XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 49 di Giovedì 2 luglio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione di Cesare Puccioni, presidente della Federchimica, e di Claudio Benedetti, direttore generale della Federchimica:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Puccioni Cesare , Presidente della Federchimica ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 5 
Pellegrini Alessandra , Responsabile area ambiente e sicurezza impianti di Federchimica ... 5 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
Stillo Gerardo , Giunta Federchimica ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Carrescia Piergiorgio (PD)  ... 9 
Arrigoni Paolo  ... 10 
Cominelli Miriam (PD)  ... 10 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 10 
Puppato Laura  ... 10 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Stillo Gerardo , Giunta Federchimica ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Stillo Gerardo , Giunta Federchimica ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Arrigoni Paolo  ... 12 
Stillo Gerardo , Giunta Federchimica ... 12 
Pellegrini Alessandra , Responsabile area ambiente e sicurezza impianti di Federchimica ... 12 
Benedetti Claudio , Direttore generale della Federchimica ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 
Benedetti Claudio , Direttore generale della Federchimica ... 14 
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 
Stillo Gerardo , Giunta Federchimica ... 14 
Bratti Alessandro , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 14.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Cesare Puccioni, presidente della Federchimica, e di Claudio Benedetti, direttore generale della Federchimica.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Cesare Puccioni, presidente della Federazione nazionale dell'industria chimica (Federchimica), e di Claudio Benedetti, direttore generale della Federchimica.
  Ringrazio per la presenza i nostri ospiti, che sono accompagnati da una serie di collaboratori. Se eventualmente interverranno, chiedo loro di dire nome e cognome al fine di agevolare la resocontazione.
  La Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche di reati contro la pubblica amministrazione e di reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti e alle bonifiche.
  L'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta volgendo sulla situazione delle bonifiche in Italia.
  Noi abbiamo fatto un focus particolare, di cui oggi vorremmo parlare con voi, riguardo al cosiddetto «quadrilatero del Nord»: Porto Marghera, Mantova, Ferrara e Ravenna. Noi abbiamo fatto una serie di visite specifiche.
  Porto Marghera purtroppo ha una serie di problematiche che esulano dalla questione chimica. Ci sono altre vicende, non delle più qualificanti in questo periodo, legate al consorzio e di tutto ciò che è collegato. Noi stiamo facendo un approfondimento sull'argomento. Abbiamo visto, invece, che a Mantova, Ferrara e Ravenna la situazione è diversa.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterranno opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Nel cedervi la parola, vi chiederei di focalizzarvi sull'oggetto dell'audizione di oggi.
  Ci interessa chiudere il nostro ciclo proprio con voi, perché quasi tutte le aziende che abbiamo visitato sono associate a Federchimica. Pertanto, ci interessa capire il vostro punto di vista. Eventualmente, al termine del vostro intervento, i commissari vi rivolgeranno delle domande.
  Do la parola a Cesare Puccioni, presidente della Federchimica, per lo svolgimento della sua relazione.

  CESARE PUCCIONI, Presidente della Federchimica. Logicamente io farò un'introduzione in senso generale. Le aziende che lei ha menzionato sono rappresentate, sicché, se qualcuno vorrà entrare nel dettaglio, credo che saremo in grado di poterlo fare.Pag. 4
  Signor presidente, illustri senatori e onorevoli deputati, sono onorato, come presidente della Federazione nazionale dell'industria chimica, di essere ricevuto in questa sede, per essere ascoltato su un fattore rilevante come lo sviluppo sostenibile.
  Negli altri Paesi dell'Unione europea le bonifiche hanno contribuito a coniugare e riqualificare dei siti industriali operativi e dismessi e lo sviluppo del territorio.
  In Italia il risanamento e la riqualificazione dei siti industriali hanno avuto andamenti alterni, con casi positivi e casi tutt'altro che positivi.
  Come vi è noto, l'industria chimica è un settore strategico per le economie avanzate, sia per i nuovi prodotti che rende disponibili agli altri settori manifatturieri, sia nei processi di produzione di energie, sia nel recupero dei rifiuti, sia per i servizi essenziali alla vita dei cittadini.
  Vi riporto qualche numero per raccontare l'industria chimica in Italia. Nel 2014 il settore ha generato un fatturato di 52,3 miliardi di euro, dando lavoro direttamente a 109.000 addetti e indirettamente, attraverso l'indotto, ad altri 200.000 circa.
  L'Italia è il terzo produttore chimico europeo, dopo Germania e Francia, e il secondo, sempre dopo la Germania, nel manifatturiero.
  Il comparto chimico in Italia è un insieme equilibrato di tutte le sue componenti: grandi e medi gruppi italiani, piccola e media impresa, imprese a capitale estero.
  La classifica delle principali imprese a capitale italiano ci dà alcune indicazioni molto chiare. Quarantacinque gruppi medio-grandi fatturano ognuno a livello mondiale più di 100 milioni di euro e hanno una precisa caratteristica: nella loro nicchia di mercato sono leader o co-leader a livello europeo e anche mondiale. Hanno saputo cogliere le opportunità del mercato globale, aumentando la quota prodotta all'estero dal 34 al 42 per cento in solo sette anni.
  Questo sforzo non ha indebolito la presenza in Italia delle imprese con produzione all'estero, anzi l'ha rafforzata. Infatti, il 73 per cento di queste imprese nel 2014 era già tornato sui livelli pre-crisi anche per le produzioni realizzate in Italia. Queste imprese hanno saputo innescare un circolo virtuoso, fatto di specializzazione, innovazione, internazionalizzazione e rafforzamento in Italia delle attività più avanzate e di qualità.
  Anche dalle piccole e medie imprese, che sono davvero molte, ci arrivano indicazioni confortanti, nonostante siano quelle che stanno soffrendo maggiormente. Con 700 imprese chimiche che svolgono attività di ricerca in Europa, siamo secondi solo alla Germania. Ovviamente gran parte di queste sono piccole e medie imprese.
  Secondo l'Istat, in Italia l'83 per cento del fatturato complessivo della chimica è realizzato da imprese innovative, con una media superiore a quella europea, comprendendo anche le tantissime piccole e medie imprese.
  Il valore aggiunto per addetto delle piccole e medie imprese chimiche è del 50 per cento superiore in Italia alla media dell'industria manifatturiera.
  Per quanto riguarda il rapporto con l'ambiente, rispetto al 1989 la chimica ha ridotto le emissioni inquinanti in atmosfera di circa il 95 per cento e del 65 per cento negli scarichi idrici.
  La crisi, purtroppo, ha influenzato le diminuzioni degli ultimi anni, ma le emissioni specifiche, ossia calcolate a parità di produzione, continuano a ridursi, a testimonianza che le imprese continuano a dedicare risorse umane e finanziarie allo sviluppo sostenibile. Ogni anno esse spendono il 2 per cento del proprio fatturato e dedicano oltre il 20 per cento dei propri investimenti a sicurezza, salute e ambiente.
  Per quanto riguarda gli interventi di risanamento, secondo le nostre stime effettuate per difetto, le imprese chimiche hanno speso oltre 2 miliardi di euro in interventi di bonifica tra il 2002 e il 2014, spese ingenti che forse potevano essere ottimizzate e, quindi, destinate ad altri interventi in campo ambientale, grazie a iter autorizzativi più snelli oppure all'approvazione di tecnologie di bonifica più innovative.Pag. 5
  L'Europa ci offre grandi esempi di riqualificazione di aree contaminate, come l'area su cui è sorto il parco olimpico di Londra oppure l'Infraleuna Park, che ospita oltre 500 imprese industriali nell'ex Germania dell'Est. Questi sono solo due dei numerosi interventi in Europa a cui possiamo ispirarci.
  Lascio al documento che vi consegno le nostre analisi e le nostre proposte, che, se lei è d'accordo, signor presidente, verranno brevemente illustrate dalla dottoressa Alessandra Pellegrini, responsabile area ambiente e sicurezza impianti, e dall'ingegner Gerardo Stillo, componente della giunta di Federchimica. Grazie dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie. Ci è stato distribuito un report. Non è il caso che venga letto tutto, perché i commissari ne sono in possesso. Vi chiedo di focalizzarvi su quelle che considerate le situazioni più interessanti per noi, ma anche per voi. I commissari stanno sfogliando il report e, avendo visitato dei siti, vi porremo qualche domanda.
  Do la parola a Alessandra Pellegrini, Responsabile area ambiente e sicurezza impianti di Federchimica.

