XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 146 di Martedì 22 marzo 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 2 

Audizione del presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti:
Bindi Rosy , Presidente ... 2 
Zingaretti Nicola , presidente della regione Lazio ... 2 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Esposito Stefano  ... 13 
Moscardelli Claudio  ... 15 
Costantino Celeste (SI-SEL)  ... 16 
Zingaretti Nicola , presidente della regione Lazio ... 16 
Costantino Celeste (SI-SEL)  ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 16  ... 16 
Zingaretti Nicola , presidente della regione Lazio ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Zingaretti Nicola , presidente della regione Lazio ... 17 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 20 
Zingaretti Nicola , presidente della regione Lazio ... 20 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 20 
Zingaretti Nicola , presidente della regione Lazio ... 20 
Costantino Celeste (SI-SEL)  ... 20 
Zingaretti Nicola , presidente della regione Lazio ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti, già fissata lo scorso 9 marzo e poi rinviata per concomitanti lavori dell'Aula. Il presidente Zingaretti è accompagnato dal dottor Andrea Tardiola, segretario generale della regione Lazio, e dal dottor Giampiero Gioffredi, presidente dell'osservatorio per la legalità e la sicurezza della regione Lazio. È altresì presente il dottor Andrea Baldanza, capo di gabinetto della regione Lazio. Come è noto, l'udienza rientra negli approfondimenti dedicati alla situazione della criminalità organizzata a Roma, a seguito dell'inchiesta «Mondo di mezzo», e nella regione Lazio.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  Nel ringraziare il presidente Nicola Zingaretti per la sua presenza e per la disponibilità che ha dimostrato anche in seguito ai nostri rinvii, gli cedo volentieri la parola.

