marittima sono in grado di esprimere in materia di prevenzione e repressione degli illeciti ambientali, come peraltro testimoniato dall'attribuzione di un numero sempre crescente di deleghe d'indagine, sempre più complesse e articolate, soprattutto nel settore degli scarichi illeciti e della gestione dei rifiuti, anche afferenti a situazioni non necessariamente connesse o fisicamente vicine al mare e alla linea di costa.
  A tale riguardo desidero citare, perché emblematico di quanto appena rappresentato, il caso delle attività di polizia giudiziaria effettuate nell'arco degli ultimi due anni dalla Capitaneria di porto di Salerno, che si sono sviluppate lungo due filoni principali, entrambi lontani dal litorale.
  In primis, il territorio di giurisdizione della suddetta autorità marittima è caratterizzato dalla presenza di centinaia di aziende zootecniche dedite all'allevamento di capi bufalini. L'illecito smaltimento dei reflui zootecnici, giuridicamente ascrivibili alla categoria dei rifiuti liquidi e immessi dolosamente nei bacini idrografici dei corsi d'acqua insistenti nella zona, costituisce una delle più importanti cause che determinano l'inquinamento del mare, come testimoniato dai dati relativi alla balneabilità, che evidenziano il costante o preoccupante superamento di limiti tabellari con riferimento alla concentrazione di batteri fecali contaminanti. In secondo luogo, il medesimo territorio è mortificato da una delle forme tipiche della gestione illecita del ciclo dei rifiuti, rappresentata dal riempimento di ex aree di cava dismesse, con Pag. 10riferimento alle quali la competente direzione distrettuale antimafia ha impiegato i militari del Corpo anche per accertare l'eventuale tombamento delle stesse di rifiuti radioattivi. Precisamente, determinanti per tale operazione sono risultati i sistemi di telerilevamento ambientale, di cui sono dotati i velivoli del Corpo, gli ATR 42, capaci di leggere le differenze termiche e/o di spettro luminoso del suolo, delle acque marine e degli assi fluviali, essendo, quindi, in grado di fornire agli operatori di polizia giudiziaria a terra indicazioni utili per localizzare scarichi e/o accumuli di sostanze estranee all'ambiente marino e/o alle acque dolci. All'esito delle attività espletate, i militari della Capitaneria di porto di Salerno hanno operato il sequestro di otto intere aziende e di discariche abusive, per un'estensione di oltre 600 chilometri quadrati – parliamo di territori importanti – al cui interno erano state illecitamente gestite e smaltite oltre 950.000 tonnellate, una cifra molto significativa, pari a una flotta di dieci navi da crociera del tipo della Costa Concordia; stiamo parlando di deiezioni animali, che avrebbero dovuto essere smaltire in maniera diversa; parliamo del 2013-2015, quindi, senatrice, degli ultimi due anni. Questo è il primo filone. Il secondo filone, innovativo e probabilmente di interesse per la Commissione, riguarda lo smaltimento delle navi non più utilizzabili, lo ship recycling, un tema che sta assumendo via via forme di preoccupazione crescente. In riferimento alla Concordia, con cui ho fatto l'analogia delle dieci navi per descrivere la montagna di deiezioni animali bufaline, mi permetto di introdurre un argomento relativo a un altro filone di illecito smaltimento dei rifiuti, sul quale il Corpo delle Capitanerie di porto, da qualche anno, mantiene un elevato livello di attenzione, ovvero quello collegato al fenomeno del cosiddetto ship dismantling, lo smaltimento illecito di navi mercantili ormai obsolete, o comunque non più utilizzabili se non a seguito di onerosi lavori di adeguamento alla normativa di sicurezza strutturale, che quindi renderebbero l'operazione assai sconveniente sotto il profilo economico.
  Nelle more dell'implementazione del regolamento europeo sul riciclaggio delle navi, che andrà a pieno regime dopo il 2018 e che ha l'obiettivo di gestire in maniera environmentally sound la fine del ciclo vita delle unità navali sopra le 500 tonnellate di stazza lorda – in termini internazionali si usa ormai Gross Tonnage – va osservato come la capacità di demolizione esistente nell'ambito dell'Unione europea e nei Paesi dell'OCSE riesca appena a soddisfare le esigenze ordinarie relativamente a unità di piccolo e medio tonnellaggio.
  Questa circostanza, unita alla mancanza di scrupoli di soggetti che intendono lucrare sugli ingenti vantaggi economici in termini di risparmi che si ottengono sottraendo la nave e tutti i materiali presenti a bordo dal ciclo regolare delle bonifiche e degli smaltimenti, ha dato luogo, negli ultimi anni, a un incremento delle condotte illegali in questo settore a cui non è estraneo il forzato ritiro di migliaia di petroliere a scafo unico, disposto a livello internazionale a seguito dei pacchetti di norme entrati in vigore successivamente ai disastri ambientali provocati dai sinistri delle petroliere Erika e Prestige.
  Parliamo di anni addietro – 1999-2002 – ma, dopo questi due grossi sinistri, provocati dallo sversamento di ingenti volumi di olio combustibile denso, la Commissione europea, da un lato, e l'IMO a seguire, decisero che non era più il caso di mandare in giro per i mari del mondo navi monoscafo. Ci fu il face out, vale a dire l'accelerazione delle procedure di dismissione delle monoscafo; ci fu quindi una bolla di vecchie navi che andavano smaltite. Nella pratica, l'illecito viene dissimulato presentando, sovente dopo il perfezionamento delle procedure di dismissione di bandiera, con passaggio della proprietà della nave a soggetto extra Unione europea, all'autorità marittima del porto di partenza – l'ultimo porto italiano – specifica richiesta di autorizzazione del viaggio di trasferimento verso cantieri all'estero, ove sottoporre la nave a lavori di riparazione o di riassetto, il cosiddetto refitting.

