XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 73 di Mercoledì 4 novembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione del direttore generale di Auditel, Walter Pancini:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Pancini Walter , direttore generale di Auditel ... 3 
Airola Alberto  ... 6 
Pancini Walter , direttore generale di Auditel ... 6 
Rossi Maurizio  ... 8 
Pancini Walter , direttore generale di Auditel ... 8 
Rossi Maurizio  ... 9 
Pancini Walter , direttore generale di Auditel ... 9 
Rossi Maurizio  ... 9 
Pancini Walter , direttore generale di Auditel ... 9 
Minzolini Augusto  ... 10 
Pancini Walter , direttore generale di Auditel ... 10 
Airola Alberto  ... 11 
Pancini Walter , direttore generale di Auditel ... 11 
Verducci Francesco  ... 12 
Fico Roberto , Presidente ... 13 
Verducci Francesco  ... 13 
Fico Roberto , Presidente ... 13 
Pancini Walter , direttore generale di Auditel ... 13 
Fico Roberto , Presidente ... 13 
Pancini Walter , direttore generale di Auditel ... 13 
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Pancini Walter , direttore generale di Auditel ... 14 
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Pancini Walter , direttore generale di Auditel ... 14 
Anzaldi Michele (PD)  ... 15 
Pancini Walter , direttore generale di Auditel ... 15 
Anzaldi Michele (PD)  ... 15 
Pancini Walter , direttore generale di Auditel ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 16 
Pancini Walter , direttore generale di Auditel ... 16 
Fico Roberto , Presidente ... 16 
Cuomo Vincenzo  ... 16 
Fico Roberto , Presidente ... 17 
Minzolini Augusto  ... 17 
Anzaldi Michele (PD)  ... 17 
Fico Roberto , Presidente ... 17 
Verducci Francesco  ... 17 
Fico Roberto , Presidente ... 18 
Airola Alberto  ... 18 
Fico Roberto , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione del direttore generale di Auditel, Walter Pancini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale di Auditel, Walter Pancini che, anche a nome dei colleghi, ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Ricordo che tale audizione si inquadra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo, anche al fine di determinarne l'identità e la missione.
  Do la parola al dottor Pancini, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, eventuali domande e richieste di chiarimento.