  ALESSANDRA PELLEGRINI, Responsabile area ambiente e sicurezza impianti di Federchimica. Secondo noi, un aspetto importante da cui partire è che le attività di bonifica, oltre a essere un obbligo di legge, devono anche essere un'opportunità. Sicuramente sono un'opportunità per risanare il territorio e per attivare il monitoraggio di determinate situazioni.
  Per noi è fondamentale che la bonifica si sposi con lo sviluppo delle attività industriali esistenti o, dove non ci sono più attività in essere, che la riqualificazione dei siti contaminati non sia isolata e fine a se stessa, ma venga inserita in un piano di utilizzo e di riqualificazione del territorio.
  Arrivo a un primo tema che è evidenziato nel nostro documento. Secondo noi, è importante snellire gli iter burocratici. Uno degli strumenti è sicuramente il potenziamento delle strutture preposte agli iter di bonifica.
  Sappiamo che il Ministero dell'ambiente è l'autorità competente per i siti di interesse nazionale. Tuttavia, ormai da molto tempo, anche a causa della spending review, per certi versi giusta, spesso c’è una carenza di personale tecnico qualificato, preparato e soprattutto continuamente aggiornato, che possa occuparsi dei procedimenti.
  Questo non vuol dire che al Ministero, in regione, in ARPA o in comune non ci siano persone. Tuttavia, a volte non ci sono persone dedicate al tema delle bonifiche, oppure non è possibile un aggiornamento rispetto all'evoluzione delle tecnologie di bonifica o allo sviluppo del settore.
  Questo per noi è un problema piuttosto sentito. Nella nostra esperienza, abbiamo visto che è importante che ci sia la possibilità di affrontare il tema della bonifica, della messa in sicurezza operativa o della messa in sicurezza permanente – io uso il termine «bonifica» in senso un po’ ampio – e di instaurare un dialogo tecnico di elevato livello, qualificato e soprattutto con una continuità di interlocutori.
  Infatti, l'altro problema è che spesso si ha a che fare con dei precari, che magari restano per sei mesi o per un anno e dopo purtroppo vengono destinati ad altro incarico. Ogni volta si deve riiniziare, sia da parte della pubblica amministrazione, perché giustamente chi prende in mano i dossier deve avere il tempo di comprendere il tema e porta un suo bagaglio di esperienze e di conoscenze, sia da parte delle imprese, perché ci sono situazioni complesse.
  Ormai dal 2001, di fatto, le imprese hanno a che fare con questo tema, perché il grosso delle comunicazioni ai sensi del decreto ministeriale n. 471 del 1999 è stato fatto appunto nel 2000-2001. In seguito, c’è stata un'ampia fase di caratterizzazione dei siti, a cui è seguita una significativa fase di programmazione e di proposta degli interventi.
  È ovvio che chi ha alle spalle tutta questa storia, come, ad esempio, il sito di Ferrara, consente agli interlocutori di instaurare un clima di rispetto, ma soprattutto Pag. 6di comprensione sui vari temi che devono essere sviluppati. Infatti, la conoscenza del passato aiuta a individuare la soluzione migliore per gestire il futuro.
  Dove questa conoscenza della storia non c’è oppure non c’è una continuità, e soprattutto dove non c’è neanche una visione strategica di che cosa si vuole fare su quel sito, abbiamo esperienze di siti che vanno avanti molto poco.
  Non mi riferisco necessariamente ai quattro siti che voi avete preso in considerazione, ma faccio un discorso generale. La questione delle competenze, non quelle stabilite per legge ma quelle delle persone dedicate, è sicuramente un grande tema.
  Se non c’è competenza, non c’è neanche autorevolezza. A volte manca un soggetto decisore che riesca a mettere insieme tutti i temi. Logicamente gli enti coinvolti sono numerosi e le conferenze di servizi sono sicuramente il luogo dove comporre tutti gli interessi, ma questa è una cosa tutt'altro che semplice.
  A volte ci vuole un soggetto autorevole – che potrebbe essere il Ministro dell'ambiente oppure si potrebbe valutare se è opportuno in alcuni casi rafforzare il ruolo delle regioni – che a un certo punto tiri le fila di tutte le considerazioni fatte e, in una visione strategica, inserita in una logica di pianificazione e valorizzazione del territorio, prenda delle decisioni.
  Infatti, per le aziende la cosa peggiore è aspettare e non avere dei tempi certi per l'approvazione dei documenti o dei progetti.
  Questo in alcuni casi ha determinato un aumento dei costi, perché logicamente si ha un procedimento aperto che non si riesce a gestire secondo i tempi programmati o stimati, pertanto si devono tenere aperti dei capitoli di spesa, che si potrebbero eventualmente chiudere prima.
  Aldilà di questo, il risvolto peggiore, soprattutto per chi ha attività in esercizio, è il fatto di non avere tempi certi per eventuali interventi e investimenti sul sito. Logicamente, prima di fare il nuovo impianto, la nuova linea, il nuovo magazzino o la nuova palazzina per il centro ricerche, si deve avere l'autorizzazione e si deve essere sicuri che quell'area rientri nelle proprie disponibilità. Finché non si ha questa certezza, non si può attuare l'intervento.
  Abbiamo avuto dei casi in cui le aziende alla fine hanno rinunciato al proprio intervento. È capitato a Mantova con una l'idea di ampliare il centro ricerche. In un passato più lontano, ciò è avvenuto anche a Brindisi, dove una società aveva in mente di fare un ampliamento dell'impianto; non l'ha fatto nel momento buono (era il 2007-2008), poi nel 2009 è arrivata la crisi e chiaramente la società ha rinunciato all'investimento.
  Il primo concetto, dunque, è che la bonifica è un'opportunità, che si può attuare attraverso un attento raccordo tra le esigenze del territorio espresse con la pianificazione territoriale e le esigenze delle aziende.
  Infatti, nel confronto che abbiamo avuto guardando qualche caso europeo e chiedendo a società specializzate nelle bonifiche che ci hanno portato la loro esperienza internazionale, è emerso che a volte all'estero c’è una più grande attenzione ai tempi rispetto a ciò che avviene da noi.
