XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 70 di Mercoledì 23 settembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione del direttore di Rai 3, Andrea Vianello:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Gasparri Maurizio  ... 3 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 4 
Ranucci Raffaele  ... 5 
Rossi Maurizio  ... 5 
Brunetta Renato (FI-PdL)  ... 6 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 7 
Airola Alberto  ... 9 
Fratoianni Nicola (SEL)  ... 11 
Bonaccorsi Lorenza (PD)  ... 12 
Verducci Francesco  ... 12 
Anzaldi Michele (PD)  ... 14 
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Anzaldi Michele (PD)  ... 14 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Vianello Andrea , direttore di Rai 3 ... 15 
Brunetta Renato (FI-PdL)  ... 21 
Vianello Andrea , direttore di Rai 3 ... 21 
Fico Roberto , Presidente ... 21 
Vianello Andrea , direttore di Rai 3 ... 21 
Airola Alberto  ... 21 
Vianello Andrea , direttore di Rai 3 ... 21 
Airola Alberto  ... 22 
Vianello Andrea , direttore di Rai 3 ... 22 
Anzaldi Michele (PD)  ... 24 
Vianello Andrea , direttore di Rai 3 ... 24 
Anzaldi Michele (PD)  ... 24 
Vianello Andrea , direttore di Rai 3 ... 24 
Fico Roberto , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13 del comma 4 del regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore di Rai 3, Andrea Vianello.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del direttore di Rai 3, Andrea Vianello, che, anche a nome dei colleghi, ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Secondo quanto convenuto all'unanimità nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, tenutasi lo scorso mercoledì, con tale audizione la Commissione intende svolgere un approfondimento sul ruolo dei talk-show nel servizio pubblico radiotelevisivo, trattandosi di programmi di infotainment non riconducibili a testata giornalistica. La Commissione vorrebbe, in particolare, comprendere i diversi criteri, anche organizzativi ed editoriali, che sottendono a questa tipologia di programmi e a quelli che sono invece ricondotti a testata.
  Ricordo altresì che nella seduta di ieri il direttore Vianello ha svolto la propria relazione.

  MAURIZIO GASPARRI. Dovrò lasciare i lavori tra dieci minuti, perché ho il turno di presidenza in Aula al Senato, quindi spero di poter avere informazioni sulla risposta del direttore sui quesiti che porrò.
  Avevo scritto una lettera sollecitando questa audizione dopo che il programma di Riccardo Iacona, Presadiretta di Rai 3 nella penultima puntata ha fatto vari servizi di natura politica sullo stato dei partiti; nella comprensibile esigenza di fornire i vari punti di vista e di illustrare la situazione dei partiti, per quanto riguarda Forza Italia, sono stati contattati numerosi club, circoli, esponenti del territorio a Roma, nella zona di Veio, della Cassia, del V Municipio, a Terracina, con interviste a presidenti di circolo con una nostra collaborazione, come si usa in questi casi, nell'indicare certe persone: tutte queste interviste, che illustravano le normali attività del partito, sono però state omesse e nel programma sono apparse solo opinioni critiche di persone che esprimevano giudizi negativi anche in base a vicende personali.
  Nessuno chiedeva di censurare le cose negative perché fanno parte della rappresentazione della realtà, però si è trattato di mettere solo quelle e omettere tutte le dichiarazioni registrate anche con dispendio di mezzi, andando in giro per Roma e per il Lazio, omettendo tutto ciò riguardava iniziative di cooperative e attività di giovani e finendo per dare una rappresentazione dell'attività del partito solo degli aspetti critici, di dissenso, di chi si lamentava dell'inattività di qualche piccola sede, cosa che è statisticamente possibile.Pag. 4
  Capisco che una pregiudiziale risposta può essere che ognuno fa l'inchiesta giornalistica secondo i suoi criteri, ma è proprio questo che contestiamo: un criterio prevenuto, negativo, volto soltanto a dare un'immagine con disprezzo e negatività, omettendo tutto il resto. Poiché si tratta di una trasmissione importante, che si occupa spesso di politica a trecentosessanta gradi, abbiamo contestato questa scelta. So benissimo per esperienza personale che non c’è l'obbligo di mandare in onda tutto ciò che viene ripreso, questo mi è assolutamente chiaro, però la completezza dell'informazione è invece un criterio che andava seguito, quindi a nostro avviso avrebbero dovuto essere rappresentati entrambi gli aspetti.
  Questa è la doglianza, la richiesta, la segnalazione, richiamando a un fatto di deontologia professionale e di completezza di informazione (questo è il profilo, senza entrare nel merito del dettaglio che compete alla trasmissione).
  Analoga doglianza, anche se non partita da noi, perché per un'altra trasmissione, Ballarò, le doglianze sono partite da altri, laddove dal punto di vista di Forza Italia notiamo uno squilibrio nelle presenze, nella conduzione, nell'impostazione della trasmissione. Di fronte a risultati esigui, poiché il direttore nella sua illustrazione iniziale ha già evidenziato la concorrenza, l'affollamento che è ben presente a tutti, il fatto che il conduttore storico sia su un'altra rete, comunque di minore impatto come La 7, poiché i risultati ieri sera sono stati ancora più modesti, vorrei sapere cosa pensi la rete, visti i risultati molto deludenti dell'anno scorso e deludenti anche in questo avvio di stagione (sarà anche colpa della politica, però ci sono programmi che vanno meglio) dell'opportunità di ingaggiare una risorsa esterna. Non faccio un discorso ad personam che sembrerebbe discriminatorio, però la Rai ha risorse interne in quantità, direttori e vicedirettori utilizzati e inutilizzati, conduttori di trasmissioni. Quanto costa la conduzione di Giannini ? Ho sentito parlare di cifre esorbitanti, spesso abbiamo discusso del rispetto dei tetti, anche se so bene che è difficile rendere compatibile la logica della concorrenza con tetti di 240.000 euro, che mi pare non siano stati rispettati neanche dai massimi dirigenti dell'azienda, ma vorrei almeno sapere quanto guadagna Giannini a fronte di questi modesti risultati e, visto che nella Rai c'erano risorse interne e che per ottenere quel risultato non c'era bisogno di spendere tutti questi soldi, si poteva scegliere qualcuno anche di orientamento politico più accentuato di Giannini – ma la pongo solo sotto il profilo delle risorse interne e del costo.

  PINO PISICCHIO. Ieri ho ascoltato il suo intervento, direttore, e ho apprezzato alcuni passaggi, che mi farà piacere recuperare. Nella sua introduzione il presidente ieri parlava del nostro intento di verificare lo stato dell'arte della confezione dei talk-show, di quella particolare programmazione che mette nel conto la contaminazione tra la dimensione informativa e la dimensione spettacolare, che nel passato ha guadagnato una sua soggettualità all'interno della scena e della programmazione complessiva delle reti televisive. In questa stagione il netto calo dell'attenzione nei confronti di questo format, di questa tipologia di programmi è registrato in tutte le reti, ma (e qui c’è una domanda che recupera uno spunto assai interessante, lanciato in campo dal direttore Vianello), se tutto ciò che non è servizio pubblico può muoversi nella direzione che meglio reputa opportuna, salvo il limite della decenza e della legge, per la Rai le cose stanno in modo diverso. La Rai deve infatti poter sempre e comunque, in quanto servizio pubblico, garantire una informazione pluralista, un'integrità, una lettura dell'elemento informativo rispetto all'elemento spettacolare, deve dunque essere nelle condizioni (mi lasci passare questa formula) di sviluppare una sorta di lata attività pedagogica, come può essere pedagogica la democrazia e può essere pedagogico il pluralismo delle fonti e dell'informazione.
  Questo registro viene oggi recuperato all'interno dei talk-show che affollano la Pag. 5scena televisiva nel complesso e in particolare dal servizio pubblico, per quel che le compete, direttore, viene recuperato da Rai 3 ? Abbiamo avuto delle esperienze che sono state oggetto di riflessione, poco fa il collega Gasparri esprimeva alcune obiezioni. Tenendo conto del fatto che la formula appare abbastanza usurata, possiamo immaginare nuove modalità espressive per questi format, possiamo immaginare di ricondurre questi format a regole espressive ?
  Lei ieri ventilava (ho apprezzato questo passaggio) la possibilità di esprimere una sorta di decalogo della buona costruzione di un programma di questo tipo. Su questa considerazione vorrei che lei esprimesse il suo competente giudizio.

  RAFFAELE RANUCCI. Ringrazio il direttore per la relazione di ieri e parto dalla storia che ha ripercorso, ricordandoci Costanzo, Bontà loro, come siamo partiti con un format che doveva essere di informazione, poi a poco a poco questi format su tutte le televisioni sono diventati più importanti e hanno preso ancora più piede anche per motivi economici, perché nella scarsità di risorse i talk-show sono diventati un modo per fare audience e spendere poco.
  Ritengo che la sua rete faccia sforzi notevolissimi per innovare, bisogna dircelo, direttore, non sempre con successo, però qui dobbiamo capire se il servizio pubblico debba provare a innovare. Anche recentemente ho trovato le super storie che sono andate in onda la domenica trasmissioni fatte bene e anche di informazione culturale: ci sono programmi sociali, scientifici, di intrattenimento che cercano sempre di dare qualcosa di più, anche se questo non garantisce lo share, quindi dovremmo chiederci se queste trasmissioni debbano fare share o se esista una formula per fare trasmissioni di qualità e share. Ricordo sempre che da vent'anni mandate in onda una fiction nazionalpopolare, Un posto al sole, che fa ascolti ma fa anche un servizio, perché diffonde messaggi culturali, sociali e di attualità. Chiedo quindi a lei se sia possibile coniugare share o ascolto con cultura, o se, come credo, quando si fa qualcosa di culturale, di bello e di buono si debba tralasciare lo share.
  Due domande specifiche. Su Ballarò lei ci ha detto che c’è stata una specie di scissione dell'atomo, una parte è andata in un'altra televisione e il martedì è rimasto Ballarò da una parte e una trasmissione su La 7 dall'altro, stesso orario, stessa tipologia. Mi viene una domanda banale: perché non avete spostato Ballarò a lunedì o mercoledì ?
  Un altro talk-show sportivo, Il processo del lunedì, non ha una grandissima innovazione. Pisicchio ha ricordato l'esigenza di nuove modalità per i format, quindi non pensa che questo format debba essere innovato ? Non nascondiamoci che Il processo del lunedì spesso ha ospitato politici, spesso è stato un modo per fare politica e nel passato Il processo del lunedì ha fatto non soltanto politica che riguarda i partiti, ma anche politica sportiva. Bisogna stare molto attenti a far sì che diventi un talk-show di informazione, ma non faccia politica sportiva. Ricordo il moviolone, Biscardi e gli ospiti che c'erano un tempo, che erano i Moggi, quindi, direttore, questa è una raccomandazione che le faccio: attenzione, perché ha creato anche un altro tipo di approccio allo sport in generale.