  WALTER PANCINI, direttore generale di Auditel. Innanzitutto, un cordiale e un sincero buongiorno a tutti i componenti della Commissione, che ci concedono quest'opportunità di raccontare in una sede istituzionale qualcosa di più su Auditel, sul lavoro che compie e sulla ricerca e sull'ascolto della televisione italiana, ma più in generale sull'evoluzione del mezzo. Un'occasione per sottrarre i numeri di Auditel alla banalità di chi tende a rappresentarli solo come l'improbabile sfida quotidiana tra i programmi all'insegna di chi vince e chi perde: sappiamo che c’è la sindrome delle 10 del mattino. Sono consapevole delle esigenze editoriali, ma ancora una volta devo spiegare che Auditel è un organismo con altri compiti istituzionali fondamentali, ossia quelli di rappresentare la currency per la pubblicità, ma su questo torneremo tra breve.
  Dicevo che questa è anche un'occasione di raccontare come funziona l'Auditel, organismo di controllo incrociato che riunisce tutte le componenti del mercato della pubblicità, da un lato gli investitori di pubblicità con le agenzie e i centri media e dall'altro le imprese emittenti ovvero i cosiddetti broadcaster. È meno noto che questa formula, rappresentata dall'acronimo JIC, joint industry committee, rappresenta una garanzia di indipendenza della ricerca a livello internazionale. Nei Paesi più avanzati esistono infatti dei JIC, perché si vuole un tavolo a cui siedano tutte le parti, si guardino in faccia, scelgano assieme le metodologie e discutano i problemi che possono sorgere.
  Noi ci sentiamo una fonte autorevole e imparziale. Sappiamo di produrre dati che fotografano 24 ore su 24, minuto per minuto, tutta l'offerta televisiva nella sua articolazione digitale, satellitare, via cavo. Sappiamo anche, come dicevo un attimo fa, di rappresentare – questa è una forte responsabilità – per gli anglofoni una currency, in sostanza la moneta forte, la base riconosciuta di riferimento per il mercato degli investimenti pubblicitari. Auditel – lo preciso per la specificità di quest'uditorio, e questo spiega anche l'imparzialità Pag. 4del mio ruolo – proprio per la sua governance tripartita è una società partecipata dalla Rai per il 33 per cento. Alla televisione pubblica, come è in perfetta trasparenza a tutti, Auditel garantisce ogni giorno non solo le informazioni sulle performance delle proprie reti, ma anche una serie di dati sui diversi pubblici: per età, condizione socioeconomica, livello culturale. So che alcuni membri della Commissione hanno esperienza diretta di questi temi e sto dicendo forse l'ovvio, ma sento comunque il dovere di ricordarlo perché ogni tanto ho la sensazione che si faccia un grave spreco delle nostre informazioni tendendo a leggere solo quelle massive e non la qualità di chi vede. Non misuriamo quanti vedono, ma soprattutto chi vede cosa: è questo il lavoro di fino che andrebbe compiuto. Naturalmente, facendo questo troviamo anche indicatori qualitativi, e non solo quantitativi, per chi vuole lavorare con giudizio sulla permanenza su un certo contenuto. Questo è molto significativo per la televisione pubblica. Naturalmente, sono dati veri e duri per investimenti sulla TV da un punto di vista commerciale, ma devono anche essere qualità «acqua e sapone» per chi sa leggere i numeri anche in chiave di servizio pubblico: è un messaggio che lascio alla Commissione.
  Mentre parlavo di autorevolezza di Auditel, immaginavo riflesso nello sguardo di qualcuno di voi l'effetto dei titoli avvelenati che hanno raccontato in modo completamente distorto la storia dell'incidente del 1o ottobre, in un crescendo negativo, fino all'infamia di chi ha etichettato quello che è successo niente meno che un «Audigate». Poi qualcuno vi farà capire dove sono le famiglie «corrotte». Temo, anzi, che queste famiglie, a furia di sentirsi a descrivere per tali, alla fine decidano anche di lasciare la collaborazione con i campioni statistici in generale, e perderemo forse un fatto di civiltà oltre che di potenzialità di analisi. Naturalmente, non mi sottraggo al mio doveroso contributo alla verità su quello che è successo, spiegando intanto che la case history di Auditel doveva essere semmai consegnata alla storia della comunicazione come un esempio di trasparenza. Non voglio volgerla in positivo, perché comunque Auditel non ha minimizzato per un solo secondo l'errore umano commesso da un operatore di Nielsen che ha messo a conoscenza incrociata di molte altre famiglie gli indirizzi di e-mail, praticamente i nomi o gli alias di posta elettronica. Commettendo quest'errore materiale, ha causato la potenziale occasione che queste famiglie si parlassero tra loro: a oggi, questo non è accaduto. Ogni minuto di ogni giorno parte un software di controllo molto accurato, quindi questa potenzialità è molto remota. Ciononostante, credo che questa spiegazione vada fornita, perché ancora oggi leggevo che su un autorevole periodico un altrettanto autorevole personaggio commentava i fatti dicendo che sono venuti fuori indirizzi e nomi di famiglie: la situazione è «leggermente» diversa. In ogni caso, sulla potenziale violazione della sicurezza abbiamo avviato subito autonomamente un severo piano di controlli, mettendo in campo anche degli auditor non nostri, ma terzi e indipendenti, pur a fronte di un quadro di correttezza nell'ascolto delle famiglie, che abbiamo monitorato con l'impiego di software sofisticati per analizzare quello che in gergo tecnico si chiama il viewing behaviour, il comportamento di queste famiglie. È un vaglio che non ha rilevato alcuna alterazione, eppure abbiamo deciso la strada più onerosa e severa possibile: l'integrale sostituzione delle famiglie, fissandoci anche una data molto vicina, ossia il 30 maggio 2016. Durante questo arco di tempo, la rilevazione e la pubblicazione degli indici d'ascolto sarà soggetta a procedure eccezionali, sia internamente per noi, sia da un punto di vista istituzionale. Sono certificazioni che condivideremo settimanalmente con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Avrete visto ieri le agenzie di stampa che hanno ribattuto notizie, ma comunque esiste il documento: è stata emessa una delibera dall'Agcom, che ci chiede di riferire puntualmente ogni passo dell'operazione che abbiamo messo in campo. È un piano di lavori molto fitto, Pag. 5un'operazione complessa, ma era una decisione necessaria dal mio punto di vista, proprio per sgombrare il campo da qualsiasi possibile remoto sospetto. Questa decisione si è accompagnata a un'altra, che ha fatto rumore sulla stampa: da ex giornalista capisco che abbia aiutato a far rumore sull'accaduto, enfatizzando il fatto. Con una decisione senza precedenti, abbiamo sospeso la diffusione dei dati al mercato per due settimane, un bel test sociologico. Qualcuno si è esercitato a studiarne le conseguenze, poi tutti in coro, amici e nemici di Auditel, hanno chiesto che si riprendesse: la mia è una battuta, ovviamente. Si tratta di una sospensione cautelativa doverosa, perché ci ha consentito, lavorando notte e giorno – non è un'iperbole – a prova del massimo senso di responsabilità dei nostri amministratori, del nostro comitato tecnico, di elaborare una road map di ripristino a tappe forzate e di implementare un algoritmo in grado di intercettare eventuali comportamenti anomali di visioni da parte degli individui appartenenti al campione. In questo modo abbiamo garantito un monitoraggio aggiuntivo nel periodo durante il quale il campione viene totalmente rigenerato. Non solo abbiamo stabilito di rigenerare interamente il panel, ma nei giorni in cui eravamo bersaglio di chi voleva demolire, abbiamo rilanciato la nostra solidità confermando anche l'operazione super panel. L'azione per la sua creazione proseguirà verso l'obiettivo, fissato a luglio 2016, di ampliare il campione a 15.520 famiglie. Visto che i giornalisti sono spesso a caccia di notizie, questa del super panel è stata un po’ dimenticata, a mio avviso.
  Triplicare un campione che oggi ha gli stessi numeri che hanno, per intenderci, il campione inglese e tedesco, è un fenomeno che non ha eguali a livello internazionale. Nel rapporto meter/popolazione, da molti anni l'Auditel è uno dei campioni più numerosi. Questo spiega un po’ la complessità del sistema televisivo italiano e un po’ la sua naturale e, se volete, anche legittima diffidenza. Abbiamo un campione comunque rappresentativo, che triplicherà, e questo consentirà delle analisi, come vedremo tra un attimo, anche migliori per le native digitali, per i soggetti minori. In un Paese non immune da zone di opacità, una storia come questa forse meritava una valutazione virtuosa. Dato che nessuno la registrerà in questi termini, posso archiviarla solo nei miei sogni privati di un Paese normale, ma questo è successo. Mi scuso per questa digressione, che sembra anche un po’ puntuta, ma credo che fosse pienamente dovuta, che fosse soprattutto pienamente dovuta a voi. Cerco di rientrare nel compito assegnato di tentare una descrizione di quadro, almeno per linee generali, di dove vada la televisione. Sono consapevole che non direi niente di nuovo allertandovi su una riflessione che avete certamente fatto. Ho intravisto anche l'audizione in streaming del dottor Campo Dall'Orto, e ho visto che ha parlato ampiamente dell'importanza che stanno assumendo i contenuti, del cambiamento della fruizione, della graduale perdita di significato delle fasce orarie – una volta erano il Moloch su cui si reggeva tutto, ora stanno progressivamente perdendo senso – dell'avanzata dei servizi on demand, dell'irruzione di questa sfida di Netflix, non solo nel creare questa grande biblioteca di contenuti disponibili on line.
  Il cambiamento è sotto gli occhi di tutti, e naturalmente con il cambiamento muta anche il compito di Auditel, con la necessità di seguire i contenuti televisivi anche oltre lo schermo tradizionale, di monitorare cioè una fruizione non soltanto lineare della televisione, ma distribuita sui diversi device, dai tablet agli smartphone, alle infinite occasioni del Web. Perciò abbiamo già iniettato dei software meter nei pc delle famiglie campione, per cui abbiamo già un'indicazione della parte consumata coi pc, ma è ancora poco: nel progetto che abbiamo chiamato multiscreen stiamo valutando anche le ricadute tecniche e metodologiche di test compiuti oltre oceano e mi riferisco soprattutto al mondo che riguarderà tablet e smartphone.
  Nelle nostre case, intanto, si stanno affacciando nuovi apparecchi televisivi Pag. 6molto più simili a schermi multifunzione, per cui la sfida diventa quella di misurare tutto quello che c’è: le performance editoriali e pubblicitarie live e differite. Abbiamo un sistema cosiddetto del time shifted viewing: già oggi la televisione viene arrestata e poi rivista successivamente, «downloadata». Abbiamo la necessità di tracciare i servizi on demand, di dimensionare il senso e i numeri anche della mobile TV. L'innovazione tecnologica è puntualmente riflessa nella lettura dell'ultimo decennio di Auditel. Basta vedere l'andamento esplosivo dell'impegno che abbiamo voluto mettere in campo. Ricorderete tutti che una volta era abbastanza facile analizzare la televisione. Bastava vedere sei o sette emittenti principali, e il gioco era fatto. Ora la rilevazione si è allargata a circa 200 emittenti nazionali, senza contare le 160 televisioni locali. I dati fotografano un sistema in trasformazione e testimoniano una straordinaria frammentazione dell'ascolto. L'ascolto medio nazionale ha visto 44 canali superare la soglia dei 20.000 telespettatori, mentre l'ascolto medio giornaliero è passato da 233 a 258 minuti. Nonostante si parli ogni tanto di disaffezione alla televisione, è ancora cresciuto, forse per il moltiplicarsi dell'offerta. La transizione dall'analogico al digitale sembra storia remota, ma invece è una scossa tellurica che abbiamo vissuto soltanto ieri. Sembrano passati tanti anni, ma è successo ieri. La transizione dall'analogico al digitale ha portato le grandi reti a una prova importante. Le grandi reti generaliste saranno anche riuscite a mantenere la centralità dell'ascolto, ma gli altri canali, in gran parte quelli digitali, sono cresciuti di 29 punti percentuali, passando dal 10,34 al 39,9, quindi quasi un 40 per cento.

  ALBERTO AIROLA. Mi scusi per altri canali intende quelli non generalisti, ma specifici ?

