XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 121 di Mercoledì 4 novembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori.
Bindi Rosy , Presidente ... 2 

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, Francesco Lo Voi.
Bindi Rosy , Presidente ... 2 
Lo Voi Francesco , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 2 
Bindi Rosy , Presidente ... 5 
Lo Voi Francesco , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 5 
Bindi Rosy , Presidente ... 5 
Fava Claudio (Misto-PSI-PLI)  ... 7 
Mattiello Davide (PD)  ... 7 
Lumia Giuseppe  ... 7 
Vecchio Andrea (SCpI)  ... 8 
Torrisi Salvatore  ... 8 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 9 
Sarti Giulia (M5S)  ... 9 
Prestigiacomo Stefania (FI-PdL)  ... 10 
Giarrusso Mario Michele  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Lumia Giuseppe  ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Lo Voi Francesco , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Lo Voi Francesco , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Lo Voi Francesco , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Lo Voi Francesco , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 13 
Giarrusso Mario Michele  ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Lo Voi Francesco , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 15 
Lumia Giuseppe  ... 15 
Lo Voi Francesco , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Lo Voi Francesco , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Lo Voi Francesco , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 17 
Lumia Giuseppe  ... 18 
Lo Voi Francesco , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Lo Voi Francesco , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Lo Voi Francesco , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 19 
Giarrusso Mario Michele  ... 19 
Lo Voi Francesco , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Lumia Giuseppe  ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Lumia Giuseppe  ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta inizia alle 15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, Francesco Lo Voi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, Francesco Lo Voi. L'audizione è dedicata a un aggiornamento sulla situazione della criminalità organizzata nel distretto di Palermo, che include anche le province di Trapani e Agrigento, a quasi un anno dall'insediamento del procuratore, con particolare riguardo ad alcune specifiche questioni di interesse della Commissione (attuale strutturazione delle famiglie mafiose, testimoni e collaboratori di giustizia, misure di prevenzione, operazioni delle forze dell'ordine).
  Cedo quindi la parola al procuratore, ringraziandolo per la sua presenza e rinnovandogli gli auguri di buon lavoro che gli abbiamo già formulato al momento del suo insediamento.

  FRANCESCO LO VOI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Grazie, presidente. Per me quella odierna è un'occasione davvero particolare, perché non soltanto si tratta della prima mia audizione di fronte alla Commissione parlamentare antimafia, e per me è una circostanza davvero rilevante, visto che di attività antimafia mi sono occupato per lunghi anni e da molti anni, sia pure in differenti posizioni e con differenti ruoli, ma anche perché questa audizione cade in un momento decisamente particolare per quanto concerne la situazione palermitana, che non ho bisogno di illustrarvi, perché la conoscete meglio di me.
  Cade tuttavia in un momento in cui credo di poter dire che l'attività che sta svolgendo l'autorità giudiziaria palermitana (non mi limito a fare riferimento alla procura di Palermo, ma parlo del complesso delle istituzioni giudiziarie palermitane) sta riprendendo a dare una risposta all'attacco della criminalità organizzata, che sicuramente sta producendo e – penso di poter dire senza voler essere scioccamente ottimista – continuerà a produrre risultati sicuramente positivi.
  Vorrei brevemente illustrarvi la situazione strutturale della procura della Repubblica di Palermo che ho l'onore di dirigere, che vede la presenza della direzione distrettuale antimafia attualmente suddivisa in quattro gruppi principali, costituiti in termini territoriali, quindi un gruppo che si occupa della provincia di Agrigento, un altro gruppo che si occupa della provincia di Trapani e due gruppi che si occupano rispettivamente della zona Palermo est e provincia e Palermo ovest e provincia.
  Ciascuno di questi gruppi è diretto e coordinato da un procuratore aggiunto, Pag. 3mentre l'intera direzione distrettuale antimafia è coordinata dal sottoscritto. Il primo atto che ho firmato nella stessa mattina del mio insediamento, il 30 dicembre 2014, è stato quello con cui ho assunto personalmente il coordinamento della direzione distrettuale antimafia.
  L'attuale organico della direzione distrettuale antimafia vede la presenza di diciotto sostituti procuratori alla data odierna. Faccio questa precisazione perché domani uno dei diciotto assumerà possesso presso un altro ufficio e quindi da domani saranno diciassette. A oggi, quindi, vede diciotto sostituti procuratori sui ventidue previsti dall'organico, oltre ai quattro procuratori aggiunti, uno per ciascuno dei gruppi che ho già indicato prima.
  L'attuale organico complessivo della procura della Repubblica vede ad oggi quarantasei sostituti procuratori, che da domani saranno quarantaquattro per effetto di quel trasferimento e di un altro, e sette aggiunti. I posti di procuratore aggiunto sono interamente coperti, ma non sono coperti tutti i posti di sostituto procuratore, che sulla carta dovrebbero essere sessantaquattro, mentre sono soltanto quarantasei.
  È vero che alla fine di novembre si insedieranno dieci nuovi sostituti procuratori che hanno completato il tirocinio, ed è vero altresì che il Consiglio superiore della magistratura si accinge a deliberare la copertura di altri due posti, che sono stati banditi per trasferimenti ordinari, però non posso negare che questo ha comportato negli ultimi mesi un sovraccarico di lavoro dei sostituti procuratori addetti alla procura ordinaria da una parte, e dall'altra anche dei sostituti procuratori addetti alla DDA, che recentemente ho incrementato in numero di cinque, perché era necessario far fronte alle emergenze e all'aggravio, in termini di quantità e qualità, del lavoro che stava accumulandosi sulla direzione distrettuale antimafia.
  Ho quindi prima bandito e poi disposto la copertura di nuovi cinque posti. L'aggravio deriva anche dal fatto che una serie di modifiche organizzative che ho ritenuto di dover apportare sin dai primi mesi del mio arrivo ha richiesto anche la partecipazione dei colleghi facenti parte della direzione distrettuale antimafia. Faccio un esempio su tutti: era necessario riorganizzare il sistema di gestione del turno atti urgenti e, con grande disponibilità e voglia di tornare a impegnarsi sul campo, i sostituti facenti parte della direzione distrettuale antimafia hanno tutti (nessuno escluso) dato la loro disponibilità a coprire anche i servizi del turno atti urgenti.
  Questo mi ha fatto particolarmente piacere, perché non avveniva da vent'anni e dimostra un attaccamento all'ufficio che mi stimola ulteriormente a cercare di andare avanti.
  Vi risparmio altre modifiche organizzative di cui mi sono occupato in questi primi mesi alla dirigenza della procura di Palermo, devo dire che si stanno già vedendo alcuni risultati in termini di contrasto all'associazione mafiosa tipica, che continua a soggiogare per molte ragioni e per molti versi la provincia di Palermo come la provincia di Agrigento e la provincia di Trapani, ma si stanno vedendo anche su altri settori di competenza della direzione distrettuale antimafia, su cui l'attività è stata rilanciata. Cito un esempio su tutti: il fenomeno dell'immigrazione clandestina e quindi del contrasto alle reti criminali che gestiscono questo tipo di traffici, su cui si sono raggiunti risultati decisamente significativi.
  La situazione rimane molto complessa per una serie di cause di varia natura, collegate all'essenza stessa di cosa nostra. Cosa nostra è stata e continua a essere un'associazione unitaria, che agisce secondo regole ben determinate, che anche nei periodi di cosiddetta «sommersione» (concetto su cui bisogna stare molto attenti) non cessa di esercitare da un lato il suo – quanto più possibile capillare – controllo del territorio, dall'altro lo spiegamento delle forze necessarie per portare a compimento i suoi traffici illeciti.
  Questa complessiva situazione richiede un monitoraggio costante da parte delle forze dell'ordine e quindi un surplus di impegno in termini di coordinamento delle Pag. 4indagini da parte della direzione distrettuale antimafia, e richiede necessariamente una capacità di intervento e di risposta in tempi rapidi.
  Bisogna fare attenzione alla sommersione, al silenzio. È vero che cosa nostra ha subìto dei colpi rilevanti nel corso degli ultimi due decenni, ma è altrettanto vero che registriamo quotidianamente la sua capacità di autorigenerazione, che magari non raggiunge più i livelli qualitativi rappresentati dagli importanti uomini d'onore di una volta, ma che non per questo cessano di essere pericolosi o sono meno pericolosi, anzi, in mancanza di un rigido controllo nella procedura di selezione degli uomini d'onore e degli affiliati alla mafia, rischiano di essere addirittura più pericolosi.
  Bisogna quindi stare attenti ai momenti di apparente silenzio sotto il profilo della sicurezza in generale, che riguardi gli uomini delle istituzioni come i semplici cittadini vittime delle varie attività illecite tipiche di cosa nostra, ma bisogna stare altrettanto attenti alla capacità di rigenerazione di cosa nostra.
  Tutto questo si accompagna a un altro fenomeno a cui stiamo dedicando le nostre migliori attenzioni, unitamente alle forze dell'ordine. Vorrei cogliere, signor presidente, se me lo consente, l'opportunità di ringraziare tutte le forze di polizia, che quotidianamente, indefessamente e senza risparmiare energie svolgono un compito davvero straordinario nel contrasto e nelle indagini contro l'associazione mafiosa cosa nostra.
  È particolarmente importante segnalare che questa capacità di autorigenerazione si accompagna a una serie di composizioni, scomposizioni e ricomposizioni di famiglie e mandamenti mafiosi, che derivano anche dal fenomeno delle scarcerazioni di coloro che, già condannati per reati gravi ma non all'ergastolo, vengono scarcerati per effetto della definitiva espiazione della pena.
  Questi soggetti, che sono stati importanti all'interno di cosa nostra durante la loro attività precedente all'arresto e che continuano a mantenere un potere, un legame con il territorio, un legame con i loro sodali anche durante il periodo di detenzione, una volta tornati in libertà non soltanto hanno tutto l'interesse a riconquistare le posizioni momentaneamente sospese (non perdute), ma hanno anche la possibilità, su cui stiamo spendendo le nostre migliori energie, e la forza di creare frizioni sia all'interno del loro territorio di appartenenza che nei territori viciniori.
  Dico questo perché, se oggi mi si chiedesse di fare una mappa territoriale aggiornata nella provincia di Palermo dei diversi mandamenti e delle diverse famiglie, avrei qualche difficoltà, perché quella scomposizione e ricomposizione non è legata alla specifica forza del singolo mandamento o della singola famiglia mafiosa, ma è legata, secondo gli elementi che abbiamo potuto acquisire, alla specifica forza e autorevolezza del personaggio che si trova a reggere una delle famiglie o uno dei mandamenti.
  Avviene quindi che lo spostamento della sede del mandamento da una famiglia all'altra sia effetto non di una scelta territoriale, ma di una scelta personale: è rientrato in campo il soggetto che gode di maggiore autorevolezza e va rimesso nel pieno esercizio delle sue funzioni, quindi si riarticola l'assetto territoriale in funzione della persona più che del territorio.
  Ecco perché l'essenza di cosa nostra, con il mantenimento delle sue regole, delle strutture, dei percorsi decisionali, si coniuga oggi anche con questa flessibilità (ritengo che noi dobbiamo agire con pari flessibilità di intervento), che rende particolarmente complesse le indagini, perché ci si trova dall'oggi al domani a non comprendere perché fino a ieri comandasse Tizio e l'indomani determinati soggetti facciano riferimento non più a Tizio, ma a Caio, sebbene questo sia di un altro territorio.
  Il motivo è che, secondo le acquisizioni che stiamo raccogliendo in questi ultimi mesi, ci si muove ormai soprattutto in termini di importanza dei soggetti e in funzione delle scarcerazioni di determinati condannati che hanno interamente espiato Pag. 5la loro pena. Questo come quadro estremamente generale, e perdonatemi se forse anche generico, per dare un quadro della complessità delle attività che ci troviamo ad affrontare, sfruttando non soltanto l'esperienza delle forze di polizia, ma anche dei procuratori aggiunti e dei sostituti della direzione distrettuale antimafia di Palermo, che hanno una maggiore e migliore memoria storica degli avvicendamenti, e cercando di trasferire dai più anziani ai più giovani queste conoscenze e questi moduli interpretativi prima che operativi.
  Vorrei fare un ultimo, piccolo cenno alla pendenza di svariate richieste di custodia cautelare presso l'ufficio GIP del tribunale di Palermo, richieste che sono state presentate nel corso degli ultimi mesi e che solo negli ultimi tempi, a seguito di alcuni recenti provvedimenti adottati dal nuovo presidente del tribunale di Palermo, stanno pian piano ricominciando a vedere la luce.
  Si è creato un imbuto che rischia di allentare l'effettività del contrasto. Non mi piace infilarmi in casa altrui a meno che questa non rischi di crollare sulla mia, ma sia per motivi organizzativi, sia per una serie di altre vicende che hanno coinvolto indirettamente l'ufficio GIP, si è creato un ritardo che finalmente, grazie ai nuovi provvedimenti recentemente adottati dal nuovo presidente del tribunale, cominciano a essere superati.
  È evidente che un'azione di contrasto effettiva ed efficace nei confronti di cosa nostra comporta una continuità d'azione, perché gli associati mafiosi non si prendono ferie, anzi l'ultima operazione effettuata sul territorio di Bagheria ha dimostrato quella che il mio collega Agueci ha indicato come la «staffetta» degli estorsori, perché arrestato uno dei capimafia di Bagheria subentrava l'altro, appena veniva arrestato l'altro ne subentrava un terzo e quindi un quarto, e nel frattempo usciva il primo e tutto ricominciava.
  Se loro non si prendono ferie, non le possiamo prendere nemmeno noi.

