XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 103 di Martedì 7 luglio 2015

INDICE

Pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Comunicazioni della presidente:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Mirabelli Franco  ... 4 
Bindi Rosy , Presidente ... 4 
Mirabelli Franco  ... 4 
Bindi Rosy , Presidente ... 4 

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, Giovanni Salvi:
Bindi Rosy , Presidente ... 4 
Salvi Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania ... 4 
Bindi Rosy , Presidente ... 7 
Molinari Francesco  ... 7 
Gaetti Luigi  ... 7 
Lumia Giuseppe  ... 7 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 8 
Dadone Fabiana (M5S)  ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 9 
Salvi Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania ... 9 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 20.15.

Pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Comunicazioni della presidente.

  PRESIDENTE. Prima di passare al principale punto all'ordine del giorno che, come sapete, è l'audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, dottor Giovanni Salvi, con il permesso dell'audito occupo un minuto per comunicazioni della presidente.
  Comunico ai colleghi di aver ricevuto in data odierna due lettere, una dell'onorevole Francesco D'Uva, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione, e un'altra dell'onorevole Dalila Nesci, nelle quali si riferisce di un articolo apparso sul Corriere della Calabria di ieri in cui si parla di «alcuni finanziamenti ricevuti dalla collega deputata del Partito Democratico Enza Bruno Bossio, da società finite nel mirino della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro».
  Poiché tale vicenda sarebbe, a giudizio dello scrivente, «incompatibile con la permanenza dell'onorevole Bruno Bossio all'interno della Commissione parlamentare antimafia», si chiede quali provvedimenti e determinazioni la presidente intenda assumere al riguardo.
  A tale proposito, ricordo anzitutto che la legge 19 luglio 2013, n. 87, istitutiva della Commissione, prevede che i componenti siano scelti dai Presidenti di Camera e Senato «anche tenendo conto della specificità dei compiti assegnati alla Commissione». Inoltre la stessa legge istitutiva prevede che «i componenti della Commissione dichiarano alla Presidenza della Camera di appartenenza se nei loro confronti sussista una delle condizioni indicate nella proposta di autoregolamentazione avanzata, con la relazione approvata nella seduta del 18 febbraio 2010, dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, istituita dalla legge 4 agosto 2008, n. 132» e che «qualora una delle situazioni previste nella citata proposta di autoregolamentazione sopravvenga, successivamente alla nomina, a carico di uno dei componenti della Commissione, questi ne informa immediatamente la Presidenza della Camera di appartenenza».
  Ricordo inoltre che il regolamento interno della Commissione prevede all'articolo 3, comma 1, che «In caso di impedimento definitivo, di dimissioni dalla Commissione, di assunzione di un incarico governativo o di cessazione del mandato parlamentare, i componenti della Commissione sono sostituiti da altri parlamentari nominati con gli stessi criteri e la stessa procedura di cui all'articolo 2 della legge istitutiva.». Al comma 2 si precisa altresì che «Non sono ammesse sostituzioni temporanee dei componenti la Commissione».Pag. 4
  Faccio pertanto presente che la Presidenza della Commissione non ha alcun potere in merito alla composizione della medesima Commissione, atteso che essa compete ai Presidenti delle Camere, e perciò non può adottare alcun provvedimento o determinazione sul caso in esame.
  Rilevo peraltro che la vicenda riferita nella lettera a proposito dell'onorevole Bruno Bossio non appare allo stato configurare alcuna delle condizioni previste né dal codice di autoregolamentazione approvato nella scorsa legislatura e richiamato dalla legge istitutiva, né tanto meno in quello approvato dalla Commissione nella seduta del 23 settembre 2014. Questo dovevo come presidente della Commissione: lettera pubblica, risposta pubblica. Passiamo all'audizione del procuratore, anche per un rispetto dell'audito.

  FRANCO MIRABELLI. Sono anch'io per passare all'audizione del procuratore, tenendo conto delle vicende di quest'ultima settimana, e dopo la discussione che abbiamo fatto in quest'Aula sul documento sul rapporto mafia e informazione, che si è puntata molto sulla Calabria.
  In questa settimana sono successe delle cose che credo abbiano attinenza con quella discussione, quindi penso che sia il caso di riprendere quella discussione per fare chiarezza in tutta la vicenda.

  PRESIDENTE. Non appena il relatore onorevole Fava sarà di nuovo tra noi stabiliremo insieme il percorso alla luce anche di richieste che sono pervenute.

  FRANCO MIRABELLI. Magari facendo un focus specifico su questa vicenda calabrese.

  PRESIDENTE. Dobbiamo farne ancora uno sulla Sicilia e ne faremo un altro sulla Calabria.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, Giovanni Salvi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania Giovanni Salvi. L'audizione odierna, che fa seguito a quelle già effettuate in precedenza sia in Commissione sia in occasione di missioni, ha ad oggetto, in particolare, le vicende del CARA di Mineo, oltre a costituire l'occasione per un'informativa sulla recente operazione relativa al Catania Calcio e per un aggiornamento sulla vicenda giudiziaria del dottor Mario Ciancio.
  L'audizione odierna si svolge in forma libera, ma, ove necessario, si potrà proseguire in seduta segreta.
  Prima di cedere la parola al procuratore Salvi, che ringrazio per la sua presenza, colgo l'occasione per formulargli, a nome della Commissione, gli auguri per il nuovo incarico di procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma, che è in procinto di assumere. Lo ringrazio del lavoro svolto in questi anni come procuratore della DDA di Catania. Siamo, anzi, onorati di avere la possibilità anche di usufruire del suo servizio a Catania di questi ultimi giorni, perché credo sia imminente l'assunzione del nuovo incarico.