  MAURIZIO ROSSI. Innanzitutto tengo a sottolineare che secondo me Rai 3 nazionale (non TG regionale) è quella che si avvicina di più ad alcuni concetti di servizio pubblico e resto allibito dell'attacco in atto in questo momento alla Rai e a Rai 3 da parte del PD e del Presidente del Consiglio. Paragonare gli ascolti di Rambo a una trasmissione come Ballarò è come paragonare uno dei discorsi di Renzi a un gran premio di motociclismo con Valentino Rossi, prodotti non omogenei. Dobbiamo chiederci cosa vogliamo fare del servizio pubblico, pensare agli ascolti o informare i cittadini ? Rambo è servizio pubblico ? Al di là delle battute del Presidente del Consiglio, che a me sembra già un avvertimento alla Rai, come ha già fatto in Senato al Presidente Grasso qualche Pag. 6giorno fa, mi preoccupa anche che il PD critichi una trasmissione dopo due puntate, perché per una volta nella vita ha invitato due soggetti politici a loro non omologati, dimenticando che tra Governo e partito occupa oltre il 50 per cento degli spazi di informazione delle reti. Come si deve interpretare questo avvertimento, «state attenti in Rai, vi teniamo d'occhio» ? Un attacco concentrico del Presidente del Consiglio e del partito mi preoccupa molto per come viene e verrà concepito il servizio pubblico prossimamente (ricordiamoci che a maggio scade la concessione del servizio pubblico alla Rai).
  Valutiamo bene, cari colleghi, quello che sta per accadere, e mi congratulo con il direttore Vianello e il conduttore Giannini per come hanno retto a una sfida difficile come la spaccatura in due degli ascolti del martedì sera, laddove quei programmi insieme fanno il 10 per cento, quindi a mio giudizio il risultato può essere considerato soddisfacente, si poteva forse fare di più ma è soddisfacente e personalmente il programma mi piace al di là degli ascolti. Non fatevi condizionare dai numeri e dagli ascolti, ma solo da una critica costruttiva interna ed esterna. Ricordo a tutti che fuori dal periodo elettorale non esiste l'obbligo di partecipazione contestuale nella stessa trasmissione di tutte le componenti politiche, ma che la partecipazione deve osservare obiettività guardando a un periodo più lungo, in quanto è giornalisticamente giusto dare spazio a chi in quel momento rappresenta un tema di interesse per il pubblico, come deve valutare chi conduce, senza subire pressioni dai partiti.
  Vorrei infine che valutaste alcuni dati che ho raccolto. A giugno, luglio e agosto (dato dei tre TG riuniti) il Partito Democratico ha avuto il 23 per cento, il Governo il 36 per cento, il Movimento 5 Stelle il 7 per cento, Forza Italia il 9 per cento e la Lega Nord il 7 per cento. Forse su questo si dovrebbe riflettere.

  RENATO BRUNETTA. Il dibattito di queste ultime settimane fuori da quest'aula e oggi anche in quest'aula ci consente di fare una riflessione sui talk-show in generale. Oggi esponenti del Partito Democratico invocano una loro revisione, maggiore equilibrio, spazio per il Partito Democratico, lamentando un eccesso di interviste a esponenti di altri partiti senza contraddittorio. Forse è condivisibile, peccato che la stessa richiesta fu avanzata dal sottoscritto due anni fa, nel 2013, con particolare riferimento a due trasmissioni, Che tempo che fa e In mezz'ora, producendo una serie di dati statistici in cui si evidenziava in queste due trasmissioni uno squilibrio di ospiti a favore della sinistra. Feci due esposti all'Agcom, che sentenziò lo squilibrio e impose alla Rai il riequilibrio nel semestre successivo.
  La Rai non accettò la sentenza dell'Agcom e ricorse al TAR del Lazio, il quale le diede ragione, così come diede ragione alla Rai il Consiglio di Stato il 17 dicembre del 2014. È interessante analizzare per quanto riguarda non tanto il TAR quanto il Consiglio di Stato le motivazioni della sentenza che dava torto all'Agcom, evidenziando come non si potesse utilizzare il criterio quantitativo, ma si dovesse valutare unicamente il criterio qualitativo e le modalità della conduzione. Se sono preoccupato e certamente posso capire che le quantità non siano sempre rappresentative della realtà, sono però ancor più preoccupato, da democratico e da difensore della libertà di stampa e dell'attività del giornalista, della qualità, perché la quantità è certamente oggettiva, ma il criterio della qualità e cioè se un giornalista deve essere censurato, se alza due volte il sopracciglio, se fa o non fa un sorriso o se ha o non ha il tono canzonatorio, diventa assai preoccupante in ragione della libertà giornalistica. Mi fido di più a questo punto, dovendo accettare un criterio, di quello quantitativo, rozzo finché si vuole, ma almeno oggettivo.
  Il Consiglio di Stato però sentenziò la disapplicazione della legge sulla par condicio, dando torto all'Agcom e ragione alla Rai. Che fare ? Questo è un tema rilevante, la richiesta di Gasparri per esempio riguardava talune interviste (10-15) e il fatto che il giornalista non avesse scelto in Pag. 7maniera opportunamente equilibrata le risposte, ma, a detta dell'interrogante, ne avesse scelte solo alcune. A questo punto si potrebbe anche analizzare il girato e valutare l'intervento dei giornalista, però questo pone un tema più rilevante, che mi pare fosse evidenziato anche dai colleghi: è il caso di fare una riflessione in qualche maniera regolatoria o regolativa dei talk-show ? Questo è il punto.
  Quando feci i miei esposti all'Agcom avevo usato un banale criterio quantitativo, che mi pare fosse di 18 ospitate di sinistra a 2, ma vado a memoria quindi non vorrei sbagliare, l'Agcom mi diede ragione, il TAR e il Consiglio di Stato torto, perché non vale la quantità ma vale la qualità. Peccato che questo non sia il criterio della par condicio né per quanto riguarda il periodo elettorale, né fuori. Rispetto a questa sentenza eversiva del Consiglio di Stato della par condicio, tema di cui si è parlato troppo poco evidentemente, anche i colleghi del PD insorsero quando feci i due esposti e insorsero anche contro il giudizio dell'Agcom, ma adesso (è la nemesi) sono loro a lagnarsi, a prospettare doglianze per quanto riguarda gli equilibri. Non sarebbe il caso rispetto ai talk-show di riflettere su criteri (mi pare che anche altri colleghi abbiano espresso la stessa esigenza) di comportamento, di fair play, del contraddittorio, le quantità, la qualità, se si fanno dieci interviste se c’è un criterio per sceglierle, se si fanno i box per strada, come scegliere i box per strada. Su dieci casuali persone chi sceglie tra i dieci ? C’è una deontologia ? Dovrebbe averla il giornalista, ma se poi questo viene disatteso, c’è una possibilità di controllo e di verifica ?
  Ultima cosa: sto lottando da anni non solo con questa Rai, ma anche con le precedenti per la trasparenza dei compensi dei dipendenti ma anche delle star, dei collaboratori esterni, ci sono leggi che prevedono questo anche in maniera esplicita, ma la Rai ha sempre disatteso, adesso sto ripresentando l'ennesima interpellanza urgente e chiederò udienza al nuovo presidente e al nuovo direttore generale della Rai per esprimere questa esigenza, perché anche questo elemento di trasparenza potrebbe consentire un miglior funzionamento del nostro servizio pubblico.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Vorrei ringraziare il presidente perché ieri in apertura dell'audizione ha richiamato nello speech il senso di questa audizione, che peraltro è anche specificato nella lettera che il presidente Pisicchio ci ha inviato ed era contenuta nel suo intervento di poc'anzi.
  Voglio ringraziare il direttore Vianello per la presenza, per avere interpretato l'oggetto dell'audizione di oggi dandole, come ricordava anche il collega Ranucci, ampio respiro. È partito da Bontà loro, dal 1976, ed è poi entrato anche nelle modifiche di carattere strutturale rispetto alla composizione della platea di chi segue in maniera continuativa i talk-show, ci ha anche offerto una definizione di talk-show togliendo la parte show e mantenendo il talk. Credo che questo corrisponda a un dibattito di carattere generale che c’è tra i commentatori già da diversi mesi rispetto al ruolo dei talk, ai programmi d'informazione, che è oggetto di confronto di carattere politico dentro questa Commissione e spesso fuori, perché ci incrociamo spesso nelle agenzie.
  Intervenire in termini di riflessione complessiva in Commissione su un dibattito già presente all'esterno di essa rispetto all’infotainment è di particolare rilievo: si tratta perciò di una discussione di carattere generale e non riguarda solo Rai 3 ma, come ricordato anche dal direttore, Rai 3 ha molti programmi con caratteristiche diverse (li ha richiamati nella loro tripartizione, Agorà, Ballarò e Presa diretta) che intervengono all'interno di questo genere, ed è soprattutto il canale più vocato alla sperimentazione anche per indicazione del consiglio di amministrazione, quindi questa è l'occasione per entrare nel merito di questa discussione.
  C’è un primo tema che attiene a cosa sono oggi i talk, cosa è oggi l’infotainment con le richiamate caratteristiche di peculiarità del nostro Paese. Il primo riguarda il pluralismo, con alcune domande che sono Pag. 8ritornate anche negli interventi oggi svolti: il pluralismo è solo il computo del minutaggio, è solo garantire uguale presenza a tesi diverse, a partiti diversi, è solo il ruolo della conduzione ? Su questo abbiamo in Commissione un percorso attualmente sospeso sulla risoluzione che riguarda quanto richiamato anche dal Presidente Brunetta, perché sul regolamento dell'Agcom per quanto riguarda la tutela del pluralismo fuori dai periodi di par condicio sono intervenute le sentenze TAR e Consiglio di Stato, che hanno rimesso in discussione l'approccio. Siamo in attesa che dall'Agcom arrivi un nuovo schema di regolamento su cui riprendere il percorso della Commissione in cui avevamo già svolto audizioni per arrivare a una risoluzione.
  All'interno di queste discussioni di carattere generale voglio anche fare riferimento (sarebbe oltremodo strano se così non fosse) all'attualità, anche perché mi è capitato la scorsa settimana di fare alcune dichiarazioni pubbliche. Il direttore Vianello ad esempio citava la trasmissione Ballarò, che nel corso di questa edizione ha subìto alcune trasformazioni strutturali di impostazione anche per farle corrispondere meglio al profilo del conduttore, ma da utente, da chi con il telecomando gira i canali e guarda la televisione nelle prime due puntate non ho avvertito una modifica strutturale legata all'evoluzione del talk, ma ho visto un trattamento asimmetrico. Nella prima puntata, infatti, c'era un'intervista in solitaria a un esponente politico del Movimento 5 Stelle, il vice presidente della Camera, che quindi ha anche un incarico istituzionale e una sua specificità dal punto di vista della notiziabilità, nella seconda puntata ancora un esponente del Movimento 5 Stelle senza una carica istituzionale, quindi la notiziabilità diventava più scelta redazionale, che rispetto e su cui non intervengo, però il punto è che nelle prime due puntate c'era il rappresentante di un partito politico in una collocazione, cioè l'intervista a due, e gli altri partiti invece nella formula classica del talk a confrontarsi tra loro, quindi evidentemente un'asimmetria di trattamento. Il direttore ci ha ricordato che ci saranno altre quarantadue puntate, ieri sera c’è stata la terza, quindi, anche considerando le dichiarazioni sul blog di Grillo la settimana scorsa, che parlava di un intento censorio del PD e della Siberia dove vorremmo mandare il direttore Vianello, è giusto ricordare che questa audizione è stata decisa in Ufficio di Presidenza all'unanimità, quindi magari Grillo ce l'aveva con il Presidente Fico, con Airola, con alcuni esponenti del loro partito, perché è evidente che questa audizione ha caratteri generali, all'interno dei quali è possibile, come è stato fatto, anche a titolo esemplificativo citare alcuni episodi. A me è sembrata una dichiarazione più che altro preventiva, tanto che oggi puntualmente c’è una nuova dichiarazione di Grillo, che dice «siamo stati censurati nella puntata di Ballarò di ieri perché questo è il prodotto dell'iniziativa del PD», ma quello che è successo è che nelle prime due puntate hanno avuto un trattamento del tutto particolare e questo abbiamo messo in evidenza.
  Da parte nostra non c’è quindi alcun intendimento censorio, c’è casomai un Movimento 5 Stelle, che prima non andava mai in tv e adesso è oltremodo attento ad andarci, ci vuole essere e ci vuole essere in maniera del tutto particolare. Siamo contenti che gli esponenti del Movimento 5 Stelle abbiano deciso di venire in tv e che si confrontino, però è giusto che si confrontino come gli altri, a pari livello. Non è che siccome hanno deciso da ultimi di partecipare devono avere un trattamento di favore, crediamo che tutti debbano essere nello stesso alveo.
  Mi veniva in mente un secondo esempio, perché il Presidente Gasparri faceva riferimento (è oggetto anche della sua lettera) alla trasmissione Presa diretta. Come ho detto in Ufficio di presidenza, credo che Presa diretta sia una delle punte di eccellenza del servizio pubblico, del giornalismo d'inchiesta, mi è capitato in Commissione anche nella scorsa legislatura di difendere con i colleghi del PD Report o Presa diretta e non ho cambiato idea rispetto alla trasmissione, però credo che di tanto in tanto sia possibile interloquire, permettersi delle riflessioni Pag. 9senza che queste abbiano alcuna caratteristica censoria. Lo dico perché a me è capitato di leggere sul sito Linkiesta, un sito utile per chi di tanto in tanto abbia voglia di approfondire, uno scritto sulla puntata di Presa diretta sul Jobs Act, articolo di Eleonora Voltolina, la direttrice della Repubblica degli stagisti, che non è molto conosciuta, mi rendo conto e me ne dispiaccio, però chi si è occupato dei temi del lavoro e del precariato nel corso degli anni conosce lei così come conosce tanti altri rappresentanti di quel mondo di difficoltà che è sempre stato il precariato. Mi è capitato di seguirla, leggerla, incrociarla in dibattiti pubblici e mi hanno colpito le cose che ha scritto rispetto a quella puntata. Per brevità, se il presidente me lo consente, consegno agli atti le parti dell'intervento che volevo citare, però mi ha colpito che chi ha sempre difeso il mondo del precariato scriva rispetto a quella puntata: «per me Presa diretta è un ottimo programma, però nasce con un crescendo di descrizioni delle difficoltà del mondo del lavoro e del precariato e poi a un certo punto diventa rappresentazione che poco a che fare con la complessità del mondo del lavoro». Il rischio che ci sia un punto di vista assolutamente corretto, legittimo, che però viva troppo di una tesi e non consenta di rappresentare tutte le sfaccettature della realtà è sempre di fronte a noi, qualunque ruolo abbiamo nel mondo delle istituzioni, della politica, del giornalismo; mi colpisce che chi ha sempre rappresentato un punto di vista, in quella trasmissione, dopo la descrizione delle difficoltà del mondo del lavoro, si concentri solo a dire che il Jobs Act non va bene – il che è assolutamente legittimo – ma con la perdita di visibilità di un pezzo della realtà che riguarda il mondo del precariato e i passi avanti fatti. Le opinioni sono assolutamente legittime, però mi ha colpito rappresentare l'idea che pluralismo dovrebbe essere anche non prendersi in maniera univoca, evitare cioè il rischio che alla fine il pluralismo sia da considerare come uno scontentare tutti, in quanto volta ce la si prende con uno, una volta con l'altro, mentre il punto non è scontentare tutti, ma non fare sconti a nessuno.
  Come diceva il direttore Vianello, «servizio pubblico è privilegiare la chiarezza, l'impostazione pluralista, senza orientamenti precostituiti e senza deriva spettacolarista». Credo che questi siano i quattro punti fondamentali, che è dannatamente complicato riuscire sempre ad applicare.
  Questo richiama il secondo aspetto che volevo sollevare dopo quello del pluralismo, ossia quello della contaminazione. Abbiamo evidenziato anche in questa Commissione nella scorsa audizione, quella del direttore Leone rispetto al caso dei Casamonica, quanto sia complicato tenere insieme (lo dice la parola stessa, infotainment) information e entertainment, informazione e intrattenimento. Se l'equilibrio dell’infotainment scivola verso l'intrattenimento, questo rischia di creare uno squilibrio. È questo il rischio della contaminazione dei generi, è il rischio, come mettevamo in evidenza nell'audizione di Leone, quando si fanno sedere in quelle poltrone, perché lì la contaminazione diventa rappresentazione e quindi il messaggio viene distorto. Se, come diceva il presidente Pisicchio, nella tv commerciale c’è uno scivolare verso l'intrattenimento a scapito dell'informazione perché l'obiettivo è quello degli ascolti, cosa legittima, il servizio pubblico ha oneri di altra natura, quindi deve mantenere fermo il confine, l'equilibrio tra questi due elementi.
  Per questo sinceramente non comprendo i riferimenti fatti anche nell'intervento del senatore Rossi rispetto all'intento censorio, al bavaglio. A noi interessa una discussione nel merito, una discussione più complessiva rispetto al ruolo dei talk, al pluralismo e alla contaminazione dei generi, entrando anche nel dettaglio di alcuni esempi per sostenere delle tesi, però credo che in un momento in cui c’è una discussione ampia che riguarda commentatori e operatori del settore abbia senso in questa Commissione di vigilanza una discussione di questo tipo, visto il ruolo che deve svolgere il servizio pubblico.