  VINCENZO MELONE, Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Pag. 11Guardia costiera. Come aggirano l'ostacolo? Si fa cambiare la bandiera (si mette un Paese extra Unione europea) e poi, prima di partire, si fa figurare che la nave deve andare a fare refitting, mentre poi accade un'altra cosa.

  AURELIO CALIGIORE, Capo reparto ambiente marino del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera. In realtà, le navi vengono condotte in località dove vengono smantellate per recuperare il ferro e i materiali ancora utilizzabili e dove vengono smaltiti illegalmente, a costo zero, i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, senza nessuna precauzione per l'ambiente e la salute umana, ma con indubbi e considerevoli vantaggi economici per i soggetti protagonisti di tale condotta illecita. Il Sud Est asiatico rimane la zona del mondo di elezione per tali smaltimenti illeciti: India, Bangladesh e Pakistan totalizzano il 58 per cento di tale traffico mondiale e si conferma il trend in crescita della Turchia, segnatamente il porto di Aliaga, sul Mare Egeo, come sito di destinazione delle navi. Le indagini, spesso coordinate dalle competenti direzioni distrettuali antimafia, si sono avvalse delle possibilità tecniche appannaggio del Corpo delle Capitanerie di porto nella sua qualità di responsabile nazionale di sistema di controllo, monitoraggio e informazione del traffico navale di rango europeo. Infatti, le componenti tecnologiche del cosiddetto VTMIS, il sistema di monitoraggio e di informazione del traffico navale, trovano concreta applicazione non solo per le finalità istituzionali di sicurezza della navigazione, ma anche per il controllo in funzione preventiva dei molteplici fattori di rischio ambientale derivanti e ricollegabili alla navigazione marittima, nonché l'accertamento delle violazioni di carattere amministrativo e penale.
  Tale sistema, organizzato a livello comunitario dall'Agenzia europea di sicurezza marittima (EMSA), trova la sua base giuridica nella direttiva europea n. 59 del 2002, a sua volta recepita dal nostro Paese con il decreto legislativo n. 196 del 2005. In base a quest'ultima normativa interna, il comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto è individuato quale autorità nazionale competente. Pertanto, le diverse componenti anche satellitari proprie dell'architettura del sistema VTMIS fanno capo alla sala operativa della Guardia costiera, mettendo il Corpo nelle condizioni di tracciare la rotta effettivamente seguita dalle unità navali, a dimostrare che le stesse sono state dirottate dolosamente verso siti di demolizione, concretizzando così l'illecita spedizione transfrontaliera di rifiuti pericolosi per mare: tale è l'unità navale che non viene preventivamente sottoposta a un procedimento di bonifica dei materiali e sostanze pericolose per l'ambiente e la salute umana. Sovente l'iniziale rubricazione della condotta illecita da parte della magistratura inquirente, quale reato di cui all'articolo 259, traffico illecito di rifiuti, del decreto legislativo n. 152 del 2006, è stata poi tramutata, stante la sussistenza dei relativi presupposti, nella più grave fattispecie delittuosa dell'attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, contemplata dall'articolo 260 del citato decreto legislativo.
  Nell'ambito della cospicua attività svolta dai comandi territoriali del Corpo sul fenomeno dell'illecito smaltimento delle navi, ritengo importante citare il filone investigativo avviato a partire dalla metà del 2012 dalla direzione marittima di Ancona, che ha preso spunto dal destino della motonave Fiona, unità di bandiera togolese, che dal giugno 2009 si trovava ormeggiata nel porto marchigiano, sottoposta a sequestro conservativo dalla sezione del lavoro del tribunale di Ancona a causa del mancato pagamento delle spettanze dovute ai membri dell'equipaggio.
  Una volta concluse le operazioni per la vendita all'incanto secondo la procedura indicata dal codice di navigazione, la proprietà dell'unità in parola veniva trasferita ad armatore di nazionalità greca. Quest'ultimo formalmente rappresentava all'autorità marittima anconetana la volontà di trasferire a mezzo di rimorchio abilitato la motonave Fiona presso il porto del Pireo per sottoporla all'operazione di riparazione, il famoso refitting di cui si diceva, funzionale al recupero della nave alla piena operatività. Pag. 12
  Tale manifestazione di volontà non solo esclude l'applicazione della cosiddetta trinomia psicologica propria della definizione giuridica di rifiuto, di cui all'articolo 183 del codice dell'ambiente, ma altresì fa venire meno i presupposti per l'applicazione della normativa relativa al trasporto transfrontaliero di rifiuti. Pertanto, l'autorità marittima anconetana procedeva a svolgere le azioni tecnico-amministrative di competenza sotto il mero profilo della sicurezza della navigazione: autorizzazione previa visita della nave a procedere verso il cantiere di riparazione individuato dal proprietario armatore; notifica del provvedimento autorizzativo al Paese di destinazione, la Grecia.
  Ciò posto, nonostante l'autorizzazione al trasferimento onerasse il proprietario e il comandante del rimorchiatore a raggiungere il cantiere del Pireo, il convoglio partito da Ancona proseguiva la sua traversata raggiungendo le coste turche, dove insistono delle zone di demolizione di unità navale a cielo aperto, nello specifico la località di Aliaga (il caso che riassumeva all'inizio l'ammiraglio).