  PRESIDENTE. Hanno un'organizzazione più efficiente della nostra...

  FRANCESCO LO VOI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Ciò che è importante è soprattutto far vedere che c’è da parte nostra una continuità di risposta e non delle fasi discendenti, magari con qualche punta ogni tanto: l'azione di contrasto deve essere continua, permanente e possibilmente sempre a un livello alto.
  Spero che questi problemi saranno risolti a breve ed è uno dei motivi per cui non vorrei apparire scioccamente ottimista ma credo che nelle prossime settimane o nei prossimi mesi avremo la possibilità di ottenere qualche altro buon risultato nel prosieguo delle nostre indagini, fermo restando, come tengo particolarmente a sottolineare in questa sede, che il nostro compito è fare indagini e fare processi, ma le decisioni ovviamente vengono prese dai giudici, io rappresento l'ufficio del pubblico ministero.
  È evidente quindi che tutto ciò andrà poi verificato dal giudice competente e qualunque presentazione delle attività investigative dovrà passare il vaglio e presentarsi al giudizio dell'autorità giudiziaria competente, sia essa il giudice per l'udienza preliminare, il tribunale o la corte d'assise.
  Anche su questo l'ufficio che dirigo è particolarmente attento nel verificare gli esiti successivi delle nostre attività, perché non basta presentare cinquanta arresti, ma bisogna vedere poi quali di questi cinquanta arresti si traducano in condanne perché, se la proporzione di non accoglimento delle nostre richieste è fisiologica, va bene (e finora così è stato, per fortuna), ma, se la proporzione non fosse più fisiologica, dovremmo comprendere perché è successo, dove abbiamo sbagliato e intervenire con gli opportuni correttivi.
  Se mi consente, presidente, mi fermerei qui per lasciare spazio alle sue domande e a quelle dei commissari.

  PRESIDENTE. Ho molti colleghi iscritti e anch'io vorrei porle alcune domande, Pag. 6procuratore, ringraziandola per le sue parole. Una prima riflessione si collega all'organizzazione della procura e del tribunale di Palermo, una domanda che abbiamo rivolto anche ad altri magistrati: se sia auspicabile un'estensione della specializzazione sulla mafia, che esiste in parte dell'organo inquirente, anche alla magistratura giudicante e allo stesso GIP.
  Questa è una riflessione che abbiamo fatto spesso, perché i problemi ai quali lei accennava sono diffusi in tutto il Paese, capisco che in situazioni particolarmente critiche come quelle di Palermo si possano porre in maniera più forte, quindi mi chiedo se questa non potrebbe essere una soluzione, anche perché immagino che nelle materie rimesse alla competenza della DDA finiscano per appesantire il lavoro anche altri procedimenti che non sono specifici della lotta alla criminalità organizzata.
  Altra domanda che mi nasce dalle sue riflessioni e che trasformo in un'affermazione per comprendere se ho capito: in questo momento quindi non ci troviamo di fronte a una struttura unitaria, facente riferimento a un'unica autorità di cosa nostra, ma siamo in una fase che possiamo definire di leadership vacante ? Il riferimento che lei faceva a questa mobilità fa venir meno quella idea di organizzazione unitaria che ci siamo fatti dall'analisi dei processi precedenti e dei libri scritti sulla mafia. Lei ci ha già accennato che a tanta mobilità non può che corrisponderne altrettanta da parte nostra, ma questo complica le cose ?
  Quali sono i settori sui quali cosa nostra insiste di più, sia tra le attività criminali (estorsione, droga), sia tra gli interessi di carattere economico ? Emergono collegamenti con altre associazioni mafiose ?
  Non può infine non aspettarsi una domanda su Matteo Messina Denaro perché non possiamo non fargliela, anche perché vorremmo sapere se vi siano novità per quanto riguarda la situazione testimoni e collaboratori di giustizia (possiamo eventualmente secretare le risposte). La procura di Venezia avrebbe infatti valutato non più attendibili alcune testimonianze di Galatolo, che recentemente erano sembrate un'ulteriore strada da percorrere per giungere ad alcuni risultati.
  Altre due domande di carattere generale. Lei ci ha accennato all'inizio che questa audizione arriva in un momento particolarmente delicato per la sede di Palermo, e ci riferiamo naturalmente a quanto ha interessato la sezione delle misure di prevenzione. Il CSM ha preso le sue determinazioni e, siccome la Commissione ha dedicato molto del suo lavoro a questo tema e siamo molto preoccupati della delegittimazione del sistema nel suo complesso, vorremmo capire il ruolo che ha avuto la procura di Palermo perché iniziasse l'indagine sulle persone, ma in genere sul funzionamento della sezione.
  Audiremo anche il presidente del tribunale di Palermo, il nuovo responsabile della sezione, ma vorremmo capire da lei se grazie alla consapevolezza, che credo sia condivisa, che non si possa delegittimare il lavoro fatto, ci si stia riorganizzando per ridare impulso a questo settore così importante.
  Non so se siamo fortunati o sfortunati, ma oggi c’è una notizia che interessa un altro capitolo importante di Palermo, che riguarda il processo sulla trattativa, laddove c’è stata una sentenza, della quale ancora non conosciamo le motivazioni, che ha però un suo significato. A parte la sentenza sul caso Mannino, vorremmo sapere a che punto sia il processo sulla trattativa.
  Il primo argomento che noi abbiamo affrontato era la sicurezza dei magistrati a Palermo, in particolare riguardante il procuratore Di Matteo, e continuiamo ad avere un'attenzione su questo argomento, quindi, pur sapendo che il principale interlocutore è il procuratore generale, non possiamo non fare anche a lei questa domanda.
  Scusate se ho abusato, ma sentivo di dover rivolgere queste domande al procuratore. Lascio ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