  GIOVANNI SALVI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania. Grazie, presidente. In effetti, tra pochi giorni – penso il 15 luglio – prenderò servizio qui a Roma. Mi dispiace di andar via da Catania perché, a parte il lavoro fatto, è una città di straordinario interesse, nonché un bellissimo ufficio di procura, molto migliore di quello che forse l'immagine esterna poteva far credere.
  Il lavoro che ha fatto la procura sulla vicenda del CARA di Mineo è ancora in corso, ma credo che darà qualche frutto. Quando sono stato audito l'ultima volta su questo abbiamo dato delle indicazioni abbastanza generali, non voglio dire generiche. Pag. 5Dopo di questo è stato emesso un provvedimento articolato di perquisizione di alcuni luoghi, con l'indicazione delle persone che erano sottoposte alle indagini. Questo aspetto non è, quindi, più coperto nemmeno da un profilo di segretezza in quanto portato a conoscenza delle persone nei cui confronti si procede.
  Le perquisizioni hanno portato a individuare parecchie circostanze d'interesse, insieme all'attività di indagine che è stata fatta in correlazione. Mi riferisco soprattutto a esami di persone informate sui fatti. La cosa forse più significativa è la collaborazione con la procura di Roma, che ci sta consentendo di rileggere il molto materiale che la procura aveva accumulato negli anni alla luce del patrimonio che abbiamo oggi.
  Questo è un lavoro complesso per il quale abbiamo l'assoluta collaborazione non solo della procura, ma anche del ROS, quindi stiamo rileggendo tutte le intercettazioni che vi sono state in passato. Molte cose, infatti, non erano state individuate in quanto il ROS e la procura di Roma avevano un obiettivo diverso, che era quello delle vicende romane nelle quali il discorso del CARA si inseriva certamente ad incastro, ma un po’ dall'esterno.
  Questo complesso di nuove investigazioni ci consente di avere il quadro che credo conosciate perché vi abbiamo trasmesso, se non erro, il provvedimento di perquisizione che è ampiamente motivato, nel quale si dà atto della successione nel tempo dei diversi provvedimenti assunti per la gestione del CARA, che indicano la costruzione fotocopia dei bandi, in merito alle caratteristiche delle società che si dovevano occupare del bando.
  Ora, a questo quadro, stiamo aggiungendo gli elementi informativi ulteriori, individuando le responsabilità personali dei diversi soggetti. Direi che vi sono due profili completamente diversi che si vanno a intersecare.
  Il primo è quello della gestione degli appalti che individuano Mineo come luogo dove costituire il CARA; il secondo riguarda la fase di gestione successiva, quella che determina una serie di altri appalti – effetti a catena – che non riguardano più Catania, ma Caltagirone perché concernono, appunto, la gestione concreta del CARA con il consorzio di comuni che era deputato a gestirlo.
  Devo dire che, a seguito delle perquisizioni e degli atti che stiamo compiendo, anche questi aspetti si ricollegano con i primi, soprattutto nel delineare una finalizzazione al consenso elettorale di molte delle attività. Credo che questa sia la parte per noi più significativa rispetto alle acquisizioni romane. Quindi, i profili che valuteremo al termine di questo lavoro sui rapporti tra i bandi originari e la gestione concreta vanno entrambi in quella direzione.
  Abbiamo anche individuato contatti tra soggetti che possono fare riferimento a cosa nostra, sui quali lavoreremo. Alcuni sono stati individuati solo molto di recente, ma mi sembra importante indicare – questa forse è la cosa per voi più rilevante – che da questo non emerge un condizionamento diretto di quelle attività da parte delle organizzazioni criminali siciliane, intendo in particolare cosa nostra catanese e del Calatino. Emergono, come in tutti i casi di questo genere, interessi a trarre profitto da un grande flusso di denaro pubblico che attira sempre un interesse delle organizzazioni criminali, ma non ancora, per noi, il fatto che queste attività siano controllate da organizzazioni criminali.
  Credo che questo sia molto importante come discrimine. Quindi, per il momento procediamo anche nell'ipotesi di infiltrazioni mafiose, ma emerge l'infiltrazione più che il controllo di queste attività.
  I tempi di questo lavoro non sono brevi perché stiamo procedendo alla rilettura del materiale che già conoscevamo, ma non nella sua integralità. Infatti, ci erano stati trasmessi le informative e gli atti fondamentali, ma una cosa è leggere il lavoro fatto con la finalizzazione dell'autorità che investigava con il suo filone, un'altra è rileggerlo con l'ottica che interessa a noi. Vengono, comunque, fuori cose interessanti. Dunque, non credo – ripeto – che i tempi siano brevi anche Pag. 6perché è stato acquisito parecchio materiale nel corso delle perquisizioni e si deve lavorare su questo.
  Per quanto riguarda il Catania Calcio, innanzitutto vorrei dire che i colleghi che hanno fatto questo lavoro meritano una particolare attenzione ed elogio perché hanno utilizzato il metodo di lavoro che credo debba essere seguito in questi casi.
  Se considerate che l'inizio delle nostre investigazioni è del marzo 2015, che l'ultima partita è stata il 24 o il 25 maggio e che il 18 giugno abbiamo già avuto i provvedimenti cautelari del giudice – il che significa che siamo in grado di intervenire rapidamente mettendo a disposizione della giustizia sportiva ciò che è necessario ai fini anche della prevenzione per l'anno futuro – credo che questo sia in sé un risultato molto positivo.
  Per quanto riguarda possibili infiltrazioni anche in questo caso mafiose, la nostra indagine attuale è concentrata sulla vicenda delle cinque o sei partite che vogliamo concludere. Tuttavia, anche in questo caso abbiamo raccolto del materiale che dovrà essere sviluppato. Come spesso accade anche nelle vicende siciliane, vi sono dei profili di soggetti di notevole interesse, quindi lavoreremo anche su questo filone.
  A ogni modo, lavorando passo per passo e cercando di acquisire ogni volta il risultato più rapidamente e in maniera più consolidata possibile, abbiamo fatto questa scelta. Quindi, per il momento questo processo si concluderà rapidamente, al contrario degli altri, perché ormai per queste sei partite abbiamo un buon materiale probatorio. Comunque, è un procedimento che non si ferma qui. Ci saranno altre indagini e altri sviluppi sulla base del materiale sequestrato e di quello che abbiamo raccolto nelle intercettazioni.
  Questi erano i due primi punti. Il terzo punto è, ovviamente, il processo Ciancio. Vi abbiamo mandato una parte significativa del materiale, facendo una selezione – perché è un procedimento molto voluminoso – delle cose più rappresentative che possono dare un quadro della vicenda. Certamente, è un processo difficile. Come, con una infausta espressione, disse qualcuno, non è un processo con la pistola fumante, ma indiziario con molti elementi estremamente interessanti che durano nel tempo e danno un quadro di un possibile coinvolgimento.
  Riteniamo che tale sia, altrimenti non avremmo fatto questa richiesta. Tuttavia, certamente è un processo che ci impegnerà molto perché vede un coinvolgimento dell'imprenditore in una serie di attività tipicamente individuate anche in passato come metodo mafioso particolarmente utilizzato a Catania, ma anche altrove, ovvero quello della valorizzazione di terreni e di operazioni imprenditoriali attraverso il rapporto con le organizzazioni criminali.
  Vi abbiamo mandato il provvedimento della richiesta di misure di prevenzione nei confronti dell'editore, quindi avete potuto ricostruire la serie di operazioni che, a nostro parere, disegnano questo quadro. Vi sono alcuni collaboratori, anche recenti, che parlano dei rapporti tra Ciancio ed esponenti di cosa nostra, quindi il complesso di queste acquisizioni dà un forte quadro indiziante che ci ha portato a questo passo.
  Anche qui, i tempi non saranno brevissimi. Vi è già stata la prima udienza nella quale vi è stata, da parte della difesa, una richiesta di rinvio. In realtà, per essere più preciso, era stata preannunziata una richiesta di rinvio, ma poi non è stata necessaria perché vi è stata una questione relativa alle costituzioni di parti civili, quindi il giudice ha rinviato ad ottobre per la decisione sull'ammissibilità di alcune delle costituzioni di parte civile. Avremo un'udienza preliminare nella quale è ancora incerto se vi sarà una richiesta di giudizio abbreviato oppure ordinario. Insomma, i tempi per questa decisione non sono brevi.
  Completo un aspetto su Ciancio che può essere interessante. Mi riferisco all'individuazione in Svizzera di una ingente somma di denaro. In relazione anche a delle dichiarazioni che sono state rese dai difensori dell'indagato, devo dire che in realtà l'indicazione dell'esistenza di queste Pag. 7provviste in vari istituti bancari non è stata fornita da Ciancio. È stato un lavoro investigativo, anche piuttosto significativo, fatto dai ROS, che ha comportato dei pedinamenti collegati con intercettazioni telefoniche, effettuati anche in collaborazione con l'autorità svizzera, attraverso i quali siamo riusciti a individuare le banche e poi, attraverso commissioni rogatorie, a ricostruire la presenza di queste somme di denaro.
  Nel primo interrogatorio, l'indagato ha negato di avere questi fondi, quindi non è vero che è stato ammesso. Difatti, l'Agenzia delle entrate non ha accolto la domanda di avvalersi del nuovo istituto per il rientro dei capitali all'estero proprio perché abbiamo documentato sia che vi era già un procedimento che aveva portato all'individuazione di queste somme, sia che l'indagato aveva negato di avere fondi all'estero.
  Si tratta, peraltro, di cifre molto significative. Fino a questo momento abbiamo individuato all'incirca 50 milioni di euro; di questi ne abbiamo sequestrati 17. La differenza non è nella nostra disponibilità in quanto il giudice ha ritenuto che non abbiamo fornito la prova della provenienza non giustificata di queste somme e della sproporzione rispetto ai redditi dell'imprenditore.
  La situazione è questa. Vi è ancora una parte consistente delle somme che non è sottoposta a vincolo.