  PRESIDENTE. Direi che potete farci avere la relazione, così velocizziamo i lavori. Poco dopo le ore 15.00 dobbiamo concludere. Potete lasciarci le relazioni dettagliate, così magari vi rivolgiamo qualche domanda. I temi sono vari e importanti e ci terrei a farvi subito un paio di domande. Parto proprio dal tema delle navi. Voi sapete che negli ultimi vent'anni in Italia si è parlato molto della questione dell'affondamento delle navi. Ciclicamente questo argomento è poi ritornato alla ribalta delle cronache, per varie vicende: navi che venivano smaltite in maniera irregolare, carichi di rifiuti, tutte vicende legate molto al traffico di quantitativi di rifiuti. Tra l'altro, avete avuto anche la perdita importante di un vostro collega, che è diventato un po’ un simbolo della lotta contro le frodi assicurative, contro un certo tipo di sistema illecito che sembrava essere organizzato attorno a questi affondamenti. Questa Commissione si è occupata del tema in tutte le legislature e quindi non posso non farvi la domanda: secondo voi, oggi, situazioni del genere sarebbero possibili o no? C'è un controllo maggiore su queste questioni? Affondare una nave è complicato, è difficile?
  L'altra questione che vorrei porvi riguarda il tema della depurazione delle acque. Voi avete anche un mandato di controllo – insieme ad altri enti – sui depuratori: quali sono gli enti con cui lavorate e avete un rapporto su queste questioni? Avete con tutte le agenzie ambientali o con l'ISPRA un collegamento continuo? Dal vostro punto di vista, qual è lo stato dell'arte? In alcune parti del Paese, a volte anche quelle dove pare che le acque siano più belle visivamente, in realtà, invece, dal punto di vista dell'inquinamento qualche problema esiste. Siamo spesso anche sotto procedura di infrazione o vicini ad esserlo e siamo sicuramente sotto osservazione comunitaria. Vorrei conoscere il vostro punto di vista anche su questi argomenti. Infine, relativamente al tema dei siti di interesse nazionale, come Marghera, che abbiamo verificato, allo stato attuale qual è il vostro polso della situazione? Questi procedimenti di bonifica – o di messa in sicurezza – vanno avanti o sono fermi? Si può fare di più? Qual è il segnale del vostro termometro?
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LAURA PUPPATO. Il presidente ha già posto due delle domande che interessavano anche a me.
  Relativamente agli scarichi marini, lei, comandante, parlava della responsabilità per gli aspetti amministrativi e penali delle Capitanerie di porto. In effetti, il caso Sicilia, che mi viene in mente per citare praticamente l'assenza di depuratori a mare o una scarsissima numerosità di depuratori a mare, fa ritenere che ci siano interi territori in deficit. Vorrei capire, da quel punto di vista, come vi state attivando nello specifico, identificando anche quella realtà che abbiamo potuto verificare in così alta difformità. Mi ha stupito – e vorrei quindi chiederle maggiori precisazioni in merito – la questione relativa alla pesata. Mi spiego meglio. Comprendo benissimo la Pag. 13questione che lei illustrava poc'anzi, ovverosia che la difformità della pesata del container, rispetto a quelli che vengono caricati sulle navi, può essere un motivo per fare pensare che ci sia stato un implemento di quantitativo del contenuto esistente. Al di là di questo, però, vorrei capire anche un'altra cosa. Lei ha motivato questo fatto anche con la sicurezza della stabilità della nave, cioè con una ragione primaria. Può, secondo lei, in tutto ciò essere ricompreso anche il fatto che avete dei pesi specifici, tipici di materiale normalmente inviato via mare mediante container, per cui si dichiara un certo tipo di contenuto mentre invece poi se ne trova un altro? Preciso meglio. Siccome lo smaltimento dei materiali ferrosi, per esempio, di particolari veicoli dismessi, è stato l'oggetto di alcune verifiche che abbiamo fatto, anche presso il porto di Genova, vorrei capire se ritiene che questa difformità di pesata possa anche essere un'opportuna valutazione per individuare, per esempio, difformità tra l'oggetto contenuto dichiarato e quello che, dal punto di vista della pesatura, potrebbe risultare.

  VINCENZO MELONE, Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera. Parto dall'ultima domanda. È chiaro che è uno degli elementi che concorrono ad avere degli warning, cioè degli allarmi. Non è certamente in sé e per sé significativo, ma è ovvio che, se la pesata dichiarata non corrisponde a quella controllata, allora si apre un allarme e quindi, insieme ad altri elementi, ciò può far decidere di aprire il contenitore.