  NICOLA ZINGARETTI, presidente della regione Lazio. Grazie, presidente. Ringrazio tutti gli onorevoli membri della Commissione per questo invito. Io sono qui ovviamente per riferire, come dalla vostra convocazione, sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali anche straniere nella nostra regione, un'occasione importante per rinsaldare il raccordo tra le varie articolazioni dello Stato su un obiettivo vitale come la lotta alle mafie e per fare il punto su un fronte che vede purtroppo – lo dico in maniera molto esplicita – la regione che rappresento tra i territori più fragili e più vulnerabili del Paese.
  Voglio sottolineare subito questo dato, perché la crescita della consapevolezza della forza d'urto delle mafie a Roma e nel Lazio è un fatto di recente acquisizione, nonostante la presenza dei clan delle organizzazioni della criminalità organizzata nella nostra regione abbia un retroterra ben consolidato a partire dalla seconda metà degli anni ’70. Basti pensare che già nel lontano 1984, quindi oltre trenta anni fa, il procuratore generale presso la corte d'appello di Roma, Franz Sesti, nella sua relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario diceva: «il Lazio e in modo particolare Roma è diventato l'epicentro di mafia, camorra e ’ndrangheta, che operano nei settori più disparati e redditizi, dalla droga ai sequestri, dai taglieggiamenti al riciclaggio del denaro sporco».
  Erano gli anni della presenza a Roma di Pippo Calò, cassiere della mafia e componente della cupola di cosa nostra, ma anche della cruenta guerra di camorra tra i cutoliani e «nuova famiglia», di cui proprio Roma era teatro non secondario, ma erano anche gli anni in cui il basso Lazio vedeva la stabilizzazione di clan camorristi e ’ndrine Pag. 3calabresi in un crescendo davvero inarrestabile.
  Eppure – ripeto – la consapevolezza di una presenza stabile e diffusa delle mafie nel Lazio sta entrando nella percezione comune soltanto da pochissimo tempo, grazie all'impegno di molti e soprattutto grazie a diverse, recenti inchieste, che hanno rivelato all'opinione pubblica per la prima volta in queste proporzioni il livello impressionante raggiunto dalle organizzazioni mafiose di varia matrice della capacità di condizionamento della vita del nostro territorio.
  Non c'è dubbio che con l'arrivo alla procura di Roma del procuratore Pignatone e del coordinatore, procuratore Prestipino, le indagini hanno fatto uno straordinario salto di qualità, delineando un modello investigativo di eccellenza, con il contributo decisivo dell'Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di finanza e della DIA, ai quali ovviamente vanno la nostra riconoscenza e il nostro pieno sostegno.
  Siamo in presenza (va denunciato) di un attacco pervasivo, che, come abbiamo visto, può arrivare fino al cuore delle istituzioni del nostro territorio. In questa occasione allora credo che sia importante ribadire che, di fronte a una forza che mina concretamente il libero sviluppo della nostra regione, è necessario rafforzare l'idea di un impegno condiviso e continuare a costruire un fronte comune. È richiesto alla politica e ai rappresentanti delle istituzioni uno sforzo straordinario.
  È storicamente ben nota la difficoltà e talora la vera e propria ritrosia culturale a riconoscere l'esistenza delle mafie nel nostro Paese. Così è stato per un lungo tempo nelle regioni meridionali, luogo di originario insediamento di cosa nostra, camorra e ’ndrangheta. Questo credo sia il cuore della sfida che abbiamo davanti come istituzioni: evitare che a Roma e nel Lazio si ripetano all'infinito gli stessi silenzi, le stesse omertà, gli stessi errori, le stesse omissioni, le stesse reticenze nel capire la pericolosità che l'espansione delle mafie produce sul tessuto economico e sociale.
  In primo luogo allora bisogna impegnarsi per costruire e avere un quadro d'insieme, una visione del fenomeno e quindi avere chiare strategie e costruire politiche di reazione. Nessuna omertà: questo è il primo compito.
  Per quanto riguarda il primo punto, quello dell'analisi del fenomeno mafioso nel Lazio, lo scenario di un'aggressione diffusa delle mafie è confermato dalle analisi preziose che nei loro rapporti ci forniscono la Direzione nazionale antimafia, la Direzione investigativa antimafia, oltre che l'osservatorio per la sicurezza e la legalità della regione, che sin dal 2013 abbiamo potenziato e rilanciato, in ultimo anche con la designazione da parte del centro operativo della DIA di Roma di un suo rappresentante dell'osservatorio.
  Uno strumento di indubbio valore e utilità per avere una visione d'insieme e analizzare il fenomeno nella regione è il rapporto Le mafie nel Lazio, edito per la prima volta proprio dall'osservatorio in collaborazione con la fondazione Libera informazione, un'analisi approfondita che ho preso a riferimento anche in occasione di questa audizione.
  Senza allarmismi né sottovalutazioni, il rapporto prova a tracciare un'analisi complessiva dei fenomeni criminali plurimi e diversificati che operano in maniera simultanea nella regione Lazio. Nel rapporto sono stati censiti ben 88 clan che operano nel Lazio. Solo nel 2014 sono stati sequestrati, prevalentemente a cosche della ’ndrangheta e della camorra, 849 immobili e 339 aziende per un valore di oltre 1 miliardo di euro. La Banca d'Italia ha rilevato nel Lazio 8.948 operazioni finanziarie sospette, quindi siamo la seconda regione in Italia dopo la Lombardia.
  Secondo una ricerca di Transcrime per il Ministero dell'interno, il Lazio è la quinta regione per indice di presenza mafiosa, dopo Campania, Calabria, Sicilia e Puglia, mentre Roma occupa la tredicesima posizione, prima provincia non meridionale in questa classifica.
  Oggi è però possibile, anche a fronte di numerose sentenze passate in giudicato, rappresentare il radicamento e la costante Pag. 4pressione nei confronti del tessuto economico, sociale, amministrativo e politico delle organizzazioni camorristiche e ’ndranghetistiche nel nostro territorio. Le sentenze dei tribunali di Latina hanno riconosciuto l'operatività di associazioni di stampo mafioso nel pontino riferibili al clan Mendico, processo «Anni ’90», con sentenza in Cassazione del dicembre 2011, e della ’ndrangheta dei Tripodo, processo «Damasco 2», con sentenza in Cassazione del settembre 2014, che ha operato condizionando l'economia intorno al centro MOF di Fondi.
  Lo stesso tribunale di Latina con sentenze confermate in Cassazione nel marzo 2015 ha statuito l'operatività del clan dei casalesi-Noviello-Schiavone tra Nettuno, Anzio e Aprilia. Importante è anche la sentenza di primo grado del tribunale di Velletri di condanna dell'ottobre del 2013 di 10 esponenti del clan ’ndranghetista Gallace Novella, che operava sul litorale di Roma, così come estremamente significative sono le tre sentenze di primo grado che riguardano il processo «Alba nuova» e una sentenza in appello per quanto riguarda il processo «Tramonto» presso il tribunale di Roma, che confermano l'operatività a Ostia del clan Fasciani.
  La fase dibattimentale del processo si è conclusa, come sapete, con una sentenza di condanna il 30 gennaio 2015, mentre già nel giugno 2014 il GUP aveva condannato gli esponenti del sodalizio criminale giudicati con rito abbreviato. Questa sentenza è importante, perché per la prima volta dopo moltissimi anni viene accertata giudizialmente l'esistenza nel territorio romano di un'associazione mafiosa che non è proiezione delle mafie originarie del sud d'Italia o di altre parti del mondo.
  Il clan Fasciani ha infatti origini assolutamente autoctone ed è costituito da soggetti nati e cresciuti da un punto di vista criminale in un municipio di Roma, acquisendo la strutturazione tipica dell'organizzazione mafiosa tradizionale, la cui forza risiede nel più classico fattore di accumulazione del potere criminale di tipo mafioso, il controllo del territorio, condizionando l'economia e la struttura del governo municipale.
  È utile ricordare tra le sentenze più importanti anche il pronunciamento del tribunale di Roma il 3 novembre 2014, che riguarda uno stralcio del processo «Mondo di mezzo», di condanna per alcuni imputati che avevano scelto il rito abbreviato.
  I dati delle aziende confiscate nel Lazio nell'ultimo anno parlano poi di investimenti criminali nel settore dell'edilizia, delle costruzioni e in quello dei rifiuti. In particolare, su quest'ultimo settore voglio ricordare che nel 2014 si sono registrati 20 procedimenti pendenti per il traffico di rifiuti presso la direzione distrettuale antimafia, con il coinvolgimento di circa 220 persone. Questa mattina (non ho avuto ancora il tempo di approfondire ma voglio citarlo) è stato pubblicato il rapporto Ecomafia di Legambiente sugli ecoreati, che segnala il Lazio con 134 casi come prima regione italiana per presenza di ecoreati.
  Tra gli altri settori vanno poi aggiunti quelli della filiera agroalimentare, della logistica e del trasporto, quello della ristorazione, del turismo, le società finanziarie e immobiliari, le concessionarie di auto. A tenere in piedi queste attività sono i soldi che arrivano principalmente dal narcotraffico ma anche dal racket e dall'usura.
  A tal proposito voglio ricordare che il consiglio regionale del Lazio, su proposta dell'opposizione di centro-destra, ha approvato all'unanimità nel settembre del 2015 un'importantissima legge sull'usura. Proprio in questi giorni, sull'applicazione della legge e sui relativi finanziamenti c'è un positivo confronto con le associazioni, che anche in questa sede voglio ringraziare per il gran lavoro svolto in questi anni, spesso da sole, spesso in silenzio, a sostegno delle vittime.
  L'usura è in effetti una delle attività non solo più diffuse delle associazioni mafiose, ma anche spesso il primo strumento criminale per insediarsi e controllare i territori. Voglio ricordare a questo proposito, perché simbolica, una frase che Tano Grasso pronunciò qualche anno fa, nel 2011, in occasione di un'operazione antiusura ad Ostia, quando disse: «il litorale è l'ultima diga che la mafia vuole abbattere da anni. Pag. 5Se riescono a gestire l'economia da qui, per Roma non ci sarà più alcuna difesa».
  Tra gli ambiti di interesse dei gruppi mafiosi non va tralasciato quello del mercato agroalimentare, nei due poli costituiti dal MOF di Fondi e dal CAR di Guidonia, i cui volumi commerciali assumono un rilievo nella fissazione dei prezzi degli agrumi in Europa.
  A questo riguardo penso che sia di grande valore la decisione della società MOF Spa, che gestisce il centro agroalimentare di Fondi, di costituirsi parte civile nel processo Gea in corso presso il tribunale di Napoli, processo che riguarda proprio il tentativo di cosa nostra e camorra di imporre il loro condizionamento criminale, e la decisione del tribunale di Napoli di accogliere la richiesta di costituzione di parte civile del MOF riconosce che i tanti operatori che vi lavorano sono le vere o potenziali vittime delle mafie.
  Il centro agroalimentare di Roma si trova invece a fronteggiare un fenomeno diverso, che va studiato e seguito, il fenomeno dell'immigrazione clandestina e l'impatto di una domanda di lavoro irregolare, in taluni casi anche minorile, particolarmente odiosa.
  Nel Lazio, inoltre, tra i rischi maggiori sono gli investimenti di denaro da parte della ’ndrangheta, della camorra e solo in parte della mafia siciliana. Le mafie scelgono Roma in particolare perché qui riescono a mimetizzare meglio gli investimenti, grazie a un mercato molto ampio e dinamico. Decine di sequestri e arresti certificano l'ingresso diretto delle mafie nel centro della città. Il riciclaggio e le attività illecite connesse disegnano in questi ultimi anni una nuova geografia economico-criminale della regione. La ’ndrangheta in particolare è presente e attiva nella capitale e nel suo hinterland sin dagli anni ’70, manifestando una particolare propensione per l'acquisizione di locali storici dediti alla ristorazione. Per tutti voglio citare i casi del Cafè de Paris, del ristorante George, del Bar California, del ristorante Colonna Antonina, del Grand Hotel Gianicolo, del Caffè Chigi e tra quelli degli ultimi mesi dei ristoranti Il Faciolaro e La rotonda al Pantheon.
  Il primo dato di interesse è rappresentato dalla forte e attuale operatività delle cosche calabresi della ’ndrangheta in tutti gli ambiti, sia in quelli più specificatamente criminali, dal traffico internazionale di stupefacenti, di cui ormai detiene l'egemonia assoluta, e delle armi all'attività estorsiva, praticata con modalità diverse e sempre più sofisticate, sia anche in attività apparentemente relative alla cosiddetta «economia legale» degli appalti pubblici e delle attività imprenditoriali nei settori del commercio, dei trasporti, dell'edilizia, in quelli dei giochi e delle scommesse soprattutto on line.
  Le cosche calabresi rappresentano quindi un'organizzazione criminale in grado di adattarsi a ogni settore appetibile di mercato, come ad esempio il settore della floricoltura, intuendo per tempo quali business vireranno sotto il profilo economico. Non è un caso da questo punto di vista che in un'inchiesta del gennaio 2015 un esponente della ’ndrangheta tra i 31 arrestati affermasse: «il futuro è qui», e non era una millanteria, ma la rappresentazione di un investimento e di una realtà da aggredire.
  Roma e il Lazio dunque, se posso permettermi, rischiano di diventare un laboratorio criminale, in cui sono presenti tutte le mafie, che interagiscono tra di loro in un regime di pax mafiosa per evitare che i contrasti, che pur ci sono, degenerino in atti che rischierebbero di attirare l'attenzione degli inquirenti e dell'opinione pubblica. Affari tanti, violenza se necessaria, perché a Roma c'è posto per tutti ed è meglio trovare compromessi e scambi di utilità anche con le organizzazioni criminali autoctone.
  La peculiarità del Lazio è infatti che nella capitale ma anche in altre parti della regione si manifestano associazioni mafiose o comunque associazioni a delinquere di estrema pericolosità di origine autoctona, come ricordato precedentemente. Pensiamo alla forza intimidatrice del clan dei Casamonica, su cui il recente rapporto DNA specifica comunque che «non esiste l'evidenza Pag. 6 di un'unica organizzazione criminale a connotazione mafiosa», per finire poi con l'associazione mafiosa indicata dei magistrati nell'inchiesta «Mondo di mezzo», il cui processo è pendente innanzi alla X sezione del tribunale di Roma e sulla cui sussistenza del reato di associazione mafiosa c'è già, come ho detto, una sentenza di rito abbreviato di primo grado.
  A Roma operano, inoltre, organizzazioni straniere. Le principali sono quelle albanesi e nigeriane. La cosiddetta «mafia nigeriana» è dedita alla tratta, allo sfruttamento della prostituzione, e giova rilevare che attualmente è pendente presso il tribunale di Roma un processo per il reato di associazione di stampo mafioso contro questa consorteria.
  Negli anni la penetrazione della malavita organizzata albanese si è rafforzata nella capitale e nell'hinterland romano. Il ruolo e i rapporti criminali sono cresciuti, come è cresciuta la considerazione da parte delle organizzazioni di stampo mafioso radicate nel tessuto economico, sociale e culturale.
  In ultimo, ma evidentemente non per importanza, dobbiamo citare il capitolo relativo agli appalti pubblici che, come ha rilevato la direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo nella sua ultima relazione e come ha confermato anche il rapporto dell'Autorità nazionale anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, costituiscono l'obiettivo fondamentale per le mafie.
  È in questo ambito criminale che va inserita l'inchiesta «Mondo di mezzo», che voglio descrivere con le parole del procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, il quale nell'apertura dell'anno giudiziario 2015 affermava: «da ultimo, il fenomeno della criminalità organizzata si è evidenziato, come è noto, anche nella capitale, ove l'organizzazione denominata “mafia capitale”, oltre alle condotte tipicamente criminali dell'usura e dell'estorsione, ha realizzato una sistematica infiltrazione nel tessuto imprenditoriale, attraverso l'elargizione di favori, nonché nelle istituzioni locali attraverso un sistema diffuso e corruttivo.
  Si tratta di un'organizzazione di stampo mafioso del tutto peculiare, che opera su due fronti, il primo prettamente criminale, in cui essa agisce con metodi minatori e violenti per realizzare estorsioni e recupero crediti, il secondo di tipo imprenditoriale, nel quale l'organizzazione privilegia lo strumento della corruzione rispetto a quello dell'intimidazione».
  Descrivo questo scenario perché mi sembra evidente che dimostri come il fenomeno non possa essere considerato un'improvvisa epidemia, un fulmine a ciel sereno, ma sia invece la conseguenza di una lunga sedimentazione, di una pervicace azione di conquista da parte delle organizzazioni mafiose dei territori, di snodi economici e di gangli amministrativi.
  Per comprendere meglio il fenomeno, occorre notare come il contagio sia avvenuto parallelamente a un progressivo deterioramento della qualità amministrativa delle istituzioni, che ne ha certamente favorito in maniera determinante la diffusione. Eppure gli elementi per comprendere quanto la minaccia di un'espansione del virus della mafia nel tessuto vitale della capitale non solo fosse oltre i livelli di guardia, ma fosse arrivato a infettare i centri nevralgici della pubblica amministrazione esistevano già da molto tempo, il campanello d'allarme aveva già suonato molto prima dell'indagine denominata «Mondo di mezzo», di cui anche in quest'occasione voglio ringraziare la procura e l'Arma dei Carabinieri.
  Dico questo perché voglio ricordare tra tutti il caso del comune di Nettuno, il primo comune del Lazio sciolto per infiltrazioni mafiose nel 2005, e la richiesta di scioglimento per mafia del comune di Fondi su indicazione del prefetto di Latina alcuni anni fa. C'erano quindi, già da diversi anni, elementi sufficienti per comprendere quanto non si fosse più in una terra di frontiera per gli interessi criminali e mafiosi, ma in un luogo dove si perseguivano in maniera diffusa, organizzata e capillare affari illeciti di enormi proporzioni, in grado di condizionare lo sviluppo della società, che avrebbero dovuto far scattare il massimo livello di allerta e una reazione univoca e Pag. 7decisa, che gran parte della politica non ha compreso nella migliore delle ipotesi.
  Va però anche detto che non è corretto a mio giudizio affermare che in questi anni nessuno abbia fatto nulla. Diversi passaggi della storia recente di Roma e del Lazio dimostrano che su questi temi c'è stato un confronto, forse anche un conflitto e una battaglia culturale e civile.
  Almeno in una parte della società c'era già da alcuni anni una percezione netta della necessità di un'azione comune in difesa delle istituzioni e delle forze sane di Roma e del Lazio dall'attacco delle mafie, in primo luogo con il protagonismo, che dobbiamo ricordare in quest'aula, di una moltitudine di associazioni, di comitati di cittadini, di osservatori del mondo dell'informazione, che hanno svolto un ruolo fondamentale di stimolo e di fiducia, probabilmente insufficiente, ma che va riconosciuto.
  Mi permetto a questo proposito di ricordare anche alcune iniziative istituzionali promosse nel tempo dalla provincia di Roma già dal 2010, nel silenzio e a volte nell'indifferenza generale, azioni sicuramente non sufficienti ma – bisogna ricordarlo – promosse durante una fase in cui c'era ancora chi negava del tutto la presenza di fenomeni mafiosi.
