XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 38 di Mercoledì 6 maggio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri, Giuseppe Travaglini (Svolgimento e conclusione):
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Travaglini Giuseppe , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 3 
Nugnes Paola  ... 8 
Travaglini Giuseppe , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
Scalia Francesco  ... 8 
Nugnes Paola  ... 9 
Zaratti Filiberto (SEL)  ... 9 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 9 
Nugnes Paola  ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Travaglini Giuseppe , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 10 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 11 
Travaglini Giuseppe , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Travaglini Giuseppe , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Travaglini Giuseppe , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 12 
Zaratti Filiberto (SEL)  ... 12 
Travaglini Giuseppe , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Travaglini Giuseppe , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Travaglini Giuseppe , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Travaglini Giuseppe , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 13 
Scalia Francesco  ... 14 
Travaglini Giuseppe , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 
Travaglini Giuseppe , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 

Audizione del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri, Luigi Paoletti (Svolgimento e conclusione):
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 16 
Nugnes Paola  ... 16 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 17 
Nugnes Paola  ... 17 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 18 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 18 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 18 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 18 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 18 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 18 
Nugnes Paola  ... 18 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 18 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 18 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 18 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 19 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 19 
Nugnes Paola  ... 19 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 19 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 19 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 19 
Nugnes Paola  ... 19 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 19 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20 
Paoletti Luigi , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri ... 20 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 14.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri, Giuseppe Travaglini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Travaglini, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri, che ringrazio molto della presenza.
  L'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento territoriale che la Commissione sta di fatto iniziando sul Lazio – credo che questa di oggi sia la prima audizione riguardante la regione Lazio – laddove la Commissione di inchiesta nella precedente legislatura aveva condotto, se non ricordo male, almeno tre approfondimenti collegati alla vicenda dell'emergenza romana in senso stretto, ciò costituendo uno dei punti principali della vicenda sull'emergenza rifiuti nella regione Lazio. Come Commissione abbiamo deciso di svolgere un ulteriore focus, cercando anche di verificare le situazioni che non necessariamente gravano solo sul comune di Roma. Nella regione Lazio, infatti, abbiamo diverse situazioni critiche, almeno sulla base delle segnalazioni pervenuteci. Oggi, quindi, iniziamo una serie di attività di approfondimento.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione verrà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno e consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitandolo comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Do quindi la parola al dottor Travaglini per l'illustrazione della sua relazione, al termine della quale seguiranno eventuali domande da parte dei commissari. Sappiamo, dottore, che lei ha seguìto diverse situazioni riguardanti le questioni di cui ci occupiamo, dall'indagine cosiddetta Cerroni condotta a Velletri fin dal 2011 – e che oggi credo sia passata a Roma – alla situazione dell'inceneritore di Colleferro, di cui questa Commissione si è assolutamente occupata, alla discarica di Roncigliano Pontina, anche in quel caso con una serie di reati che riguardavano infiltrazioni di percolato nella valle adiacente, al sequestro di alcune cave, nonché al deposito Cotral di Nettuno, a causa dei problemi di depurazione.
  Sono quindi tante le vicende di cui lei si è occupato ed oggi le chiederemmo di fare il punto sulle situazioni che ritiene più importanti al fine del lavoro che stiamo svolgendo. Prego, dunque, il dottor Travaglini di procedere con la sua illustrazione alla Commissione.