  ALBERTO AIROLA. Innanzitutto se vogliamo parlare di asimmetria, premessi gli aspetti positivi, che in questa Commissione Pag. 10spesso abbiamo discusso, di equilibrio, di controllo dell'informazione (appartengo a una forza politica, il Movimento 5 Stelle, che spesso è stata schiantata dagli organi di informazione, quindi ho dovuto difendermi con le unghie e con i denti anche in questa Commissione), ci sono due aspetti.
  Il primo è che, come ha detto il collega Rossi, sui telegiornali abbiamo numeri a favore che indicano una quantità, quindi non una qualità, sui programmi di informazione di rete di cui stiamo parlando adesso, i talk-show, dal 5 all'11 settembre, la settimana scorsa, su Rai 3 abbiamo il 35 e il 38 per cento di tempo di gestione diretta dato al Partito Democratico e il 12 e il 10 dato al Movimento 5 Stelle, quindi mi sembrano numeri molto più ridimensionati rispetto a due puntate che sono state per adesso un unicum.
  Se poi vogliamo anche entrare nel merito del fatto che siamo qua a discutere che un giornalista ha intervistato in apertura per due puntate consecutive un esponente del Movimento 5 Stelle, lo trovo un pochino fuori le righe. Se andiamo avanti con i dati e guardiamo quelli dal 25 luglio al 4 settembre, dati agglomerati che riguardano sempre i programmi di informazione di rete, abbiamo anche qui su Rai 3 un PD al 34,3 per cento e al 36,8, il Movimento 5 Stelle al 4,6 o 4,8 per cento. Questo per ribilanciare la questione asimmetria.
  La seconda questione è che ho sentito parlare di un decalogo di regole, ma trovo ridicole queste affermazioni (mi perdonino i colleghi, non è nulla di personale), ma è chiaro che qui conta la deontologia dei giornalisti, che è l'unico indicatore di correttezza, non ci sono altri metodi se non avere giornalisti seri che ci mettono la faccia e che quando vengono piegati dalla politica a dire una cosa o non doverla dire mettendoci la loro faccia fanno il loro mestiere e vanno avanti. Siamo abituati a essere strumentalizzati e oggi è l'ennesima volta in cui in questa Commissione si fa questa sceneggiata, strumentalizzando il Movimento 5 Stelle per altri scopi, che sono chiari, sono quelli di mettere in discussione una programmazione e quindi lei in primis, direttore di Rai 3, che sta portando agli occhi dei cittadini quello che succede, che è realmente drammatico. È evidente che Renzi è il primo ad aver alzato la voce su questa faccenda, ed è anche questo scandaloso giacché ha già presentato un disegno di legge in cui decide tutto il consiglio di amministrazione della Rai, che – purtroppo per lui – per adesso è saltato e quindi ci siamo ritrovati con la Gasparri, ma ha alzato la voce e se l’è presa con Ballarò, di conseguenza prendendosela anche con Presa diretta ed eventualmente anche con Report con le puntate che farà.
  Per tacitare tutto questo bisogna cambiare qualcuno e oggi siamo qua per parlare di questo tipo di azioni che ormai in Rai sono all'ordine del giorno. Mi domando però perché non lo fanno e basta, perché bisogna inscenare questa sceneggiata, mentre basta fare le nuove nomine, voi fate spesso pellegrinaggio in Rai e vi dividete le cose, tanto valeva farlo così e non scomodare il direttore a venire qua, quando bastava un'interrogazione, un esposto all'Agcom. Si sa che probabilmente anche l'Agcom è controllato politicamente, perché peraltro (e qui mi rivolgo all'altra parte del Parlamento, a Forza Italia) abbiamo fatto anche noi un esposto sull'Agcom, perché, se andiamo a vedere i dati di Mediaset, sono inverosimili, i telegiornali di Italia 1 danno il 60 per cento di tempo a Forza Italia.
  Che quindi loro vengano qua a dirci che dobbiamo fare le regole è fuori dai mondo, almeno fuori da un Paese normale, che dovrebbe avere una legge sul conflitto di interesse che preveda che un politico non abbia tre televisioni, e, come abbiamo più volte ribadito e stanno dicendo adesso anche i miei colleghi alla Camera visto che la legge sulla riforma della Rai adesso è in esame alla Camera, una legge in cui i nominati del consiglio di amministrazione non siano nominati dalla politica, e invece siamo ritornati qua.
  La ringrazio e ammetto un'ingenuità del Movimento 5 Stelle, una grossa ingenuità: abbiamo sempre affrontato il tema dei talk-show in primis, credendo che si fosse giunti alla saturazione, e si dovesse Pag. 11ridimensionarli, pensare a un altro modo di realizzarli, ma non in modo strumentale perché una mattina ci svegliamo e Renzi ha gridato allo scandalo per Giannini – che poi sembra una persona molto mite, anzi ieri sera ha alzato la testa con l'immagine di Rambo dietro, però non mi sembra una persona con cui non si possa discutere di questo. Avevamo dunque una grossa ingenuità: pensavamo che i talk-show sarebbero morti perché il Movimento non ci andava, invece no, i talk-show muoiono nel momento in cui il Movimento 5 Stelle c’è andato !