  Non si tratta solo, nel novembre del 2008, della riapertura e del rilancio della bottega Pio La Torre con i prodotti dell'associazione Libera, ma nel novembre 2010 dell'iniziativa Il governo locale e il contrasto alle mafie, quando per la prima volta nella storia del dopoguerra di questa città furono convocati tutti i sindaci a un grande evento di studio e di mobilitazione al quale parteciparono il Ministro degli interni e il Procuratore nazionale Piero Grasso. Per la prima volta si indicò la necessità di una stazione unica degli appalti, ma soprattutto per la prima volta dei sindaci di questo territorio si trovarono insieme per confrontarsi su un tema chiaro, la lotta alla mafia.
  Voglio anche citare il fatto che il giorno dopo l'omicidio Simmi, il 19 luglio 2011, tra tante diffidenze si svolse per la prima volta nella città di Roma una fiaccolata istituzionale antimafia, con l'adesione delle istituzioni e di 70 associazioni di cittadini, e il 4 aprile 2012 l'insediamento di una consulta antimafia con decine di associazioni, 36 comuni dell'hinterland e 8 municipi.
  Fatti eclatanti verificatisi successivamente hanno confermato che le preoccupazioni erano giuste e più che fondate. Come reagire ora? Guardando alla complessità di questo fenomeno non bisogna assolutamente abbattersi o gettare la spugna. La denuncia piena della complessità della situazione deve anzi indicarci una via e portarci a individuare quali debbano essere i campi di intervento da affiancare al lavoro della magistratura e delle forze dell'ordine.
  Credo che questi terreni di intervento per le istituzioni debbano essere almeno tre: 1) una battaglia culturale di conoscenza sul fenomeno mafioso e di scelta il campo da parte delle istituzioni, dei cittadini, degli operatori economici e degli operatori culturali; 2) un'ampia opera di autoriforma dello Stato, della pubblica amministrazione, per costruire anticorpi più forti, se questo è il quadro in cui le istituzioni sono chiamate a operare; 3) il sostegno all'economia legale e il rafforzamento dei servizi per uno Stato che deve produrre legalità con la repressione e con l'investigazione, ma anche attraverso la capacità di produrre crescita, lavoro, sviluppo e qualità dei servizi.
  Per questo, arrivati al governo della regione, abbiamo lavorato tentando di agire proprio su questi tre fronti. Sul primo, quello della battaglia culturale, abbiamo agito puntando a una mobilitazione con l'obiettivo di garantire, oltre l'emergenza e i fatti di cronaca, una presenza e una mobilitazione permanente a favore della legalità in maniera diffusa, a cominciare da Latina, dal marzo 2014, con la mobilitazione che ha visto protagonisti soprattutto gli studenti, ma anche le istituzioni, le scuole e i comuni su una battaglia di mobilitazione di coscienza civile.
  È in atto in questi giorni in tutte le scuole della nostra regione un grande coinvolgimento degli studenti e delle studentesse nella campagna Un brano contro le mafie. I dieci migliori brani musicali dedicati Pag. 8 al tema delle mafie verranno eseguiti in un grande concerto che vorremmo si svolgesse proprio a Roma il 23 maggio, anniversario della strage di Capaci, perché credo che sia il tempo che i giovani di questa città tornino nelle piazze a gridare con forza la loro scelta di campo. Dal punto di vista culturale credo che questo abbia un grande valore.
  A novembre 2014 abbiamo promosso la campagna di informazione e mobilitazione Lazio senza mafie prima dell'esplosione dell'inchiesta «Mondo di mezzo», campagna a cui hanno partecipato migliaia di cittadini, associazioni, rappresentanti istituzionali, della magistratura e delle forze di polizia, una grande partecipazione confermata anche dalla seconda edizione che si è appena conclusa.
  Dal 14 al 21 marzo, infatti, in tutte le province del Lazio abbiamo promosso iniziative con presentazione di libri, proiezioni cinematografiche, rappresentazioni teatrali contro le mafie, abbiamo dedicato anche due incontri sinfonici con l'associazionismo cattolico e religioso nella Basilica di San Saba e a Latina, per andare incontro all'impegno che la Chiesa sta riversando con l'elezione di Papa Bergoglio su questi temi.
  La mattina del 15 marzo all'Auditorium della musica di Roma, in una grandissima assemblea studentesca con oltre mille studenti abbiamo promosso un incontro di educazione alla cittadinanza e alla legalità con la partecipazione, oltre che della presidente di questa Commissione, l'onorevole Bindi, del procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, il procuratore Salvi, il capo del centro operativo della DIA di Roma, colonnello Gosciu, il prefetto di Roma Gabrielli, il questore Nicolò D'Angelo, così come altri incontri di Lazio senza mafie con il giornalista Lirio Abbate, lo storico inglese John Dickie, il procuratore Prestipino e una serie di incontri capillari in cui abbiamo tentato di coinvolgere soprattutto le periferie, con proiezioni di film e mobilitazione dei giovani.
  Fin dall'inizio della legislatura (questo è il secondo fronte, quello dell'innovazione e dell'autoriforma dello Stato) siamo intervenuti sulla macchina amministrativa regionale. Eravamo infatti ben coscienti dello stato di estrema vulnerabilità di un'amministrazione resa permeabile da un'organizzazione elefantiaca e a volte irrazionale, e dalla proliferazione di centrali appaltanti, e della fragilità o assenza di strumenti di controllo e di trasparenza.
  La regione Lazio era insomma – e probabilmente in parte è ancora – una vittima ideale per gli interessi e per i disegni criminali delle mafie sulla pubblica amministrazione quale corpo privilegiato da saccheggiare e sponda necessaria per consolidare affari illeciti o generarne di nuovi.
  Abbiamo allora varato e attuato da subito una strategia di azioni per mettere la regione il più possibile al riparo dalla possibilità di eventi corruttivi e di contagio con le attività criminali delle organizzazioni mafiose, perché ha ragione su questo il dottor Cantone quando dice che «l'obiettivo prioritario dentro le pubbliche amministrazioni deve essere quello di prevenire eventuali fatti illegali».
  L'abbiamo fatto in primo luogo combattendo con armi innovative quello che il procuratore Pignatone in un incontro con gli studenti universitari ha definito «l'ostruzionismo burocratico», perché sappiamo che la mafia esercita il suo potere spesso anche per la confusione determinata dal proliferare dei centri decisionali. Abbiamo quindi ridotto drasticamente questi centri, con il dimezzamento delle direzioni regionali e con la più grande operazione di semplificazione dell'assetto delle società in house, che ci ha portato dall'inizio della legislatura a chiudere 14 tra società ed enti regionali, non solo con un notevole risparmio, ma soprattutto con una fortissima semplificazione dell'amministrazione.
  Abbiamo subito sostenuto una forte rotazione dei dirigenti e dei funzionari, da quando siamo arrivati abbiamo fatto ruotare tutti i direttori regionali e quasi il 50 per cento dei dirigenti, e abbiamo promosso un forte reclutamento di dirigenti esterni. Questa è un'azione che voglio rivendicare anche perché è stata oggetto di una durissima polemica politica: noi (lo Pag. 9dico con grande nettezza) rispettiamo le competenze di chi ha lavorato per anni nell'amministrazione regionale, ma riteniamo che il principio della rotazione di un giusto mix tra dirigenti interni e professionalità esterne sia una migliore garanzia non solo per l'efficienza della macchina amministrativa, ma anche per favorire la discontinuità e la difesa da tentativi odiosi di infiltrazioni del malaffare.
  Un altro asse fondamentale del lavoro ha riguardato la trasparenza, in particolare attraverso lo strumento della digitalizzazione dei processi amministrativi. L'agenda digitale ci ha portato a introdurre la fatturazione elettronica otto mesi prima della scadenza che il Governo ha dato a tutte le regioni italiane e con la centrale acquisti abbiamo completamente digitalizzato il processo di acquisti di beni e servizi.
  L'attività di controllo e di lotta alle frodi e alla corruzione ha riguardato anche un altro fondamentale capitolo, quello della gestione dei fondi UE. Con il piano di rafforzamento amministrativo definito in stretta collaborazione con la Commissione europea sono state messe a sistema misure per contrastare la corruzione e la frode nel settore dei fondi strutturali e di investimento, con particolare attenzione alla redazione dei bandi e della scelta dei contraenti.
  Abbiamo stretto nel novembre 2014 con gli imprenditori e i sindacati un importante patto contro l'economia criminale e per la legalità, e sempre con le associazioni delle imprese e il sindacato firmeremo tra pochi giorni un protocollo di intesa sugli appalti, che presenteremo anche alle altre istituzioni regionali.
  Da poco, con la società in house, è entrato in vigore un nuovo strumento, una piattaforma digitale affinché tutti i 3,5 miliardi della nuova programmazione europea possano essere gestiti attraverso una massima trasparenza e, grazie al digitale, un assoluto controllo quotidiano H24 non solo dagli addetti lavori, ma da chiunque voglia capire come queste risorse possano essere utilizzate.
  Vorrei infine ricordare che nell'ambito di un'azione generale di semplificazione e di riforma dell'apparato normativo regionale abbiamo prodotto importanti innovazioni anche in alcuni settori particolarmente esposti ai fenomeni mafiosi. Mi riferisco in particolare al controllo del litorale da parte delle organizzazioni mafiose, controllo che, come abbiamo visto, in alcune zone del Lazio e non soltanto a Ostia ha raggiunto livelli impressionanti.
  Su questo aspetto, dopo tanti anni di attesa, finalmente abbiamo prodotto un importante risultato con la legge sul demanio marittimo, che garantisce non solo la destinazione a spiaggia libera o spiaggia con servizi una quota di almeno il 50 per cento, ma elimina la pratica del rinnovo automatico delle concessioni, uniformando la normativa regionale alla direttiva servizi, e obbliga i comuni alla totale trasparenza sugli affidamenti.
  È proprio in virtù di quest'ultima norma che, per fare un esempio concreto, Roma Capitale e in particolare il Municipio hanno messo on line tutte le concessioni di Ostia. Nel territorio di Ostia credo sia fondamentale proporre con rapidità un volto attivo, pulito e presente dello Stato, perché non si può vivere in un'eterna contemplazione dei rischi e della presenza del sistema criminale.
  Siamo chiamati in causa soprattutto noi, e alle meritorie iniziative delle procure e delle forze dell'ordine, che vanno sostenute con forza, bisogna affiancare una decisa e visibile presenza dello Stato, anche per promuovere sviluppo, lavoro e servizi. Questo va fatto ovunque, ma soprattutto in queste zone, dove è aperto un duro scontro con i poteri criminali. Per questo stiamo portando avanti, in piena sintonia con il prefetto Vulpiani, commissario del X Municipio, un'azione coordinata con cui proseguiamo e rafforziamo ancora l'impegno della regione in questo quadrante della città.
  Ad aprile 2015 abbiamo aperto la nuova Casa della salute, abbiamo investito molte risorse sull'ospedale di Ostia, ma soprattutto in collaborazione con il commissario Vulpiani abbiamo rimodulato un programma di recupero urbano sull'area Acilia Dragona, 10 milioni di euro bloccati da oltre Pag. 10un decennio per opere pubbliche che i cittadini invece aspettavano da anni, quindi strade, sottopassi, interventi per contrastare il dissesto idrogeologico, scuole, soprattutto però per dimostrare che la legalità porta risultati a tutti.
  Abbiamo inoltre avviato un piano di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria sulla Roma Lido per circa 100 milioni di euro, risorse anche in questo caso dormienti incredibilmente da anni.
  L'insieme di tutte queste azioni è nel solco di un impegno deciso per la trasparenza, per la lotta al rischio di corruzione e infiltrazione delle organizzazioni criminali, per la semplificazione dei processi normativi, un'azione che, come dicevo, ci ha consentito anche di resistere a mio giudizio al naufragio delle istituzioni locali, fotografato dall'inchiesta «Mondo di mezzo», e che comunque interessato anche la regione Lazio.
  A questo proposito vorrei utilizzare l'espressione del procuratore generale della corte di appello di Roma, Giovanni Salvi, all'inaugurazione dell'anno giudiziario 2016:«anche la regione Lazio è stata lambita dall'inchiesta e questo fatto ovviamente non va sottaciuto. Come è noto e pubblico, su circa 4 miliardi di gare bandite e bandi anche sul sociale espletati, nessun finanziamento ha interessato aziende collegate a questa inchiesta. Questi soggetti che, come abbiamo visto, avevano un'incredibile capacità di penetrazione nelle istituzioni locali, dalla regione in quegli anni non hanno ricevuto risorse».
  I provvedimenti dell'autorità giudiziaria però, nell'ambito del processo penale «Mondo di mezzo», riguardano amministratori, dirigenti e funzionari di diverse pubbliche amministrazioni e di società strumentali delle stesse, esponenti del mondo politico, imprenditori, cittadini a cui è imputata attività illecita.
  Da questo punto di vista, come sapete, nessun membro dell'attuale giunta regionale è risultato coinvolto, ma per quanto riguarda questa istituzione l'inchiesta ha riguardato una gara, quella per l'affidamento del servizio CUP, con un'accusa e un'indagine per turbativa d'asta, e, come sapete, risultano rinviati a giudizio un consigliere regionale e un dirigente, con l'accusa rispettivamente del delitto del 416-bis e di corruzione, e inoltre l'ex capo di gabinetto per un tentativo di turbativa d'asta relativo alla già citata gara CUP.
  Tutti gli imputati ora dovranno rispondere alla giustizia dell'accusa avanzata in processi che si stanno celebrando e che dovranno individuare le responsabilità individuali di ciascuno. La regione Lazio ha ovviamente provveduto a costituirsi parte civile nei confronti di tutti gli imputati, così come in tutto il processo relativo all'inchiesta «Mondo di mezzo» e in tutti gli altri processi per mafia che si sono svolti da quando si è insediata questa amministrazione.
  Tutto questo – voglio sottolinearlo ancora una volta – non significa affatto sottovalutare quanto l'inchiesta ha fatto emergere anche riguardo all'amministrazione regionale. Proprio per questo, dopo l'inchiesta siamo stati ancora più duri e determinati nella costruzione di anticorpi per rendere più resistente questa istituzione dagli attacchi della criminalità e dai rischi di corruzione.
  Nel febbraio 2015 siamo stati il primo ente in Italia a inaugurare una collaborazione con l'ANAC con la sottoscrizione di un protocollo di vigilanza collaborativa, che ci sta aiutando a vagliare la conformità degli atti di gara e la normativa di settore e a garantire il massimo rigore sull'acquisto di beni e servizi.
  Nel luglio 2015 abbiamo varato all'unanimità una nuova legge sulla legalità e la trasparenza nella regione Lazio, che ha previsto, anche su proposta in consiglio regionale del Movimento 5 Stelle, l'istituzione presso il consiglio di una commissione speciale antimafia, che è stata insediata questo febbraio, presieduta dal consigliere ed ex generale dell'Arma dei Carabinieri, onorevole Baldassarre Favara.
  Dove possibile, ci siamo infine messi al servizio della macchina della giustizia regionale: l'abbiamo fatto ad esempio firmando un protocollo con il Ministro Orlando, grazie a cui la regione metterà in campo 321 dipendenti regionali per velocizzare Pag. 11 le pratiche negli uffici giudiziari della nostra regione. Su questa azione sta andando avanti un confronto proficuo con il Ministero della giustizia e penso di poter dire con certezza che entro aprile verranno inviate le prime 200 unità di personale regionale presso i tribunali e le procure del distretto della corte di appello di Roma.
  Con il Ministero della giustizia, inoltre, è aperto un utile confronto anche su altre importanti iniziative comuni. Penso al lavoro che stiamo costruendo e definendo per un protocollo per il contrasto all'abusivismo e alla convenzione sui beni confiscati.
  Con l'Osservatorio e con il nostro Istituto Jemolo abbiamo promosso il più imponente piano di formazione antimafia e anticorruzione rivolto ai comuni del Lazio mai fatto in Italia da una regione, con l'obiettivo di raggiungere mille funzionari e dirigenti degli enti locali che lavorano in tutti i settori a rischio delle pubbliche amministrazioni quali il commercio, gli appalti pubblici, il demanio e l'urbanistica. Tutti questi provvedimenti mirano a introdurre più anticorpi nel corpo dell'amministrazione contro il rischio del contagio da parte delle mafie e della corruzione, che non vogliamo più nascondere come rischio presente.
  Accanto a questa fondamentale azione, tuttavia, occorre portare avanti l'altra importantissima sfida del terzo, ultimo fronte di cui parlavo, sul quale farò solo una citazione, che è quello del rafforzamento e del rilancio dell'economia legale e del sostegno al lavoro delle imprese e delle amministrazioni locali. L'obiettivo a cui deve mirare la regione è la presenza dinamica e positiva di un'istituzione a sostegno dello sviluppo come condizione indispensabile per ridurre il brodo del quale la malavita si nutre.
  Per questo – cito solo questo caso per brevità – ci siamo occupati da subito di affrontare la vera vergogna, che era quella di un'amministrazione regionale che, come ho già ricordato, aveva accumulato negli ultimi quindici, venti anni qualcosa come 22 miliardi di euro di debiti, di cui 12 miliardi non pagati alle imprese, ai comuni, alle province, alle amministrazioni locali, che per colpa della nostra istituzione correvano il rischio di fallire.
  A causa di questo vero macigno debitorio la regione Lazio, come sottolineava solo tre anni fa la Corte dei conti, si è trovata di fronte al rischio concreto di default.
  Sono convinto che proseguendo in questa profonda azione di riforma della pubblica amministrazione potremo raggiungere due obiettivi tra loro strettamente connessi: ridurre ancora i pericoli di contagio delle organizzazioni criminali e mafiose della pubblica amministrazione o almeno lottare per raggiungere questo obiettivo, ma soprattutto ricreare un clima di fiducia da parte di cittadini e imprese verso le istituzioni, che non debbono solo contemplare il problema, ma provare a reagire.
  Passa anche da qui – io credo – la sfida di generare un nuovo sviluppo, perché non c'è dubbio che la corruzione, l'opacità dei processi amministrativi e le difficoltà dell'amministrazione e della garanzia della giustizia costituiscono un freno potentissimo allo sviluppo della nostra società ed economia. Attraversiamo una fase drammatica, anche molto delicata. Dopo una lunghissima crisi economica, etica e politica vediamo nel Lazio dei segnali di nuova vitalità, ma non bisogna abbassare la guardia e credo che, se continua questa attenzione, le istituzioni potranno contribuire non a parole al plauso e al sostegno che c'è nei confronti di coloro che in questi mesi, con le loro indagini e i loro provvedimenti, hanno inferto un colpo durissimo a tutto quanto in parte mi sono permesso di raccontare. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, presidente. Dalla relazione emerge sicuramente la consapevolezza che il Lazio è una regione in cui la presenza delle mafie è un dato reale con il quale confrontarci e che quindi richiede, oltre che l'impegno della magistratura e delle forze dell'ordine, anche l'impegno della società e delle pubbliche amministrazioni.
  Lascio quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