  PRESIDENTE. Prima di porle anch'io qualche domanda, do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FRANCESCO MOLINARI. Signor presidente, mi associo anch'io all'in bocca al lupo al procuratore per il nuovo incarico, che non credo sia meno complicato di quello che lascia.
  Dalla sua relazione, mi sorge spontanea una domanda relativa alla questione del CARA di Mineo. Non ho capito se ancora non avete approfondito o non sono partite indagini relative a tutta la materia. Infatti, come abbiamo visto, per esempio, per gli interessamenti di questa organizzazione romana «Mafia capitale» in terra di Calabria, c’è stato un contatto con le ’ndrine, quantomeno per avere spazio di operatività. Ecco, mi sembra strano che non sia accaduta la stessa cosa in terra di mafia perché il concetto della territorialità è intrinseco nel concetto di mafia. Quindi, vorrei capire meglio questo aspetto.
  Approfittando della sua presenza, un'altra questione è relativa – non so se su questo si dovrà mettere in segretezza la risposta – a un procedimento che dovrebbe aver aperto la sua procura, in collegamento con quella di Palermo, riguardo agli sbarchi collegati al terrorismo internazionale. Ecco, vorrei sapere quali sviluppi ci sono e che tipo di rapporti ci sono con l'organizzazione mafia.