Pag. 7

  CLAUDIO FAVA. Grazie, procuratore, due domande, le cui risposte suggerirei siano segretate, anche perché si senta libero di darci tutti gli elementi che ritiene.
  La prima riguarda Messina Denaro. La collega che è anche procuratore aggiunto Teresa Principato recentemente a Salemi, raccontando il lavoro che sta svolgendo sulla provincia di Trapani, ha evocato il «gioco grande» a cui si riferiva Falcone parlando dell'elevata capacità di infiltrarsi nelle istituzioni di Matteo Messina Denaro, e in occasione degli arresti del 3 agosto nel corso dell'operazione «Hermes» ha dichiarato: «nonostante il territorio sia più che sorvegliato, ancora non siamo riusciti a prendere Matteo Messina Denaro. Questo può significare solo che gode di protezioni ad alto livello».
  Naturalmente quando avremo l'opportunità chiederemo anche alla dottoressa Principato di darci una sua lettura, però lei è il capo dell'ufficio e immagino che questa sia un'opinione condivisa, quindi vorrei che ci spiegasse, eventualmente secretando, quali sono le protezioni di alto livello di cui gode Matteo Messina Denaro.
  Seconda domanda: tra le intercettazioni che sono ormai di dominio pubblico legate alla vicenda Saguto si parla anche del rapporto tra la dottoressa Saguto e Pino Maniaci, direttore di Telejato, e in un segmento di queste intercettazioni la Saguto dice: «ha le ore contate», ovviamente parlando in termini metaforici e probabilmente giudiziari.
  Siccome anche a questa Commissione erano arrivate voci di un'inchiesta in corso su Pino Maniaci, avremmo bisogno di capire se vi sia una coincidenza casuale tra questa affermazione perentoria della dottoressa Saguto e queste voci, e soprattutto se sia in corso un'inchiesta e a che punto sia. Per dirla in termini diversi, abbiamo avuto la sensazione che ci sia stata una sollecitazione più o meno indiretta da parte della dottoressa Saguto, perché ci fosse particolare attenzione anche sul piano giudiziario nei confronti di Pino Maniaci, per cui vorremmo che lei ci dicesse qualcosa.
  Ultimo passaggio, brevissimo: lei ha parlato opportunamente della proporzione fisiologica che deve esistere tra arresti e condanne, che è una nota da sussidiario del diritto. Perché ha voluto fare questa precisazione ? Da cosa muove, da una preoccupazione che questa fisiologia rischi di perdersi o si sia perduta nel rapporto tra il suo ufficio e la parte giudicante ?

  DAVIDE MATTIELLO. Grazie, procuratore, faccio mie e sottoscrivo le prime due questioni del vicepresidente Fava che mi ha anticipato, quindi posso essere più sintetico del previsto. Le pongo soltanto una questione che fa riferimento alla vicenda Agostino, al duplice omicidio del 5 agosto 1989. La procura di Palermo qualche mese fa ha chiesto l'archiviazione, il GIP ha detto invece di indagare ancora sei mesi, ma questi stanno per scadere (se sono ben informato, il 12 dicembre).
  In quella vicenda, il duplice omicidio del 5 agosto 1989, è coinvolto per ragioni d'ufficio l'attuale questore di Palermo, il dottor Longo, che faceva parte della squadra mobile di Palermo e che quando le case degli Agostino vengono perquisite e da quelle case vengono portati via molti documenti viene informato.
  La informo a mia volta che agli atti della Commissione antimafia si trova un documento prodotto a suo tempo da Vincenzo Agostino, che mette nero su bianco questo fatto. Le domande quindi sono due: se entro il 12 dicembre intendiate sentire il dottor Longo su quegli episodi, essendo persona informata dei fatti, e quale sia la valutazione della procura sulla credibilità dei due collaboratori, Galatolo e Lo Forte. Grazie.

  GIUSEPPE LUMIA. Anch'io ringrazio il procuratore per il prezioso lavoro che state facendo nelle varie province di vostra competenza. Lei metteva in evidenza il tema dei fine pena, cioè dei boss mafiosi che hanno già scontato la pena in carcere. Questo ci richiama all'universo carcere che, a differenza di quindici o vent'anni fa, visto che ci sono decine e decine di capi, diventa anche un universo investigativo molto importante.Pag. 8
  Di recente abbiamo avuto le famose esternazioni di Riina, la Commissione stessa se n’è occupata a lungo, quindi vorrei chiederle di aggiornarci sugli sviluppi di quelle esternazioni e su quello che si muove nell'universo del mondo del carcere con molti capi al 41-bis, sullo stato del 41-bis, della loro azione di comando, della capacità di mantenere in vita rapporti dall'interno verso l'esterno, e se Riina adesso abbia capito la lezione e stia zitto, se anche gli altri capi seguano la regola del silenzio oppure si abbia notizia di ulteriori esternazioni.
  Sarebbe interessante capire come Riina intenda organizzare anche la vita del figlio che è all'ergastolo e che fine abbia fatto l'altro figlio, che si trova oggi a Padova, come venga monitorata questa presenza apparentemente lontana dalla Sicilia, ma sicuramente sempre in grado di mantenere contatti.
  Sono convinto che oggi la durata delle pene per qualunque reato di mafia, anche il più lieve, non possa scendere al di sotto dei venti anni, perché l'appartenenza all'associazione mafiosa non finisce mai e il soggetto, una volta sul territorio, è in grado di riprendere quelle dinamiche di conflitto latente o esplicito che lei ci ha illustrato.
  Vorrei chiederle di dire alla Commissione quanti siano i fine pena e quale sia stata la durata della pena, perché questo può aiutare la Commissione a capire che la proposta che avanzo da anni non è così eretica e sproporzionata, ma potrebbe essere una valutazione oggettiva da prendere in seria considerazione.
  Al di là di questo dato normativo, vorrei che lei ci indicasse in modo puntuale la presenza dei fine pena sul territorio perché, come lei ci ha spiegato, sono in grado di mantenere in piedi il livello organizzativo dell'organizzazione, e che ci dicesse se all'interno di cosa nostra si stia valutando una stanza di compensazione, ossia come pensino di regolare questo flusso che durerà anni e sarà un dato quasi strutturale e permanente dell'organizzazione.
  Per quanto riguarda la domanda della presidente, poi ribadita dai colleghi, su Matteo Messina Denaro, accanto a questa affermazione della dottoressa Principato, emerge la capacità di Matteo Messina Denaro di avere ancora contatti sia con la massoneria, che è un dato strutturale e permanente della sua identità organizzativa, soprattutto nella provincia di Trapani (lei sa come le logge che si sono succedute siano sempre state in relazione con cosa nostra), sia con cosa nostra americana.
  Anni fa, quando come Commissione ci recammo negli Stati Uniti, mi fu spiegato che c'erano diversi gradi di parentela dell'universo familiare di Matteo Messina Denaro con le tradizionali famiglie newyorkesi, quindi vorrei sapere se anche questo livello venga monitorato e quali risultati siate riusciti a ottenere.
  La presidente le ha posto una domanda sul processo trattativa, ma ricorderà che la procura di Palermo, nelle varie occasioni in cui abbiamo interagito, ci spiegò che uno dei motivi delle minacce ed esternazioni di Riina era da ravvisarsi non tanto nei processi in corso, quanto nelle indagini riservatissime che avevate in corso sulla trattativa. Le vorrei chiedere quindi di aggiornarci sugli sviluppi di queste indagini sul tema della trattativa.