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  RICCARDO NUTI. Grazie, presidente. Ringrazio il presidente Zingaretti per essere venuto. Parto con la prima domanda, che ovviamente necessita di una brevissima introduzione che vado a leggere per velocità.
  Gli sviluppi dell'inchiesta «Mondo di mezzo», nonché del processo ora in corso «Mafia capitale» hanno messo in evidenza come l'amministrazione regionale sarebbe coinvolta nelle operazioni illecite del clan Buzzi-Carminati principalmente per due episodi. Il primo, come lei ha ricordato poc'anzi, è la gara di appalto CUP, centro unico prenotazioni, per la quale è appena iniziato il processo al suo ex capo di gabinetto, Maurizio Venafro. Il secondo è l'assegnazione delle risorse derivanti dal Fondo per il riequilibrio dei comuni del Lazio, avvenuta tramite i famosi emendamenti di Vincenzi e Gramazio, che avrebbero dovuto portare a Buzzi circa 1,8 milioni di euro.
  Nelle dichiarazioni rese da Buzzi ai pubblici ministeri nel luglio 2015, Buzzi fa espresso riferimento a un accordo tra lei e Gramazio per rendere disponibili tali fondi. Dalle intercettazioni emerge inoltre che il sodalizio criminale Buzzi-Carminati chiedesse garanzie sull'assegnazione di uno dei lotti della gara CUP, e Gramazio, nel riferire di aver preso accordi con Venafro, allora capo di gabinetto del presidente Zingaretti, dice di non fidarsi e di voler inserire qualcuno nella commissione aggiudicatrice della gara, commissione che era stata già costituita e la cui composizione viene modificata vedendo l'inserimento di Scozzafava.
  Scozzafava nel processo che lo vede coinvolto ammette anche di aver chiesto a Luca Gramazio, che al momento, come lei ha detto, è accusato del reato di 416-bis, di essere inserito nelle commissioni di alcune gare regionali. Spiega testualmente Scozzafava che «tra il 2013 ci rincontriamo e mi chiede se poteva avere chiarimenti tecnici sul comune di Roma. Gli spiegai tutto e gli chiesi se poteva fare il mio nome come membro di commissione delle gare, per garantire la presenza dell'opposizione all'interno delle gare che la regione faceva».
  È quello che accade effettivamente e c'è un atto della regione che inserisce Scozzafava nella commissione, sostituendo uno dei componenti in quanto era già costituita. Questo attesta l'influenza di Gramazio nell'amministrazione guidata da lei.
  Le chiedo quindi perché venga modificata la commissione aggiudicatrice già costituita? Lei ha mai avuto rapporti, anche per interposta persona, con Gramazio o Buzzi per parlare dell'assegnazione di tali risorse, e, se la risposta eventualmente è negativa, come è possibile a suo giudizio che Gramazio, leader del centro-destra e non del centro-sinistra, fosse in grado di pilotare gare e procedure amministrative gestite dalla sua giunta di centro-sinistra? Se vuole, le fornisco copia delle domande che magari le possono essere utili per seguire.
  La deposizione del capitano dei ROS, Federica Carletti, all'udienza del 26 gennaio 2016 del processo Mafia capitale ha messo in evidenza come un ruolo centrale nella vicenda dell'assegnazione delle risorse del Fondo per il riequilibrio e nelle aspettative di Buzzi di aggiudicarsi una fetta di quelle risorse lo abbiano avuto due emendamenti firmati dall'allora capogruppo PD Marco Vincenzi nella commissione bilancio del 17 giugno 2014.
  Nella stessa deposizione il capitano Carletti spiega bene tutto l’iter amministrativo che avrebbe permesso a Buzzi di aggiudicarsi tali risorse, facendo riferimento a numerose delibere della giunta da lei presieduta. Come sappiamo, prima che i consiglieri del Movimento 5 Stelle alla regione Lazio trovassero questi emendamenti, Vincenzi aveva addirittura negato di averli mai firmati, ed è stato immortalato nell'atto di scambiarsi foglietti con Buzzi con cui, stando alle intercettazioni, risultava avere rapporti di una certa consistenza.
  Come lei saprà, a seguito del rimpasto della sua giunta regionale, Vincenzi è stato eletto presidente della commissione bilancio in data 9 febbraio 2016, andando a sostituire Buschini, che è stato da lei nominato assessore. Le chiedo quindi se lei fosse al corrente dei rapporti tra Buzzi e Vincenzi e se l'attuale nomina di Vincenzi a Pag. 13presidente della commissione bilancio, visti gli atti d'indagine e i risvolti processuali, per lei risulti opportuna o metta a rischio interessi pubblici.
  Come sappiamo, il suo ex capo di gabinetto, Maurizio Venafro, si è dimesso circa un anno fa, a seguito del coinvolgimento in un'inchiesta collegata a «Mafia capitale», più precisamente quella relativa alla turbativa d'asta della gara CUP, che vede indagata per favoreggiamento anche la direttrice regionale Elisabetta Longo, tuttora in servizio.
  Ricordiamo la sua accorata lettera di ringraziamenti a Venafro, in cui lei si diceva certo dalla totale estraneità di Venafro a ogni addebito. In questo ultimo anno molte cose sono cambiate: Venafro è stato rinviato a giudizio, la regione Lazio da lei presieduta si è costituita parte civile contro Venafro, e tra l'altro Venafro è stato indagato anche per abuso d'ufficio e truffa ai danni dello Stato per le nomine dei vicedirettori dell'Agenzia regionale per l'ambiente, l'ARPA Lazio, nomine che ricordiamo sono state da lei sottoscritte.
  Alla luce degli ultimi sviluppi lei si sente certo di poter garantire che tutti gli atti amministrativi adottati dal 2013 alla data delle dimissioni di Venafro siano stati esenti da influenze indebite e/o illegittime?
  Ultima domanda. Lo scorso anno, le indagini della DDA di Roma hanno evidenziato che l'appalto per la gestione della camera mortuaria dell'ospedale Sant'Andrea assegnato alla ditta Taffo è stato condizionato dalla corruzione del direttore generale dell'Istituto Sant'Andrea, corruzione che è avvenuta, come attestano i provvedimenti della magistratura, con l'intermediazione della famiglia Primavera, consorteria criminale che gestisce una delle più importanti piazze di spaccio della capitale.
  Vorrei quindi sapere se la ditta Taffo svolga ancora il suo lavoro presso il Sant'Andrea e se abbia vinto altri appalti in altri nosocomi del Lazio.
  In relazione alle domande precedenti vorrei chiederle se le risulti il coinvolgimento di Marco Vincenzi o di altri suoi dipendenti o collaboratori nelle predette inchieste o in inchieste collegate. Grazie.