  Ci viene riferito che in Germania, ad esempio, stanno adottando la formula del contratto tra imprese e pubbliche amministrazioni, che va oltre al nostro strumento dell'accordo di programma o del protocollo di intesa. Ci è stato spiegato che questo è a tutti gli effetti un contratto in cui si prendono degli impegni da parte delle imprese e da parte delle amministrazioni. Viene deciso fin dall'inizio che cosa misurare, in che termini, con che frequenza, con che periodicità e con che validazione, quali interventi attuare e in quali tempi farlo. Ci viene detto che questo funziona.
  Ci viene riferito anche che in Francia sono le stesse pubbliche amministrazioni che favoriscono degli incontri periodici tra amministrazioni, imprese esperte della bonifica (come imprese di ingegneria o studi di ingegneria ambientali) e aziende che devono fare la bonifica, per favorire quel clima di confronto, aggiornamento e scambio di idee che può portare alla presentazione di progetti di bonifica o di messa Pag. 7in sicurezza condivisi fin dall'inizio, che quindi non richiedono continui passaggi e approfondimenti.
  Concludo la panoramica delle proposte e poi, se volete, spendo due parole sui quattro siti, che penso ormai conosciate piuttosto bene.
  Questi sono temi strategici, che sarebbero utili per avere un quadro di insieme che stia dietro alle bonifiche, che consentirebbe di avere procedimenti più snelli e maggior condivisione sugli interventi da attuare, il che si traduce in tempi più certi e ottimizzazione delle risorse da dedicare alle bonifiche.
  Andando sul concreto e su proposte normative che si potrebbero sviluppare nei prossimi mesi, partendo da quelle più basilari e concludendo con quelle da sviluppare in maniera più ampia, sicuramente ci sarebbe la necessità di rivedere i valori tabellari che costituiscono il nostro riferimento per le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC).
  In Italia esaminiamo un numero molto ampio di parametri, con valori in alcuni casi molto bassi. Non lo diciamo noi, ma lo aveva messo in evidenza il Joint research centre (JRC) in uno studio comparato del 2007. Secondo le loro conclusioni, in Italia abbiamo circa 230 parametri, mentre in Germania, se non sbaglio – comunque, c’è scritto nel documento – hanno un'ottantina di parametri e addirittura alcuni Paesi sono sotto i venti. Magari venti sono troppo pochi, però si può valutare di stare nel mezzo.
  L'Italia ha una sua geografia e una sua geomorfologia particolari. Pertanto, a volte ci sono degli elementi naturali praticamente ubiquitari, che vengono superati per natura, non tanto per inquinamento ambientale, che però costituiscono di fatto un valore tabellare da considerare.
  Sappiamo che su questo sta lavorando il Ministero dell'ambiente. Ci farebbe piacere poter essere utili in uno scambio di pareri su questo tema.
  Collegato a questo, c’è il tema dei valori di fondo. La legge ci dice che è possibile determinare dei valori di fondo per tener conto della situazione specifica del territorio. Sappiamo che sul Monte Amiata in Toscana c’è un'elevata concentrazione di metalli pesanti. È chiaro che lì i valori di fondo andranno a sostituire i CSC.
  Il problema è che i protocolli attualmente in essere per determinare questi valori sono piuttosto complicati, o almeno così ci dicono le ARPA che sarebbero incaricate di effettuare questa determinazione.
  Ci sono due strade: o semplifichiamo il set di dati analitici richiesto per determinare questi valori di fondo, cosa che potrebbe aiutare gli enti locali a effettuare questa determinazione, oppure consentiamo alle aziende che ne hanno la capacità e la struttura di sostituirsi al compito dell'ARPA, producendo dei dati che poi dovrebbero essere validati. Questa potrebbe essere una strada per avere il reale fondo con cui misurarsi, piuttosto che un valore tabellare stabilito in maniera univoca per tutto il Paese.
  C’è un altro aspetto, su cui eventualmente, se siete d'accordo, potrebbe entrare nel merito l'ingegner Stillo. Nella logica di contenere i tempi e di favorire le attività in esercizio, si potrebbe svincolare l'autorizzazione della messa in sicurezza operativa dall'approvazione dell'analisi di rischio.
  In realtà, per partire non è necessario avere un'analisi di rischio approvata. A volte, si potrebbero fare determinati interventi in quei siti in esercizio dove di fatto c’è un gestore a tutti gli effetti responsabile per tutto quello che avviene nel sito e per la tutela dei propri lavoratori. Si potrebbe dare la possibilità di fare degli studi, avallati da esperti del settore o da perizie giurate, per poter programmare degli interventi banali, come una copertura di cemento per interrompere una via di disposizione, in tempi rapidi, con una «semplice» comunicazione agli enti. Se l'analisi di rischio, che arriverà con i suoi tempi, dirà che si deve fare qualcosa di più o di leggermente diverso, si ritarano gli interventi.
  Questa potrebbe essere una fonte di forte velocizzazione, almeno per quanto riguarda la messa in sicurezza operativa.Pag. 8
  Ritornando, invece, al tema più strategico di coniugare le bonifiche con l'uso del suolo che si vuole fare in futuro, sarebbe sicuramente utile introdurre il concetto di valutazione della reale pericolosità della contaminazione residua a seguito degli interventi di bonifica.
  Infatti, a volte non si riesce a rimuovere tutto, però, se quello che rimane non è effettivamente biodisponibile e non crea rischio sanitario o ambientale, forse in alcuni casi si può eliminare quelle limitazioni all'uso del suolo, che a volte frenano un possibile riutilizzo.
  In questo senso, secondo noi sarebbe auspicabile un coordinamento con il disegno di legge sul consumo del suolo, che effettivamente, pur dando delle normative molto stringenti per il consumo di suolo, che per certi versi possono essere un po’ preoccupanti per il settore industriale, non danno una visione sull'utilizzo dei brownfield, che invece sarebbe un tema strettamente da legare al caso in cui si dice che non dobbiamo più consumare suolo vergine.
  Sarebbe utile introdurre delle agevolazioni, in modo tale che ci sia un incentivo, non solo a fare le bonifiche richieste dalla legge, ma anche ad avere uno sbocco e una riqualificazione del sito.
  Quelle che ho appena illustrato sono le nostre proposte. Non so se vogliamo fare una breve carrellata sui quattro siti, che conoscete già...

