XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 59 di Mercoledì 11 novembre 2015

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 

Variazione nella composizione della Commissione:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 

Audizione di Pietro Calogero:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 
Fornaro Federico  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Calogero Pietro  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Calogero Pietro  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Calogero Pietro  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Calogero Pietro  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Calogero Pietro  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Calogero Pietro  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Gotor Miguel  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Calogero Pietro  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Calogero Pietro  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Calogero Pietro  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Calogero Pietro  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Calogero Pietro  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Calogero Pietro  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Calogero Pietro  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Calogero Pietro  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Calogero Pietro  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Calogero Pietro  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Calogero Pietro  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Calogero Pietro  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Calogero Pietro  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Calogero Pietro  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Calogero Pietro  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Calogero Pietro  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Calogero Pietro  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Calogero Pietro  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Calogero Pietro  ... 13 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Calogero Pietro  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Calogero Pietro  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Calogero Pietro  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Calogero Pietro  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Calogero Pietro  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Calogero Pietro  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Calogero Pietro  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Calogero Pietro  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Calogero Pietro  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 16 
Fornaro Federico  ... 16 
Calogero Pietro  ... 17 
Fornaro Federico  ... 17 
Calogero Pietro  ... 17 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 18 
Calogero Pietro  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Calogero Pietro  ... 18 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 18 
Calogero Pietro  ... 18 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 18 
Calogero Pietro  ... 18 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 18 
Calogero Pietro  ... 18 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Lucidi Stefano  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Lucidi Stefano  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Caliendo Giacomo  ... 19 
Calogero Pietro  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Caliendo Giacomo  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Calogero Pietro  ... 19 
Caliendo Giacomo  ... 19 
Calogero Pietro  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Calogero Pietro  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Calogero Pietro  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Calogero Pietro  ... 20 
Caliendo Giacomo  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Caliendo Giacomo  ... 20 
Calogero Pietro  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Calogero Pietro  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Calogero Pietro  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Calogero Pietro  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Calogero Pietro  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Calogero Pietro  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Calogero Pietro  ... 20 
Carra Marco (PD)  ... 21 
Calogero Pietro  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Calogero Pietro  ... 21 
Carra Marco (PD)  ... 21 
Calogero Pietro  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Calogero Pietro  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22 
Calogero Pietro  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22 
Calogero Pietro  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 14.10.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che, nel corso della riunione odierna, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto:
   di affidare al dottor Donadio, con la collaborazione del luogotenente Boschieri, e alla dottoressa Picardi l'incarico di eseguire alcuni accertamenti concernenti le circostanze esposte nella nota pervenuta dal senatore Gotor il 4 novembre;
   di autorizzare il dottor Siddi a svolgere, con l'assistenza del sostituto commissario Sensi e del maresciallo Mezzetti, una missione in provincia di Cuneo della durata di un giorno e una in Germania della durata massima di quattro giorni;
   di incaricare la dottoressa Giammaria e il colonnello Pinnelli di svolgere alcuni approfondimenti istruttori di interesse per l'inchiesta;
   di affidare alla dottoressa Picardi l'incarico di assumere, con l'assistenza del generale Scriccia, del colonnello Occhipinti e del maresciallo Pinna, sommarie informazioni testimoniali da otto persone informate sui fatti;
   di affidare al dottor Donadio l'escussione di una persona informata sui fatti.

  Propongo ora di proseguire i lavori in seduta segreta.

  (La Commissione consente. I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Comunico di aver autorizzato, su conforme avviso dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi – ai sensi dell'articolo 3, comma 2, della deliberazione sul regime di divulgazione degli atti e dei documenti della Commissione – l'estrazione di copia di un documento libero da parte di un soggetto esterno.
  Ricordo che il termine per far pervenire alla segreteria della Commissione quesiti scritti da sottoporre al dottor Duccio Berio scade venerdì 13 novembre.
  Comunico, infine, che:
   con note pervenute, rispettivamente, il 6 e il 9 novembre, la segreteria della prima Commissione e il segretario generale del Consiglio superiore della magistratura hanno trasmesso la delibera di autorizzazione della collaborazione del dottor Guido Salvini; quest'ultimo ha prestato in data odierna il prescritto giuramento, assumendo quindi formalmente l'incarico di collaboratore della Commissione, che sarà svolto secondo gli indirizzi già comunicati all'Ufficio di presidenza;
   il generale Scriccia ha depositato il 3 novembre copia della lettera con cui la direttrice dell’Associated Press Italia, Nicole Winfield, mette a disposizione della Commissione l'archivio fotografico online dell'agenzia;
   il colonnello Pinnelli ha depositato il 4 novembre la documentazione riservata pervenuta dal Comando generale dell'Arma dei carabinieri, concernente le informazioni richieste con riferimento alla Sezione anticrimine di Milano dalla sua istituzione al 1982;Pag. 4
   il dottor Donadio ha depositato, il 5 novembre, documentazione relativa all'esecuzione di un incarico a lui affidato e il verbale riservato delle sommarie informazioni testimoniali rese da una persona escussa;
   dal comandante del RIS di Roma, colonnello Luigi Ripani, il 3 novembre è pervenuta una nota di libera consultazione concernente l'incarico di analisi del materiale fotografico recentemente acquisito dalla Commissione;
   il 5 novembre è pervenuto, da parte del dottor Gianremo Armeni, il testo della relazione illustrata nel corso della sua audizione del 4 novembre;
   con nota di libera consultazione pervenuta il 10 novembre, il segretario generale del Consiglio superiore della magistratura ha trasmesso la relazione inviata il 29 giugno 1978 dal dottor Infelisi in ordine al servizio prestato da un uditore giudiziario assegnato al suo ufficio durante il sequestro Moro;
   il 10 novembre il dottor Vladimiro Satta ha trasmesso, su mia richiesta, un appunto di libera consultazione concernente la normativa penale premiale e le Brigate Rosse; un ulteriore appunto di approfondimento della materia, anch'esso di libera consultazione, è pervenuto, sempre su mia richiesta, l'11 novembre;
   il 10 novembre sono pervenute due note di libera consultazione inviate, rispettivamente, da Pino Casamassima e dall'ex ispettore di polizia Enrico Rossi.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Variazione nella composizione della Commissione.

  PRESIDENTE. Comunico che la Presidente della Camera dei deputati ha chiamato a far parte della Commissione, il 10 novembre 2015, il deputato Oreste Pastorelli, in sostituzione del deputato Walter Rizzetto, dimissionario. Nel ringraziare, anche a nome degli altri componenti della Commissione, il collega dimissionario, rivolgo al deputato Pastorelli un saluto di benvenuto e l'augurio di buon lavoro.

Audizione di Pietro Calogero.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Pietro Calogero, che ringraziamo per la disponibilità, anche in considerazione della velocità con cui l'abbiamo chiamato dopo l'audizione del dottor Berio della scorsa seduta.
  Il dottor Calogero, infatti, alla fine degli anni Settanta, quando era sostituto procuratore presso il tribunale di Padova, si occupò della cosiddetta inchiesta «7 aprile», riguardante esponenti di Autonomia Operaia, e in quel contesto svolse anche indagini sul centro di lingue Hypérion, avvalendosi in particolare della collaborazione del dottor Luigi De Sena, allora funzionario di polizia presso la squadra mobile della questura di Roma. Ricordo che De Sena fu poi vicecapo della Polizia, successivamente prefetto di Reggio Calabria e, quindi, senatore della Repubblica, e che è deceduto il 31 agosto scorso.
  In un volume pubblicato nel 2010 intitolato Terrore rosso, c’è un'intervista al dottor Calogero a cura di Silvia Giralucci. Nelle sue risposte il dottor Calogero afferma che sospettava che Hypérion – noi gli riproponiamo questo tema perché anche noi abbiamo lievi sospetti – «potesse essere un punto di riferimento anche per uomini delle BR e di Autonomia» e dichiara che «era chiaro che Hypérion era la struttura superprotetta di un servizio di informazione di carattere internazionale, con compiti di supervisione e di controllo su gruppi che praticavano la lotta armata». Ricorda poi che «nel complesso, non siamo riusciti a raccogliere prove sulla vera attività di Hypérion, anche se appare Pag. 5ragionevole pensare che, attraverso l'osservatorio che le sedi dell'Hypérion garantivano in tre delle principali capitali europee, l’intelligence statunitense si fosse posta nella condizione di esercitare un controllo non formale su personaggi e itinerari del terrorismo di sinistra in Italia e, in relazione a esso, di adeguare la politica di contenimento dell'avanzata, nel nostro territorio, del più forte partito comunista dell'Occidente».
  Ho richiamato questo per ricordare che nell'audizione scorsa più volte ci siamo soffermati su due aspetti fondamentali. Il primo è che, quando nascono le Brigate Rosse, con la prima riunione, erano già informati i Servizi e che ci fu un tentativo di fare una prima infiltrazione utilizzando Duccio Berio, il quale espletava il servizio militare nell'Esercito.
  In secondo luogo, ci siamo soffermati con una serie di membri della Commissione chiedendo la relazione tra il padre di Berio, trentatreesimo livello massone – così è stato riferito dal figlio – e i servizi israeliani e una serie di altri aspetti. Il dottor Calogero parla di intelligence statunitense, ma comunque si tratta di intelligence di quel tipo.
  Chiedo, quindi, al dottor Calogero di soffermarsi in dettaglio su tali questioni, distinguendo, da un lato, gli elementi di conoscenza acquisiti nel corso delle indagini e, dall'altro, le ipotesi non accertate, che magari potrebbe essere utile per noi conoscere, nonché di illustrare quali ragioni l'hanno indotto a ritenere «chiaro» che la scuola di lingue fosse una struttura di un servizio di informazione, «verosimilmente» la CIA (pagina 150 del volume citato), nonostante non sia stato possibile raccogliere le prove in tal senso.
  Aggiungo, inoltre, all'interno della stessa tematica, alcune questioni concernenti aspetti specifici a mio avviso di interesse per noi.
  Nell'intervista citata lei afferma: «Le intercettazioni telefoniche mi permisero di individuare una terza sede di Hypérion a Bruxelles. Una missione di De Sena con i colleghi francesi in Belgio, dove ebbero la collaborazione degli uomini dei servizi segreti, portò a individuare l'esistenza di una quarta scuola di lingue Hypérion, a Londra. Mandai De Sena, insieme al commissario Ansoino Andreassi della DIGOS della Questura di Roma» – magari il dottor Siddi, quando lo ascolterà, potrà fare qualche approfondimento anche in tal senso – «a indagare nella capitale britannica. Le notizie in loro possesso erano però scarse, non sapevano neppure l'indirizzo di questa sede londinese di Hypérion. Chiesero aiuto ai colleghi di Scotland Yard, a cui comunicarono acquisizioni e ipotesi investigative. Erano passati appena due giorni dal loro arrivo a Londra quando, verso sera, De Sena mi chiamò molto agitato dall'albergo; rientrando aveva trovato la stanza completamente a soqquadro. Non era stato asportato nulla. Non c'erano dubbi sul fatto che si fosse trattato di un avvertimento dell'ufficio di polizia londinese, che evidentemente non intendeva collaborare. Dissi a De Sena che il rischio era troppo alto e abbandonammo il troncone londinese dell'indagine».
  Noi vorremmo capire qualcosa in più.