  WALTER PANCINI, direttore generale di Auditel. Sì, esatto. Digitalizzazione significa ormai tutti i canali. Anche le generaliste sono digitali. Intendo con ciò le native digitali, tutte quelle cioè che hanno lanciato in quest'arco di tempo una sfida di contenuti nuovi, sostanzialmente sorte proprio a scapito delle generaliste in questo periodo posteriore alla digitalizzazione.
  La frammentazione ha spinto Auditel alla scelta poderosa, come dicevo un attimo fa, di costruire un super panel, un campione molto più grande. Sono 10.000 famiglie dotate di meter che si stanno aggiungendo alle altre 5.600 che formavano il campione attuale. Nessuno dei denigratori si è accorto che con campioni di queste dimensioni un simile rapporto meter/popolazione non esiste – potete informarvi, basta navigare un po’ su Internet – in alcun altro Paese del mondo. La rivoluzione del super panel fa seguito a quella che pochi anni fa ci ha visto scegliere l’audio matching – perdonatemi sempre gli anglicismi – ossia il riconoscimento delle tracce audio digitalizzate, un sistema di attribuzione dell'ascolto assolutamente nuovo. È stata una soluzione il detection basata su una tecnologia nuova che ha portato una piccola rivoluzione. Quella del super panel in chiave proprio di rappresentatività del campione va oltre questa sfida. La proiezione verso il futuro di questo campione nientemeno che triplicato non fa miracoli, ma punta a un obiettivo virtuoso: attenuare la variabilità statistica dei canali minori. Ci sono canali minori che in alcuni minuti hanno degli zeri, che quest'operazione tende a rendere significativi. Sono degli zeri di stime statistiche che arrivano dove possono. Non abbiamo mai fatto il censimento dalla popolazione italiana, non c’è un meter per ogni cittadino italiano, ma di sicuro intendiamo rappresentarli meglio: con un campione più vasto questo è possibile. Abbiamo fatto quest'operazione in modo – passatemi l'aggettivo – coraggioso, in un contesto francamente particolare. Pensate, nel rapporto costo/benefìci delle indagini, al momento in cui questo accade. La crisi europea e mondiale è tutta nei numeri, che ci ricordano che quest'ultimo quinquennio è stato il peggiore dopo il 1929. Il mercato dei mezzi di comunicazione in Italia ha visto volatilizzare un terzo degli Pag. 7investimenti in meno 31,2 per cento se confrontiamo i dati del 2014 con quelli del 2015. Nonostante le grandi trasformazioni che fin qui abbiamo enfatizzato, il mezzo televisivo ha lasciato sul terreno oltre un quarto del suo valore, cioè ha perso il 26,2 per cento in termini di raccolta pubblicitaria, senza tener conto degli smartphone e dei tablet, che come vi ho detto sono oggetto di sperimentazione metodologica – come ci promettono i tecnici di Nielsen, i numeri 2 dopo gli Stati Uniti, appena avranno finito le loro sperimentazioni, le applicheremo anche in Italia. Intanto, tablet e smartphone non partecipano a quest'effetto, ma il passaggio al digitale terrestre ha prodotto una pur contenuta crescita generalizzata delle audience degli ultimi 5 anni con un tasso di crescita composta, quello che chiamano compound annual growth rate, il CAGR, che è del +1,3, che in tempi di magra sembra una contraddizione. Questo dato è frutto dell'allargamento dell'offerta, ma non è neppure immune dal cambiamento della fruizione, perché cambia anche un po’ la platea. I sociologi dei media hanno coniato definizioni molto suggestive per descrivere le mutazioni generazionali, sia pure a fronte di una platea televisiva anziana come quella italiana. Questi cambiamenti generazionali forse riescono a spiegarci i nuovi stili di consumo che chi fa televisione sta osservando giorno dopo giorno. Quanto alla storia dalla platea anziana – apro e chiudo rapidissimamente una parentesi – non è colpa dell'Auditel se questo è un Paese oggettivamente anziano. Non lo dice l'Auditel, ma l'ISTAT. Pensate che gli ultrasessantacinquenni, sono il 22 per cento della popolazione, e arrivano a vedere una media di 6 ore e 23 minuti di televisione, contro una media nazionale comunque alta a mio giudizio. Io sono forse meno televisivo dalla media nazionale che supera le 4 ore medie: il nostro è un Paese che consuma ancora molta televisione, ma è tendenzialmente anziano, e gli anziani fanno la parte del leone nel consumo.
  Vi dicevo che però adesso si affacciano altri fenomeni. Se non c’è dubbio che i cosiddetti Millennials. Cresciuti nella prosperità degli anni Novanta, abbiano cambiato la dieta televisiva, oggi l'attenzione si concentra tutta su quella che hanno battezzato generazione Zeta, i veri nativi digitali, venuti al mondo tra il 1996 e il 2010 e che hanno familiarizzato con il video attraverso tutte le piattaforme e tutti i device disponibili fin dall'infanzia. Gli effetti di tutto ciò si riflettono su tutti i network, ma non possiamo omettere di fronte a questo uditorio qualche considerazione specifica dedicata alla Rai, a partire dagli effetti della transizione digitale, di cui qualcuno mi chiedeva. Oggi, il digitale terreste è entrato nelle case, nelle abitudini mediatiche del pubblico, e quasi rischiamo di dimenticarne la portata. È interessante osservare, invece, come da un punto di vista meramente quantitativo la Rai, proprio grazie ai canali specializzati, abbia potuto per certi versi attenuare il calo generalizzato dei canali tradizionali in termini sia di audience sia di share, salvando anche la raccolta pubblicitaria se si considera che Rai con l'attuale modello misto di finanziamento anche di questo deve tenere conto.
  Se l'ascolto medio della Rai in generale si è ridotto in media geometrica dell'1 per cento dal 2010 a oggi, è interessante osservare come questo tasso medio composto significhi un 4,1 in meno sulle generaliste e un +24,4 sulle digitali specialistiche. In termini di share, dal 2010 al 2014 la perdita di 3,7 punti percentuali, è spiegata da 7,5 punti delle reti generaliste, compensati da un 3,9 delle specializzate. Una situazione simile si presenta con andamenti analoghi anche per le reti concorrenti. La perdita di audience non è dunque un fatto che ha riguardato solo la Rai, ma tutte le reti generaliste.
  Per non aggirare il doloroso argomento della crisi che ha investito il mercato dei media dopo averlo poco fa evocato, ho chiesto a Nielsen alcune cifre di quest'ultimo quinquennio. Nonostante l'innovazione, la raccolta pubblicitaria è diminuita, sempre utilizzando per il calcolo un CAGR, cioè un tasso medio annuo composto, dell'8,9 sui vari mezzi e del 7,3 se Pag. 8si considera la sola televisione. Abituati come siamo a stabilire una relazione tra ascolto e investimenti pubblicitari – un punto di share vale grossomodo 20 milioni di euro per la Rai, ma se siete curiosi potete fare semplicemente un rapporto tra la raccolta pubblicitaria e le share conseguite: ci sono delle grandi variabilità. La Rai ha circa 20 milioni di euro contro 65 di Mediaset, 66 di Sky, 48 di La7, ma questi sono valori che potete calcolare facilmente anche voi confrontando i due numeri.
  Siamo di fronte a un fenomeno dovuto a varie cause, tra le quali una più elevata elasticità dei prezzi considerata la concentrazione degli investimenti nelle mani di pochi soggetti. Si tratta della caratteristica paretiana dei mercati pubblicitari di tutto il mondo. Sono le multinazionali che riescono a investire ancora robustamente in questo momento di crisi in pubblicità. Sono tempi piuttosto duri gli ultimi anni per la raccolta pubblicitaria. Naturalmente, quando si leggono i dati bisogna tener conto – molti di voi l'hanno fatto per professione, non li tedierò su questo – anche degli eventi sportivi, soprattutto calcistici quando guardiamo i dati dell'anno passato, i mondiali e gli europei.
  Ci sono segnali di schiarita all'orizzonte ? Non saprei. La curva della raccolta pubblicitaria è legata alle nuove dimensioni del mercato pubblicitario, che ha disegnato, dopo la crisi che ha visto soprattutto il 2012 come un anno di vero rottura col 15,6 per cento, un tentativo di reagire da parte del sistema. Da allora le forze in campo hanno cominciato a stabilizzarsi intorno a valori differenti, e la Rai fa segnare una leggera crescita se si considera che anche in questi due anni ha guadagnato qualche punto percentuale. Il futuro dipenderà, al solito, da un quadro più complesso di ripresa dall'economia a partire dai suoi fondamentali, oltre che dalle scelte – ho sentito parlare di media company – che la televisione pubblica sembra intenzionata a compiere. L'uscita dalla crisi è ancora contrassegnata da numeri molto piccoli, che chiamano in causa analisi previsionali ben più sofisticate del mio modesto osservatorio di dati televisivi.
  Per concludere, non c’è dubbio che, al di là della dimensione della torta pubblicitaria in gioco, chi fa televisione in una prospettiva di lungo periodo dovrà fare sempre più conto sull'alfabetizzazione digitale, sulla diversificazione dell'offerta, sullo sviluppo della banda larga – anche questa inciderà sulle abitudini future – sulla disponibilità di contenuti originali, che credo però la Rai abbia a sufficienza, sulla crescente propensione del pubblico anche a vedere TV à la carte. Dicevo prima della differenza tra televisione lineare, tutta sui palinsesti, e non lineare, e poi tutte le altre possibilità anche in mobilità, ma di questo abbiamo parlato. Tutto ciò crea un mix formidabile di fattori, che però non esonerano dallo scegliere, il verbo che domina tutto. D'altra parte, ogni volta che effettuiamo una scelta, cambiamo anche il futuro. Per parte nostra, la scelta è stata quella di produrre un campione più stabile, più forte, che possa rispondere sempre meglio anche con le sperimentazioni che assumeremo da oltre oceano a 360 gradi a tutte quelle che saranno le nuove modalità di consumo della televisione.
  Penso che forse sia più interessante ora, se c’è il tempo, rispondere a domande puntuali.

