XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 123 di Martedì 24 novembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Audizione del presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità, Nicola Gratteri:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Gratteri Nicola , presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 4 
Giovene Ambra , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 4 
Bindi Rosy , Presidente ... 6 
Gratteri Nicola , presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 6 
Macchia Alberto , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 6 
Gratteri Nicola , presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 9 
Macchia Alberto , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 9 
Gratteri Nicola , presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 9 
Macchia Alberto , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 9 
Aprati Roberta , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 11 
Miranda Maria Luisa , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Lumia Giuseppe  ... 15 
Gratteri Nicola , presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 15 
Lumia Giuseppe  ... 15 
Mattiello Davide (PD)  ... 17 
Vecchio Andrea (SCpI)  ... 18 
Aprati Roberta , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 18 
Sarti Giulia (M5S)  ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Aprati Roberta , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 21 
Bindi Rosy , Presidente ... 21 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 21 
Bindi Rosy , Presidente ... 21 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 21 
Bindi Rosy , Presidente ... 21 
Aprati Roberta , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 21 
Gaeta Pietro , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 21 
Bindi Rosy , Presidente ... 23 
Gaeta Pietro , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 23 
Bindi Rosy , Presidente ... 23 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 23 
Bindi Rosy , Presidente ... 23 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 23 
Bindi Rosy , Presidente ... 23 
Gaeta Pietro , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 23 
Bindi Rosy , Presidente ... 23 
Gaeta Pietro , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 23 
Bindi Rosy , Presidente ... 24 
Gratteri Nicola , presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 24 
Mattiello Davide (PD)  ... 24 
Gratteri Nicola , presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 25 
Lumia Giuseppe  ... 25 
Gratteri Nicola , presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 25 
Lumia Giuseppe  ... 25 
Gratteri Nicola , presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 25 
Lumia Giuseppe  ... 25 
Bindi Rosy , Presidente ... 25 
Lumia Giuseppe  ... 25 
Bindi Rosy , Presidente ... 25 
Gratteri Nicola , presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 25 
Macchia Alberto , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 26 
Bindi Rosy , Presidente ... 27 
Macchia Alberto , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 27 
Bindi Rosy , Presidente ... 28 
Gratteri Nicola , presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 28 
Bindi Rosy , Presidente ... 28 
Macchia Alberto , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 28 
Bindi Rosy , Presidente ... 28 
Macchia Alberto , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 28 
Bindi Rosy , Presidente ... 28 
Macchia Alberto , componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità ... 28 
Bindi Rosy , Presidente ... 28

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 20.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità, Nicola Gratteri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità, Nicola Gratteri.
  Com’è noto, il procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, in qualità di presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità, ha presieduto la commissione istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 maggio 2014.
  Il dottor Gratteri è accompagnato dalla professoressa Roberta Aprati, dal dottor Pietro Gaeta, dall'avvocato Ambra Giovene, dal dottor Alberto Macchia, dalla dottoressa Maria Luisa Miranda, componenti della medesima commissione, e da Alfredo Viola, giudice. Comunico che la dottoressa Luigia Spinelli è assente.
  L'audizione ha a oggetto le risultanze del lavoro della commissione presieduta dal dottor Gratteri che sono confluite in una relazione corredata da una proposta di articolato normativo che nello scorso mese di giugno è stata trasmessa anche alla Commissione antimafia da parte del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Claudio De Vincenti.
  Consentitemi, prima di passare la parola ai nostri auditi, che ringraziamo per la loro presenza, di ricordare – credo che il dottor Gratteri condividerà che alcuni minuti vengano dedicati a questo tema – che il 24 novembre 2015 ricorre il sesto anniversario della morte di Lea Garofalo, donna coraggiosa, calabrese, testimone di giustizia, vittima di un terribile assassinio da parte della ’ndrangheta. Alla sua dolorosa memoria rivolgiamo ancora oggi un pensiero commosso, che è stato ravvivato dalla visione di Lea, il bel film per la TV di Marco Tullio Giordana trasmesso giorni fa dalla RAI.
  La Commissione aveva già reso omaggio alla sua tomba a fine del 2013 all'avvio dei lavori in occasione della nostra prima missione a Milano. A maggior ragione dopo questi due anni di attività avvertiamo l'importanza e il valore del ricordo e per questo motivo dedicheremo anche alla memoria di Lea Garofalo il progetto di legge sui testimoni di giustizia distribuito ai commissari in occasione della seduta del 22 ottobre scorso.
  Al riguardo, io ritengo che sarebbe importante e politicamente significativo che il progetto di legge, che è disponibile in segreteria per la firma, possa essere Pag. 4presentato anche in entrambi i rami del Parlamento e sottoscritto dal più ampio numero di componenti della Commissione antimafia.
  Nel ringraziare, pertanto, il dottor Gratteri e gli altri membri della commissione per la loro presenza, cedo loro volentieri la parola. Abbiamo concordato con il dottor Gratteri che lui farà una breve introduzione e che poi potremo passare alle domande e anche agli approfondimenti da parte degli altri commissari.

  NICOLA GRATTERI, presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Grazie, presidente, dell'invito. Grazie a tutti i presenti. Questa commissione, che io ho avuto l'onore di presiedere, è per me importante e di sicuro ha avuto un ottimo risultato per vari motivi, in primo luogo perché ha avuto la possibilità di scegliere i componenti, che sono persone, prima di tutto, eticamente e deontologicamente corrette e preparate.
  Voglio sottolineare che è stato fatto un lavoro anche a titolo gratuito da tutti i componenti. A molti non sono pagati nemmeno i viaggi aerei o in treno e i pasti. Questo rende il senso anche dello spessore etico e morale di queste persone, alcune delle quali sono qui presenti. Le ringrazio anche per questo, considerata anche l'ora.
  Noi abbiamo cercato di fare queste modifiche tenendo presenti alcune regole che ci hanno accompagnato per tutti questi sei mesi di lavoro: non abbassare il livello di garanzia dell'indagato o dell'imputato nemmeno di un millimetro; applicare la tecnologia e l'informatica disponibili al 2014 al processo penale; fare modifiche tali da non rendere conveniente delinquere. Queste tre regole ci hanno accompagnato in tutte le modifiche che noi abbiamo fatto al Codice penale, al Codice di procedura penale, all'ordinamento penitenziario e alle leggi speciali.
  Nel corpo di questo elaborato ci sono oltre 150 articoli modificati. Parlarne e commentare tutto stasera è impossibile. Io pensavo di iniziare a parlare – vediamo poi il tempo che rimane – di due argomenti importanti e di attualità, di cui si sta discutendo in questo momento. In Parlamento si sta parlando molto sia delle intercettazioni, sia dell'Agenzia dei beni confiscati. Io inizierei con questi due temi, che possono esservi utili per il dibattito sia nelle Commissioni giustizia della Camera e del Senato, sia in Parlamento. Poi, se resta tempo, possiamo parlare di tante altre modifiche per noi importanti e rilevanti, soprattutto per abbattere i tempi del processo.
  Io darei per prima la parola all'avvocato Ambra Giovene.

  AMBRA GIOVENE, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Grazie, presidente Bindi. Grazie, presidente Gratteri. Grazie a voi per questo incontro. Io sono uno dei pochi avvocati che fanno parte di questa commissione, insieme all'avvocato Antonio Mazzone e all'avvocato Gianluca Varraso. Siamo una netta minoranza rispetto ai componenti della commissione, che sono quasi tutti magistrati o professori universitari, una netta minoranza che ha avuto anche un'esposizione mediatica nella misura in cui anche l'unione delle camere penali si è schierata quasi da subito in maniera piuttosto ostile nei confronti dei lavori della commissione, a mio giudizio anche in maniera del tutto ingiustificata.
  Non vi sarà sfuggito che proprio all'inizio del nostro lavoro sono usciti sui giornali dei titoli abbastanza inquietanti, che parlavano della «commissione Torquemada» e del presidente Gratteri inteso come giustizialista o anti garantista. Si tratta di temi che, oltre a offenderci, hanno anche scatenato da parte dell'avvocatura un effetto domino, a mio giudizio non solo del tutto ingiustificato, ma forse anche sintomo – permettetemi di usare questa espressione – di un'approssimazione, a mio parere, deliberata.
  Io credo che basti scorrere alcuni punti. Molto meglio di me seguiranno gli interventi dei magistrati che hanno fatto delle loro proposte di legge, anche con la Pag. 5mia modesta collaborazione. Devo dire, però, che è necessario sottolineare alcuni punti estremamente garantisti che sono stati affacciati all'attenzione pubblica grazie a questa relazione e che sono stati totalmente disattesi dai media.
  Non voglio fare riferimento all'autoriciclaggio, che era uno dei temi forti di questa commissione, ma che è stato ampiamente superato. Essendo limitato a un autoriciclaggio di carattere finanziario, individuava con maggiore attenzione, a mio giudizio, della proposta uscita i reati presupposti del reato di autoriciclaggio. Voglio fare riferimento, invece, in maniera molto rapida e per quanto di utilità nella visione garantista del lavoro di questa commissione, ad alcuni temi.
  Per esempio, in materia di intercettazioni è stato introdotto un articolo, inteso come pubblicazione arbitraria di intercettazioni, che fissava, devo dire in maniera molto chiara, molto precisa e molto garantista per tutti quali dovessero essere i contenuti diffamatori estranei al processo che eventualmente venissero utilizzati dai mezzi di comunicazione. L'articolo introduceva una fattispecie penale, a mio giudizio, di particolare rilievo nei casi in cui i contenuti diffamatori toccassero il carattere privato dei soggetti diffamati, in modo che questi potessero essere tutelati dal sistema sanzionatorio con l'introduzione di questa fattispecie.
  Faccio cenno anche a temi che possono apparirvi del tutto secondari, come, per esempio, il rilascio di copie su supporto informatico. Il rilascio di copie su supporto informatico è garanzia per gli avvocati di avere un'immediata disponibilità degli atti del processo che vengono depositati. Forse molti di voi non sanno che si tratta di una conquista da parte del sistema giudiziario, perché perlopiù in alcune sedi giudiziarie si viaggia ancora con supporto cartaceo, con tutte le difficoltà di avere a disposizione su supporto cartaceo migliaia e migliaia di pagine.
  Si è innalzato il livello di tutela delle intercettazioni per quello che riguarda l'accesso ai luoghi particolarmente riservati.
  Si è abolito il sistema del doppio binario nelle intercettazioni, argomento che nessuno ha ritenuto di valutare con la dovuta attenzione. Abolire il sistema del doppio binario è quanto di più in contraddizione con l'andamento giustizialista che c’è stato negli ultimi anni nel sistema penale.
  Si è introdotta poi la possibilità da parte degli avvocati di ottenere i verbali delle operazioni delle intercettazioni telefoniche, o comunque delle conversazioni intercettate. Ottenere i verbali delle operazioni è argomento che, se diffuso correttamente in ambito giudiziario, scalza la cattivissima abitudine di escludere dalla conoscenza degli avvocati la possibilità di avere i cosiddetti verbali delle operazioni, ossia i brogliacci delle operazioni, la sintesi delle operazioni di intercettazione compiute dalla polizia giudiziaria.
  Tali verbali di operazioni sono perlopiù nei grandi processi, soprattutto nel caso di immediato cautelare, totalmente esclusi dalla conoscenza degli avvocati, financo quando si arriva in dibattimento, per una serie di modalità che vi trascuro di considerare. Credetemi sulla parola. Si tratta di un tema che gli avvocati patiscono in maniera particolare.
  Si è introdotto, inoltre, il divieto di inserire il testo integrale delle intercettazioni nei provvedimenti dell'autorità giudiziaria. Quanti di voi hanno letto sui giornali stralci interi di misure cautelari all'interno delle quali c'era sostanzialmente un «copia/incolla» dell'attività di polizia giudiziaria che non faceva altro che ripescare il contenuto integrale di intercettazioni, ambientali o telefoniche che fossero ? Quanti di voi hanno letto ordinanze cautelari fondate esclusivamente su un «copia/incolla» e, quindi, su un collage di queste intercettazioni ? Si è ritenuto che il testo integrale di queste intercettazioni non dovesse essere inserito nei provvedimenti dell'autorità giudiziaria, a esclusione, ovviamente, delle sentenze, a meno che non fosse rilevante a fine di prova.
  Scorro rapidamente questo cospicuo lavoro, che è stato fatto in poco più di cinque mesi da parte di tutti i componenti Pag. 6della commissione, solo per offrirvi elementi che contraddicono quello che si è ritenuto essere uno spirito giustizialista di questa commissione. Se fosse stato tale, io stessa – permettetemi – non avrei mai ritenuto di poterne far parte.
  La citazione da parte del giudice del dibattimento dei periti e dei consulenti che sono stati sentiti anticipatamente in udienza preliminare o in incidente probatorio e l'aumento dello sconto di pena in caso di patteggiamento sui reati contravvenzionali vi sembrano temi molto distanti tra loro, ma obbediscono tutti a una medesima logica. Lo sconto di pena nei reati contravvenzionali consente di agevolare una maggiore distribuzione del lavoro nell'ambito giudiziario rispetto ai reati di maggiore rilievo, perché l'incentivo di un patteggiamento con uno sconto di pena maggiorato nei reati contravvenzionali può portare in questa direzione.
  Si è reintrodotto un tema che alcuni di voi sicuramente conoscono, l'inammissibilità dell'atto di impugnazione espresso dal giudice a quo e, quindi, la possibilità di consentire al giudice ad quem, in questo caso per esempio la Corte di cassazione, di avere un filtro anticipato rispetto ai vizi di forma, i quali fatalmente confluiscono in una declaratoria di inammissibilità.
  Questi sono soltanto alcuni dei tanti temi che sono stati affrontati. C’è stata molta polemica sulla videoconferenza. Io stessa do atto al presidente Gratteri e alla sua estrema correttezza nel gestire i lavori di questa commissione di avere acconsentito a chi non fosse d'accordo con le metodologie introdotte a proposito della videoconferenza, tema molto dibattuto negli ultimi giorni, di manifestare la propria dissenting opinion. Questa opinione dissenziente è stata messa a verbale. Io personalmente non ero particolarmente aderente all'introduzione della videoconferenza nei processi, ma ne ho dato atto. Di questo si è dato atto nei lavori svolti.
  Anche da questo brevissimo excursus credo si possa dare onestamente atto che quella deliberata approssimazione con la quale si è ritenuto di marchiare a fuoco questa commissione, definita addirittura una commissione che svilisce del tutto le garanzie difensive e la funzione difensiva, non c’è. Io credo, o spero almeno, di avervi potuto dare un breve cenno che così non è.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Avvocato, sicuramente lei ci è riuscita, ma trovava anche un terreno favorevole in questa Commissione, diciamo un terreno ben disposto.

