XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza, nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e nei centri di identificazione ed espulsione

Resoconto stenografico



Seduta n. 38 di Martedì 26 gennaio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Migliore Gennaro , Presidente ... 2 

Audizione congiunta del Prefetto di Agrigento, dottor Nicola Diomede, e del Questore di Agrigento, Mario Finocchiaro:
Migliore Gennaro , Presidente ... 2 
Diomede Nicola , Prefetto di Agrigento ... 2 
Migliore Gennaro , Presidente ... 4 
Diomede Nicola , Prefetto di Agrigento ... 4 
Migliore Gennaro , Presidente ... 5 
Diomede Nicola , Prefetto di Agrigento ... 5 
Migliore Gennaro , Presidente ... 5 
Diomede Nicola , Prefetto di Agrigento ... 5 
Migliore Gennaro , Presidente ... 5 
Finocchiaro Mario , Questore di Agrigento ... 6 
Migliore Gennaro , Presidente ... 7 
Palazzotto Erasmo (SI-SEL)  ... 7 
Diomede Nicola , Prefetto di Agrigento. (fuori microfono) ... 8 
Palazzotto Erasmo (SI-SEL)  ... 8 
Colonnese Vega (M5S)  ... 9 
Beni Paolo (PD)  ... 9 
Migliore Gennaro , Presidente ... 9 
Diomede Nicola , Prefetto di Agrigento ... 10 
Palazzotto Erasmo (SI-SEL)  ... 10 
Diomede Nicola , Prefetto di Agrigento ... 10 
Palazzotto Erasmo (SI-SEL)  ... 11 
Diomede Nicola , Prefetto di Agrigento ... 11 
Palazzotto Erasmo (SI-SEL)  ... 11 
Diomede Nicola , Prefetto di Agrigento ... 12 
Migliore Gennaro , Presidente ... 12 
Diomede Nicola , Prefetto di Agrigento ... 12 
Beni Paolo (PD)  ... 12 
Diomede Nicola , Prefetto di Agrigento ... 12 
Finocchiaro Mario , Questore di Agrigento ... 13 
Diomede Nicola , Prefetto di Agrigento ... 13 
Migliore Gennaro , Presidente ... 13 
Diomede Nicola , Prefetto di Agrigento ... 13 
Migliore Gennaro , Presidente ... 13 
Finocchiaro Mario , Questore di Agrigento ... 13 
Migliore Gennaro , Presidente ... 13 
Finocchiaro Mario , Questore di Agrigento ... 13 
Migliore Gennaro , Presidente ... 14 
Finocchiaro Mario , Questore di Agrigento ... 14 
Migliore Gennaro , Presidente ... 16 

Audizione congiunta della Prefetta di Ragusa, dottoressa Maria Carmela Librizzi, e del Questore di Ragusa, dottor Giuseppe Gammino:
Migliore Gennaro , Presidente ... 16 
Librizzi Maria Carmela , Prefetta di Ragusa ... 16 
Migliore Gennaro , Presidente ... 17 
Gammino Giuseppe , Questore di Ragusa ... 17 
Migliore Gennaro , Presidente ... 18 
Lorefice Marialucia (M5S)  ... 18 
Beni Paolo (PD)  ... 18 
Migliore Gennaro , Presidente ... 19 
Beni Paolo (PD)  ... 19 
Migliore Gennaro , Presidente ... 19 
Librizzi Maria Carmela , Prefetto di Ragusa ... 19 
Gammino Giuseppe , Questore di Ragusa ... 20 
Migliore Gennaro , Presidente ... 22 

Audizione congiunta del Prefetto di Trapani, dottor Leopoldo Falco, e del Questore di Trapani, dottor Maurizio Agricola:
Migliore Gennaro , Presidente ... 22 
Falco Leopoldo , Prefetto di Trapani ... 23 
Migliore Gennaro , Presidente ... 24 
Agricola Maurizio , Questore di Trapani ... 24 
Migliore Gennaro , Presidente ... 24 
Palazzotto Erasmo (SI-SEL)  ... 24 
Migliore Gennaro , Presidente ... 25 
Falco Leopoldo , Prefetto di Trapani ... 25 
Migliore Gennaro , Presidente ... 26 
Falco Leopoldo , Prefetto di Trapani ... 26 
Palazzotto Erasmo (SI-SEL)  ... 26 
Migliore Gennaro , Presidente ... 27 
Agricola Maurizio , Questore di Trapani ... 27 
Palazzotto Erasmo (SI-SEL)  ... 27 
Agricola Maurizio , Questore di Trapani ... 27 
Palazzotto Erasmo (SI-SEL)  ... 27 
Agricola Maurizio , Questore di Trapani ... 27 
Falco Leopoldo , Prefetto di Trapani ... 27 
Palazzotto Erasmo (SI-SEL)  ... 27 
Falco Leopoldo , Prefetto di Trapani ... 27 
Migliore Gennaro , Presidente ... 28

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GENNARO MIGLIORE

  La seduta comincia alle 12.30.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che dell'audizione odierna sarà redatto un resoconto stenografico e che ove necessario, anche su richiesta di un commissario ovvero degli auditi, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta. Al riguardo per assicurare la massima fluidità al dibattito pubblico, prego i colleghi di riservare eventuali quesiti da sviluppare in sede riservata alla parte finale della seduta.
  Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito. Dispongo pertanto l'attivazione dell'impianto.

Audizione congiunta del Prefetto di Agrigento, dottor Nicola Diomede, e del Questore di Agrigento, Mario Finocchiaro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione congiunta del Prefetto di Agrigento, dottor Nicola Diomede, e del Questore di Agrigento, Mario Finocchiaro.
  Ricordo che l'incontro odierno si inserisce nell'ambito del ciclo di audizioni dedicate alle procedure concernenti l'istituzione dei nuovi hotspot. Tra di essi, com’è noto, figura il centro sito a Lampedusa, che una delegazione di quest'organo ha potuto visitare lo scorso giugno, tra l'altro con il supporto e l'accoglienza del prefetto e del questore, che ringrazio ancora.
  Al riguardo, la Commissione auspica di acquisire elementi informativi esaurienti sulla situazione attuale del centro, nonché sulle innovazioni intervenute sia nelle procedure di identificazione e fotosegnalamento dei migranti, sia negli strumenti adottati per operare un primo discrimine tra aspiranti richiedenti asilo e rifugiati e cosiddetti «migranti economici», anche sul versante delle garanzie a presidio dei diritti di chi accede alla procedura di riconoscimento e di chi non vi accede.
  Nel ringraziare gli auditi per la disponibilità a partecipare ai lavori della Commissione, cedo la parola al prefetto di Agrigento, Nicola Diomede.

  NICOLA DIOMEDE, Prefetto di Agrigento. Buongiorno, Presidente, a lei e a tutti i componenti della Commissione, una cui delegazione, come ricordava il Presidente, ha visitato quello che in quel momento si chiamava «Centro di primo soccorso e accoglienza» a Lampedusa. Se non erro, era la fine del mese di maggio.
  Durante l'estate, la situazione degli sbarchi, come è noto, è assolutamente continuata. Poi, in relazione a quegli accordi su base europea – la famosa roadmap – il centro di Lampedusa, se non erro dal 28 settembre, è stato qualificato, da un punto di vista delle intese europee, come «hotspot», «punto caldo», luogo sostanzialmente di arrivo dei migranti.Pag. 3
  Ritengo opportuno fare subito un distinguo. Sotto i profili dell'assistenza, dei servizi di assistenza generica alla persona e dei servizi di carattere sanitario, nel passaggio da CPSA a hotspot non è cambiato nulla. Le novità sono sicuramente da riferirsi, in relazione alla famosa roadmap, a quelle che sono le procedure di pre-identificazione, identificazione, fotosegnalamento e raccolta delle impronte digitali che si svolgono all'interno della struttura di contrada Imbriacola.
  In relazione alla relocation, le nazionalità che vengono privilegiate – eritrei, siriani e iracheni – hanno fatto sì che all'interno della struttura, pur nell'ambito di una unicità e omogeneità di erogazione dei vari servizi e delle varie procedure, si è assolutamente tenuto conto delle novità introdotte relativamente all’hotspot, quindi viene riservata una dovuta attenzione a quelle tre nazionalità. Peraltro, le nazionalità da relocation sono un qualcosa in divenire, perché più recentemente sono state in qualche modo considerate all'interno della relocation altre nazionalità: Bahrein, Repubblica Centrafricana, Swaziland, Yemen e gli apolidi palestinesi.
  Essendo la Commissione già stata a Lampedusa, procederò per sommi capi. Il servizio di assistenza sanitaria viene garantito già quando le persone vengono raccolte in mare (convenzione tra la Guardia costiera e il Corpo di soccorso dell'Ordine di Malta, CISOM). Ulteriore assistenza sanitaria avviene sul molo Favaloro di Lampedusa, con indirizzo di persone che ne hanno bisogno, direttamente al poliambulatorio; poi in caso di necessità vengono trasportati in elisoccorso sulla terraferma. Le altre persone vengono portate all'interno del centro.
  Sotto il profilo, in termini d'attualità, dell’hotspot, all'interno del centro operano organizzazioni internazionali come ACNUR e OIM, oltre che Save the Children. Punto focale è l'informazione, il più possibile completa ed esaustiva, che deve essere data a queste persone nel momento in cui arrivano all'interno del centro. Sotto questo specifico punto di vista, le organizzazioni umanitarie internazionali hanno preparato e distribuiscono alle persone che arrivano all'interno del centro dei volantini nelle diverse lingue, in cui danno informazioni «legali» su quelli che sono le loro possibilità e i loro diritti.
  Questo avviene nell'immediatezza dell'arrivo al centro da parte delle persone soccorse in mare, nelle more che vengano poi compiutamente avviate tutte le procedure che sono più specificatamente legate a pre-identificazione, identificazione, fotosegnalamento e quant'altro, procedure al termine delle quali gli ospiti si rivolgono all'ente gestore della struttura per tutti gli altri aspetti legati ai servizi di assistenza generica alla persona.
  Sulla base di un appunto, concordato ovviamente con il signor questore – il quale parlerà in maniera più specifica rispetto a queste procedure –, posso aggiungere che dal 28 settembre al 22 gennaio abbiamo raccolto dei dati, anche perché nei giorni scorsi ci sono stati ulteriori sbarchi che si sono succeduti (uno venerdì, uno sabato e uno domenica). Comunque, i dati dal 28 settembre – che abbiamo preso come data di attivazione dell’hotspot – al 22 gennaio riferiscono che sono sbarcate nella provincia di Agrigento 4.863 persone, delle quali 3.789 a Lampedusa e 1.074 sulla costa, intendendosi il porto di Porto Empedocle.
  Sul piano più generale dell'anno 2015, gli sbarchi sono stati 180, dato riferito sempre alla provincia di Agrigento, con l'arrivo di 27.135 persone. Di questi 180 sbarchi, 157 sono avvenuti a Lampedusa e 23 sulle coste agrigentine.
  Le nazionalità prevalenti delle persone sbarcate – questo rileva ai fini delle procedure hotspot – sono state: eritrea, somala, nigeriana e marocchina. Dal sistema del Dipartimento della pubblica sicurezza risulta che le varie nazionalità sbarcate nello specifico sono state: 633 eritrei, 536 marocchini, 449 nigeriani e 815 somali.
  Per quanto riguarda la procedura di relocation – parliamo sempre di dati riferiti al 22 gennaio – i migranti che hanno avuto accesso alla procedura sono stati 354. La nazionalità assolutamente Pag. 4prevalente è quella eritrea, anche perché effettivamente da quando si è aperta la rotta balcanica non sono più arrivate persone di nazionalità siriana.
  Questi eritrei della relocation sono stati ovviamente pre-identificati e fotosegnalati. Tutte queste attività all'interno del centro di accoglienza vengono svolte dai funzionari della Polizia di Stato, dell'Ufficio immigrazione situato all'interno di un apposito padiglione del centro, ma a queste attività partecipano anche i funzionari dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO).
  Per altre finalità, all'interno del centro ci sono anche i funzionari di Frontex e per altri tipi di attività ci sono forme di collaborazione. Sotto il profilo sanitario, opera all'interno del centro di Lampedusa l'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà.
  Relativamente alla relocation, le attività vengono svolte in collaborazione con i funzionari EASO.
  Anticipo subito – in seguito il questore interverrà – che le persone per le quali viene completata la prima fase della procedura di relocation all'interno del centro di Lampedusa hanno come sbocco naturale l’hub – uso la terminologia inglese – di Villa Sikania, che sta a Siculiana, vicino a Porto Empedocle. Pertanto, le persone per le quali si attiva la procedura di relocation, completate determinate attività, vengono trasferite con la nave da Lampedusa a Porto Empedocle e da qui a Siculiana, che è distante dieci chilometri (è quindi molto vicino).
  All'interno di questo hub di Siculiana vengono ulteriormente svolte tutte le procedure legate al perfezionamento in chiave europea, ma anche le procedure informatiche di carattere europeo, che vengono poi trasmesse anche qui a Roma, dove viene censita la disponibilità dei posti nei paesi dove queste persone potranno essere ospitate con la relocation. Queste persone da Siculiana vengono trasferite qui a Roma, su disposizione e d'intesa col Dipartimento delle libertà civili e dell'immigrazione, e poi vengono condotte nei Paesi di destinazione.
  Il dato statistico che vi posso fornire è che le persone che hanno avuto accesso alla relocation, con nazionalità prevalentemente eritrea, sono 354.
  Al 22 gennaio presso l’hub di Villa Sikania erano presenti 275 stranieri «rilocandi». Tra questi vi erano 253 eritrei, cinque siriani, otto iracheni, uno proveniente dalla Repubblica Centrafricana e poche persone di altre nazionalità.