  LAURA PUPPATO. Dichiaro che dentro ci sono vestiti e invece ci sono veicoli: il peso dichiarato è corretto, ma inidoneo a considerare...

  VINCENZO MELONE, Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera. Avevo capito bene. Come ripeto, è uno degli elementi che poi giocano in un discorso di intelligence laddove si decide di aprire il contenitore. Sappiamo bene, come abbiamo già sottolineato più volte, che manca una normativa per il trasporto via mare dei rifiuti e sappiamo bene che i rifiuti sono stati assegnati alle merci pericolose. Cito un classico esempio: un conto è trasportare batterie efficienti, un altro è trasportare batterie esauste. La batteria efficiente è trasporto di merce pericolosa assimilata, mentre la batteria esausta è un traffico di rifiuti. Qui siamo mancanti di una norma specifica, cioè quella del trasferimento via mare dei rifiuti.

  AURELIO CALIGIORE, Capo reparto ambiente marino del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera. Assolutamente!

  VINCENZO MELONE, Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera. Parlo, ovviamente, del nostro Paese. Per quanto riguarda il discorso per cui a volte le acque sembrano belle ma in realtà sono inquinate, l'ultimo caso è quello di Salerno, della costiera amalfitana. Dispiace doverlo dire, ma è andato su tutti i media. Proprio un'attività di indagine da parte della Capitaneria di porto di Salerno ha messo in luce degli scarichi in costa, sott'acqua, che chiaramente scontavano a monte il fatto che non c'era la depurazione, con le conseguenze del caso. Su questo c'è un'indagine in corso molto importante, ma che non è nella relazione (le indagini sono in corso).
  Quanto all'altro discorso, cioè alla domanda se oggi è possibile verificare l'affondamento delle navi, vedo ciò come estremamente difficile. Ovviamente, parlo del Paese Italia, della nostra organizzazione. Quando autorizziamo la partenza o il trasferimento a rimorchio di una nave perché deve fare manutenzione, il rimorchio e la nave sono dotati di strumenti per essere visualizzati lungo la loro rotta, quindi sono tracciati. Pertanto, se a un certo punto il segnale scompare, noi andiamo a vedere che cosa è successo. Può sempre esserci un motivo, legato a un soccorso o alla volontà di affondare la nave, ma è estremamente difficile che ciò si possa verificare. Le altre domande sono molto tecniche e passo la parola al collega.

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  PRESIDENTE. Quanto si impiega per affondare una nave come quelle famose cosiddette a RORO? Non è come buttare un sasso!

  AURELIO CALIGIORE, Capo reparto ambiente marino del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera. Paradossalmente, presidente, affondare una nave non è complicato. Tutte le navi hanno le prese a mare per zavorra: se si lascia aperta la presa mare, quando si allagano tutti gli spazi chiusi di bordo e la riserva di spinta passa da positiva a negativa, la nave va giù. In un paio d'ore, quindi, una nave di media dimensione – calcolo 10.000 tonnellate – potrebbe andare a fondo se ha delle belle prese d'acqua di mare di zavorra. Teoricamente, ciò è possibile senza creare grandi squarci o falle.

  PRESIDENTE. Non c'è bisogno di farla saltare con la dinamite?