  GIUSEPPE TRAVAGLINI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. La ringrazio, presidente, per la convocazione e mi auguro che abbiate la pazienza di seguire la mia Pag. 4esposizione. Voglio soltanto fare una premessa di tipo metodologico. Lavoro presso la procura di Velletri, che è una procura ordinaria, quindi non ha nessuna competenza – ormai da cinque o sei anni, cioè dal 2008 – in materia di traffico di rifiuti, l'ipotesi di cui all'articolo 260.
  La nostra competenza come ufficio di procura è circoscritta alle ipotesi di natura contravvenzionale e, per quanto riguarda gli atti riconducibili alle amministrazioni, solo ad amministrazioni che abbiano sede nel nostro circondario, quindi non vi è compreso alcun atto della Regione Lazio – che ovviamente ha sede a Roma, per cui quindi la competenza è della procura di Roma – né della provincia di Roma, per lo stesso motivo. Ovviamente, questo comporta che il nostro interesse sia essenzialmente concentrato, come ufficio, sulla modalità operativa dei singoli impianti che insistono sul nostro territorio.
  Il territorio della procura di Velletri abbraccia tutta la parte sud della provincia di Roma e, in un tempo non molto remoto, quella era una zona ampiamente industrializzata, soprattutto intorno al polo di Colleferro-Valmontone, per via della presenza di una serie di industrie, sia chimiche, sia militari, ma anche nella zona di Pomezia, che rappresentava, invece, il limite a nord della zona della Cassa del Mezzogiorno. Queste zone attualmente hanno subìto una profonda trasformazione sotto il profilo economico e sono rimasti degli stabilimenti industriali di natura veramente residuale. Praticamente, l'industria pesante, che prima era concentrata in quell'area, ormai è quasi completamente inattiva. Tuttavia, sia nella zona di Pomezia, sia in quella di Colleferro, ancora insistono industrie, anche di rilevanza nazionale (soprattutto nella zona di Colleferro). L'industria chimica non è più a livelli nazionali, come lo era in precedenza, ma sicuramente lo è l'industria aerospaziale, ciò significando che a tutt'oggi insistono situazioni che possono essere considerate significative o potenzialmente pericolose sotto il profilo ambientale e delle possibili fonti di inquinamento.
  La nostra attenzione come ufficio – anche se non me ne sono sempre occupato io ma abbiamo lavorato con altri colleghi – ha in modo particolare preso di mira la zona di Colleferro, nella quale esiste una sorta di vero e proprio distretto oramai del rifiuto. Quella era una zona molto industrializzata in cui, dalla metà degli anni Cinquanta in poi, una volta chiuse le industrie belliche in seguito alla fine della guerra, si produceva tutto o quasi tutto il DDT commercializzato in Italia. Ovviamente, questo produceva dei residui altamente pericolosi, con denominazioni chimiche su cui non mi dilungherò ma che troverete facilmente in tutti gli atti, che sono stati accantonati. La situazione è andata più o meno avanti in questa maniera fino agli inizi degli anni Novanta, dopodiché è calata una sorta di dimenticatoio su questa vicenda.
  Oltre a queste industrie inquinanti, nella zona di Colleferro, nel corso degli anni Novanta, si è proceduto alla realizzazione di due termovalorizzatori, due impianti gemelli paralleli, per la combustione delle ecoballe per la finalizzazione eventualmente di produzione di energia elettrica. Si è realizzata anche una grossa discarica che, teoricamente, doveva essere al servizio di questi impianti e sui quali si sono svolte due attività di indagine; una di queste è attualmente in fase dibattimentale e il livello è quello dell'ipotesi accusatoria; il processo non è stato ancora concluso e siamo in fase di trasmissione degli atti dal tribunale di Velletri a quello di Roma per problemi di competenza territoriale. Di ciò si è occupato il collega Cirielli, che aveva individuato una serie di ipotesi di mal funzionamento di questi impianti, con possibili – anche in questo caso ipotizzati e tutto è da dimostrare con il processo – problemi di registrazione dei dati. Sostanzialmente, i fumi e le ceneri sembravano regolari ma, all'esito di analisi tecniche, questa regolarità non sarebbe poi emersa in maniera così piena. Vi è, inoltre, il fenomeno che ha portato alla creazione di un sito di interesse nazionale, connesso proprio all'avvelenamento delle acque del fiume Sacco, derivato da quel ciclo produttivo Pag. 5di cui dicevo in precedenza, cioè quella funzione della produzione delle industrie chimiche (sostanzialmente della Caffaro, che era l'industria principale). Con il tempo, c’è stata una tracimazione fino a raggiungere le acque del fiume Sacco, utilizzate per scopi agricoli, irrigui e di allevamento. Nel 2005, quindi, fu segnalata l'emergenza, posto che tracce di questo «DDT», cioè di questa sostanza chimica, furono trovate nel latte della Centrale di Roma. Il bacino nella valle del Sacco, infatti, è quello che fornisce la produzione di latte utilizzato per la distribuzione nella città di Roma. Fu subito programmato un regime emergenziale; il sito è poi stato classificato come sito di interesse nazionale e sono state avviate delle opere di bonifica.
  Sulle cause dell'inquinamento è stata svolta, dal collega Paoletti, un'attività di investigazione che portò all'individuazione di una serie di responsabilità attribuite a vari funzionari pubblici e a gestori di impianti, i quali avrebbero dovuto preservare il fiume Sacco e la valle circostante da questa fonte di inquinamento, laddove invece le misure prese si sono dimostrate praticamente vane, tanto che l'inquinamento c’è stato. Anche questo è un processo che si trova in fase dibattimentale.
  Furono poi condotti degli approfondimenti – è un'indagine della quale mi sono occupato io e che si trova ancora in fase dibattimentale – su una serie di finanziamenti erogati alla società che gestiva la discarica e i termovalorizzatori, per una quarantina di milioni di euro, praticamente andati persi un po’ nei meandri. Le opere, infatti, furono finanziate e fu certificato che furono realizzate, ma anche in quel caso non lo sono state. Su questo fui sentito, quattro anni fa, dalla precedente Commissione. Anche in questo caso, come dicevo, il processo è pendente.
  Come potete capire da questa brevissima premessa metodologica, il problema è che purtroppo a Velletri abbiamo difficoltà a celebrare i processi. Parliamo, inoltre, di reati che hanno tempi di prescrizione estremamente contenuti (si prescrivono in sette anni e mezzo). Qui vi parlo dei processi di primo grado, perché pensare che un processo per fatti del 2008 o 2009 possa concludersi in Cassazione ormai diventa soltanto un auspicio, e questo non per cattiva volontà di chi li istruisce o di chi li celebra come giudice, ma per le difficoltà oggettive connesse alle dimensioni degli uffici e alla mole di lavoro che converge su questi stessi uffici, che chiaramente non sono assolutamente adeguati.
  Abbiamo, infatti, una popolazione di circa 650.000 abitanti, che in altre parti d'Italia corrisponde a un capoluogo di provincia se non di regione; le nostre strutture, però, continuano ad essere, in linea di massima, quelle che esistevano nella versione originaria. Ci sono carenze significative non tanto e non solo per il numero dei magistrati, cui, con un programma organizzativo, tutti i capi degli uffici hanno forse cercato di ovviare, ma per carenze fisiche di personale e di collaboratori amministrativi. Ciò crea i maggiori problemi, perché tutti questi processi si fermano, si intoppano e saltano perché, purtroppo, non viene fatta una notifica, non si fa in tempo a controllare qualcosa; giustamente, gli avvocati fanno il loro mestiere, cioè fanno sì che il processo, se deve, vada avanti solo quando tutte le carte sono conformi a normativa. Per questo, spesso, un lavoro durato anni – chiaramente non solo mio, ma di tutti gli altri colleghi – si concretizza con sentenze di prescrizione, perché purtroppo i tempi sono maturati nel modo che descrivevo.
  Con la modifica della normativa vigente, per cui le attribuzioni in materia di traffico di rifiuti sono state concentrate tutte, per esigenze organizzative più che condivisibili, alla procura distrettuale, i nostri reati di competenza rimangono circoscritti a quelli contravvenzionali, per i quali i termini di prescrizione sono ancora più brevi, laddove il problema di cui vi dicevo, cioè del rischio di prescrizione, è sicuramente più sensibile. Sicuramente, la risposta giudiziaria a questi fenomeni di inquinamento finisce con l'essere necessariamente parziale, ma anche necessariamente Pag. 6o quasi obbligatoriamente tardiva: sotto il profilo pratico si potrebbe dire inefficace.
  Nel caso specifico dell'inquinamento del fiume Sacco, in quella del 1993-1994, che è una sentenza di pretura che ha segnato il punto e su cui poi si è costruito tutto lo sviluppo successivo della tutela, anche di tipo emergenziale, del fiume Sacco, sono imputate varie persone: tutti, tranne uno, sono stati assolti per avvenuta prescrizione del reato, per fatti del 1987-1988. Tuttavia, quella sentenza è importante perché, comunque, nella posizione del soggetto condannato sì impone l'obbligo all'allora titolare di questi terreni, di queste aree industriali, di fare delle bonifiche, cosa che, chiaramente, non è stata mai realizzata da nessuno. La bonifica, in maniera sistematica, reale e concreta, inizia con il regime emergenziale, quindi, nel 2005-2006, perché vengono introdotti dei finanziamenti pubblici. Pertanto, si comincia con fondi regionali e comunitari.