  PRESIDENTE. Mi scusi, prefetto. Lei si riferisce a quelli che sono nella procedura, non a quelli che sono stati riallocati effettivamente fuori dall'Italia ?

  NICOLA DIOMEDE, Prefetto di Agrigento. No. Dei 354 che hanno avuto accesso alla relocation, 197 migranti sono stati trasferiti a Roma, nella struttura del CARA di Castelnuovo di Porto, e poi sono partiti verso i vari Paesi.
  L'altro dato si riferiva a oggi: ci sono 275 stranieri. Il numero tiene conto di circostanze particolari. Per esempio, alcuni migranti che sono sbarcati in altri porti sono stati poi mandati all’hub di Villa Sikania, perché l’hotspot di Lampedusa e l’hub di Villa Sikania sono le prime due strutture che sono concretamente entrate in funzione. Quella di Trapani è entrata in funzione verso il 22-23 dicembre, mentre Lampedusa e l’hub di Villa Sikania il 28 settembre.
  Dunque, le persone che hanno accesso alla relocation sono pervenute, sulla base di smistamenti disposti dal Ministero, anche da altri centri.
  Una delle difficoltà che si sono registrate, anche in tempi abbastanza recenti, riguarda il problema della raccolta delle impronte digitali quasi esclusivamente delle persone provenienti dall'Eritrea.
  Dagli inizi del mese di dicembre – la situazione si è andata via via incrementando – si è creato un gruppo di circa 220-230 persone di nazionalità eritrea, le quali non avevano nessunissima intenzione di farsi raccogliere le impronte Pag. 5digitali (pre-identificazione sì, impronte digitali no).
  Ciò dipende da una serie di convinzioni personali, non ultima quella di voler determinare loro stessi il Paese all'interno del quale sarebbero stati ospitati. Questa era prevalentemente la loro «rivendicazione».
  Relativamente a questo problema, la linea che si è seguita è stata quella di far parlare ogni giorno questi migranti eritrei con il personale dell'ente gestore, con il personale delle organizzazioni umanitarie e anche con gli operatori delle forze di polizia, per far capire loro che la raccolta delle impronte digitali è prevista dal nostro sistema normativo, in coerenza con quello europeo, e che quindi loro tendenzialmente non potevano lasciare l'isola. Infatti, chiaramente la richiesta era anche quella di lasciare l'isola di Lampedusa. Hanno fatto delle manifestazioni nel centro abitato, tutte assolutamente pacifiche.
  Si è tenuta questa linea e, poco per volta, questo numero si è sostanzialmente sciolto, nel senso che ognuno di loro, a piccoli gruppi, ha dato le proprie impronte digitali e, quindi, si è proceduto al completamento della procedura di relocation.
  All'interno dell’hotspot, se ci sono persone che, nell'ambito dell'intervista che rilasciano arrivando all'interno del centro, manifestano la richiesta di asilo, queste persone vengono trasferite da Lampedusa a Villa Sikania e poi, secondo il piano di riparto e distribuzione concordato con il Dipartimento delle libertà civili e dell'immigrazione, vengono via via trasferite nelle altre regioni e nelle altre strutture di accoglienza del Paese.
  Concludo con un'ultima annotazione. Il signor presidente faceva cenno alla questione dei migranti economici...

  PRESIDENTE. Che non esistono.

  NICOLA DIOMEDE, Prefetto di Agrigento. Che non esistono.

  PRESIDENTE. Come criterio, come definizione giuridica, non sono scritti da nessuna parte, perciò li chiamo «cosiddetti».

  NICOLA DIOMEDE, Prefetto di Agrigento. Va benissimo come «non definizione». Vi è comunque una necessaria distinzione. Abbiamo detto che ci sono migranti che provengono da determinati Paesi con procedure di relocation e altri migranti che dichiarano la loro intenzione di essere considerati asilanti.
  Ci sono poi anche migranti e ospiti che invece, in base alle informazioni che vengono raccolte nell'immediato all'interno del centro, non dichiarano motivi diversi rispetto a quelli che in linea di massima sono previsti all'interno di uno specifico foglio-notizie che è uguale in tutte le strutture del Paese. Tra i diversi motivi per i quali queste persone giungono in Italia c’è il motivo di asilo.
  Queste persone che dichiarano motivi diversi da quelli dell'asilo ovviamente rimangono all'interno del centro di accoglienza di Lampedusa e vengono trasferite anch'esse a Porto Empedocle. Sulla base di alcune direttive ministeriali, nei confronti di queste persone viene adottato il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale entro il termine di sette giorni.
  A questo proposito, però, è assolutamente doveroso precisare che, proprio perché hanno questo arco di tempo, nonostante nei loro confronti sia emesso il provvedimento di allontanamento, a queste persone viene data la possibilità di essere adeguatamente assistite, a fronte di una dichiarazione dell'intenzione di chiedere asilo (è sufficiente l'intenzione).
  Ciò dipende dal fatto che a, ogni piè sospinto, l'informazione di carattere normativo sui loro diritti viene continuamente fornita.
  È capitato più volte che persone nei confronti delle quali erano stati adottati provvedimenti di allontanamento sono state poi ricollocate nell'immediato all'interno della struttura di Villa Sikania come richiedenti asilo. Questo in linea di massima è l'inquadramento.

  PRESIDENTE. Ringrazio il prefetto. Cedo, quindi, la parola al questore di Agrigento, il dottor Mario Finocchiaro.

Pag. 6

  MARIO FINOCCHIARO, Questore di Agrigento. Buongiorno presidente e signori componenti della Commissione.
  Rispetto all'esposizione del signor prefetto, dottor Diomede, per quanto riguarda l'attività più specificamente della polizia di Stato, vorrei precisare alcune cose. Chiaramente siamo a disposizione per qualsiasi domanda in proposito.
  Dalla visita svolta dalla Commissione nel mese di maggio c’è una novità sostanziale che ha interessato il centro di contrada Imbriacola di Lampedusa. Il Centro di primo soccorso e accoglienza (CPSA) è rimasto, perché chiaramente è un presidio avanzato in una località dove avvengono frequentemente sbarchi, soprattutto a seguito di salvataggi effettuati in mare. Pur restando una struttura di prima accoglienza e di primo soccorso, il centro di Contrada Imbriacola di Lampedusa è diventato anche il primo hotspot italiano, sulla base degli accordi che sono stati stipulati in sede europea a proposito di relocation.
  Rispetto a maggio, l'innovazione è che nell’hotspot di Lampedusa viene effettuata una distinzione dei migranti che vengono portati su quell'isola in due categorie, all'interno di ciascuna delle quali vi sono due sottocategorie.
  Coloro che manifestano la volontà di chiedere asilo politico e protezione internazionale vengono distinti tra quelli che appartengono alle nazionalità per le quali, come diceva il signor prefetto, in base agli accordi europei, è possibile attivare la procedura di relocation e i semplici manifestanti la volontà di chiedere la protezione internazionale non rientranti in quelle nazionalità.
  Nell'altra categoria rientrano coloro che nel linguaggio comune vengono definiti impropriamente «migranti economici». Sostanzialmente, sono tutti quei migranti che non manifestano la volontà di chiedere asilo politico.
  Fatta questa distinzione, i richiedenti asilo appartenenti alle nazionalità per le quali è possibile la relocation vengono presi in carico o comunque particolarmente attenzionati da un gruppo di lavoro, di cui una parte importante è rappresentata da funzionari dell'EASO. Sono funzionari europei misti, che sono dedicati a informare i migranti aventi una nazionalità soggetta a relocation della possibilità di aderire a questa procedura e, quindi, di avviarla.
  Come abbiamo detto, ci sono poi i restanti migranti non appartenenti a queste nazionalità che manifestano la volontà di chiedere la protezione internazionale e tutti gli altri.
  Non ripeto quali sono le procedure, dallo sbarco allo screening sanitario, fino alle cosiddette «operazioni di pre-identificazione».
  Quella che ha assunto particolare rilievo, soprattutto negli ultimi tempi, è la procedura di fotosegnalamento dei migranti.
  Sul fotosegnalamento ultimamente si è particolarmente rigidi, nel senso che, mentre in passato magari si facevano dei trasferimenti da Lampedusa anche di soggetti non fotosegnalati, che sarebbero stati poi fotosegnalati nelle località e presso i centri di destinazione, adesso non si procede al trasferimento, se non dei soggetti fotosegnalati. Mi riferisco sia ai richiedenti asilo sia agli altri.
  Questo ha comportato, in particolare per alcune nazionalità, una permanenza nell’hotspot di Lampedusa per periodi più lunghi di quelli che sono previsti in linea di massima dalla roadmap in tema di relocation. La roadmap prevede una permanenza negli hotspot di 48 o al massimo 72 ore. Per molti migranti, in realtà, la permanenza è stata più lunga, proprio in relazione al fatto che in particolare i migranti di nazionalità eritrea e siriana (siriana ce ne sono pochi, la gran parte a Lampedusa è rappresentata da eritrei), fino al recentissimo passato, rifiutava di sottoporsi alle procedure di fotosegnalamento.
  Questo ha comportato che la stragrande maggioranza è rimasta a Lampedusa per un tempo più lungo, non è stata trasferita fino a quando non si sono convinti a farsi fotosegnalare. Negli ultimi tempi su questo ci sono state novità Pag. 7sostanziali, nel senso che quel rifiuto di fotosegnalamento da parte degli eritrei in particolare è caduto, tanto che negli ultimi sbarchi, quelli di quest'ultimo fine settimana, i pochi eritrei che sono arrivati (circa una ventina) hanno accettato tutti il fotosegnalamento. Credo quindi che, se continua questo trend, i tempi di permanenza saranno notevolmente abbreviati.
  Detto questo, tornando a quanto succede alle varie categorie di migranti, i migranti richiedenti protezione internazionale appartenenti a nazionalità soggette a relocation vengono trattati in particolare dai funzionari dell'EASO e vengono trasferiti, una volta fotosegnalati, all’hub regionale che attualmente è l'unico in Sicilia, quello di Siculiana, sempre in provincia di Agrigento.
  Si tratta dell'unico hub regionale, tanto che in questo, come diceva il signor prefetto, sono confluiti anche soggetti eritrei e siriani provenienti da altri sbarchi, non solo da Lampedusa. Vengono avviati in questo hub, sempre con l'ausilio dei funzionari dell'EASO si procede poi alla compilazione del modello C3, ossia alla formalizzazione della richiesta d'asilo di protezione internazionale, e poi, in base a delle tempistiche stabilite dal Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, avviati a Roma per la successiva, effettiva ricollocazione negli Stati europei che hanno aderito.
  Gli altri richiedenti protezione internazionale non facenti parte delle categorie soggette a relocation vengono avviati sempre in questo hub di Villa Sikania e con le procedure ordinarie vengono avviati alle strutture di accoglienza in territorio nazionale, dove seguiranno la procedura ordinaria prevista per il riconoscimento della protezione internazionale.
  Per quanto riguarda i migranti non richiedenti protezione internazionale, si è proceduto con i respingimenti, provvedimenti del questore che intimano l'uscita dal territorio nazionale nelle due forme: una parte viene trattenuta al CIE laddove ci siano dei posti disponibili, mentre alla maggioranza viene intimato di lasciare il territorio nazionale entro sette giorni.
  I respingimenti effettuati da fine settembre al 22 gennaio sono stati per quanto riguarda la provincia di Agrigento 1426, di cui 311 con trattenimento presso i CIE e 1115 con intimazione a lasciare il territorio nazionale entro sette giorni.
  Su questo vorrei precisare che negli ultimi giorni (quindi parliamo degli ultimi sbarchi) il numero dei migranti che hanno manifestato la volontà di richiedere protezione internazionale è notevolmente aumentata in percentuale rispetto al passato, per cui anche soggetti appartenenti a nazionalità che fino a pochi giorni fa non avevano manifestato la volontà di richiedere la protezione internazionale la richiedono. Nei confronti di queste persone non procediamo più al respingimento, ma adottiamo la procedura normale prevista per i richiedenti protezione internazionale.
  Credo di aver integrato quello che ha detto il signor prefetto, ma comunque siamo a disposizione.

  PRESIDENTE. Grazie. Visto che, come sapete, abbiamo le audizioni dei tre prefetti e dei tre questori dei luoghi dove sono previsti gli hotspot, vi pregherei di fare delle domande puntuali in modo tale che ci possano essere delle brevi risposte, che ci consentano di non accumulare ritardi, come sempre può accadere in questi casi, legittimamente. Non intendo privare i commissari di tutto il tempo che ritengono necessario, però vi inviterei a essere molto sintetici nell'individuazione dei problemi, ringraziando ovviamente per le loro comunicazioni il prefetto e il questore.
  Darò la parola a uno per Gruppo, come al solito.