  MAURIZIO ROSSI. Mi scuso anticipatamente con il direttore Pancini se tra poco mi dovrò allontanare.
  Innanzitutto, il panel viene quindi sostituito integralmente entro il luglio 2016, e viene realizzato il super panel, se non sbaglio già previsto all'inizio dell'anno. Si pensava che arrivasse un po’ prima. A parte quello che c’è stato, ci sono stati altri problemi a trovare le 15.000 famiglie ? I tempi erano previsti non ricordo se entro giugno o luglio del 2015 per arrivare 15.000.

  WALTER PANCINI, direttore generale di Auditel. C’è un errore di prospettiva. Abbiamo lanciato il super panel in corsa, con Pag. 9qualche sorpresa anche di chi vi parla – è stato veramente un colpo di scena straordinario che non mi aspettavo da parte dei miei consiglieri di amministrazione – soltanto nel giugno scorso. In realtà, l'obiettivo era già fissato a luglio e verrà rispettato. I tempi quindi sono corretti. Vero è, come dice da vecchio esperto di televisione il mio interlocutore, che costruire un panel di queste dimensioni non è una passeggiata. È sempre abbastanza complesso ingaggiare tutte queste persone e reclutarle per collaborare con noi. Abbiamo messo, però, al lavoro a tappe forzate non solo Nielsen, ma anche Ipsos. Se fosse qua il dottor Pagnoncelli, ci racconterebbe che tipo di input ha dovuto dare a un numero più elevato di intervistatori per ottenere numeri così importanti.

  MAURIZIO ROSSI. Peraltro, pensavate di trovarne 10.000, e adesso dovete aggiungere le altre 5.000, un lavoro in più che dovrete fare in quest'arco temporale.

  WALTER PANCINI, direttore generale di Auditel. Esatto. Dobbiamo fare un lavoro imponente di ricostruzione del people meter panel e di costruzione del cosiddetto super panel. Come vedete, le due operazioni si intrecciano. Le ipotetiche famiglie inquinate, quelle che potenzialmente potevano costituire un problema, vanno a perdersi nel giro di pochi mesi. In questo periodo di tempo abbiamo introdotto un sistema di intercettazione molto severo – passatemi sempre i termini tecnici – degli outlier, cioè di quelli che individuati da un algoritmo possono avere un comportamento anomalo.
  Devo dirvi per la cronaca che a oggi – ma siamo tenuti a riferirlo settimanalmente all'Autorità – anche i sistemi di controllo non hanno evidenziato alcuna anomalia. Qualcuno potrebbe dire «troppo rumore per nulla», ma non è mai nulla quando comunque viene violato un principio storico nostro, che è stato quello di non poter far condividere indirizzi sia pure di e-mail ad altre famiglie del campione. Non abbiamo voluto correre questo rischio potenziale.

  MAURIZIO ROSSI. Condivido assolutamente con lei che sia stata una giustissima operazione quella di fermare Auditel e aspettare, perché sicuramente c’è stata anche tanta comunicazione forte su questo tema. Che, però fosse difficile individuare gli indirizzi...
  Ha accennato al Qualitel, ma oggettivamente oggi non ne abbiamo uno soddisfacente per nessuno. Siccome, purtroppo, già sulla rete sono i click a determinare il valore della pubblicità senza proprio il minimo Qualitel sulla rete, credo che sulla parte televisiva sarebbe molto importante trovare sistemi che valorizzassero anche la tipologia e la «targhettizzazione» socio-economica di chi sta guardando, prima di tutto per Rai – qui siamo in Commissione di vigilanza, quindi è il primo obiettivo – sia anche per tutte le altre emittenti.
  Concludo con due considerazioni. Sinceramente, è ovvio che i 15 canali abbiano fatto sì che la Rai non abbia perso eccessivi ascolti. Lei cita un dato tecnico, il mio è un punto di vista diverso: è l'unico Paese d'Europa con 15 canali di servizio pubblico, mentre gli altri Paesi ne hanno 3 o 5. Se per ottenere quel 5 per cento si spendono, ad esempio, 500 milioni di euro, è una follia. Se per uno 0,5 per cento di share se ne spendono 150, è una follia. Il dato che manca è che bisogna parametrare in ogni canale costi, ricavi, ascolti o qualità. In Rai questo non è stato fatto, e tengo a precisare che, siccome il 6 maggio 2016 scade la concessione alla Rai, il problema è che non viene detto agli utenti, che dovranno pagare il canone entro il 30 gennaio, quale servizio pubblico ci sarà dal 7 maggio. In mancanza di questo dato mi chiedo come potranno e avranno voglia di pagare il canone al 31 gennaio.

  WALTER PANCINI, direttore generale di Auditel. Lascerò a disposizione le tavole e anche altre eventuali informazioni che la Commissione richieda.
  Sarei sfidato anche a rispondere sul problema del Qualitel, che ho solo sfiorato, dicendo che qualità «acqua e sapone» è anche vedere all'interno dei dati Auditel le permanenze e i pubblici diversi. Pag. 10Sono operazioni che noto vengono fatte con poca diligenza da chi commenta la televisione, ma non è colpa nostra. I dati sono a disposizione. Chi sa leggerli può trarre indicazioni interessanti, al di là del fatto che il Qualitel è un'indagine qualitativa, quindi di un tipo completamente diverso.
  Mi astengo da qualsiasi commento, anzi chapeau a chi la percorre, perché è da far tremare le vene e i polsi definire il concetto di qualità percepita dell'offerta. Sono stati scritti tomi giganteschi sul tema, e ancora il problema non è di semplice soluzione. Vi offrivo la scorciatoia di osservare chi vede televisione e non dovrebbe essere masochista, cioè non vederla controvoglia, di vederne i movimenti all'interno dell'offerta, di vederli anche in termini di permanenza, cioè di quanto si sta su un programma specifico, quale sia l'effettiva dieta televisiva di un telespettatore, al di là dei grandi numeri del «vince e perde». Quello è il vero mestiere degli analisti di Auditel, ma questa sarebbe un'altra audizione, quindi lascio spazio agli altri componenti della Commissione.