  Nei confronti di una di queste società – la Caffaro – che produceva essenzialmente questo benedetto DDT, la Regione, o meglio, il commissario governativo intraprende il procedimento in danno, per cui ci sarà una rivalsa; tuttavia, per quello che stiamo vedendo in questi mesi, ciò sembra un po’ difficile. La società, infatti, è fallita e, se sarà mai fatta, la rivalsa sarà nei confronti del curatore fallimentare. Sotto quest'aspetto, saranno soldi che difficilmente verranno recuperati dallo Stato, inteso in senso lato come pubblica amministrazione. Il resto è tutto finanziamento, comunitario o che comunque proviene dallo Stato e dalla Regione.
  Per quanto concerne questo tipo di situazione, vi fu in origine un danno enorme arrecato ai produttori agricoli, che videro completamente bloccata la loro produzione, con la relativa distruzione di allevamenti e di prodotti sui campi. All'epoca, lo Stato, attraverso il commissario, ha più o meno operato indennizzi per 10-12 milioni di euro; ovviamente, il problema, poi, si propone in prospettiva futura. Infatti, finché non verrà certificato che l'acqua del fiume è pienamente utilizzabile, sarà ben difficile che i prodotti agricoli di quella zona possano essere favorevolmente accettati dal mercato, visto che comunque questa vicenda ha avuto un risalto di natura nazionale e ogni tanto se ne continua a parlare. Questo danno all'immagine, per una zona che essenzialmente, a seguito della deindustrializzazione, si concentra su profili di economia agricola o di turismo nelle forme più moderne del termine – appunto come turismo agricolo – diventa un grosso pregiudizio. Questo crea un grosso allarme in tutte le comunità affacciate su quella valle. Periodicamente, questo porta a una produzione di esposti, denunce e segnalazioni; chiaramente ciò costituisce anche un oggetto di campagna «elettorale» mano a mano che si avvicinano le elezioni, ora di questo, ora di quel comune. Si finisce quindi con il creare un circuito per cui certe notizie iniziano a rimbalzare e si ingigantiscono, e quando arrivano sul tavolo dalla procura della Repubblica, si crea il problema di dover vagliare quale parte possa essere effettivamente un fatto penalmente rilevante e quale sia colore o strumentalizzazione.
  Noi, come procura in materia ambientale, abbiamo a disposizione il Corpo forestale dello Stato, il quale per tutto il circondario che interessa il nostro ufficio non arriva a 12 unità. Ovviamente, non sono tutte e 12 a Colleferro ma sparpagliate per 650.000 abitanti: è difficile che vengano Forze specializzate. C’è comunque una buona collaborazione con gli uffici del NOE. Ci occupiamo, come dicevo, di contravvenzioni ed è difficile che reparti altamente specializzati investano il loro tempo – tutti hanno risorse limitate – sia come personale, sia come mezzi, per far fronte a ipotesi di reato il cui sviluppo processuale è molto circoscritto e rischia normalmente di impattare con la prescrizione. Non c’è, insomma, un risultato tangibile come potrebbero portare altre ipotesi di reato o altri tipi di investigazione.
  Chiaramente, questa è una difficoltà ulteriore e aggiuntiva, perché, chiaramente, in alternativa alla polizia giudiziaria, Pag. 7la procura della Repubblica deve avvalersi di consulenti; tuttavia, quelli esperti in questo tipo di materie, che non siano collegati al circuito industriale, sono pochi e, soprattutto, particolarmente costosi. Si pone, quindi, sempre, il problema di chi paga le spese. Chiaramente, infatti, non si possono istruire processi da 30-40 milioni di euro per arrivare a una prescrizione per un'ipotesi contravvenzionale.
  Se questa è la situazione sulla Valle del Sacco, a un'altra area di criticità accennava il presidente riguardo alla zona di Albano, dove è situata la discarica della Pontina Ambiente, società riconducibile, per una serie di collegamenti e partecipazioni, all'avvocato Cerroni, una cava a servizio di tutta la zona dei Castelli romani. È forse anche l'unica discarica in Italia che riceve rifiuti da uno Stato estero, lo Stato del Vaticano, ma sempre in virtù dei Patti Lateranensi.
  Quella discarica era originariamente a servizio del comune di Albano; molto circoscritta in periodo post-bellico, con il tempo è progressivamente cresciuta in maniera esponenziale perché si è gestita sempre con il meccanismo del travaso in discarica del tal quale: il camion, cioè, arrivava e scaricava interamente. Fu poi realizzato un impianto per il trattamento, perlomeno per la riduzione volumetrica dei rifiuti, ma progressivamente la discarica si è allargata e adesso è arrivata ai confini con la strada provinciale.
  Questo ha comportato – di qui un'altra serie infinita di contenziosi – che la discarica è arrivata a ridosso di un'area abitata. Mentre fino a dieci anni fa la situazione era tale per cui, d'estate, con venti particolari, odori pessimi si diffondevano, ciò originando esposti e denunce, adesso che si è allargata ed è arrivata addosso alle case, chiaramente, chi abita o ha delle proprietà in quella zona le ha viste precipitare; anche qui si è generato un ulteriore meccanismo di denunce, per le quali, però, vale lo stesso discorso che facevo prima: alle volte sono fatte in assoluta buona fede, mentre in altri casi meno, ciò creando delle complicazioni.
  Su questa discarica fu eseguita una serie di approfondimenti in occasione delle investigazioni che svolgemmo come procura di Velletri, poi trasmessi alla procura di Roma, avvalendoci di tecnici esterni all'amministrazione, quindi furono retribuiti. Sotto una serie di profili non emerse un quadro disastroso, ma emergeva con chiarezza che bisognava comunque che qualcuno investisse del denaro per monitorare costantemente le falde acquifere sottostanti.
  Si deve tenere conto, infatti, della struttura dei Castelli romani, in pratica una montagna, un antico vulcano, che degrada fino alla pianura e fino al mare. Le acque vengono da queste montagne, passano nella zona dove è situata la discarica e vanno verso la città di Pomezia, verso la costa, la cui area è servita da una falda alimentata da questo tipo di acque, che quindi si pongono su un percorso dove c’è un alto carico inquinante. La discarica, infatti, è stata realizzata per vari lotti, alcuni fatti sicuramente a regola d'arte, mentre non è sicuramente così per quelli un po’ più remoti. A mano a mano sono state evidenziate delle tracce di inquinanti nelle analisi svolte nei pozzi a valle dell'impianto.
  Per avere, però, dei dati statistici attendibili occorrerebbe che venisse investita una campagna di monitoraggio prolungata nel tempo, perché alcuni valori inquinanti possono essere anche di tipo fisiologico, cioè connessi al tipo di terreni, che sono montagne, per cui determinati metalli che si possono trovare a valle potrebbero essere generati dalla montagna. Il valore diverso dalla soglia media, quindi, non è necessariamente riconducibile all'inquinamento, ma solo misurandolo costantemente nel tempo lo si può appurare. È stata l'ASL a tentare queste campagne, che però sono onerose e quindi difficili da realizzare con fondi non espressamente dedicati a quello scopo. Sono pubblico ministero e vi dico che lo sviluppo delle indagini su quella discarica evidenziarono delle evidenti anomalie nella gestione, soprattutto nella quantificazione dei costi che sopportava la società e che poi riversava Pag. 8a carico dei comuni. Anche per questi fatti la procura di Roma chiese e ottenne delle misure cautelari (credo, se non ho capito male, che ci sia anche in questo caso il processo, ma questi sono fatti più recenti rispetto a quelli relativi alla Valle del Sacco). Questo vale per quanto concerne le criticità del nostro territorio.
  Poi ci sono delle situazioni spot perché, proprio per come è fatto il territorio, passando da una montagna alla pianura, vi è il problema della gestione dei depuratori dei comuni «di collina» che poi riversano e originano i fiumi, i fossi e i torrenti che arrivano al mare. Per chi ha visto le spiagge del litorale sud, si trovano quelle acque splendide, che vanno dal marroncino al verdino al giallino, che chiaramente in parte dipendono dall'afflusso proveniente dal fiume Tevere, in parte da quello che sgorga dalle decine di fossi che dai cosiddetti Colli Albani scendono al mare, fossi in buona parte alimentati proprio dalle acque dei depuratori, comunque considerati fossi naturali e quindi, come tali, idonei a ricevere lo scarico dei depuratori.
  In questo caso, i depuratori, ovviamente, sono per acque civili, ma sa solo il Padre Eterno sa nella fogna comunale quello che si butta. In occasione delle analisi vengono sempre trovate delle sostanze inquinanti di tipo pericoloso. Grazie a un intervento normativo, se non si raggiunge una certa soglia, il reato non è configurabile, mentre è configurabile solo un illecito amministrativo, quest'ultimo non punibile penalmente. In realtà, non è possibile intervenire penalmente nei confronti del gestore dell'impianto, che giustamente lo predispone per la depurazione delle acque civili; se poi un'industria scarica qualcosa a sua insaputa, costui si difende dicendo che, se lui stesso non può sapere tutto ciò, noi non possiamo dirgli niente. Sotto quest'aspetto la norma è scritta così, interpretata così e, giustamente, una serie di procedimenti avviati quando la normativa era scritta diversamente si sono tutti conclusi con la giusta e doverosa assoluzione dell'imputato, proprio perché il fatto non costituisce più reato.