  NICOLA GRATTERI, presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Proprio parlando di intercettazioni, io penso che il collega Macchia sia il collega che meglio ci può spiegare quello che abbiamo deciso e discusso. Questo è stato uno dei temi che ci hanno impegnato di più.

  ALBERTO MACCHIA, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Il tema delle intercettazioni è un tema ovviamente ed evidentemente centrale in qualsiasi tipo di progettualità che voglia prendere in considerazione una fenomenologia sempre complessa, quale quella della criminalità organizzata. Peraltro, questa è una locuzione del tutto atecnica, che molto atecnicamente è passata anche in testi normativi, ma che in qualche misura rende emblematico il fatto che il magistero penale ha a che fare con realtà estremamente complesse, proteiformi, stratificate e difficilmente penetrabili.
  Viene, quindi, a emersione a tutto tondo lo strumento elettivo e il mezzo di ricerca della prova più significativo ai fini di un'indagine di carattere penale, che è un nervo scoperto ed è un nervo scoperto non da oggi. È un nervo scoperto sin dal 1973, quando la Corte costituzionale ebbe inizialmente modo di doversi occupare del tema delle intercettazioni telefoniche per verificare se e in che limiti potessero essere fatte, sull'onda di quello che forse i meno giovani ricorderanno essere stato lo scandalo delle intercettazioni abusive del famoso investigatore Tom Ponzi.Pag. 7
  Tale scandalo diede l'avvio a un progetto di riforma della tematica che era soltanto in modo del tutto grezzo abbozzato nel vecchio Codice di procedura penale del 1930 e andò subito incontro a un problema di carattere costituzionale: se e in che limiti lo strumento dell'invasione dalla sfera della privacy, all'epoca forse meno sentita di quanto non lo sia oggi, potesse essere attrezzato e garantito in modo tale da evitare che, al di là dell'orecchio del captatore delle voci – all'epoca si parlava solo di intercettazioni telefoniche – potesse invadere una sfera che doveva restare di prerogativa del singolo.
  Molta acqua è passata sotto i ponti e quelle pregiudiziali «di sospetto», che avevano una loro specifica ragion d'essere nell'impianto di rinnovamento dello strumento delle intercettazioni telefoniche, poi scaturito con la riforma del 1975, sono rimaste sostanzialmente inalterate nel corso degli anni.
  Io ricordo di aver partecipato ai lavori sul nuovo Codice di procedura penale. All'epoca proprio in questa sala ci si confrontava con l'allora Commissione bicamerale «dei quaranta», che doveva scrutinare il prodotto in corso di elaborazione da parte della commissione redigente del nuovo Codice di procedura penale. Le modifiche che furono impostate in quegli anni – parliamo del 1989, non di secoli fa – in fondo non facevano che ricalcare l'impianto originario delle intercettazioni così come erano state configurate sotto l'impero del «Codice Rocco».
  Dicevo che molta acqua è passata sotto i ponti. È come se noi avessimo ancora un impianto normativo ispirato a un veicolo di tipo Fiat 500 su una realtà tecnologica oggi rapportabile a una Ferrari. Tuttavia, l'impianto normativo risente ancora di questa vecchia influenza, di questa grossa distinzione di metodologia di captazione, a seconda che la captazione avvenga all'interno degli uffici della procura della Repubblica o fuori degli uffici della procura della Repubblica.
  Perché ? Perché al tempo, negli anni Settanta, le intercettazioni telefoniche avvenivano su cavi coassiali, su cui c'erano le pinzette che collegavano il cavo telefonico di collegamento all'auricolare che veniva sentito dal maresciallo Tizio e Caio. Si voleva che soltanto le orecchie del maresciallo Tizio e Caio potessero sentire quella voce. Oggi, con i sistemi digitali e con tutto il nuovo mondo tecnologico che ci è piovuto addosso, questo è un tipo di garanzia totalmente antistorico, al punto che la Corte costituzionale si è in più occasioni trovata nella necessità di dirimere controversie sul punto specifico facendo leva sul fatto che la Corte costituzionale non è tenuta, a differenza del legislatore – questo è l'invito che rivolgiamo a voi – a seguire tutte le varie tecnologie che si sono succedute nel tempo e, quindi, ad adeguare le norme al nuovo apporto tecnologico.
  Oggi l'intercettazione o è fatta nell'ufficio di procura, o è remotizzata in un ufficio di un qualsiasi commissariato, ma le garanzie sono sempre le stesse. Quando delegazioni straniere vengono in Italia, soprattutto alla Corte di cassazione, e si imbattono in strutture normative come quelle che garantiscono il sistema delle intercettazioni in Italia, restano piuttosto perplesse per la pluralità di meccanismi di controllo, che hanno finito per perdere qualsiasi tipo di ragion d'essere: c’è un provvedimento motivato del pubblico ministero che deve stabilire l'urgenza, c’è una convalida del giudice e i tempi di passaggio da un segmento di intercettazione all'altra sono talmente brevi da non far capire se quello che si è ascoltato sia utile per la prosecuzione dell'indagine o no. Il nostro sforzo è stato quello di ricondurre il tema delle intercettazioni, e non solo delle intercettazioni telefoniche, a maggior razionalità.
  Il primo punto che noi abbiamo desiderato affrontare è quello di colmare un vuoto che la Corte di cassazione ha additato essere un vuoto incolmabile da un punto di vista interpretativo. Mi riferisco alle cosiddette «videoriprese». La Cassazione ammette le videoriprese soltanto se effettuate in luogo pubblico. Non sono consentite le videoriprese in ambito privato. Se è possibile l'intercettazione telefonica Pag. 8cosiddetta ambientale, però, non si vede per quale ragione si possano captare le voci di coloro che partecipano al summit mafioso e non si possa mettere una videocamera per inspicere all'interno del luogo dove si svolge il summit mafioso, magari con scambio di armi, di droga, di pizzini e via elencando. Abbiamo cercato, quindi, di ricondurre a razionalità lo strumento della videoripresa con quello dell'intercettazione.
  Abbiamo poi ritenuto anche di dover estendere la platea delle intercettazioni anche al vecchissimo sistema dello scambio di lettere, perché l'intercettazione epistolare non è possibile. È possibile soltanto come controllo di corrispondenza del detenuto, con regime normativo totalmente eccentrico rispetto a quello delle intercettazioni telefoniche. Le Sezioni Unite hanno definitivamente sgombrato il campo dal dubbio di commistioni di strumenti.
  Perché l'intercettazione epistolare ? Perché gli strumenti previsti dal Codice prevedono il sequestro di corrispondenza. È evidente che, sequestrando la corrispondenza, si impedisce che la corrispondenza partita arrivi al destinatario, mentre invece, attraverso il meccanismo dell'inspicere, del vedere che cosa c’è scritto, ci si può attrezzare e lasciare che le persone continuino a mantenere uno scambio epistolare. I pizzini di memoria mafiosa insegnano proprio questo, e non solo questo.
  Abbiamo razionalizzato anche l'impiego, come dicevo prima, degli strumenti esterni di captazione, cioè la possibilità di remotizzare il procedimento di intercettazione eliminando quella doppia veste di modalità esecutive tra intercettazioni intramoenia, all'interno degli uffici di procura, e extramoenia. Queste possono essere compiute solo in presenza di presupposti gravissimi, cioè di assoluta indisponibilità degli impianti presso la procura della Repubblica e assoluta urgenza di effettuare l'intercettazione, dando luogo a un contenzioso – apro e chiudo una piccolissima parentesi – davanti alla Corte di cassazione veramente impressionante. Se c’è un settore del processo penale che ha dato luogo a un contenzioso di legittimità in termini numericamente impressionanti è proprio il tema delle intercettazioni. Evidentemente non è un caso.
  Ci è sembrata anche abbastanza paralizzante ai fini delle indagini la previsione dell'intercettazione ambientale condizionata, come prevede il Codice attuale, soltanto alle ipotesi in cui nel luogo di privata dimora si stia svolgendo ancora il reato. Ci vuole non soltanto un reato flagrante, ma anche un reato diluito nel tempo e, quindi, soltanto un reato permanente. Si può intercettare, quindi, soltanto in presenza di una notitia criminis di una fattispecie criminosa di durata.
  Ben comprendete come questo abbia determinato – e qui dobbiamo dar ragione alle esigenze di garanzia sostanziale e non formale – un profluvio di modifiche di ipotesi di incriminazione proprio per allargare lo spettro di utilizzazione dell'intercettazione telefonica, molte volte (questo va detto fuori dei denti) camuffando per reato associativo ciò che, in realtà, non aveva nulla a che vedere con una fattispecie associativa. Se si indaga su un omicidio e si ha bisogno dell'intercettazione ambientale, anche se l'omicidio si è ormai realizzato, è evidente che questo diventa una specie di feticcio formale.
  Sul piano delle garanzie io credo che si sia sufficientemente intrattenuta l'avvocatessa Giovene. Quello che è importante è che la difesa abbia modo di interloquire, non costantemente in presenza dell'operazione di intercettazione, ma su tutto ciò che riguarda la garanzia del riscontro successivo della legalità dell'operazione.
  Accennavo prima alle esigenze di garanzia sostanziale. A chi premono ? Premono all'Europa. Noi ci troviamo inseriti sempre di più a fil doppio in un sistema di integrazione processuale che rende il nostro sistema asfittico ed eterodosso rispetto a quello utilizzato da tutti gli altri Paesi europei. Noi alla CEDU non siamo mai stati condannati per problemi relativi a intercettazioni. Le poche condanne che ha avuto l'Inghilterra le ha avute proprio per quello.
  Chiuderei, per non portar via troppo tempo.

Pag. 9

  NICOLA GRATTERI, presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Tocchiamo il punto delle pubblicazioni arbitrarie delle intercettazioni.