  PRESIDENTE. Solitamente, presidente, facciamo fare tutte le domande e poi si passa alle risposte, e penso che anche questa sera resti la via migliore. Prego, senatore Esposito.

  STEFANO ESPOSITO. Grazie, presidente. Ringrazio anch'io il presidente Zingaretti e mi perdonerà, presidente, se non la interrogherò come se fossimo a un processo, perché questo non è il ruolo della Commissione antimafia, non ho funzioni né da pubblico ministero, né da avvocato difensore.
  Lei ha lucidamente riconosciuto nella sua relazione la presenza – ancora oggi sottostimata – nel territorio di Roma e nel Lazio, di tutte le organizzazioni mafiose che operano in questo Paese. Naturalmente Roma e il Lazio sono una piazza molto rilevante, molto ricca, come ci è stato raccontato a più riprese in questa Commissione sia dalle forze dell'ordine che dalla magistratura. Lei crede davvero che siamo riusciti, soprattutto con le azioni di cui lei ha parlato, a creare la giusta sensibilità nel sistema politico-istituzionale su questo terreno?
  Naturalmente lei avrà la sua risposta, ma io le trasmetto un'impressione che si concentra molto sulle vicende di Ostia, che testimoniano la rilevanza di quel territorio come cuore pulsante – purtroppo non in modo positivo – di molte organizzazioni. Non ci sono ancora tutti i collegamenti dal punto di vista dell'indagine della magistratura, ma, come molte delle cose che lei ha raccontato testimoniano, c'è un elemento significativo, che spero sia colto non solo da me, che peraltro non risiedo in questo territorio ma penso di osservarlo ormai da più di un anno e di averne il polso: c'è un silenzio preoccupante sui fatti che avvengono a Ostia, c'è un silenzio preoccupante di gran parte delle forze politiche, comprese quelle che agitano più per forma che per sostanza, il loro essere forze politiche che si battono contro la mafia, su molti avvenimenti.
  Le cito solo quello avvenuto ieri, che credo lei da attento osservatore abbia seguito. Ieri, nella giornata dedicata alla memoria delle vittime di mafia, a Ostia un'organizzazione, Pag. 14 Casa Pound, nota alle cronache per essere particolarmente pronta a intervenire in sostegno di tutte le organizzazioni e le famiglie che vengono sfortunatamente colpite da provvedimenti della magistratura o dei vigili di Roma capitale, che sta sempre dalla parte della barricata opposta a quella della legge, in particolare a sostegno degli Spada (lei ha citato i Fasciani, perché giustamente si è rifatto alle vicende certificate dalla magistratura, ma sappiamo che in quel territorio operano anche altre famiglie, in particolare in questa fase e, come l'Osservatorio che è ben attrezzato saprà, la famiglia Spada sembrerebbe in crescita), ebbene questi soggetti non hanno trovato di meglio che andare a occupare fisicamente la spiaggia che lo scorso anno era stata sottratta a un personaggio legato a queste famiglie e data in gestione a Libera.
  Questo nella giornata dedicata al ricordo delle vittime di mafia, con tanto di comunicato stampa e con una quasi totale assenza di prese di posizione da parte del livello istituzionale e di gran parte delle forze politiche. Piccoli fatti? Ho citato l'ultimo, ma potremmo fare un lungo elenco.
  Se parto dalla lettura di ciò che sta avvenendo in questi mesi a Ostia, non sono proprio convinto che ci sia la necessaria percezione del fenomeno, così come non c'è rispetto al fatto che a Roma, nel quadrilatero delle istituzioni c'è stato il sequestro di molti esercizi commerciali, alle prese di posizione di associazioni e forze politiche che tendono a ribadire che non bisogna catalogare tutto come mafia, alla stessa vicenda Casamonica, così come declinata nel rapporto che lei citava, dove non ci sono evidenze di un'unica organizzazione mafiosa, ma cos'è mafia?
  Faccio la domanda nella sede appropriata: cosa sono i Casamonica nei territori in cui operano, hanno il controllo del territorio? Hanno dato ampia dimostrazione di controllarlo in maniera significativa. Nella loro capillarità i rapporti dei Casamonica vanno anche oltre il territorio romano e si estendono su altre province, come voi sapete molto bene.
  Le chiedo quindi se lei non ritenga necessario anche un ulteriore salto di qualità per rendere maggiormente consapevoli le istituzioni e il sistema politico e sociale di rappresentanza, Lei ce lo ha molto chiaro e ce lo ha detto in modo assolutamente limpido, le iniziative che ci ha raccontato sono rilevantissime, si parte dalle scuole, però siamo di fronte a fatti che mi colpiscono per il silenzio che c'è intorno.
  Chiudo su questo. Ho letto attentamente la legge che ha citato sul demanio marittimo, penso che questa legge sia fondamentale, perché si tratta di un pezzo di economia molto redditizia e finora gestita in maniera poco trasparente, non dalla regione Lazio – mi permetto di dire – perché questo è un fenomeno nazionale.
  La regione Lazio sta utilmente mettendo le mani per tentare un riordino, bene le scelte che lei ha indicato, ma voglio ricordare che anche su quelle scelte c'è stata forte polemica politica da parte di alcune forze politiche che tendono a ritenersi più pure di altre. Credo però che si debba intervenire con attenzione – mi è capitato di dirlo pubblicamente e colgo l'occasione per ribadirlo – sui passaggi di gestione tra il primo soggetto identificato e l'eventuale subappalto.
  Su questo lei sa che c'è un'azione mirata delle associazioni dei balneari, che non vogliono alcun vincolo, cioè vogliono che la situazione rimanga quella attuale. Qui c'è anche una responsabilità del legislatore nazionale che mi è molto chiara e si rischia il conflitto, ma lì si annida un pezzo del problema, perché ci sono licenze affidate in alcuni casi 30-40 anni fa che sono passate di mano subaffittate e sub-concesse a più riprese, dove l'opacità è totale.
  L'obiettivo di questa legge deve essere quello di riportare il più possibile in chiaro un settore che credo riguardi Ostia, ma credo riguardi non solo lo spicchio di litorale – per quanto importante – del mare di Roma, ma tutto il litorale laziale, sul quale non ho elementi così precisi, quindi mi rendo anche conto che una legge regionale non può partire solo da un punto, ma deve guardare all'intero spettro. Pag. 15
  Credo che su questo elemento sia utile concentrarsi, sapendo che questa battaglia di legalità è un passaggio e un tassello fondamentale sulla strada della maggiore consapevolezza della presenza della criminalità. Naturalmente adesso qualcuno dirà fuori da qui che io continuo a dire che i balneari sono mafiosi, ma io non dico che i balneari sono mafiosi, fino a prova contraria, ma dico che quello è un settore economicamente molto redditizio, su cui abbiamo elementi precisi emersi, se non dalle indagini su «Mafia capitale», sull'interesse molto rilevante di esponenti di primissimo piano delle famiglie di Ostia sulle concessioni balneari.
  Io ho fatto quindi una domanda che ancora non ha trovato risposta: c'è qualcuno che sa davvero – magari tra i suoi collaboratori qualcuno possiede questo dato – quanto frutta a stagione una licenza balneare media a Ostia in termini di fatturato? Abbiamo qualche dato grazie al fatto che nella scorsa stagione è stata data una spiaggia a Libera, ma è un dato molto parziale. Il fatto che questa risposta continua a rimanere inevasa è la prova migliore che quello è un segmento ancora poco esplorato e molto opaco. Grazie, presidente.