  ANDREA VECCHIO. Io avevo due considerazioni di carattere generale ma, siccome i miei colleghi hanno precedentemente fatto una lunga serie di domande per le quali occorrerà molto tempo, non faccio le mie considerazioni. Grazie.

  SALVATORE TORRISI. Grazie, procuratore, per la sua relazione. Solo alcuni approfondimenti, perché alcune delle domande che pensavo di formularle sono state già fatte dai colleghi.
  Lei ha descritto l'attuale situazione della mafia, l'ha descritta come una mafia unitaria anche se, a differenza del passato in cui c'era una divisione per territorio, adesso sembrerebbe che il problema della divisione del territorio non esista più, ma che tutto sia legato alla presenza di una personalità forte.Pag. 9
  Le chiederei quindi una valutazione ancora più precisa, ossia di dirci se a suo giudizio quella di oggi sia una mafia che si è indebolita o rappresenti sempre un livello di pericolo molto forte per lo Stato, perché nell'ultima audizione svolta a Palermo con il suo predecessore avevo avuto la percezione che ci trovassimo in una fase molto avanzata della lotta alla mafia, dove grandi risultati si erano ottenuti, che la mafia fosse alla ricerca di una leadership che non aveva e comunque fosse in difficoltà rispetto alle iniziative assunte dallo Stato e soprattutto dall'autorità giudiziaria.
  La presidente Bindi le ha chiesto di illustrarci i settori economici nei quali la mafia ha maggiori interessi. Anche dalle missioni che la Commissione ha fatto in Sicilia mi è sembrato che alcuni dati siano già emersi, e il tema dei rifiuti, la sanità, la grande distribuzione, il tema degli appalti, l'infiltrazione negli enti locali sembrano settori su cui abbiamo già dati oggettivi e riscontri, ma a mio giudizio sul settore dei rifiuti non c’è un riscontro forte sul piano giudiziario rispetto a quella che sul territorio viene percepita come una presenza molto invasiva, che condiziona anche la vita amministrativa delle comunità in questo settore.
  Da giurista, de iure condendo, in base alla sua esperienza, essendosi occupato anche di diritto internazionale e avendo avuto esperienze all'estero, poiché l'Italia viene considerata un Paese all'avanguardia sul piano legislativo, lei ritiene che abbiamo raggiunto sul piano della legislazione un livello ottimale, che ci può consentire di affrontare in modo adeguato la criminalità organizzata mafiosa, oppure bisogna ancora intervenire sul piano legislativo ?
  Tra l'altro, siamo in una fase in cui alla Camera si è avviata la fase di modifica dell'attuale legislazione antimafia, quindi le chiedevo se ritenga necessario adottare ulteriori interventi e quali possono essere.
  Il senatore Lumia ha richiamato la presenza della massoneria nel territorio di Trapani. Avete riscontri della presenza di una massoneria deviata non soltanto a Trapani, ma più in generale ? Palermo da questo punto di vista è infatti una procura estremamente importante in un territorio importante, che ha rapporti permanenti con la mafia e la criminalità organizzata.

  RICCARDO NUTI. Un anno fa, nel 2014, è stato creato il gruppo investigativo tutela patrimonio artistico e ambientale, che mi sembra stesse lavorando bene. Vorrei sapere se questo gruppo ci sia ancora o se abbia intenzione di ricrearlo magari con il personale che ha lavorato quest'anno.
  Seconda domanda: a Palermo recentemente ci sono stati vari scandali, c’è stato il terremoto sulla questione dell'appalto del tram, la questione delle tangenti sulle tasse dei rifiuti dove alcuni dipendenti comunali si prestavano a non far pagare la tassa, la questione delle tangenti all'aeroporto, anche sull'anello ferroviario ci sono stati particolari problemi, legati anche all'arresto dei vertici della Tecnis, quindi vorrei sapere se secondo lei a Palermo si possa profilare un caso analogo a quello accaduto a Roma, una mafia capitale trasferita a Palermo.
  La terza domanda è se stiate indagando sugli ulteriori lavori che la Tecnis sta svolgendo a Palermo e su Ador Mare Srl e Socostramo, due aziende che hanno fatto dei lavori al porto di Palermo, dove recentemente è stato sequestrato metà molo, quello dove arrivano le navi da crociera, se quindi stiate attenzionando questa situazione e in generale cosa ci può dire della vicenda del porto di Palermo, fermo restando che mi interessava capire se su queste due aziende ci sia un'indagine in corso o comunque un'attenzione particolare. Grazie.

  GIULIA SARTI. Dottor Lo Voi io la ringrazio per la sua relazione e ricordo che il problema del turnover dei mafiosi dalle carceri che ha denunciato è un problema che c'era già stato ampiamente descritto nell'audizione del dottor Scarpinato nella missione che facemmo a Palermo a marzo 2014.
  Oltre ai dati che potrà fornirci, come già richiesto dal senatore Lumia, le chiedo Pag. 10anche una sua valutazione su dove poter incidere, se con un maggiore controllo e quindi cambiamenti all'interno delle carceri, se un discorso diverso di controlli sul fine pena, magari soltanto per chi ha finito di scontare una pena per associazione mafiosa o reati attinenti, quindi una valutazione anche su come provare a risolvere e se servano ulteriori strumenti.
  Torno sul discorso dell'omicidio Agostino perché il 17 novembre ci sarà l'incidente probatorio in cui verranno ascoltati i pentiti Lo Forte e Galatolo. Si pone quindi la domanda che in tanti ci siamo fatti in tutti questi anni, cioè se sarà possibile finalmente arrivare a un processo. Ora sono indagati Gaetano Scotto e Antonio Madonia, quindi vorrei chiederle una valutazione alla luce di quanto è emerso in questi anni e della richiesta del GIP di integrare le indagini, avendo rigettato la richiesta di archiviazione dei pubblici ministeri a giugno.
  Mi collego quindi a un altro dei misteri italiani. In questi anni si è parlato tanto di «faccia da mostro» e, dato che numerose fonti in questi ultimi mesi hanno portato a individuare un nome, un cognome e un viso per «faccia da mostro», personaggio di collegamento tra esponenti dei servizi e cosche mafiose, presenza non documentata in una sentenza passata in giudicato ma che sembra essere stata presente nei periodi delle stragi del 1992-1993, c’è un'indagine su questa persona per concorso esterno per associazione mafiosa, oppure non si sta muovendo nulla ?

  STEFANIA PRESTIGIACOMO. Ringrazio anch'io il procuratore per la sua relazione e aggiungo due brevissime domande, essendone già state fatte tantissime, alle quali non so neanche se ci sarà la possibilità di rispondere in questa sede o se dovremo riaggiornarci.
  Desideravo conoscere più a fondo la sua valutazione sulla questione dei rifiuti in una regione ormai perennemente in emergenza, che non riesce a superare una condizione a cui sembra condannata. Qual è la sua opinione e perché la politica regionale non riesce a superare una serie di vincoli, di cui spesso non si comprende l'origine, a proposito della politica delle discariche ?
  Desideravo conoscere una sua opinione, collegandomi alla domanda del collega sullo stato della legislazione italiana antimafia, sul modello delle direzioni distrettuali antimafia, se ritenga che oggi questo modello sia ancora efficace, non abbia creato sovrapposizioni e soprattutto disperso energie.
  Considero opportuno fare un piccolo bilancio, perché sono stati inferti numerosi colpi importanti alla mafia però, come lei dice, dobbiamo essere molto attenti al fenomeno sommerso, perché il fenomeno non è morto, il fenomeno è vivo, si sta riorganizzando, assumendo fisionomie diverse. A suo avviso è ancora efficace quel modello organizzativo di contrasto ?

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Grazie, procuratore, una breve considerazione. La norma che ha istituito il reato di associazione mafiosa individua fra le caratteristiche dell'associazione proprio l'interferenza e il controllo sulla pubblica amministrazione. È una caratteristica della mafia, non c’è dubbio, eppure a noi sembra che ci sia un doppio binario nei tribunali proprio sull'elemento della prova, molto più largo per la mafia militare, la mafia di strada, la mafia di bassa manovalanza, ed estremamente rigoroso e puntiglioso quando si tratta di colpire colletti bianchi e politici, i quali raramente vengono condannati per mafia.
  Riteniamo che questo sia collegato a un'altra questione che dobbiamo assolutamente affrontare: cosa non ha funzionato nella lotta alla mafia. Dobbiamo guardare in faccia la realtà, procuratore: decine di anni di impegno, di sacrificio di tanti uomini che hanno dato tantissimo a questo Paese per combattere la mafia non hanno prodotto i risultati sperati, la mafia non è sconfitta, le mafie sono dilaganti su tutto il nostro territorio, se arrestati i livelli operativi vengono immediatamente rimpiazzati, le infiltrazioni nella pubblica amministrazione ci sono, i politici condannati sono pochissimi.Pag. 11
  Noi abbiamo il dovere come Commissione d'inchiesta di capire cosa non ha funzionato, ci aiuta, signor procuratore, a guardare questo aspetto del problema che è gravissimo ? Grazie.