  ERASMO PALAZZOTTO. Grazie, signor presidente. Ringrazio anch'io il questore e il prefetto di Agrigento per essere qui oggi e proverò a essere molto specifico sulle domande per evitare di dilungarci troppo.
  La prima riguarda l’hotspot di Lampedusa. Ho una lettera della sindaca di Lampedusa, Giusi Nicolini, che è indirizzata anche al signor prefetto...

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  NICOLA DIOMEDE, Prefetto di Agrigento. (fuori microfono) Del 7 gennaio.

  ERASMO PALAZZOTTO. Esatto. Protocollata il 7 gennaio. La lettera dice come in realtà non sia vero che a Lampedusa non è cambiato niente e – come ci confermava anche il prefetto Pansa in un'audizione precedente – Lampedusa sia diventata di fatto un luogo di contenimento o, se vogliamo, detenzione a cielo aperto di tutti migranti che non si fanno identificare.
  La domanda precisa è quindi come un centro come quello di Lampedusa, che conosciamo bene, avendo circa 2-300 posti perennemente occupati (gli eritrei a cui faceva riferimento vi sono rimasti per più di due mesi), possa svolgere le funzioni di primo soccorso e accoglienza, visti i numeri degli sbarchi. Uno dei problemi che oggi si registra è che il centro, perennemente sovraffollato e in condizione di promiscuità, ospita anche molti minori e contestualmente la situazione a Lampedusa sta diventando particolarmente complicata sia per i migranti che per i cittadini, che hanno il disagio oggettivo di un centro sovraffollato.
  L'altra domanda riguarda invece l’hub di Siculiana. Vorrei sapere quanti sono i posti effettivi sulla carta dell’hub di Siculiana, perché i numeri parlano di grandi cifre e di lungaggini burocratiche che, tra identificazione e processi di relocation, richiedono una lunga permanenza, quindi immaginiamo che ci sia un sovraffollamento continuo.
  Sollevo poi al questore una questione che riguarda i respingimenti in differita. Noi abbiamo accertato in più occasioni alcune procedure, testimoniate da diverse organizzazioni umanitarie sul territorio di Agrigento, che vedono respingenti in differita che sembrano quasi essere collettivi, perché sono fotocopiati con gruppi della stessa nazionalità, che vengono di fatto abbandonanti in condizioni di oggettivo disagio prima presso la stazione di Agrigento, mentre adesso un ultimo gruppo di camerunensi rintracciato domenica, di cui ho i documenti in mio possesso, è stato abbandonato nelle campagne vicino Aragona, da funzionari della Polizia che gli hanno detto di rimanere lì, di fatto senza sostentamento, alcuni senza le scarpe, solo con le infradito in pieno inverno. Questi hanno dormito in un casolare, con un foglio che intimava loro di lasciare il Paese in sette giorni.
  La maggior parte dei 1.100 provvedimenti emessi è stata impugnata e il tribunale di Palermo ha accolto quasi tutti i ricorsi presentati, quindi tutti i migranti, essendo stati informati presso i centri della Caritas del loro diritto di chiedere asilo, ne hanno fatto richiesta. Evidentemente ci sarà un problema da un punto di vista della corretta informazione che avviene allo sbarco, perché questi migranti dopo essere stati respinti, informati dalle organizzazioni umanitarie, fanno tutti regolare richiesta d'asilo e normalmente i provvedimenti di respingimento sono nulli, perché annullati dal tribunale di Palermo.
  Da questo punto di vista come si pensa di porre rimedio a tutto questo, che è iniziato – lo voglio dire – anche in seguito all'apertura dell’hotspot ? Abbiamo assistito infatti all'aumento dei respingimenti in differita in seguito all'apertura dell’hotspot. Tutto fa presupporre che, al di là della volontà esplicita del migrante di chiedere asilo, ci sia una scrematura per nazionalità di migranti cosiddetti «economici».
  Visto che una circolare del prefetto Morcone richiamava proprio questo punto della corretta informativa e visto che Agrigento è uno dei punti caldi di questo fenomeno con 1.100 respingimenti, vorrei sapere se abbiate adottato misure per ovviare a tutto questo.
  Vorrei infine chiedere a entrambi quali misure intendiate adottare da un lato per non gravare Lampedusa di un peso eccessivo, dall'altro per garantire l'effettivo diritto all'asilo di tutti i migranti che arrivano nel nostro Paese e anche l'ordine pubblico e la sicurezza, perché 1.100 persone abbandonate ad Agrigento con l'intimazione di lasciare il Paese, senza soldi e senza documenti, gravano su quel territorio, creando non Pag. 9pochi problemi per quanto riguarda sia la cittadinanza che le condizioni di dignità umana in cui noi dobbiamo accogliere chi arriva nel nostro Paese.

  VEGA COLONNESE. Proprio alla luce di quanto appena denunciato dal collega, le nostre domande sono molto precise, ma anche generali, nel senso che chiediamo quali criticità abbiate rilevato sugli hotspot e soprattutto una definizione netta che dareste di hotspot, ossia cosa sono e quali sono i loro punti di debolezza.
  Vorrei inoltre sapere se viene effettivamente garantita l'assistenza legale ai richiedenti asilo e in che modo, dato che il prefetto citava un volantino che illustra i diritti dei migranti, quindi quante associazioni sono in grado di garantire una corretta tutela legale, quante sono le richieste effettive, come vengono fatte, quali sono le criticità e le procedure non seguite correttamente e come, in base all'esperienza, viene garantita l'assistenza legale, che consideriamo il punto principale.

  PAOLO BENI. Riprendo molte delle domande che sono già state poste. In particolare vorrei sapere rispetto ai 4860 sbarchi del periodo preso in esame, poiché lei diceva che c’è voluto del tempo a convincere un gruppo di circa 200, quanti sono quelli di cui ancora non è stato possibile fare l'identificazione e quindi ancora trattenuti, se avete questo dato. Vorrei chiederle anche se a suo parere ci sia un motivo, al di là della tecnica che è stata usata di «ripetuta insistenza», che possa aver favorito il cambio di atteggiamento da parte di questi gruppi.
  Per quanto riguarda l’hub di Villa Sikania, non ho capito quanti posti ha e qual è il tempo medio di permanenza, visto che poi da lì il trasferimento avviene soltanto per alcuni. Sui 1.115 respingimenti, vorrei capire se conoscete la percentuale di coloro che fanno in ritardo la richiesta di protezione internazionale e quindi rientrano nel sistema.
  Sullo sbarco anch'io avevo notato questo particolare del volantino in più lingue, ma mi sembrava che lei, prefetto, facesse riferimento a IOM e Save the Children. Questa azione di informazione e di sostegno nella compilazione del questionario viene fatta da funzionari delle istituzioni italiane con l'assistenza dei funzionari europei o dalle associazioni ?

  PRESIDENTE. Vorrei fare anch'io due domande molto specifiche. Una si ricollega a quanto chiesto dai colleghi Beni e Palazzotto, per sapere quali sono i presupposti giuridici su cui si fonda l’hotspot di Lampedusa, anche perché fino ad oggi non abbiamo ancora capito se c’è una circolare che indica i meccanismi. Da qui emerge anche la richiesta della Sindaca di sapere se vi è un contenimento delle persone o possono uscire dal centro.
  Un'altra questione riguarda i respingimenti. Il signor questore ha affermato che alcuni vanno nei CIE e altri sono invitati ad abbandonare il territorio nazionale entro sette giorni; quindi non c’è un criterio, se non l'esaurimento dei posti nei CIE.
  Se così fosse, a mio giudizio (non mi permetto di dire a giudizio della Commissione), ci sarebbe un'anomalia, perché una cosa è mandare una persona in un CIE, in particolare allo sbarco, una cosa è intimarle i sette giorni. Al di là dei casi citati, se fosse questo l'unico criterio, dovrebbe essere segnalato come problema, perché si tratterebbe di non un criterio oggettivo, ma di un criterio funzionale all'organizzazione della rete dell'accoglienza.
  Mi permetto di ricordare un tema a cui tutti i commissari sono molto sensibili, per sapere quante sono le donne, in particolare nigeriane, oggetto di provvedimenti di respingimento, anche perché secondo i dati dell'OIM c’è stata una triplicazione della tratta nel nostro Paese, e se ci sono dei protocolli per individuare ed eventualmente proteggere queste persone che, come sappiamo, all'atto dello sbarco sono particolarmente fragili e ancora poco disponibili a collaborare, anche perché solitamente sbarcano con la cosiddetta «mami» che le accompagna. Pag. 10
  Noi le abbiamo viste anche quando siamo andati di notte a visitare il centro e quindi vorremmo sapere se esistono delle procedure specifiche per proteggere queste donne.
  Lascio la parola al Prefetto di Agrigento, Nicola Diomede, per la replica.

  NICOLA DIOMEDE, Prefetto di Agrigento. Ho preso degli appunti e spero di dire tutto. Se però mancasse qualcosa, ovviamente me lo segnalerete.
  Lettera del sindaco di Lampedusa del 7 gennaio, lettera che si inquadra all'interno di quel periodo, cominciato il 5 dicembre (giorno più, giorno meno), in cui sono arrivati gruppi di eritrei che non ritenevano di farsi fotosegnalare. Di quei 230 ne sarà rimasta ancora una decina. Il sindaco di Lampedusa mette in evidenza all'interno di questa lettera il problema che è il problema Lampedusa, non è il problema hotspot-CPSA. Il problema è Lampedusa. Come lei ha poi riportato, l'impressione del sindaco è che è come se Lampedusa diventasse, alla fine, una sorta di luogo di detenzione di queste persone.
  In merito occorre dire, in primo luogo, al di là di altre motivazioni, che per esempio uno dei motivi che allungano la permanenza sull'isola da parte dei migranti sono le condizioni del mare. Se i collegamenti marittimi non funzionano, non si va via dall'isola e non si arriva. Oppure magari si arriva, perché le condizioni del mare dal Canale di Sicilia...

  ERASMO PALAZZOTTO. (fuori microfono) Due mesi ?

  NICOLA DIOMEDE, Prefetto di Agrigento. Guardi che è una cosa che succede. Può succedere anche che per 7-8 giorni non ci sia la nave. Non capisco lo scetticismo.
  Comunque, al di là di questo, l'isola di Lampedusa, con la sua struttura, non è assolutamente nuova né al fatto di aver ospitato in determinati periodi numeri di molto maggiori rispetto a quelli che ci sono stati ultimamente, né al fatto che queste persone siano rimaste per diverso tempo sull'isola, anche in numeri di sovraffollamento della struttura, per tutta una serie di ragioni, alle quali possiamo anche aggiungere, correttamente, il problema delle condizioni del mare.
  Il sindaco ha giustamente messo in evidenza questo, anche perché le manifestazioni fatte da queste persone di nazionalità eritrea sono sfociate poi sotto l'amministrazione comunale, quasi a individuare un luogo di interlocuzione tra queste persone e ciò che loro rivendicavano come loro diritti e il comune, soprattutto per la figura che sul piano internazionale, oggettivamente, è il sindaco di Lampedusa.
  Quella situazione descritta dal sindaco – in quel momento effettivamente si era creato un momento di criticità – si è poi, però, risolta attraverso (qui mi ricollego alle altre domande) il continuo dire, ripetere e fornire la più completa informazione a queste persone.
  La domanda è la seguente: io, che vengo dall'Eritrea, in maniera non singola, ma collettiva, con un passaparola ed evidentemente con delle convinzioni personali a monte, mi oppongo – infatti, nelle manifestazioni c'era il cartello: «No fingerprints»; c'era proprio scritto in questa maniera – a questa cosa. Non si tratta di un individuo, ma di gruppi di persone. Ognuna di loro si sostiene su questo tipo di posizione. Probabilmente questo fa parte di un tipo di convincimento che nasce prima del loro arrivo a Lampedusa. Succede spesso che gruppi di persone vengano con comportamenti e convinzioni tra di loro omogenei.
  La differenza, a questo punto, non può che farla l'informazione. L'informazione la fa l'ente gestore. La fanno – c’è anche Save the Children per i minori – principalmente le due organizzazioni internazionali, ACNUR e OIM, che, come ho detto prima, sin da quando le persone arrivano nel centro, cominciano questo tipo di attività.
  A maggior ragione, se la media della permanenza nell’hotspot di Lampedusa è Pag. 11stato, da quando è entrato in funzione, di 7-8 giorni, durante questi 7-8 giorni o comunque durante tutto il periodo di permanenza – questa è stata anche l'indicazione concordata –, le organizzazioni umanitarie continuano nei giorni successivi, vivendo all'interno del centro e incontrando le persone, a offrire questo tipo di informazione.
  Non è una cosa che succede solamente al momento iniziale e poi finisce lì. Proprio per la difficoltà, di cui ha parlato anche il signor questore, di far comprendere il perché del fotosegnalamento e delle impronte digitali e superare le remore, si continua nel corso dei giorni a fornire sempre questo tipo di informazione.
  C’è voluto del tempo, ma giustamente il questore metteva in evidenza, a proposito del discorso dei comportamenti collettivi, che ultimamente, in effetti, anche quelli che arrivano all'isola di Lampedusa sono meno contrari a sottoporsi alle varie procedure.
  Passando a Siculiana, qui apro un inciso. Nella Regione siciliana l'allora assessore alla salute Borsellino ha emanato un decreto assessoriale con il quale ha stabilito quali sono gli standard e le misure strutturali e organizzative dei centri per migranti non governativi presenti in Sicilia. All'interno di questo decreto ha anche stabilito la possibilità di iscriversi a un albo regionale. Tale albo regionale facilita poi l'interlocuzione con le prefetture rispetto alle strutture di accoglienza.
  La struttura per migranti di Siculiana, che è un centro di accoglienza straordinario come altri, si è iscritta all'albo regionale con decreto emanato dalla Regione. I posti individuati in quella struttura sono 278, specificatamente nella struttura di Villa Sikania.
  Va da sé che Villa Sikania ha comunque sempre funzionato un po’ come un «polmone». Poco prima di Natale, se non erro, abbiamo avuto uno sbarco a Porto Empedocle in cui sono arrivati contestualmente 631 o 661 migranti – adesso non ricordo esattamente il numero. Anche quando sbarcano a Porto Empedocle c’è tutta l'attività della pre-identificazione e dell'assistenza sanitaria.
  Lì ci si intende, ci si sente con il Ministero dell'interno, con il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, e si cerca immediatamente, proprio per prestare la giusta e doverosa assistenza a queste persone, di mandare le persone verso altri centri. Una parte, però, poi ovviamente fa riferimento a Siculiana.
  Allo stesso modo può fare e fa riferimento a Siculiana il fatto che, se le persone vengono trasferite da Lampedusa a Porto Empedocle e devono partire per le altre destinazioni, si tende a privilegiare un meccanismo di partenza che sia durante il giorno e non durante la notte, perché ci sembra più giusto e adeguato. In questo caso le persone, seppure per una sola notte, a seconda delle situazioni, rimangono a Siculiana.
  Quindi, Siculiana funziona sì come hub, ma per le specifiche necessità connesse alla relocation. Ciò non toglie che mantenga anche la sua funzione di Centro di accoglienza straordinaria per le necessità che possono determinarsi sul territorio. La sua capacità è comunque stabilita, con quel decreto della Regione siciliana e rispetto a quegli standard e parametri – metri quadri, stanze comuni – in 278 persone.