  PRESIDENTE. Sì. Non vi chiedo di fornirci dei dati, perché li abbiamo. Fateci un focus sulle situazioni che procedono in fretta e su quelle che magari hanno qualche difficoltà in più, anche per capire se è possibile intervenire.

  GERARDO STILLO, Giunta Federchimica. Con riferimento ai quattro siti di cui parliamo oggi, noi abbiamo l'eccellenza su Ferrara, dove il territorio è molto attento e soprattutto ha il record per il rilascio dell'autorizzazione sui suoli, che avviene entro due mesi. Questo ha consentito di poter partire con un investimento di circa 250 milioni di euro per un impianto gomme.
  Lo stesso discorso vale per l'Emilia-Romagna, in particolare per Ravenna.
  Marghera è un caso un po’ diverso, perché tanti anni fa fu siglato un accordo di programma dove le aziende erano parte attiva, contrariamente agli accordi di programma che sono stati fatti successivamente, dove le aziende non sono inserite nell'ambito dell'accordo di programma, ma si tratta di un accordo tra istituzioni ed enti locali.
  Il caso più eclatante per noi rimane quello di Mantova, dove, a fronte di investimenti che vuol fare la società, a causa di atteggiamenti da parte di un ente locale, si stanno rallentando tutti i processi e si sta creando abbastanza imbarazzo tra l'ente locale e il Ministero dell'ambiente. Ci sono posizioni controverse, dove l'azienda è nel centro.
  Se a questo si aggiunge che nei siti di interesse nazionale normalmente si riescono a fare due conferenze di servizi in circa tre anni, tra una decisoria e un'istruttoria, chiaramente la situazione lascia molto a desiderare. Esaminando i casi delle aziende italiane, basta vedere che in un sito come Mantova la maggior parte delle imprese, su due decisorie in tre anni, ha presentato dieci ricorsi al TAR.
  Oltre agli aspetti legati alle istituzioni, c’è una mancanza di chiarezza, come diceva poc'anzi la dottoressa Pellegrini, su compiti, ruoli, responsabilità e su chi deve decidere.
  Purtroppo la norma non fa differenza tra un sito fermo e un sito attivo. Nel campo della chimica, l'Italia ha un know how e una ricerca. Il problema, quando si deve costruire, è avere l'area.
  Mentre oggi abbiamo la certezza di avere una valutazione di impatto ambientale in circa dodici mesi a livello regionale, abbiamo la certezza sul nullaosta di fattibilità di cui al decreto n. 334 e abbiamo una certezza per quanto riguarda l'AIA, ma ahimè, questo non avviene per quanto riguarda il rilascio delle aree, a causa della burocrazia e del conflitto di competenze tra la parte locale e la parte centrale.
  Come diceva poc'anzi la dottoressa Pellegrini, non si può trattare allo stesso Pag. 9modo un sito fermo e un sito attivo, perché si rischia di perdere gli investimenti.
  È eclatante il caso di Mantova, dove è stato bloccato, nonostante ci fosse già una licenza edilizia, l'ampliamento di un fabbricato di un centro ricerche per soli 1.400 metri quadri. Questa lunghezza burocratica ha fatto sì che, tra il Ministero dell'ambiente, l'ente locale e l'ARPA, alla fine non si è concluso nulla e l'azienda ha ricorso al TAR e ha vinto al Consiglio di Stato. Il risultato finale è una penalizzazione, non solo per l'azienda, ma anche per il territorio perché non è stato ampliato il centro ricerche e si è persa un'opportunità.
  Come diceva la dottoressa Pellegrini, dobbiamo cominciare a pensare a un Ministero dell'ambiente strutturato sul modello americano dell'EPA, dove compiti, ruoli e responsabilità sono ben certi.
  Nel sistema Italia non possiamo continuare ad avere le consulenze, con pareri sempre contrastanti, dove l'azienda, che ha le sue responsabilità, viene sempre messa in mezzo, e spesso la stessa legge italiana viene interpretata in maniera completamente diversa da tutti gli enti che danno il loro parere.
  A ciò si aggiunge la lunghezza delle conferenze dei servizi. È inammissibile che un sistema industriale possa aspettare due anni per avere una conferenza dei servizi istruttoria o decisoria. È un'enormità, se pensiamo che ci sono anche tutte le altre autorizzazioni. Quello che in passato era un punto di forza oggi sta diventando un punto di debolezza. Non ce lo possiamo permettere.
  Nella proposta che noi abbiamo presentato, le aziende vogliono bonificare, ma vogliono continuare a essere sul territorio. Se si arriva in ritardo, altre aziende in Europa carpiscono quel know how. Arrivare secondi sul mercato vuol dire la morte dell'azienda, e non ce lo possiamo permettere.
  Le aziende si assumono la responsabilità. Spesso le aziende chimiche vengono giudicate per quello che è successo negli anni 1960, in assenza di legge. Oggi a livello di Federchimica rileviamo che quasi tutte le aziende sono certificate ISO 14001, OHSAS 18000 e Responsible care, e sono diverse quelle registrate EMAS. Le aziende stanno andando sempre di più verso dei sistemi di gestione. Non possiamo continuare a essere giudicati per gli errori del passato.
  Pertanto, le nostre proposte sono nella direzione di andare avanti, per cercare di fare e garantire che la chimica in Italia possa avere un futuro.