  NICOLA FRATOIANNI. Dopo la conclusione di Airola tutti i conduttori di talk-show staranno facendo segni scaramantici ! Desidero anch'io ringraziare il direttore per la comunicazione di ieri che ho apprezzato, ma trovo la discussione di oggi francamente un po’ surreale e anche un po'ipocrita. Non stiamo discutendo qui del ruolo dei talk-show, di come funziona la comunicazione, se non altro perché forse per fare seriamente questa discussione avremmo bisogno di più tempo e anche di pensarci più approfonditamente, stiamo facendo una cosa che ciclicamente fa la politica in questo luogo e non solo, che considero molto pericolosa e preoccupante: stiamo discutendo e obiettando nel merito di trasmissioni e della loro conduzione sulla base dell'affinità tra quello che in quelle trasmissioni succede e le parti politiche che sollevano qualche problema.
  Quando questo avviene da parte di chi si trova al governo del Paese, lo trovo molto preoccupante, lo dico al collega Peluffo, mentre trovo le considerazioni del senatore Rossi molto appropriate e penso che, se un Presidente del Consiglio fa una battuta come quella, è un problema, perché le parole hanno un peso, un valore simbolico, non si può far finta di nulla, valgono quando le fa un giornalista e valgono ancor di più se le fa il Presidente del Consiglio.
  Quando a quelle parole si affianca una batteria di dichiarazioni polemiche per come è stata gestita una parte di quelle trasmissioni, peraltro nelle prime due trasmissioni di annata, penso che ci sia un problema. Lo dico io che faccio parte di una forza politica che sta all'opposizione e considero naturale che l'opposizione ogni tanto chieda di essere rispettata dal punto di vista della visibilità, ma trovo che il merito di queste polemiche sia francamente inaccettabile.
  Mi hanno colpito in particolare le considerazioni del collega Peluffo su Presa diretta. Trovo che non si possa dire che Presa diretta sia un'ottima trasmissione e poi lamentarsi perché dice una cosa che a proprio avviso non è fino in fondo condivisibile.
  Tra l'altro siamo sommersi quotidianamente da una comunicazione, che, come è stato ricordato (per fortuna Airola ogni volta cita le cifre), determina elementi di proporzioni impressionanti, siamo quotidianamente inondati da una propaganda esultante sui magnifici risultati del Jobs Act, e una trasmissione che dia voce a chi pensa che le cose non vanno esattamente così, non alle parti politiche che pensano questo, ma a chi si trova a misurarsi con la propria condizione e la trasformazione del mercato del lavoro a me pare un fatto interessante, a prescindere da cosa penso politicamente di quelle leggi e che di fronte a questo emerga un elemento di contestazione, per di più accompagnato dalla premessa che Presa diretta è bellissima. Non è bellissima, ma appena una cosa non è gradita al Governo diventa meno bella, cosa che mi preoccupa molto, in particolare quando viene dal Governo.
  Che lo faccia anche Forza Italia dall'opposizione non mi sorprende, perché è un elemento di costituzione, si fa l'opposizione al Governo, e ci sono anche tv private che, come è stato ricordato, sul piano dell'equilibrio hanno a tutti da insegnare, ma il punto è da dove arriva la polemica, che a me pare un elemento che andrebbe messo in discussione nel modo con cui affrontiamo questo tema.
  Per questo chiudo ringraziando il direttore e dicendo che non penso che la discussione su questo seriamente possa essere affrontata in questo modo. Non c’è dubbio che c’è un problema di overdose di Pag. 12una certa modalità dell'informazione, anch'io penso, direttore, che bisognerebbe separare talk e show, temo che sia complicato, non so se questo sia responsabilità della politica, del giornalismo o di entrambi insieme come un gatto che si morde la coda. Mi è capitato tempo fa, dopo la partecipazione a una trasmissione di cui naturalmente non dirò il nome, di ricevere indirettamente dal conduttore un commento che diceva «bravo questo, preparato, ma non è proprio nello spirito dei tempi: qui bisogna gridare di più» Non so se questo abbia a che fare con le esigenze dell'informazione o con la qualità della politica con cui oggi ci misuriamo, ma questo è un tema della discussione, che forse si dovrebbe provare ad affrontare con altri tempi e altre modalità.

  LORENZA BONACCORSI. Ritengo sia stato importante affrontare questo tema in questo momento, a cominciare da questo modo perché, se cominciamo a rimandare, forse non l'affrontiamo mai davvero.
  Sono d'accordo con le considerazioni di Peluffo, perché la riflessione deve essere più complessiva di quella che si ferma ai talk-show, non sono completamente d'accordo sulla scelta di togliere lo show perché significa spettacolo dal vivo, ma quello fa parte di altre questioni. Credo che invece dobbiamo tenere insieme la discussione partendo dall'inizio, cioè dal servizio pubblico.
  Forse tutto questo avviene perché ci siamo dimenticati o fingiamo di dimenticarci il ruolo e quello che deve essere il servizio pubblico, e credo che discuterne qui a cominciare da adesso sia fondamentale. Ricordo brevemente quello che dice l'associazione dei broadcaster pubblici europei, l'EBU, e quali sono i criteri essenziali a cui un public broadcaster si deve attenere: qualità, responsabilità, diversità. Deve consentire l'accesso universale ai propri contenuti su ogni tipo di piattaforma e garantire indipendenza e trasparenza della proprietà, per poi continuare con la famosa formula del primo manager della BBC, che era educare, informare e intrattenere, evocata tante volte, però forse mai tenendo a mente l'esatto ordine di importanza, che è esattamente educare, informare e intrattenere. Questo dovrebbe essere il paradigma da cui cominciare.
  Se è prima educare e poi intrattenere, forse non è un divertimento fine a sé stesso, ma è un divertimento coinvolgente, emotivo, che deve essere fattore di coesione sociale, temi che bisogna tenere bene a mente soprattutto in un momento in cui la coesione sociale è uno degli aspetti fondamentali da considerare. Mi riferisco al racconto che ci veniva fatto dal direttore della scelta di Floris di andare via. Forse nell'informazione non bisogna pensare soltanto a un pubblico di riferimento, perché ci sono anche altri pubblici di riferimento. Capisco che nella scorsa stagione in emergenza si sia dovuto affrontare in un determinato modo, ma forse quest'anno si poteva pensare a un nuovo pubblico di riferimento, a una nuova modalità di informazione. Nessuno (tantomeno la sottoscritta) si permette di insegnare il mestiere agli altri, però credo che siano temi di discussione che vadano posti all'ordine del giorno e della riflessione.
  Proviamo quindi a ripartire dalla formula educare, informare, intrattenere. Probabilmente dobbiamo ripartire da lì per tenere insieme e rimettere al centro il servizio pubblico e provare ad affrontare una discussione che parta da lì e non dal giorno per giorno o addirittura dai pellegrinaggi di cui parla il senatore Airola, che forse appartengono ad altri, ma non a questo Partito Democratico.

  FRANCESCO VERDUCCI. Questa audizione è nata su richiesta del senatore Gasparri, la sua richiesta riguardava il caso di una trasmissione. In Ufficio di presidenza abbiamo fatto in modo che invece questa audizione non vertesse solamente su una trasmissione, ma abbiamo chiesto – secondo me assai giustamente – che l'audizione del direttore Vianello vertesse su un tema più generale.
  Abbiamo quindi fatto in modo che questa audizione avesse una sua utilità all'interno del lavoro che la Commissione sta svolgendo e che riguarda il servizio Pag. 13pubblico, come rilanciare il servizio pubblico anche a latere di un'importante riforma che stiamo avviando e che siamo convinti darà più forza al servizio pubblico, rendendolo non solo più efficiente, ma anche più autonomo.
  Dentro questo ragionamento sul servizio pubblico è chiaro che l'informazione ha un suo ruolo peculiare di assoluta importanza, perché è il cuore nevralgico del servizio pubblico, e bene ha fatto il collega Pisicchio ad aggiungere al nostro lavoro anche una lettera, in cui si chiede un approfondimento su un settore decisivo non solo dell'informazione politica, ma anche di quelli che definiamo «i nuovi media», cioè i talk-show o, come diceva il collega Peluffo, l’infotainment. Tra l'altro siamo reduci da un'audizione diversa, ma non meno importante ai fini dei nostri lavori che riguardano il servizio pubblico, l'audizione del direttore Leone sul caso Vespa, in cui abbiamo anche richiamato come quel programma nel corso di un'esperienza ventennale abbia sempre più abbandonato la politica, per ibridarsi con la cronaca rosa, nera, di qualunque natura essa sia. Il tema dell'ibridazione è molto importante, ma devo essere breve e lo sarò.
  Con un tema più ampio teniamo insieme due temi che oggi sono nelle prerogative della vigilanza e che dobbiamo affrontare, innanzitutto il tema di quale modello di informazione individuare per la Rai e quindi per il servizio pubblico, in modo che sia da esempio anche per la televisione commerciale e non il contrario. C’è infatti uno scivolamento della Rai che segue modelli di televisioni commerciali che non sono educativi, sono addirittura negativi, perché tarati su una eccessiva spettacolarizzazione. Spesso, nel corso di questi venti anni e anche negli ultimi tempi, per inseguire la spettacolarizzazione inseguono anche un esasperato modello populista, che non solo non risolve i problemi, ma finisce anzi per acuirli nella percezione pubblica.
  Vi è poi il tema del pluralismo e i due temi stanno insieme. Il collega Fratoianni diceva di stupirsi, ma come commissari di vigilanza, quando riscontriamo una lesione del pluralismo, siamo obbligati a intervenire, e questo stiamo facendo anche oggi (faccio mie le considerazioni del collega Peluffo).
  Su questo ringrazio il direttore Vianello per la sua relazione, ma non mi convince lo stupore e la sorpresa per il fatto di averlo interrogato sulla seconda puntata di un programma, perché quando c’è un problema di pluralismo che non viene rispettato è nostro compito porlo immediatamente, non alla fine di un ciclo di nove mesi e quindi al termine della quarantaduesima puntata. È nostro dovere segnalare una cosa che non va, quindi non posso accettare che il PD si faccia carico di una censura nei confronti di chicchessia: siamo assolutamente rispettosi dell'autonomia editoriale, a patto che l'autonomia editoriale sia rispettosa del pluralismo. Quando questo a nostro avviso può non avvenire, lo dobbiamo dire, ma non accettiamo lezioni di censura da nessuno, tantomeno (lo dico con rispetto) dai colleghi del Movimento 5 Stelle, che non solo hanno censurato, ma hanno espulso propri esponenti, rei di aver espresso il proprio pensiero in alcune trasmissioni televisive, né pretendiamo di andare nei talk politici senza contraddittorio.
  Abbiamo di fronte, insieme a quello del pluralismo su cui siamo chiamati a vigilare, il tema dei talk, dell'informazione, su cui siamo chiamati a dare indirizzo. Il direttore Vianello nella sua ricca relazione ha fatto bene a tenere insieme il tema dell'informazione, il tema dell'approfondimento e il tema dei talk, perché le cose si tengono. C’è un problema di un approfondimento fatto a tesi, precostituito, c’è un problema di talk che devono rispondere a una pluralità di posizioni e c’è un problema di come tutto questo possa avvenire rifuggendo l'omologazione dovuta all'overdose dei talk politici, cercando di rispondere alla crisi che attraversano per l'importanza sempre più strabordante dei social media, per la crescente richiesta di interattività che certo incide.
  C’è un tema di come ripensare uno strumento importante, sul quale più volte si è interrogato il direttore Vianello, sul Pag. 14quale tutti si interrogano, per cui sarebbe curioso se non si interrogasse su questo la vigilanza, ed è curioso che su questo tema di ripensare uno strumento logorato, che spesso è autoreferenziale (tutti lo dicono) e troppo omologato, si imbastiscano polemiche come se questo significasse voler censurare, quando invece significa voler rilanciare il servizio pubblico, far fare un salto di qualità a format che hanno bisogno di rilanciarsi e che certamente sono importanti.
  Da questo punto di vista penso che questa audizione possa essere importante per i nostri lavori.