  PRESIDENTE. Aggiungo un'ultima domanda anch'io, poi, come ha detto giustamente l'onorevole Prestigiacomo, decideremo come procedere perché a breve inizieranno i lavori alla Camera e al Senato.
  Un altro aspetto sul quale la nostra Commissione si accinge a fare un'inchiesta è il cosiddetto «mondo dell'antimafia» per i fatti che si sono verificati, che non hanno riguardato solo magistrati e forze dell'ordine, ma anche associazioni economiche e antiracket. A partire dall'arresto del presidente della Camera di commercio c’è un filone d'inchiesta aperto su questo mondo, ci sono altri casi riconducibili a questo ?
  A questo punto dobbiamo decidere come procedere.

  RICCARDO NUTI. Alla Camera si riprenderà fra circa dieci o quindici minuti, però è solo una ratifica.

  PRESIDENTE. Cominciamo dalle questioni di carattere generale e poi sulle questioni più specifiche possiamo riaggornarci, vista anche la puntualità delle domande e la necessità del procuratore di avere ulteriori elementi.

  GIUSEPPE LUMIA. Sull'ordine dei lavori: adesso voi avete i lavori d'Aula e noi abbiamo più margine, però sarebbe il caso di trasferire tutte le domande e il verbale, in modo tale che quando ritornerà si potrà eventualmente aggiungere qualcosa.

  PRESIDENTE. Sicuramente, addirittura potremmo farvi fare il voto alla Camera e poi rientrare. Intanto comunque cominciamo e vediamo dove arriviamo.

  FRANCESCO LO VOI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Perdonate se risparmio ogni premessa di carattere generale e, visti i tempi ristretti, vado dritto al punto. Rispondo ad alcune domande più strategiche e, se me lo consentite, chiedendo scusa alla presidente e a tutti gli altri commissari, vorrei cominciare dalla seconda domanda dell'onorevole Giarrusso in relazione a cosa non ha funzionato nella lotta alla mafia, posto che la mafia non è sconfitta e i politici condannati sono pochissimi.
  Credo che tutti i presenti ricordino (ed è il motivo per cui tengo a rispondere per prima a questa domanda) in che condizioni l'Italia, non Palermo o la Sicilia, si è trovata negli anni 1992-1993, e credo che questo sia qualcosa che nessuno di noi può e deve dimenticare, perché non solo noi magistrati, non solo le forze dell'ordine, ma tutti i cittadini italiani erano convinti che da quel baratro nel quale eravamo sprofondati in seguito alle stragi (e comincio a riferirmi a quelle del 1992) non saremmo mai stati capaci di venire fuori. È una convinzione che abbiamo provato in tanti.
  Mi voglio preoccupare, mi devo preoccupare, è mio compito preoccuparmi di vedere ciò che non ha funzionato, però non posso dimenticare ciò che in questi oltre venti anni ha funzionato, non posso dimenticare tutti i sacrifici che sono stati fatti, l'impegno politico che è stato messo, l'impegno dei Governi che si sono succeduti, l'impegno della magistratura e delle forze dell'ordine nel contrasto a cosa nostra ma anche alle altre associazioni mafiose operanti sul territorio italiano (a livello nazionale, non solo concentrato in alcune regioni del meridione).
  Tranne uno su cui torneremo, i più grandi capi di cosa nostra che allora erano liberi e mettevano le bombe per le strade sono tutti in galera condannati all'ergastolo, sono state scoperte centrali del riciclaggio, sono stati scoperti immensi traffici di droga, sono state scoperte e condannate collusioni politiche, certo non in numero enorme, per carità, ma personalmente mi auguro che siano sempre meno i casi di politici collusi con la mafia e quindi condannati per essere stati associati anche in modo esterno alla mafia.
  Per favore, non dimentichiamo tutto ciò che è stato fatto. Le indagini comunque Pag. 12sono ancora in corso, non abbiamo smesso di indagare né su cosa nostra, né sulla ’ndrangheta, né sulla camorra, né su mafia capitale, né sulle diramazioni della ’ndrangheta nel resto del territorio italiano, né sulle propaggini delle associazioni mafiose negli altri Paesi europei ed extra-europei. Sono attività di indagine tuttora in corso che stanno continuando a produrre risultati e mi auguro continuino a produrre risultati.
  Non credo fosse facile immaginare nel 1992 e 1993 che nel giro di un numero di anni tutto sommato ragionevole, vista la violenza dell'attacco a cui eravamo stati sottoposti, sarebbe stato possibile raggiungere questi risultati. Credo che sia giusto per l'Italia come Paese – prescindere da chi sia intervenuto più o meno, non mi interessa – ricordare queste cose, e grazie al ricordo rinnovare l'impegno.
  Alcune cose non hanno funzionato, è ovvio, alcuni errori sono stati commessi, nessuno può negarlo, in taluni periodi ci siamo trovati di fronte a un'oscillazione della legislazione, che ha fatto sì che ciò che oggi era punibile domani non lo fosse più, oppure che ciò che era oggi utilizzabile come prova in un processo domani non lo fosse più, e da questo magari è derivato – faccio riferimento alla domanda del senatore Fava – quella fisiologica percentuale di non accoglimento delle richieste, su cui tornerò con qualche argomentazione in più.
  Vorrei però che nessuno di noi dimenticasse che ci siamo trovati a essere all'avanguardia non solo sotto il profilo della legislazione contro la mafia e contro le mafie operanti sul territorio italiano, a livello non solo europeo (faccio riferimento alla mia precedente esperienza, dove per cinque anni mi sono sgolato a tentare di convincere i colleghi degli altri Paesi a fare pressioni per l'introduzione di strumenti simili ai nostri, e qualcosa si è riuscito a fare sulla confisca e sui collaboratori di giustizia), ma anche sotto il profilo dei risultati.
  L'Italia non è più il Paese in cui si nega l'esistenza della mafia e delle mafie, cosa che ancora avviene purtroppo in alcuni altri Paesi europei ed extra-europei, che non si sono ancora resi conto del livello di infiltrazione che hanno subìto quantomeno sotto il profilo (mi limito a quello) del reinvestimento dei capitali illeciti. Hanno difficoltà a capirlo o, se lo percepiscono, lo fanno rientrare in un'attività complessivamente accettabile, visto che «comunque arriva denaro».

  PRESIDENTE. Approfitto per comunicare che alla Camera è in corso la Conferenza dei Capigruppo, la seduta è sospesa, quindi abbiamo un'ora davanti. Decida lei come procedere.

  FRANCESCO LO VOI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Sono a vostra disposizione. A questo punto, sempre evitando premesse troppo lunghe, riprenderei l'ordine delle domande, partendo dalle sue, signora presidente.
  Specializzazione dei giudicanti, in particolare con riferimento ai giudici per le indagini preliminari: non mi addentro nelle tecnicalità, personalmente non sono troppo favorevole perché si creerebbero problemi – anche nei grandi uffici come Palermo – di incompatibilità tra giudici nella gestione di un determinato procedimento, specie in quei casi in cui come a Palermo c’è la commistione delle funzioni tra GIP e GUP.
  Sono invece favorevole a un'ipotesi diversa, che di tanto in tanto viene rilanciata, che è quella della concentrazione in sede distrettuale anche dei processi, non solo delle indagini e delle attività del giudice per le indagini preliminari e del giudice per l'udienza preliminare quando decide in sede di giudizio abbreviato, ma anche dei processi che si celebrano al dibattimento e che in questo momento costringono i pubblici ministeri ad essere impegnati nelle varie sedi.
  In un territorio ampio come quello del distretto di Palermo questo comporta udienze ad Agrigento, a Marsala, a Trapani, impiego di risorse.

Pag. 13

  PRESIDENTE. Anche la DDA di Catanzaro sarebbe affezionata a questa ipotesi.

  FRANCESCO LO VOI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Se il giudice per l'udienza preliminare di Palermo può decidere in sede di giudizio abbreviato su un processo con imputati che riguardano in teoria la competenza di Marsala o di Trapani, perché anche il tribunale di Palermo non può fare la stessa cosa ? In questo modo si otterrebbe una maggiore specializzazione dei giudici distrettuali e si risparmierebbero risorse.
  Sulla struttura unitaria di cosa nostra e sull'esistenza di un'unica autorità devo fare una correzione, perché non mi sono espresso in maniera chiara: non è in discussione la struttura unitaria di cosa nostra, recenti acquisizioni ci confermano che le regole anche con riferimento alla struttura continuano a essere rispettate. Regole con riferimento alla struttura significa nella nostra lettura contatti tra uomini di diversi mandamenti o addirittura di diverse province per la soluzione di determinate questioni, il che vuol dire che la struttura è unitaria.
  Da ciò a dire che esista un'unica autorità, come è avvenuto in passato attraverso non solo la commissione di cosa nostra, che di tanto in tanto si prova a ricostituire (recentemente le cronache ne hanno dato notizia), ma con riferimento al personaggio maggiormente carismatico che assume la veste di leader, forse ce ne corre. Probabilmente in questo momento non c’è il capo assoluto – attenzione, dico «forse» e lo sottolineo tre volte – però questo per certi versi rafforza la struttura storica di cosa nostra, che prevede non il capo assoluto, ma l'incontro delle espressioni dei vari territori.