  PAOLA NUGNES. Mi scusi, a quando risale la normativa precedente, se ne ha memoria ?

  GIUSEPPE TRAVAGLINI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Sì, in questo caso, per quanto riguarda i depuratori, si tratta di una modifica all'articolo 137, introdotta – se non ricordo male, sto andando a mente – nel 2012, per cui si è superato un orientamento della Cassazione che si era formato, soprattutto alla terza sezione, in un certo modo e che considerava penalmente rilevanti certe condotte; adesso, invece, è stato scritto nella legge, in maniera assolutamente in equivoca, che si esclude la rilevanza penale. Per non dare indicazioni errate, potrei essere più preciso, eventualmente in una nota, ma la legge è scritta così e così va applicata. Giustamente i giudici hanno assolto e abbiamo chiesto le archiviazioni per fatti che non sono più punibili in base alla nuova formulazione della legge.
  Per quanto riguarda la situazione nella Valle del Sacco, vorrei aggiungere alcune notazioni per conoscenza, ma siccome riguardano indagini che stiamo svolgendo adesso, chiederei di segretare.

  PRESIDENTE. Direi di rivolgere al dottor Travaglini le domande sulla parte pubblica, per poi dedicare una decina di minuti sulla parte riservata, ciò anche al fine di evitare che nella discussione si facciano domande inerenti alla parte da segretare.
  Do quindi la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FRANCESCO SCALIA. Ringrazio il dottor Travaglini anche per la ricchezza della sua esposizione. La mia unica domanda è relativa al SIN Valle del Sacco: l'ufficio commissariale si è rapportato con la procura di Velletri ? Ha questi riferito, mano Pag. 9a mano, o volta per volta, sull'andamento dei lavori di messa in sicurezza e – spero – di bonifica ? Se sì, può darci notizia, sia pure sommaria, dello stato dell'arte ?

  PAOLA NUGNES. Mi è sfuggito se il collega abbia già formulato la stessa domanda. Si parlava dello stato dell'arte della Valle del Sacco: sono state realizzate opere di bonifica, visto che comunque c’è un processo in danno ? Qual è adesso la situazione ambientale ?