  CLAUDIO MOSCARDELLI. Grazie, presidente, per la relazione che ho trovato molto ampia, puntuale e soprattutto che ha saputo esprimere una consapevolezza sulla complessità del fenomeno e delle azioni politiche da mettere in campo per un contrasto che possa essere efficace.
  Voglio sottoporle tre riflessioni su un tre questioni e conoscere le sue valutazioni. Sul tema del salto di qualità, della consapevolezza del fenomeno della criminalità organizzata nel Lazio ricordo l'audizione del procuratore Pignatone la prima volta, che fu l'occasione per focalizzare tante realtà della nostra regione, a partire da Roma.
  Il procuratore Pignatone disse una cosa che mi colpì molto: Roma è troppo grande per essere controllata, ma questo non significa che le organizzazioni criminali sotto diverse declinazioni non possano lavorare e prosperare.
  Fu anche attenzionato il tema del Lazio e in particolare del litorale e di alcune realtà provinciali come quella di Latina. Ci sono realtà più piccole dove il controllo del territorio è molto più pesante, quindi le faccio notare che nella città di Latina con 120 mila abitanti ci sono due clan, Ciarelli e Di Silvio, che hanno all'incirca un migliaio di soldati sul territorio, che hanno una capacità di controllo del territorio e dell'economia che finalmente sta emergendo ed è ora che emerga anche la loro capacità di controllo sulle istituzioni.
  Da questo punto di vista molte realtà più piccole di Roma rischiano di vivere, nella province di Roma o di Latina, nell'entroterra, lungo tutto il litorale laziale, realtà dove questo controllo è molto più pesante di quello che immaginiamo. Il fatto che finalmente ci sia un protagonismo della DDA nel Lazio, mentre prima le uniche inchieste che riguardavano il nostro territorio laziale venivano dalla DDA di Napoli, ci deve far riflettere e far sì che la buona politica si faccia carico anche di monitorare quello che avviene nelle varie realtà sotto l'aspetto dell'azione di contrasto alla criminalità da parte delle istituzioni.
  Adesso, ad esempio, fiorisce tutta una serie di elementi che emergono da inchieste molto puntuali e pressanti, altre se ne annunciano, ma in una realtà come Latina abbiamo vissuto anche dei buchi neri da un punto di vista delle inchieste e dell'azione da parte dello Stato.
  Gli strumenti che lei ha citato come capacità delle istituzioni di monitorare e di intervenire devono considerare anche questi aspetti e valutare come lo Stato si attrezza per contrastare le realtà criminali, laddove ad esempio la squadra mobile della provincia di Latina ha lo stesso organico di quella della provincia di Rieti e fa più arresti della provincia di Caserta in un anno.
  Dobbiamo avere anche porre attenzione a come lo Stato modula la sua presenza per l'azione di contrasto alla criminalità, perché potremmo far emergere elementi molto interessanti.
  Le sottopongo altre due questioni. Lei ha citato il tema degli ecoreati che mi ha Pag. 16molto impressionato, in un settore noto per essere molto delicato e difficile si rileva questo livello di reati sul territorio laziale, quindi vorrei capire come possiamo rafforzare l'azione di contrasto, se garantendo una maggiore concorrenza e trasparenza o con maggiori controlli.
  Un altro settore che le segnalo e che può essere un elemento da valutare in ordine al controllo e al monitoraggio delle risorse regionali gestite dai comuni, che naturalmente attingono a tantissime risorse regionali, è il patrimonio pubblico edilizio. Questo è un settore in cui sta emergendo una presenza dalla criminalità organizzata laddove l'aspetto del disagio sociale, le occupazioni abusive, le persone disperate in difficoltà oggi funge da scudo all'utilizzo che ne fanno le organizzazioni criminali con una gestione delle occupazioni attraverso un'attività criminale vera e propria.
  Questo li porta a intervenire anche nelle istituzioni sulla gestione e sull'aggiornamento delle graduatorie e anche su possibili sanatorie, perché è evidente che a questo punto il cerchio si chiude.
  Vorrei chiederle alcune considerazioni su questi aspetti.