  MICHELE ANZALDI. Vorrei fare una premessa su come nasce questa audizione. Questa audizione nasce a seguito di una richiesta scritta del senatore Gasparri di convocare il direttore per un presunto disservizio o strano montaggio di una puntata di Presa diretta. A quel punto in Ufficio di Presidenza abbiamo proposto di allargarla anche a Ballarò, che la sera prima aveva destato scalpore, però niente di che perché è la prima volta che non ho fatto un comunicato, forse ho sbagliato, però per la prima volta non ho fatto un comunicato...

  PRESIDENTE. Cos’è successo senza il suo comunicato !

  MICHELE ANZALDI. È successo che la cosa è andata avanti, quindi basta non fare il comunicato per andare avanti ! L'audizione nasce così, quindi per quanto riguarda me e quelli con cui ho parlato nessuno spirito di censura, ma semplicemente una voglia anche ufficiale di approfondimento su alcune cose.
  I dubbi che ho avuto su quella trasmissione (mi riferisco a quella di martedì 15) sinceramente sono stati solamente sul pluralismo, anche perché parliamo di un nuovo format, presentato pochi giorni prima in conferenza stampa come una cosa strana, rivoluzionaria, che doveva farci uscire fuori da una crisi di ascolti, che non possiamo nasconderci e che si va drammatizzando ogni settimana.
  Siamo stati lì a guardare e la prima cosa che è saltata agli occhi è che per due volte di seguito, nel lancio di una trasmissione annuale, c'era lo stesso partito, e questa è già una cosa strana, che ha colpito. Un'altra cosa che ho notato è che Ballarò di martedì 15 inizia con l'editoriale dello scrittore Nicola Lagioia (lasciamo stare le scritte sul premio Strega), sette minuti di editoriale, poi c’è una presentazione del conduttore e poi segue un'altra intervista a Di Battista di quindici minuti. Segue l'intervento di Saviano di diciassette minuti, quindi la trasmissione è partita alle 21.07 e noi per avere un'opinione diversa dobbiamo aspettare le 22.05, quindi abbiamo un'ora della fascia più preziosa, con più ascolti senza pluralismo. Avrei anche dei dubbi sull'intervista a Di Battista, perché ha detto delle cose pesanti, come ad esempio che «nei nostri comuni non si paga la TASI». Forse, se ci fosse stato qualcuno di noi o dell'ANCI, avrebbe detto che a Parma e a Livorno si paga, invece è andata così. Sulla «buona scuola» ha detto che «i numeri sono tutti sbagliati», ma quali sono questi numeri sbagliati ? Se ci fosse stato qualcuno del settore scuola, del sindacato se non un politico, forse lo avrebbe chiesto e avremmo potuto approfondire. Noi abbiamo avuto un'ora, la più preziosa, che è andata così.
  Un tema che potrebbe essere spinoso o antipatico, visto il clima che c’è, per il mio schieramento politico è il rinnovo della flotta aerea del Governo: nella trasmissione di Porro, quindi non un mio simpatizzante, il tema dell'aereo è stato affrontato da due persone, da una parte il direttore de Il fatto on line e dall'altra parte Velardi. Non ho dubbi sulla grandissima professionalità del direttore e di Giannini, però temo che sia inseguire un nuovo format. La collega Meloni ha fatto un pezzo su questo famoso aereo, sbagliato o giusto non si sa, ma quando si voleva provare ad argomentare c'era la pubblicità, poi c’è stato il collegamento, poi c’è stato l'intervento, per cui quello è rimasto così. Il dubbio che abbiamo è se questo nuovo format garantisca il dibattito, Pag. 15il pluralismo, l'opinione diversa. Personalmente vengo da un altro lavoro, facevo l'ufficio stampa e ho vissuto l'era dei monologhi, quindi so che i monologhi non portano ascolti, sono una tragedia, sembrano una cosa comoda per il politico però gli ascolti calano.
  Sulla relazione del direttore di ieri è vero che gli ascolti sono in calo perché sono stati dimezzati, però anche quando Floris ha chiuso per la pausa estiva ci sono state quattro puntate, in due è andato sotto il 10 (era 8 e 9), poi ha fatto 10,30 e 10,25, quindi non è così scontata la chiusura, c’è una crisi.
  Un'altra asserzione del direttore è che i talk-show fanno un servizio ma costano poco, però adesso, con gli ascolti ridotti a un terzo, questo costo è ancora favorevole, è ancora valido ? Non c’è quindi alcuna censura, ma c’è semplicemente la voglia di migliorare.

  PRESIDENTE. Il tema del pluralismo dell'informazione politica è chiaramente un tema centrale, che va posto in Commissione e nel Paese e che questa Commissione non deve mai porre in modo strumentale, ma dobbiamo sempre riuscire a tenere il centro della questione al di là delle parti in causa. Se ci sono problemi, qualsiasi essi siano, Vianello e anche Giannini, visto che abbiamo affrontato anche il tema della vera o presunta censura, sanno bene che il pluralismo dell'informazione politica fuori dai periodi elettorali non può essere valutato in due puntate e che oltretutto abbiamo due sentenze, quelle del TAR e del Consiglio di Stato, che pongono la questione che non può più essere censurato un certo tipo di interventi da un punto di vista legale.
  Abbiamo un vuoto che dobbiamo riuscire a colmare come Parlamento fuori da ogni tipo di strumentalizzazione, perché con le strumentalizzazioni non andiamo da nessuna parte. Ho sentito delle frasi importanti dal vicepresidente Verducci, per cui, se la lesione del pluralismo c’è, se come Commissione la valutiamo tale, dobbiamo assolutamente intervenire. Come Commissione non c’è dubbio che si debba intervenire sull'unico strumento che abbiamo: i dati trimestrali che l'Agcom monitora e valuta in modo quantitativo.
  Non c'entra il Movimento, non c'entra il PD, non c'entrano il Governo e tutti gli altri partiti: c'entra il principio che deve essere rispettato da tutti. Anche se non ha poteri sanzionatori, questa Commissione deve far sì che tutte le forze politiche e i movimenti siano rispettati e che non ci siano vantaggi per uno o per l'altro. Questo è il faro che i commissari devono seguire, perché questa è una bicamerale ed essa stessa è istituzione, deve perseguire obiettivi sani, saldi, non per il movimento politico di appartenenza, ma per le persone che tramite il servizio pubblico devono avere un valore aggiunto nella loro vita quotidiana, perché sono loro i finanziatori del servizio pubblico. Ogni volta che viene tradito questo principio tradiamo le persone che ci eleggono e ci portano qui, questo è il punto fondamentale. Ben venga quindi una riflessione sul pluralismo in senso generale, che sia sui talk, sui telegiornali che sono testate giornalistiche, su tutto, ma che deve essere fuori da ogni tipo di strumentalizzazione.
  Questa Commissione da qualsiasi parte arrivino gli attacchi deve sempre difendere l'autonomia giornalistica, l'autonomia e la libertà di espressione che è riconducibile all'articolo 21 della Costituzione. Da chiunque arrivino attacchi, che possono essere letti da qualcuno come intimidazioni e da altri come dibattito, è molto importante che questa Commissione si deve mettere sempre a difesa di questa autonomia e di questo principio. Questo è per me il punto fondamentale su cui discutere fuori da ogni logica nociva per il Paese e a lungo andare per le persone che all'interno del Parlamento rappresentano i cittadini.