  LUIGI GAETTI. Anch'io le faccio i miei migliori auguri. Mi ha colpito un particolare. Lei parlava di due aspetti, ovvero della gestione degli appalti per la costituzione del CARA di Mineo e poi, invece, per la gestione operativa. Questi due bracci si intrecciavano fra loro, il tutto finalizzato al consenso elettorale.
  Allora, vorrei chiederle se pensate di utilizzare il 416-ter. Soprattutto, vorrei sapere se nella sua ultima formulazione lo ritiene più facile nella evidenziazione o, come accade in altri ambiti, un po’ più complicato. Grazie.

  GIUSEPPE LUMIA. Anch'io le faccio i complimenti, in parte con soddisfazione, ma anche con qualche preoccupazione su Catania. Comunque, lasciamo stare questo aspetto.
  Procuratore, sulla vicenda del CARA di Mineo, è chiaro che una partita di quelle proporzioni richiede un forte coinvolgimento collusivo e corruttivo di diversi apparati istituzionali. Parliamo di un appalto che, se dovesse essere paragonato a quello di Roma, è di gran lunga superiore perché ha avuto un ribasso che grida vendetta agli occhi di Dio.
  Potenzialmente, l'arroganza corruttiva sistemica è elevatissima. Cosa fa cosa nostra di fronte a una succulenta realtà che Pag. 8ha questa capacità di manovra di reddito, di affari, di potenziale corruzione sul territorio ? Sta a guardare ? Lascia stare ? Si tiene lontana ? Ha rapporti ? Questa è una vicenda che va sviscerata anche da questo punto di vista. Vorrei, quindi, sentire la sua opinione.
  Visto che siamo in una fase di bilancio e di verifica degli anni che lei è stato a Catania, le chiederei se potesse sintetizzarci la sua impressione riguardo alla forza di una mafia che spesso, nel panorama siciliano, è stata sottovalutata, soprattutto nel rapporto con il mondo delle imprese e della politica. È una mafia che spesso è stata vista – guardandola da Palermo – come una mafia un po’ più marginale, mentre nella vita della Commissione parlamentare antimafia abbiamo capito che non è una mafia di poco conto.
  Un terzo aspetto che mi premeva riguarda la vicenda dei rifiuti, rispetto alla quale le chiederei di zoomare, per esempio, sulla vicenda Proto e su altre su cui avete lavorato.
  L'ultimo tema riguarda la provincia di Ragusa, in particolare Vittoria. Mi si segnala una ripresa di un'attività mafiosa sul territorio. Si utilizzano anche dei fine pena che sono ritornati sul territorio. È stato sciolto per mafia un comune importante come Scicli. Pertanto, le chiederei una zoomata anche su Vittoria, su Scicli e sull'attenzione che state avendo su questo. Abbiamo avuto anche un giornalista che si è esposto, con cui avete avuto un buon rapporto per il tipo di esposizione che ha avuto. Insomma, le chiederei se si potesse fare una zoomata per capire a che punto siamo in quel territorio nella lotta alle mafie.

  ANGELO ATTAGUILE. Rifaccio gli auguri al procuratore, visto che ho avuto l'occasione di farglieli di persona. Siccome abbiamo audito anche il procuratore di Caltagirone, vorrei sapere quali sono i compiti di Caltagirone e quali quelli di Catania perché, da quello che abbiamo capito ultimamente, oltre alla turbativa d'asta, ci sono forse altri reati che non abbiamo ancora evidenziato. Per questo, forse in base alle competenze di Caltagirone e di Catania si può sapere qualcosa.
  Per quanto riguarda il Catania Calcio, lei è stato chiaro. Mi complimento sia con la questura che con la procura per il risultato ottenuto in pochissimo tempo. Tuttavia, diceva che dalle intercettazioni ci possono essere delle infiltrazioni che possono essere importanti e possono condizionare il futuro. Lei sa benissimo che ora il problema dei catanesi è l'iscrizione della squadra. Una cosa è se la Lega li vede come reati semplicemente amministrativi, un'altra è se c’è l'infiltrazione. Le chiedo, quindi, se questi reati continuano oppure possono essere chiusi al più presto perché ritengo che siano importanti per l'iscrizione della squadra.