  FILIBERTO ZARATTI. Anch'io ringrazio il dottor Travaglini per la sua relazione compiuta e importante, con cui ci ha delineato un po’ il quadro della situazione nell'area dei Castelli romani. Mi interessa approfondire due questioni. Sulla questione delle acque di depurazione, mi pare che questa sia una delle questioni più importanti riguardanti i Castelli romani. Ricordo, anche per questioni del mio passato, che in quel campo sono stati realizzati importantissimi investimenti da parte della Regione, in modo particolare due grandi opere di risanamento, una per il depuratore di Ardea, a proposito del ragionamento del dottor Travaglini sull'inquinamento del mare a ridosso dei Castelli romani e dei Colli Albani.
  Mi risulta che i lavori vadano molto a rilento e vorrei capire se ci siano delle responsabilità: i soldi sono stati stanziati per patti realizzati. L'altra grande opera era sui Castelli tuscolani, Rocca Priora e via dicendo, un'opera, appunto, molto importante: mi pare che anche questa faccia fatica a vedere la luce.
  In secondo luogo, relativamente a Roncigliano, ricordo che proprio un'inchiesta della procura della Repubblica di Velletri affrontava il caso di rifiuti che venivano conferiti in quella discarica, che secondo contratto dovevano essere trasformati in CDR, poi bruciati nel termocombustore di Colleferro; in realtà, questa operazione non veniva mai realizzata e questo portava un presunto guadagno illecito al gestore della scarica di alcune decine di milioni di euro l'anno. Parlo di questa vicenda perché è stata anche oggetto di una mia interrogazione, al tempo, presso la Regione. Se, ovviamente, può essere argomento riferibile in quest'occasione, vorrei sapere se questa vicenda sta andando avanti e se possano esserci degli sviluppi possibili.

  STEFANO VIGNAROLI. Mi associo alle domande dall'onorevole Zaratti e vorrei sapere se siano in corso indagini sulla bonifica del SIN Valle del Sacco (presumo che ne parleremo dopo).
  Sulla vicenda degli inceneritori di Colleferro, ma in generale anche su quella di Albano, richiamata dal collega Zaratti, che nel 2009 è passata alla procura di Roma, mi interessa capire quali siano i rapporti tra la procura di Velletri e quella di Roma. È notizia recente che tutti gli atti del processo dell'inceneritore di Colleferro passeranno a Roma, così rischiando, nuovamente, la prescrizione (credo infatti che siano trascorsi quattro anni).
  Inoltre, vorrei sapere chi effettua i controlli sul CDR e come questi avvengono in generale. Inoltre, prima ha parlato della discarica di Albano e di quella di Colleferro: attualmente, come vengono pretrattati i rifiuti ? C’è una semplice tritovagliatura ? C’è il tal quale ? Qual è la situazione in quel ambito territoriale ?

  PAOLA NUGNES. Per quanto riguarda i depuratori, ha usato un'espressione un po’ colorita: ha detto che solo il Padre Eterno sa che cosa vi viene scaricato. Ciò è possibile, ma la procura può mettere in atto un'indagine per valutare effettivamente ciò ? Le chiedo se questo sia allo studio, poiché credo che non possiamo affidarci al Padre Eterno, purtroppo.
  Per quanto riguarda l'audizione della legislazione precedente, ho letto del problema dei controlli, un aspetto che sollevava anche il mio collega. Effettivamente, mi era sembrato di capire che questi non fossero eseguiti con una certa regolarità: per mancanza di cosa ? È previsto da un protocollo che il controllo avvenga in entrata e in uscita ? Perché, quindi, è manchevole ?

  PRESIDENTE. Magari facciamo rispondere il nostro ospite a questo primo giro Pag. 10di domande. Do la parola al dottor Travaglini per una prima replica.