  AUGUSTO MINZOLINI. Vorrei fare due considerazioni estremamente costruttive, mi permetto quasi una specie di dialogo accademico.
  Sono contento di questo super panel, e anzi credo che sia arrivato anche molto tardi. Come diceva, con la rivoluzione digitale siamo arrivati dal 2001 a un aumento della possibilità di sondare il tipo di attenzione che c’è sui programmi: allora, probabilmente si è perso tempo. Se l'avessimo fatto prima, sarebbe stato molto meglio. Perché dico questo ? Lei dice che fate un altro tipo di lavoro, che molto spesso vi è un interesse diverso, che il vostri lavoro viene utilizzato in maniera diversa. È anche vero però che pesa. Faccio un esempio: Giannini rischia di essere cambiato per una questione di ascolti, Vespa rimane per una questione d'ascolti. Alla fine non è vero che la vostra cifra non intervenga nella politica del servizio pubblico. Ecco perché ci sarebbe bisogno di un maggiore elemento scientifico, altrimenti non si hanno riferimenti. Sono contento che questo avvenga, perché almeno avremo un quadro abbastanza chiaro. Purtroppo, è avvenuto tardi.
  Dall'altra parte, dal tipo di lavoro che viene fuori dai risultati della Rai, capisco che se vuole mantenere questo tipo di fetta di mercato, la Rai non può dismettere nessun tipo di canale, sia perché c’è un processo di cambiamento del mercato – stiamo passando dalle generaliste al digitale – sia perché quei 17 canali e di quel tipo alla fine le permettono in ogni caso di superare questa fase di crisi. Questo porta a ragionare anche sulla riforma. Se immaginavamo che nel tempo avremmo creato un processo di dismissione per cui la governance fatta in una certa maniera poteva passare, credo invece che ci terremo la Rai com’è se poniamo che sia sul mercato e tenga lo stesso tipo di influenza, la stessa fetta che ha ora di audience. Nel momento in cui cambiamo completamente il super panel, rischiamo di non avere più un dato storico. Dico in maniera molto esplicita e diretta che per la nuova gestione della Rai e dei suoi ascolti non avremo un termine di paragone passato, o comunque sarà molto complicato. È come cambiare completamente il paniere dell'ISTAT. Se non si ha un dato storico perché sono state cambiate tutte le 15.000 «macchinette», è evidente che entreremo in una fase nuova, per cui è difficile paragonare la nuova gestione a quella passata. Probabilmente, ci sarà risposto in futuro che è cambiato completamente tutto.

  WALTER PANCINI, direttore generale di Auditel. Non sta a me dirlo, altrimenti sembrerei uno che annuncia una rivoluzione e poi appare continuista, ma da un punto vista meramente scientifico non mi aspetto rivoluzioni nei trend se lavoriamo giudiziosamente nel rispettare le celle statistiche che devono riproporzionare le nuove famiglie reclutate. Se l'operazione viene fatta bene, grandi turbolenze per le generaliste non dovrebbero essere innescate. Insistevo, invece, sul fatto che è significativo il vantaggio che i soggetti Pag. 11minori o i soggetti nativi digitali possono trarre da quest'operazione in termini di analisi più precisa rispetto alla loro variabilità. Essi vengono fortemente avvantaggiati, ma non si può parlare di rivoluzione per le altre. Piuttosto – ma qui si capisce che la domanda è stata formulata da un uomo di televisione – è vero che l'analisi dei trend di fronte a repentini cambiamenti del campione deve farsi molto attenta, ed è il compito che spetterà agli analisti di dati di Auditel nel corso di questa gigantesca operazione che stiamo facendo. Occorrerà sicuramente essere molto giudiziosi perché non ci siano rotture di trend vistose, ma a fronte di un cambiamento governato in modo scientificamente corretto.

  ALBERTO AIROLA. Premesso che sono meno attento all'Auditel, approfitto della sua presenza perché lei ha una visione storica della fruizione televisiva. A me interessa di più – grazie anche della sua sottolineatura – il dato qualitativo di quello quantitativo quando parlo di servizio pubblico, all'interno di certi limiti. Ha ragione il collega Rossi a dire che se ci sono mostruose sproporzioni con gli investimenti forse c’è da riflettere. In genere però mi interessa di più il dato qualitativo.
  Ad esempio, mi pare che il trend demografico italiano di aumento della popolazione più anziana, non risponda esattamente all'andamento della TV generalista, come si potrebbe immaginare. Si potrebbe pensare infatti che invecchi la popolazione e si mantenga una TV generalista: non è vero. Questo sta cambiando, mi pare anche molto in fretta. Dalla sua visione dei dati fino a ora, proiettando per quanto possibile nel futuro, in quanti anni ci troveremo con un paniere e una fruizione radicalmente diversi, in cui mettere un segno d'interpunzione tra quello che è stata la TV anche digitale terrestre come l'abbiamo conosciuta finora e quello che invece potrà essere veramente un altro tipo di funzione, come il multiscreen ?

  WALTER PANCINI, direttore generale di Auditel. La domanda è estremamente sfidante. Dovrei avere la sfera di cristallo per darle una risposta corretta, quindi le riporto una sensazione personale. Secondo me, con una situazione demografica come questa secondo i dati ISTAT, una centralità delle televisioni generaliste è annunciata ancora per molti anni. Su questo credo non ci sia dubbio. La crescita forte – credo di aver dedicato tre quarti della mia relazione proprio a quest'aspetto – di nuovi modelli di fruizione però insiste, incide, morde e si farà sentire. Dico addirittura che per vedere quale potrà essere l'accelerazione bisognerà studiare i dati dei Paesi in cui questo è già avvenuto. Purtroppo ci troviamo sempre sulla coda della cometa per questo aspetto: se si osserva l'esperienza americana, ci si accorge che la crescita dei tablet è stata forte e ha prodotto effetti visibili in un numero di anni piuttosto ridotto. Si tratta di capire se ci sarà, oltre che la base solida di coloro che consumano tanta televisione e sono anziani, anche un ritorno al consumo di contenuti televisivi da parte dei più giovani: attenzione, non di televisione tradizionale, dovunque vada la televisione, anche su smartphone e tablet, e che siamo chiamati a misurare. I famosi Millennials e la generazione Zeta diventeranno una variabile che potrà dare una forte accelerazione ai numeri anche nel giro di cinque anni: sono sicuro che già tra cinque anni avremo una prospettiva di cambiamento palpabile che dovrà essere presa in considerazione.
  Non intendiamo compiacere qualche salotto, non partecipiamo volentieri a convegni, non ci mettiamo nel cono di luce dei riflettori, ma stiamo lavorando molto sodo a studiare la televisione del futuro e anche la vicenda dei tablet. Quest'aspetto un po’ ci insegue, nel senso che facciamo la figura di quelli che l'annunciano e non la praticano: qui dobbiamo chiarire che ancora di recente abbiamo fatto una ricognizione a livello internazionale tra tutti gli istituti di ricerca per vedere che cosa succede all'estero: ci siamo accorti che puntualmente sono tutti di fronte agli stessi blocchi, agli stessi nodi di fronte cui ci troviamo noi. Stiamo aspettando di acquisire Pag. 12i risultati dell'esperienza americana sulla TV in mobilità per installarla anche sui nostri panel e vedere quale contributo potrà darci. È chiaro che non risponde immediatamente al mercato degli investimenti pubblicitari; su quelli i giochi si fanno ancora sui grandi numeri e sulle grandi reti, ma un analista di televisione non può ignorare un cambiamento che, come lei credo giustamente dice, potrebbe anche prendere accelerazioni non prevedibili.