  FABIANA DADONE. Mi associo anche io agli auguri. Intorno alla questione della CARA di Mineo si rincorrono, forse più dal punto di vista mediatico che giuridico, delle voci di accuse intorno a questioni di favoreggiamento o di vera e propria tratta di esseri umani. Ora, visto che sappiamo tutti la differenza tra sfruttamento, traffico e tratta, le chiedo se esistono effettivamente delle accuse in questo senso, quindi se ci sono persone che verranno accusate di tratta di esseri umani, di sfruttamento di lavoro nero o di prostituzione con eventuali aggravanti per i minori, se ne sono coinvolti.
  Vengo a un'altra domanda. Qualche mese fa ho letto sui giornali alcune dichiarazioni sue e di altri suoi colleghi in merito all'operazione Triton, nelle quali sosteneva che limiterebbe l'avvio delle indagini proprio per il contrasto al fenomeno della tratta. Ecco, le chiedo se ci può spiegare come e quali sono le difficoltà che incontra l'autorità giudiziaria investigativa.

  PRESIDENTE. Mi unisco a quanti hanno chiesto di aiutarci a capire meglio come state procedendo nel rapporto tra le tre procure di Roma, Catania e Caltagirone.
  Capisco che siamo in una fase ancora delicata dell'indagine. Sappiamo che non possiamo chiederle di dirci quello che lei Pag. 9ha deciso di non dirci o che ritiene opportuno non dirci. Tuttavia, un punto al quale lei ha accennato e che è emerso dalle domande per noi è abbastanza importante per capire se ci troviamo di fronte a un collegamento con «Mafia capitale», che nelle inchieste romane è stato abbastanza accertato, e se ci sono dei collegamenti per infiltrazioni e condizionamenti mafiosi locali. Per ora penso che possa bastare.

  PRESIDENTE. Propongo di procedere in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica.