  ERASMO PALAZZOTTO. Scusi, le posso chiedere quali sono i tempi medi di permanenza a Siculiana e quante persone ci sono attualmente ? Lei parlava di 356 relocation. Già solo il numero di quelli che sono in procedura dovrebbe essere, quindi, superiore ai posti.

  NICOLA DIOMEDE, Prefetto di Agrigento. No, mi pare di aver già detto che, allo stato, il 22 gennaio presso l’hub di Villa Sikania ci sono 275 stranieri rilocandi.

  ERASMO PALAZZOTTO. (fuori microfono) Quindi, tutti i posti sono occupati dai rilocandi ?

Pag. 12

  NICOLA DIOMEDE, Prefetto di Agrigento. Sostanzialmente sì.

  PRESIDENTE. Vi chiederei di evitare di interrompere. Nel caso, però, bisogna usare il microfono, altrimenti l'intervento non viene registrato.

  NICOLA DIOMEDE, Prefetto di Agrigento. I 275 rilocandi, si diceva giustamente, coprono quasi la disponibilità dei posti all'interno.
  Quanto tempo rimangono a Villa Sikania ? Questo dipende da quanto tempo richiedono le procedure in termini di conclusione o di perfezionamento del loro trasferimento qui nella capitale. Tutto dipende evidentemente da questioni relative ai contatti con gli altri Paesi. Ci sono state situazioni in cui tutto si è svolto abbastanza velocemente e altre un po’ più lunghe.
  Il rappresentante del Movimento 5 Stelle chiedeva il profilo dell'assistenza sull'informazione legale. L'informazione legale viene, ovviamente, garantita tanto a Lampedusa quanto a Siculiana. Anche a Siculiana ci sono le organizzazioni dell'OIM e dell'ACNUR. Anzi, quando partono le persone di quella relocation, vengono seguite proprio dai rappresentanti di queste due organizzazioni. L'informazione legale, come ho detto prima, è la più ampia possibile e immaginabile.
  Rispetto alla domanda sull'informazione che viene fornita in un momento di arrivo, ingresso o permanenza all'interno della struttura, diverso è il momento in cui le persone ospiti vengono intervistate dal personale della Polizia di Stato. Non ci sono in quel frangente le persone delle organizzazioni internazionali. C’è il personale della Polizia di Stato, ci sono i funzionari dell'EASO e ci sono gli interpreti e i mediatori del CIES (Centro di informazione e educazione allo sviluppo), che agevolano il lavoro delle Forze di polizia. Non tutto – ribadisco – si conclude lì, perché poi, proprio per il discorso di una permanenza all'interno del centro, c’è sempre l'occasione di continuare.
  Quanto agli elementi di debolezza dell’hotspot, prendo atto che all'interno di una circolare che è stata mandata dal Ministero dell'interno, in cui c’è la roadmap italiana, si comincia a parlare di hotspot. Evidentemente è una definizione, un nomen concordato a livello europeo e immediatamente attuato nel nostro Paese, come dovrà essere attuato in Grecia e negli altri Paesi.
  L'elemento di debolezza dell’hotspot di Lampedusa è strettamente connaturato alla sua qualità di hotspot che si trova su un'isola. Quest'estate è venuto in visita a Lampedusa il viceministro dell'interno della Grecia. Era venuto proprio per vedere che cosa fosse esportabile di Lampedusa rispetto alla Grecia e al suo sistema d'accoglienza. È una situazione completamente diversa, perché là ci sono molte più isole.
  La debolezza dell’hotspot è legata al fatto che si trova su un'isola e che, una volta che si è sull'isola, tutta una serie di meccanismi risente di questa particolare condizione di isolamento geografico. La tempestività nell'ambito dei trasferimenti, come dicevo prima, spesso è legata anche ad un insieme di circostanze.
  Il rappresentante del Partito Democratico mi chiedeva il tempo medio di permanenza delle persone di nazionalità eritrea, ma non ho capito se all'interno del centro di Lampedusa o all'interno del centro di Siculiana.

  PAOLO BENI. All'interno del centro di Lampedusa. Chiedevo quanto dura la permanenza di coloro che non si sono potuti identificare, cioè quanti sono e quanto dura la permanenza. Chiedevo poi anche della permanenza media di Siculiana.

  NICOLA DIOMEDE, Prefetto di Agrigento. Alla permanenza media di Siculiana ho già fatto cenno.
  Per quanto riguarda le persone di nazionalità eritrea su Lampedusa, quella particolare situazione che è cominciata all'inizio di dicembre ed è andata avanti praticamente fino all'inizio del mese di gennaio è una situazione che è durata Pag. 13nel tempo, tant’è che la lettera del sindaco di Lampedusa è del 7 gennaio. Adesso questa matassa si è completamente sbrogliata. Credo che in questo momento non ci siano più di una decina o una quindicina di persone.

  MARIO FINOCCHIARO, Questore di Agrigento. (fuori microfono) Gli eritrei sono complessivamente una sessantina.

  NICOLA DIOMEDE, Prefetto di Agrigento. Sono una sessantina. Chiedo scusa.

  PRESIDENTE. Mi scusi, signor prefetto, le chiedo se posso sollecitarla, perché abbiamo altre audizioni.

  NICOLA DIOMEDE, Prefetto di Agrigento. Alla domanda sul questionario sostanzialmente ho risposto. Altro non mi viene in mente.

  PRESIDENTE. Do la parola al questore.

  MARIO FINOCCHIARO, Questore di Agrigento. Senza dilungarmi oltre su ciò che è stato oggetto della risposta del signor prefetto, credo che da me ci si attenda una risposta dettagliata per quanto riguarda soprattutto la problematica dei respingimenti e la faccenda delle nigeriane. Se non ricordo male, del resto ha parlato il signor prefetto.
  Per quanto riguarda i respingimenti, indubbiamente con l’hotspot è cambiato qualcosa. È cambiato perché l’hotspot, come ho detto durante il mio precedente intervento, è una struttura nella quale fare una scrematura, una distinzione dei migranti nelle varie categorie che ho delineato prima già dal loro arrivo: richiedenti protezione internazionale, all'interno dei richiedenti protezione internazionale i rilocandi e gli altri e poi coloro che, invece, non manifestano la volontà di chiedere la protezione internazionale.
  In passato, quando Lampedusa era solo un CPSA, nel foglio notizie, in sede di cosiddetta pre-identificazione, veniva fatto un certo discernimento, perché c'era chi manifestava subito la volontà di protezione internazionale e chi non la manifestava. Tuttavia, sostanzialmente si procedeva ai trasferimenti in maniera indifferenziata – addirittura si procedeva ai trasferimenti anche di soggetti non fotosegnalati – rimandando a un momento successivo nelle sedi di destinazione il fotosegnalamento e l'ulteriore perfezionamento di un'eventuale manifestazione di volontà di richiedere la protezione internazionale.
  Adesso questo momento è stato anticipato alla fase immediatamente successiva allo sbarco. Indubbiamente è cambiato qualche cosa. Per i richiedenti protezione internazionale si procede per una via, per gli altri, anche sulla base di indicazioni dipartimentali, l'articolo 10, comma 2, del Testo unico sull'immigrazione prevede la misura del respingimento, con le forme ivi previste. Il respingimento prevede la collocazione presso i CIE ovvero l'ordine di lasciare il territorio nazionale entro sette giorni.
  Non è prevista dalla normativa alcuna forma di assistenza particolare per quelli che devono lasciare il territorio nazionale entro sette giorni. La legge prevede che si dia loro l'intimazione e che poi loro, con mezzi propri, debbano lasciare il territorio nazionale. Su questo non faccio che registrare ciò che dice la norma, a prescindere dalle valutazioni che si possono fare in merito.

  PRESIDENTE. Lei è correttissimo, ma, poiché ce ne sono alcuni che vanno nei CIE...

  MARIO FINOCCHIARO, Questore di Agrigento. Sì, è questo che dicevo, infatti.
  I posti nei CIE sono limitati. Pertanto, quando l'Ufficio immigrazione – e, quindi, il questore – emette il provvedimento di respingimento, il cosiddetto «respingimento differito», ci raccordiamo con il Dipartimento per l'immigrazione, che ci comunica la disponibilità dei posti. Se ci sono posti disponibili presso i CIE, procediamo al trasferimento presso i CIE. Se non ci danno i posti disponibili, procediamo Pag. 14all'intimazione di lasciare il territorio nazionale entro sette giorni.
  In merito, almeno da parte della questura, non c’è una sua scelta. Dipende da quello che...

  PRESIDENTE. Mi scusi, signor questore. Sono sicuro che lei ottemperi alle leggi. Noi, infatti, volevamo la conferma di questa forte anomalia, non da parte sua, ma da parte del legislatore e di chi deve organizzare.
  Peraltro, se ci fosse una circolare che dice che si mandano nei CIE i migranti dei Paesi con cui abbiamo gli accordi di riammissione, per esempio, questo avrebbe anche un senso, ma mandare nei CIE persone che magari sono di Paesi con cui non c’è neppure l'accordo di riammissione significa tenerle lì novanta giorni e poi comunque dare loro l'intimazione. È una cosa che serve al CIE. Non serve né al sistema, né tantomeno – mi permetto di rilevarlo – al migrante.
  Questo è un elemento – non voglio chiederle un'opinione, ma io lo posso dire – assolutamente irrazionale, perché significa che è una cosa del tutto casuale. Se si libera un posto, ti mando nel CIE. Se non c’è il posto, ti mando in mezzo alla strada. Questa cosa veramente non si comprende, se non con una ridefinizione del quadro, come possiamo aggiustarla. Lei svolge il suo compito in base alle indicazioni vigenti. Non ho niente da osservare su questo.