  PRESIDENTE. Ci avete fatto una panoramica che, unita con le ispezioni che abbiamo svolto, fa sì che abbiamo il polso della situazione.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Io vorrei concentrare alcune richieste di chiarimento sull'ultima parte del documento, relativa alle considerazioni e alle proposte sull'evoluzione del quadro normativo, per capire meglio alcuni passaggi.
  In particolare, cosa significa la vostra richiesta di coordinamento e guida dei tavoli decisori svolta dal Ministero dell'ambiente, visto che il Ministero è già competente e titolare dei procedimenti, almeno per quanto riguarda i SIN ?
  Quando ipotizzate di demandare l'iter autorizzativo alle regioni, vi riferite anche ai SIN ? Ci sarebbe una contraddizione, se facessimo i SIN e poi demandassimo alle regioni la competenza autorizzatoria.
  Ho letto velocemente il documento. A pagina 14 c’è un passaggio che non mi è chiaro. Non so se si tratta di un refuso. Si afferma: «sarebbe inutile favorire la definizione di protocolli tra soggetti privati, autorità [...]». Questa mi sembra una frase un po’ in contraddizione con il resto del documento.
  Un'altra riflessione su cui vi chiedo un approfondimento è l'invito al riferimento contrattuale per la definizione delle bonifiche. Il contratto è un accordo tra due parti e tra due volontà. La bonifica è un obbligo di ripristino che si impone a chi Pag. 10ha determinato uno stato di inquinamento. Pertanto, contrattare le modalità di un obbligo che spetta a chi ha determinato l'inquinamento mi lascia qualche perplessità.
  Relativamente al consumo dei suoli e alla proposta di legge che è in discussione qui alla Camera, voi proponete l'esonero del contributo per il rilascio del permesso di costruire per la quota relativa agli oneri di urbanizzazione. Non capisco il perché, nel senso che comunque è un aspetto della bonifica, al quale chi ha inquinato è tenuto. D'altra parte, questa agevolazione spetterebbe ancor di più a chi non ha inquinato.
  Da ultimo, svincolare la messa in sicurezza operativa dall'analisi di rischio, perché c’è comunque un soggetto responsabile, come si dice nel vostro documento, è un'idea apprezzabile. Tuttavia, non dimentichiamo che spesso questo soggetto è anche responsabile dell'inquinamento. Si dice che c’è un gestore che provvede a tutto e, quindi, si possono svincolare le due fasi. Forse più che sullo svincolare, si dovrebbe riflettere sul semplificare e snellire le due fasi. Tenerle completamente separate mi sembra piuttosto rischioso ed eccessivo. Su questo vorrei qualche chiarimento aggiuntivo.