  FEDERICO FORNARO. In che anno avveniva questo ?

  PRESIDENTE. Non me lo ricordo. Sarà stato nel 1979.

  PIETRO CALOGERO. No, era l'autunno del 1978. Le indagini internazionali del dottor De Sena iniziano dall'autunno del 1978 e arrivano fino alla vigilia, fino a poche settimane prima del 7 aprile.

  PRESIDENTE. Questa vicenda quando capita ?

  PIETRO CALOGERO. Questa vicenda londinese dovrebbe essere capitata sul finire della missione.

  PRESIDENTE. Cioè verso la fine di aprile ?

  PIETRO CALOGERO. No, prima del 7 aprile. Dovremmo essere tra febbraio e marzo del 1979.

Pag. 6

  PRESIDENTE. Quindi, avevo detto bene.

  PIETRO CALOGERO. No, inizia nell'autunno del 1978 e arriva...

  PRESIDENTE. Inizia nell'autunno 1978 e arriva a febbraio o marzo del 1979, perché poi ad aprile si conclude. Bene.
  Sempre nella stessa intervista lei afferma, riferendosi a un articolo di Paolo Graldi pubblicato il 24 aprile 1979 sul Corriere della Sera, che «una fuga di notizie, probabilmente orchestrata dai servizi segreti italiani, portò alla fine dell'indagine su Hypérion». Anche De Sena, in una dichiarazione resa al giudice istruttore di Venezia Carlo Mastelloni il 26 febbraio 1983, disse che l'indagine svolta in Francia, in contatto con il commissario Barreire della Direzione centrale di informazioni generali della polizia nazionale francese «si bloccò a causa di una fuga di notizie proveniente dalla stampa italiana», precisando di essersi recato in Francia per l'indagine «da settembre-ottobre 1978 fino ad aprile e anche dopo la fuga di notizie». Perché la comparsa di Graldi indusse la polizia francese a interrompere la collaborazione ?
  Lo stesso De Sena, in un rapporto del 3 gennaio 1980 indirizzato al consigliere istruttore di Roma Gallucci e al sostituto procuratore Calogero, scrisse: «Si comunica che la polizia francese, successivamente alla fuga di notizie apparse nell'aprile dello scorso anno sulla stampa italiana, ha aperto un'inchiesta amministrativa a carico dei gestori della scuola di lingue Hypérion» – di cui Duccio Berio ci ha dato conoscenza – «nonché sull'attività da essi svolta. Con la ripresa della collaborazione con gli organi della polizia francese è stato possibile apprendere il tenore delle dichiarazioni emesse, in sede di interrogatorio, dai personaggi inquisiti».
  Dalle parole di De Sena, quindi, emerge che dopo un primo blocco ci fu una ripresa dei rapporti con la polizia francese. Che cosa produsse questo ? Oppure fu solo uno scambio amministrativo semplicemente per capire le dichiarazioni che avevano fatto ?
  Ancora, nella stessa intervista nel volume Terrore rosso, lei ricorda che «dalle intercettazioni telefoniche sulle utenze di Hypérion emerse che la scuola di lingue aveva anche un'altra sede, in una villa alla periferia di Rouen», su cui noi ci siamo a lungo deliziati nella scorsa audizione. De Sena e gli agenti francesi della Direzione centrale delle informazioni generali «tentarono di intercettare anche quell'utenza, si trovarono di fronte a una cortina di ferro. I telefoni non erano intercettabili e un triplice anello concentrico di sensori molto sofisticati rendeva impossibile l'avvicinamento alla villa per effettuare intercettazioni ambientali». Ovviamente, Duccio Berio di tutto questo non ha memoria. Può specificare meglio che cos'erano queste difese della villa e se avete mai avuto notizia o cognizione di chi le avesse messe ?
  Abbiamo rintracciato una dichiarazione di Giampaolo Fortunato, il quale, in una dichiarazione resa di fronte al giudice istruttore Mastelloni il 10 marzo 1983, spiega che Pino Ferrari, collegato al gruppo Hypérion, viveva in un castello in Normandia. Il castello era Le Val Vandrin, a Bonneville-Aptot, che si trova a 40 chilometri da Rouen. Vorremmo sapere se il castello e la villa erano la stessa cosa oppure se erano due cose diverse.
  Io non ho altro da aggiungere. La ringrazio. Dopo il suo intervento daremo modo ai colleghi di porle altre domande.

  PIETRO CALOGERO. Grazie a lei, presidente. Grazie a tutti voi. Spero di fornire un contributo che possa essere di qualche utilità per la Commissione.
  Premetto che io non ho conservato l'informativa in cui il dottor De Sena sintetizzava gli esiti delle indagini fatte presso l'Hypérion di Parigi, poi a Bruxelles e poi a Londra. Perché ? Perché, quando ho trasmesso per competenza a Roma la parte più corposa del processo «7 aprile», riguardante i principali personaggi dell'Autonomia, del processo faceva parte anche l'informativa del dottor De Sena che ho ritenuto, per correttezza, di non trattenere presso di me perché era, o poteva Pag. 7essere, la base per ulteriori approfondimenti istruttori. Essa comunque può essere richiesta alla questura di Roma, alla squadra mobile. Presso la questura di Roma si trovano altre carte che credo siano utili. Oltre all'informativa De Sena io chiederei – mi permetto di suggerirlo alla Commissione – l'acquisizione anche del rapporto che il direttore dell'UCIGOS, dottor Gaspare De Francisci, fece al pubblico ministero di Padova il 20 ottobre 1980, in cui si parla ancora di aspetti collegati al fenomeno Hypérion, della diffusione della rivista Nuova Polizia e dei sospetti nei confronti di alcuni distributori di questa rivista in termini di appartenenza alle Brigate Rosse. Questo era scritto nel rapporto De Francisci. La Commissione lo può trovare acquisendolo direttamente piuttosto che andando a cercare negli archivi dei tribunali e degli uffici giudiziari.
  Un'altra cosa che chiederei è il rapporto della squadra mobile della questura di Roma, datato 3 gennaio 1980, che il dottor De Sena ha inviato al giudice Gallucci. Infine, credo che possa essere utile che la Commissione prenda cognizione della sentenza-ordinanza del giudice istruttore di Venezia dottor Carlo Mastelloni nel procedimento penale n. 204/1983 contro Abu Ayad e altri, in cui si parla di alcune fonti che hanno fornito informazioni sull'Hypérion, per esempio Luigi Perini. A me non pare di aver mai sentito Perini, ma sicuramente va sentito.

  PRESIDENTE. Noi l'abbiamo trovato. È quello che ha preso il posto della tipografia Triaca dove erano state fatte alcune cose...

  PIETRO CALOGERO. Comunque, è sicuramente il dottor Mastelloni che ha approfondito; è lui, se non ricordo male, che avrebbe trovato, presumo tramite la deposizione di Perini, che nei 55 giorni del sequestro dell'onorevole Moro alcuni esponenti e professori della scuola Hypérion avevano preso alloggio o comunque avevano la disponibilità di alloggi in via Nicotera e in viale Angelico. Queste cose le potete trovare, secondo me, nella sentenza-ordinanza del giudice istruttore Mastelloni. Chiaramente la Commissione potrà anche audire direttamente Mastelloni.

  PRESIDENTE. Senza convocare una nuova riunione dell'Ufficio di presidenza, propongo di dare seguito a tutti i suggerimenti formulati dal dottor Calogero.

  (La Commissione concorda).

  MIGUEL GOTOR. Forse varrebbe la pena anche di fare l'audizione del dottor Mastelloni.