  MARIO FINOCCHIARO, Questore di Agrigento. Premesso ciò, la domanda che può sorgere spontanea è perché il migrante che arriva non manifesti subito la volontà di richiedere protezione internazionale, almeno nei casi in cui non la manifesta.
  Come ho detto durante l'intervento precedente, negli ultimi giorni abbiamo avuto un'inversione di tendenza, nel senso che sono sempre più numerosi coloro che chiedono protezione internazionale. Perché avviene questo ? Io mi posso essere fatto un'idea.
  Laddove in passato il fatto di richiedere o meno la protezione internazionale, tutto sommato, non incideva in maniera rilevante, nel senso che si procedeva comunque ai trasferimenti di tutti e poi, in momenti successivi, dopo la collocazione in altre strutture, si definiva meglio la posizione di ciascuno, adesso, con quello che ho detto prima, cioè con il fatto che chi non chiede protezione internazionale diventa oggetto di un respingimento, a mano a mano che questo nuovo orientamento viene compreso, evidentemente anche il migrante, con il tam-tam e le informazioni che circolano, capisce che è meglio per lui chiedere la protezione internazionale, anziché, come faceva in passato, non manifestare tale richiesta.
  Credo che questo offra una chiave di lettura anche sul fatto che l'informazione, tutto sommato, avviene correttamente. Non è cambiato niente sulle procedure di informazione dei migranti. Avviene come si faceva prima. Le organizzazioni umanitarie presenti a Lampedusa, ossia OIM, UNHCR e Save the Children e i mediatori culturali del CIES fanno la stessa cosa che facevano prima, cioè informano i migranti al momento dell'arrivo e durante la loro permanenza. Mentre prima non manifestavano la richiesta, adesso la manifestano.
  A mio parere, questo ci fa capire che sull'informazione non è cambiato niente. È cambiato soltanto il fatto che il quadro generale viene compreso adesso anche dai migranti che arrivano e che, quindi, si orientano in questo senso.
  Per quanto riguarda le attività della Polizia di Stato nel momento della pre-identificazione, non abbiamo il compito di sollecitare un tipo di manifestazione di volontà da parte del migrante. Registriamo quello che ci viene detto. Quindi, anche in questo caso, se il migrante non manifesta la volontà di richiedere la protezione internazionale, non siamo noi a doverlo sollecitare a richiederla. Evidentemente loro fanno una scelta sulla base dell'informazione che viene loro fornita dalle organizzazioni.
  Comunque, la situazione è in questi termini. Noi non facciamo altro che applicare la normativa vigente sulla base di Pag. 15quelle novità che l’hotspot effettivamente ha portato rispetto a quanto avveniva precedentemente.
  Peraltro, il fatto di essere raggiunti da un provvedimento di respingimento cosiddetto «differito» non implica per il migrante che si tratti di una «sentenza» definitiva. Fino al momento in cui il migrante dovesse lasciare il territorio nazionale, può manifestare in qualsiasi modo e in qualsiasi momento la volontà di chiedere protezione. In quel caso il provvedimento di respingimento del questore decade, così come decade nel momento in cui il migrante raggiunto dal provvedimento fa ricorso giurisdizionale, così come è avvenuto in svariati casi. In tal caso il provvedimento del questore perde efficacia.
  Sul fatto del mutamento della volontà, ad Agrigento su 1.400 respingimenti, come ho detto prima, in 115 casi siamo stati noi stessi, all'Ufficio immigrazione, a recepire il cambiamento di volontà del migrante. In quel caso, nonostante il provvedimento del questore, si è proceduto al collocamento presso Villa Sikania perché gli interessati potessero entrare a far parte del sistema di protezione internazionale per i richiedenti asilo.
  Molti non sono venuti direttamente da noi, ma si sono presentati presso altre questure, ovvero hanno fatto ricorso giurisdizionale. Dei provvedimenti di respingimento – adesso non ho i dati, perché si dovrebbero raccogliere dati a livello complessivo – credo che moltissimi siano stati di fatto privati di efficacia. Ritengo che, in prospettiva, diminuiranno anche quelli che dovremo ammettere, perché il trend è quello della richiesta di protezione internazionale generalizzata.
  Circa le modalità dopo che è stato emesso il provvedimento, ripeto, la legge non prevede una forma di assistenza al rimpatrio, cioè all'ottemperanza al provvedimento. Noi abbiamo proceduto effettivamente ad accompagnare i migranti per i quali è stato emesso il provvedimento di respingimento presso stazioni ferroviarie, in particolare quella di Agrigento e qualche volta anche alla stazione ferroviaria di Aragona, per agevolare la loro ripartenza e l'ottemperanza da parte loro del provvedimento. Che siano stati rilasciati scalzi non credo, perché tra l'altro si tratta di migranti che vengono da Lampedusa e che al centro vengono forniti di abbigliamento e calzature. Non sono arrivati migranti da Lampedusa che poi eventualmente abbiamo respinto privi di questi capi di abbigliamento.
  Sul territorio esistono anche tanti altri migranti che arrivano da altri posti. Quindi, se ci sono stati dei casi di soggetti nelle condizioni da lei descritte, onorevole, non necessariamente si tratta di persone che sono state respinte. Possono essere migranti già presenti sul territorio nazionale per altri motivi e per altre situazioni del passato. Adesso non so fornire esattamente altre risposte rispetto a questo tema.
  Per quanto riguarda il caso delle nigeriane, presso l’hotspot di Lampedusa teniamo permanentemente personale degli Uffici investigativi della Squadra mobile che ha il compito specifico di procedere per tutti i fatti di reato che si possono verificare, in particolare per individuare gli scafisti e per raccogliere informazioni su chi favorisce l'immigrazione clandestina.
  Proprio partendo da attività investigative di Lampedusa sono state realizzate nel corso dell'anno passato due grosse operazioni che hanno riguardato il traffico internazionale di migranti, con l'emissione di provvedimenti restrittivi a carico di numerosi soggetti, tra cui alcuni grossi trafficanti di uomini che operano in Libia. Per tali soggetti non è stato possibile procedere materialmente all'arresto perché si trovano in Libia, ma sono stati individuati e al momento opportuno saranno opportunamente perseguiti.
  Il personale della Squadra mobile che sta a Lampedusa ha anche il compito, nel caso delle nigeriane, di procedere, anche in questi casi, a raccogliere testimonianze e tutto quanto è necessario per il perseguimento dei reati. Pag. 16
  Adesso qui non ho purtroppo i numeri a portata di mano, ma sono state effettuate delle indagini per le quali alcune nigeriane sono state anche sottoposte a provvedimenti di permessi di soggiorno per motivi di giustizia. In alcuni casi ci sono stati dei respingimenti e in altri dei trattenimenti al CIE. Specificatamente sulle nigeriane però c’è un'attenzione particolare del personale investigativo che sta su Lampedusa. Tutte le volte che si è potuto accertare un reato, o comunque avviare delle indagini su qualche reato del genere, si è proceduto.

  PRESIDENTE. Grazie, signor questore. La pregherei di fornirci i dati relativi alle cose che ha detto, in modo tale da poterli raccogliere nella nostra attività di Commissione.
  Ringrazio gli auditi per questo contributo molto prezioso e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione congiunta della prefetta di Ragusa, dottoressa Maria Carmela Librizzi, e del questore di Ragusa, dottor Giuseppe Gammino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione congiunta della prefetta di Ragusa, Maria Carmela Librizzi, e del questore di Ragusa, Giuseppe Gammino.
  Ricordo che anche questo incontro si inserisce nell'ambito del ciclo di audizioni dedicate alle procedure concernenti l'istituzione di nuovi hotspot, tema sul quale si è appena conclusa l'audizione del prefetto e del questore di Agrigento.
  Rivolgo innanzitutto i migliori auguri di buon lavoro alla prefetta, che solo da pochi giorni ha assunto queste delicate funzioni a Ragusa. Saluto, invece, il questore, con il quale abbiamo già avuto un proficuo incontro in occasione della visita di una delegazione della Commissione a Pozzallo lo scorso 26 maggio. È stata anche la nostra prima attività di Commissione. È passata un po’ di acqua sotto i ponti.
  Il centro di Pozzallo è oggetto di costante attenzione da parte di questa Commissione. L'auspicio è che si possa avere in questa sede un quadro completo sul suo funzionamento, sia nel recente passato, sia nel presente, atteso che, come ha ricordato il capo della polizia proprio dinanzi alla Commissione, è recentissima la sua attivazione come hotspot.
  Nel ringraziare gli auditi per la disponibilità a partecipare ai lavori della Commissione, do la parola alla dottoressa Maria Carmela Librizzi, prefetta di Ragusa, pregandola – mi scuso di dover fare questa richiesta – di contenere il più possibile l'intervento per l'accavallarsi degli impegni parlamentari. Grazie.

  MARIA CARMELA LIBRIZZI, Prefetta di Ragusa. In primo luogo ringrazio il presidente degli auguri. Io sono a Ragusa dall'11 gennaio. L’hotspot è stato attivato il 19 gennaio. Avviato l’hotspot, abbiamo già avuto modo di poter testare l'attività, perché c’è già stato uno sbarco di circa 280 immigrati.
  Le operazioni e la prima impostazione del lavoro dell’hotspot hanno seguito una certa rapidità nell'attività di pre-identificazione e di fotosegnalamento, anche se effettivamente abbiamo avuto una percentuale notevole di presenze di cittadini che non rientrano nella relocation. Su 280, 220 sono marocchini. Adesso sono presenti solo pochissime unità, che devono essere trasferite. Abbiamo già individuato le caratteristiche e i centri dove smistarli.
  Per quanto riguarda l’hotspot di Pozzallo, indubbiamente nasce come centro di primo soccorso ed ha quindi una struttura definita in due «dormitori» – chiamiamoli così –, destinati una parte agli immigrati di sesso maschile e un'altra, invece, alle donne e ai minori.
  È stata costituita anche una zona centrale, una zona refettorio, che comunque – va sottolineato – in situazioni di sbarchi consistenti è stata anche impiegata per l'attivazione e per la sistemazione di letti.
  Con la realizzazione dell’hotspot si è reso necessario – anche per la presenza di Pag. 17rappresentanti sia di Frontex che dell'EASO e date le caratteristiche strutturali del centro – far luogo a moduli abitativi che sono stati collocati all'esterno del centro. Di questi moduli abitativi uno è stato destinato alla cooperativa, in modo da liberare degli spazi all'interno, e un altro alle Forze di polizia e all'EASO.
  Nell'ottica sempre di migliorare le condizioni all'interno del centro, precedentemente al mio arrivo sono stati effettuati dei lavori, che hanno comportato una ripittura dell'intero edificio e la risistemazione di parte dei servizi igienici, che avevano dato luogo a dei problemi e soprattutto erano stati oggetto di atti vandalici da parte degli immigrati.
  Indubbiamente, quando si verificherà un numero eccessivo di sbarchi, i tempi tecnici per la pre-identificazione e il fotosegnalamento saranno estremamente più complessi. Questo comporterà una permanenza un po’ più lunga. Sono state comunque attivate tutte le condizioni con il questore per poter accelerare al massimo le procedure previste dalla caratteristica dell’hotspot.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al questore, dottor Giuseppe Gammino.

  GIUSEPPE GAMMINO, Questore di Ragusa. Grazie, presidente. Dal 19 gennaio siamo «hotspot», ha detto bene la signora prefetta. Si tratta della prima esperienza con la nuova impostazione. Non ci sono stati grandi problemi, soprattutto perché il numero delle unità di sbarco era 280.
  Ricordo a me stesso che fin dall'inizio quella struttura è stata valutata per 180 posti con un massimo di 220 presenze. Nel recente passato gli sbarchi sono sempre stati numerosi. Di solito la media è stata sui 500. È chiaro che 500 persone trovano una difficile collocazione all'interno dell’hotspot e che quindi bisognerà valutare.
  Nel caso in cui ci aspettiamo – credo in giornata o al più tardi domani – 500 presenze, nell'ipotesi in cui il centro sia vuoto e quindi non ospiti già soggetti vulnerabili che devono essere ricollocati o altri ospiti, ipotizzando quindi che il centro domani sia vuoto, si dovrà valutare dove poter collocare i migranti e se collocarli tutti e 500 all'interno dell’hotspot.
  Uno dei problemi che hanno evidenziato anche le organizzazioni è stato quello del sovraffollamento. Del resto, noi comprendiamo – nessuno fa miracoli – che non si possa regolamentare l'arrivo di una nave, soprattutto quando i numeri sono alti ovunque. Non è una critica. Stiamo facendo delle considerazioni ovvie. Se ne arrivano 500, bisogna scegliere se mandarne via subito per collocarli in un altro hotspot o in un'altra realtà una parte, per poter poi far lavorare la struttura con la propria capienza naturale.
  La signora prefetta giustamente faceva riferimento alle attenzioni e ringrazio per questo il ministero. Quando abbiamo saputo che stavamo per diventare hotspot, abbiamo presentato un nostro Piano di richieste per ottimizzare il lavoro e soprattutto per velocizzare le operazioni che ci competono.
  Quella struttura è nata come centro di primo soccorso. Si tratta di due stanzoni – ha detto bene la signora prefetta – dove raccogliere immediatamente i migranti, dove poterli giustamente assistere, soprattutto nella prima fase. Chi l'ha visitato, signor presidente – grazie per averlo ricordato –, ha potuto vedere. Noi abbiamo chiesto di poter stabilire un procedimento diverso per questa fase, anche perché giustamente dobbiamo cercare di rimanere nei tempi prescritti dalla legge. Non ce lo nascondiamo: le categorie sono tante e sono tanti anche i soggetti vulnerabili, che ci sono e non possono non essere considerati, valutati e sostenuti, e alcune organizzazioni hanno lamentato il problema della co-presenza in una struttura affollata di soggetti vulnerabili con altri.
  Ricordo – lo ricordai anche in occasione della vostra visita, signor presidente – che in uno sbarco si presentano i richiedenti asilo. Bisogna vedere quali richiedenti asilo sono e di che specie sono ora per l’hotspot, cioè se sono da relocation oppure se non rientrano in queste categorie di queste nazioni. Ci sono, quindi, già due categorie, in ipotesi.Pag. 18
  Poi ci sono i soggetti da respingere. Anche lì bisogna stare attenti, perché bisogna informarli e cercare di valutare attentamente le situazioni. Vi assicuro che cerchiamo di farlo al meglio.
  Le percentuali da noi non sono molto alte, aggiungo. Non siamo coloro che respingono a qualsiasi costo, anzi, cerchiamo di essere molto attenti a questo. Questa è la terza categoria.
  Poi ci sono i minori e le famiglie. Ci sono due saloni. Se a questi aggiungiamo le persone da dover arrestare – solo l'anno scorso ne abbiamo arrestate 193 –, teniamo conto che bisogna individuarle, isolarle e valutarle per ragioni di sicurezza nazionale. Tutte queste categorie coesistono, quindi, in due saloni.
  Riguardo al sovraffollamento, le organizzazioni umanitarie evidenziano che ci sono problemi di gestione. Ringrazio le organizzazioni per averlo fatto, perché non c’è alcun tipo di confronto o di scontro. È così. Bisogna cercare di operare al meglio tutti assieme.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARIALUCIA LOREFICE. Grazie, presidente. Ringrazio la signora prefetta e il signor questore. Mi ricollego proprio a quest'ultima osservazione del questore, cioè al ruolo che hanno le organizzazioni umanitarie all'interno del centro – ormai hotspot – di Pozzallo.
  Credo sappiate anche voi che i rappresentanti di Medici senza frontiere sono stati auditi da questa Commissione. Hanno presentato anche una relazione e hanno preso poi la decisione di abbandonare il centro di Pozzallo. Al che, naturalmente, noi ci siamo mobilitati per capire a che cosa fosse dovuta questa decisione.
  In una telefonata avuta con la dottoressa Cremonini, la responsabile sul territorio, lei ci ha fatto presente una serie di problemi – se vuole, glieli posso anche inviare via e-mail – che riguardano i servizi igienici, oppure gli spazi inadeguati per il trattamento anti-scabbia, le difficoltà nello svolgimento dei servizi sanitari, le criticità nel sistema di identificazione al momento dello sbarco e vari altri aspetti.
  Sostengono che ci sia stato, inoltre, un incontro – l'ultimo incontro – in prefettura, alla presenza dell'ASP e di Sua Eccellenza il prefetto, il suo predecessore Vardè, e che, di fronte alla richiesta di soluzioni, ci sia stata una risposta negativa. In realtà, la situazione non si poteva risolvere e pertanto Medici senza frontiere ha deciso di lasciare il centro.
  Chiedo a Sua Eccellenza se pensa che si possa tornare a dialogare con Medici senza frontiere per trovare delle soluzioni e permettere loro di rimanere comunque nel centro.
  Un'altra domanda. Sempre dalle dichiarazioni di stampa emerge che Emergency potrebbe subentrare a Medici senza frontiere. Naturalmente, alla luce degli aspetti che sono stati rilevati da Medici senza frontiere, la domanda che le faccio è la seguente: perché, se Medici senza frontiere ha deciso di lasciare il centro in quanto ci sono dei problemi, Emergency invece dovrebbe dire di sì, cioè dovrebbe venire a Pozzallo, se i problemi segnalati rimangono quelli ?
  Aggiungo poi una domanda al questore. Mi riferisco a un episodio che risale a ottobre 2015. Pozzallo non era ancora un hotspot, ma ci fu un caso di un respingimento di 14 migranti. Ho avuto modo di interloquire con qualcuno in questura. Non mi ricordo ora, sinceramente, il nome.
  Erano stati respinti 14 migranti, che si erano stabiliti in una stazione dismessa. Questi migranti sono stati poi riascoltati e la posizione di alcuni è stata rivista. Le volevo chiedere informazioni in merito a questo episodio e se ritiene che in quel caso le operazioni si siano svolte in modo piuttosto frettoloso.