  CELESTE COSTANTINO. Grazie, presidente, per la sua presenza e la sua relazione, da cui parto per un chiarimento. Tra le iniziative culturali intraprese dalla regione lei ha citato una grande manifestazione a Latina che si è tenuta nel 2014. Volevo capire se si stesse riferendo alla manifestazione del 22 marzo del 2014....

  NICOLA ZINGARETTI, presidente della regione Lazio. Sì.

  CELESTE COSTANTINO. Però quella è la Giornata della memoria di Libera, quindi non può essere enumerata tra le iniziative proposte dalla regione Lazio.
  Ieri si è conclusa Lazio senza mafie, che è andata deserta, quindi vorrei una sua valutazione su questa mancanza di partecipazione, se ci sia un problema generale, anche se Ostia ha risposto l'anno scorso attraverso una manifestazione che si è tenuta in tutta Roma, Spiazziamoli, quindi c'è una parte sana che risponde. Questa volta c'è un peggioramento delle condizioni oppure è una risposta alla regione?
  C'è stato un aumento delle vittime di azzardo patologico in regione, se non sbaglio tre anni fa è stata approvata una legge regionale in materia di prevenzione e aiuto per i malati di GAP e delle loro famiglie. Vorrei capire a che punto sia l'applicazione della legge, cioè quali siano i dati e come stia funzionando.
  Senza darle minimamente l'idea di volerla mettere sotto processo, mi associo però alla domanda del collega del Movimento 5 Stelle per quanto riguarda Marco Vincenzi, perché è evidente che c'è anche un tema di opportunità rispetto ad atti giudiziari che parlano di una compromissione del soggetto oggi a capo di una commissione estremamente delicata come quella del bilancio.

  PRESIDENTE. Aggiungo qualche domanda anch'io, presidente. Una riguarda il mercato ortofrutticolo di Fondi, se non può rispondere questa sera, magari ci fornirà il materiale. Siccome la regione ha presentato un piano per il rilancio del mercato con il quale mettere fine a una vecchia diatriba con una delle società che gestiscono il mercato e siccome quello è considerato uno dei luoghi di maggiore infiltrazione, le domande sono sostanzialmente due.
  Con questo piano di rilancio, a parte la costituzione di parte civile alla quale lei ha fatto riferimento, che strumenti avete utilizzato per essere sicuri che la bonifica nel mercato sia in atto? Sono risultate le presenze della ’ndrangheta e della camorra. Giustamente viene rilanciata una parte economica importante di quella parte della regione, ma siamo sicuri che questi denari pubblici non vadano ancora una volta a vantaggio delle organizzazioni mafiose che ci fanno affari?
  Propongo di passare in seduta segreta.

(Così rimane stabilito. La Commissione procede in seduta segreta, indi riprende in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Abbiamo preso un impegno con i commissari di Ostia quando Pag. 17sono venuti, perché dicono che per fare bene il loro lavoro hanno bisogno della collaborazione delle altre istituzioni, abbiamo rivolto le vostre domande al Ministro degli interni perché gli fornisca tutti i supporti, anche forzando la legge, lei ha fatto esplicito riferimento ad alcuni aspetti, però le vorrei rivolgere alcune domande anche per essere più sicuri.
  Penso che un'occasione come questa per Ostia non ricapiti più e che dobbiamo impegnarci per ottenere i risultati che in molti anni non sono stati ottenuti. Il famoso immobile «ex scuola» sito nel territorio del Municipio di Ostia, che dovrebbe essere destinato a caserma dei vigili urbani e a uffici per il giudice di pace: la regione si sta adoperando per questo?

  NICOLA ZINGARETTI, presidente della regione Lazio. Sì.

  PRESIDENTE. Canale dei pescatori: non so se quello a cui ha fatto riferimento sia la stessa cosa, ma ci hanno lasciato queste domande e noi ci siamo presi l'impegno di porgliele.
  Canale dei pescatori, poi c'è l'idroscalo di Ostia con i gravi problemi idrologici, e anche qua ci dovrebbe essere un piano di interventi della regione, sulle concessioni non dico niente perché ha interloquito con il senatore Esposito, non so se sia sempre la stessa legge regionale (immagino di sì) che riguarda il demanio marittimo, il PUA.
  Ho un'altra domanda sulle partecipate delle regioni, perché tra i comuni presi in esame dalle commissioni di accesso c'è il comune di Sacrofano. Aspettiamo ulteriori chiarimenti da parte del Ministro degli interni sulla decisione da assumere nei confronti di questo comune e siamo abbastanza preoccupati dalle differenti valutazioni che sono state fatte fino adesso, peraltro fino a una certa fase perché sia commissione di accesso che prefettura hanno proposto lo scioglimento.
  Lì c'è una partecipata che si chiama Astral sulla quale un controllo maggiore da parte della regione potrebbe risultare opportuno. È una partecipata della regione che sembra coinvolta nelle vicende prese in esame, sempre nella logica che la consapevolezza, come avete dimostrato con i cambiamenti apportati all'organizzazione regionale, comporta maggiore capacità di controllo da parte delle pubbliche amministrazioni, senza aspettare tutte le volte l'arrivo dei magistrati. Mi pare che questo sia l'impegno di tutti.
  Se non ci sono altre domande, diamo la parola al presidente Zingaretti per la replica.