  PRESIDENTE. L'abbiamo già chiesta. Vi rammento che è capo di un ufficio giudiziario e che, quindi, ha dei tempi complessi.

  PIETRO CALOGERO. Non avendo potuto rileggere l'informativa De Sena, mi avvalgo di ricordi e appunti che possono farmi incorrere in inesattezze su particolari di dettaglio, ma non sui contenuti. Sui contenuti la memoria è viva e ho la certezza di riferire cose vere anche se le indagini in Francia non le ho fatte io, ma le ha svolte il dottor De Sena, allora dirigente della squadra mobile di Roma, che è mancato da poco. Avevo conosciuto il dottor De Sena a Treviso, dove avevamo cominciato la carriera insieme, constatando che oltre a lavorare bene, anzi benissimo, era una persona di assoluta fiducia e di grande intelligenza: proprio quella di cui avevo bisogno per fare le indagini sull'Hypérion. Credo che il questore di Roma si sia rivolto al Ministro dell'interno, onorevole Virginio Rognoni, affinché autorizzasse il dirigente della mobile a fare indagini per il sostituto procuratore di Padova e perché lo accreditasse presso il Ministro dell'interno francese e i Renseignements généraux, ossia l'ufficio delle informazioni generali di Parigi. Ricordo bene che mentre ero per un periodo di vacanza a Pace del Mela, il mio paese, a casa dei miei genitori ricevetti verso la fine di luglio o i primissimi di agosto del 1978 una telefonata dell'onorevole Pag. 8Virginio Rognoni, che non avevo prima di allora conosciuto personalmente, il quale mi assicurò che gli accreditamenti necessari li avrebbe fatti lui e che potevo contare sulla collaborazione del dottor De Sena, il quale sarebbe stato di fatto distaccato per il tempo necessario al compimento delle indagini a Parigi.
  A Parigi De Sena trovò la collaborazione dei funzionari dei Renseignements généraux, che provvidero a intercettare alcune utenze della scuola di lingue Hypérion. Noi sapevamo che quest'attività di intercettazione non avrebbe potuto avere valore probatorio in un eventuale processo in Italia, ma costituiva un'attività preparatoria nel senso che avrebbe potuto fornirci elementi concreti da porre a base di una rogatoria internazionale che ci riservavamo di fare. Si trattava quindi di indagini di natura informativa che preludevano, in caso di esito positivo, a una formalizzazione piena, con l'attivazione degli strumenti probatori previsti dal nostro codice.
  Dalle intercettazioni non emerse alcun collegamento fra la scuola Hypérion e alcuni personaggi che noi sospettavamo potessero avere contatti con essa, per esempio Simioni e Berio. Nulla di nulla emerse inoltre su eventuali contatti con persone indagate nell'area del terrorismo rosso e dell'Autonomia organizzata.
  Peraltro, dalle stesse intercettazioni dopo alcune settimane venne fuori una cosa sorprendente: alcune utenze dell'Hypérion parigino comunicavano con un'utenza – una e una sola – che era all'incirca in Normandia. Così dissero i funzionari francesi. De Sena e i funzionari francesi si recarono in quella regione, svolsero ricerche e riuscirono a individuare l'edificio, una villa, in cui era installata l'utenza.
  Prima ancora, però, i funzionari francesi avevano tentato di attivare l'intercettazione sull'utenza scoperta, ma essa era stata resa impossibile da ostacoli di natura tecnica. Fu allora che, insospettiti, decisero di andare sul posto con il dottor De Sena.
  Tentarono, per prima cosa, un avvicinamento alla villa, situata nelle vicinanze di Rouen, ma si resero conto che essa era protetta, anzi superprotetta da un triplice – credo che sia questa l'espressione che è stata usata da De Sena – anello concentrico di sensori molto sofisticati.

  PRESIDENTE. Anello concentrico che significa ? Che come ci si avvicinava.... ?

  PIETRO CALOGERO. Sì, scattava un congegno che segnalava l'avvicinamento. A fare l’ ipotesi che quella fosse la sede di un servizio straniero sono stati gli stessi francesi, i quali hanno aggiunto anche che chi usava quei sistemi erano gli americani. Da qui il sospetto di collegamento fra la sede parigina dell'Hypérion e l'attività di informazione di una struttura che si muoveva sotto l'influenza della CIA. I francesi furono i primi a formulare questa ipotesi, solo loro, aggiungendo anche che, se era stata messa questa cosa, loro nulla sapevano di questa struttura e che era costume degli americani realizzare strutture analoghe anche nelle principali capitali europee.
  In effetti, continuando le intercettazioni sulle utenze dell'Hypérion di Parigi, venne fuori un collegamento con un'Hypérion che era in Belgio. Devo rammentare che, quando si convinsero di trovarsi di fronte a una struttura della CIA, i francesi ritennero loro dovere di informare immediatamente il loro Ministro dell'interno, prima di proseguire nelle indagini. Mi pare di ricordare che il ministro si chiamasse Defferre, ma non ne sono sicuro.
  Avuta l'autorizzazione ministeriale, essi continuarono le intercettazioni sulle utenze dell'Hypérion parigino e saltò fuori la struttura sita in Belgio. A Bruxelles De Sena e i colleghi francesi scoprirono, con la collaborazione dei funzionari belgi, che la struttura portava il vecchio nome dell'Hypérion, che era Agorà. Non trovarono niente di particolare e nulla dissero sul sospetto che potesse trattarsi di una struttura di appoggio per altro.
  Poi venne fuori, sempre dalle intercettazioni sui telefoni dell'Hypérion di Parigi, Pag. 9che c'era una sede dell'Hypérion a Londra. Poiché la questione si presentava delicata e complessa, De Sena mi chiese di poter associare a lui il dottor Ansoino Andreassi, che era all'epoca dirigente dell'Ufficio politico di Roma. Recatisi a Londra, essi furono affidati a un sergente o a un brigadiere – uno di basso profilo peraltro molto disponibile – di un ufficio speciale di Scotland Yard, cui correttamente comunicarono quali erano state le risultanze acquisite in Francia sull'Hypérion e chiesero il supporto necessario a individuare l'indirizzo dell'Hypérion londinese, che non si era riusciti a identificare attraverso le intercettazioni.
  Al secondo giorno De Sena rientra in albergo verso sera. Secondo me, era dopo l'ora di cena. È una cosa che non dimenticherò mai: De Sena era molto agitato e, direi, spaventato. Tutti ci possiamo spaventare. Non credo di far torto o di gettare ombra sulla sua memoria, perché era un funzionario veramente straordinario. Mi disse: «Queste sono le cose». Lui stesso mi telefonò chiedendo che cosa fare. Abbiamo convenuto che fosse, o che potesse essere – era la stessa cosa, ma dicemmo così per misure di cautela – un avvertimento, cioè la volontà di non collaborare, perché nulla era stato asportato. La stanza era a soqquadro in modo indescrivibile, ma nulla era stato asportato. Gli dissi di tornare immediatamente «perché c’è un limite a tutto» E non si poteva correre un rischio di tale gravità. Così fu abbandonato il troncone londinese delle indagini sull'Hypérion.

  PRESIDENTE. Il motivo per cui avete ritenuto che fossero stati gli inquirenti inglesi è semplicemente perché erano gli unici che sapevano quello che stavate facendo ?

  PIETRO CALOGERO. Sì. Io mi sono limitato a riferire...

  PRESIDENTE... la sequenza dei fatti.

  PIETRO CALOGERO. Gli inquirenti inglesi avevano ricevuto dal dottor De Sena e dai colleghi francesi informazioni su quello che era emerso con la scoperta della sede di Rouen. Poiché si era prossimi al 7 aprile, chiesi a De Sena di preparare immediatamente un'informativa, perché la dovevo inserire nel fascicolo, che avrei dovuto trasmettere al giudice istruttore, o ad altra autorità giudiziaria competente.
  Verso la metà di aprile – scusatemi se sono un po’ approssimativo sui dettagli di data; ripeto, i contenuti sono questi – tutti gli incarti, che erano notevolissimi... C'erano casse e casse di documenti perché il processo «7 aprile» non nasce da pentiti, che allora non esistevano, e neanche da testimonianze. Nasce dallo studio di documenti. Spero di poter dire e ripetere questo. Evidentemente non ci sarebbe stato il «7 aprile» se io non avessi scoperto nelle carte di Negri degli elementi tali da far ritenere che lui fosse capo di un'organizzazione, che prima sembrava fatta di mille sigle, ma era una e una soltanto in campo nazionale, Autonomia organizzata, la quale si collegava anche, attraverso lo studio dei documenti, con le Brigate Rosse e da qui al Partito armato. Il nodo dell'inchiesta era proprio questo, ossia l'alleanza e la cooperatività all'interno dello stesso disegno e della stessa strategia insurrezionale tra Brigate Rosse e Autonomia.
  Quindi, c'era una montagna di documenti. Vi assicuro che saranno state decine di casse. Tutte preparate e ordinate, partono per Roma intorno alla metà di aprile. Il 24 aprile uscì l'articolo pubblicato sul Corriere della Sera a firma di Paolo Graldi dal titolo «Secondo i servizi segreti era a Parigi il quartier generale delle Brigate Rosse».
  Nella prima o seconda riga il giornalista dichiarava di riferire notizie apprese da una fonte del SISDE. Quando io ho letto questo, ho dato la mia interpretazione. La fonte del SISDE – io ho ritenuto altamente verosimile che lo fosse – doveva essere una fonte elevata, elevatissima, della sfera direttiva, perché queste cose non credo che le facesse un sottordinato. Mi pare che Mastelloni approfondì questo Pag. 10punto. Io mi limito a dire le cose che sono passate dalle mie mani. Sull'accaduto mi sono fatto questa idea: quella fuga di notizie era intervenuta perché qualcuno aveva letto l'informativa di De Sena.