  FRANCESCO VERDUCCI. Ringrazio il nostro interlocutore per la sua la relazione, che trovo assolutamente interessante, anche per aver voluto raccontare alla Commissione quanto accaduto i primi di ottobre e, naturalmente, anche gli strumenti necessari a recuperare l'incidente, che comunque ha giustamente avuto una grande eco. Stiamo parlando di un tema assolutamente sensibile. Quando si parla di comunicazione, tutto è sensibile. La centralità di questo tipo di rilevazione per il nostro sistema è fondamentale, non solo per il mercato pubblicitario. Lei ci forniva una ricognizione molto esatta della sua crisi davvero pesante, in particolare negli ultimi anni. Sappiamo, però, che in realtà questa crisi si protrae oramai da un quindicennio in maniera assolutamente continua e ha avuto, appunto, negli ultimi anni il picco che lei raccontava.
  Penso che siano opportune le considerazioni che ha svolto sul vostro tentativo, anche facendo dell'incidente del 1o ottobre un'opportunità, di reinventare la metodologia. È un tentativo che deve essere il più possibile sistemico. Questa è la mia sollecitazione, ma mi pare sia la sollecitazione che viene da tutti i colleghi presenti, e mi pare sia anche la sua consapevolezza. Viviamo una transizione fortissima nel sistema delle comunicazioni, con la frammentazione che lei richiamava, un sistema che sempre più poggia sui contenuti, e sui contenuti on demand, quindi con la capacità per ogni singolo di costruirsi un proprio palinsesto a prescindere, e comunque una propria programmazione a prescindere dai palinsesti tradizionali, generalisti, digitali o meno, ma che comunque hanno un'impostazione analogica, per capirci. Da questo punto di vista, l'urgenza che questa reinvenzione, che questo cambio di metodologia, che questo nuovo panel dia frutti nel più breve tempo possibile è fondamentale anche per il lavoro che a noi compete e che riguarda il servizio pubblico.
  Più volte ci siamo detti qui della necessità per il servizio pubblico di riuscire a emanciparsi anche dal predominio dell'ascolto, ma allo stesso tempo ci siamo anche detti di quanto, per quello che riguarda la Rai in questo caso, sia molto percepibile in questi anni una crisi di credibilità, ma anche di legittimazione, a prescindere dagli ascolti. Abbiamo sentito, come lei stesso richiamava poco fa nella sua introduzione, anche il direttore generale e il presidente interrogarsi su come fare in modo che la Rai riesca a interloquire con il pubblico delle nuove generazioni. Lei l'ha chiamata generazione Zeta, noi molto spesso parliamo di Millennials, in ogni caso nativi digitali, abituati a fare da soli e non a ricevere il meccanismo già confezionato. Da questo punto di vista, è fondamentale il lavoro che potrà svolgere Auditel, a patto che la volontà, che qui pure è stata espressa, di rimettersi in gioco, di reinventarsi, di cambiare metodologia sia autentica, reale e non solamente di facciata. L'essere stati troppo a lungo conservativi su questo terreno per tutti questi anni ha sicuramente significato un problema per tutto il nostro sistema delle comunicazioni, un problema che penso sia diventato insostenibile.
  Abbiamo bisogno che questa rilevazione sia non più parziale, ma davvero reale. Il super panel che ha citato darà sicuramente risultati molto diversi da quelli con i quali ci siamo confrontati e ai quali ci siamo anche conformati fino adesso, che hanno cristallizzato alcune nostre opinioni, molto probabilmente fallaci perché quella metodologia era fallace. Ben venga questo cambiamento, che sia il più urgente e il più radicale possibile.

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  PRESIDENTE. Una domanda sul suo intervento: il metodo fallace è quello che fino a oggi ha usato l'Auditel ? Col super panel avremo dati completamente diversi ?

  FRANCESCO VERDUCCI. Presidente, mi consentirà di perfezionare un termine: più che fallace, penso sia stata una rilevazione parziale o limitata, nel senso che può anche averci fornito dati distorti, non completi di un’audience, una fruizione che si è frammentata in mille rivoli. Se dovessimo indagare i rivoli della cosiddetta coda lunga del Web, avremmo dei risultati di audience, persistenti nel tempo anch'essi, molto interessanti, che la metodologia che abbiamo avuto in questi anni con ogni probabilità – lo diceva il direttore – non è riuscita a percepire nella sua interezza.
  In questo senso c’è un limite, che ho chiamato «falla». Penso che la nuova metodologia qui proposta, il super panel, questa reinvenzione, andrà in questo senso. Il mio auspicio è che si voglia fino in fondo essere radicali nel voler riuscire a mappare tutto quello che si muove. Questo è un sismografo molto sensibile dal punto di vista delle dinamiche culturali, sociali, di pubblica opinione, quindi al fondo le dinamiche della nostra società.

  PRESIDENTE. Ricollegandomi alla riflessione del senatore Verducci, come viene scelto il campione, anche quello nuovo del super panel, e che tipo di attività questi soggetti svolgono a casa propria ? Hanno un telecomando ? Devono premere un bottone per comunicare che stanno guardando o meno la televisione o che stanno cambiando canale ? Quale rapporto contrattuale lega queste famiglie campione e l'Auditel ? Cerchiamo di comprendere bene tutta la base su cui vengono analizzati i dati.

  WALTER PANCINI, direttore generale di Auditel. Ringrazio il presidente Fico per la sua domanda, che sembra molto semplice, ma credo alla semplicità per arrivare alla chiarezza e rispondo così anche alle osservazioni del senatore Verducci.
  La stella polare per noi è da sempre l'innovazione. Il campione precedente a questa rivoluzione non era diverso. Le metodologie – è opportuna la sua obiezione – sono esattamente le stesse, sono best practice internazionali. Tutti i panel a livello mondiale lavorano così. Guai a essere provinciali. Spesso ci rapportiamo anche in modo informale con i nostri colleghi, come i francesi di Médiamétrie o gli inglesi con la BBC, che hanno un loro modo di intendere la televisione, ma sono giudiziosissimi nell'andare a vedere i dati dell'auditel inglese, che si chiama BARB o come i tedeschi con l'AGF, l'auditel tedesca. Tutti hanno gli stessi problemi e le stesse metodologie, quindi non siamo indietro rispetto agli altri.
  Rispondo alla domanda «semplice» ma importante. Il panel base, cioè quello che stiamo rigenerando, l'oggetto di quest'incidente, è il cosiddetto people meter panel, cioè quello in cui le famiglie collaboratrici hanno un telecomando. Mentre l'ascolto viene rilevato in automatico, quindi su quello non c’è possibilità di errore di attribuzione...

  PRESIDENTE. Sulla televisione.