  PRESIDENTE. C’è una collegialità senza un capo che la coordina.

  FRANCESCO LO VOI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. C’è una collegialità mobile, chiamiamola così, apparentemente senza un capo assoluto, posizione che non sembra – anche qui «sembra» sottolineato tre volte – in questo momento essere rivestita da Matteo Messina Denaro, su cui mi soffermo brevemente perché è stato oggetto di diverse domande.
  Qui ci si trova di fronte a un latitante decisamente diverso da quello a cui eravamo abituati prima. Mi sono occupato di ricerca di latitanti anche con qualche positivo risultato, da Bagarella a Brusca ad altri che non nomino, ma qui siamo in presenza di un latitante decisamente sui generis.
  È un latitante che controlla il suo territorio, ma che non per questo, dalle acquisizioni che abbiamo di questi ultimi anni, sta permanentemente sul suo territorio, siamo in presenza di un latitante che, come la recente operazione del 3 agosto ha dimostrato, continua a utilizzare i pizzini per lo scambio delle informazioni, ma allo stesso tempo non escludiamo che utilizzi sistemi di comunicazione molto più moderni, tecnologici e meno controllabili.
  Siamo in presenza di un latitante evidentemente mobile sul territorio, non solo sul suo territorio d'origine, perché alcuni elementi di valutazione ce lo danno mobile sul territorio nazionale e al di fuori del territorio nazionale, quindi siamo in presenza di una serie di attività finalizzate alla sua cattura che sono estremamente complesse, che vedono impegnate attualmente il meglio delle forze di polizia presenti in Italia, le eccellenze in un gruppo interforze appositamente costituitosi tra raggruppamento operativo speciale dei carabinieri e servizio centrale operativo dalla polizia, con il parallelo, periodico affiancamento in determinate attività della DIA o della Guardia di finanza, a seconda delle varie emergenze investigative, che sta lavorando senza tralasciare nulla.
  Le coperture: non sono idoneo a fare l'interpretazione autentica delle indicazioni fornite dalla collega Principato, ma so da dove nascono. Nascono da una serie di ipotesi investigative su cui si è lavorato e si sta lavorando, che fanno ritenere che Pag. 14sia difficile reggere ventidue anni di latitanza (risaliamo al 1993) senza un appoggio che non deve essere necessariamente di altissimo livello se ci riferiamo alle istituzioni, e contestualmente, sulla base di elementi su cui si sta lavorando, ci fanno ritenere che non siano neanche di basso livello dal punto di vista dell'origine sociale e delle caratteristiche di inserimento nel territorio e nella società.
  Si tratta quindi di professionisti, imprenditori, persone collegate a determinati ambienti, non esclusa la massoneria in ragione non soltanto territoriale (è stato indicato in una delle domande dal senatore Lumia), ma anche perché qualche spunto a questo riguardo, specificamente con riferimento al territorio di Trapani, emerge dalle indagini. È un'attività di ricerca che non è semplice e che spero possa portare a risultati, ma vi prego di credere che non si stanno risparmiando energie e risorse in questa attività.
  Sulla domanda successiva dell'onorevole Fava vorrei tornare più avanti. Per concludere su questo aspetto di carattere generale mi corre l'obbligo di precisare – evidentemente non sono stato troppo felice nell'introduzione – il concetto di rapporto fisiologico tra arresti e condanne. Attenzione, io facevo riferimento alla necessità di non enfatizzare troppo, lo dico contra me, l'attività della procura, per cui io sono sempre portato a dire: «queste sono le acquisizioni che abbiamo in fase investigativa, questi sono i risultati che il giudice per le indagini preliminari ci convalida con il suo vaglio, con le sue ordinanze di custodia cautelare, il processo è un'altra cosa, dobbiamo aspettare le condanne definitive per poter dire che...».
  Solo in questo senso mi riferivo a una fisiologica differenza tra arresti e condanne, non perché ci debba essere una differenza tra arresti e condanne, anzi proprio per richiamare l'attenzione non solo dell'opinione pubblica, ma prima di tutto mia e dei miei colleghi sulla necessità di evitare arresti laddove non si sia in presenza di elementi ritenuti davvero validi per una futura condanna.
  L'occasione è troppo ghiotta per potervi rinunziare e, siccome credo di non averlo mai fatto negli ultimi ventitré anni, voi mi permetterete di citare a questo riguardo ciò che mi fu insegnato da una persona che oggi non c’è più, a cui portai, faceva il procuratore aggiunto, la bozza di una richiesta di custodia cautelare che doveva essere sottoposta al GIP riguardante un'associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri.
  Travolto dalle mille cose che aveva da fare, non aveva il tempo di leggerla tutta, e alla mia richiesta di confronto sulle singole posizioni, nei confronti di chi avremmo dovuto chiedere l'arresto, la risposta fu: «tu prima di fare il pubblico ministero hai fatto il giudice, tu devi chiedere la custodia cautelare per coloro per i quali tu oggi da giudice firmeresti una sentenza di condanna».
  Quelle parole rimasero scolpite nella mia mente, nel mio ricordo anche in considerazione della persona che me le diceva, e spero che continuino a costituire il faro e il punto di riferimento dalla mia azione, ed è quello che cerco di trasferire ai miei colleghi. Parlavo quindi della fisiologicità per evitare l'eccessiva enfatizzazione di risultati di indagine presentati in determinati momenti come assolutamente risolutivi che poi si trovano a sgonfiarsi, magari per ragioni indipendenti dalla non bontà delle indagini, per ragioni diverse come il cambiamento di una disposizione legislativa per cui le prove diventano inutilizzabili.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Lei sta centrando il cuore del problema, cioè noi abbiamo il più importante politico condannato che è ancora in galera che non ha fatto un giorno di custodia cautelare, mentre quella custodia cautelare avrebbe salvato la Sicilia da tante cose.
  A proposito di questo, le pongo una domanda di cui mi ero dimenticato: le misure di prevenzione sul patrimonio del condannato Cuffaro a che punto sono ? Grazie.

  PRESIDENTE. A me invece, procuratore, era venuta in mente un'altra cosa, Pag. 15ossia che forse fare il giudicante prima di fare il PM non sarebbe male, risolverebbe qualche problema.

  FRANCESCO LO VOI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. L'esempio che ho citato riguardava una persona che prima aveva fatto il giudice anche civile, e credo che si sia capito a chi mi riferivo.
  Vorrei rispondere alla seconda parte della domanda, perché la prima non compete a me, di sicuro è in corso l'espiazione di una pena, al di là della – espiata o meno – custodia cautelare preventiva, l'espiazione della pena è in corso. Per quanto concerne la misura di prevenzione le posso dire che è in corso l'attività della procura della Repubblica di Palermo, d'altra parte pressoché obbligatoria, in considerazione della condanna con l'aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge n. 152 del 1991.
  Per quanto riguarda i settori di interesse su cui opera cosa nostra in questo periodo si riscontra un ritorno, nonostante il settore fosse stato in precedenza abbandonato per effetto del rischio di condanne alte, sul settore degli stupefacenti con contatti con altre organizzazioni di tipo mafioso nazionali e non solo.
  Un altro settore ovviamente è quello degli appalti pubblici che, nonostante la crisi, continua a essere uno dei settori di maggiore interesse, altro settore, con delle modalità decisamente particolari perché sfruttano anche una ripartizione di competenze che crea confusione, è il settore dello smaltimento dei rifiuti e comunque tutti i settori (tralascio quelli minori, videogiochi e sale giochi, minori per modo di dire perché poi producono milioni di euro all'anno) dove ci sia denaro.
  Allo stato non risultano fino a questo momento, quantomeno nel territorio del distretto di Palermo, interessi di cosa nostra nel traffico dei migranti. Il motivo forse c’è ed è legato agli scopi di cosa nostra: cosa nostra si infiltra dove c’è denaro, nel traffico dei migranti non è che non ci sia denaro, perché anzi ce n’è tanto, ma non passa dalla Sicilia.
  Una delle indagini recenti su cui abbiamo in corso ulteriori approfondimenti molto interessanti anche sotto il profilo finanziario conferma che, al di là dei pagamenti che avvengono nei territori d'origine, nelle zone africane da dove muovono i migranti per essere poi portati dai trafficanti in Libia e quindi imbarcati, conoscete meglio di me tutto questo circuito, il pagamento avviene – uso un'espressione che si adopera in altri versanti meno disperati – estero su estero o con il meccanismo denominato hawala, che consiste in una compensazione basata sulla fiducia, che viene operata tra soggetti che si trovano in territori lontanissimi, uno in Germania e uno in Sudan.
  Con questi meccanismi si muove il denaro, che poi si muove anche in altre parti del territorio nazionale, ma di sicuro se ne muove poco in Sicilia, che è probabilmente una delle ragioni per le quali gli interessi di cosa nostra non si sono ancora concentrati su questo settore, almeno da quanto abbiamo acquisito finora.