  NICOLA ZINGARETTI, presidente della regione Lazio. Grazie, con ordine cercherò di rispondere a tutte le questioni. La prima sul perché viene modificata una commissione aggiudicatrice: perché le commissioni si formano chiedendo ai direttori di indicare dei professionisti e quindi in questo caso furono indicati dei professionisti, ma alla verifica della dichiarazione delle cause di incompatibilità una dei commissari indicati nella procedura risultò incompatibile con la funzione che doveva svolgere e quindi è decaduta. Casomai questo dimostra che nel processo l'indicazione della formazione della commissione era fondata sulla ricerca di professionalità.
  L'incompatibilità in particolare era legata al fatto che questa persona era già stata direttore di un'ASL che era in qualche modo coinvolta nella gara che avrebbe dovuto svolgere.
  Sulla domanda se io ho avuto rapporti per interposta persona, ovviamente no, e non credo – questo è oggetto di un processo che è in corso – che capigruppo di partiti di opposizione possano essere in grado di pilotare gare o processi decisionali.
  Sulla vicenda del presidente Vincenzi, è una scelta che ha compiuto il consiglio regionale e, come è stato ribadito in aula, il presidio di interferenze o di interessi pubblici è assolutamente garantito. Sulla vicenda del capo di gabinetto ovviamente la regione si è costituita parte civile in tutti i processi, continuo a credere che il processo, che peraltro non è il processo di «Mafia capitale», sarà l'occasione di far valere le ragioni dell'accusa e anche della difesa rispetto all'estraneità dei fatti. Penso Pag. 18di rimanere su questa posizione perché ne sono assolutamente convinto.
  Sulla ditta Taffo voglio chiarire questo tema, perché altrimenti su temi così delicati si generano equivoci. Perché nel Lazio c'era – non c'è più – un processo di esternalizzazione in alcuni casi del regime dell'assistenza mortuaria? Perché da otto anni il Lazio ha un blocco del turnover del 10 per cento, cioè su 100 operatori 90 non vengono reintrodotti.
  In questo campo in molti dei servizi sanitari si è proceduto all'esternalizzazione dei servizi cimiteriali e mortuari (non parlo di questa amministrazione che ha fatto un'altra scelta, ma perché è finito quel blocco del turnover) dentro le camere mortuarie. Noi crediamo che, grazie ai risultati che abbiamo ottenuto in sanità, alla conclusione del blocco del turnover e quindi all'avvio di una fase di nuova stagione di assunzioni, occorra procedere a una reinternalizzazione – e mi risulta che anche nel Sant'Andrea sia successo questo – del servizio mortuario dentro agli ospedali.
  In questo senso abbiamo fatto una legge e, appena approvata la legge in giunta e non ancora in consiglio, abbiamo dato disposizione a tutte le ASL di non riproporre eventuali bandi di gare per l'esternalizzazione, ma di assumere gli orientamenti della linea della gestione diretta da parte del pubblico, quindi allo stato attuale non mi vorrei sbagliare, ma, se non in tutte le ASL, quasi in tutte le ASL questo è un processo che va in esaurimento non solo per la ditta citata, ma per tutte queste forme di esternalizzazione del servizio, anche perché è evidente che è un servizio che, come segnalato da alcune inchieste, può essere oggetto di infiltrazioni del malaffare.
  Innanzitutto la ringrazio per il concetto dei «miei» dipendenti: i dipendenti della regione non sono miei, ma sono dipendenti dell'istituzione regionale. Allo stato attuale io non ho notizie – ma non debbo essere io ad averle – di altri coinvolgimenti in processi relativi a mafia capitale.
  Sulla legge sull'azzardo è iniziata la formazione per gli operatori e contiamo entro un mese di far partire il numero verde, che è in fase di attuazione, però mi riservo, facendo un approfondimento, di fornire tutti i dati che possono essere utili alla comprensione dello stato dell'attuazione di questa legge.
  Sulla vicenda di Ostia, sul regolamento attuativo di quella legge sul demanio c'è una forte collaborazione con il procuratore e commissario. Per quanto riguarda i beni immobili segnalo che giustamente le amministrazioni locali sono soggette alle leggi della Repubblica e anzi mi permetto di segnalare che nel processo di riforma della pubblica amministrazione uno degli elementi di freno a un'agilità delle pubbliche amministrazioni locali nella gestione dei beni immobili è il fatto che, se una regione deve dare dei manufatti a un ente locale terzo, non dico che deve rispettare le stesse regole del mercato, però ovviamente si tratta di un lavoro che va fatto monitorato sull'Agenzia del demanio sulla congruità del prezzo fatto all'ente a cui si fornisce il bene e sui costi.
  In questo caso, quindi, quello che ha fatto bloccare quella nostra assoluta disponibilità politica ad aiutare è che poi ci vuole un comune che prenda in carico il manufatto e lo ristrutturi con le proprie risorse. Cito casi di caserme delle forze dell'ordine, di processi bloccati per il fatto che poi il soggetto che deve ricevere, anche se pubblico, non ha le risorse economiche per affittarlo, quindi massima disponibilità da parte nostra a farlo, però il problema è che poi l'istituzione comune deve prendere in carico questo manufatto.
  Sulla domanda se c'è una soddisfacente comprensione e consapevolezza, io ovviamente penso di no e penso che in questo Paese non sia solo un problema di questo territorio e questa sia sempre una battaglia aperta. Se mi posso permettere, però, di segnalare quella che credo sia ora l'urgenza non solo a Ostia, ma nel nostro territorio da parte delle istituzioni, è quella di definire, preso atto dell'esistenza di questi problemi, cosa bisogna fare.
  Pur nell'apprezzamento e nel sostegno totale alle forze investigative di repressione e di intelligence che stanno facendo un lavoro straordinario, credo che ci sia il rischio da parte di altri livelli dello Stato di Pag. 19una delega solo a loro e un sostegno alla loro giusta, condivisibile e sostenuta azione repressiva, mentre le istituzioni hanno ognuna un proprio compito.
  Faccio un esempio per essere chiaro: si è fatto benissimo a sequestrare a Ostia le palestre del clan Spada, ma ora credo, e in questo la regione è assolutamente disponibile, che il compito dello Stato, proprio in virtù di una consapevolezza di quell'intreccio criminale, sia quello di garantire che in tempi brevi su quei territori ci sia una presenza dello Stato a sostegno dell'apertura di opportunità di fruizione sportiva in quei quartieri, per evitare che si crei un folle sillogismo per cui con le attività illegali un servizio c'era, mentre affermata la legalità il servizio scompare.
  Ugualmente credo sia importante, in tutti i processi giusti di rimozione e demolizione di un'illegalità diffusa sulla parte del demanio marittimo, che alla vigilia dalla partenza della stagione estiva in fretta si facciano bandi legali, affinché i servizi ai cittadini sulla costa vengano garantiti con strumenti di legalità.
  Credo quindi che il tema sia addirittura più complesso, cioè quello di costruire un fronte che poi produce dei risultati, perché si tratta della rimodulazione dei fondi dell'ex articolo 11, parliamo di una manovra urbanistica che nasce in questa città ai tempi della prima giunta Rutelli. L'ex articolo 11 aveva previsto stanziamenti per 10 milioni di euro su quel territorio, che erano bloccati, e con il commissario Vulpiani la rimodulazione ha portato in tre mesi a mettere a disposizione del Municipio le risorse per rifare strade e ponti.
  Credo che ora sia il tempo di un protagonismo attivo dello Stato, affinché si dimostri che la lotta e l'affermazione della legalità produce in quei quartieri più servizi, più lavoro, più qualità della vita. In questo io vedo una grande necessità di iniziativa positiva, che affianchi e non lasci sole le procure, penso che questa sia la grande scommessa.
  Sui presìdi di controllo che segnalava il senatore Moscardelli, non so se vada incontro a questa esigenza, però considero importante il fatto che stiamo discutendo con i tribunali ma anche con le procure l'utilizzo delle forze delle polizie provinciali nei territori. Ci siamo messi a disposizione con corsi di formazione e di aggiornamento per rafforzare una presenza in maniera ragionata, avendo molto personale a questo punto, proprio sul fronte della legalità.
  Ribadisco che stiamo sperimentando un'esperienza pilota in Italia, il protocollo fatto con il Ministro della giustizia e con i tribunali, che porterà 321 dipendenti nei tribunali, 200 entro aprile, e anche sul controllo del territorio la riconversione di pezzi di polizia provinciale al servizio del controllo del territorio per quanto riguarda la legalità.
  Mi scusi per l'equivoco, ma avevo citato la manifestazione di Libera perché nell'occasione di quell'evento sia dal giorno della conferenza stampa della copromozione la regione fu parte non attiva, ma attivissima di quell'esperienza. Ovviamente se si è generato un equivoco, chiedo scusa, ma non c'era alcuna volontà di omissione.
  Su Lazio senza mafie penso di poter dire che siamo orgogliosi di essere comunque allo stato attuale l'unica istituzione territoriale che ha investito forze e risorse per promuovere e stimolare una riflessione su scelte di campo culturale che ha coinvolto tantissime persone, e proprio con l'obiettivo non solo di farlo nel nome dell'emergenza, ma con una sua processualità.
  La sfida è molto semplice: evitare che anche i migliori, anche i più disponibili commettano l'errore di pensare, ora che ci sono le inchieste, ora che ci sono i processi, ora che ci sono più controlli, che il compito dello studente, del professore, della scuola, dell'amministratore sia quello di dire «bene, bravi, siamo con voi». C'è invece un'azione di assunzione di responsabilità dentro un conflitto molto duro.
  È difficile perché ci sono zone del territorio dove vi sono resistenze a cominciare dal nome di quella iniziativa, Lazio senza mafie, in quanto lo scorso anno, quando partì la campagna prima dell'esplosione dell'inchiesta «Mondo di mezzo», molti ci chiedevano perché usassimo la parola «mafie» nel Lazio, quindi siamo dentro una Pag. 20battaglia culturale che, sebbene difficile, credo vada condotta. Grazie, presidente.

  RICCARDO NUTI. Ho capito quanto ci ha detto sulle esternalizzazioni, ma non ho compreso se la Taffo lavori ancora al Sant'Andrea o meno.

  NICOLA ZINGARETTI, presidente della regione Lazio. Ho interrogato ad horas il responsabile e mi è stato riferito che il servizio è stato internalizzato, comunque sarà mia premura già da domani mandare tutti i dati, in un quadro comunque di totale internalizzazione del servizio in tutti gli ospedali della regione.

  RICCARDO NUTI. Volevo poi chiedere: se ho capito bene, per lei la nomina di Vincenzi è opportuna, non c'è alcun problema. Ho capito bene?

  NICOLA ZINGARETTI, presidente della regione Lazio. Io mi annovero tra coloro che anche di fronte ad avvisi di garanzia reputano lo stato di diritto il principale punto di riferimento dell'azione, ma in questo caso mi permetto di dire che non stiamo parlando neanche di qualcosa del genere, perché non esiste neanche un atto di quel tipo, e mi sento di dire, come ho risposto rispetto alla sua domanda – la stessa domanda che il Movimento 5 Stelle ha fatto nel consiglio regionale – che ovviamente presidiamo ed è presidiata la legalità dentro l'attività amministrativa della regione.

  CELESTE COSTANTINO. Solo un chiarimento rispetto alla legge regionale sull'azzardo, che ha detto che ci invierà, quindi la ringrazio: iniziano adesso i corsi di formazione per gli operatori, ma vorrei sapere quando è stata approvata la legge.

  NICOLA ZINGARETTI, presidente della regione Lazio. Due anni fa.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il presidente Zingaretti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 21.30.