  GIUSEPPE TRAVAGLINI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. In maniera sintetica, per quanto riguarda i rapporti tra la procura di Velletri e il commissario preposto al SIN Valle del Sacco, so che ci sono stati dei contatti sin dal 2005. Di quest'aspetto si occupò il collega Paoletti, che quindi credo sarebbe in grado di riferire sulla metodologia e sulla tipologia dei contatti che ebbero corso all'epoca.
  Per quanto riguarda le acque di depurazione, sicuramente sono stati fatti dei grossi investimenti. Un'opera ciclopica, ad esempio, è stata quella realizzata dalla regione per creare una barriera che impedisse che i reflui scaricassero direttamente nel lago di Castel Gandolfo, con impianti megagalattici, nel senso che si entra e si circola in macchina in queste condotte. Ci si può chiedere dove vadano a finire le condotte: si è creata anche una cascata, che prima non c'era, ma sostanzialmente gli impianti sono stati realizzati e sono stati fatti tantissimi investimenti. Il problema sono i tempi di realizzazione di queste opere, che essendo molto complesse, presentano un'infinità di problemi connessi alle stesse procedure di gara d'appalto, per cui spesso abbiamo visto ricorsi contro atti di gara che hanno comportato sospensioni, oppure avvicendamenti di dirigenti che hanno comportato, a loro volta, ulteriori ritardi nell'approvazione. Resta fermo che, come dicevo in premessa, a Velletri vediamo queste cose di riflesso, essendo questi tutti atti relativi alle gare d'appalto gestiti negli uffici della Regione, della Provincia o del Ministero. Non possiamo condurre, quindi, indagini su quello che succede in quegli uffici, perché non siamo competenti per territorio; lo siamo, invece, come dicevo, sulla parte relativa al funzionamento.
  Quelli sull'uscita delle acque dei depuratori sono controlli eseguiti in maniera sistematica dall'ufficio preposto, l'ARPA Lazio, che ci relaziona sistematicamente. Il problema dell'ARPA Lazio è legato non solo al numero del personale dedicato, ma al fatto che le analisi vengono eseguite utilizzando sempre certi parametri. Se ci sono 35 parametri legali, non troverete mai alcuni tipi di ricerche se anche venissero qui e ve li producessero, per il semplice motivo che i reagenti per quelle analisi costano un patrimonio e l'ARPA non può comperarli, o meglio, non può utilizzarli per tutte le analisi che sistematicamente esegue. Certi parametri, soprattutto quelli di tipo biologico, sicuramente sono in tempo reale, mentre solo alcuni metalli vengono cercati: altri non vengono neanche cercati, perché l'analisi per quel tipo sarebbe più complessa e più onerosa.
  Dovendo l'ente controllare, solo nel nostro territorio, decine di questi impianti, se non sono finanziati o supportati da disponibilità economiche, è chiaro che il controllo finisce con l'essere verosimilmente biologico, che per noi significa quasi niente. Se infatti è sballato, «stabella» sotto il profilo biologico, penalmente non c’è nessuna responsabilità per i gestori, che sono tutti dell'Acea. Quasi più nessun depuratore è appaltato – salvo qualche piccolissimo comune – a società private, ma questi sono gestiti da una società, o quanto meno mista, che è Acea, con la denominazione ATO 2, che è l'articolazione che si occupa della zona sud della provincia di Roma.
  Per quanto riguarda la situazione delle due discariche di Roncigliano e Colle Fagiolara, quindi, sia Albano sia Colleferro, il rifiuto non arriva più assolutamente sotto forma di tal quale: ad Albano, da tempo, esiste un impianto di riduzione volumetrica; a Colleferro quest'impianto non esisteva; recentemente l'avevano introdotto, ma poi è stato sequestrato perché forse, di fatto, non era autorizzato.
  Adesso i rifiuti percorrono una strada particolare: arrivano a Colleferro, vengono scaricati, vengono ricaricati su altri camion, vanno ad Aprilia – dove vengono trattati – e poi tornano a Colleferro. Ovviamente, questo giro comporta che il ciclo si allunghi ed entri un'altra impresa, con un proprio TMB per il trattamento dei rifiuti; questi sono quindi portati in discarica Pag. 11e regolarmente trattati. Naturalmente, questo incide sul costo di gestione, perché l'area di raccolta da parte dei 30-40 comuni che si servono di quella discarica è la Valle del Sacco, da dove finiscono poi ad Aprilia, da dove con i camion devono tornare di nuovo a Colleferro. Non è così a Roncigliano dove, se non ricordo male, da una decina d'anni hanno già un impianto in grado di ridurre, o quanto meno separare e vagliare, i rifiuti.
  Quanto alla produzione delle ecoballe, ciò costituisce l'oggetto di quella indagine poi trasmessa per competenza a Roma: lì c’è un processo in piedi. Sostanzialmente, queste ecoballe non erano di qualità. L'ipotesi che emerse quando feci la richiesta di misure cautelari – ma credo che sia quella per la quale è stata emessa l'ordinanza dal tribunale di Roma – è che i comuni pagano per avere un servizio con certe caratteristiche, laddove in realtà il prodotto di quel ciclo non le aveva, essendo, quindi, il costo assolutamente ingiustificato, perché alla fine questo rifiuto faceva il giro e tornava indietro.
  Ai termovalorizzatori non accettano ecoballe troppo umide, in quanto queste non raggiungono la potenza calorifera necessaria; per tenere in piedi il termovalorizzatore, infatti, che non si può spegnere, serve un'integrazione con il metano, che è il gestore a pagare. Anche in questo caso il gestore è la Regione Lazio, perché i termovalorizzatori e la discarica di Colleferro sono proprietà di una società che si chiama Lazio Ambiente, al cento per cento riconducibile a proprietà di capitale pubblico. Spero di non avere saltato qualche questione.

  PRESIDENTE. Il collega Vignaroli voleva porre una domanda.

  STEFANO VIGNAROLI. Sui rapporti con la procura di Roma per l'inceneritore di Colleferro e quello di Albano, cosa può dirci ?

  GIUSEPPE TRAVAGLINI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Mi ripeto: per quanto riguarda i rapporti di competenza, tra il 2005 e il 2008 sono state introdotte delle modifiche normative, per cui certi reati che prima erano competenza della procura ordinaria – o reati di nuova istituzione – sono stati attribuiti alla competenza della procura distrettuale. L'elenco completo è nell'articolo 51 – se non sbaglio 3-bis o 3-ter – del codice di procedura penale.
  Questo ha comportato che non è più la procura ordinaria a poter condurre le indagini, che l'udienza preliminare non può più essere celebrata dal Gip ordinario, e che il processo, invece, ovviamente, può essere celebrato presso il tribunale del posto. Questo significa, processualmente parlando, che in tutti questi processi dove era stata celebrata l'udienza preliminare dal Gip di Velletri, è stata sollevata l'eccezione che non dovesse essere lui a far ciò, bensì quello di Roma, per cui è stato mandato tutto a Roma, affinché il Gip di Roma celebrasse l'udienza e poi mandasse tutto a Velletri: per far uscire le carte e farle tornare a Velletri se ne andranno sicuramente un anno o un anno e mezzo, se tutto va bene.

  PRESIDENTE. È interessante capire questo. Quanto impiega mediamente un fascicolo a viaggiare tra una procura e l'altra in questa situazione ?

  GIUSEPPE TRAVAGLINI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. In questa situazione, una volta che il giudice decide il trasferimento del fascicolo da Velletri a Roma, al massimo in una settimana è in grado di arrivare, ma poi bisogna ricelebrare l'udienza e un processo come quello degli inceneritori, che ha una quindicina o una ventina di imputati, quindi una quindicina o una ventina di difensori più una trentina di parti offese, significa che l'ufficio Gip di Roma, quindi il tribunale di Roma, deve notificare a cento persone.
  Statisticamente, ce ne saranno perlomeno due o tre, anche con le metodologie di notifica più moderne, che non riescono Pag. 12alla prima udienza, quindi l'atto va rinotificato; poi va celebrata l'udienza, che potrebbe impegnare un giorno, due o più sedute, a seconda della complessità; a quel punto, se si decide il rinvio a giudizio, vengono trasmessi gli atti al tribunale competente, che è Velletri.
  Fisiologicamente tutto questo ha tempi abbastanza prolungati, anche perché incide sul carico di lavoro del collega di Roma, che deve ricominciare da capo un lavoro che è stato già fatto per intero dal collega di Velletri. Giustamente, però, il collega di Velletri non è il giudice naturale, mentre il principio costituzionale vuole che chiunque sia giudicato dal giudice naturale precostituito. In questo caso, per problemi di interpretazione, si è ritenuto che fosse Velletri, ma adesso l'indirizzo della Cassazione è completamente diverso, quindi si consoliderà la giurisprudenza «pro Roma» e le eccezioni, tempestivamente sollevate dalle difese, coltivate quindi in tutti i momenti in cui ciò doveva essere, sono approdate e hanno trovato il giudice che le ha condivise e tutto si è azzerato.