  PAOLO ARRIGONI. Anche se traspare dalle relazioni, in particolare quella dell'ingegner Stillo, vorrei sapere se, dalla vostra esperienza in ordine alle criticità dei vari siti, portano più difficoltà i SIN, dove il dominus è il Ministero dell'ambiente, oppure i siti di interesse regionale.
  In questi ultimi, voi avete riscontrato statisticamente delle differenze di azione da parte delle regioni, passando da Nord a Sud ?
  Come giudicate il ruolo di Sogesid, la società controllata in house dal Ministero dell'ambiente ? Anche questa rappresenta per voi un elemento di criticità ovvero il contrario ?
  Girando nei vari siti oggetto di operazioni di bonifica o messa in sicurezza, io personalmente ho riscontrato che, laddove è prevista la bonifica di un suolo in ordine alla sua riconversione, non c’è molta pianificazione rispetto a nuovi insediamenti. Mi domando se l'industria chimica italiana sta tirando i remi in barca e se non ci sono più condizioni per fare nuovi investimenti.
  Qualche anno fa la magistratura ha posto sotto sequestro gli impianti dell'Ilva. Qualche giorno fa gli impianti di Fincantieri. La magistratura da poco tempo ha un elemento in più, che è la legge sui delitti ambientali. Questa nuova legge, accompagnata anche dalle azioni della magistratura, vi desta più preoccupazione rispetto al passato oppure la vedete con favore ?

  MIRIAM COMINELLI. La mia domanda riguarda gli esempi di gestione in Germania e in Francia che citava all'inizio. Vorrei sapere se, per quanto riguarda la situazione della Germania, questi contratti tra imprese e pubbliche amministrazioni sono veri e propri contratti privatistici e se avete della documentazione, anche sintetica, di esempi pratici di questo tipo di modalità.

  ALBERTO ZOLEZZI. Ho una domanda su Mantova, su cui abbiamo svolto diverse audizioni. Vorrei capire il caso specifico che avete riportato. Il terreno a cui vi riferite ha una particolare contaminazione oppure sono stati adotti altri tipi di problemi ? Vorrei capire come mai si è creato un contenzioso tra ARPA e Ministero, per cui non siete riusciti a trovare la quadra.

  LAURA PUPPATO. Abbiamo visto su Brescia e su Mantova situazioni molto contraddittorie, dove – dobbiamo dircelo – imprese chimiche che non ci sono più hanno lasciato quello che hanno lasciato, con problematiche enormi di carattere sanitario e di necessità di bonifica.
  È molto giusto quello che avete detto oggi e ne siamo pienamente consapevoli: è necessario che la pubblica amministrazione diventi molto seria e capace, e chiuda in tempi rapidi le vicende.
  Tuttavia, questo può avvenire laddove c’è un'impresa che intende mantenere fede Pag. 11a degli impegni etici. Negli altri casi, o comunque pro futuro, quali difese suggerite di chiedere legittimamente ai privati rispetto alla gestione pubblica del territorio ?
  Chiedo all'ingegnere di chiarire il tema del brownfield, spiegando esattamente quali sono le opportunità che in questo momento in Italia non abbiamo in quest'ambito.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  GERARDO STILLO, Giunta Federchimica. Parto da Mantova. A Mantova non c'era inquinamento del suolo. Peraltro, la falda era a 14 metri e l'azienda aveva modificato le fondazioni, facendola a due metri. Sono state effettuate circa 4.000 analisi, con microcampioni e monitoraggi, per settimane intere. Pertanto, non c'era nessun motivo legato a questo e soprattutto la nuova costruzione non avrebbe avuto interferenza con le future opere di bonifica.
  Per quanto riguarda invece il rapporto con gli enti locali, noi abbiamo visto che non c’è una grande differenza tra i diversi siti italiani. Abbiamo delle eccellenze anche a Ragusa o in Sardegna. Con l'ente locale si stabilisce innanzitutto un rapporto costruttivo, un dialogo continuo e di confronto, cosa che non avviene a livello ministeriale.
  C’è un piccolo particolare: quando c’è un soggetto responsabile, che può essere il comune, che detta le regole del gioco, anche quest'ultimo è interessato a fare e ha un interesse diretto sulla vicenda. Non ci sono quattro, cinque o sei pareri. Arrivati a quel punto, l'assunzione di responsabilità è dell'ARPA locale o dell'ASL locale. Non ci sono vari enti a livello nazionale, a livello locale o a livello regionale.
  Le eccellenze non esistono solo al Nord, ma in tutta Italia sono rari i casi di fallimento di procedimenti a livello locale che non rientrano nel SIN.
  Noi non stiamo affermando una contraddizione a livello dei SIN, perché di recente sono state emanate una serie di leggi dove alcuni siti passano da siti di interesse nazionale a siti di interesse locale.
  Quello che noi stiamo dicendo è che competenze, ruoli e responsabilità purtroppo non sono allocati all'interno del Ministero dell'ambiente, indipendentemente dalle collaborazioni che ha il Ministero per istruire. Da un po’ di tempo non vengono istruite delle conferenze, perché mancano le risorse. Lo stesso Ministero deve chiedere dei pareri ad altri enti, che non sono sotto la sua giurisdizione. A questi pareri si aggiungono quelli degli enti locali. Tutto questo non fa che generare ulteriori ritardi e un conflitto di competenze.
  Non a caso noi abbiamo proposto che il Ministero dell'ambiente, così come è strutturato, deve cambiare sul modello dell'EPA. Si può fare anche tutto centralizzato, ma compiti, ruoli e responsabilità devono essere ben chiari.
  L'alternativa ad avere un ruolo come quello dell'EPA in Italia è andare verso gli enti locali. Non c’è una soluzione intermedia.
  Chiaramente l'ente locale è a contatto col territorio, vive le sue emozioni e conosce la sua storia. Ci sono professionalità allocate sul territorio e, quindi, anche i tempi di risposta sono diverse. Non so a quanti siti di interesse nazionale siamo arrivati, ma credo che siano circa 70.

  PRESIDENTE. Sono 39, perché ne sono usciti otto.