  PAOLO BENI. Rapidissimamente, ho una domanda che riguarda la struttura, perché penso che il problema principale sia proprio questo. Non ritenete che sia Pag. 19abbastanza inadeguata rispetto alle funzioni che deve assolvere e che si possa provare a trovare delle soluzioni ?
  Per esempio, con riferimento ai due spazi, francamente la struttura l'ho visitata. Forse mi fa difetto la memoria, ma non mi ricordo che ci fosse una divisione tra i due spazi. Mi ricordo un grande stanzone.

  PRESIDENTE. No, c’è proprio un corridoio.

  PAOLO BENI. A destra, dall'altra parte, c’è un altro spazio ? Allora, scusate, sono io che... Anche in relazione ai bagni, mi sembrava tutto molto precario dal punto di vista della distribuzione degli spazi.
  La domanda, però, era un'altra. Lì non c’è soluzione di continuità fra lo sbarco e l'ingresso nel centro, nel senso che dal molo si arriva direttamente al centro. Tant’è vero che proprio all'ingresso del centro, quando abbiamo fatto il sopralluogo, c'era una tenda di Medici senza frontiere in cui veniva fatto un primo screening sanitario. Chiedo se non ritenete che questa funzione che precede l'ingresso nel centro possa essere spostata e se nella zona del porto non ci sia un'altra struttura in muratura in grado di assolvere a questa funzione.

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  MARIA CARMELA LIBRIZZI, Prefetto di Ragusa. Per quanto riguarda il rapporto di Medici senza frontiere, che ho avuto modo di leggere, è un rapporto che fa riferimento a un periodo di osservazione anche piuttosto lungo. È vero ed è inevitabile che le criticità evidenziate da Medici senza frontiere – che ha svolto un lavoro encomiabile al porto per quanto riguarda l'assistenza sanitaria, ma anche la mediazione e tutto – si riferivano certamente a quei momenti e a quelle situazioni in cui il centro era sovraffollato.
  Si era determinata una situazione problematica relativa ai servizi igienici, perché non erano state individuate forme di copertura che riguardassero delle tende, che adesso sono state attivate. Le critiche evidenziate da Medici senza frontiere sono state tutte attivate dall'ente gestore, che però, un po’ come tutti gli enti gestori, è un po’ lento nelle realizzazioni dei lavori. Con riguardo alle criticità sottolineate, è stata segnalata la presenza di una blatta. C’è stata la disinfestazione dell'intero centro, le docce sono state dotate tutte di coperture e tutto il centro è stato ridipinto. È chiaro che, quando c’è una presenza di 500 persone, che dà luogo anche a episodi vandalici, occorre necessariamente un periodo di assestamento.
  Per quanto riguarda la presenza di Medici senza frontiere, li vedrò tra breve. Devo dire che, avendo avuto un'esperienza come Commissario antimafia ad Augusta, so cosa vuol dire anche l'attività al porto. Quelli di Emergency sono già venuti. Sono venuti a fare un sopralluogo e hanno manifestato la loro piena disponibilità a realizzare un'assistenza sanitaria. Sono stati ieri al porto e hanno visto. Sostanzialmente evidenziano una situazione in cui c’è necessità di intervenire, non di abbandonare.
  Dalle difficoltà non si scappa, ma si affrontano. Penso che questo sia l'atteggiamento propositivo che debba essere adottato. In questo senso mi rivolgerò anche a Medici senza frontiere. Sicuramente queste difficoltà permarranno.
  Quanto a ciò cui si faceva riferimento, ossia la differenziazione e la separazione fra le due strutture e anche lo screening sanitario, non c’è una eccessiva continuità. C’è un momento iniziale in cui arriva la nave, quando c’è una prima accoglienza, che è rappresentata anche dalla presenza di un primo screening sanitario, oltre a quello che viene fatto all'interno della nave. In questo senso Emergency ha manifestato una grande disponibilità ad intervenire proprio allo sbarco, ossia nella fase iniziale.
  Successivamente, viene realizzato un ulteriore screening sanitario prima dell'accesso. Qui operava in tenda anche Medici senza frontiere. Poi c’è l'attività delle ASP, all'interno proprio del centro, con una Pag. 20struttura, sia pure piccola nelle dimensioni, in cui vengono attivate, in una stanza – chiamiamola così – le situazioni particolari e vulnerabili.
  Il centro, per le sue caratteristiche, ha una struttura limitata, ma, con l'attivazione dei moduli abitativi che stiamo realizzando e su suggerimento anche del signor questore, abbiamo già fornito indicazioni per la realizzazione proprio davanti al centro di una tensostruttura che consentirà, nello spazio libero, di poter avere, in caso di intemperie o anche con l'approssimarsi della stagione estiva e, quindi, del caldo, una struttura coperta. Ci sarà, dunque, una copertura davanti al centro per consentire agli immigrati di poter uscire tranquillamente anche in situazioni non favorevoli dal punto di vista climatico. Questa tensostruttura è soltanto una copertura «difensiva», «protettiva», se vogliamo chiamarla così.
  Peraltro, sono in corso trattative con il proprietario, con cui abbiamo in comodato d'uso la struttura, che ha anche dei locali attigui che appartengono all'Agenzia delle dogane. Ho già contattato il direttore dell'Agenzia – chiaramente è una scelta a livello nazionale – per poter ampliare la struttura. Questo potrebbe essere utile sia per le attività di identificazione, sia per avere più spazi disponibili e, quindi, creare situazioni più vantaggiose da un punto di vista sanitario. Auspichiamo, quindi, che in tempi brevi l'Agenzia delle dogane possa darci la disponibilità di questi locali attigui, che sono in prosieguo del centro, per poter in tal modo risolvere anche parte dei problemi che vengono sollevati.
  Per il resto, Emergency ieri è andata sul posto e ha dimostrato di voler stipulare con noi un protocollo per la realizzazione di questo servizio. In ogni caso, vi è sicuramente noto che all'interno dell'organizzazione dell'accoglienza operano diverse strutture e organizzazioni umanitarie, tra cui anche Terre des Hommes, con la quale ci siamo già incontrati e che svolgerà l'attività di assistenza psicologica. Chiaramente, pur nelle difficoltà e nelle criticità, si cerca di garantire agli immigrati le soluzioni migliori.