  PRESIDENTE. Ci sono state portate numerose ipotesi di reato che riguardano situazioni diverse. Credo che ci siano anche situazioni, magari non connesse direttamente con questioni ambientali, come la truffa. Credo che ci siano delle differenze in termini prescrittivi. Lei ha detto che ci sono sette anni e mezzo, mentre sappiamo che per i reati contravvenzionali, almeno quelli collegati ai rifiuti, che non sono 260, gli anni sono quattro.
  Ci sono procedimenti che vanno oltre l'imputazione di un reato squisitamente ambientale, che quindi hanno un periodo prescrittivo maggiore rispetto al reato contravvenzionale ? Se sono tutti sui quattro anni, credo che al 99 per cento siano tutti in prescrizione (quantomeno le vicende degli inceneritori di cui ci siamo occupati come Commissione bicamerale quattro o cinque anni fa): se sono quattro anni, la vicenda è quasi chiusa.

  GIUSEPPE TRAVAGLINI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Presidente, i procedimenti di cui ho fatto traccia, tranne che in quello della Roncigliano, che attiene a periodi più recenti, sono tutti risalenti a fatti-reato contestati per periodi antecedenti al 2010. In questi precedenti tutte le contravvenzioni sono già prescritte. A prescriversi in sette anni e mezzo sono i capi di imputazione di natura delittuosa. Non per essere polemico, essendo tutte le contestazioni per reati dei cosiddetti colletti bianchi, queste si prescrivono tutte in sette anni e mezzo. Si è modificato ciò due anni fa. Anche la corruzione, che forse in questi casi è il reato più grave e che finisce con l'essere contestato, si prescriveva in sette anni e mezzo come massima, e in sei come minima. Poi, può esserci un'ipotesi di falso, ma salvo che siano atti pubblici...

  FILIBERTO ZARATTI. C’è anche il reato associativo in molti di questi !

  GIUSEPPE TRAVAGLINI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Parliamo, però, sempre di associazione ordinaria, non di associazione mafiosa. Il termine ordinario di prescrizione, per la semplice associazione, è sette anni e mezzo al massimo. Si differenzia, quindi, solo la posizione dei capi promotori e organizzatori, in alcuni casi figure identificabili. In ogni caso, l'associazione è sempre un reato un po’ fuggente: salvo riuscire a dimostrare un organigramma ben solido, siccome è difficile distinguere l'associazione dal semplice concorso, non è facilissimo che queste imputazioni di associazione si consolidino e reggano in tutti i gradi di giudizio. Se si contesta solo l'associazione semplice, sono sempre sei anni di minima e sette anni e mezzo di massima. Se le modifiche...

  PRESIDENTE. Vorrei chiederle un'ultima cosa, poi mi sostituirà il collega perché devo rispondere a un question time. Parlava di questo rapporto con l'ARPA Lazio, che sappiamo sottodimensionata rispetto alle problematiche esistenti. Pag. 13Al di là di questi aspetti, come ufficiali di polizia giudiziaria, li avete utilizzati o non lo avete fatto ?

  GIUSEPPE TRAVAGLINI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Abbiamo anche arrestato qualcuno, ma li abbiamo utilizzati perché, per quello che riguarda l'aspetto tecnico, chimico, biologico, effettivamente, solo loro hanno gli strumenti necessari. Tra gli altri Corpi di polizia, un po’ sono in grado di fare fronte a questo tipo di esigenze i laboratori del Corpo forestale dello Stato, un po’ anche la Capitaneria di porto, con strutture che però non sono così sofisticate come quelle che ha – o che dovrebbe avere – l'ARPA (tendenzialmente le cognizioni tecniche sono quelle del personale ARPA).
  In tutte queste indagini in cui sono state svolte analisi sulla tipizzazione dei rifiuti e degli scarichi, ho sempre fatto ricorso e utilizzato i dati dell'ARPA Lazio, a prescindere dal fatto che abbiamo dovuto arrestarne uno o due. Avviene in tutte le amministrazioni. Per definizione nessuna amministrazione è al di sopra di ogni sospetto.

  PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio video.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta)

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audio video.

  (La Commissione prosegue in seduta pubblica)

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE STEFANO VIGNAROLI

  PRESIDENTE. Ha parlato di Lazio Ambiente, che prima era il consorzio Gaia: come sono ripartite oggi le quote della Mobilservice Srl e della EP Sistemi Spa ?

  GIUSEPPE TRAVAGLINI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Non vorrei sbagliare, ma tutto è conferito in Lazio Ambiente. Dopo la gestione commissariale dovrebbe essere tutto proprietà di Lazio Ambiente, a sua volta al cento per cento regionale. Le due società erano consorziate di Gaia e quando c’è stato il fallimento – venne un commissario governativo anche per Gaia – la gestione commissariale è durata quattro cinque anni; poi è stato tutto assorbito da Lazio Ambiente, quest'ultima creata ad hoc per recuperare i due termovalorizzatori e l'impianto di Colle Fagiolara dalla gestione commissariale (mi sfugge, però, il dettaglio sulla composizione sociale).

  PRESIDENTE. Forse c'era una domanda del presidente Bratti su cava Lazzaria.