  ALBERTO MACCHIA, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Questo è il rovescio della medaglia. Perché accennavo prima alle intercettazioni sempre come nervo scoperto ? Perché questo tema è da sempre stato un nervo scoperto, che ha dato luogo poi a tutta una serie di iniziative normative che hanno riguardato le intercettazioni, come ben sapete, dei parlamentari. Penso all'intercettazione casuale, a quella contro casuale e chi più ne ha più ne metta. Perché ? Per impedire che anche il quisque de populo che si trovi casualmente ad avere a che fare con un soggetto intercettato finisca per essere coinvolto in questo tipo di meccanismo.
  La necessità di cautelare non soltanto la persona che con l'indagine può non entrarci nulla, ma anche l'immacolata esistenza del soggetto casualmente interlocutore del soggetto sotto intercettazione ci ha fatto ritenere di attrezzare una fattispecie incriminatrice, punita piuttosto seriamente nella nostra idea, che preveda questa situazione di pubblicazione arbitraria dei risultati delle intercettazioni.
  Certo è che tutte le cose hanno un peso e un contrappeso. Esiste un momento poi a partire dal quale l'intercettazione ritualmente utilizzata nell'ambito del processo penale può e, a mio avviso, deve essere conosciuta, così come deve essere conosciuto qualsiasi atto pubblicabile interno al procedimento penale.
  Ho portato via un sacco di tempo.

  NICOLA GRATTERI, presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Passiamo ora all'Agenzia dei beni confiscati. Anche questo è un argomento che voi state trattando in questi giorni. La nostra proposta si sposta un poco rispetto alle altre proposte che state discutendo in questi giorni. Ringraziamo nuovamente il presidente per questa opportunità che ci offre.
  Inizia sempre il dottor Macchia.

  ALBERTO MACCHIA, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Questo è un tema alla vostra attenzione non da oggi, perché è già confluito all'interno del decreto legislativo n. 159 del 2011, il testo unico sulle misure di prevenzione, ormai diventato un po’ il Codice – anzi, si qualifica proprio così – delle leggi antimafia. Lo spirito che ha mosso la nostra iniziativa, è che noi pensiamo che nell'ambito del procedimento di prevenzione, ma non solo, la gestione dei beni prima sequestrati e poi confiscati debba essere una gestione utile per tutti, non soltanto da un punto di vista preventivo o processual-preventivo, nell'ipotesi in cui estendiamo questo tipo di provvedimenti anche a ipotesi di sequestro in sede penale, in particolare al sequestro preventivo, ma anche ai fini di una gestione economica dei beni che vengono attratti nella sfera del provvedimento di prevenzione.
  Questo perché è già importante fare una summa divisio tra le categorie dei beni che possono formare oggetto del provvedimento captatorio. Un conto è sequestrare, per esempio, l'autovettura, un conto è sequestrare un immobile e un altro è sequestrare un cespite aziendale, perché il cespite aziendale pone dei problemi «di conservazione», secondo la vecchia logica penalistica, che non sono quelli della semplice messa di sigilli, ma riguardano anche problemi gestori particolarmente delicati.
  L'esperienza, soprattutto l'esperienza dell'Agenzia attualmente esistente, ci ha insegnato che, ove non prontamente valutata l'utilità della gestione, già direi quasi ante portas, il rischio è quello di determinare ciò che si è concretamente determinato nel corso di questi ultimi anni, ossia una serie di fallimenti a cascata. Se il cespite aziendale non viene prontamente Pag. 10gestito, è chiaro che depaupera la propria essenza, come depaupera la propria essenza anche la funzione preventiva del provvedimento di sequestro.
  Non sono rari i casi in cui anche in ambito penale a provvedimenti di sequestro preventivo, soprattutto a quelli applicati nei confronti degli enti e, quindi, delle persone giuridiche, segua il fallimento dell'ente. Se il sequestro preventivo è attuato per milioni di euro, così come non di rado capita, il cespite dell'azienda va automaticamente in decozione.
  Da qui deriva la necessità anche di un'immediata informativa, che rispetto ai sei mesi noi avremmo portato a un mese di tempo, per poter verificare se ci sia un utile alla gestione. Altrimenti il bene deve essere prontamente venduto, alienato, per cercare di cavarne qualche cosa, in modo tale da poter far sì che la decozione totale del bene non frustri anche la funzione di immagine politica che può avere la misura preventiva.
  Se io sequestro un cespite patrimoniale al mafioso e poi questo cespite patrimoniale, nel momento in cui viene acquisito dalla mano pubblica, perde la sua consistenza economica e, quindi, perde anche la sua immagine esterna di ricaduta, si fa due più due uguale quattro, ossia si pensa che solo il mafioso sia in grado di gestire quel bene, che, se viene acquisito all'erario pubblico, va automaticamente in decozione.
  Da qui deriva una ridefinizione non soltanto delle attribuzioni dell'Agenzia, non soltanto dei suoi poteri concreti di intervento, ma anche della sua importante dimensione umana e funzionale. La dimensione umana va modificata proprio per far sì che all'interno della platea dei suoi organi direttivi e propulsivi siano annoverate persone che, al di là del commercialista, dell'avvocato o di chi per lui, abbiano una specifica e qualificata esperienza nel settore della gestione di compendi patrimoniali complessi che postulano delle professionalità differenziate.
  Ne viene anche la nostra idea di mutare il tiro nei confronti del gestore vero del patrimonio, cioè dell'amministratore. Oggi molto spesso capita che gli amministratori siano prescelti, così come è previsto adesso dall'apposito albo, tra avvocati e commercialisti. Si immagina che l'avvocato e il commercialista abbiano la capacità gestoria di ciò che riguarda esclusivamente la redazione dei documenti contabili, ma non basta riempire i documenti contabili e far bene un bilancio per poter gestire il cespite. Occorrono esperienze differenziate, anche e, a nostro avviso, soprattutto in funzione della differenza merceologica delle realtà aziendali attratte nella sfera del provvedimento ablatorio. Un conto è – capite bene – gestire il negozio di norcineria, un altro è gestire il fondo rustico, un altro è gestire l'albergo, un altro ancora è gestire un'azienda complessa o, per esempio, un supermercato. Sono tutte analisi gestorie differenziate, che presuppongono esperienze differenziate.
  Per tali ragioni abbiamo posto la nostra attenzione anche sulle qualità soggettive di chi deve fare l'amministratore e di chi poi dovrà fare il titolare dell'Agenzia, che ha una sua funzione ben precisa e che, anzi, nella nostra prospettiva, ha un ampio spettro di intervento, aumentato dal fatto che dovrebbe entrare, nella nostra idea, nella sfera della gestione dell'Agenzia e dell'amministratore anche tutto ciò che pertiene al tema dei sequestri penali.
  I sequestri penali oggi hanno assunto un livello patrimoniale e quantitativo probabilmente di gran lunga superiore a quello che si ottiene attraverso la misura di prevenzione e il provvedimento patrimoniale, perché i sequestri preventivi possono essere fatti per tutti i reati, non soltanto per quelli di criminalità organizzata, ma anche per quelli contro la pubblica amministrazione. Voi capite bene quanto questa sia una tematica particolarmente sotto l'occhio del ciclone in una temperie come quella attuale.
  Un altro aspetto di novità che noi abbiamo ritenuto di dover introdurre è quello di immaginare un organo giudiziario ad hoc, non un giudice speciale – vorremmo essere intesi bene – ma una sezione specializzata di tribunale, che annoveri Pag. 11nel proprio plafond di composizione umana non soltanto magistrati togati, ma anche la categoria degli esperti, non diversamente da quello che accade, per esempio, per il tribunale per i minorenni oppure per la magistratura di sorveglianza.
  Al giudice specializzato dovrebbe essere affidato il «contenzioso endogestionale», lasciando a parte la competenza in tema di sequestri del magistrato della cautela. Diverso è il discorso per le misure di prevenzione, perché per le misure di prevenzione tutto dovrebbe essere affidato a queste sezioni specializzate dal momento in cui interviene il provvedimento di carattere ablatorio.

  ROBERTA APRATI, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Riprendendo quello che ha appena detto il consigliere Macchia, io vorrei entrare di più nel dettaglio della proposta forse più innovativa dell'Agenzia, vale a dire la possibilità di dare una destinazione anticipata ai beni oggetto di sequestro, in particolare per quanto riguarda le aziende.
  Per raccontarvi quello che abbiamo pensato vorrei esporre il discorso trattando quattro punti: l'analisi delle criticità da cui siamo partiti; gli obiettivi che ci siamo posti; la soluzione normativa che abbiamo cercato di trovare per raggiungere questi obiettivi; e le eventuali obiezioni che possono essere sollevate, con l'eventuale risposta a tali obiezioni.
  Per quanto riguarda le criticità, era già stato accennato che a oggi risulta fallimentare l'obiettivo dell'Agenzia. L'idea era che queste aziende in qualche modo fossero rimesse in un circuito legale e che, quindi, concorressero a incentivare un'economia sana. A oggi risulta che la destinazione definitiva delle aziende avvenga in un periodo di tempo talmente lungo che durante l'iter del procedimento di prevenzione di fatto il valore economico delle aziende viene completamente annullato. L'obiettivo della legge non raggiunge, quindi, il suo effetto.
  Un altro aspetto di criticità è il problema di tutelare il titolare delle aziende, perché costui, nel momento in cui eventualmente il procedimento di prevenzione finisce a suo favore senza che intervenga una confisca definitiva, di fatto si vede restituito un bene aziendale che non ha più alcun valore. L'obiettivo era anche quello di cercare di danneggiare il meno possibile colui che esce indenne da questo procedimento.
  L'obiettivo è, quindi, quello di cercare di compensare e di bilanciare queste due esigenze. Si è, dunque, ritenuto che una soluzione potesse essere quella di anticipare la destinazione definitiva delle aziende al momento del provvedimento di confisca di primo grado, ossia al primo decreto. A un certo punto avevamo anche pensato di anticiparla al sequestro, ma poi ci era sembrato esagerato e abbiamo pensato che questo potesse essere un buon compromesso.
  In questo modo il bene viene subito immesso in un circuito legale. La stima che viene fatta in quel momento, ossia il prezzo che eventualmente viene pagato per l'eventuale vendita del bene, viene incassata e sarà eventualmente restituita, nel momento in cui il procedimento di prevenzione dovesse finire negativamente, al proprietario. Costui, quindi, si vedrà meno danneggiato, perché, tutto sommato, il prezzo di stima che viene effettuato al momento del decreto di primo grado è sicuramente un prezzo maggiore rispetto alla restituzione del bene che egli otterrebbe alla fine del procedimento.
  È vero che dal punto di vista formale potrebbe sembrare perdere molto, perché non ha più l'azienda, ma è anche vero che dal punto di vista sostanziale è maggiormente garantito, perché nel primo caso non perde l'azienda, che però è un'azienda che non vale nulla, mentre nel secondo recupera quanto meno un valore economico che potrebbe avere ancora una determinata consistenza.
  Passando alle obiezioni e alle eventuali osservazioni che si possono fare, è chiaro che la perdita di un diritto di proprietà attraverso questa vendita può sembrare Pag. 12sconcertante. Ricordiamo, però, che nel nostro ordinamento esistono istituti di questo genere. Con riferimento all'Agenzia nell'attuale disciplina lo stesso regime giuridico è già previsto per i beni mobili, rispetto ai quali è possibile fare una vendita anticipata sia nel caso in cui siano deperibili dal punto di vista fisico, sia nel caso in cui siano deperibili dal punto di vista economico. La stessa ratio in qualche modo è già codificata.
  Non dimentichiamoci che perdite del diritto di proprietà sono già previste nel nostro ordinamento. Faccio riferimento a tutti gli acquisti a non domino previsti nel diritto civile, in cui ragioni di economia e di certezza nei traffici giuridici fanno sì che il proprietario si veda costretto a perdere il proprio bene recuperando soltanto il prezzo della vendita avvenuta da parte del non proprietario, senza trascurare l'istituto forse più rilevante e più simile, rappresentato dalle acquisizioni sine titulo con l'uso del bene per esigenze di pubblica utilità, che comportano l'indennizzo e la perdita di proprietà del titolare. Mi sto riferendo, ovviamente, alla disciplina delle espropriazioni per pubblica utilità e a quell'istituto particolarissimo che riguarda le occupazioni sine titulo. Queste sono tutte situazioni in cui si perde il diritto di proprietà attraverso un bilanciamento con esigenze di carattere pubblicistico.
  Inoltre, occorre considerare che un tipo di soluzione di questo genere non andrebbe neanche a contrastare le prescrizioni che da questo punto di vista ci impone la CEDU. La CEDU ci ha già spiegato più volte che dal punto di vista del procedimento di prevenzione non sono applicabili le garanzie tipiche del processo penale, né dal punto di vista della disciplina della legalità sostanziale, né dal punto di vista dell'equo processo.
  In particolare, mi riferisco alla disciplina dell'eventuale violazione della presunzione di innocenza, in forza della quale non è possibile applicare sanzioni prima che ci sia un provvedimento definitivo. La CEDU ci ha spiegato che questa garanzia non si applica in materia di prevenzione e ha indicato tre condizioni affinché sia possibile questo tipo di interventi così incisivi sul diritto di proprietà, sempre bilanciati da esigenze di carattere economico pubblicistico.
  Ci ha detto la CEDU che ciò è possibile a condizione che ci sia una previsione normativa, che in questo caso ci sarebbe, e che ci sia una tutela giurisdizionale. Da questo punto di vista il procedimento di destinazione anticipata sarebbe svolto in camera di consiglio, con presenza partecipata e, quindi, diritto di partecipazione e con possibilità di ricorso in Cassazione del provvedimento.
  Il terzo requisito sarebbe quello della possibilità che ci sia un'esigenza pubblicistica alla base di queste espropriazioni di proprietà prima dei provvedimenti definitivi, che in questo caso va vista nell'esigenza di immettere nel mercato beni che altrimenti andrebbero persi e di tutelare anche colui che si vede spossessato del suo diritto aziendale.
  Grazie.