  AURELIO CALIGIORE, Capo reparto ambiente marino del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera. No, non è come secondo le famose teorie dei collaboratori di giustizia, che lei ricorda molto bene. Si poteva fare a meno di usare il tritolo per affondare una nave: un marittimo di media preparazione riesce a farlo da solo.
  Vorrei dare o tentare di dare una risposta alle domande che, secondo me, sono particolarmente importanti per i fini della Commissione, in quanto in linea con il dettato del Ministero dell'ambiente. Il Ministro, nella quarta campagna di tutela ambientale nazionale, cita due target di particolare priorità: i controlli sugli scarichi civili e industriali. Evidentemente, il vulnus è sentito da più parti. Va bene raccogliere le acque, fare efficaci controlli, purché non sfugga il dato della raccolta. In questo momento sto pensando alla questione della Basilicata. Le acque di falda, quelle legate ai processi estrattivi, venivano regolarmente raccolte dall'ENI ma, forse, è tra il momento di raccolta e deposito, e il successivo passaggio negli impianti di depurazione industriali, che possono ingenerarsi fenomeni di distrazione, per non definirli diversamente, cioè di criminalità. Se si va, infatti, a reiniettare in falda acque non trattate o – peggio – si vanno ad aggiungere reflui speciali e pericolosi, è chiaro che il danno viene amplificato. Con il permesso dell'ammiraglio comandante, stiamo preparando una circolare di impianto, cioè la direttiva che l'ammiraglio firmerà per i comandi territoriali, in cui sarà data priorità per la quarta campagna, che inizierà a brevissimo, ai controlli di depurazione industriale e civile. Va però segnalato un fatto: l'Italia è una ma anche varia, nella misura in cui abbiamo realtà diligenti e virtuose, dove ci sono gli impianti di depurazione, che a volte andiamo a controllare, laddove possono esserci dei sovraccarichi estivi, delle tracimazioni (magari in periodi dell'anno non particolarmente felici per il turismo). Tuttavia, penso anche a realtà di città, certamente complesse, anche del nord Italia, in cui però la depurazione non è stata mai presa in seria considerazione, nonostante il trascorso di tempo considerevole dal dettato normativo alla realizzazione. È vero: c'è questo tipo di esigenza, ma va anche saputa dosare. Colpire con insistenza un comune virtuoso di 5.000 abitanti che va in tracimazione nel mese di agosto, quando ci sono 40.000 residenti, non mi pare sia utile al sistema Paese. Bisogna fare campagna prima, soprattutto nelle zone industriali, per capire quali sono i processi virtuosi (mi riallaccio così alla seconda parte della domanda del presidente Bratti). È chiaro che la Capitaneria di porto ha una competenza generica. Noi ci appoggiamo moltissimo – e per fortuna abbiamo sempre risposte di collaborazione importanti – alle ARPA, la vera branca operativa del sistema ambientale italiano, ad ISPRA, con cui abbiamo rapporti di collegamento importanti. Sotto la guida dell'ammiraglio Melone stiamo definendo con il presidente De Bernardinis una sorta di accordo, in modo da integrare e interagire meglio ancora, soprattutto a livello di formazione. Va detto che il Corpo profonde