  GIUSEPPE LUMIA. Su questa vicenda della droga lei sta mettendo un punto importante, perché storicamente cosa nostra con l'eroina ha avuto una funzione strategica importante, lei ne avrà seguito anche in quegli anni alcuni sviluppi, poi lo stesso indirizzo l'ha avuto la ’ndrangheta con la cocaina, con cui riuscì ad accumulare una quantità di denaro che poi trasferì nel potere economico e nel potere politico.
  Adesso, in questo mercato controllato dalla ’ndrangheta, come si inserisce cosa nostra ? Di alcuni grandi trafficanti si sono perse le tracce – avete toccato Bagheria, e Drago Ferrante è stato un grosso trafficante – alcuni si sono trasferiti a Milano, le vie della droga portano soprattutto fuori, delocalizzano la presenza dell'organizzazione, la localizzano per il traffico e la delocalizzano per l'acquisizione della droga e per il riciclaggio. Di fronte a questa novità avete valutato anche questi due aspetti che storicamente sono stati sempre trascurati nella lotta alla ’ndrangheta ?

Pag. 16

  FRANCESCO LO VOI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Sul versante di cosa nostra innanzitutto una serie di indagini da noi curate ha portato negli ultimi due anni al sequestro di ingentissimi quantitativi di stupefacenti di varia origine anche se non direttamente nel territorio italiano, ma diretti verso l'Italia, con l'instaurazione precedente, quindi arricchita dai sequestri, di procedimenti penali presso la direzione distrettuale antimafia di Palermo.
  Per quanto riguarda i rapporti con le altre associazioni, da quanto risulta dalle nostre indagini e da recenti indagini di Reggio Calabria (l'ultimo fermo operato dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria), emergono rapporti di affari in termini di acquisto e vendita, non emergono allo stato fenomeni di cointeressenza nella gestione degli acquisti all'estero, ma rapporti di compravendita tra soggetti legati all'organizzazione mafiosa siciliana e soggetti appartenenti alla ’ndrangheta. Questo è in pochissime parole lo stato dell'arte su questo punto.
  Un cenno su Galatolo: in realtà non c’è una diversità di posizioni e di valutazioni di Galatolo tra la procura di Venezia e la procura di Palermo, Galatolo è stato accusato dalla procura di Venezia di aver commesso determinate rapine di cui non aveva riferito nel corso della sua collaborazione con noi, molto verosimilmente perché impegnato a riferire cose ben più gravi, e quando gli è stata fatta questa contestazione ha risposto alle domande dei pubblici ministeri di Venezia, i quali hanno chiesto e ottenuto dal loro GIP competente la revoca dell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Galatolo, il che mi porta a ritenere, anche se non conosco gli atti di quel processo, che abbiano ritenuto attendibile le dichiarazioni rese da Galatolo in quella sede, perché vi deve essere stata una qualche forma di chiarimento.
  Per il resto la valutazione di Galatolo è già stata fatta e sarà fatta peraltro a breve, all'esito di un processo il cui giudizio abbreviato è in via di ultimazione, è stata già valutata positivamente dai giudici a cui abbiamo sottoposto richieste fondate anche sulle sue dichiarazioni e quindi non credo ci siano rischi particolari con riferimento alla sua tenuta.
  Altro tema di carattere generale riguarda l'attualità e la sezione misure di prevenzione. La presidente chiedeva di un rischio di delegittimazione e io non posso nascondere che un rischio di delegittimazione della magistratura palermitana per effetto di ciò che sta accadendo e di ciò che stiamo leggendo vi sia, ed è quello contro cui dobbiamo combattere.
  Possiamo combattere il rischio di questa delegittimazione, evitarlo e confinarlo in un angolo se non addirittura farlo uscire dalla stanza soltanto continuando a fare il nostro dovere nella maniera più forte e più efficace possibile, noi tutti pubblici ministeri, giudici di primo e di secondo grado. Il rischio di delegittimazione c’è, c’è stato, lo si è avvertito da subito da tanti episodi, da tanti piccoli segnali, all'interno del palazzo di giustizia e fuori, però non dobbiamo dimenticare alcune cose.
  Non dobbiamo dimenticare che la sezione misure di prevenzione di Palermo storicamente e anche recentemente è stata un ufficio cardine nel contrasto a cosa nostra lavorando con coraggio. Parlo di coraggio perché c’è stato un periodo in cui, quando facevo il pubblico ministero e non il giudice ma lì vivevo, si aveva difficoltà a trovare qualcuno che volesse andare a svolgere quei compiti, si aveva difficoltà a trovare persone che fossero disposte a svolgere il ruolo di amministratori giudiziari di beni sequestrati a grossissimi esponenti di cosa nostra ed era difficile costruire un percorso di recupero e di ridestinazione sociale dei beni confiscati in mancanza di una legge.
  In tutta questa attività la sezione misure di prevenzione di Palermo ha svolto un ruolo spesso di apripista. Parlo non solo dell'ultima sua presidenza, ma anche di quelle precedenti. La difficoltà del compito è rimasta, peraltro in un momento in cui leggiamo sui giornali e sui siti di informazione che alcuni dei soggetti proposti per l'applicazione di misure di prevenzione Pag. 17e confisca di beni perché in contatto con l'organizzazione mafiosa pensano (anzi pare l'abbiano già fatto) di costituire un'associazione per chiedere la restituzione dei beni sequestrati. Dobbiamo davvero fare enorme attenzione. Non voglio usare l'esempio dell'acqua sporca, ma qui si rischia di vanificare tutto quello che, non di buono, ma di eccellente (e vi assicuro che è tanto) è stato fatto in tutti questi anni.
  Chi ha sbagliato paghi e paghi duramente, perché non è ammissibile che un ruolo così delicato possa essere anche minimamente deturpato a vantaggio di chi organizza associazioni per chiedere la restituzione di beni sequestrati o vuole addirittura la scomparsa della sezione misure di prevenzione da tutti i tribunali d'Italia, perché anche questo è stato proposto !

  PRESIDENTE. Questo non riguarda soltanto il mondo mafioso ma, siccome è una misura che giustamente il Governo intende allargare ad altri soggetti socialmente pericolosi, come prevediamo anche noi con la nostra proposta di legge, è chiaro che a questa associazione rischiano di iscriversi in molti, e c’è una corrente di pensiero che ritiene che le misure di prevenzione non siano legittime, quindi noi appoggiamo molto questo suo spirito e queste sue parole.

  FRANCESCO LO VOI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Se me lo consentite, in una recente manifestazione la presidente Bindi dichiarava di non poter dimenticare ciò che aveva fatto prima, e neanch'io riesco a dimenticare ciò che ho fatto prima. La legislazione in materia di misure di prevenzione, soprattutto sul sequestro e sulla confisca dei beni, che prima era totalmente sconosciuta all'intero panorama giuridico europeo, con delle eccezioni fuori dall'Europa con la legge RICO degli Stati Uniti o in qualche Stato di common law, dove magari si riusciva con la civil confiscation a ottenere risultati simili, è stata presa come modello, seppur poi tradotta in sedicesimo nella direttiva recentemente adottata dall'Unione europea. In quella direttiva sulla confisca si è partiti dalla nostra legislazione, che esisteva dal 1982 e poi è stata incrementata, migliorata, modificata.
  Noi ci sgolavamo a dire che o si decideva di contrastare il fenomeno del riciclaggio e del reinvestimento dei capitali illeciti in questo modo o sarebbero stati invasi dal denaro sporco, e ora finalmente c’è qualche passo avanti. Darei un'ultima risposta sui temi di carattere generale, ma sarò brevissimo.

  PRESIDENTE. Sì, perché alla Camera stanno votando, quindi bisogna interrompere.