  PRESIDENTE. Qual è la motivazione ?

  PIETRO CALOGERO. Gliela dico subito. La motivazione la diedero i francesi. Qualcuno aveva letto e divulgato l'informativa di De Sena con il chiaro scopo di impedire la prosecuzione delle indagini, che avevano avuto un certo rilievo, almeno sul fronte del collegamento con i Servizi, con l'indagine parigina. Faccio presente che io non ho mai conosciuto i funzionari francesi. Me ne parlava De Sena e mi diceva anche dei nomi. Diceva anche che collaboravano perché si erano resi conto che noi lavoravamo bene e avevano fiducia nella nostra capacità di tenere i segreti. Quando si verificò la pubblicazione dell'articolo, il direttore del servizio francese chiese di parlare con De Sena e gli comunicò: «Confermo la stima al dottor Calogero, ma noi non possiamo più continuare le indagini perché non siamo abituati a lavorare in una situazione di fatti eclatanti, di spettacolo, perché questo nuoce anche al nostro prestigio e non dà più valore, attendibilità e credibilità ai nostri accertamenti». Questa è stata la circostanza cui mi sono implicitamente riferito nella mia intervista pubblicata in Terrore Rosso.
  C’è, però, una cosa che io non ho voluto dire nell'intervista per evitare che fosse conosciuta dal pubblico prima che da un organo istituzionale.

  PRESIDENTE. Chiede di passare in seduta segreta ?

  PIETRO CALOGERO. No, non credo, perché a distanza di tempo, presidente, lo direi anche. Infatti, dissi a colleghi, che lo sanno, perché l'ho sempre riferito, che, se un giorno fossi stato chiamato da una commissione parlamentare, in quel momento sarebbe scattato il mio dovere di dire tutto quello che so, ma in un libro destinato alla lettura delle persone no. I francesi, oltre a dire che la fuga di notizie li avrebbe fatti lavorare in una situazione per loro inaccettabile, a cui non erano abituati, confidarono a De Sena, che me lo riferì, che c'era un altro fatto forse più importante del primo, cioè della pubblicazione dell'articolo, che aveva reso necessaria questa...

  PRESIDENTE. ...sospensione.

  PIETRO CALOGERO. No, non sospensione, proprio rottura di collaborazione.
  De Sena mi disse infatti che alcuni giorni prima, forse in contestualità con la pubblicazione dell'articolo, il dirigente del servizio francese gli aveva confidato che il direttore del nostro SISDE, generale Giulio Grassini, gli aveva richiesto, non ricordo se telefonicamente o con altro mezzo, informazioni in merito a un'utenza telefonica che era esattamente la stessa della villa di Rouen.
  Quindi, il dirigente riceve una richiesta del generale Grassini, che allora era direttore del SISDE, di avere informazioni in merito a un'utenza telefonica. Controlla e vede che è la stessa utenza della villa di Rouen, che, come ho detto, lo stesso servizio francese non conosceva prima delle intercettazioni effettuate sulle utenze della scuola parigina.
  Il direttore o il responsabile rappresentante del servizio – non so se fosse proprio il direttore; credo di sì, ma non sono sicuro – osservò che questo fatto poneva in luce, ad avviso suo e dei suoi colleghi, una mancanza di intesa e di fiducia reciproca fra poteri dello Stato italiano, che sconsigliava l'ulteriore collaborazione con l'uno o l'altro di essi.
  Questo è un fatto che dico oggi. È l'assoluta verità. Non l'ho voluto dire nel libro perché per il pubblico era sufficiente fornire quell'indicazione. Questa è stata forse la ragione di fondo per la quale i francesi ci chiedevano: «Come mai il vostro servizio sapeva ? Voi siete qui da mesi, abbiamo scoperto insieme quell'utenza. Allora che rapporti avete ?»

Pag. 11

  PRESIDENTE. Avranno comunque ipotizzato che le due richieste di collaborazione non avessero gli stessi obiettivi. Lo penso io. Se fosse stata solo una sovrapposizione ...

  PIETRO CALOGERO. No, si trattava della mancanza di intesa e di collaborazione fra due istituzioni del nostro Stato.
  Questi due episodi, ossia la pubblicazione dell'articolo e la richiesta informale del direttore del SISDE di avere quel tipo di informazione, erano quelli che avevano determinato la rottura del rapporto di collaborazione con i francesi. Ed erano entrambi riferibili al più alto livello direttivo del SISDE, perché anche la fuga di notizie non può sicuramente che far pensare a un'imbeccata dall'alto. Alla luce di questi fatti e dopo esserci consultati, De Sena ed io abbiamo ipotizzato che la struttura superprotetta del servizio di informazione operante a Rouen, e coperta sotto l'insegna rassicurante della scuola di lingue Hypérion, gravitasse nell'orbita della CIA. Come già detto, erano stati gli stessi francesi a fare questa ipotesi, avuto riguardo all'osservatorio che le sedi di Hypérion garantivano in tre delle principali capitali europee per...

  PRESIDENTE. ...monitorare il terrorismo.

  PIETRO CALOGERO. Monitorare il terrorismo e, all'occorrenza, porre in atto gli interventi che la politica di sicurezza mondiale perseguita dagli Stati Uniti poteva suggerire e consigliare per il contenimento dell'avanzata del comunismo in uno dei paesi chiave dello scacchiere atlantico.
  Questo, presidente, è tutto ciò che posso dire alla Commissione su questa vicenda. È tutto ciò che ricordo, con riserva di alcuni possibili errori di dettaglio, soprattutto di data.

  PRESIDENTE. Lei non ha mai trovato rapporti con i servizi israeliani ?

  PIETRO CALOGERO. No, mai. Anzi, ho avuto rapporti ancora con un altro rappresentante dell'altro servizio segreto, il SISMI, sempre nel contesto delle indagini sul terrorismo rosso.

  PRESIDENTE. Ci aggiorni anche su questo.

  PIETRO CALOGERO. Questo avviene il 24 aprile. Il 7 aprile ci sono gli arresti. Poi seguono il trasferimento delle indagini a Roma, la fuga di notizie e quest'altro episodio.

  PRESIDENTE. Proseguiamo in seduta segreta su questo punto. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo.

  (I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta)(*).
  (Prima parte desecretata).

  PIETRO CALOGERO. Grassini, e siamo al 24 aprile...

  PRESIDENTE. Fine aprile del 1979.

  PIETRO CALOGERO. ... 24 aprile e giorni seguenti.
  Nella prima metà o forse verso la metà di giugno venne da me il capocentro del SISMI di Padova, colonnello Giuseppe Bottallo (che avevo già conosciuto), il quale mi chiese se potevo ricevere in via assolutamente riservata un suo superiore, l'allora colonnello – ora generale in pensione – Pasquale Notarnicola, responsabile dell'ufficio D.

  PRESIDENTE. Sì, Ufficio D del SISMI.

  PIETRO CALOGERO. Un ufficio fondamentale per quanto riguarda la materia dell'eversione e del terrorismo.
  (*) Nel corso dell'audizione, la Commissione ha convenuto di desecretare le parti segrete del resoconto stenografico dell'audizione che fanno riferimento a fatti e circostanze già riportate da fonti aperte. Cfr. pag. 16.

Pag. 12

  PRESIDENTE. Dunque, il colonnello capocentro a Padova....

  PIETRO CALOGERO. Giuseppe Bottallo.

  PRESIDENTE. Le chiese un appuntamento per il colonnello Notarnicola, responsabile dell'Ufficio D del SISMI.

  PIETRO CALOGERO. Sì, mi chiese se questi poteva avere con me un incontro assolutamente riservato, un incontro importante che riguardava le indagini in corso da circa due mesi.
  Cosa c'era di più riservato della mia casa ? Allora gli dissi che poteva venire a casa mia nel pomeriggio.
  Non avevo mai conosciuto in precedenza il colonnello Notarnicola che, appena entrato in compagnia del suo collega Bottallo e di un altro suo collaboratore dell'Ufficio D, di cui però non ricordo assolutamente il nome, esordì con una frase che non potrò mai dimenticare: «Dottore, noi siamo la parte lealista del servizio. Anche se in minoranza, le offriamo la nostra collaborazione e la incoraggiamo ad andare avanti. Le sue indagini sono fondate. Anche dalle nostre acquisizioni risulta che Autonomia Operaia e Brigate Rosse...». In pratica, il “Partito armato”; questo era il novum rispetto allo scenario di quegli anni, perché Autonomia sembrava andasse per conto suo e che fosse un fenomeno frastagliato, mentre le Brigate Rosse fossero...
  Dunque, mi disse: «Anche dalle nostre acquisizioni risulta che Autonomia Operaia e Brigate Rosse operano da anni all'interno di una medesima strategia di lotta armata allo Stato». Si trattava in sostanza del «Partito armato» che accomunava nello stesso disegno eversivo due organizzazioni che sembravano in apparenza per conto loro.
  Dopo queste parole introduttive, il colonnello Notarnicola tirò fuori da una borsa un pacco di carte.

  PRESIDENTE. Riguardo al termine «lealista», non ha spiegato leale a chi ?