  ANDREA VIANELLO, direttore di Rai 3. Ringrazio tutti i commissari e il presidente per i loro interventi che ho ascoltato con grande attenzione. Per quanto in televisione non ami che ci siano le premesse perché sono sempre una perdita di tempo e quando un ospite diceva «premetto» Pag. 16cercavo sempre come conduttore di interromperlo, questa volta vorrei premettere che le mie risposte saranno, così come avrete notato è stata la mia relazione, profondamente tecniche.
  Interpreto il mio ruolo di direttore del servizio pubblico in maniera autonoma, indipendente dalla politica, ho sentito giustamente dai membri commissari anche valutazioni politiche, credo che non sia il mio ruolo farle, non sia il mio ruolo interpretarle, non sia il mio ruolo sposare una tesi o l'altra, ma intendo rispondervi nel merito delle vostre obiezioni, perché la mia percezione, che è poi la percezione giusta, del servizio pubblico è che il servizio pubblico sia rappresentativo di tutti i cittadini e di tutte le forze politiche.
  Gli interventi a volte sono andati sulle stesse tematiche, ma li ho segnati uno per uno, quindi proverò a rispondervi uno per uno, cercando di non ripetermi rispetto a concetti espressi anche da altri parlamentari presenti.
  Il senatore Gasparri si è allontanato, però, come diceva anche l'onorevole Anzaldi, è una delle motivazioni per le quali sono qui, al di là del fatto che mi ha fatto molto piacere poter disquisire con voi di un genere televisivo come il talk, perché è sempre un'occasione interessante di confronto visto che il talk politico si fa invitando i politici e quindi siete protagonisti dei nostri inviti.
  Presadiretta era la tematica principale della richiesta di convocazione del senatore Gasparri, un tema specifico rispetto a un servizio che è andato in onda due puntate fa, in una puntata dedicata alla politica e al sistema partito (peraltro la puntata si è occupata molto del Partito Democratico). Un pezzo piccolo di quella puntata, quindici minuti su una durata di oltre due ore, è stato dedicato a Forza Italia, all'interno di questa puntata cinque minuti ai club di Forza Italia. Mi chiede il senatore Gasparri perché sia stata rappresentata solamente la visione negativa di quei club che non avevano una vera e propria attività, nonostante le telecamere fossero andate anche in club attivi. Intanto vorrei specificare (chiaramente sono informazioni che mi ha dato la redazione di Presa diretta) che avevamo chiesto all'organizzazione del partito di indicarci quantomeno nel Lazio quali fossero i club, ce ne sono 1900, ma la redazione mi dice che ce ne sono stati dati solamente dieci. A questo punto si è pensato di fare un'operazione verità, cioè di andare senza un'indicazione diretta del partito, che pure abbiamo ringraziato per la sua collaborazione, e vedere cosa usciva fuori. È uscito fuori che la decisa maggioranza dei club che vengono iscritti come attivi in realtà o si attivano durante la campagna elettorale o al momento non hanno una sede propria. Questo è stato riportato nel servizio, con la specifica da parte del giornalista di indicare che non tutti erano così, molti erano così, quindi è stata rispettata pienamente l'oggettività del dato in una rappresentazione televisiva di pochi minuti, e, visto che l'emersione dell'inchiesta aveva portato a constatare che una grande maggioranza di quelli da noi a caso monitorati in realtà non era attiva, abbiamo rappresentato quelli.
  La documentazione visiva non serve soltanto per essere mandata in onda, ma è anche un qualcosa che serve al giornalista, il quale nella sua autonomia sceglie, seguendo le regole della deontologia professionale (in questo caso lo ha fatto) di rappresentarlo, quindi televisivamente abbiamo fatto vedere i club che non c'erano, ma abbiamo detto che non tutti i club non erano attivi, ma molti erano attivi.
  Forza Italia si è sentita – dice Gasparri – sottorappresentata, ma devo dire di no, come dimostrano i dati forniti dall'Agcom sullo scorso anno anche dei nostri programmi. Nei nostri programmi formativi cosiddetti talk (giustamente l'onorevole Bonaccorsi mi dice che talkshow è una terminologia tecnica, ma la mia era una sottolineatura del fatto che a noi piacciono meno spettacolarizzati) la rappresentazione di Forza Italia è ampia, è stata riconosciuta dalle autorità di controllo come adeguata, perché, come vi ho detto ieri, chi ci giudica sotto questo punto di vista (poi parleremo del quantitativo e del qualitativo) ci promuove, perché criterio Pag. 17fondante del nostro lavoro sono autonomia ed equilibrio. Così interpretiamo il servizio pubblico, quindi non mi risulta affatto e non risulta dai dati oggettivi, anche quelli quantitativi, che Forza Italia sia sottorappresentata, anzi, in un'occasione siamo stati quasi richiamati perché veniva sovrarappresentata nella momentanea costruzione dei talk-show.
  Quanto guadagna Giannini non lo dico, non perché sia un dato scandaloso, ma perché è un dato di riservatezza aziendale e questa è la linea dell'azienda, so bene qual è la posizione dell'onorevole Brunetta, ma al momento questa è l'interpretazione della legge che la Rai fa e io in quanto dirigente aziendale a quella mi attengo.
  La contaminazione spettacolare, onorevole Pisicchio: come ho cercato di rappresentarvi ieri, ribadisco che qui non sto a rappresentare un'intera categoria del mondo della televisione, né di quel genere televisivo. Come vi ho detto ne facciamo due, per noi questi due non devono essere spettacolarizzati e non lo sono mai stati, è chiaro che bisogna capire cosa si intende per spettacolarizzazione.
  Le confesso che ho delle riserve sul fatto che si possano indicare rigidi steccati di come la televisione declini i vari generi. L'ibridazione in tv è ormai un dato di fatto, è come voler fermare la globalizzazione: non esistono programmi che possono essere definiti totalmente informativi o totalmente di intrattenimento. Nel nostro caso, però, i due programmi in questione, Agorà e Ballarò, così come Report, Presa diretta, In mezz'ora sono programmi informativi, non si possono definire infotainment in nessuna delle loro componenti, persino quando, nella fase in cui c'era Giovanni Floris, avevamo la copertina di Maurizio Crozza, perché era volutamente separata dal dibattito, addirittura il conduttore non interagiva con lui, proprio per sancire una distanza tra l'ironia e la verità.
  Anche adesso, in questa nuova edizione di Ballarò con Massimo Giannini, l'intervallo comico in cui nella prima puntata abbiamo avuto Enrico Brignano, che ha fatto una giocosa ma affascinante orazione sulla città di Roma, è stato un elemento che completava la ricchezza di un format e di uno specifico televisivo, ma non andava minimamente a inquinare il fattore informativo.
  A questo teniamo perché pensiamo che l'informazione sia una cosa molto seria, che a volte si possa fare anche scherzando e facendo una battuta, che non tutto debba essere serioso e professorale, che nel fare due o tre ore di talk sia necessario sdrammatizzare, non stare lì con il cipiglio delle cose importanti, però sappiamo che la materia è seria e delicata, quindi infotainment è un altro discorso, un altro tipo di programmi, legittimo, che non ci riguarda, se non una volta. Non so neanche se si possa definire tale, ma l'ho citato prima, e che meraviglia di programma è (scusatemi se sono di parte) Che tempo che fa, che riesce ad avere una grande intervista, come spesso Fazio fa a grandissimi protagonisti della vita pubblica italiana e internazionale, ma poi a farci ridere con le battute di Luciana Littizzetto, a raccontarci la memoria scherzosa con Renzo Arbore e Quelli della notte. Quello è l'esempio di un programma moderno, che all'interno di uno stesso contenitore riesce a mettere componenti diverse. Non tutti hanno la capacità e la bravura di Fabio Fazio e dei suoi autori, però questo ci fa capire che la televisione contemporanea ha bisogno dell'ibridazione, senza nulla togliere alla serietà dell'informazione che cerchiamo di declinare all'interno nei nostri programmi.
  Lei mi ha attribuito l'idea di fare un decalogo, ma devo dirle di no, onorevole, perché ho il terrore delle regole, non perché non le rispetti (le rispetto eccome) ma ho terrore di sovra regole che vengano messe all'interno di una materia così viva e così importante come la televisione, anche quando si occupa di informazione. Spesso le regole che ci sono arrivate dalla politica hanno rischiato di soffocare i dibattiti. Proprio per la nobiltà che riconosco anche a questo genere di cui non ho nascosto l'usura – come non ho nascosto la necessità di un intervento per il nostro Pag. 18interesse di azienda radiotelevisiva di Stato che sta però sul mercato, la necessità di trovare formule che riescano a convincere il pubblico perché lo vogliamo raggiungere – dico con grande rispetto e umiltà a questa Commissione: non aumentiamo il sistema regolatorio che già esiste ed è nella nostra deontologia professionale, è nei controlli fatti dalle autorità preposte, compresa la vostra, ed è nei fatti nelle regole del nostro mandato di servizio pubblico. Se iniziassimo a indicare ulteriori steccati per poter usufruire di un bene così prezioso come l'informazione, il libero dibattito, lo scambio di opinioni, penso che faremmo un errore, ma naturalmente noi siamo regolati da voi e quindi a qualunque cosa ci atterremo. Se però chiedete la mia opinione, non è di regole che abbiamo bisogno: confronti, come questo, utilissimi, riflessioni, assolutamente, ma non di nuove regole, però naturalmente ci rimetteremo alle decisioni del Parlamento, ferme restando le nostre prerogative di autonomia informativa.
  L'immagine delle nuove modalità espressive nel format, onorevole Pisicchio: quando ho raccontato come vogliamo migliorare Ballarò come tutti i programmi, mi è sembrata abbastanza netta la mia indicazione di dire che l'intenzione del gruppo di lavoro, di Massimo Giannini, della direzione di rete non è quella di cercare la spettacolarizzazione, se questa è intesa come una maggiore vivacità incontrollata del dibattito, non pensiamo che sia più questo il tempo. C’è stato un tempo in cui la rappresentazione della politica, non solo per colpa dei giornalisti che moderavano, ma forse per colpa dei tempi complessivi che si vivevano, era sembrata una rappresentazione di fazioni in lotta. Pensiamo che questo non sia utile per la chiarezza informativa, quindi dobbiamo trovare una strada con la collaborazione di tutti gli ospiti politici e non politici per aiutarci alla chiarezza.