  GIOVANNI SALVI, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania. Passiamo, ora, al rapporto tra Caltagirone e Catania dal punto di vista della suddivisione. Anche con Caltagirone abbiamo un buon rapporto di collaborazione, ma indubbiamente c’è una sorta di alternativa perché all'inizio Caltagirone ha iniziato a occuparsi in via praticamente esclusiva del problema CARA, visto che lì venivano commessi i reati ipotizzati.
  Noi abbiamo legato la fase della gestione, attraverso l'articolo 61, comma 2, cioè il collegamento di reati in cui l'uno è finalizzato a commettere l'altro, e all'articolo 81 del codice penale, al primo degli appalti che è stato deliberato a Catania, quindi abbiamo attratto questa parte degli appalti.
  Ora, però, sta emergendo dalle indagini un collegamento anche con quella parte che, invece, era certamente di competenza di Caltagirone, per cui stiamo lavorando insieme. Alla fine di questo lavoro valuteremo quale parte rimane di competenza di Caltagirone e quale parte è attratta da noi. Spero che questo avvenga in buon accordo, ma al momento stiamo lavorando insieme.
  Per ora, la contestazione è quella della turbativa d'asta. Certamente, nel momento in cui consolideremo questo lavoro si porrà il problema del 416-ter e, in relazione a come concretamente sarà disciplinato, potremo vedere l'efficacia o meno delle modifiche che sono state introdotte. Al momento, non sono in grado di dirlo. Mi pare che non dovremmo avere problemi particolari nelle contestazioni.
  Vorrei aggiungere una cosa molto importante. Il senatore Lumia diceva che non è possibile che queste vicende non rappresentano anche aspetti di corruzione significativa e diffusa. Questo è vero, come ipotesi. Per distinguere i buoni dai cattivi, quindi il bianco dal nero, bisogna, però, comprendere che si è effettivamente determinata una gravissima situazione di emergenza. Infatti, da una presenza nel territorio del distretto di poche migliaia di migranti perché la maggior parte arrivavano ad Agrigento o in Calabria, improvvisamente Catania si è trovata a essere il centro del fenomeno migratorio. Nel 2013, quando complessivamente sono arrivati 42 mila migranti sul territorio nazionale, una parte considerevole di questi arrivò a Catania. Nel 2014, vi è stato il salto definitivo perché, su circa 170 mila migranti, 100 mila sono arrivati nel distretto di Catania. Quindi, quasi due terzi di tutti i migranti che sono arrivati in Italia via mare sono arrivati nel distretto di Catania.
  Questo ha reso molto difficile la situazione perché si viveva nella continua emergenza. Questo, come spesso accade, è anche l’humus migliore perché proliferino coloro che campano sull'emergenza per fare illeciti. Come linea guida della procura di Catania, cerchiamo di essere molto cauti nel valutare le posizioni per cercare di capire dove si è operato con generosità, magari facendo anche qualche forzatura per rispondere all'esigenza di ricoverare improvvisamente 4 mila persone che arrivavano dalla sera alla mattina – così avveniva – da chi ha approfittato, facendo in maniera che convergessero verso Catania per poter alimentare il flusso del denaro che veniva al CARA di Mineo.Pag. 10
  Vi è, per noi, la necessità assoluta di lavorare con molta cautela per evitare che persone generose facciano la fine dei mascalzoni che se ne sono approfittati. Questo, per noi, è un impegno morale, prima ancora che della nostra capacità di lavorare, perché solo chi ci è stato in questi anni può capire che cosa accade quando arrivano improvvisamente nel porto, che non è attrezzato, mille persone bisognose di assistenza, che non si vogliono fare fotoidentificare e che, invece, bisogna identificare e non si sa dove mandare, con centinaia di minori e così via.
  Su Vittoria, come dicevo prima, ci sono anche dei soggetti che hanno finito la pena, quindi tornano nel territorio. Da parte nostra c’è una notevole attenzione. Tuttavia, il caso di Scicli è diverso perché il comune è stato sciolto per infiltrazioni. Mi pare che l'inchiesta amministrativa anche prefettizia è andata molto bene. È certamente indicativa di presenze mafiose in zone dove, invece, in passato non c'erano, il che ci dimostra che l'attenzione deve essere sempre molto alta.
  Infatti, Vittoria è un territorio tradizionalmente di presenza di criminalità organizzata. Scicli e il ragusano non lo erano, quindi forse dove non c’è una presenza forte del contrasto alla criminalità organizzata, i gruppi tendono a riformarsi perché la tendenza è quella. Del resto, i profitti sono enormi. Se pensate che nell'anno passato a Catania abbiamo sequestrato – se non ricordo male – più di quattro tonnellate di marijuana, solo nelle grandi operazioni, potete capire qual è il giro di denaro che c’è intorno. Dunque, l'attenzione deve essere sempre tenuta alta.
  Permettetemi una considerazione, visto che sto andando via da Catania. D'alta parte, mi è stato anche chiesto, quindi rispondo a una domanda. Catania è stato, negli anni, un laboratorio di nuove forme di criminalità organizzata. Non c’è niente da fare. L'aveva capito Carlo Alberto Dalla Chiesa in quella famosissima intervista dell'agosto del 1982, quando disse che era finita la concentrazione geografica di cosa nostra.
«C’è una ragione per la quale Catania va alla conquista di Palermo»; questa è proprio la frase testuale se non ricordo male di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Se i «quattro cavalieri dell'Apocalisse», che poi saranno la causa della morte di Fava, possono lavorare a Palermo, questo avrà una ragione. Ecco, questa spiegazione la vedete se fate anche un ragionamento sulla differenza tra cosa nostra palermitana e cosa nostra catanese.
  In cosa nostra palermitana il vero terzo livello è Totò Riina; sono i villani, la parte brutale e armata. Poi ci sono intorno gli imprenditori, i politici e tante altre cose, ma i capi di cosa nostra palermitana sono i mafiosi «con la coppola». A Catania i capi di cosa nostra non sono gli imprenditori collusi o che chiamiamo mafiosi, ma sono imprenditori. Sono i Santapaola, i Mangion, gli Ercolano. Questo avrà un significato.
  Questa non è una cosa nostra più debole. Santapaola uccide o fa uccidere. Alfio Ferlito viene ucciso a Palermo insieme a tre carabinieri di scorta a Palermo, ma il mandato viene da Catania, quindi non fatevi ingannare. È una mafia imprenditrice, ma spara.
  Adesso ci ritroviamo tutto questo con una maggiore difficoltà di distinguere il bianco dal nero, con una zona grigia più vasta. Questo a me preoccupa moltissimo, come ho segnalato alla Commissione con una nota di qualche giorno fa.
  Non posso negare di essere rimasto molto turbato, proprio per questa difficoltà che mi è sembrata il segno di una incapacità di comprendere cosa nostra catanese, quando a Militello Val di Catania, alla presenza del presidente della commissione antimafia regionale, di un parlamentare del PD e del presidente della Camera penale di Catania, che è anche il figlio del difensore di Mario Giuseppe Scinardo, ho visto che Falcone è stato commemorato dal figlio di Mario Giuseppe Scinardo, condannato in primo grado a dodici anni come esponente di cosa nostra e a cui vengono espropriati e confiscati beni che oggi sono destinati alla caserma dei Carabinieri.Pag. 11
  Questa è la differenza. Noi confischiamo i beni a Mario Giuseppe Scinardo, che è un imprenditore, per destinarli poi a caserma dei Carabinieri, e il figlio di Scinardo, che ci ha definiti i mafiosi dell'antimafia, viene chiamato a commemorare Falcone.
  Sapete perché è stato condannato Mario Giuseppe Scinardo ? Tra gli elementi di prova, vi sono quelli che ha ospitato, nelle sue tenute ora sequestrate e confiscate, appartenenti alla famiglia Rampulla. Vi ricordo che Rampulla Pietro è esecutore materiale della strage di Capaci.
  Ecco, questo non lo posso accettare e non lo posso tollerare. Non lo posso accettare e non lo posso tollerare perché significa che non si è capito che cos’è la mafia catanese.
  Sono molto contento che a Militello Val di Catania degli immobili confiscati a Scinardo saranno destinati a caserma dei Carabinieri. Spero che lì l'anno prossimo si farà una diversa commemorazione di Giovanni Falcone. Perdonatemi per l'emozione, ma è una cosa che, francamente, dopo quattro anni a Catania non mi aspettavo di dover vedere.
  Vengo, quindi, al traffico di migranti. Non credo che al CARA di Mineo vi sia un traffico di esseri umani. Da questo punto di vista, abbiamo fatto molte indagini soprattutto per quello che riguarda i minori, con molte misure cautelari, ma che non hanno riguardato strettamente Mineo.