  PIETRO CALOGERO. No, per me era intuitivo, allo Stato. Il discorso diventò chiaro dopo i particolari che mi accingo ad esporre. Le carte che tirò fuori erano veline, note informative, che mi autorizzò a leggere ma non a fotocopiare.
  Mi ricordo che mi misi sul tappeto, ginocchia a terra, e credo di averne sfogliate 40-50 circa, per mezz'ora, forse tre quarti d'ora.

  PRESIDENTE. Comunicazioni ?

  PIETRO CALOGERO. Informazioni. Le informazioni risalivano al 1974. Questo avviene nel 1979, cinque anni dopo.
  Dunque, le informazioni risalivano al 1974 e raccontavano, attraverso resoconti periodici di informatori infiltrati dal servizio, di incontri frequenti fra Negri e Curcio e della collaborazione fra le loro organizzazioni per il comune progetto di insurrezione armata.
  Negri e Curcio erano i capi di due distinte organizzazioni, Autonomia e Brigate Rosse.
  È importante aver presente che l'ipotesi del partito armato io l'avevo fondata sullo studio di documenti. Io non potevo sapere che Negri e Curcio si incontravano. Ho scritto solo che Negri aveva assunto come propria la strategia delle Brigate Rosse e che le Brigate Rosse, attraverso la rivista Controinformazione, che pacificamente era una rivista loro, indicava come programma di lotta suggerimenti e programmi...

  PRESIDENTE. E questo trova conferma nelle dichiarazioni di Berio, che ricorda come, tempo dopo la riunione di Pecorile, un colonnello del SID, Ballini, gli chiede di infiltrare il gruppo di Curcio. Berio manda una lettera al suocero, deputato del PCI e poi giudice della Corte costituzionale, che la deposita al notaio. Quella lettera risulta agli atti ed è nota, e dice sostanzialmente: «Io non ho accettato di infiltrare, ma loro già sapevano».
  I tempi sono gli stessi della documentazione che le viene mostrata. Nel 1974 già vede note che parlano degli incontri NegriCurcio, Pag. 13quindi le neonate BR erano già state abbondantemente infiltrate, però nel 1978 stranamente le BR non sono monitorate.
  Mi pare che sia questo il discorso.

  PIETRO CALOGERO. Presidente, non le nego che leggendo quelle carte, con i particolari di incontri, sono rimasto molto turbato, pensando che se esse fossero state date a chi di dovere, cioè alla polizia e all'autorità giudiziaria fin dal 1974, non ci sarebbero stati o ci sarebbero stati in misura ridotta uccisioni e attentati; cioè il contrasto al terrorismo avrebbe prodotto effetti molto migliori.
  Prima del 1979 Autonomia non era stata mai sottoposta a un'ipotesi investigativa che ne contemplasse la struttura organizzativa unitaria e la sua capacità di destabilizzazione del sistema. Meno che mai si era ipotizzato che Autonomia potesse entrare in un rapporto dialettico con le Brigate Rosse, come elemento costitutivo del partito armato, come la gamba di un tavolo.
  Dunque, quando ho letto quelle cose veramente sono rimasto molto turbato, più che inorgoglito, dall'assunto di Notarnicola, secondo cui «le cose che lei ha messo a base dell'accusa sono fondate», che sarebbero poi le cose relative al partito armato.
  Chiarisco che è stato un colloquio asciutto, in cui la parte centrale ha visto da parte mia la lettura molto rapida di quelle veline che risalivano al 1974 e raccontavano di incontri Negri-Curcio. Gli feci perciò una domanda: «Come mai queste carte non sono state mai utilizzate per richiedere una perquisizione nei confronti di Negri ?». E gli ricordai che la prima perquisizione Negri l'aveva subita il 21 marzo 1977 per opera mia, quando, dopo un fatto tutto sommato non gravissimo, l'incendio di una pizzeria, alcuni testimoni avevano detto che le bottiglie incendiarie buttate dentro quel locale erano uscite dalla facoltà di scienze politiche. A questo punto avevo ritenuto doverosissimo fare la perquisizione anche del suo studio in tale facoltà, perché già si parlava di «base rossa». Era Negri che aveva, diciamo, teorizzato, ma in realtà programmato, queste cose. Quindi, la prima perquisizione, nonostante queste risultanze del 1974, la faccio io, sulla base di testimonianze e di «poveri» collaboratori, ad esempio il bidello della facoltà di scienze politiche. Ma non ho mai avuto un'imbeccata, un'informativa da parte della Polizia o dei Carabinieri che, sulla base di qualche risultanza, abbiano chiesto un decreto di perquisizione. Questo gliel'ho detto, gliel'ho ricordato.
  Gli chiesi: «Come mai la polizia giudiziaria non ha mai fatto uso, pur essendo solita fare richieste di perquisizione anche sulla base di meri sospetti, delle informative circostanziate in possesso del servizio ? Come mai Negri non è stato mai toccato ?». Era un dovere mio richiederlo.
  Mi ricordai, in quel momento, che Negri era stato sottoposto a indagine da parte del giudice istruttore di Torino Gian Carlo Caselli, per la sua appartenenza alla redazione della rivista Controinformazione (c'era lui, c'era qualche altro).
  Se Caselli avesse potuto avere quelle informative non avrebbe prosciolto Negri, sicuramente. Erano informative che parlavano di incontri e di condivisione di una strategia di attacco armato allo Stato.
  Allora conclusi dicendo che la mancata comunicazione di quelle informative non era stata, secondo me, solo una leggerezza, ma qualcosa di più grave: una copertura. L'ho detto a un rappresentante del SISMI.
  Notarnicola replicò – e mi diede l'impressione di una persona veramente leale, di un galantuomo – così: «Dottore, noi le informazioni le abbiamo sempre riferite agli organi di polizia giudiziaria. Quindi, veda lei come mai non sono arrivate».
  Allora, mi sono detto che se la polizia non aveva richiesto per anni perquisizioni nei confronti di Negri, c'era stata evidentemente una direttiva, un ordine categorico proveniente dall'alto, di coprire o meglio di non scoprire la verità. Non dubitavo che questa copertura non la si facesse per la persona di Negri, ma per quello che Negri faceva, per le attività che in materia di eversione la sua organizzazione Pag. 14poteva svolgere in un contesto sociale in cui c'erano, sull'altro versante, analoghe iniziative da parte del terrorismo nero.
  Chiesi a Notarnicola dove si trovassero i documenti, quelli che mi aveva appena fatto leggere in copia. Mi rispose: «Dottore, se pensa di fare una perquisizione degli uffici del SISMI è inutile perché le carte che le ho mostrato fanno parte di una raccolta informale, non catalogata e non depositata negli archivi del servizio e non gliele posso lasciare neppure in fotocopia, altrimenti mi scoprirebbero e cesserebbe la mia collaborazione». In realtà, ho capito che, se scoperto, lui temeva qualcosa di ben più grave, ma questo era implicito.
  Dai fatti che ho esposto si desume in modo chiaro che cosa significhi la frase iniziale di Notarnicola: «Noi siamo la parte lealista del SISMI, ma siamo in minoranza» e il perché della sua richiesta di segretezza. Notarnicola si rende conto che io avevo lavorato su acquisizioni mie e non su quelle che già, peraltro, risultavano da cinque anni.

  (Dopo una parte segreta del resoconto stenografico, segue la seconda parte desecretata)(*).

  PIETRO CALOGERO. Questo colloquio avviene verso la metà di giugno del 1979.

  PRESIDENTE. Dobbiamo sentire anche il colonnello Bottallo.

  PIETRO CALOGERO. Il colonnello Bottallo è morto.
  Viene da me il colonnello Bottallo e mi chiede se potevo concedere un colloquio importante, che riguardava lo sviluppo delle indagini dell'inchiesta «7 aprile», al suo direttore, al direttore del servizio, generale Giuseppe Santovito.
  Siamo a novembre, forse...

  (*) Nel corso dell'audizione, la Commissione ha convenuto di desecretare le parti segrete del resoconto stenografico dell'audizione che fanno riferimento a fatti e circostanze già riportate da fonti aperte. Cfr. pag. 16.

  PRESIDENTE. Allora il generale Santovito viene da lei e... ?

  PIETRO CALOGERO. No, non viene da me. Viene Bottallo da me.

  PRESIDENTE. E le chiede un appuntamento per il generale Santovito.

  PIETRO CALOGERO. Mi chiede se, in occasione delle mie trasferte frequenti a Roma, per il lavoro che stavo portando avanti, avessimo potuto vederci in assoluta riservatezza, perché aveva notizie importanti relative alle indagini che stavo facendo.
  Io accettai e l'incontro con il generale Santovito avvenne in un ristorante vicino al Colosseo, dove pranzammo. Ricordo una terrazza da cui si dominava il Colosseo, un luogo molto bello. Alla fine del pranzo mi disse che l'ipotesi, che io stavo portando avanti, di un partito armato nel quale confluivano e collaboravano, per un comune fine rivoluzionario, Autonomia e Brigate Rosse, era giusta. «Giusta» è la parola testuale da lui usata.
  Si dichiarò subito disponibile a darmi la sua collaborazione. Era intanto disponibile a farmi vedere documenti che avrebbero corroborato questa ipotesi del collegamento strategico fra le due organizzazioni.

  PRESIDENTE. Ed erano gli stessi di Notarnicola ?