  GIUSEPPE GAMMINO, Questore di Ragusa. Leggo testualmente, solo per mia memoria. Scrive Medici senza frontiere al direttore generale dell'ASP: «Problemi quali il sovraffollamento, la protratta permanenza degli ospiti, le condizioni di promiscuità, la mancanza di protezione di categorie vulnerabili all'interno del centro potrebbero non ricevere una risposta adeguata a causa delle limitazioni della struttura stessa e dell'insufficiente capacità del sistema di prima accoglienza». Questo scriveva Medici senza frontiere al direttore all'ASP, per poi chiedere di andar via.
  La signora prefetta ha detto bene. Noi stiamo cercando di ottimizzare per ciò che ci è stato segnalato non solo da Medici senza frontiere, ma anche da altri. Anche noi stessi a volte segnaliamo, perché poi tutti facciamo lo stesso mestiere. Credo che anche l'ordine pubblico ne benefici. Questa è una regola che ci hanno insegnato. Vi prego, lo voglio ricordare: se l'ospite sta bene dentro, stiamo bene tutti e non ci sono problemi di ordine pubblico. Quindi, non vedo perché non si debba fare.
  Le segnalazioni le facciamo anche noi. Ha detto bene, però, la signora prefetta: ci sono stati casi di danneggiamento, che sono documentati, e ci sono stati casi di malfunzionamento o di guasto. Credo che in tutte le strutture possa succedere che manchi l'impianto di riscaldamento perché si guastano alcuni elementi. I condizionatori si è cercato di aggiustarli. C’è stata la deblattizzazione, è vero.
  Passando al sovraffollamento, è indubbio: se c’è un sovraffollamento – che non è sicuramente voluto da nessuno – bisogna cercare di risolverlo al più presto. Questo è il nodo della questione. Sono stati chiesti degli ampliamenti. È vero, questa struttura, il CPSA, nasce già dentro la dogana. Una parte della dogana fu ceduta per creare il centro di primo soccorso con i due stanzoni.Pag. 21
  Prima vi ho parlato di cinque realtà contestuali che vivono lì dentro, in due stanzoni. Comunque ci sono delle coesistenze. Non può non essere così. Si vorrebbero tenere i minori da una parte per poterli gestire, ma non si può fare, perché nel frattempo assieme a loro ci sono quantomeno le famiglie, se non altre categorie, e comunque a volte gli spazi non coincidono perché il saloncino... Se i minori sbarcati sono 180, come è successo... 180 li conta tutta la struttura. Diciamo le cose come stanno, perché nessuno vuole nulla contro nessuno. Medici senza frontiere dice delle verità, con un angolo visuale che a volte è tutto suo. Sta bene, sta benissimo, ma anche noi facciamo le nostre osservazioni di contorno, che credo abbiano anch'esse la propria valenza.
  Abbiamo chiesto di poter ampliare gli spazi per primi noi della polizia perché – ripeto – poter fare dei percorsi diversi e agevolati aiuta tutti, soprattutto chi viene da uno sbarco e ha bisogno di velocizzare le operazioni senza vedere sacrificate l'assistenza. Vogliamo che siano effettuati per primi i servizi di assistenza.
  Voglio rispondere su quella tenda all'esterno. Quella tenda è stata fatta per una ragione. Giustamente, si controlla sulla nave la situazione sanitaria. Poi sotto, nello stesso molo, ci sono altre tende – ha detto bene la signora prefetta – che guardano sempre alla situazione sanitaria, allo screening, dove si fa la pre-identificazione, perché c’è un problema: se non possono entrare nel centro 500 persone e 200 devono andare via subito, queste 200 devono essere controllate sotto l'aspetto sanitario e devono essere pre-identificate. Tutto questo avviene sul molo, all'interno delle tende, con delle organizzazioni e con delle attenzioni, perché i migranti devono partire con dei certificati medici verso altre strutture e devono essere accuditi. Occorre la prima vestizione, in buona sostanza. Poi tutti gli altri, quelli che possono entrare nel centro, se il centro è vuoto o è parzialmente pieno, si avviano nel vicino centro di primo soccorso.
  Quella tenda che sta in accosto serve ad un'ulteriore verifica sanitaria, la terza verifica sanitaria, che viene effettuata, perché chi riceve i migranti al centro vuole essere sicuro che non ci sia nulla di visibile sotto l'aspetto sanitario. Poi i migranti entrano dentro il centro e finiranno nei saloni. Dopo saranno guardati e curati anche dalle Forze dell'ordine. Lì si è chiesto di ampliare e di poter prendere una parte del garage – sarebbe utilissimo – di proprietà dell'Agenzia delle dogane per poter avere uno spazio maggiore di gestione e anche di prima accoglienza.
  A quella interrogazione che lei gentilmente ci rivolse, onorevole, noi abbiamo fornito una risposta, a suo tempo, al ministero. Si parlava di una donna incinta. Medici senza frontiere evidenziava che c'era una donna incinta che era stata respinta. Noi abbiamo accertato che – per quello che vale; cambia poco, ma è giusto dire la verità – la donna incinta non c'era. La donna aveva già abortito da tempo. Questo è un documento ufficiale. Comunque ci fu segnalata dopo che era stata respinta.
  L'abbiamo cercata disperatamente, la prego di credermi, perché ci arrivò temporalmente dopo la segnalazione – c’è un documento che attesta che era già uscita dal centro – per cercare di recuperarla. Nel contempo, per quello sbarco ci furono sette casi di stranieri per i quali non è stato notificato il provvedimento di respingimento perché di nazionalità nigeriana. Del resto, la donna era del Ghana. Ci era stato segnalato che i rispettivi coniugi erano ricoverati in ospedali della provincia. Al di là delle segnalazioni delle organizzazioni, cerchiamo sempre di raccogliere e di differenziare. Può sfuggire qualcosa, possibilmente perché non ci viene neanche segnalato. Vi prego di crederlo.
  Per quanto riguarda l'altro aspetto, giustamente, onorevole, lei parlava di ri-audire alcuni migranti. È vero, questi signori avevano dichiarato... Noi facciamo compilare tre stampati (non uno, ma tre), sempre sottoscritti, in più fasi. Vogliamo la Pag. 22presenza anche delle organizzazioni all'interno, ma abbiamo interpreti e mediatori culturali, con cui cerchiamo di far capire agli ospiti... Peraltro, non è vero che non ci sono le voci – questa è un'altra cosa che è stata detta su questi tre stampati – e che non si parla di richiesta di asilo. Non è vero. C’è la richiesta, c’è proprio la voce specifica.
  Nell'ultimo periodo i migranti forse arrivano già più informati. A volte si rifiutano e dicono: «Non sono un richiedente asilo». Nel caso specifico della «riaudizione» di alcuni migranti, erano stati respinti, ma poi si sono ripresentati. Lo stesso ufficio ha annullato, in autotutela – giustamente, ci mancherebbe altro –, il provvedimento e i migranti sono stati riammessi nel centro. Ci risulta questo dato ufficiale. Può succedere che cambino anche idea.
  A proposito, Medici senza frontiere nel suo documento lamenta – non so se lo trovo qui – la velocizzazione. Dicono: «Se stanno poco al centro, a volte non si riescono a gestire sotto l'aspetto psichiatrico e, quindi, ad accudire». In merito ci troviamo in imbarazzo. Quello era un centro di primo soccorso e, quindi, doveva accogliere altri più bisognosi di primo soccorso, che devono essere trasferiti. Se e dove ci segnalano delle vulnerabilità, nessuno ha mai buttato fuori nessuno, neanche i respinti. Ma questa è un'altra cosa.
  Quanto al problema dei respinti, il problema si ripropone – se è un problema – al prefetto e al questore, perché il respinto con l'ordine di andar via si ripropone sul territorio. È chiaro che si ripropone sul territorio ? Non credo ci sia una «volontà» di fare respinti o, al contrario, una volontà...
  Se dobbiamo gestire dei marocchini che hanno presentato richiesta di asilo, quelli sono richiedenti asilo. Se però 200 risultano da respingere, è chiaro che ho dei limiti temporali. Fra le altre cose – questa è un'altra delle giuste eventuali considerazioni che potete fare – ho dei termini per poter gestire e trattare queste persone.
  Poi come la mettiamo ? Pozzallo è un piccolo centro, non è Catania – io sono catanese –, non è un grande centro, che assorbe, in cui peraltro ci sono le stazioni e i posti dove poter defluire. Il marocchino molto spesso non ottempera all'ordine dei sette giorni e va via. Se sta a Pozzallo, ha difficoltà persino ad andar via da Pozzallo.
  Queste sono cose evidenti, che nessuno vuole nascondere. Bisogna trovare le soluzioni, che non spettano a me. Chiedo scusa, ma io applico la legge.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il contributo molto interessante che ci hanno fornito e dichiaro conclusa l'audizione. Grazie mille, magari ci ritroviamo a Ragusa.

Audizione congiunta del prefetto di Trapani, dottor Leopoldo Falco, e del questore di Trapani, dottor Maurizio Agricola.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione congiunta del prefetto di Trapani, Leopoldo Falco, e del questore di Trapani, Maurizio Agricola.
  Ricordo che con questo incontro si conclude il ciclo di audizioni dedicate alle procedure concernenti l'istituzione dei nuovi hotspot, tema sul quale si sono appena svolte le audizioni dei prefetti e dei questori di Agrigento e di Ragusa.
  Mi scuso anche per il ritardo che c’è stato, dovuto alla sovrapposizione delle audizioni, e mi scuso in anticipo per il fatto che alle 15.15 dobbiamo necessariamente consentire ai commissari di partecipare ai lavori d'Aula.
  La Commissione non ha ancora avuto occasione di svolgere un sopralluogo a Trapani presso il centro di accoglienza di Contrada Milo, ma è noto che esso opera già come hotspot dagli ultimi giorni del mese di dicembre del 2015.
  Sul funzionamento di questa struttura la Commissione auspica di acquisire i necessari elementi di conoscenza, compresa la possibilità di una prossima missione presso il centro e presso la prefettura di Trapani, a partire dal processo di conversione dell'ex Centro di identificazione Pag. 23ed espulsione nell'attuale punto di primissima accoglienza, peraltro, a quanto ci risulta, non ancora entrato in funzione a pieno regime.
  Nel ringraziare gli auditi per la disponibilità a partecipare ai lavori della Commissione, do la parola al dottor Falco, prefetto di Trapani.

  LEOPOLDO FALCO, Prefetto di Trapani. Buongiorno. Cercherò di essere sintetico e il più possibile diretto.
  Era un CIE, come l'onorevole Palazzotto sa, un pessimo CIE. Non vi erano le condizioni di sicurezza, pur essendo un centro grande e importante. Purtroppo, come CIE, segnalavamo tutte le criticità possibili in termini di fughe e di grandi tensioni interne.
  Ho insistito molto perché diventasse un hotspot innanzitutto perché Trapani è terra di accoglienza. Dall'inizio Trapani ha avuto il maggior numero di centri di accoglienza in Italia per un lungo periodo, anche più delle città metropolitane di Roma e di Napoli. Siamo stati superati, credo, recentemente.
  Il ministro auspica come accoglienza in Italia due ospiti ogni mille abitanti; Trapani da un anno e mezzo sta a sette ospiti ogni mille abitanti. C’è veramente una risposta in termini di accoglienza straordinaria da parte di questa provincia che, devo dire, ce l'ha assolutamente nelle sue corde. È un fatto proprio culturale.
  L’hotspot ha significato a Trapani il completamento del percorso. Intanto questa struttura è molto grande ed è a pieno regime, signor presidente. In questo momento abbiamo 400 ospiti, o perlomeno c'erano l'altro ieri. Siamo arrivati, in pochi giorni, facendo veramente i salti mortali, al massimo della funzionalità.
  Ci sono 400 posti di accoglienza. Abbiamo messo in questa struttura anche tutte le strutture che operativamente assicurano funzionalità, tra cui le due Commissioni che esaminano le richieste di asilo. Trapani è l'unica provincia con due Commissioni. Sono necessarie perché altrimenti si sarebbero accumulati tempi di ritardo enormi, il che avrebbe significato anche tensioni.
  Vi sono quindi le due Commissioni e gli uffici di polizia, che stiamo per traslocare lì. Dal 22 dicembre, quando è arrivata la prima nave e siamo partiti, abbiamo lavorato in tempi più che accelerati, operando gli interventi interni necessari per modificare quello che era un luogo di disperazione, un carcere, un luogo di tensione in una struttura, invece, di accoglienza nella quale svolgere tutte le operazioni.
  Stiamo tirando su muri con cartongesso per assicurare le sale ludiche, i luoghi di culto e gli spazi dove svolgere i fotosegnalamenti. In questo momento sono operative cinque strutture. Stiamo approntando gli spazi dove ospitare tutte le varie associazioni che devono assicurare l'informativa, come ACNUR, EASO e altre. Penso che entro il 20 febbraio, in meno di un mese, completeremo i lavori, che sono anche lavori di manutenzione (penso ai tetti e alle porte, che erano state distrutte), ma il centro è già operativo dal 22 dicembre ed è stato reso operativo in quarantott'ore. Ci tengo a sottolineare questo.
  Al momento è oggetto di visite continue da parte di tutti i possibili interlocutori, europei e nazionali. Avevo chiesto di concedermi un attimo di tregua, qualche settimana in più, ma è così: entrano ed escono. Abbiamo avuto visite quasi tutti i giorni. Tutto è in diretta, anche i lavori e anche la grande fatica di organizzare.
  Domenica abbiamo avuto uno sbarco di 723 persone, che onestamente ci potevano evitare. Se ci si fosse appoggiati su Palermo e noi ce ne fossimo prese 400, avremmo lavorato meglio, ma in una giornata molto piena siamo riusciti anche a fronteggiare la situazione: 400 migranti sono nel centro e si sta procedendo con le procedure di fotosegnalamento.
  Dobbiamo registrare tutta l'organizzazione. Io sostengo che ogni hotspot debba avere due porti di supporto proprio per evitare l'ingolfamento. Tuttavia, i 400 arrivi siamo in grado di gestirli e siamo in grado di fotosegnalarli in due o, al massimo, Pag. 24tre giorni. La macchina è partita. Sono stati già operati 700 fotosegnalamenti nelle prime settimane, più questi che sono in corso, che sono altri 400.
  Siamo a pieno regime. Fra qualche settimana il centro sarà veramente quello che deve essere. Anzi, le dico la verità, con orgoglio: credo che la struttura sia veramente bella e che sia difficile trovare altrove degli hotspot che abbiano una struttura così significativa.

  PRESIDENTE. Grazie per questo contributo.
  Do la parola al dottor Agricola, questore di Trapani.

  MAURIZIO AGRICOLA, Questore di Trapani. Grazie, signor presidente. Unendomi a quello che ha detto il signor prefetto, voglio precisare quanti eventi hanno interessato l’hotspot di Trapani al momento dell'apertura, cioè dal 22 dicembre. Al momento sono stati interessati da sei eventi, per un totale, come diceva il prefetto, di circa 1.037 passaggi di ospiti, che sono stati tutti fotosegnalati, compresi questi ultimi 400 che sono in corso di fotosegnalamento.
  Volevo rappresentare la funzionalità dell’hotspot di Trapani. Se lo sbarco avviene nel porto di Trapani, si fa un primo triage medico, immediato, sul porto, e da lì vengono tutti trasferiti all’hotspot. Nell’hotspot si fa una prima attività di pre-identificazione con i dati basici, ossia nome, cognome, nazionalità, data di nascita ed evento, e una fotografia. Questi dati, in maniera telematica, vengono trasmessi automaticamente alla Polizia scientifica per la successiva attività di fotosegnalamento.
  Contestualmente, i dati – sempre in via telematica – li trasferiamo all'ente gestore dell’hotspot. L'ente gestore in questo modo avrà la possibilità di dotare l'ospite di un cartellino identificativo che gli consentirà di muoversi all'interno dell’hotspot stesso, fino alla fase di fotosegnalamento e di riscontro AFIS. Poi, un nuovo cartellino di colore verde – il primo sarà giallo – consentirà all'ospite, da quel momento fino al trasferimento, di entrare e uscire liberamente dall’hotspot, perché ovviamente non c’è un'attività di coazione all'interno dell’hotspot.
  Questo avviene nella gestione a norma dell'attività dell’hotspot. Questo sarà il circuito. La pre-identificazione è il primo momento. Poi l'ente gestore fornirà il kit di sussistenza a ogni ospite, che sarà composto di tutte le attività necessarie di sussistenza. Gli ospiti verranno poi rifocillati normalmente.
  Dopo queste fasi, si procederà al materiale fotosegnalamento, che normalmente, come diceva il signor prefetto, riusciamo a completare con i grandi numeri, come questo di 400, nell'arco delle settantadue ore.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ERASMO PALAZZOTTO. Ringrazio il signor prefetto e il signor questore di Trapani per essere presenti a quest'audizione. Nello specifico vorrei fare alcune domande per avere alcuni chiarimenti.
  La prima è relativa a una circolare urgente a vista, che il Prefetto Morcone ha diramato qualche tempo fa, che riguardava l'esigibilità del diritto d'asilo, ovvero la corretta informazione che viene fornita ai migranti al momento dello sbarco, partendo da alcuni casi che erano stati segnalati da associazioni e organizzazioni umanitarie relativamente alla scarsa informativa che era stata fornita e, quindi, alla possibilità di reimmettere queste persone nel sistema d'accoglienza.
  In merito vorrei sapere qual è la condizione del sistema hotspot a Trapani relativamente a questo tema, anche alla luce del fatto che un caso – mi pare proprio durante l'apertura dell’hotspot ai primi di gennaio – ha riguardato proprio 200 migranti che sono stati prima respinti e poi riammessi nell’hotspot.
  Proprio su questo vorrei sapere qual è il ruolo delle organizzazioni umanitarie e chi si occupa di informare i migranti al momento dello sbarco ed eventualmente Pag. 25poi attuare la procedura di selezione tra chi accede alla procedura di richiesta d'asilo e chi no.
  Infine, visto che Trapani è l'unico dei tre hotspot attualmente in funzione che non proviene da una struttura di CPSA, vorrei sapere se l'ente gestore è rimasto lo stesso ed eventualmente se è rimasto lo stesso il capitolato d'appalto. È chiaro che i costi per la gestione della prima accoglienza, soprattutto con il mutare dei numeri, sono diversi da quelli della permanenza dello stesso ospite. Penso solo al kit che viene fornito ogni giorno invece che per un periodo più lungo. Vorrei capire se da questo punto di vista c’è stata una variazione del contratto d'appalto, se è previsto un sistema di gare e che direttive ci sono da parte del ministero.