  FRANCESCO LO VOI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Trattativa: a che punto siamo e connesse questioni di sicurezza. Il processo in fase dibattimentale allo stato si trova a circa due terzi della raccolta delle testimonianze della lista del pubblico ministero, sono state acquisite nel corso dell'attività dibattimentale finora svolta delle novità rispetto a quanto acquisito fino al momento del rinvio a giudizio, quindi vi sono state ulteriori acquisizioni (vedremo quale sarà la valutazione della corte d'assise).
  Le prossime, più significative audizioni saranno quelle del colonnello Riccio e di Massimo Ciancimino, con conseguenti testi a riscontro. Si prevede l'inizio dell'attività delle difese con la presentazione dei testi presentati dalle difese, orientativamente per la metà del prossimo anno.
  Ciò deriva anche dal fatto (è bene che la Commissione ne sia a conoscenza) che, nonostante la corte d'assise abbia suggerito e proposto un'intensificazione del calendario delle udienze, cosa pacificamente accettata dai rappresentanti del pubblico ministero, gli avvocati – del tutto legittimamente, intendiamoci, non c’è alcuna critica a questo riguardo, ma il dato è obiettivo, lo registro e ve lo consegno – si sono opposti per motivi legati alla loro personale attività professionale, sostenendo che dovendo stare due giorni alla settimana in udienza a Palermo – tenete Pag. 18presente che, come sapete, molti avvocati vengono da fuori – non avrebbero potuto adeguatamente reggere tutto il resto del loro carico di lavoro.
  Si tratta di una posizione legittima di cui la corte ha preso atto, modulando quindi le udienze nel numero di non più di cinque al mese o massimo sei in casi eccezionali, laddove la proposta prevedeva di arrivare a un minimo di otto udienze al mese, proprio per accelerare.
  Oggi vi è stata la sentenza che ha definito con rito abbreviato una delle posizioni, è un giudizio abbreviato piuttosto complesso, perché quando ci si trova a dover fare molte cose in contemporanea spesso i giudici devono suddividere il loro tempo. Come sapete, è stato definito oggi con sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto ai sensi dell'articolo 530, secondo comma.
  Non mi soffermo sull'articolo 530, secondo comma, ma mi soffermo un attimo sulla formula «non aver commesso il fatto», che mi induce a pensare che, se sono state applicate correttamente – debbo ritenere di sì – le categorie giuridiche processuali legate a questo tipo di formula, il giudice abbia ritenuto che il fatto non commesso ai sensi del secondo comma dall'imputato in un modo o nell'altro ci sia.
  Questa mattina però ho dichiarato che prima di aver letto le motivazioni sarebbe insensato fare qualunque valutazione, quindi mi limito a questa interpretazione a caldo della sentenza, tenendo conto che essa si basa sul materiale acquisito fino al momento della richiesta di rinvio a giudizio e che il dibattimento ha consentito l'acquisizione di ulteriori elementi, che poi la corte valuterà.

  GIUSEPPE LUMIA. E sulle indagini ?

  FRANCESCO LO VOI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Tutto ciò che viene svolto nelle indagini in corso deriva da iniziative che provengono dallo stesso dibattimento, cioè esigenze di approfondimento nate all'interno del dibattimento, oppure da altri spunti, ma con l'inevitabile destinazione del dibattimento stesso, perché la finalizzazione è quella.
  Per quanto concerne l'aspetto sicurezza, che non è di mia specifica competenza in quanto la presidente ha ricordato che riguarda il procuratore generale, tutti i colleghi che si occupano del processo trattativa sono sottoposti a misure di protezione di elevatissimo livello, con un livello di carattere eccezionale riferito al collega Di Matteo, al quale continuiamo a prestare la massima attenzione come anche ad altri.
  Devo dire che, salvo un episodio che all'inizio ci aveva leggermente preoccupato, ma che dalle indagini di Caltanissetta, di cui ho avuto informazione per le vie brevi, sembrerebbe essersi un po'sgonfiato, negli ultimi tempi non vi sono stati episodi di minacce dirette ad altri colleghi.
  Anche in questo caso però – perdonate se torno alla stessa osservazione che ho fatto all'inizio sul silenzio – non ci dobbiamo preoccupare e innalzare il livello di attenzione soltanto quando ci sono le minacce, che magari servono a tastare il polso delle possibili reazioni degli organismi deputati alla protezione, ma dobbiamo prestare estrema attenzione anche, se non soprattutto, nelle fasi di silenzio. La storia ci insegna che non tutti coloro che hanno subìto attentati a opera di cosa nostra erano stati precedentemente minacciati, però rappresentavano un pericolo anche solo simbolico.
  Questo è un altro dei rischi a cui dobbiamo prestare attenzione perché, al di là delle minori capacità operative rispetto a determinati periodi – operative in termini stragistici e di attentati, minori solo perché gran parte di quei capimafia è stata arrestata e il livello, tranne poche eccezioni, non sembra più essere quello di una volta – bisogna sempre considerare che un mutamento di orientamento – scusate se uso questo termine che vi sembrerà offensivo detto in vostra presenza – politico di cosa nostra, legato a fattori contingenti o strategici, potrebbe sempre far scattare la reazione di soggetti che sarebbero in grado di danneggiare in Pag. 19maniera molto grave lo Stato, il Governo, le istituzioni, gli apparati deputati alla sicurezza.
  Il fatto che negli ultimi mesi non arrivino più minacce specifiche dirette non significa nulla.

  PRESIDENTE. Ci dobbiamo comunque rivedere, quindi o veniamo noi a Palermo o la facciamo tornare a Roma, magari in compagnia del presidente del tribunale, però le dovrei chiedere una cosa prima di terminare: le inchieste che hanno riguardato la sezione misure di prevenzione sono partite per impulso di Palermo ?

  FRANCESCO LO VOI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Non so se freudianamente avevo dimenticato di dirlo...

  PRESIDENTE. Fino ad ora non mi ero scoperta in questa funzione !

  FRANCESCO LO VOI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. A Palermo è stata avviata un'indagine che è stata una delle prime difficoltà – uso un eufemismo che ho trovato subito dopo il mio arrivo – rappresentatami dal procuratore aggiunto che ne era responsabile.
  La procura di Caltanissetta ci aveva girato un fascicolo riguardante delle ipotesi di piccoli abusi o piccoli favoritismi nell'ambito della gestione di un bene sequestrato, noi abbiamo avviato quell'indagine con una serie di attività tecniche e verifiche di carattere investigativo, delegando il nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza. Sono cominciati a emergere piano piano degli elementi che ci hanno portato a ritenere che ci fosse qualcosa di più e di diverso rispetto ai piccoli abusi originariamente segnalati.
  A questo punto, raccolto un po’ di materiale e avendo capito che non si trattava di fatti episodici, ma si trattava di – non voglio usare la parola «sistema» – qualche episodio ricorrente, ci siamo resi conto che, per poter fare un salto di qualità nelle indagini e soprattutto continuare a svolgerle in maniera effettiva, saremmo stati costretti a uscire dall'area di nostra competenza, per andare a toccare nuovamente l'area di competenza della procura di Caltanissetta, cioè l'articolo 11.
  È stato questo il motivo per cui abbiamo rimandato gli atti a Caltanissetta, dichiarandoci peraltro disponibili a riprenderli indietro ove loro avessero ritenuto, anche dopo accertamenti preliminari, che non ci fosse nulla su cui proseguire gli accertamenti. Abbiamo mandato questo materiale a Caltanissetta, Caltanissetta a quel punto ha deciso di proseguire le indagini in maniera molto più approfondita ed efficace, giungendo poi ai risultati che pian piano stanno venendo fuori.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. La domanda che ha fatto il vicepresidente Fava su Maniaci...

  FRANCESCO LO VOI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Se mi posso permettere – non intendo minimamente criticare – la domanda va benissimo e sono pronto a rispondere, però non fa parte di quelle domande di carattere generale o, se ne fa parte, richiederebbe da parte mia una premessa più ampia su uno dei settori a cui aveva fatto riferimento la presidente Bindi, cioè il mondo dell'antimafia.
  Io su questo con il vostro permesso avrei necessità non di prendere tempo, perché ho qui con me tutti gli appunti, ma di avere più tempo per poter rispondere, e avrei bisogno almeno di quindici minuti per poter spiegare quanto è successo nell'ultimo arco di tempo, arco abbastanza lontano in una delle sue basi, perché comincia vent'anni fa, quindi c’è un discorso più ampio da fare.

  PRESIDENTE. Siccome preferiamo che lo svolga in mezz'ora anziché in quindici minuti perché il tema ci interessa, ci riaggiorniamo.

  RICCARDO NUTI. Avevo fatto delle domande specifiche, quindi se potrà far avere alla Commissione le risposte per quanto possibile...

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  PRESIDENTE. Ci sarà un seguito, eventualmente anche in missione. Intanto la ringrazio, procuratore, perché è stata un'audizione molto importante e molto interessante, concorderemo la seconda parte, ma intanto le auguriamo buon lavoro.

  GIUSEPPE LUMIA. Sollecito l'attenzione sulla Riela, perché a quanto pare non sono state esperite le attività per...

  PRESIDENTE. Pare che la liquidazione sia stata data.

  GIUSEPPE LUMIA. Il tema è che stanno consegnando le chiavi dello stabilimento all'amministratore ed è facile prevedere che nel giro di pochi giorni vandalizzeranno tutto, quindi un po'di vigilanza... bisogna avvisare il prefetto Postiglione, perché sarebbe la beffa delle beffe se, fallita l'attività produttiva, fosse vandalizzato il sito che potrebbe essere riproposto in termini produttivi. Dobbiamo raccomandare di dare un'occhiata a questo ulteriore momento delicatissimo.

  PRESIDENTE. Lo facciamo, speriamo che serva. Nel ringraziare il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, Francesco Lo Voi, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.