da tempo un particolare impegno nella formazione del personale. Abbiamo dei corsi mirati a tutti i livelli, dall'ufficiale, formato in materia ambientale fin dall'accademia, Pag. 15 al sottufficiale, ai sottocapi, al personale cosiddetto di truppa, tutti soggetti che, in nuce, devono possedere quelle basilari cognizioni di tutela ambientale, che poi via via crescono e si affinano nel corso dell'attiva di servizio. È importante dire ciò. Mi avvio ora a concludere per non andare oltre il tempo assegnato.
  I SIN rappresentano un elemento di novità assoluta. Ci sono stati assegnati con delle convenzioni mirate da parte della direzione generale, prima dall'avvocato Pernice, quando era direttore della direzione generale rifiuti e bonifiche (all'epoca, unica direzione); quest'ultima è poi stata recentemente sdoppiata con l'arrivo della dottoressa Checcucci, la quale ha assunto da poco l'incarico di direttrice generale dello STA (direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque) e che ci sta confermando la sua fiducia nell'attribuire al personale del Corpo anche dei piccoli fondi. Parliamo di cifre non elevatissime, purtroppo, ma conoscete meglio di me la ristrettezza dei fondi data dell'economia attuale nel Paese. Ci hanno dato 350.000 euro – l'ammiraglio firmerà una convenzione – ma con quei soldi, distribuiti a piccole dosi, a 50-80.000 euro per ogni singola Capitaneria di porto, riusciremo a fare un'attività importante, soprattutto nelle procure, che alla fine sono quelle che maggiormente ci gratificano e ci sostengono, anche moralmente. È importante per il personale ricevere una forma di riconoscimento rispetto allo sforzo che chiediamo loro. Spesso questa gente non ha straordinario remunerato, non ha altri benefìci. Quanto meno, una forma di presenza delle istituzioni che apprezzano il loro lavoro fa piacere a tutti.
  Relativamente a questo dato, posso dire che sul SIN di Trieste e sul SIN di Marghera, ma anche su quelli non meno importanti e ancora più caotici per certi versi, come Manfredonia e Porto Torres, se quanto meno c'è una presenza, si evita di aggiungere danni al danno. Paradossalmente, a Siracusa, a Priolo, a Gela, in queste aree già definite SIN, quindi, disgraziate e martoriate già di loro, si aggiungevano depositi abusivi e discariche di ulteriore smaltimento illecito di rifiuti speciali, a volte speciale pericolosi.
  La presenza dell'uomo in divisa, della Guardia costiera in queste aree è importante. Parliamo di aree vaste. Il SIN di Priolo, Augusta e Siracusa, ha un fronte a mare di 42 chilometri: sono territori enormi. Probabilmente, quando vennero perimetrati i SIN, alla fine degli anni Novanta, i sindaci avevano interesse a estendere queste aree. Arriviamo però, oggi, a situazioni secondo me paradossali. Non ho remore a dire in questa sede che ci sono carciofeti in piena area SIN! Uno degli impegni che credo la dottoressa Checcucci, nuova dirigente generale del settore, vorrà intraprendere, sarà quello di limitare, di rifare, di rivedere la perimetrazione. A Brindisi un asilo nido insiste su un'area definita SIN ma, delle due l'una: o l'asilo lì non ci può e non ci deve stare, oppure quell'area forse tanto SIN non è!