  PIETRO CALOGERO. Io, pensando che si trattasse degli stessi documenti – per forza dovevano esserlo, non credo che il servizio avesse prodotto documenti diversi sulla base delle stesse fonti informative – ho ritenuto di non vederli, però ho preso atto che quei documenti che accreditavano l'ipotesi del partito armato erano nella disponibilità del direttore del servizio.
  Santovito disse: «Sono disponibili, se vuole glieli faccio vedere». Però mi pose Pag. 15subito una condizione, prima ancora di tirarli fuori da una borsa: che facessi risultare la sua collaborazione come antecedente al 7 aprile. Eravamo intorno alla metà di novembre. Risposi che ci avrei pensato, anche se sapevo già che era una condizione inaccettabile. Qualche giorno dopo, tornato in ufficio, scrissi una lettera – che fa parte del processo «7 aprile» – con la data correttamente indicata, non so se era 16, 17 o 18 novembre, e la indirizzai a «Egregio generale Giuseppe Santovito, direttore del Sismi». In essa lo ringraziavo per la collaborazione che mi aveva offerto prima e dichiaravo di rimanere in attesa dei frutti della sua collaborazione.

  PRESIDENTE. Da lì capì che non era ...

  PIETRO CALOGERO. Chiamai Bottallo e gli dissi di consegnare la lettera chiusa al suo direttore. Il giorno dopo, la mattina dopo, Bottallo tornò nel mio ufficio e mi disse: «Dottore, ma che cosa gli ha scritto di tanto grave nella lettera ? Appena l'ho consegnata il mio direttore ha cominciato a lanciare contro di lei invettive volgari che non le sto a riferire. Persino l'ho sentito per la prima volta bestemmiare». Da quel momento non ho più visto il generale Santovito.
  Quindi, c’è da un lato la parte lealista di cui parla Notarnicola e dall'altro lato c’è questo incontro con il generale Santovito.

  PRESIDENTE. A noi realisticamente di quello che ha detto, che apre uno scenario molto più vasto della nostra...
  L'unico dato certo, ormai per la terza o quarta volta, è l'infiltrazione delle BR fin dalla nascita. È un dato che mi sembra ritornare. A lei, che vede le carte del 1974-1975, chiedo se tutti quegli infiltrati furono esfiltrati nel 1977, in attesa del 1978, oppure se c'era una colonna romana che non era infiltrata.
  Il tema che ci riguarda è questo: se le BR sono già infiltrate nel 1974 e con la vicenda del 7 aprile lei già vede questa tipologia di carte, che non abbiamo motivo di ritenere non esistano, c’è da capire come mai il flusso informativo risultasse inaridito nel 1978. Quando parliamo di Moro nessuno sapeva più o meno nulla.

  PIETRO CALOGERO. Sì, certo.

  PRESIDENTE. Questa è la domanda: le BR erano o non erano infiltrate allora ? Abbiamo provato ad esaminare il tema soffermandoci sull'arresto di Pinerolo nel quale l'infiltrazione è stata circoscritta solamente a frate Mitra. Potremo contare sulla disponibilità di Notarnicola per approfondire.
  È significativa la vicenda... Sicuramente non troveremo più la lettera che lei ha scritto perché...

  PIETRO CALOGERO. No, no. La lettera...

  PRESIDENTE. Quella a Santovito: c’è ?

  PIETRO CALOGERO. Sì, è agli atti del processo.

  PRESIDENTE. Quindi, se è agli atti del processo...

  PIETRO CALOGERO. Però dovete andare a cercarla.

  PRESIDENTE. Per noi è estremamente significativo per capire perché la data del 7 aprile costituisse per lui un problema.
  Per il resto – Negri e altro – può essere suggestivo, da un punto di vista storico, vedere i rapporti con Hypérion, però...

  (Dopo una parte segreta del resoconto stenografico, segue la terza parte desecretata) (*).

  PRESIDENTE. Segnalo tre elementi: il tema delle infiltrazioni, emerso anche nell'audizione di Berio; la villa di Rouen, con l'ipotesi che fosse luogo di monitoraggio o di copertura per una qualche intelligence; infine, dobbiamo cercare, per quanto di competenza di questa Commissione, di Pag. 16esaminare in questa luce anche la presenza dei soggetti del bar Olivetti, che assume un aspetto diverso.
  Di Notarnicola abbiamo detto, vediamo se ci sono altri, per quello che riguarda esclusivamente Moro. Quello che ci ha detto oggi il dottor Calogero è suggestivo, ma noi non possiamo aprire un'indagine che riguarda il terrorismo in Italia negli anni bui. Noi dobbiamo limitarci a vedere come mai, se c'erano infiltrati prima, nel 1978 nessuno ha visto, nessuno ha sentito e nessuno ha fatto nulla. L'hanno rapito le BR, l'hanno ammazzato loro sicuramente, però qualche cosa potremmo continuare a vederla.
  Oggi, da questo punto di vista, il dottor Calogero è stato molto chiaro.
  Ritorniamo in seduta pubblica.
  Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo.
  (I lavori della Commissione riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Propongo ai colleghi di desecretare le parti segrete del resoconto stenografico dell'audizione che fanno riferimento a fatti e circostanze già riportate da fonti aperte. Resteranno, invece, segrete le parti che riguardano elementi diversi.

  (La Commissione concorda).

  FEDERICO FORNARO. Io ringrazio davvero il dottor Calogero per i suoi ricordi, la puntualità e la precisione. Mi permetto a titolo personale di considerare quest'audizione una delle più importanti che abbiamo fatto finora, per le cose che lui ci ha detto e per alcune, più che suggestioni, ipotesi su cui lavorare.
  Io vorrei concentrarmi su due questioni. In primo luogo vorrei tornare ancora sulla sede di Londra di Hypérion, perché – qualche collega forse lo ricorderà – io feci una domanda specifica al dottor Berio nell'audizione di due setti

  (*) Nel corso dell'audizione, la Commissione ha convenuto di desecretare le parti segrete del resoconto stenografico dell'audizione che fanno riferimento a fatti e circostanze già riportate da fonti aperte. Cfr. pag. 16.mane fa. A quella domanda Berio rispose con nettezza di non essere mai stato a conoscenza dell'esistenza della sede londinese. Peraltro, a suo ricordo non c'erano neppure le due sedi italiane, che invece, come già in quell'occasione fu ricordato, è appurato che esistessero.
  Mi pare di aver capito che la presenza della sede inglese voi l'abbiate scoperta attraverso le intercettazioni. Così ho capito. Non è un relata refero o una soffiata. Io credo che questo sia un elemento estremamente importante, se collegato poi successivamente all'episodio, che lei ha raccontato, dell'intrusione nella camera d'albergo del dottor De Sena. Vorrei capire se lei si è fatto qualche idea in più, su quale ipotesi in quel momento aveva lavorato e soprattutto perché avete un po’ brutalmente abbandonato quella pista.
  Mi permetto di sottolineare che la tesi per cui Hypérion, per usare le parole con cui il dottor Calogero ha concluso la prima parte dell'intervento, era di fatto una centrale al servizio del contenimento dell'espansione comunista in Europa, evidentemente aveva in Francia e, a quel punto, anche a Londra, una sua logica di presenza e anche – qui viene la domanda – di rapporto. A suo giudizio, lei ha avuto elementi per dire se i servizi inglesi avessero avuto rapporti con Hypérion ?
  La seconda domanda, invece, è collegata al tema degli infiltrati, su cui, secondo me, giustamente il presidente ha posto l'accento. Dalle carte, dalla saggistica e da una serie di elementi risulta che le infiltrazioni all'interno delle Brigate Rosse siano abbastanza documentate, sia nella prima fase, sia successivamente, salvo poi, come ha ricordato il presidente, quasi svanire nel 1978. È evidente che la presenza di un infiltrato nel gruppo di comando delle Brigate Rosse o nel gruppo che organizzò il sequestro e l'uccisione di Moro, ovviamente, riportasse informazioni non date alla magistratura.
  Mi pare che lei ponga in evidenza con forza un'azione di infiltrazione non soltanto nelle nascenti Brigate Rosse, ma Pag. 17anche nell'Autonomia, nei vertici di Autonomia Operaia. Questa è la seconda domanda.
  Ci sono due livelli, da questo punto di vista, a mio giudizio, di azione di infiltrazione. Vorrei sapere se, a suo giudizio, l'infiltrazione andava più verso le Brigate Rosse oppure se aveva un ruolo estremamente importante anche all'interno dei vertici di Autonomia Operaia, intendendo con «vertici» anche, ovviamente, le persone che lei ha citato prima nell'intervento.

  PIETRO CALOGERO. Posso riferire solo deduzioni. Sostanzialmente, non avrei da aggiungere null'altro sul piano delle constatazioni di fatto.
  Come prima deduzione, per quanto riguarda la sede di Hypérion di Londra, io veramente non so e non posso dire che il servizio segreto britannico abbia fatto ricorso a quell'operazione di velata minaccia per non promuovere la collaborazione. Lo deduco, però, dal fatto che i suoi agenti erano stati informati delle ragioni per le quali i francesi e il dottor De Sena erano andati là. Costoro avevano riferito, infatti, che dall'Hypérion francese era saltato fuori un collegamento con una sede londinese, di cui peraltro non si conosceva l'esatto indirizzo, e, se non ricordo male, avevano anche fatto capire, sia pure in termini di sospetto, che questa scuola parigina Hypérion potesse essere la facciata legale di una struttura occulta di natura informativa come quella di Rouen.
  Credo che questo l'abbiano fatto capire.
  Poi è avvenuto quel fatto, che va analizzato nella sua obiettività. Dopo neanche due giorni il dottor De Sena – era lui che doveva raccogliere le informazioni per l'autorità giudiziaria italiana – si vede rovesciata la stanza senza che nulla fosse stato toccato. Io ho pensato che proprio il fatto di rovesciare un ambiente e di non toccare nulla avesse il valore di un messaggio.
  A questo punto lei dice che noi abbiamo interrotto brutalmente la pista londinese. Mi dispiace per questo, ma nella situazione che ho descritto io ho visto un grande pericolo che correva...