  WALTER PANCINI, direttore generale di Auditel. Sulla televisione. Ogni canale consumato, visto, viene automaticamente registrato.
  Per stabilire chi vede cosa abbiamo invece bisogno della collaborazione della famiglia: il soggetto componente la famiglia si pone all'ascolto e viene tracciato. Il padre, la madre, il figlio, l'ospite di volta in volta si riconosceranno premendo un pulsante all'ascolto. Questo è il sistema tradizionale dei people meter panel.
  Un'operazione gigantesca come quella che abbiamo intrapreso sulle 10.000 famiglie, invece, ha imposto l'uso di un set meter, che ha le stesse potenzialità e funziona tecnologicamente come l'altro per quanto riguarda l'attribuzione dei canali, ma rileva un ascolto di carattere familiare. In parole povere, è estremamente meno «pesante» dell'altro, e quindi più facile da utilizzare, perché la collaborazione Pag. 14da parte della famiglia è meno importante. La famiglia non è chiamata a riconoscersi singolarmente all'ascolto. Un algoritmo, un modello matematico molto raffinato consente di rapportare il panel base con il super panel di 10.000 famiglie, e di avere comunque poi un'identificazione dell'ascolto secondo i classici target di riferimento. Sono due mondi diversi che confluiscono in un unico mondo, ma non rappresentano in sé una rivoluzione: uno si chiama set meter, ed è un meter familiare; l'altro si chiama people meter, con cui ancora viene chiesta alla famiglia una forte collaborazione.
  Mi chiedeva se la collaborazione sia retribuita: no, non abbiamo mai voluto che le famiglie appartenenti al campione subissero questa «fatica» come una specie di professione. Qualcuno ci ha detto che dovremmo pagarle: no, perché vedere la televisione non è un mestiere, ma un atto spontaneo. Si può anche non vederla affatto, disdegnarla, e far parte del panel. Nel campione ci sono anche i no TV, che non possiedono l'apparecchio televisivo, ma che proiettati sul totale della popolazione italiana producono comunque un ascolto: un'indagine sull'ascolto non può prescindere da tutte le televisioni, anche dal rifiuto della televisione.
  Non vogliamo pagarle, ma le compensiamo con un omaggio di un valore risibile, circa 40 euro all'anno, come gesto di gentilezza nei confronti della buona volontà e della gentilezza che queste persone ci offrono, le quali si sono trovate ingiustamente, come dicevo all'inizio, bersaglio di una campagna che doveva colpire l'Auditel, ma che in qualche modo ha colpito anche loro. Ho sentito parlare di famiglie corrotte, di campione corrotto – cosa veramente fuori del mondo – di «Audigate». Si tratta banalmente di un ragazzo, un operatore della Nielsen, che ha compiuto un errore molto grave – su questo sono partite delle indagini molto severe sulla security interna di Nielsen – ma in sé banale e che non ha prodotto per ora effetti visibili sul panel. Ciononostante, ne abbiamo approfittato per rigenerarlo interamente e per non annullare, operazione complicata, anche il lancio dell'operazione super panel: avremo a breve quei numeri che abbiamo annunciato. Ci auguriamo che tutto vada bene e che tutta questa campagna mediatica non finisca per confliggere con l'operazione difficile di chi deve fisicamente «bussare» alla porta di queste famiglie per intervistarle, come nel caso del lavoro svolto da Ipsos, o per reclutarle, come in quello di Nielsen. Sarebbe un segno di inciviltà. Nel nostro Paese, le indagini demoscopiche, indipendentemente da Auditel, sono un valore. Se si vogliono conoscere i fenomeni, non ci si può solo fidare di un censimento periodico ufficiale svolto da ISTAT. I saggi di ISTAT sanno molto bene, perché sono dei signori professionisti, che spesso una buona indagine campionaria certe volte è perfino migliore di un censimento, se fatta con giudizio.
  A proposito di giudizio, aggiungo, rispondendo anche al mio interlocutore, che per come la vedo io, per come l'ascolto io, di sicuro qualcosa nell'interpretazione di dati Auditel nel tempo non ha funzionato. Secondo me, occorre una diligenza maggiore nell'interpretare l'informazione che Auditel produce: questo è il vero problema. Quei dati non sono sbagliati o figli di una metodologia sbagliata. Sono interpretati in un modo spesso un po’ frettoloso. Questo è un «j'accuse» che lancio amichevolmente ai miei amici giornalisti, i quali sono indotti a trasformare questi dati in una specie di giudizio di Dio del giorno dopo – vince/perde – anche a prescindere dalle indicazioni qualitative che ogni volta accompagniamo alla lettura di questi dati.

  PRESIDENTE. Lei attribuisce quindi a questi dati una percentuale di affidabilità alta, altissima.

  WALTER PANCINI, direttore generale di Auditel. Sicuramente, sì. Vuole che glielo dica in cifre ?

  PRESIDENTE. Sì.

  WALTER PANCINI, direttore generale di Auditel. Nel prime time delle grandi reti Pag. 15parliamo di un 2 per cento di errore. Vuol dire che se una trasmissione è stata vista da 4 milioni e novecentomila di telespettatori o da 5 milioni, per gli analisti e per gli statistici è la stessa cosa, e così anche per il mercato, per la pubblicità. È esattamente la stessa cosa, un buon dato di stima. Per chi fa televisione, avere perso virtualmente 100.000 telespettatori è una tragedia personale. È questo stato d'animo psicologico che probabilmente deve essere medicato, ed è un fatto culturale. In questo Paese, oltre i primi anni di studio, oltre l'apprendimento della lingua inglese e qualche altro rudimento di novità, inserirei qualche piccola sommessa lezione di statistica. Per il popolo italiano – incontro persone anche molto colte – la statistica è rimasta quella del pollo di Trilussa.

  MICHELE ANZALDI. Vorrei un chiarimento, se possibile. Lei ha fatto riferimento ai sistemi utilizzati all'estero. Se non ricordo male, i dati raccolti ed elaborati da Auditel vengono distribuiti solo alle aziende televisive: all'estero avviene lo stesso o una parte o tutti i dati vengono messi on line e sono visibili da tutti ?

  WALTER PANCINI, direttore generale di Auditel. Ringrazio l'onorevole Anzaldi, che fa una domanda davvero interessante, perché mi permette di chiarire un punto alla Commissione, ma più in generale a chi ci seguirà o di rimbalzo a qualche giornalista volenteroso: non è chiaro a nessuno, ma non è che Auditel il giorno dopo alle 10.00 mette in linea i dati per le imprese televisive o per chi si occupa di mercato della pubblicità, ma offre tali dati elementari, in una linea di assoluta trasparenza, semplicemente a chiunque. A chi si occupa di pianificazione pubblicitaria, a chi si occupa di pianificazione editoriale, come le reti televisive, a chi è studioso a prescindere, forniamo dati elementari minuto per minuto sull'ascolto della televisione italiana, e li forniamo a tutti con un'ampiezza che spesso non ha eguali neppure a livello internazionale. C’è un motivo: quando siamo nati avemmo un problema – quasi trent'anni fa – con una Commissione europea, che ci chiese di dare al mercato dati elementari, consentendo a qualsiasi soggetto che lo volesse, di fare lavori a valore aggiunto. È sorta una quantità significativa di soggetti che si chiamano software house, cioè società che fanno analisi sui dati Auditel e vivono proprio di questa straordinaria trasparenza. Mi spiace che questa domanda, formulata così autorevolmente, sia largamente condivisa: un nostro difetto. Probabilmente, Auditel non ha saputo comunicare ai suoi interlocutori una verità invece palmare, elementare: i dati sono di tutti e sono per tutti. A quel tavolo siedono tutte le componenti del mercato e della televisione, ma in qualche modo virtualmente siede anche l'utenza in senso lato della televisione. Ci sono bellissime tesi di laurea scritte da studenti sui dati Auditel. Forniamo dati a istituti universitari anche per analisi di carattere sociologico. I nostri dati sono a disposizione di chi vuole li utilizzare e analizzare.

  MICHELE ANZALDI. Mi pare, però, di capire che non sono on line: bisogna inoltrarvi una richiesta specifica o sono on line sul vostro sito ?

  WALTER PANCINI, direttore generale di Auditel. Non sono on line sul sito. Sono rilasciati automaticamente dalla «pancia» – passatemi il termine gergale – del calcolatore di Auditel direttamente a tutto il mercato alle 10.00. Qualsiasi richiedente dei dati elementari di Auditel può compiere analisi sui dati, chiunque esso sia. Esiste, tra l'altro, un tariffario molto logico. Per esempio, relativamente all'attribuzione dei costi nel mondo Auditel, sapete che le aziende televisive pagano sulla base dello share che fanno, quindi è un concetto di equità; allo stesso modo, gli analisti pagano sulla base della loro ampiezza di fatturato amministrato. Le aziende di pubblicità pagano sulla base del peso che hanno sul mercato, ma un piccolo utilizzatore può pagare anche delle cifre estremamente modeste per disporre dei dati da analizzare. Dipende dagli scopi Pag. 16per i quali effettua queste analisi. Di fatto però queste analisi sono di tutti. Un fatto noto anche all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sul cui sito vedrete indicate tariffe, criteri distributivi e tutte le altre informazioni anche di tipo metodologico su Auditel, anche indipendentemente dal nostro sito.
  Il nostro sito è invece estremamente divulgativo, racconta poche cose: non è quello il cordone ombelicale tra noi e il mondo. Il nostro cordone ombelicale è tra noi e tutti, poi tutti possono analizzare. Ci sono blogger che prendono i dati Auditel per fare magari analisi anche di tipo molto sapido su come una certa trasmissione sia andata. Poi vi sono soggetti che invece pensano di poter distillare dai dati Auditel indicatori molto forti sul cambiamento della televisione.

  PRESIDENTE. I dati non sono dunque sul sito, ma tutti possono avervi accesso, inoltrando una apposita richiesta secondo un sistema illustrato anche sul sito dell'Agcom. Ho capito bene quello che chiedeva Anzaldi: sono dati pubblici immediati a cui tutti possono avere accesso, caricati in una vetrina pubblica, e magari scaricabili da tutti, o sono dati che possono sì richiedere tutti, ma con una specifica domanda di accesso e magari un pagamento ?