  Ringrazio il senatore Ranucci per gli incoraggiamenti all'innovazione, tema a me molto caro, su cui ho messo la faccia. Sarebbe facile dirigere una rete del servizio pubblico a fare poco di nuovo, perché si rischia poco, ma sarebbe un errore. La mia interpretazione del ruolo di una rete televisiva del servizio pubblico consiste nel riuscire a fare ascolti, perché senza ascolti nessuna innovazione è vantaggiosa, non si può essere contenti, quindi lei giustamente pone un interrogativo molto complesso, se la qualità possa coniugarsi con gli ascolti. Le rispondo che noi dobbiamo riuscirci e, se non ci riusciamo fino in fondo, non possiamo cullarci nella consolazione di aver fatto un prodotto qualitativo, che sicuramente è una medaglia da portare al petto, ma il prodotto lo dobbiamo far vedere, servizio pubblico significa che c’è pubblico e, più pubblico c’è, più abbiamo fatto bene il nostro mestiere, coniugandolo con la qualità, che è un esercizio acrobatico molto complesso, però è anche il bello del nostro mestiere. Per questo ho inseguito l'innovazione, ci sono sempre riuscito, però l'innovazione è una strada perigliosa, vuol dire andare in una foresta sconosciuta e provare a tracciare una strada, a volte la strada non c’è, a volte c’è un albero e devi tornare indietro, ma per il bisogno culturale di questo Paese, culturale da un punto di vista anche televisivo, perché altrimenti rischiamo sempre di guardare la televisione come un mezzo superficiale mentre è trasmissione di linguaggi narrativi, non solo linguaggi formativi, bisogna continuare a farlo, anche a costo di sbagliare, di tornare indietro e di metterci la faccia. Da noi che facciamo il nostro mestiere lo esige il compito che ci viene dato, perché, se si sta fermi, non si segue la contemporaneità del Paese. Il Paese cambia e la televisione deve essere così brava da capire prima ancora come stia cambiando. Non sto parlando di informazione o di politica, ma sto parlando proprio di mezzo televisivo, di prodotto televisivo, è un lavoro un po’ da rabdomanti, da sensitivi, ma si può fare. Bisogna percorrere nuove strade, attualmente Rai 3 grazie a Rai Fiction ha una fiction, Non uccidere, che secondo me è una frontiera molto interessante che stiamo attraversando, perché decliniamo dopo tanti anni la fiction anche su Rai 3 con un'identità diversa dalla grande rete ammiraglia Rai Pag. 191, con la possibilità quindi di immetterci un maggior coraggio linguistico, con ascolti che al momento sono ancora faticosi, ma credo che per esempio questo sia un prodotto estremamente avanguardistico, che porta per la prima volta in Rai una fiction con un linguaggio che siamo abituati a vedere nelle televisioni di altri Paesi, più complesso.
  Rai Fiction fa un lavoro straordinario, però è chiaro che per Rai 1 si deve concentrare nel fare prodotti di largo apprezzamento, mentre per Rai 3 può permettersi una fiction più legata all'identità di rete, così come potrà farlo per Rai 2. Questa secondo me è una delle strade dell'innovazione, che è anche complessa, stiamo andando alla terza puntata però abbiamo tracciato una strada nuova. Il linguaggio della fiction è un linguaggio importante, in questo momento è la narrativa mondiale più forte che c’è, più del romanzo, quello che fanno le serie statunitensi è qualcosa di straordinariamente avanzato, dobbiamo riuscire anche noi a poterlo fare e grazie a Dio la Rai ha tanti canali in cui può farlo, quindi sposo questo tipo di innovazione con grandissimo entusiasmo.
  Lei mi chiede perché abbiamo tenuto al martedì Ballarò, ma ricordo che in Aggiungi un posto a tavola, quando Johnny Dorelli chiedeva al Signore perché proprio lui, rispose: «perché no ?». Io non sono certo il Signore, però le chiedo (non provocatoriamente) perché no, visto che Ballarò è sempre andato il martedì, è stato il suo giorno storico fondante, che ha costruito un appuntamento fisso per i telespettatori di Rai 3. La legittima scelta del conduttore Floris di andare in un'altra rete e di fare il proprio programma concorrente non poteva certo condizionare quella che era una posizione solida da parte della rete. Le dirò di più: naturalmente non è stata una decisione presa solamente per orgoglio o con la pancia, è stata una decisione presa anche con la testa, abbiamo fatto i nostri ragionamenti di marketing all'interno dell'azienda per capire quale fosse la soluzione migliore di fronte a un'emergenza scoppiata nel pieno dell'estate, e tutte le strutture aziendali preposte hanno deciso, pensato e condiviso il fatto che mantenere la nostra posizione fosse non soltanto rispettoso nei confronti del pubblico del servizio pubblico, che andava a ritrovarsi lì il suo appuntamento tradizionale, ma anche strategico per l'affermazione del programma e del marchio. Dal nostro punto di vista perdevamo un grandissimo conduttore, ma Ballarò è Rai 3, quindi ne avremmo preso un altro, a dover cercare altri giorni di palinsesto non eravamo noi e strategicamente questa operazione è rimasta. Peraltro non dimenticate che nel palinsesto di tutti gli altri giorni ci sono altri prodotti concorrenti, il lunedì l'anno scorso ce n'erano addirittura due, Piazza pulita su La 7 e Quinta colonna su Rete 4, il mercoledì è un giorno per noi prezioso perché abbiamo la collocazione di Chi l'ha visto ?, che è un programma straordinario di servizio pubblico e di tanto pubblico, con una grande Federica Sciarelli, e il giovedì lo scorso anno e quest'anno c’è un concorrente diretto in Rai, Virus con Nicola Porro, oltre ad avere l'anno scorso la presenza di Santoro, che quest'anno si sposterà al giovedì, con Piazza pulita. È stata quindi una scelta strategica meditata e convinta, che riteniamo ancora convincente.
  Stia tranquillo, Il processo del lunedì non ha intenzione di rievocare casi Moggi né da parte mia, né da parte di Rai Sport con cui condividiamo questo progetto, né da parte di Enrico Varriale. Pensiamo di aver messo nel programma elementi e germi di novità molto lontani dal pur straordinario meccanismo narrativo di Aldo Biscardi, che inventò questo programma. Ne abbiamo tenuto il marchio, perché sentivamo l'esigenza che in Rai e nel servizio pubblico, avendo a disposizione per primi le immagini in chiaro delle partite del posticipo del lunedì, ci fosse questa offerta ai telespettatori, vedere per primi le immagini e avere la possibilità di commentarle non da tifosi accaniti o sguaiati, ma anche con ironiche prese in giro e la voglia di fare qualcosa di più, tanto che gli ospiti sono anche giornalisti non addetti ai lavori, ma tifosi speciali. Pag. 20L'intenzione è quindi un marchio antico ma fatto moderno, e ci stiamo lavorando.
  Ringrazio il senatore Rossi dell'affermazione con cui ha espresso la sua opinione di una rete molto vicina al suo senso del servizio pubblico, naturalmente sono convinto che tutte e tre le reti generaliste lo facciano bene, ma per i temi che trattiamo mi rendo conto che abbiamo forse una responsabilità maggiore, avendo poco intrattenimento, che è importante fare con stile di servizio pubblico come fanno le altre reti, e più informazione.
  Ripeto che non voglio parlare di posizioni politiche, che sono state rappresentate, dalle battute sulla Siberia di Beppe Grillo ad avvertimenti, ma esprimo la mia posizione. Naturalmente anche riguardo ad affermazioni riportate dalla stampa, rispetto quello che ha detto il Presidente del Consiglio perché rispetto sempre quello che dicono tutte le persone e il Presidente del Consiglio in particolare, essendo il capo del nostro Governo. Mi sono dispiaciuto di sentirle, al di là la battuta su Rambo, perché è un dato oggettivo che siamo andati sotto Rambo, ma sono due generi diversi e peraltro era già successo lo scorso anno, le rispetto, mi dispiacciono, da direttore della rete mi dispiace che il Presidente del Consiglio abbia questa opinione e non condivido il fatto che Ballarò possa essere definita insieme al suo competitor, che però non mi riguarda, una trasmissione che parla solo di cose brutte, non è nostra intenzione, naturalmente il giornalismo è un mestiere che deve fare sempre il cane da guardia di tutto, non soltanto del potere politico, è inevitabilmente tendente a raccontare anche le cose che non vanno e credo che sia nostro dovere farlo, ma senza alcun pregiudizio. Ho già detto ieri questa cosa, non vi avevo fatto riferimento perché non pensavo fosse né il luogo, né così significativo, ma lo rifaccio. Noi interpretiamo questo mestiere con uno spirito di autonomia che io rivendico, ma di grande rispetto di tutte le parti politiche, di grande rispetto verso quella cosa così difficile da ottenere che è la verità oggettiva, di grande travaglio anche della difficoltà di raggiungere questo scopo di raccontare in modo obiettivo, senza alcun pregiudizio verso nessun partito politico di quelli presenti nell'arco parlamentare delle forze di maggioranza e di opposizione.
  I pareri sono tutti accetti, le critiche sono tutte legittime, noi continuiamo a fare il nostro mestiere, questo è sicuro, ma direi che non c’è niente da drammatizzare, è giusto che in una democrazia si parli e ognuno dica la sua, chiaramente alcune parole possono pesare più di altre però abbiamo la coscienza di fare questo mestiere con una dirittura morale che ci viene data dalla parola Rai e servizio pubblico. Speriamo davvero di avere il consenso, vorremmo che tutti apprezzassero il nostro mestiere e sapessero che lo facciamo con correttezza.
  Per questo dico la stessa cosa anche al professor Brunetta per quanto riguarda il suo partito. Lei ha rievocato la sentenza del TAR, che mi tengo stretta perché ritengo che sia uno dei concetti che eravamo venuti a esprimervi: il lavoro del giornalismo non può essere basato sulla quantificazione dei minuti o delle presenze, ci sono dei criteri più forti e sono i criteri della notiziabilità, dell'importanza gerarchica delle notizie, che il nostro ruolo è tenuto a dare. I criteri non possono quindi che essere qualitativi. Ricordo che nell'ultima seduta si era addirittura ipotizzato che questa Commissione potesse studiare come fare un Qualitel dei criteri, vi avevo lasciato la volta scorsa con questa cosa, sapendo che era molto complicato, ma credo davvero che dobbiate lasciare questi criteri qualitativi alla nostra serietà, alla nostra deontologia. Esistono tutti gli strumenti per potersi opporre quando vengono dette cose sbagliate, questo è lo strumento, sono qui a rispondervi pubblicamente, un altro strumento è la rettifica, un altro strumento le querele. Se qualcuno sbaglia, paga, ma noi siamo parte di una grande azienda del servizio pubblico che ha regole di serietà impartite all'interno di questa azienda, quindi rispetto all'equilibrio del pluralismo dovete lasciarci questa parte qualitativa. State tranquilli che la Pag. 21parte quantitativa comunque esiste nell'equilibrio sostanziale che emerge ogni volta dall'Agcom, sul quale veniamo sempre promossi. Nel caso specifico so che lei è di opinione diversa rispetto a quella sentenza e rispetto la sua opinione, però in quel caso venne sancito che, se ho un programma che fa interviste a faccia a faccia che dura nove mesi e che deve seguire a un certo punto eventi che vedono particolarmente esposta una parte politica perché è notizia, è inevitabile che magari nell'equilibrio sostanziale ci possa essere una maggiore presenza di quegli esponenti.
  Lei peraltro sa bene, senatore Brunetta, che, come ho detto l'altra volta e ripeto, un'intervista è un contraddittorio, è quasi il principe dei contraddittori, perché c’è un giornalista che fa le domande e ottiene delle risposte, non è un monologo...