  Per esempio, vi è uno sfruttamento del lavoro nero che avviene in varie zone del ragusano dove ci sono le coltivazioni, ma anche della provincia di Catania. Recentemente abbiamo arrestato degli imprenditori per lo sfruttamento selvaggio di manodopera di immigranti. Abbiamo avuto vari episodi di pessimo trattamento di minori, in un caso abbiamo anche arrestato un educatore che abusava di alcuni di loro. Abbiamo il terribile fenomeno della scomparsa di minori, che non è però collegato a una tratta, ma, a mio parere, a una gestione di sfruttamento della migrazione. Ci sono, infatti, organizzazioni che aiutano i minori a raggiungere i familiari, i parenti o gli amici nei paesi del nord Europa.
  Non abbiamo mai trovato prove o elementi seri che indichino che queste persone siano state utilizzate per lo sfruttamento sessuale, lavorativo o di altro genere. Certamente, però, se un minore di 13,14 o 15 anni si allontana da un centro, noi non sappiamo che fine fa. Un unico caso in cui abbiamo trovato dei minori che erano tenuti sequestrati era legato al pagamento della seconda tratta del viaggio. Abbiamo arrestato le persone che li tenevano sequestrati, ma non mi è sembrato un fatto di sequestro per finalità diverse. È emerso che aspettavano il pagamento e li tenevano lì finché non arrivava.
  D'altra parte, il CARA di Mineo non è un luogo di detenzione. È un posto dove non si dovrebbe rimanere quattro anni. Questa è la verità. Di questo abbiamo parlato tante volte. Il vero problema è la durata eccessiva del procedimento delle Commissioni e delle nostre procedure. Anche l'autorità giudiziaria ha, infatti, delle responsabilità notevoli.
  Pensate che ora a Catania si riesce a fissare la prima udienza dei procedimenti per il riconoscimento dello status al 2016, ma stiamo parlando ancora del 2013 e dell'inizio del 2014, il che vuol dire che queste persone graveranno sulle casse dello Stato e su loro stessi, perché questi poveretti dovranno stare in questo limbo inaccettabile, perché non possono lavorare, studiare, avere una vita sociale, vagano nelle campagne cercando di fare qualcosa o l'elemosina per anni, mentre dovrebbero starci per poco tempo. Ecco, se non interveniamo su questo, i costi diretti e indiretti sono enormi. Mi rendo conto che sto parlando un po’ troppo. Comunque, la conclusione su quel punto è che sono necessari interventi che consentano di abbreviare questa parte, anche a normativa invariata.
  Considerate che Catania, per esempio, ha avuto improvvisamente 3 mila procedure pendenti di riconoscimento dello status in primo grado, quindi in tribunale. Queste vanno a gravare sulla I sezione Pag. 12civile che già era allo stremo. Per questo loro non possono fissare se non nel 2016. Non perché non vogliono, ma perché hanno i ruoli pieni. D'altra parte, ci saranno rinvii perché l'avvocatura dello Stato dovrà dare il parere; bisognerà acquisire il parere di quegli altri, sapere se sono vere o meno le giustificazioni addotte. Insomma, passeranno mesi e anni e poi si andrà in appello. Questo ha un enorme costo diretto e indiretto.
  Quindi, questo è il vero problema del CARA, che poi consente lo sfruttamento da parte di chi ha interesse che duri. Infatti, ogni migrante costa 34 euro al giorno, se non ricordo male. Pertanto, pensate quali costi enormi questo determina.
  Il nostro lavoro, come procura della Repubblica, è stato quello del contrasto al traffico dei migranti, che, come ricordava l'onorevole, è diverso dal traffico di esseri umani. Abbiamo avviato un lavoro molto importante. Infatti, legando la Convenzione di Palermo, e quindi la definizione di crimine transnazionale, con la Convenzione di Montego Bay, che riguarda l'esercizio di poteri in alto mare e le potestà di controllo da parte degli stati nazionali, con la Convenzione di Londra sul soccorso in alto mare e con la nostra normativa interna, per la prima volta in maniera riconosciuta come legittima dalla Cassazione, dopo una prima difficoltà di accettare questa nuova prospettazione, abbiamo molte decisioni favorevoli della Corte di cassazione che ci consentono di intervenire in alto mare. Siamo riusciti, dunque, a punire non solo gli scafisti, che a noi interessano poco, ma soprattutto i trafficanti con ottimi risultati.
  Vi segnalo – questo potrebbe essere un ottimo terreno di lavoro per la Commissione – che abbiamo chiesto all'Egitto l'estradizione di coloro che riteniamo essere i tre veri capi, non soggetti intermedi, di due diverse organizzazioni criminali, una delle quali è responsabile del volontario affondamento di un'imbarcazione con più di 200 persone a bordo, di cui sono sopravvissute solo undici persone. Infatti, queste persone si erano rifiutate di salire sulle barche più piccole perché le consideravano insicure, quindi i trafficanti hanno ordinato l'affondamento della nave su cui erano in attesa di essere sbarcate, determinando – ripeto – la morte di almeno 200 persone.
  Abbiamo, quindi, chiesto l'estradizione all'Egitto, che ce l'ha rifiutata, affermando che il suo ordinamento non prevede il reato di traffico di migranti perché questi reati sono puniti con una pena contravvenzionale. Ecco, penso che questo possa essere un terreno importante perché frustra quello che abbiamo fatto.
  Vi anticipo un'altra notizia, che non è ancora nota, ma non è più segreta, ovvero che abbiamo chiesto il giudizio immediato per il capitano e per il suo assistente per l'affondamento dell'imbarcazione che il 18 aprile ha provocato centinaia di morti, probabilmente più di 800. Non sapremo mai i dati esatti. Il recupero che si sta facendo ne indica già alcune centinaia. Ve ne sono circa 70 fuori, 90 li avevamo identificati nella prima ispezione; poi ci sono quelli all'interno della nave e tutti quelli che sono andati dispersi. Abbiamo chiesto il giudizio immediato e abbiamo chiuso anche qui in tempi molto brevi le indagini.
  Riguardo alla possibilità di collegamenti con organizzazioni terroristiche, fino a questo momento non abbiamo prova del fatto che i barconi siano utilizzati per portare combattenti islamici. Non c’è nessun elemento in questo senso. I veri due elementi di rischio, a nostro parere, sono di tipo diverso.
  Il primo è che non vi siano combattenti, cioè terroristi che vengono fatti filtrare appositamente; tuttavia, tra le tante persone ve ne saranno molte che si sono radicalizzate in zone di conflitto e che, quindi, arrivate in Europa possono diventare oggetto di reclutamento anche attraverso Internet. Questo è un pericolo significativo che comporta la necessità di identificare le persone che arrivano, come peraltro previsto dagli strumenti internazionali.
  Il secondo rischio molto serio è che la Libia utilizzi la rotta, ovvero che le organizzazioni Pag. 13terroristiche libiche fondate territorialmente, il cosiddetto «Stato islamico» possano utilizzare la rotta Libia-Italia sia come fonte di finanziamento, sia come strumento di pressione politica nei confronti dell'Europa. È, pertanto, molto importante che si riesca a intervenire, più che a distruggere i barconi, a stabilizzare la Libia e ad avere degli interlocutori affidabili.
  In passato, Triton ci aiutava molto perché consentiva la presenza a bordo delle navi delle nostre squadre di polizia, quindi iniziavamo le indagini sin da quando il migrante soccorso saliva sulla nave e si procedeva subito a selezionare i soggetti pericolosi o comunque di interesse, a cominciare a fare le interviste, a individuare come erano arrivati; se c'erano numeri di telefono utili, se si potevano avviare le intercettazioni telefoniche. Così si guadagnavano quei due, tre giorni che in un'indagine possono essere importanti.
  Proprio in questi giorni stiamo lavorando come procura di Catania per raggiungere un accordo. Abbiamo sollecitato Frontex e le nazioni che operano in questa nuova attività di frontiera ad accogliere questa metodologia. Domani abbiamo un incontro alla Direzione nazionale antimafia al quale parteciperà la Marina militare e nel quale affronteremo sia questo problema, cioè modalità standard di lavoro anche da parte delle altre Marine, non solo da parte della nostra che sta facendo un lavoro egregio, sia il tema della possibile repressione di eventuali fenomeni di attacchi terroristici nei confronti delle navi impegnate in operazioni di salvataggio, cosa che è prevedibile e che richiede, oltre alla reazione e alla risposta meramente militare, anche la necessaria interlocuzione con le procure della Repubblica.
  È un quadro molto complesso che spero domani possiamo cominciare a chiarire.