  MARIA LUISA MIRANDA, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Io intervengo davvero molto brevemente, perché ritengo che sia stato detto ormai quasi tutto con riferimento all'Agenzia. Vorrei semplicemente fare una precisazione con riferimento al ruolo e alla struttura dell'Agenzia così come da noi sono stati pensati. Ritengo che sia necessario fare questa precisazione perché, per gli strani motivi cui faceva riferimento inizialmente l'avvocato Giovene, sono state date una serie di notizie di stampa che assolutamente non corrispondono al vero rispetto alle nostre proposte.
  In primo luogo, preciso che l'intervento dell'Agenzia, secondo la nostra proposta, non è diverso da quello previsto attualmente. La nostra proposta prevede l'intervento dell'Agenzia in modo diverso rispetto alle altre proposte modificative.
  Mi spiego meglio. A nostro parere, l'Agenzia deve, così come è previsto attualmente, entrare nella gestione del bene sottoposto a vincolo sin dal momento del Pag. 13sequestro, ma non più come organo che coadiuva l'amministratore giudiziario, bensì come organo che coadiuva direttamente l'autorità giudiziaria, così come previsto nella nostra proposta di modifica dell'articolo 38.
  Ovviamente, questo intervento, questo ampliamento dei poteri, di cui magari esporrò poi brevemente alcuni aspetti, passa necessariamente da una rivisitazione totale dell'Agenzia. Questo noi l'abbiamo spiegato in maniera assolutamente chiara nella nostra relazione illustrativa. Non so chi abbia avuto modo di leggerla, ma è ovvio che un'Agenzia così come è strutturata in questo momento non può in alcun modo avere quell'ampliamento di poteri che noi abbiamo immaginato. È la politica, se ritiene di voler investire nell'Agenzia dei beni confiscati, che deve ampliare il personale in dotazione dell'Agenzia dei beni confiscati. Soltanto così è possibile che l'Agenzia possa ricoprire i compiti che noi abbiamo immaginato.
  Detto questo, aggiungo anche che, con riferimento proprio alla struttura dell'Agenzia dei beni confiscati e agli articoli 110 e seguenti del decreto legislativo n. 159 del 2011, noi abbiamo proposto una serie di modifiche alla direzione dell'Agenzia dei beni confiscati, che passano ovviamente anche per il consiglio direttivo dell'Agenzia dei beni confiscati, e soprattutto che riguardano il reclutamento del personale.
  È fondamentale il passaggio cui faceva riferimento inizialmente il consigliere Macchia. È necessaria una specializzazione di tutta la procedura e, quindi, anche del personale in dotazione dell'Agenzia dei beni confiscati, motivo per il quale noi proponiamo un ampliamento del personale dell'Agenzia dei beni confiscati. Proponiamo che ci sia non solo un ampliamento, che sarà eventualmente deciso con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, come noi abbiamo indicato, ma anche personale specializzato che, dunque, necessariamente deve avere anche in parte carattere di stabilità.
  È per questo motivo che, infatti, all'articolo 112 noi proponiamo che ci sia in parte personale che deve avere accesso all'Agenzia dei beni confiscati attraverso le normali procedure selettive, in conformità con la legislazione vigente di procedura di accesso al pubblico impiego. A fianco a una parte di personale in dotazione che ha carattere di stabilità e che necessariamente dovrà avere delle caratteristiche particolari si affiancherebbe poi una parte del personale che può essere, ovviamente, in mobilità o in distacco, che va a completare una dotazione stabile e organica dell'Agenzia dei beni confiscati.
  Con riferimento alla direzione, come aveva anticipato il consigliere Macchia, noi riteniamo che il direttore vada scelto fra esperti nella gestione di beni e aziende privati o di settori pubblici complessi. Diversamente da altre proposte, noi riteniamo che tra questi possa rientrare un magistrato, sebbene con la quinta valutazione di professionalità.
  Con riferimento, invece, al consiglio direttivo, non faccio l'elenco, perché è ben indicato nella nostra proposta, ma noi riteniamo che debba essere integrato con esperti di maggiore profilo rispetto a quelli previsti attualmente.
  Vorrei fare solo un'ultima precisazione, se non ci sono richieste specifiche con riferimento a quello che ho detto, in merito alla titolarità della proposta e all'istituzione della sezione specializzata cui inizialmente aveva fatto riferimento il consigliere Macchia.
  Con riferimento alla titolarità della proposta, a nostro parere, diversamente da quelle che sono state altre proposte, in un processo di completa e piena giurisdizionalizzazione e specializzazione, noi proponiamo una modifica dell'articolo 5 secondo la quale gli unici titolari delle proposte sono il procuratore distrettuale, fermo restando, ovviamente, quello del comma 2, e il procuratore nazionale antimafia, nei limiti di cui al 371-bis. Questo vuol dire, in termini pratici, eliminare i poteri di proposta del questore e della DIA.
  Con riferimento, invece, all'autorità giudiziaria, la vera particolarità della nostra proposta, se possiamo utilizzare questo Pag. 14termine, è che alle sezioni specializzate di cui i più, in ogni caso, propongono l'istituzione, secondo la nostra revisione dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 159, vada poi, una volta che c’è stato il sequestro, affidata anche la gestione dei beni dei sequestri penali.
  Che cosa comporta questo ? Comporta che questa sezione specializzata si occuperà non solo delle misure di prevenzione, ma anche dei sequestri penali, che sono, soprattutto in determinati distretti – lo dico anche per esperienza personale – il maggior numero. Sono in numero molto maggiore rispetto alle misure di prevenzione. Laddove invece vige l'attuale sistema, da quando c’è stato in questo senso un intervento della Corte di cassazione, la gestione dei beni resta vita natural durante al GIP o comunque al giudice che l'ha disposto, che nel 99 per cento dei casi è il GIP. Questo accade anche quando il processo passa in dibattimento e va avanti nella sua vita.
  Questo che cosa significa ? Significa che un giudice, che spesso non ha neanche cognizione del merito, perché ha ereditato il procedimento da altri o perché è intervenuto in un secondo momento, si trova a gestire un bene di cui nulla sa, di cui veramente nulla sa e che non è specializzato. Non può essere specializzato un GIP che si occupa della gestione dei beni, con tutta la buona volontà, mentre fa un'ordinanza, un'udienza, un decreto penale o un decreto di archiviazione.
  Per questo motivo noi proponiamo non solo la modifica dell'articolo 5 con l'istituzione delle sezioni specializzate presso i capoluoghi del distretto – solo ed esclusivamente presso i capoluoghi del distretto – ma anche una modifica dell'articolo 104-bis e delle disposizioni di attuazione, che prevedono la trasmissione, ripeto, della sola gestione dei beni (ovviamente, non del merito, che resta sempre al giudice che procede) alla sezione specializzata.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Possiamo passare alle domande, procuratore ? Bene.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RICCARDO NUTI. Intanto grazie della vostra presenza e del vostro lavoro. Purtroppo bisogna prendere atto che le vostre proposte, in particolare quelle che riguardano l'Agenzia per i beni confiscati e sequestrati, sono state perlopiù bocciate dai partiti della maggior parte di questa Commissione. Sono state proposte perlopiù da noi, ma al primo passaggio alla Camera hanno avuto il voto contrario o dei componenti di questa Commissione o, se assenti, dei partiti a cui appartengono.
  Per quanto riguarda la destinazione anticipata, è chiaro che possono nascere dei dubbi, ma al riguardo, quando abbiamo presentato questa proposta – vorrei sapere il vostro parere – noi abbiamo aggiunto alcuni ritocchi, se possiamo chiamarli così. In particolare, sono quattro: che l'acquirente debba avere una fedina penale pulita; che si possa prevedere una sorta di protezione per l'acquirente, i lavoratori o la struttura stessa dell'azienda tramite il comitato per l'ordine e la sicurezza; che chi compra l'azienda si renda disponibile a un controllo giudiziario per un anno, ossia a una sorta di affiancamento (è uno strumento che si tenta di introdurre nella legge che è stata votata alla Camera e che sta per passare al Senato); che ci sia la possibilità di accedere a un fondo per un aiuto economico per le aziende che vengono vendute. Se chi prende e compra questa azienda all'inizio ha qualche difficoltà, un piccolo aiuto economico può essere utile.
  In secondo luogo, volevo chiedere che cosa pensate eventualmente della creazione di un fondo per la ristrutturazione dei beni immobili. Un grosso problema è quello per cui spesso essi vengono dati, per esempio, alla questura, che non ha i fondi per ristrutturare questi beni, ragion per cui essi rimangono assolutamente inutilizzati o vengono addirittura occupati, anziché essere utilizzati come alloggi per i Pag. 15poliziotti o proprio come commissariati. L'ultimo caso è stato denunciato qualche giorno fa.
  Come valutate, fermo restando che, almeno personalmente, io sono d'accordo con il ruolo dell'Agenzia già dalla fase di sequestro, altrimenti non si vede il motivo stesso dell'esistenza dell'Agenzia, il lavoro dell'Agenzia nell'ultimo periodo, da quando c’è stato il cambio del direttore con l'entrata di Postiglione ?
  Grazie.

  PRESIDENTE. Procuratore, io preferirei che prima fossero formulate tutte le domande, chiedendo magari la fatica di scriverle, altrimenti creiamo una disparità tra chi parla prima e chi parla dopo.

  GIUSEPPE LUMIA. Anch'io ringrazio il dottor Gratteri e tutti i componenti della commissione. Le audizioni in Commissione con il dottor Gratteri sono sempre state utili. Speriamo che anche questa dia dei buoni frutti. Naturalmente, però, per dare dei buoni frutti, dovremmo avere il testo e l'articolato. Non so se i 150 articoli siano già disponibili. Benissimo. Mi saranno utili perché dopo l'approvazione alla Camera adesso ci sarà questo passaggio al Senato. Pertanto, vedere alcune delle vostre proposte tecnicamente messe in articolato sarà abbastanza utile.
  Volevo partire da una considerazione di fondo. Io condivido molte cose. Premesso questo, vorrei fare una considerazione di fondo che mi ha lasciato perplesso. Voi proponete il superamento del doppio binario. Questo è un punto delicatissimo, oserei dire strutturale.
  I colleghi sanno che il doppio binario fu inventato da Giovanni Falcone ed è stato una grande intuizione, che ha saputo mettere in equilibrio la domanda di maggiore rigore nella lotta alla mafia presente nel nostro Paese senza per questo intaccare alcuni elementi di garanzia contenuti per altri reati che non presupponevano un'esposizione pubblica aggressiva come i reati di mafia. I reati di mafia toccano la democrazia e la convivenza civile e sono in grado di eroderne la natura. Gli altri tipi di reato, invece, toccano sempre un bene pubblico importante, ma non hanno quell'invasività che hanno i reati di mafia.
  Questa fu una grande intuizione, e io penso che questa intuizione la dobbiamo preservare. Faccio una domanda conoscitiva. Lasciamo stare la mia valutazione, che rimane un po’ critica. La metto da parte. Volevo sapere, togliendo il doppio binario, in che verso voi avete fatto oscillare la vostra proposta.
  Faccio un esempio sulle intercettazioni. C’è una durata di tempo, banalmente, che differenzia i reati di mafia e di terrorismo da quelli ordinari. In che verso oscilla la vostra proposta ? Verso l'alto o verso il basso ? Questo è un esempio che faccio, in modo tale da comprendere.
  Il superamento del doppio binario, per esempio, nell'ordinamento giudiziario che cosa comporta ? Il superamento delle DDA ? Il doppio binario è anche quello.