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  LEOPOLDO FALCO, Prefetto di Trapani. Rispondo volentieri. È chiaro che, aprendo in quarantott'ore un hotspot, per di più a Natale, ci andiamo a mettere, ovviamente, in condizioni di difficoltà, anche perché siamo i pionieri. Effettivamente il 29 o il 30 dicembre sul porto di Palermo è successo qualcosa, ovvero è arrivato uno sbarco di 900 persone, di cui 200 sono state poi destinate all’hotspot di Trapani.
  Quando sono arrivate a Trapani e gli uffici di polizia hanno fatto il loro lavoro di fotosegnalamento e di registrazione, effettivamente c’è stata questa situazione nuova, strana, devo dire imprevista, ossia che 190 dei 200 per la prima volta hanno detto di essere «rifugiati economici» e, quindi, di non voler accedere all'accoglienza, fatto mai verificatosi in due anni di attività. Come si prevede in questi casi, sono stati messi alla porta e invitati ad abbandonare il territorio nazionale entro sette giorni. La sera stessa ce li siamo ritrovati davanti alla prefettura, che dicevano: «Siamo indigenti e non sappiamo dove andare». Quindi, si è intervenuti.
  Io sono arrivato il 4 mattina e ho fatto una riunione tecnica alla quale hanno partecipato anche dei rappresentanti politici che si erano attivati. Abbiamo stabilito che potevano fare domanda di asilo quando volevano e che, quindi, gliel'avremmo fatta fare. Sarebbero rientrati nell’hotspot e poi sarebbero andati nei CAS.
  Un parlamentare della Lega ha detto: «Ci avete mandato nei CAS in Lombardia qualcuno che aveva avuto provvedimenti di respingimento». «Sì» abbiamo risposto, «ma poi ha fatto la domanda. La può sempre fare. È in accoglienza. Non c’è alcun problema».
  Come è successo ? Io ho girato la domanda all'ACNUR, dicendo: «Voi eravate sul porto di Palermo. Che è successo ?» Non si è capito. Credo che non si ripeterà mai più. Come è sempre stato, tutti hanno diritto all'accoglienza. Questo è anche il senso della circolare del prefetto Morcone. Di qualunque nazionalità siano, tutti i migranti dal Sub-Sahara – che sono il 90 per cento di quelli che arrivano – hanno diritto all'accoglienza. È la Commissione che deve valutare caso per caso dove sì e dove no.
  Noi, ovviamente, non abbiamo alcun interesse a tenerli fuori, sia perché abbiamo i CAS – a Trapani, ma in tutta Italia – sia perché l’hotspot è lì per questo. Credo quindi che in condizioni di normalità, di tranquillità, in un periodo che non sia quello natalizio e senza 900 persone, obiettivamente l'imprevisto non si ripeterà più.
  Ritengo che nella nostra esperienza dobbiamo fronteggiare un altro tipo di criticità, dovuta ai numeri. Sto chiedendo al mio ministero con forza – l'ho richiesto anche stamattina – di aiutare gli hotspot facendo sì che ci sia un altro porto che supporti. Ho chiesto di fare in modo che, se all’hotspot di Trapani, che ha 400 ospiti ed è in grado assolutamente di lavorare sui 400 – ci siamo messi in grado di farlo in poche settimane –, ne arrivano invece 700, ci sia qualcuno che ci aiuti, onde far sì che questi 300 in più possano tutti transitare dall’hotspot ed essere fotosegnalati.Pag. 26
  È chiaro che tre hotspot in Italia non sono sufficienti e che quindi vanno supportati. Si prevede infatti presto l'apertura di altri. Ritengo che ne servano almeno sei. Dobbiamo arrivare a questo.
  Per quanto riguarda il gestore, è chiaro che le quarantott'ore non ci hanno consentito di fare gare o cose del genere. Oltretutto, avevo trovato la mia pace con questo gestore, che è bravo e ha assolutamente preso le misure.
  Onorevole, sono stato fortunato, le dico la verità. Perché ? Quando il centro era CIE, il contratto prevedeva una clausola di salvaguardia per cui, se i numeri scendevano fortemente sotto... Come CIE, eravamo sempre sotto, perché più di 50 o 60, per motivi di sicurezza, lì non ne potevamo tenere. La capienza teorica era 204. La metà è 102. Praticamente, per rendere economicamente sostenibile il personale e tutto nel CIE, c'era questa clausola di salvaguardia per cui c'erano comunque 102 posti pagati.
  Così il CIE è andato avanti, pur con grandissimi problemi con il personale e tutto, assicurando una stabilità economica. Non ci sono grandi margini di guadagno. Ce la fa a stento. Ci sono 35 unità di personale, che rappresentano l'80 per cento della spesa. I margini sono quelli.
  Passando all’hotspot, che cosa è successo ? In realtà, mi preoccupo anche della sostenibilità economica, perché nessuno è in grado di dire questi flussi come saranno. Posso immaginare almeno un arrivo a settimana, più o meno delle dimensioni di 400, ma sono discorsi molto teorici.
  Abbiamo visto, guardando il contratto, che la clausola di salvaguardia scatta solo se per trenta giorni non vi sono arrivi che superano il numero stabilito (in questo caso 102). Mentre per il CIE era certo che non superavamo mai i 102, qui è certo che ogni mese supereremo le 200 presenze. Quindi, siamo passati di fatto da una situazione in cui vigeva la clausola di salvaguardia a una situazione in cui si guardano le effettive presenze. È chiaro che dobbiamo monitorare, perché, se ci fosse, in teoria, un lungo periodo di vuoto, il gestore non sarebbe in grado di sostenere la situazione. Ma penso proprio che questo non succederà. Penso che, soprattutto con tre hotspot, gli arrivi saranno continui.
  Di fatto lo stesso contratto con lo stesso gestore ci porta ora ad una situazione diversa, in cui si paga secondo le presenze. I posti disponibili sono 400. Entro 20-25 giorni faremo questi interventi di manutenzione – ai tetti, alle porte e via elencando –, ma di fatto siamo passati da una situazione in cui vi era quella clausola a una situazione in cui questa clausola praticamente non si applica e si guarda alle presenze effettive.
  Ho chiesto al mio ministero se dovevo proseguire con questo gestore. Lui ha altri due anni di contratto. Uno l'ha fatto, avendo vinto una gara. Essendo un centro dello Stato, secondo me, è corretto e giusto che il rapporto prosegua con lui, se non per tutti i due anni, perlomeno per un altro periodo adeguato.

  PRESIDENTE. Mi scusi, prefetto. Come si chiama il gestore ?

  LEOPOLDO FALCO, Prefetto di Trapani. Il gestore è Badia Grande, il signor Manca.
  Al momento, questa è la situazione. Il contratto rimane lo stesso. Di fatto si è trasformato e ora si pagano le presenze effettive, quindi c’è oscillazione. Teoricamente il gestore ha ancora quasi due anni di contratto, che per ora ritengo debba concludere.

  ERASMO PALAZZOTTO. Vorrei fare una domanda anche al questore, relativa alla prima parte, cioè alla vicenda dei respingimenti. Abbiamo visto, nella precedente audizione del prefetto e questore di Agrigento, come ci siano stati più di 1.115 respingimenti in differita. Le volevo chiedere qual è, invece, il numero di respingimenti in differita su Trapani, visto che poi queste persone vengono accompagnate o comunque abbandonate sul territorio con l'intimazione a lasciarlo, spesso generando anche un problema di ordine pubblico.

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  PRESIDENTE. Se mi consente, signor questore, vorrei integrare questa domanda con una richiesta: dei provvedimenti di respingimento quanti sono stati indirizzati al CIE e secondo quale criterio di suddivisione tra CIE e intimazione a lasciare il territorio ?

  MAURIZIO AGRICOLA, Questore di Trapani. L'unico caso che si è verificato è quello cui alludeva il signor prefetto, cioè quello del 28 dicembre, che si è caratterizzato per questo sbarco notevole, avvenuto a Palermo, di 923 migranti, di cui 200 sono stati portati a Trapani.
  Voglio precisare che al porto di Palermo l'ACNUR aveva già fatto un'attività di informazione, così come ci è stato comunicato dall'Ufficio immigrazione di Palermo. È arrivato questo elenco di 200 persone, le quali hanno chiesto... Oltre alle etnie e alla provenienza, veniva specificato anche il motivo d'ingresso e, secondo questa informazione, erano motivi di lavoro.
  Noi abbiamo ripetuto la richiesta e abbiamo rifatto una pre-identificazione all'interno dell’hotspot alla presenza dei mediatori culturali, tant’è vero che, di questi 200, dieci hanno chiesto l'asilo politico. Di questi dieci, due erano eritrei e due siriani. Sulla logica della relocation sono stati fotosegnalati per richiesta di asilo immediatamente e trasferiti all’hub di Villa Sikania. Gli altri sei sono stati trasferiti, invece, ai CAS.
  Gli altri 190, invece, hanno confermato quelle indicazioni che avevano fornito già precedentemente. Pertanto, abbiamo richiesto immediatamente al ministero se ci fosse la disponibilità di posti CIE, perché in questo caso devono essere collocati all'interno di un CIE. È questa la soluzione. Poiché posti CIE non ce n'erano, la soluzione dovuta, obbligatoria per legge, era quella di un ordine di respingimento da parte del questore.

  ERASMO PALAZZOTTO. Vorrei sapere se quelli sono gli unici casi di respingimento in differita fatti a Trapani.

  MAURIZIO AGRICOLA, Questore di Trapani. Sostanzialmente sì, con questi numeri. Nel corso dei quattro anni in cui ha operato il CIE sono stati pochissimi i casi, effettivamente. A memoria i numeri non li ricordo, ma sono stati proprio pochi.

  ERASMO PALAZZOTTO. Quanti sono, invece, gli sbarchi nella provincia di Trapani ?

  MAURIZIO AGRICOLA, Questore di Trapani. Per il 2015 grosso modo ci aggiriamo su 8.600 persone che sono transitate e lo stesso per il 2014.

  LEOPOLDO FALCO, Prefetto di Trapani. Devo dire, però, che nella storia di Trapani i nostri pullman vanno negli altri porti...

  ERASMO PALAZZOTTO. (fuori microfono) A Palermo ?

  LEOPOLDO FALCO, Prefetto di Trapani. Più che a Palermo, proprio ad Augusta e a Pozzallo. Abbiamo avuto 10.000 sbarchi nel 2014 e 8.600 nel 2015. Siamo arrivati a 3.000 ospiti contro i 500 circa di Siracusa e di Ragusa, proprio perché ce li andavamo a prendere continuamente. Da un anno a questa parte i nostri CAS erano saturi e, quindi, la nostra attività è diventata un'attività di pullman che andavano verso il nord.
  Devo dire che sono due storie diverse. Il primo anno, dal settembre 2013, quando siamo partiti con i grandi numeri, fino a metà del 2014 prendevamo tutto noi. Trapani è arrivata a 3.000 ospiti, quando tutta Italia ne aveva 40.000.
  Poi, arrivati a saturazione, con un sistema che ha cominciato a funzionare molto meglio, il giorno in cui arrivava la nave, arrivavano gli elenchi delle sedi d'Italia in cui mandarli. Il nostro nell'ultimo anno è diventato, dunque, soprattutto un lavoro di smistamento con Pag. 28pullman... L’hotspot ora può essere una cabina di regia. Se riusciamo a sincronizzare i tempi e a farlo funzionare bene, sgombriamo veramente i porti in cui si sono svolte operazioni durate anche ventiquattr'ore, con uno screening medico che può durare due o tre ore al massimo.
  Poi tutto si svolge nell’hotspot. Per me questa è una grande soluzione. È una risposta molto civile. È un passo avanti enorme, anche se è chiaro che tre hotspot non bastano e che dobbiamo essere aiutati.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il prezioso contributo fornito ai lavori della Commissione e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.