  GERARDO STILLO, Giunta Federchimica. Un conto è gestire 40 siti di interesse nazionale e un conto è gestire un sito, che appartiene al territorio o alla stessa regione, piuttosto che al comune o alla provincia.
  È stata posta una domanda dal punto di vista tecnico. Le aziende vogliono fare le bonifiche. Oggi la bonifica è prescritta dalle norme di legge solo quando non c’è attività industriale sul territorio.
  In questi anni noi abbiamo fatto un cambiamento epocale sulle leggi, a partire dal decreto n. 471 per arrivare al decreto n. 152.Pag. 12
  Il vero problema è che anche una messa in sicurezza operativa ha necessità di essere autorizzata attraverso un'analisi di rischio. Se io voglio mettere quattro piante, attraverso un impianto di fitodepurazione, prima di presentare la messa in sicurezza operativa deve essere approvata l'analisi di rischio, che è di una farraginosità estrema. Per piantare due piante per una fitodepurazione, bisogna aspettare due anni.
  Occorre snellire questi processi. Noi non diciamo che non vogliamo fare l'analisi di rischio. Nella nostra proposta c’è scritto che ci assumiamo la responsabilità, attraverso società di ingegneria certificate, per partire con la messa in sicurezza operativa. Contestualmente, facciamo un'analisi di rischio per non fermare le attività.
  Se dall'analisi di rischio vengono dei risultati diversi, verranno integrate tutte le misure di messa in sicurezza operativa, fermo restando che tutte le ulteriori misure verranno attuate quando l'azienda entrerà nella fase di bonifica.
  Noi non ci vogliamo sottrarre. Abbiamo indicato una strada tale da non bloccare la messa in sicurezza operativa attraverso l'analisi di rischio. Purtroppo oggi l'analisi di rischio sta bloccando tutti i procedimenti di bonifica in Italia.
  La Sogesid ha un ruolo attivo per quanto riguarda la realizzazione. Non mi risulta che partecipi alle conferenze dei servizi per le fasi istruttoria e decisoria. Per quanto è a mia conoscenza, fa solo attività di bonifica quando sono stati approvati i progetti e va in campo a realizzarli.

  PRESIDENTE. No, dovrebbero fare fondamentalmente attività di progettazione.

  PAOLO ARRIGONI. Io chiedevo una vostra valutazione in ordine alla qualità dei progetti.

  GERARDO STILLO, Giunta Federchimica. Non sono in grado di rispondere, perché non ho mai avuto a che fare con Sogesid.

  ALESSANDRA PELLEGRINI, Responsabile area ambiente e sicurezza impianti di Federchimica. Sul discorso dei protocolli ha ragione lei e mi scuso: c’è un «in» di troppo. La frase esatta è: «sarebbe utile favorire». Altrimenti, ci sarebbe una contraddizione in termini. Come dicevamo prima, gli strumenti possono essere diversi, l'importante è che ci sia una convergenza di obiettivi.
  Rispondo sul discorso del contratto. Devo verificare se si tratta di contratti di natura privatistica o altro e anche acquisire un eventuale esempio.
  È chiaro che le bonifiche sono fatte perché un soggetto è responsabile dell'inquinamento o comunque a un certo punto è il titolare del sito inquinato. Non si vogliono degli sconti. Quello che si vorrebbe, in una logica di utilità per tutti, è definire una volta per tutte gli interventi da fare e i tempi e avere le autorizzazioni necessarie per farlo.
  Come diceva l'ingegner Stillo, noi abbiamo un procedimento che prevede una serie di passaggi. La normativa per ora è questa e ce la teniamo. Il problema è che a volte comporre gli interessi di tutti i soggetti che devono partecipare alla decisione è tutt'altro che semplice. Come dicevamo, se a un certo punto cambia un soggetto tra i sette, otto o dieci che bisogna mettere intorno al tavolo, a volte vengono messe in discussione decisioni già prese. Il contratto non era nel senso di avere lo sconto, anche se si hanno delle responsabilità.
  Faccio una premessa. Se i tempi previsti dalla norma venissero rispettati, non ci sarebbe nessun bisogno del «contratto», del protocollo di intesa o dell'accordo di programma.
  Il problema è che stiamo parlando di temi difficili. A volte le contaminazioni sono causate da più inquinanti, sono stratificate nel tempo e interessano matrici, acque di impregnazione, suolo superficiale. Sono temi complessi.
  Fermo restando che a volte le imprese ci mettono i loro tempi, quando c’è il povero addetto del comune o il funzionario del Ministero che è da solo a gestire 39 pratiche, Pag. 13è ovvio che ogni tanto deve dormire e ogni tanto deve mangiare, quindi non si può pensare di avere tempi certi e rapidi con strutture che sono un po’ in affanno. Senza nulla togliere alla competenza di chi lavora, se si è da soli a fare il lavoro di cinque persone, è un po’ dura.
  Era questa la logica: trovare il modo di non rimettere in discussione gli interventi e di avere obiettivi comuni. A volte sulla gestione del territorio c’è chi vuole fare il parco, chi vuole fare la tangenziale e chi vuole fare impresa, e non ci si mette d'accordo.
  Rispondo sul discorso del consumo dei suoli, sull'esonero dal contributo e sul tema dei brownfield. Una volta che è stata fatta la bonifica, si ha un sito decontaminato, che ha tanti vantaggi, perché magari è vicino a delle infrastrutture, può offrire dei servizi e una logistica. Tuttavia, è anche vero che a volte rimangono delle limitazioni all'uso o altro.
  Visto che l'obiettivo del decreto legislativo sul consumo del suolo è ridurre il consumo di suolo, e per contro c’è del suolo non più vergine e bonificato che si potrebbe riutilizzare, la nostra idea è che una forma di incentivo potrebbe essere questa. Noi ne abbiamo ipotizzata una. Magari ad altri esperti ne vengono altre.
  Comunque, lo spirito della proposta non è la logica di premiare chi eventualmente ha inquinato – anche se ormai sappiamo che molto spesso chi sta facendo le bonifiche non è l'originario, quindi trovare un vero responsabile è cosa difficile – ma la logica di favorire, per quanto possibile, il riutilizzo di queste aree.
  Ci sembra un po’ strano che un provvedimento finalizzato a evitare il consumo di nuovo suolo vergine non preveda misure per incentivare l'utilizzo di questi siti.
  Sul discorso delle bonifiche del suolo, della pianificazione e della riconversione, ci si chiedeva se la chimica sta tirando i remi in barca. La chimica, più che altro, si sta trasformando, nel senso che la chimica di base, che ha contribuito in parte al nostro benessere negli anni 1950-1960 e in parte ad alcuni problemi che stiamo gestendo adesso, di fatto non c’è più o non c’è quasi più.
  Si sta trasformando la chimica in quella che noi chiamiamo «chimica sostenibile», che sicuramente realizza prodotti diversi e magari anche a minore impatto ambientale. La chimica non sta tirando i remi in barca, però sta cambiando. Sicuramente non avremo più gli stabilimenti da 15.000 occupati. Probabilmente avremo delle sinergie tra aziende che vanno verso produzioni diverse.