  NICOLA GRATTERI, presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Solo sulle intercettazioni ordinarie e DDA. Per le intercettazioni ordinarie ogni quindici giorni il fascicolo va su e giù dal GIP. In questi giorni spesso non accade nulla. Noi proponiamo i termini per i reati di competenza della procura ordinaria uguali a quelli della DDA per le intercettazioni.

  GIUSEPPE LUMIA. Quindi, quelli della procura ordinaria si adeguano a quelli della DDA e non viceversa. Certo, è una proposta interessante, ma capite bene che è una proposta. A me non crea eccessivi problemi. Anch'io mi sono beccato spesso le accuse che fanno a lei, però è chiaro che è una proposta molto forte sui reati ordinari. Su reati che hanno l'invasività che prevedono i reati di mafia e di terrorismo forse il punto andrebbe valutato un po’ meglio. È una proposta. Sentiremo.
  Sulle intercettazioni cosa si discute ? Io ho apprezzato tutte le proposte che voi avete fatto sulle intercettazioni. In particolare, mi pare di pregio quella che consente di equiparare l'intercettazione telefonica Pag. 16ambientale con l'intercettazione video ambientale. Mi pare che questo sia un punto qualificante, anche la corrispondenza; tutte queste cose le ho ascoltate, ma ci sono tre questioni che si dibattono e che la politica – ahimè – non ha saputo ancora sciogliere in proposta.
  Un tema è quando rendere pubbliche le intercettazioni e garantire alle intercettazioni quel grado di riservatezza che oggi non hanno. Non si è mai riusciti a trovare un equilibrio tra diritto all'informazione e a conoscere e diritto alla riservatezza e tutela della privacy dei soggetti imputati. Questo è un punto rispetto al quale ancora non si è riusciti a sciogliere dove calibrare la sintesi.
  La seconda questione che ancora non si è sciolta riguarda le cosiddette parti non rilevanti. Anche questo è un punto strutturale della discussione politica che ancora non si è riusciti a sciogliere, perché anche su questo ci sono quelli che dicono che le parti sono tutte rilevanti e quelli che dicono che non sono rilevanti. Si pensa a diverse soluzioni per poter sciogliere questo nodo. Vorrei sapere come sciogliete voi questo nodo e in quale momento processuale lo sciogliete.
  La terza questione importantissima, che fa molto discutere, sulle intercettazioni riguarda le cosiddette intercettazioni «a strascico». Ci sono intercettazioni che nascono per un procedimento, ma durante l'ascolto si captano altre notizie di reato che, a strascico, a catena, fanno aprire altri fascicoli. Sapete che anche questo è un rimprovero che ci fanno in sede internazionale. Pertanto, vorrei sapere anche questo nodo che rimane aperto come voi lo sciogliete, se lo sciogliete, se siete intervenuti o se lasciate la normativa così com’è.
  Anche per quanto riguarda l'Agenzia apprezzo molte delle vostre proposte. A me è cara un'idea che nel testo della Camera ha già aperto una strada. Ringrazio i colleghi per averlo fatto. Noi abbiamo una questione sulle imprese. Molte imprese sono collegate al rischio di impresa. Faccio un esempio: il supermercato. L'abbiamo visto con i fallimenti a catena. Questo non dipende solo dall'abilità dell'amministratore giudiziario. In parte sì, ma non sempre. Quando su un prodotto la concorrenza è di 10-15 centesimi, se non c’è un'organizzazione di impresa che conosce, che vive quel mercato e che è in grado di reggere la concorrenza del mercato, quell'impresa rischia di andare a carte e quarantotto.
  La proposta che io da tempo avanzo, e che in parte la Camera ha recepito, è che in fase di sequestro si preveda una misura di affitto di quel ramo d'azienda a imprese leader messe in una white list che siano in grado, in fase di sequestro, di farsi carico del rischio della capacità di stare sul mercato senza la mediazione dell'amministratore giudiziario, il quale non ha sempre queste caratteristiche, per poi, in fase di vendita del bene, ossia di confisca definitiva, riconoscere un diritto solo di prelazione.
  Vorrei sapere se questa è una proposta che avete valutato. Si avvicina all'idea che voi avete di assegnazione anticipata, che va un po’ in questa direzione. Chiedo se avete preso in considerazione anche quest'ulteriore proposta, che naturalmente richiede alcuni accorgimenti e bilanciamenti, perché può essere anche soggetta ad alcuni rischi, che non mi sfuggono e su cui bisogna eventualmente intervenire.
  Mi convince l'idea della giurisdizione specializzata e, quindi, della sezione specializzata. Non mi convince, invece, l'idea che vadano tolti nella proposta la funzione e il ruolo del questore e della DIA. Io penso che tutti i soggetti che fanno indagini, tutte le forze della polizia giudiziaria a vario titolo possano essere coinvolti, anzi che li si debba ampliare.
  Qual è la questione ? O si amplia a tutti, oppure si specializza in un settore solo. Stabilire chi può farlo e chi non può farlo mi pare un po’ azzardato e molto aleatorio. Può creare anche dei fraintendimenti. Non c’è niente di male se, parallelamente alla classica attività di indagine dell'autorità giudiziaria, esiste parallelamente un'attività che parte subito. Il trucco è fare partire subito l'attività parallela di tipo patrimoniale. L'attività parallela Pag. 17di tipo patrimoniale ci consente di aggredire quei patrimoni con una capacità che ancora oggi non siamo riusciti ad avere.
  Le faccio un esempio. Dottor Gratteri, quante indagini sul riciclaggio internazionale abbiamo di tipo patrimoniale grazie alle quali siamo in grado di dire che i patrimoni, quando fuoriescono dal nostro Paese, noi siamo in grado di inseguirli con la stessa forza con cui abbiamo saputo ottenere dei risultati qui in Italia ? Mi sembrano pochissime, perché c’è un distacco eccessivo tra il momento dell'indagine classicamente penale e quella patrimoniale, che andrebbe parallelamente curata – questa sì – da forze di polizia ultra specializzate, visti il carattere complesso e le complessità che si hanno quando si fuoriesce dai confini su questo argomento, dove si incontrano barriere spesso insormontabili.

  DAVIDE MATTIELLO. Anch'io ringrazio il dottor Gratteri e la commissione che ha presieduto. La tentazione di fare una riflessione articolata è grande, in quanto io sono relatore alla Camera del provvedimento che è stato votato l'11 di novembre, ma resisto alla tentazione. Proprio in ragione del ruolo che io ho avuto posso dire che metto la faccia su tutto quel testo. Confrontarci su quel testo significa confrontarci su ciò che io penso di quel testo e su ciò che molti colleghi pensano di quel testo. Io vorrei fare una riflessione sintetica di carattere metodologico per sottolineare soltanto un paio di aspetti.
  L'iter che ci ha portato al voto alla Camera l'11 novembre è stato lungo e complesso. Mi sembra che molte delle proposte che figurano nella vostra relazione siano atterrate nel testo approvato l'11 novembre alla Camera. Rammento che un momento importante di confronto c’è stato tra di noi quando, all'inizio del 2015, proprio la Commissione parlamentare antimafia propose un seminario di approfondimento e di confronto. Lei, dottor Gratteri, intervenne. Eravamo tutti presenti. Quello fu un momento nel quale recepimmo ciò che voi stavate elaborando.
  Rispetto al prodotto finale molte delle cose che voi avete sottolineato, come ho già detto, stanno nel testo. Alcune delle cose che voi avete sottolineato, e che erano condivise dalla maggioranza, non sono, invece, nel testo perché hanno trovato l'opposizione e il rigore della Commissione bilancio. Pertanto, qualcosa nel testo non c’è non perché non fosse condiviso, ma perché non ha superato il rigore della Commissione bilancio. Qualcosa di ciò che voi avete detto, invece, non c’è perché non condiviso.
  Rapidamente, su ciò che è condiviso, che riguarda la maggior parte dei punti che voi avete tratteggiato – faccio riferimento sia ai poteri di proposta, sia alla distrettualizzazione, sia alla specializzazione nel giudizio – faccio riferimento, in via di principio, altrimenti mi contraddico e non resisto alla tentazione di entrare nei dettagli, a quanto voi avete detto che, nel momento in cui si sequestra un'azienda, deve essere serio e rigoroso il giudizio su un punto. È una lavatrice di danaro sporco ? Allora la liquidiamo immediatamente. Non è una lavatrice di denaro sporco, ma un'azienda vera, capace di stare sul mercato ? Allora dobbiamo capire cosa ne facciamo. Concluderò su questo punto, perché questo credo che sia il punto su cui c’è maggior distanza tra il lavoro che noi abbiamo fatto e le vostre proposte.
  Non c’è distanza, anzi, nell'equiparazione sostanziale – mi perdonerete per la superficialità e per la parzialità – tra penale e prevenzione (noi abbiamo dedicato quest'attenzione nel testo), così come nel lavoro dell'Agenzia, che avremmo voluto ampliare e che non è detto che non si riesca ad ampliare proprio in questa direzione.
  Per finire torno su questo punto. Noi abbiamo fatto prevalere nel testo approvato dalla Camera il valore della legittima attesa di chi aspetta. Quindi, non siamo andati nella direzione di una vendita anticipata dell'azienda, ma abbiamo cercato di salvaguardare la sopravvivenza dell'azienda in fase di sequestro e di confisca non definitiva, non immaginando di venderla Pag. 18anticipatamente, ma immaginando una serie di strumenti che possano accompagnare la vita delle aziende in fase di sequestro e di confisca non definitiva.
  L'Agenzia, che interviene in fase di sequestro con una funzione ancillare rispetto all'autorità giudiziaria, ha proprio peculiarmente il compito di garantire una destinazione provvisoria del bene, in modo tale che la custodia in fase di sequestro e di confisca non definitiva non equivalga a lucchetti e catene, ma significhi gestione provvisoria, immediata e anticipata di quel bene, che sia bene immobile o azienda.
  Non voglio entrare nel merito più di così, tanto ormai il testo è approvato dalla Camera e, quindi, ci sarà modo, mentre va al Senato, di rifletterci su più puntualmente. Io credo che questo sia l'elemento di maggior distanza perché, invece, per il resto, ho notato una grande assonanza. Anche di questo ringrazio tutti coloro che ci hanno messo testa in questi mesi.

  ANDREA VECCHIO. Buonasera. Grazie per essere qui anche in funzione dell'ora. Io non ho le esperienze e le conoscenze dei colleghi che hanno parlato prima, ragion per cui forse qualcuna delle mie domande potrà sembrare ingenua. Ve ne chiedo scusa sin da ora.
  Intanto io ho sentito parlare di una sigla, CEDU, che non so cosa sia. Avrei bisogno di una spiegazione. Tra sequestro penale e misure di prevenzione intuisco grosso modo qual è la differenza, ma, se mi date qualche spiegazione più puntuale, mi farebbe piacere.

  ROBERTA APRATI, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. È la Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
  Invece, ho delle idee piuttosto chiare per quanto riguarda la differenza tra sequestro di aziende e sequestro di beni immobili o di beni di altra natura. Io ritengo che il sequestro di aziende, soprattutto se sono aziende sequestrate alla mafia, vada affrontato con il bisturi del chirurgo pesante. Secondo me, vanno immediatamente liquidate e sciolte. Vanno venduti i beni immobili immediatamente, senza perdere un istante, perché aziende di questo tipo vivono in quanto protette dal coacervo degli interessi mafiosi. Al di fuori di questo coacervo di interessi le aziende non possono stare sul mercato.
  Non ci deve essere il pietismo della conservazione dei posti di lavoro, perché quelli non sono posti di lavoro effettivi. Sono occasioni di stipendio per mafiosi, perché l'azienda che opera in questo settore, con questi criteri e con questi concetti, risponde solamente a quelli e non può stare sul mercato da sola. Sul mercato si scontrano le altre aziende, quelle che sono più o meno sane dal punto di vista morale e dal punto di vista economico. Io credo che qui si debba fare un salto di qualità per affrontare questo problema in questa maniera drastica, come io ritengo che debba essere.
  Per gli altri beni non ci sono problemi, va bene. Per quanto riguarda la confisca e il sequestro dei beni di proprietà della mafia, di aziende mafiose, lei mi obietterà: siamo sicuri che sia un'azienda mafiosa, se poi, dopo due o quattro anni, si dimostrerà che non era più un'azienda mafiosa ? Il recuperato si mette in un fondo e va consegnato poi al soggetto. Comunque, se un'azienda viene sequestrata sotto lo spirito del bene mafioso, io non credo ci siano stati casi per cui si sia dimostrato che la mafia non c'entrava.
  Grazie.