  WALTER PANCINI, direttore generale di Auditel. Posso spiegare una cosa all'onorevole Anzaldi, ma in generale a tutti voi ? C’è una ragione per cui i dati non vengono distribuiti gratuitamente: se lo facessimo, incorreremmo legittimamente nei fulmini dell'Antitrust. Ogni dato di ascolto deve avere un valore significativo. Quando si offre sul mercato delle analisi, lo si può fare con una scala di valori, ma si deve dare a quel dato un valore significativo. Non si possono offrire gratuitamente. Se lo si facesse, si creerebbe una distorsione della concorrenza. Come probabilmente intuite qualsiasi istituto di carattere europeo può avere accesso al mercato italiano e produrre liberamente dati sull'ascolto televisivo. Attorno ad Auditel si è coagulato il riconoscimento di una pubblica utilità, e quindi sono i dati di riferimento, ma qualsiasi altro soggetto può fare dati sulla televisione. Non vi sarà sfuggito che, nel momento in cui non erano pubblicati i dati Auditel, vi era comunque un istituto di ricerca che pubblicava sue stime, legittimamente, perché siamo in regime di libera concorrenza e un istituto può produrre stime televisive. Questo, però, implica una responsabilità: non possiamo regalare i dati, anzi credo che i broadcaster quando l'Auditel partì se lo sognassero. Offrire i dati Auditel gratuitamente poteva essere un'eccellente occasione per fare mercato, ma era evidentemente un sogno imperfetto, perché il mercato ha le sue regole che non possono essere assolutamente valicate.

  PRESIDENTE. Il senatore Cuomo intende intervenire sull'ordine dei lavori.

  VINCENZO CUOMO. Presidente, intendo intervenire sull'ordine dei lavori per stigmatizzare e portare a conoscenza della Commissione di vigilanza quanto accaduto durante la trasmissione di domenica scorsa da parte del conduttore Giletti che ancora una volta purtroppo si è lasciato andare ad approfondimenti molto poco professionali, laddove svolgesse la professione di giornalista, perché anziché limitarsi a una valutazione su chi amministra una città o governa uno Stato, ha pronunciato una vera e propria offesa nei confronti di una città e dei suoi cittadini. Siccome non è la prima volta e temo non sarà l'ultima perché la deriva è piuttosto profonda, approfittavo di chiedere, tramite lei presidente, all'Ufficio di presidenza quali iniziative adottare per poter porre un freno a quello che sta diventando qualcosa di sconveniente e disdicevole. Non ho voluto intervenire durante l'audizione del direttore dell'Auditel, ma sarebbe interessante sapere quante persone abbiano assistito a questo scempio, a questa offesa gravissima. Siccome lo stesso conduttore non è la prima volta che lo fa e la stessa rete in qualche servizio giornalistico ha operato una sorta di discriminazione Pag. 17territoriale, la cosa sta diventando sistemica. Siccome in questa Commissione abbiamo svolto numerose audizioni dirette a stabilire un nuovo rapporto professionale tra l'azienda e gli utenti, credo che questo tema debba essere affrontato, magari non con la solita audizione in cui il difensore di turno viene a dirci che la frase può scappare. Ormai ci avviamo, proprio per la delicatezza dei temi trattati e per come vengono costruiti i campioni, verso una idea innovativa di profonda riforma del sistema radiotelevisivo. Chiedo ai componenti dell'Ufficio di presidenza di occuparsi di questo episodio specifico inserito però in un quadro più generale.

  PRESIDENTE. Sono d'accordo ad avviare una discussione pur rimanendo nei limiti delle competenze della Commissione, che a volte ci viene imputato di superare: ma qui si parla di informazione, e non si possono affrontare con siffatte modalità tematiche così delicate, di fronte a un pubblico come quello di Rai Uno, in una fascia oraria di particolare rilievo, come successo già altre volte. Ho presentato uno specifico quesito alla Rai sull'argomento: non si può utilizzare il servizio pubblico in modo così qualitativamente scadente. Possiamo fare una riflessione e comprendere che tipo di iniziative avviare, al di là di audizioni o quesiti alla società concessionaria, non contro il conduttore in sé, ma per affermare che in alcune trasmissione della Rai deve cambiare una certa dinamica di comportamenti, per sottolineare una idea di qualità del servizio pubblico, che si tratti di programmi educativi, informativi o di intrattenimento. Per incidere in modo forte sulla qualità, la Commissione deve però essere tutta d'accordo.

  AUGUSTO MINZOLINI. Sono d'accordo. Allargando il discorso, si tratta di una vicenda parente prossima a quella dei Casamonica a «Porta a porta». L'altra volta già dissi che c’è un problema di contaminazione del genere giornalistico con quello di intrattenimento. Mentre nell'intrattenimento viene lasciato più spazio per poter dire ciò che si vuole, in un programma di carattere più giornalistico non è possibile. Giletti ad esempio da una parte fa questo programma, dall'altra fa l'inviato in Kurdistan: io penso che chi va in Kurdistan deve sapere di che parla. Non penso che questo sia possibile. Se si è nel servizio pubblico si deve sapere che in certe trasmissioni particolarmente delicate e con un'audience, come diceva il presidente, non indifferente, deve essere rispettato un certo tipo di rapporto secondo principi giornalistici, se no si passa qualunque cosa. Per certi versi l'opinione pubblica viene più influenzata da questo tipo di trasmissioni che non da trasmissioni di tipo propriamente giornalistico. La questione deve essere assolutamente affrontata.

  MICHELE ANZALDI. Volevo proporre una riflessione su quanto diceva il presidente circa il perimetro delle iniziative della Commissione. Siccome tempo fa c’è stato un provvedimento dell'Agcom su una bestemmia sfuggita a un conduttore di un programma trasmesso su Rai Uno in fascia protetta, se chiedessimo su questo caso un parere dell'Autorità ? Agcom ha comminato una sanzione di 25.000 euro su cui immotivatamente Rai ha fatto ricorso al Tar.

  PRESIDENTE. La Commissione può chiedere un parere ad Agcom, che potrebbe però essere negativo. Ritengo che la Commissione debba muoversi autonomamente.

  FRANCESCO VERDUCCI. Intervengo sulla scia dell'opportuno intervento del collega Cuomo relativamente a un episodio su cui ci sono state anche prese di posizione pubbliche. Mi limito ad alcune considerazioni anche perché il tema è stato demandato all'Ufficio di presidenza. Sebbene il conduttore si sia poi scusato dell'accaduto sulle pagine del principale quotidiano di Napoli, ciò non toglie che quanto avvenuto sia stato pesante e grave perché il conduttore nella sua funzione è Pag. 18rivestito di una sorta di «sacralità» per tutto quello che dice, passatemi il termine, ma trattandosi di televisione non siamo molto lontani dal vero. Essersi lasciato andare a un giudizio sommario che non corrisponde naturalmente al vero, ma che affonda in un luogo comune antipatico, ancorché appunto falso, che riguarda la città di Napoli, penso sia particolarmente grave e da stigmatizzare. Per quanto riguarda le considerazioni che svolgeremo in Ufficio di presidenza, penso che abbia ragione il collega Minzolini sulla necessità di inserire la questione all'interno di una cornice più ampia, concernente i limiti dell’infotainment e dei suoi protagonisti, a partire dai conduttori, che molto spesso si sentono di potersi lasciare andare a giudizi talvolta sommari e quindi da evitare.

  PRESIDENTE. Tratteremo dunque l'argomento in Ufficio di presidenza.

  ALBERTO AIROLA. Volevo solo fare presente che la Commissione esteri del Senato si riunirà tra poco per l'esame del bilancio.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Pancini e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.