  CLAUDIO BENEDETTI, Direttore generale della Federchimica. Aggiungerei a quello che è stato detto che l'industria chimica è profondamente cambiata.
  Come ha detto il presidente in apertura, oggi noi siamo leader in alcune nicchie di mercato a livello mondiale. Nelle materie prime farmaceutiche siamo leader assoluti. C’è un'attenzione da parte del FBA nei controlli con una severità totale. Questo è un campo in cui il principio attivo e l'intermedio sono elementi essenziali per il farmaco. Abbiamo delle eccellenze uniche.
  Non vorrei dilungarmi, perché abbiamo abusato già del vostro tempo. Alla domanda che è stata posta sulla legge recente che riguarda i reati ambientali, noi possiamo rispondere che l'impianto ci sembra logico. Mi sembra che il legislatore abbia ben previsto cos’è l'inquinamento ambientale, cos’è il disastro ambientale e le pene per chi agisce con dolo e per chi agisce con colpa, che giustamente sono peggiorate quando si parla di un'associazione e sono ridotte di fronte ai ravvedimenti operosi.
  Tuttavia, se analizziamo attentamente il testo legislativo, cominciano a sorgere delle incertezze tipiche del nostro essere italiani.
  Ad esempio, cosa significano «compromissione» o «deterioramento significativo» ? Si misurano con le misure standard che si usano in tutti i Paesi europei o con le nostre, che sono sempre in peius ?
  Io faccio parte del board del CEFIC, che è l'associazione europea dell'industria chimica. Io vedo che la normativa dei miei Pag. 14colleghi è molto più permissiva rispetto alla nostra. Non dico che questo sia un bene, però spesso alle nostre aziende riesce difficile comprendere come mai ciò che va bene per i tedeschi, per i francesi e per gli inglesi non vada bene per gli italiani.
  Il mio collega francese, Jean Pelin, dice che ogni volta che viene a sapere che è stata recepita una direttiva comunitaria da parte del nostro Governo stappa una bottiglia di champagne, perché noi ci facciamo male da soli e la peggioriamo.
  Dove vediamo il pericolo di questa nuova legge ? Quando il giudice dovesse stabilire di ripristinare lo stato dei luoghi, in che modo si farebbe ?
  Vi cito un esempio che è lampante. Ad Arcisate, in provincia di Varese, c’è la linea ferroviaria che da Lugano arriva a Malpensa. La società costruttrice è un'azienda edile italiana, una delle più grosse, e ha già realizzato tutta la parte del versante svizzero, cioè da Lugano sino ad Arcisate. Ad Arcisate, che è in territorio italiano, i lavori sono fermi ormai da un anno, non si sa quando riprenderanno perché nel terreno c’è naturalmente l'arsenico. Troveranno l'arsenico a un metro, a dieci metri e probabilmente anche oltre. Per la Svizzera va tutto bene e arrivando dalla nostra parte si bloccano i lavori.
  Noi siamo preoccupati del fatto che il giudice possa imporre il blocco di un pericolo, a cui effettivamente qualunque tecnologia esistente oggi non è in grado di far fronte.

  PRESIDENTE. Avete dato molti spunti, che meriterebbero tanti approfondimenti e una lunga discussione, e che sono assolutamente d'interesse. Li valuteremo anche nel nostro ruolo di legislatori.
  Noi per il momento raccogliamo i vostri suggerimenti e vi ringraziamo. Per quelle che sono le nostre competenze, cercheremo di procedere.
  Faccio solo un'osservazione su Mantova. Ci sembra, in base alle ultime audizioni, che una serie di criticità si stiano risolvendo, rispetto al progetto originario, che era molto complicato. Ci sembra che si vada verso un'altra direzione.
  Lì c’è il Colorificio Freddi. Non so se sia un vostro associato. Noi li audiremo, perché si tratta dell'unica azienda che non è dentro a un ragionamento che negli anni si è quasi riusciti a concludere, in maniera molto difficoltosa. Mi sembra di capire che siamo a cinque metri dal traguardo. Ci manca un'impresa, che non è un dettaglio, perché purtroppo sul suo territorio ha dei problemi, che tecnicamente sono stati rilevati da tutti gli enti.

  CLAUDIO BENEDETTI, Direttore generale della Federchimica. Signor presidente, noi abbiamo 1.400 aziende associate. In questo momento non sono in grado di dirle...

  PRESIDENTE. È solo un'informazione.

  GERARDO STILLO, Giunta Federchimica. Presidente, le posso rispondere io perché sono mantovano e vivo a Mantova. È un'impresa locale. L'inquinamento da clorurati sta interessando anche il petrolchimico, che non ha nessuna responsabilità, perché sta venendo attraverso le acque di falda. Non ha nulla a che vedere con noi, né come Confindustria né come Federchimica.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.