  GIULIA SARTI. Mi associo anch'io, ovviamente, ai ringraziamenti al dottor Gratteri e a tutta la commissione per questo prezioso lavoro. La voglia di confrontarci sul nuovo testo approvato alla Camera due settimane fa appartiene anche a noi. Speriamo che in questo passaggio dalla Camera al Senato possano esserci anche altre occasioni per dibatterne insieme.
  Per evitare di allungare ancora il discorso io mi vorrei soffermare semplicemente su una disposizione nuova che è stata introdotta in questo testo di riforma. Si tratta della possibilità – è questa la scelta che è stata fatta dalla maggioranza Pag. 19di governo – per il giudice del tribunale di prevenzione di nominare i dipendenti della società Invitalia, come sappiamo società in house del Ministero dell'economia e delle finanze, iscritti all'albo degli amministratori giudiziari come amministratori giudiziari. Non per tutte le aziende o per tutti i beni immobili, chiariamoci, ma esclusivamente per le aziende di straordinario interesse socio-economico individuate, anche in questo caso, con alcuni criteri dal consiglio direttivo dell'Agenzia, il quale dovrà emanare una direttiva semplicemente per chiarire quali dovrebbero essere queste aziende sequestrate e confiscate di più importante interesse socio-economico.
  Tralasciando le opinioni dal punto di vista politico che attengono alla nostra sfera, quando parlavate, invece, della possibilità di lavorare sull'articolo 35, ossia sulla nomina degli amministratori giudiziari, ampliando la platea dei soggetti che possono ricoprire questo ruolo per evitare che, come avviene ora, siano per la maggior parte semplicemente avvocati o commercialisti, che tipo di criteri avete considerato ? Come avete pensato voi questo ampliamento di soggetti per fare in modo che a gestire le aziende siano persone che hanno avuto magari una precedente esperienza manageriale ? Avete semplicemente ampliato questi albi, o avete anche pensato proprio a dei criteri per l'individuazione ?
  Se volete esprimere anche un parere su questa facoltà che è stata conferita ai giudici di prevenzione, ovviamente siamo lieti di ascoltarla. Con riferimento ai dipendenti di questa società in house del MEF, persone che non sono state scelte o che non sono divenute dipendenti per concorso pubblico, io mi chiedo se sia una buona scelta quella di individuare questi dipendenti come futuri amministratori giudiziari delle più grandi aziende sequestrate e confiscate.

  PRESIDENTE. Grazie. Io darei ora la parola agli auditi e lascerei, ancora una volta, al procuratore Gratteri il coordinamento, con un'avvertenza: entro le 22 potremmo concludere i nostri lavori.
  Nel ringraziare, introdurrei una domanda, se per caso loro hanno visto il testo così come è stato approvato dalla Camera sui beni confiscati. Anch'io resto convinta che l'elemento cruciale stia – questo mi distingue anche dal collega Vecchio e in parte anche dal Movimento 5 Stelle – nella vendita dell'azienda, sostanzialmente per due motivi.
  Il primo è perché non mi convincono le vostre argomentazioni sul piano delle garanzie. Si tratta sempre e comunque di una misura di prevenzione. Il passaggio di proprietà immediata di un bene, francamente, toglie il significato garantista delle misure di prevenzione. Quel bene non è ancora a disposizione di nessuno per cui ci si possa permettersi di venderlo e alienarlo.
  Il secondo aspetto è che, se c’è una possibilità di recupero, io credo che noi non dobbiamo fare le scelte in base agli obiettivi fallimenti che ci sono stati fino adesso. Secondo me, dire che, poiché le cose non sono andate bene, rinunciamo a gestirle, è una deposizione di armi, sostanzialmente. Io invece credo che noi dobbiamo adoperarci perché vengano gestite bene.
  Qui sta la sfida, secondo me. Capisco che ci sono delle situazioni molto complicate, ma ce ne sono altre sulle quali, invece, si può scommettere. Certo, ci vogliono le risorse, lo Stato ci deve investire, ci vogliono le competenze, che fino adesso non ci sono state.
  Inoltre, per me resta un interrogativo di fondo: mi dite chi compra un'azienda mafiosa, per favore ? Chi ha interesse a comprarsi un'azienda mafiosa ? Se è complicato per lo Stato riportarla dall'illegalità alla legalità, chi ce la può fare ? Dove si trovano questi acquirenti ? Io penso che questa sia una scorciatoia che, secondo me, lo Stato non può permettersi.
  Sono d'accordo con voi, invece, se al Senato ci sono dei cambiamenti da fare, e propongo di rivederci anche in una formula più ristretta, all'interno del comitato, per guardare insieme le questioni, se c’è la possibilità di apportare dei miglioramenti che aiutino tutti noi a fare delle proposte. Pag. 20Effettivamente la sfida è quella di togliere i beni alla mafia e di restituirli nella legalità alla comunità. Secondo me, questa è l'ambizione vera che noi dovremmo avere. Forse saremo ottimisti sia per quanto riguarda la possibilità di recuperare dalla mafia, sia per quanto riguarda le possibilità dello Stato, ma io penso che questa scommessa potremmo anche provare a vincerla.
  Procuratore Gratteri, io ho apprezzato molto tra le proposte il tema delle prescrizioni, tanto per esser chiari, perché è molto più chiara delle strade che sono state intraprese. Devo dire che personalmente, per quanto io ritenga che anche l'attuale formulazione del voto di scambio mafioso possa portare a buoni risultati, la vostra è una proposta che mi convince.
  Io mi attengo strettamente alle materie di questa Commissione, che non è la Commissione giustizia.
  Grazie.

  ROBERTA APRATI, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Scusatemi, quando io ho parlato prima, mi sono dimenticata di fare un accenno sull'attuale testo normativo approvato alla Camera.
  Prima di tutto vorrei dire che nella nostra proposta di destinazione anticipata è prevista una disciplina che garantisce l'acquisto rispetto a persone che da questo punto di vista siano ineccepibili. C’è una disciplina peculiare che prevede delle indagini al fine di evitare prestanomi. È prevista questa norma.
  Volevo dire, inoltre, che la vendita anticipata non è una scelta obbligata. Rimane sempre la possibilità di procedere a una gestione provvisoria e di arrivare a un'immediata liquidazione, come oggi è previsto, laddove venisse fuori che effettivamente non si tratta di un'impresa, ma del problema che sollevava lei. Questa possibilità di chiudere immediatamente tutto o di fare eventualmente una gestione provvisoria è prevista. È una scelta in più quella di procedere alla vendita anticipata.
  Per quanto riguarda la proposta nel disegno di legge di questo affitto o comodato gratuito, revocabile nel momento in cui interviene la confisca definitiva, un'idea di questo genere in commissione non ci era venuta e non ne abbiamo parlato. Personalmente, leggendo il testo, mi sono fatta un'idea e ne abbiamo parlato. Mi sembra una questione abbastanza farraginosa. Come troviamo i venditori di queste aziende e come troviamo delle persone che siano disposte ad affittarle per poi eventualmente doverle restituire nel momento in cui la confisca non dovesse andare in porto ? Da questo punto di vista il problema forse si ripropone. L'idea di venderla immediatamente, laddove ci sono i presupposti per poterla vendere, chiude il discorso immediatamente.
  Chi se la compra ? Ce lo può dire il dottor Gratteri. Ma anche chi la prende in affitto, però ? Il quesito potrebbe essere lo stesso.

  PRESIDENTE. È diverso, perché in questo caso c’è una legislazione di vantaggio. C’è un diritto di prelazione e c’è comunque una chiamata al senso di responsabilità da parte delle istituzioni coinvolte, che devono coinvolgere tutti gli attori del sistema nella gestione dell'Agenzia. Se un mafioso ha un bene, la responsabilità è di tutti, banche comprese, ma anche di alcuni imprenditori del settore.
  Questo è il punto. Qui siamo in una legislazione nella quale lo Stato deve far valere anche la sua autorità amministrativa. Questo è il punto centrale sul quale abbiamo discusso tante volte. Tutti gli imprenditori hanno difficoltà al credito, ma non c’è impresa confiscata che non abbia una linea di credito nelle banche. Se ci andiamo noi, ci rovesciano come calzini. A loro danno i soldi. Quando sequestrano l'azienda, le banche pretendono anche che noi restituiamo i soldi o sono loro che devono partecipare ? Non glieli diamo più. Non vanno dati. Devono dare un credito agevolato a quell'azienda. Devono pagare il pegno per aver finanziato il mafioso, anche Pag. 21se c’è la buona fede, perché quantomeno c’è la cattiva diligenza nel fare gli accertamenti su queste cose.
  A un certo punto riscattano le regole del libero mercato che fino a prima non ci sono state. Francamente, è un po’ comodo. Questo è un Paese nel quale nessuno si prende la responsabilità. La responsabilità di una mafia così forte è di tutti – questo è il punto – anche dell'imprenditore accanto. Non lo sa ? Stiamo scherzando. Questo è il punto sul quale bisogna che ci portiamo a riflettere.
  Comunque, non basta andare a vedere che chi compra l'azienda sia pulito e che non ci sia il prestanome. Se la compra, vuol dire che qualche legame c’è, altrimenti non sa come venirne fuori, perché sa che i clienti sono mafiosi.

  RICCARDO NUTI. Solo per fare un esempio a tutti, anche a lei, presidente, un'azienda sequestrata ad esempio era un'agenzia di scommesse. Lottomatica decide di comprarla. Lottomatica è un'azienda mafiosa ? Possiamo dire che Lottomatica è un'azienda mafiosa ? No.

  PRESIDENTE. Lottomatica è una concessionaria.

  RICCARDO NUTI. Lottomatica è un'azienda che può comprare un'agenzia di scommesse, per esempio. Se introduciamo, come anch'io proponevo, il controllo giudiziario, per esempio per almeno un anno, degli strumenti di controllo...

  PRESIDENTE. Questo è già diverso.

  RICCARDO NUTI. Sono garanzie in più rispetto alla domanda che lei faceva.

  PRESIDENTE. Onorevole Nuti, questo è già diverso. La Lottomatica può comprare quell'azienda il giorno in cui mi dimostra che non ha dato in gestione ad alcuna azienda mafiosa un gioco. Poiché non me lo può dimostrare, perché continuiamo a trovare gestori mafiosi che hanno preso in concessione dai concessionari di Stato... La faccenda sta così. In base a che cosa ? Noi pensiamo ancora che i mafiosi gestiscono il gioco clandestino. I mafiosi gestiscono il gioco regolare, quello che prende le concessioni dallo Stato. Se qualcuno mi dimostra il contrario, siamo pronti. Ecco perché, secondo me, è un po’ complicato che si possa consentire di acquistarla anche in questo caso.

  ROBERTA APRATI, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Volevo spiegare che la Convenzione europea dei diritti dell'uomo ormai condiziona la nostra legislazione e che, quindi, nelle nostre scelte il primo problema che noi ci siamo posti è sempre stato quello di una compatibilità costituzionale e convenzionale, perché qualsiasi scelta politica poi deve fare i conti con questo.
  Volevo dire solo questo.