  FEDERICO FORNARO. Non era una critica.

  PIETRO CALOGERO. No, dico così perché anch'io mi sono posto il problema. Il dottor De Sena ha subito un fatto, che io ho interpretato – del resto, come egli stesso aveva percepito, tanto da esserne veramente spaventato – come un messaggio di non collaborazione: «Andate via perché noi non collaboriamo». Questo abbiamo inteso.
  Se una cosa del genere fosse successa in Italia, si sarebbe potuta predisporre una protezione attiva e passiva della persona esposta al pericolo, ma erano in Inghilterra e non c'era nessuno che potesse attuare tale protezione. C'erano solo il dottor De Sena e il dottor Andreassi. Io ho ritenuto che il valore della vita fosse preminente e non ho avuto esitazioni nell'interrompere l'indagine.
  «Interrompiamo tutto e facciamo quello che si può ragionevolmente fare, dedicandoci anima e corpo a sviluppare e portare avanti queste indagini, che avevano un loro rilievo»: questo ho pensato.
  Quanto alla seconda domanda, rispondo che il colonnello Notarnicola mi disse che il servizio, in pratica, aveva la mappa di tutti i programmi e delle azioni specifiche che i principali gruppi eversivi e terroristici anche nel Veneto portavano avanti. Non ha fatto differenza tra Autonomia e Brigate Rosse. Presumo, quindi, che gli informatori infiltrati ci fossero – ripeto – nei principali gruppi, sia di destra sia di sinistra. Non posso aggiungere di mio se si trattasse di Brigate Rosse o di Autonomia. Il tema della sua visita era quello, ossia il Partito armato e l'alleanza tra Autonomia e Brigate Rosse. Credo comunque che quelle notizie potessero essere fornite anche da un informatore che stava, più facilmente, dentro le Brigate Rosse, perché Autonomia ha una configurazione organizzativa molto composita. Mentre le Brigate Rosse sono un monolite, Autonomia – questa è stata ed è la complessità – ha un livello di illegalità di massa e un livello occulto, anzi propriamente Pag. 18clandestino, che si chiamava Fronte combattente nel Veneto e Brigate comuniste a Milano, in cui i militanti discutevano e avevano scambi operativi con le Brigate Rosse.
  Solo in via deduttiva posso affermare che può essersi trattato di informatori infiltrati nelle Brigate Rosse che potevano anche venire a conoscenza di scambi di armi e di progetti, di disegni o azioni concrete di tipo eversivo. Si trattava di gruppi terroristici ed eversivi sia di destra, sia di sinistra. «Li abbiamo infiltrati», mi disse, «e sappiamo quasi tutto».

  PAOLO BOLOGNESI. Io avevo preparato alcune domande. La ringrazio moltissimo del suo intervento, che è stato molto positivo. Pongo una domanda che deriva dalle sue dichiarazioni.
  Io vorrei sapere, per quello che riguarda le sedi italiane dell'Hypérion, quante erano, da quello che le risulta. Le risulta che fossero solo due oppure ce n'erano altre ?

  PIETRO CALOGERO. Il riferimento alle sedi di viale Angelico e di via Nicotera non è frutto delle mie indagini ma, per quanto mi risulta, di quelle del dottor Mastelloni che credo ne abbia parlato nella sentenza-ordinanza...

  PRESIDENTE. ... che abbiamo detto di acquisire. Noi abbiamo chiesto a Berio, che ci ha detto di non rammentare.

  PIETRO CALOGERO. Ricordo che Mastelloni mi disse che aveva sentito Perini e forse anche altri, che l'avevano indotto poi a scrivere – credo – nella sua sentenza-ordinanza che durante i 55 giorni del sequestro di Moro c'erano state quelle due (chiamiamole così) sedi, ma, alla fine, questo è stato accertato da altri colleghi.

  PAOLO BOLOGNESI. In via Nicotera che ci fosse una...

  PIETRO CALOGERO. Questo non lo so, onorevole, davvero. Non è frutto della mia indagine.

  PAOLO BOLOGNESI. Un'altra cosa. Quando successe la rottura con il servizio segreto francese – la rivelazione del Corriere della Sera, le dichiarazioni, la telefonata, come lei ha riferito, tutte quelle cose lì – la domanda è: non le è venuto il dubbio sul discorso P2, visto che allora al Corriere della Sera c'era questo...

  PIETRO CALOGERO. No, la P2, onorevole, viene in luce nel 1981. Le dico subito: qui siamo nell'aprile del 1979. Io, sinceramente, allora non immaginai questo. Emergerà nel 1981 e poi risulterà, ma questo lo sapete già, che Grassini e Santovito erano iscritti alla loggia. Si tratta di domandarsi come mai Grassini fosse in possesso di un'utenza telefonica che i francesi non conoscevano – e, ovviamente, neanche noi – che portava a individuare una struttura superprotetta. Se è vero questo, ma io credo che sia vero. De Sena mi ha detto un particolare che è difficile inventarsi.

  PAOLO BOLOGNESI. Lei, a un certo punto prima, ha parlato – e io concordo con lei – della strategia di copertura dal 1969 al 1980 da parte di Servizi.

  PIETRO CALOGERO. È una costante. Se si leggono tutti i lavori dei magistrati, come quello del qui presente Salvini...

  PAOLO BOLOGNESI. Poiché me ne sono accorto anch'io con la strage di Bologna, il discorso è questo: non ritiene che anche adesso, in questo momento, ci sia una strategia di copertura, che non sia finita soltanto lì ? Glielo chiedo secondo la sua esperienza.

  PRESIDENTE. La domanda è fuori ambito, perché il nostro ambito si estingue sul 1978. Oggi siamo nel 2015.

  PAOLO BOLOGNESI. Mi riferisco alla questione Moro.

  PRESIDENTE. Lei chiede se anche oggi c’è una copertura sulla questione Moro.

Pag. 19

  PAOLO BOLOGNESI. Il dottor Calogero ha spiegato che dal 1969 al 1980 questa è una costante e ci ha invitato a guardare il lavoro dei magistrati. Adesso siamo nel 2015. Poiché, tutte le volte che ci avviciniamo a qualche cosa, succede qualcosa – l'allagamento, l'incendio; c’è di tutto ormai – anche se sono passati parecchi anni, la mia domanda è: non è che questo esiste ancora adesso, su Moro ? Non sto approfondendo su Bologna o su altre vicende.

  PRESIDENTE. Su questo il dottor Calogero si aspetta una risposta da noi, presumo. Siamo noi quelli che indagano. Lui oggi fa altro.

  STEFANO LUCIDI. Io avrei chiesto la segreta, invece mi sembra che sia tutto abbastanza esplicito. Il dottor Calogero ha espresso un concetto molto preciso, dicendo che c’è stata una copertura reiterata nel tempo e una responsabilità da parte dei servizi segreti.
  Io credo che anche il Parlamento abbia una responsabilità e che ci sia dentro con entrambe le scarpe. Noi abbiamo un Comitato per la sicurezza della Repubblica dedicato al controllo dei servizi segreti e all'epoca avevamo un altro comitato, che lo precedette, il Copaco, che – guarda caso – fu istituito nel 1977. Io non so adesso se sia il caso di chiedere anche quelli che furono gli esiti dell'attività del Comitato in quegli anni, perché il Copaco era un organismo giovane e fresco e, quindi, immagino, anche attivo.

  PRESIDENTE. Prima, però, dobbiamo dimostrare noi, per il vincolo di mandato che abbiamo, che abbiamo l'attinenza tra quello che oggi ci è stato detto e la domanda che dobbiamo fare. Poi facciamo la domanda. A proposito delle cose di cui oggi ci ha parlato il dottor Calogero, io credo che per prima cosa dobbiamo chiamare il generale Notarnicola e poi su questo sviluppare.
  La tua proposta è sensatissima. Dico solo, però, che se scriviamo dobbiamo precisare il tema delle competenze.

  STEFANO LUCIDI. Cioè il Copasir e il Copaco non hanno competenze sul controllo ?

  PRESIDENTE. No, loro ce le hanno. Parlo di noi. Noi dobbiamo dimostrare che chiediamo una cosa che ci riguarda. Quindi, prima sentiamo il generale Notarnicola e poi vedremo come formulare un'eventuale richiesta.

  GIACOMO CALIENDO. Noi dobbiamo capire una cosa, anche sulla questione del Copasir. Fino a che Calogero non fa le inchieste «7 aprile», anche negli uffici giudiziari, non solo nel Parlamento, non vi era una percezione di una struttura unitaria.

  PIETRO CALOGERO. Con riferimento a che cosa ?

  PRESIDENTE. Al Partito armato, a quello che ha detto...

  GIACOMO CALIENDO. Certo, prima del «7 aprile», prima del processo di Calogero. Quando l'inchiesta «7 aprile» inizia, lei infatti ricorderà che non erano tutte rose e fiori. C'era molta gente che l'attaccava durante il periodo dell'inchiesta, perché veniva fuori una nuova verità, che fino a quel momento non c'era stata. Quando ci poniamo il problema dell'infiltrazione, vi erano infiltrazioni su cellule periferiche che avessero già la percezione di quale fosse la struttura piramidale oppure no ?
  Onestamente, in quella documentazione del 1974 c’è qualcosa, che lei ricordi ?