  RENATO BRUNETTA. Nel caso di Fazio, non si tratta di un giornalista...

  ANDREA VIANELLO, direttore di Rai 3. Lei mi parla di Fazio perché aveva parlato di Che tempo che fa e di In mezz'ora, Fabio Fazio non ha il tesserino da giornalista ma lei sa bene che da molti anni conduce un programma in cui ha avuto gli ospiti più prestigiosi che possano capitare nella televisione italiana, quindi questo devo ribadirlo...

  PRESIDENTE. Infatti ci sono stato anch'io !

  ANDREA VIANELLO, direttore di Rai 3. C’è stato anche il professor Brunetta. Il lavoro di Fazio sicuramente in questo momento è un lavoro fortemente giornalistico, però scusate, onorevoli membri di questa Commissione, davvero aiutiamoci su questo, perché si tratta di un tema che ritorna in continuazione.
  La ringrazio per alcune cose che ha detto, senatore Airola, però anche lei rispetto al caso Di Battista ha tirato fuori quantificazioni temporali. Non possiamo essere giudicati su questa base o almeno non possiamo essere giudicati solo su questa base, sarebbe un errore.

  ALBERTO AIROLA. Non era rivolto a lei...

  ANDREA VIANELLO, direttore di Rai 3. Lo so, però il fatto che lei lo citasse era indice che comunque lo teneva in considerazione come un elemento. Vorrei dirvi invece che non è così che potete giudicare, giudicateci per quello che facciamo, noi siamo giudicati attraverso l'Agcom rispetto all'equilibrio sostanziale e alle presenze, però non possiamo certo essere conteggiati con i minuti e con le presenze, perché quella è un'altra sfera, è la sfera della comunicazione politica ed entra in vigore nel pieno della campagna elettorale per i programmi che peraltro non sono ricondotti a testata. Ballarò e Agorà durante la campagna elettorale sono ricondotti a testata e quindi neanche nel pieno della campagna elettorale possono essere giudicati sul tempo di parola, ma vi garantiamo (naturalmente è giusto che siate qui a non credere a quanto diciamo) che il nostro scopo come servizio pubblico è l'equilibrio e che gli strumenti che ci sono attualmente per definirlo a livello quantitativo si basano sull'equilibrio sostanziale, mentre per il qualitativo mi sembra molto complesso, se non affidarvi alla serietà dell'azienda. Se infatti si fa un'intervista a un esponente politico coinvolto in uno scandalo, non si sta facendo qualcosa a favore di quell'esponente, non gli si fa un favore elettorale, ma con il criterio quantitativo verrebbe considerato come minutaggio a favore di quel partito. Capite già che questo rende tutto impossibile. Il qualitativo è opinabile, professor Brunetta, per questo siamo noi che dobbiamo essere interpreti seri (e su questo verremo giudicati anche dai cittadini) rispetto alle cose che facciamo.
  Lo dico anche all'onorevole Peluffo, che ringrazio. Cosa sia il pluralismo è una bella domanda, onorevole: il pluralismo è quello che cerchiamo di fare, perché capisco perfettamente che non è una scienza esatta, però pluralismo vuol dire tante voci e noi le mettiamo. Mi dispiace, mi sto dilungando, però l'argomento necessita di attenzione. Mi permetto, onorevole, di ritornare Pag. 22sul caso Di Battista, perché ho avuto rispetto e stupore (lo dico anche all'onorevole Verducci), rispetto perché se qualcuno ha qualcosa da obiettare su Rai 3 ascolto sempre con attenzione, ma nello stesso tempo stupore perché, come diceva lo stesso onorevole Peluffo, anche se poi diceva che si deve intervenire preventivamente, eravamo alla seconda puntata. Questo significa che il criterio giornalistico, in questo caso editoriale ha fatto sì che in quelle due prime puntate ci fosse una scelta editoriale che vedeva coinvolti esponenti del Movimento 5 Stelle. Ho già detto che il tavolo, l'intervista faccia a faccia, one to one sarà uno degli elementi del Ballarò di quest'anno, per cercare di fare un format meno basato su sei persone che discutono per tre ore, ma anche per avere chiarezza, risposte. Ieri c’è stato il Ministro della cultura Franceschini, la volta precedente c’è stato l'onorevole Di Battista, dodici minuti su centosettantasei. Perché Di Maio e Di Battista ? Perché nella prima puntata l'invito del Vicepresidente della Camera Di Maio era teso ad approfondire il tema della leadership nel Movimento 5 Stelle e per motivi editoriali questo tema è stato poi approfondito anche nella seconda puntata con un altro ospite. Ribadisco però che ci sono quarantadue puntate, ci sarà spazio per tutti, lo stupore era solo quello, come vi ho già detto ieri, ora sono rimaste quaranta puntate, onorevole Bonaccorsi, ma ci sarà spazio per tutti. Peraltro il Vicepresidente della Camera Di Maio non ha avuto un'intervista a faccia a faccia, ma è stato all'interno di un momento con due giornalisti e poi anche con il Ministro Martina, quindi ha fatto parte di un'altra dinamica rispetto a quella di un'intervista a faccia a faccia. Vorrei però rivendicare che le interviste a faccia a faccia non possono essere considerate un favore a questo o quel partito, perché a volte possono essere anche molto scomode: siete sicuri che sia sempre un vantaggio per quel partito ? Io non credo che sia così, ma per tutti, non perché un partito verrà trattato bene e l'altro male: perché le interviste sono momenti di informazione, non spazi di tribune elettorali o di comizi personali, sono momenti di informazione e così le interpretiamo, quindi mi spiace se sono state interpretate in maniera sbagliata o in maniera che ha creato questo tipo di posizione.
  Grazie per Presa diretta, onorevole Peluffo, penso anch'io sia un'eccellenza, il racconto entra spesso nelle viscere del Paese. Lei ha citato Eleonora Voltolina che stimo molto e che ha espresso pareri contrari a quanto emerso, fermo restando che è stata una puntata a mio avviso equilibrata, c'era il Ministro Poletti a ribadire ogni affermazione che poteva esserci sul Jobs Act, ma le dico anche che suscitare un dibattito è una cosa preziosa. Il fatto che Voltolina il giorno dopo abbia potuto dire la sua e che questo resti come una scia, quindi il programma non chiude, dimostra che nessun programma avrà mai la verità oggettiva, ma un programma che suscita un dibattito, anche critico, è un programma che merita l'attenzione del pubblico, se fatto con correttezza e con serietà, come tutti i nostri sono stati sempre fatti.
  Sono qui a dirvi, senatore Airola, che i talk-show non sono morti anche se non godono di grande salute...

  ALBERTO AIROLA. Era solo una battuta !

  ANDREA VIANELLO, direttore di Rai 3. Né attribuisco alla presenza degli esponenti del Movimento 5 Stelle il colpo finale, perché come lo diceva lei era «da quando siamo andati nei talk, i talk sono morti». Come è agli atti della mia relazione, si tratta di un genere molto importante, nobile, di cui non bisogna abusare, che non bisogna rendere l'unico modo per raccontare questo Paese, perché ci sono tanti altri modi per raccontarlo e noi proviamo a interpretarli tutti, però credo che l'esercizio democratico dello scambio delle opinioni sia molto importante e che sia un genere che va preservato, arricchito, coltivato, innovato.
  Non sono insensibile a ciò che questa Commissione mi dice, quindi va innovato, Pag. 23siamo i primi a volerlo fare, è lo stesso mondo della tv e dell'azienda di Stato che ha intenzione di fare un programma che funzioni di più, che abbia più aderenza al pubblico, che faccia bene il suo mestiere ma sia anche visto, non alla ricerca del facile ascolto, perché in quel caso andiamo verso gli schiamazzi, perché penso che sia difficile l'ascolto, che non si conquista aizzando i toni, ma si conquista con strategie intelligenti, riuscendo a capire qual è la strada per rendere questo prodotto migliore. Ci stiamo lavorando, la saturazione secondo me non è un problema così immediato, per quanto ci riguarda ne abbiamo due. Faremo altri programmi di parola ? Sì, abbiamo in ballo un programma che metterà a confronto l'Italia con altri Paesi stranieri, condotto da Beppe Severgnini. Sarà un programma di parola, sarà un programma di immagini, ma non sarà necessariamente quel tipo di talk, eppure è un talk, quindi capite come tutta la materia sia molto difficile da definire e nello stesso tempo importante da mantenere.
  Sì, onorevole Bonaccorsi, mi piacciono sempre tanto quelle tre parole della BBC, anche se sembra sempre che la BBC sia straordinaria, mentre a volte in prime time, se vi capita di vederla, vi accorgerete che ci sono molti programmi di una qualità molto inferiore a quella del suo mito e anche della nostra stessa azienda. Io so male l'inglese, ma credo che prima di educate e entertain, ci fosse inform, anche se per me sono uguali e sullo stesso piano. È chiaro che educare ci riporta a una tv maestra, che era un po'la televisione dei primordi, quando ancora c'era solo il canale di Stato, quando non c'era la concorrenza privata, la tv maestra che tante cose ha fatto e le evochiamo spesso. Certo l'educazione rimane perché è un ruolo pubblico, ma a me non dispiace avere prima inform e nel mio personalissimo cartellino, come diceva Rino Tommasi, tengo inform, educate and entertain. Di entertain faccio a meno, anche se con Fabio Fazio facciamo uno straordinario intrattenimento e anche in altri programmi che fanno ridere, sorridere e divagare, però per me inform and educate sono due capisaldi del ruolo del servizio pubblico, non lo dimentico mai e non lo faccio dimenticare a chi lavora con noi.
  Non è stata una scelta, quella di Massimo Giannini, per un pubblico di riferimento, non so se lei lo abbia colto da alcune mie parole, ma la scelta di Massimo Giannini fu oggetto di parte dell'audizione dell'ultima volta, è stata una scelta meditata, strategica, giornalistica, pensando di prendere uno dei migliori giornalisti sul mercato, sicuramente conosciuto al pubblico di Ballarò perché veniva spesso ospite, quindi un volto che poteva essere di riferimento, per la sua autorevolezza che non è legata a un certo pubblico, ma è legata a tutto il pubblico, ed è una scelta che rifarei.
  Allo scivolamento verso la spettacolarizzazione credo di averle risposto, onorevole Verducci, in quanto non lo vogliamo fare. L'onorevole Anzaldi ha analizzato dettagliatamente una puntata del programma, come è giusto, anzi vuol dire che l'ha visto con attenzione. Nicola Lagioia, il giovane scrittore premio Strega con La ferocia, è stata un'anteprima, è stata un'idea della redazione far aprire a un grande scrittore, perché da tanti anni diciamo di far tornare gli scrittori in televisione e noi ci proviamo. Anche lei, onorevole, è però entrato nel dettaglio della puntata sottolineando come ci fosse bisogno di un'ora per arrivare all'inizio della puntata, mentre la puntata è iniziata subito, nel senso che quegli elementi che lei ha ravvisato all'interno della puntata, cioè l'intervista di cui abbiamo molto discusso all'onorevole Di Battista e l'intervista a uno dei più grandi scrittori italiani, Roberto Saviano, erano già puntata, in questa ricerca di un nuovo stile del programma, che non prevedesse solo un dibattito incrociato tra varie persone: erano momenti strutturali del programma, a cui poi abbiamo subito fatto seguire l'inizio di un dibattito.
  Le confesso che, se però entriamo in questa dinamica per cui analizziamo la puntata minuto per minuto, signori miei...

Pag. 24

  MICHELE ANZALDI. È un'ora del prime time...

  ANDREA VIANELLO, direttore di Rai 3. La rivendico proprio come una scelta editoriale: all'interno di quelle tre ore si è scelto di aprire per i suddetti motivi con un'intervista a un esponente di un partito, che proseguiva un discorso fatto precedentemente, e poi con un'intervista a uno dei più grandi intellettuali italiani su temi di varia natura, tra cui il sud del Paese. Abbiamo poi continuato, peraltro dando a tutti coloro che erano coinvolti in questa doppia intervista ampio diritto di replica, quindi non siamo caduti in una composizione irregolare, faziosa o parziale del programma, abbiamo destrutturato il programma facendo questi cambiamenti. Potrà succedere altre volte con altri personaggi, ma ribadisco: giudicateci alla fine o anche trimestralmente, giudicateci all'interno di un arco temporale.

  MICHELE ANZALDI. Io fazioso non l'ho mai detto !

  ANDREA VIANELLO, direttore di Rai 3. Non mi riferivo alle sue parole: noi raccontiamo e in questo racconto ci possono essere delle cose diverse dal semplice dibattito e ci saranno. Sarà una delle nostre prerogative.
  Costano poco, tanto da giustificare, o meglio fanno ascolti sufficienti da giustificare anche il costo che è uno dei più bassi ? La mia risposta è che, dato che non solo di ascolti viviamo, un genere così, che ha grande potenza informativa, deve anche tener conto del suo ruolo di servizio pubblico, quindi prima di chiudere un programma di informazione tra trent'anni perché farà ascolti molto bassi, ci penserò 25.000 volte di più di quanto farei per chiudere un programma di intrattenimento, perché l'informazione è sempre un bene primario. Certo, se non funziona, lo devo aggiustare, lo devo migliorare, nel caso specifico vi ho fatto un'analisi probabilmente anche noiosa sulla divisione degli ascolti: sicuramente abbiamo capito che c’è un momento in cui l'attenzione a questi temi politici è più bassa e forse è anche colpa nostra, di come li raccontiamo. Su questo lavoriamo, è nostra intenzione lavorare.
  Costano poco ? Sì, costano poco, sempre nella riservatezza dei dati industriali, sicuramente Ballarò è una delle prime serate più economiche di tutta la televisione italiana, e pensate per quanto tempo questa prima serata ci ha dato ascolti strepitosi. Ora sicuramente sta subendo un momento complesso dovuto anche alla concorrenza, ma rimane un fattore di condivisione tra costo e beneficio alto, e soprattutto ribadisco che l'informazione non può essere giudicata con lo stesso metro con cui giudichiamo uno show di prima serata, che peraltro generalmente su altre reti costa molto di più.
  Ho parlato tanto, spero di aver detto tutto, non so se mi sono scordato qualcosa, ma certo, anche nei tempi contingentati che avete, se avete bisogno di repliche io sono qua.

  PRESIDENTE. Ringrazio il direttore Vianello e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.45.