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo per l'esposizione. Vi chiediamo di inviarci il restante materiale documentale. Il nostro lavoro di collaborazione continuerà e quindi, sicuramente, approfondiremo anche altre situazioni e altre questioni. Adesso ci interessa molto anche questo tema del monitoraggio e della campagna che state facendo per conto del Ministero. Ci faremo anche carico di capire meglio questa questione della normativa sui rifiuti. Abbiamo visto che anche i nostri vicini tedeschi hanno i loro problemi, soprattutto in riferimento ai veicoli usati, per cui non si sa se, quando arrivano nei posti in cui devono andare, questi mezzi circolano o vengono smantellati. Questo è un tema importante e lo è, allo stesso modo, quello del traffico dei cosiddetti RAEE, i rifiuti da elettrodomestici, dai vecchi pc, ai vecchi televisori. Anche su questo, forse, dal punto di vista normativo, c'è la necessità di intervenire in maniera più efficace. Si sta parlando oggi, in questi giorni, di una dismissione notevole di televisori che non hanno alcune caratteristiche per una nuova banda che deve andare in vigore. Presumo che tantissimo di questo materiale prenda vie o al di fuori dello smantellamento nel Paese, andando fuori, verso altri Paesi. Credo che un Pag. 16controllo su ciò che esce, ovviamente anche su ciò che entra, debba essere sempre molto più approfondito.
  Vi ringraziamo per la presenza. Dichiaro conclusa l'audizione.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che in data 11 aprile 2016 è pervenuta una lettera dalla presidenza della provincia di Imperia, a disposizione presso l'archivio della Commissione, con cui, in relazione al contenuto della relazione territoriale sulla regione Liguria, approvata dalla Commissione nella seduta del 29 ottobre 2015, si forniscono chiarimenti sul progetto di impianto di trattamento dei rifiuti e discarica di Collette Ozotto in località «Colli» Arma di Taggia. Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 15.20.