  PIETRO GAETA, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Sono Pietro Gaeta e sono un magistrato. Parlo non seguendo l'ordine degli interventi, ma cerco di tagliare trasversalmente i vari interventi per tema.
  Vorrei fornire innanzitutto una rassicurazione al senatore Lumia. L'idea che abbiamo inserito a proposito delle intercettazioni è esattamente l'idea originaria di Giovanni Falcone. L'articolo 267, così come riscritto da noi, è quello originale proposto all'epoca da Giovanni Falcone. In questo senso abbiamo evitato l'ipocrisia legislativa sia sulle intercettazioni, sia, come dirò tra breve, sull'Agenzia.
  Cosa intendo per ipocrisia legislativa ? Attualmente l'articolo 267 obbliga alla sussistenza di gravi indizi di reato e all'indispensabilità assoluta ai fini della prosecuzione dell'indagine le intercettazioni. I due presupposti per i reati – chiamiamoli così – comuni sono questi. La nostra proposta è, semplificando il lessico normativo ed eliminando l'ipocrisia legislativa, che i presupposti siano, come nei processi di criminalità organizzata, legati a indizi di Pag. 22reato tout-court e alla necessità di svolgimento delle indagini.
  Perché parlo di ipocrisia risolta ? Perché non si è mai visto in Italia – non temo smentite – un annullamento in Cassazione di un processo perché gli indizi in base ai quali è stata disposta l'intercettazione telefonica non erano gravi o perché le intercettazioni non erano assolutamente indispensabili per proseguire le indagini. È una pura nomenclatura garantista, cui non ha mai corrisposto una garanzia effettiva.
  Ecco dov'era lo scalino intollerabile tra processi – diciamo così – di criminalità organizzata e processi ordinari. Noi abbiamo ritenuto che questo Paese fosse abbastanza maturo, attraverso il sistema di garanzie che prevede la proposta di un pubblico ministero, il vaglio di un GIP, il riesame da parte di un collegio e via dicendo – unico Paese occidentale ad avere questo tipo di garanzie e questo tipo di controllo – per cui, se spostiamo e facciamo cadere l'aggettivazione «gravi» prima di «indizi», non ne derivi una diminutio, ma un'effettività diversa. Solo su questo punto vi è stato il riavvicinamento.
  Perché abbiamo pensato anche in termini di destrutturazione del sistema attuale a proposito dell'Agenzia ? Perché anche in tema di Agenzia, a mio avviso, la commissione ha pensato in termini antitetici rispetto all'ipocrisia attuale. Qui bisogna essere molto chiari e parlare con grande lealtà. L'attuale costo economico delle amministrazioni dei beni sotto sequestro, sia di prevenzione, sia in generale di sequestro penale, è assolutamente intollerabile e fallimentare. Diventa diseconomico sequestrare e confiscare perché non un bene riesce a riequilibrare il proprio valore economico avendo subìto un sequestro di prevenzione o un sequestro penale.
  Il problema è comparare i costi di amministrazione attuali, così come li prevede il sistema attuale, con i costi di una ristrutturazione delle Agenzie. Io so bene che, quando noi abbiamo proposto la riforma delle Agenzie, qualcuno ci ha detto che eravamo dei visionari. In realtà, eravamo molto meno visionari di quanto potesse sembrare, se si confrontano gli esiti economici dell'attuale struttura amministrativa con i costi potenziali di un'Agenzia veramente riorganizzata, su cui lo Stato deve investire e che deve soprattutto essere presente sul territorio.
  Qual è stata la nostra idea di fondo ? Che il bene sequestrato possa rientrare in circolazione e, quindi, ripresentare un recupero non solo di legalità, ma anche di economicità, il che non guasta affatto, se pensiamo che abbiamo in questo momento oltre 2.800 aziende sotto sequestro. Questo avverrebbe attraverso due componenti: una fortissima e qualificatissima managerialità di Stato, donde la riforma dell'Agenzia, e un'immissione in una managerialità di mercato. Ciò che può salvare il bene dal deterioramento certo, attuale, sistematico e infallibile odierno è questa duplice concorrenza di fattori. Occorre affidarne l'amministrazione sul breve periodo a una managerialità di Stato qualificatissima.
  Da qui deriva il progetto di riforma dell'Agenzia a livello centrale, ma soprattutto a livello locale, non necessariamente, presidente Bindi, con la vendita. Noi proponiamo una tendenziale dismissione del bene, ma solo tendenziale. Noi vogliamo evitare adesso i tempi morti e soprattutto le economie morte degli amministratori attuali, anche perché – scusate; lo dico da magistrato – fatti come quello di Palermo colpiscono, al di là degli effetti immediati, l'opinione pubblica e soprattutto la fiducia dell'opinione pubblica in questa possibilità dello Stato stesso di gestire in maniera diversa i beni sequestrati ai mafiosi in maniera intollerabile.
  Questo spiega le nostre proposte del giudice collegiale e di una richiesta di motivazione sulle nomine degli amministratori. Il giudice, nominando l'amministratore, deve spiegare con provvedimento motivato perché nomina quell'amministratore e che competenza specifica ha. L'amministratore deve dichiarare quante amministrazioni ha già avuto e quanto ha Pag. 23percepito. C’è una trasparenza assoluta, in primo luogo, da parte dell'autorità giudiziaria.

  PRESIDENTE. A parte il fatto che queste cose sono già nel disegno di legge approvato alla Camera...

  PIETRO GAETA, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Erano anche le nostre.

  PRESIDENTE. Come no ?

  RICCARDO NUTI. Questa proposta è un emendamento che ho presentato io e che è stato bocciato. Magari. Almeno leggiamo gli emendamenti, quando li bocciamo, presidente.

  PRESIDENTE. No, non è vero.

  RICCARDO NUTI. Il problema è il numero e i non i valori.

  PRESIDENTE. Queste cose ci sono tutte. C’è solo l'errore del numero, secondo me, che spero venga cambiato. Il dato quantitativo spazza sempre via quello qualitativo. Non ve lo dimenticate mai. Succede sempre. Ci sono tutte.
  Tutto questo, però, è successo perché queste cose non c'erano.

  PIETRO GAETA, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Sono d'accordo. Infatti, questo è stato il primo approccio.

  PRESIDENTE. Le anomalie del sistema dipendono dal fatto che non c'erano le regole.

  PIETRO GAETA, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Certo. Questo è stato il primo approccio della nostra riforma. Il primo obiettivo è stato quello di dare alla stessa amministrazione statale quella trasparenza che era mancata.
  Quando l'onorevole Bindi afferma che è necessario che lo Stato manifesti la propria autorità amministrativa nella gestione, noi siamo perfettamente d'accordo. Tutto l'indirizzo del nostro progetto è su questo. Divergiamo probabilmente sulle modalità, perché noi abbiamo pensato che questa autorità amministrativa lo Stato la possa innanzitutto manifestare con una coraggiosissima riforma dell'Agenzia.
  L'Agenzia deve essere un'Agenzia di grande qualità amministrativa e di grande mobilità, nel senso che deve essere dislocata sul territorio. Il nostro credo è fare a meno degli amministratori e persino dei giudici: meno giudici, meno intervento giudiziale dopo il sequestro. Il giudice non è un amministratore. Il giudice fa il GIP, fa un altro mestiere e non può fare più mestieri. Meno giudici, meno amministratori, più Stato nella sua forma e nel suo aspetto migliore, managerialità vera, qualificata e controllata e più mercato: probabilmente sta in questo la nostra divergenza. Noi riteniamo che la possibilità che si accompagna a questa statalizzazione – il termine è orribile, ma non ne trovo un altro al momento – dei beni confiscati si debba accompagnare immediatamente a un libero mercato.
  È vero che si pone il tema di chi compra, ma io faccio una considerazione: spesso chi aspetta lo fa perché è incaricato di aspettare. Non sempre la conservazione dell'azienda attraverso le forme dell'affitto è una garanzia di trasparenza, perché chi deve comprare, chi si deve riappropriare, alla fine, spesso si serve anche di questi lunghissimi intervalli temporali di gestione per potersi riappropriare dei beni.
  Non aggiungo altro, se non una mia personale raccomandazione, a cui tengo tanto. So che questa non è la sede della Commissione giustizia, ma nel nostro progetto c’è una parte che nessuno ha finora guardato, ed è la parte relativa alla prescrizione del reato. La riprendo con molto piacere e con accoratezza veramente di toni.Pag. 24
  Nessun contrasto alla criminalità organizzata potrà mai essere organizzato e normativamente disciplinato se l'entità della mole processuale sarà questa. Quest'anno la Corte di cassazione – io lavoro in procura generale in Cassazione – chiuderà con oltre 55 mila ricorsi trattati. Sono cifre inumane, che nessun Paese occidentale può avere. È ovvio, e non sto qui a spiegarlo, che gran parte di questi ricorsi costituisce soltanto una rincorsa a ottenere nel giudizio di legittimità la prescrizione.
  Il mio invito è a non ritenere separato il tema della prescrizione, che so essere politicamente non corretto – me ne rendo conto, per carità – e che so essere politicamente molto complesso e molto difficile. Non può essere scisso, però. Non è un tema separato dal contrasto alla criminalità. È lo stesso contrasto che si fonda su numeri che consentono una gestione del processo e che consentono di restituire alla Corte di cassazione, per esempio, o alle corti d'appello, che sono letteralmente soffocate, un margine di operatività che adesso non esiste e che porterà presto, a mio avviso, all'implosione totale.

  PRESIDENTE. L'idea di Agenzia, se posso, dal mio punto di vista personale, è condivisa. Temo, però, che scontiamo una cultura dominante, che è quella di non riprodurre interventi pubblici nell'economia neanche per questioni straordinarie come quelle dei beni confiscati alle mafie. Non siamo più nel tempo.
  Per chi, come me, è del secolo passato, questo è stato, al di là delle degenerazioni, un grande capitolo della storia di questo Paese. Capisco che non è più il momento. Il fatto di aver previsto un affiancamento da parte dell'Agenzia da subito, immediatamente, all'amministratore giudiziario nominato dal giudice è già un modo con il quale io credo che abbiamo cercato di andare su quella strada.
  Scusate queste interruzioni.

  NICOLA GRATTERI, presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Quanto ai procedimenti di prevenzione, perché abbiamo pensato di escludere il questore e la DIA dal fare le proposte ? Perché spesso questa diventa una gara a chi mette il cappello sulla sedia per primo e si presentano misure di prevenzione veramente scadenti. «Scadenti» è un termine... Mi controllo a dire «scadenti».
  Noi ormai da anni lavoriamo in parallelo. Mentre facciamo un'indagine per 416-bis o l'articolo 74, nello stesso tempo facciamo indagini sulle misure di prevenzione. Che cosa accade ? Spesso, quando il questore o il direttore della DIA presentano una proposta, non conoscono le indagini che ci sono in procura. Presentano, quindi, una proposta poco probante, poco forte, mentre noi, per esempio, nel corso della nostra indagine, abbiamo intercettazioni ambientali incredibili e fortissime. Intanto, però, il tribunale è costretto a pronunciarsi sulla proposta del questore e, quindi, si va al sequestro e poi magari alla restituzione del bene.
  Noi pensiamo che il questore possa, ovviamente, mantenere la sua struttura delle misure di prevenzione all'interno della questura, come il direttore della DIA, ma riteniamo che debba presentare al procuratore della Repubblica la richiesta di applicazione della misura di prevenzione. Il procuratore della Repubblica presenterà poi la sua proposta al tribunale. Non deve presentarla direttamente, perché direttamente c’è uno scollamento di tempi. Se c’è un bravo procuratore, è in grado di coordinare il questore e la DIA. Se il procuratore è assente, non è bravo o va in ufficio tre giorni a settimana, non è in grado di controllare il questore e il lavoro della DIA e, quindi, c’è uno scollamento.

  DAVIDE MATTIELLO. Presidente, mi scusi, faccio solo una battuta. Rimando al testo approvato perché nel testo che abbiamo approvato c’è una norma che disciplina il raccordo informativo. Eravamo partiti con un coordinamento da parte della procura. Il punto di caduta e di equilibrio è il raccordo informativo della procura rispetto a DIA e questura. Noi Pag. 25abbiamo mantenuto il potere di proposta con quel punto di equilibrio.

  NICOLA GRATTERI, presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Probabilmente andiamo fuori tema, ma l'onorevole Lumia sa che io sono fautore dell'idea che in questo momento non ha senso avere l'esistenza della DIA. Si dovrebbero fare rientrare ai Corpi di appartenenza i componenti della DIA: chi era in polizia va alla squadra mobile, chi era nei carabinieri va al ROS, chi era nella Guardia di finanza va al GICO. Così risparmiamo un dirigente, palazzi in affitto – sa la DIA a Firenze dove sta ? – macchine e via elencando.
  Se si vogliono risparmiare soldi, milioni di euro, basta far rientrare nei Corpi di appartenenza questi uomini e andiamo più veloci, perché la DIA oggi non ha senso di esistere. La DIA è nata per la gestione dei collaboratori di giustizia. Poi andava presso i commissariati o le compagnie dei carabinieri a prendere le informative che loro già avevano. Non è mai decollata.

  GIUSEPPE LUMIA. Mi scusi, dottor Gratteri. La DIA è nata – lo preciso perché altrimenti diciamo una cosa un po’ parziale – per fare l'Fbi (usiamo questa espressione cara a Falcone) della lotta alla mafia. È nata per evitare quella frammentazione dell'autorità giudiziaria che spesso non è in grado di poter seguire quei livelli di indagine, soprattutto sull'alto riciclaggio, che le forze ordinarie svolgono.