  ANGELO ATTAGUILE. Il collega Lumia aveva chiesto sul caso Proto. In merito a questo desideravo sapere se c’è qualche indagine in corso perché un sindaco di Misterbianco si è permesso di fare una minaccia a un consigliere comunale, che era addirittura un esponente delle forze dell'ordine. Questo è interessante perché è successo proprio a Misterbianco questo fatto che hanno riportato su tutti i giornali.

  PRESIDENTE. Propongo di procedere in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica.

  PRESIDENTE. Nel salutare il procuratore, mi ripromettevo di dedicare attenzione alla documentazione che ci ha fatto pervenire il procuratore sulla commemorazione di Falcone che si è svolta a Militello Val di Catania.

  ANGELO ATTAGUILE. Scusi, in quale anno è stato questo evento ?

  PRESIDENTE. Quest'anno. Adesso.

  ANGELO ATTAGUILE. Con la commissione regionale antimafia ?

  PRESIDENTE. No. Le due persone alle quali il procuratore ha fatto riferimento sono originarie del luogo.

  ANGELO ATTAGUILE. Mi scusi, ma originario del luogo è anche il presidente dell'Antimafia regionale.

  PRESIDENTE. Sì, è dello stesso comune. In quella giornata c'erano varie manifestazioni; tra queste c'era una manifestazione della commemorazione di Falcone, tenuta dal responsabile della consulta giovanile del comune. Naturalmente, il ragazzo si è già dimesso, almeno dalle notizie che abbiamo avuto noi, perché il caso naturalmente ha fatto un certo scalpore.
  È una classica documentazione della nostra inchiesta sull'antimafia perché è un Pag. 14caso più che evidente di impostura. Siamo di fronte a impostori veri e propri: il figlio di quella famiglia che commemora Falcone.
  Siamo grati al procuratore che abbia fornito questo materiale, anche della passione con la quale ci ha ricordato questo aspetto. Siccome tra di noi dobbiamo ancora impostare l'inchiesta sull'antimafia, penso che questo sia un esempio come altri, per cui è un lavoro importante da fare, a memoria dei martiri, ma anche a garanzia della genuinità della battaglia che si conduce contro le mafie.
  Tra l'altro, ci ripromettiamo di audire i due interessati. Infatti, il presidente della commissione regionale antimafia, che è una persona notoriamente perbene come un partecipante a tutte le altre commissioni antimafia, ha il diritto e il dovere di spiegarci l'incidente, che non è stato sicuramente gradevole.
  Ringrazio il procuratore, al quale riformulo gli auguri di buon lavoro. Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 21.35.