  PRESIDENTE. Nelle carte mostratele da Notarnicola.

  PIETRO CALOGERO. Sono una serie di appunti e di veline informative.

  GIACOMO CALIENDO. Nel 1974 si parlava già di una struttura...

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  PIETRO CALOGERO. Dal 1974 in avanti... No, non se ne parlava. La locuzione «Partito armato» apparteneva soltanto al linguaggio di Negri e delle Brigate Rosse.

  PRESIDENTE. Questo è interessante. Quello che chiede il senatore Caliendo, però, è se quelle veline che parlavano di Autonomia Operaia e BR che si incontravano, degli attacchi e degli attentati terroristici...

  PIETRO CALOGERO. Non del Partito armato.

  PRESIDENTE. Ma di attacchi e attentati terroristici sì.

  PIETRO CALOGERO. In quelle veline io ho trovato tracce informative su incontri...

  PRESIDENTE. Negri-Curcio.

  PIETRO CALOGERO. Frequenti colloqui di Negri con Curcio per elaborare linee strategiche unitarie e un disegno, un programma di eversione in cui rientravano le azioni che si proponevano di fare – ma che non venivano specificate – le Brigate Rosse e l'Autonomia. In quel contesto era molto importante sapere che Autonomia non era una cosa che dissentiva dalle Brigate Rosse. Facevano parte della stessa...

  GIACOMO CALIENDO. Prima del 1977, però, c’è una serie di uccisioni di magistrati e, quindi, di atti terroristici da parte delle BR e anche altri fatti di violenza. Non c’è mai stata una percezione negli altri processi, nelle altre indagini...

  PRESIDENTE. Di una contiguità.

  GIACOMO CALIENDO. Di un vertice, ma erano tutte cellule, come se fossero iniziative sporadiche di vari gruppi.

  PIETRO CALOGERO. Sembrava spontaneismo armato, come si chiamava allora. Come se l'Autonomia non esistesse come entità organizzata.

  PRESIDENTE. Quindi, la prima cosa che nel 1974 si evidenzia, oltre al rapporto tra loro, è che c'era una struttura che non era sporadica in Veneto, di qua o di là, ma che comunque esisteva.

  PIETRO CALOGERO. Presidente, la struttura era informale ed era la redazione della rivista Controinformazione.

  PRESIDENTE. Pongo un'ultima domanda. Gli infiltrati erano sia delle BR...

  PIETRO CALOGERO. Mi devo limitare a quello che ha detto Notarnicola.

  PRESIDENTE. È logico.

  PIETRO CALOGERO. Ossia: «Noi abbiamo informatori infiltrati nei principali gruppi terroristici ed eversivi, sia di destra, sia di sinistra».

  PRESIDENTE. Quelle veline qualcuno le aveva scritte.

  PIETRO CALOGERO. Attraverso gli informatori infiltrati, ma non ha detto: «Questo è un informatore delle BR che abbiamo infiltrato».

  PRESIDENTE. Ma ha detto che ce n'erano.

  PIETRO CALOGERO. Sì, che ne avevano tanti.

  PRESIDENTE. Che c'erano infiltrati si sa. L'altra volta Berio ha detto che il SID l'aveva candidato a fare l'infiltrato.

  PIETRO CALOGERO. L'informatore. Quelle veline erano molto articolate. Si parlava di discussioni e di scambi operativi sulla lotta armata, ad opera di informatori Pag. 21che erano di livello culturale non da poco ed erano molto precisi e puntuali nel riferire.

  MARCO CARRA. Grazie, dottor Calogero, soprattutto per il lavoro che ha svolto negli anni passati. La domanda è telegrafica. L'unico nome brigatista a cui lei ha fatto riferimento, frutto di una raccolta di dati più o meno formali, è quello di Renato Curcio. Nel suo lavoro, almeno stando alle cose che lei ci ha detto, non ha mai incrociato altri nomi, per esempio Mario Moretti o altri che hanno partecipato ? Mi riferisco alle relazioni, per esempio, con Autonomia Operaia o col fronte francese, visto che da più parti si apprende che Moretti frequentava Parigi in quegli anni. Nulla di tutto questo ? Lei non ha mai incrociato questi nomi ?

  PIETRO CALOGERO. Io ho fatto due processi... Perché le BR hanno ucciso: le prime due uccisioni avvengono a Padova, cosa di cui ci si dimentica. Il 17 giugno 1974 le BR uccidono Mazzola e Giralucci nella sede missina di via Zabarella a Padova. Carlo Fioroni appare sei mesi dopo l'avvio dell'inchiesta, da dicembre in avanti, e riferisce che Negri e Curcio qualche mese dopo l'azione si incontrano in una casa di Limonta e fra loro appare la divergenza che c'era nel discutere di piani e di lotta armata. La divergenza stava in questo: Curcio diceva che l'attentato di Padova, quello delle due uccisioni, le BR dovevano rivendicarlo e far sapere alla gente che le BR erano anche, se costrette, capaci di uccidere, ma anche perché le BR portavano avanti un programma, come lo chiamavano lui e altri, di antifascismo militante. Secondo questo Fioroni – ripeto, siamo oltre il 7 aprile – in una riunione a Limonta, nella villa del direttore amministrativo dell'Università Cattolica, mi pare, Borromeo, che era uno...

  PRESIDENTE. ...un contiguo.

  PIETRO CALOGERO. No, non un contiguo. È stato anche condannato (1). Era un quadro coperto dell'organizzazione, perché era dell'Autonomia. Negri replicò che quelle ormai erano cose vecchie, quelle dell'antifascismo militante, e che non dovevano rivendicare quell'attentato, perché li avrebbe danneggiati, dopo il successo che c'era stato per il sequestro Sossi, che era avvenuto qualche mese prima. Disse: «Ora la lotta la dobbiamo fare contro il compromesso storico e contro la DC, che è un baluardo».
  Se rileggete la prima risoluzione strategica... Fino a quando Curcio è rimasto in libertà, le BR, non hanno fatto risoluzioni. Poi venne arrestato, se non ricordo male, nel settembre del 1974.

  MARCO CARRA. Con la delazione di Moretti.

  PIETRO CALOGERO. Sì, esatto.

  PRESIDENTE. Di frate Mitra. Si salva Moretti. Per questo lo chiedevamo.

  PIETRO CALOGERO. Poi, nell'aprile dell'anno dopo, il 1975, appare la prima risoluzione strategica delle Brigate Rosse, che è impostata non come diceva Curcio – del resto impedito dal carcere – ma come diceva Negri. Perché ? Perché vi appare la DC come obiettivo strategico.

  (1) A rettifica di quanto dichiarato nel corso dell'audizione, l'11 gennaio 2016 il dottor Calogero ha inviato la seguente comunicazione: «Avendo riletto in questi giorni le voluminose sentenze che hanno concluso il processo romano del “7 aprile”, ho potuto riscontrare un errore nel quale sono incorso [...] relativamente a Mauro Borromeo, nei confronti del quale non è stata emessa sentenza di condanna ma – riconosciuta la sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di partecipazione ad associazione sovversiva e banda armata a lui contestato – la Corte di Assise di Roma in data 12.6.1984 ha dichiarato non doversi procedere trattandosi di persona non punibile per sopravvenuta dissociazione ai sensi della legge 1982 n. 304, e la Corte di Assise di Appello di Roma in data 8.6.1987 ha dichiarato non doversi procedere in ordine al delitto di partecipazione ad associazione sovversiva perché estinto per amnistia ai sensi della legge 1986 n. 861, confermando nel resto la sentenza di primo grado».Pag. 22
  Su questo mi permetto... Siamo in seduta segreta ?

  PRESIDENTE. No, siamo in seduta pubblica. Passiamo in seduta segreta.
  Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo.

  (I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta (**).

  PIETRO CALOGERO. Se andate a rileggere le risoluzioni dal 1975 in avanti, noterete che vi è una progressione verso l'obiettivo Moro. La prima è dell'aprile 1975, poi ce n’è un'altra nello stesso anno, poi un'altra nel 1976 e un'altra ancora nel 1977. È evidente che l'obiettivo è la Democrazia Cristiana, in quanto baluardo del sistema riformistico e soprattutto di quella parte essenziale del riformismo che è il compromesso storico.

  PRESIDENTE. Ce le abbiamo.

  PIETRO CALOGERO. Se andate a vedere e collegare queste cose, potrete forse ottenere risultati più importanti che sentire...

  (**) Al termine dell'audizione, la Commissione ha convenuto di desecretare questa parte segreta del resoconto stenografico dell'audizione. Cfr. pag. 22.

  PRESIDENTE. Torniamo in seduta pubblica.
  Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo.

  (I lavori della Commissione riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Fermiamoci a Moro, altrimenti qui dobbiamo riscrivere intere pagine di storia patria e l'inchiesta dovrebbe durare almeno un decennio. Se convenite, tenuto conto che non ci sono particolari esigenze di riservatezza, proporrei di desecretare anche quest'ultima parte del resoconto stenografico dell'audizione.

  (La Commissione concorda).

  PRESIDENTE. Noi ringraziamo il dottor Calogero, che ci ha fornito tanti spunti, e ci aggiorniamo alla settimana prossima.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.