  NICOLA GRATTERI, presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Oggi che cos’è la DIA ?

  GIUSEPPE LUMIA. Su questo possiamo discutere. Io stavo intervenendo sul motivo per cui è nata. È nata non solo per gestire collaboratori, ma anche per fare le indagini di alto livello che le forze ordinarie non erano in grado di svolgere anche quando avevano Corpi specializzati all'interno della polizia, dei carabinieri e della Guardia di finanza. Questa era l'idea, un'idea che io ritengo geniale, accompagnata alla DNA. C'erano la procura nazionale antimafia, le distrettuali antimafia e un Corpo unitario ultraspecializzato che accompagnava questa visione sistemica che si aveva.

  NICOLA GRATTERI, presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Oggi, però, questo non esiste. Quindi che facciamo ? Capite che cosa voglio dire ?

  GIUSEPPE LUMIA. Potremmo far applicare l'idea di Falcone. Potrebbe essere anche questa una soluzione. Portiamo a maturazione e a radicalità quell'idea, che era un'idea che io penso avesse una sua innovazione.

  PRESIDENTE. Senza togliere niente a nessuno, contestualmente all'istituzione della DIA c’è stato il rafforzamento dei corpi specializzati dentro ciascuna Arma, il che era esattamente in contrapposizione a quell'idea.

  GIUSEPPE LUMIA. Era una contraddizione, certo.

  PRESIDENTE. La cessione di sovranità è sempre una questione complicata.

  NICOLA GRATTERI, presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Andiamo fuori tema, ma io posso dire che, se non si hanno i sensori sul territorio, le indagini non nascono. Con l'idea dell'Fbi ci troviamo in uno Stato federale, negli Stati Uniti. In Italia, voi politici non siete riusciti a modificare la struttura e l'interfaccia di carabinieri, Guardia di finanza e Polizia di Stato, se ancora oggi in mare ci sono le barche della Guardia di finanza, della polizia, dei carabinieri e la capitaneria di porto.Pag. 26
  In questo momento per l'ordine pubblico a Roma, se uscite fuori, vedete che ci sono polizia, carabinieri e Guardia di finanza. Che senso hanno i baschi verdi che fanno ordine pubblico o i carabinieri che fanno ordine pubblico ? Se non si riesce a fare nemmeno questo, non possiamo aspettare altri vent'anni perché la DIA riparta. Prendiamo atto della realtà e incominciamo a risparmiare i soldi. Cominciamo a evitare questi doppioni.

  ALBERTO MACCHIA, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Aggiungo due parole dalla coda. Quello che ci ha convinto non dell'opportunità, ma della necessità che sia il pubblico ministero a promuovere il procedimento di prevenzione non è un narcisismo dogmatico di assimilare il procedimento di prevenzione a un procedimento ordinario. Noi abbiamo ritenuto, ratione cognita, di qualificare quel tipo di attività come azione di prevenzione del titolare dello stesso organo che esercita l'azione penale.
  Perché ? Perché, come ha detto giustamente Nicola Gratteri, il procedimento di prevenzione è figlio del processo penale. Per il 99 per cento i procedimenti di prevenzione, quelli più seri, nascono come costole del processo penale. Tutte le intercettazioni che sono state fatte rifluiscono automaticamente nel procedimento di prevenzione. Si riutilizza tutto il già detto e il già accertato nel processo penale.
  Il questore, quando con un'iniziativa a capocchia, riempie un modulo di statistica che lo porta ad aver fatto in un anno dieci proposte di misure di prevenzione, esaurisce nel momento stesso la sua funzione ed è contento. Della vicenda successiva probabilmente si disinteressa in toto, azionando meccanismi che possono essere tremendamente pregiudizievoli, perché un'iniziativa di prevenzione non coordinata dal magistrato del pubblico ministero determina duplicazioni di iniziative e uno stato di allerta del prevenendo, che lo porta agevolmente a occultare ciò che fino a quel momento non aveva occultato.
  Queste sono le ragioni sostanziali, non formali, per le quali noi abbiamo ritenuto di proporre che il procedimento di prevenzione inizi con l'azione di prevenzione – chiamiamola proposta – svolta dallo stesso organo che esercita l'azione penale. È un discorso di simmetria soltanto apparente, perché la simmetria è una simmetria di carattere sostanziale.
  Quanto a Falcone e il doppio binario, Falcone teorizzava il doppio binario sotto un profilo profondamente diverso dall'utilizzo di un doppio binario processuale. Lui voleva in tutto il processo anche per il mafioso un tasso di garanzie che non fosse levior, più basso, di quello che spettava al comune mortale. Dove si batteva Falcone per un doppio binario di legislazione ? Sull'attività di prevenzione e sulla attività di esecuzione della pena. Voleva toccare i gangli dell'ordinamento penitenziario, in modo tale da far sì che il mafioso fosse in carcere un carcerato, non un carcerato-mafioso che continuava a dirigere e a gestire quello che aveva diretto e gestito fino a cinque minuti prima.
  Tutto questo è stato realizzato dall'ordinamento italiano, non a costo di alcuni cedimenti verso la repressione pura, con il decreto-legge n. 306 del 1992, che fu adottato dal Parlamento italiano a ridosso della strage di Capaci. Voi ricorderete tutti la relazione accompagnatoria di quel decreto-legge al disegno di legge di conversione. Si disse che noi in quel modo volevamo far sì che la gente si rendesse conto che continuare a collaborare con la mafia era una «scelta di vita», la cui alternativa era una sola: o la rescissione totale del vincolo di assoggettamento omertoso, o il restare per sempre mafiosi. Da qui viene la logica per cui l'unica prova per poter portare a emersione questa rescissione del cordone ombelicale fosse la collaborazione con la giustizia. Voi ricorderete le grandi polemiche che ci furono.
  Rispetto a questo tipo di legislazione, antecedente il decreto-legge n. 152 del 1991, con l'istituzione della DIA e del «superprocuratore», quelle sono logiche che sono rimaste, ma sono logiche che ormai devono essere verificate con la cartina Pag. 27tornasole di quello che è successo dal 1992 a oggi. Di anni ne sono passati. Di acqua sotto i ponti ne è passata.
  Diceva giustamente la collega Aprati prima che la CEDU ci sta col fiato sul collo. Dopo che ci sono state due sentenze della Corte costituzionale – le famose sentenze del gennaio del 2007 – noi, come legislatori, dobbiamo fare i conti con la CEDU, perché l'interpretazione della CEDU data dalla Corte europea di Strasburgo fa norma per noi. La legge italiana che contrastasse con quei princìpi sarebbe una legge incostituzionale e diventerebbe un parametro interposto.
  Quindi, noi dobbiamo fare i conti con quel tipo di giurisprudenza. Quel tipo di giurisprudenza, come diceva prima la professoressa Aprati, ci ha dato una terna di catechismo: voi potete legiferare in materia di prevenzione soltanto in questo modo.
  La logica della dismissione totale del cespite acquisito è impraticabile, perché viola platealmente il primo protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Se fino adesso la CEDU ci ha salvato, ci ha salvato proprio nella logica per cui noi abbiamo la mafia e il resto dell'Europa – dice la CEDU – non ce l'ha. Lo dicono loro, non lo diciamo noi. Duisburg insegna, se non altro. Di conseguenza, ci salvano questo assetto.
  Apro una piccola digressione. Che cosa volevamo dire noi con questa benedetta riforma dell'Agenzia ? Noi volevamo rifarci a quella situazione che il presidente Bindi ha meravigliosamente tracciato come Ancien Régime: noi vogliamo che la mano pubblica, attraverso l'istituto pubblico dell'Agenzia, non si metta a fare, se ha sequestrato il negozio da pizzicagnolo, il pizzicagnolo, a fare il macellaio o a torchiare il vino, se si tratta di un'azienda agricola.
  No. Né vogliamo che quel bene, come capita adesso, diventi un nulla da un punto di vista economico, perché questa è la vittoria del mafioso che ha subìto il sequestro, perché questo dimostra nell'ambiente locale agli altri imprenditori e a tutto il mondo che lo circonda che, fintanto che la pizzicheria l'ha gestita lui, andava alla grande, o che fintanto che il supermercato lo gestiva lui, assumendo chi diceva lui, andava alla grande. Se lo piglia lo Stato, è finito.
  Noi questo, nel nostro intendimento, non lo vogliamo. Tutto tranne che questo. Ciò significa che lo Stato deve entrare in medias res. Si deve rimboccare le maniche e gestire, non nel senso che va a fare il pizzicagnolo, ma nel senso che controlla la gestione di chi lo va a gestire.
  Se fosse per me – qui lo dico e qui lo nego – io vorrei, come lo volevo quando si studiava per il progetto del nuovo Codice di procedura penale, che i periti fossero pubblici dipendenti, che non facessero un giorno la perizia e il giorno dopo andassero a fare i consulenti della controparte, che fossero in un ruolo specifico, pagati dallo Stato, retribuiti dallo Stato.

  PRESIDENTE. Lei è quasi peggio di me.

  ALBERTO MACCHIA, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Presidente, ho gli anni e l'esperienza. Mi sono fatto un fegato grosso così a fare il pubblico ministero. Io ho cominciato col terrorismo.
  A proposito del problema della criminalità organizzata e del doppio binario delle intercettazioni, stiamo attenti all'uso dei termini nelle norme. Parliamo di «criminalità organizzata». Io ho detto prima che è una locuzione atecnica, gergale e che fa solo danno.
  Sapete che cosa hanno detto le Sezioni Unite della Cassazione ? Quand’è che io posso attivare il meccanismo delle intercettazioni straordinarie perché contro la criminalità organizzata ? Se ho tre ragazzini che si mettono d'accordo per andare a rubare i motorini, formano un'associazione per delinquere. L'associazione per delinquere è criminalità organizzata. Di conseguenza, io utilizzo lo strumento intercettativo per i ragazzini che ricettano il motorino e non lo utilizzo per casi ancor più eclatanti in cui, malgrado tutto, lo utilizzerei.
  Mi taccio.

Pag. 28

  PRESIDENTE. Quello che è stato detto è sufficiente. Noi vi ringraziamo.
  Deve aggiungere qualcosa, procuratore ?

  NICOLA GRATTERI, presidente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Noi abbiamo fatto ventiquattro punti, ventiquattro capitoli. Date una copia a ognuno.

  PRESIDENTE. I colleghi ce l'hanno. È a disposizione. Non sono diligenti. È stato loro comunicato che la documentazione era pervenuta, quindi possono accedere alla fonte.
  È evidente che noi dobbiamo concentrarci sulle cose che sono di nostro diretto interesse, anche se naturalmente sulla prescrizione, per esempio, siamo assolutamente d'accordo. Detto questo, soprattutto per quanto riguarda il tema delle intercettazioni noi siamo un po’ meno direttamente interessati, mentre sul tema dei beni confiscati abbiamo fatto il disegno di legge che poi, insieme alla legge di iniziativa popolare, ha costituito il testo base. Se c’è la possibilità di un'interlocuzione ulteriore, magari di una lettura che continuiamo a fare noi del vostro testo e voi del nostro per capire come possiamo migliorare il percorso, siamo disponibili.

  ALBERTO MACCHIA, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. In quel testo c’è tutto il pacchetto di estensione per i reati contro la pubblica amministrazione che non va. Quello proprio non va.

  PRESIDENTE. È eccessivo.

  ALBERTO MACCHIA, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. È un'eterogenesi dei fini. Quando si vuole fare troppo, si rischia di fare male.

  PRESIDENTE. Ritornando all'Europa, è chiaro che, se noi allarghiamo tanto, il rischio è che ci dicano «Voi avete approfittato della mafia e lo fate per tutto. Pertanto, rientrate nelle regole generali» e ce lo levino. La logica dice questo.
  Se succede, poi ci tocca adeguarci.

  ALBERTO MACCHIA, componente della commissione per l'elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Se fosse per me, gattabuia e chiave buttata via.

  PRESIDENTE. Se possiamo fare un confronto ulteriore, troviamo la sede e il modo, data la vostra disponibilità. Vi ringraziamo molto. Naturalmente, sappiamo che il presidente Gratteri è abituato a non perdere tempo. Gli dobbiamo dare atto che anche questa volta ha occupato bene il suo tempo e l'ha fatto occupare bene ad autorevoli colleghi e giuristi.
  Grazie a tutti. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 22.