  GIUSEPPE TRAVAGLINI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Lazzaria è una contrada di Velletri, una zona pianeggiante prospiciente, quasi frontaliera al carcere di Velletri; lì c’è una cava di grandissime dimensioni di materiale da cantiere, ma che si è sostanzialmente esaurita. Una società costituita poco tempo prima, l'anno scorso, ha presentato un progetto per la realizzazione di un impianto per la trattazione dei rifiuti e un invaso, a occhio e croce, di un milione di metri cubi. Nel progetto presentato, sia alla Regione, sia al comune, veniva indicata una serie infinita di tipologie, di codici CER. Si trattava di un impianto che poteva recuperare un milione di metri cubi di qualunque cosa, quindi, non dedicato esclusivamente a rifiuti urbani, ma a una grandissima tipologia di rifiuti industriali.
  Questo ha portato, anche in questo caso, a esposti e denunce e l'area è attualmente sotto sequestro. Sono stati eseguiti controlli, sia dal Corpo forestale dello Stato, sia dalla Guardia di finanza: nello strato sottostante il calpestio della discarica sono stati rinvenuti dei rifiuti interrati di varia tipologia e geolocalizzati. Tuttavia, se non si consolida il terreno non è possibile operare, perché quella è una zona paludosa e non si può lavorare in Pag. 14sicurezza per i lavori di estrazione. Se il tempo lo consentirà, prima dell'estate cercheremo di far fare l'estrazione del materiale sottostante, o quanto meno di campionarlo, e vedere di che cosa si tratta.

  FRANCESCO SCALIA. È una discarica situata in una zona paludosa ?

  GIUSEPPE TRAVAGLINI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Quella erano tutte paludi. Furono bonificate dai figli di Garibaldi, che le donarono dopo l'Unità d'Italia, ma la zona è paludosa. È un blocco di materiale tufaceo, ma inserito in una zona paludosa, quindi le vene di acqua ci sono. Scavando il suolo e andando sempre più sotto, si è arrivati a una quota abbastanza profonda, tanto da considerare esaurita la cava.
  Prima che si realizzasse l'opera, che se non sbaglio è stata anche bloccata perché è stato respinto il progetto, è emerso che nella parte sottostante qualcuno aveva scavato ulteriormente, avendo buttato qualcosa per poi tombare tutto e ricoprire. Qualcosa è riaffiorato, ma dobbiamo capire di che cosa si tratta, da quanto tempo è lì e le dimensioni del materiale. Per buona parte sono usciti fuori rifiuti ospedalieri.

  PRESIDENTE. La ringraziamo. Adesso ascolteremo il dottor Paletti. Se lo desidera può rimanere; se invece deve andare, la saluterei adesso.

  GIUSEPPE TRAVAGLINI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Vi ringrazio e mi scuso per l'imprecisione di alcuni dati.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri, Luigi Paoletti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri, dottor Luigi Paoletti, che ringrazio per la presenza. L'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento territoriale che la Commissione sta conducendo sulla regione Lazio (relatori: senatrice Puppato e senatrice Nugnes).
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno e consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitandolo comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Do quindi la parola al dottor Paoletti, per l'illustrazione della sua relazione, al cui termine potranno seguire eventuali domande o richieste di chiarimento da parte dei commissari.

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. La ringrazio presidente. Mi concentrerò sulle problematiche relative alla Valle del Sacco, anche immagino che il mio collega, il dottor Travaglini, vi abbia già illustrato in generale le varie criticità che in questi ultimi anni sono state affrontate, anche, purtroppo, a livello giudiziario penale. Ovviamente, se ci saranno quesiti particolari, ben vengano.
  Il problema dell'inquinamento del bacino della Valle del fiume Sacco è emerso nella sua dirompenza circa una decina di anni fa, tra la fine del 2004 e l'inizio del 2005, quasi casualmente potremmo dire, a seguito di un monitoraggio di routine, in modo particolare sui prodotti degli allevamenti delle varie aziende agricole che insistono nella Valle del Sacco, soprattutto aziende produttrici di latte, quindi con allevamenti bovini e ovini. È emersa, come dicevo, da alcune analisi, a fine 2004, nel latte che veniva conferito da alcune aziende agricole insistenti nel territorio, la presenza di una sostanza, esattamente il beta-esaclorocicloesano, sicuramente tossica per la salute umana, come poi è emerso anche da studi e ricerche epidemiologiche eseguite.Pag. 15
  Questa sostanza è un derivato della lavorazione del lindano, un pesticida prodotto fin dagli anni Cinquanta e utilizzato in campo agricolo fino agli anni Ottanta, che veniva prodotto da alcune industrie chimiche insediate nel comprensorio industriale di Colleferro. In particolare, è emerso, per quanto attiene anche alla vicenda giudiziaria adesso in fase dibattimentale – siamo innanzi al tribunale di Velletri in primo grado – che tale pesticida veniva prodotto dalla Caffaro, appunto insediata nell'area industriale di Colleferro.
  Si è potuto accertare che tale derivato dalla lavorazione di questo pesticida era penetrato nelle falde acquifere ed era arrivato fino a dei collettori interrati delle cosiddette acque bianche, cioè di raccolta delle prime piogge. Da questi collettori, poi, esso confluiva in un fosso cupo e da qui al fiume Sacco. Questo, in estrema sintesi, era il percorso di questa sostanza.
  Ovviamente, il grosso problema di natura ambientale è che, una volta che questa sostanza era stata sversata nelle acque del fiume Sacco, siccome tali acque venivano attinte per l'irrigazione dei campi, per l'abbeveraggio degli animali, ovviamente era una fonte di contaminazione primaria soprattutto per gli allevamenti della zona, ma anche per i prodotti agricoli che lì venivano coltivati. Da qui è arrivata la presenza di questa sostanza nel latte degli animali. Questa è la genesi della vicenda.
  È chiaro che la problematica di questo inquinamento è anche interiore agli anni 2004-2005 di cui ho parlato, anche perché la produzione di questo pesticida si era interrotta. Era infatti subentrata la legislazione in materia, con vincoli normativi, quindi, già ormai da un decennio, non vi era una produzione in corso di questo pesticida. Il problema era costituito da tutti i residui di queste lavorazioni non smaltiti, o smaltiti in maniera non corretta. In modo particolare in quell'area, due siti, cosiddetti ARPA 1 e ARPA 2, sono stati anche sottoposti a sequestro (tra l'altro, si è anche scoperto l'interramento di fusti contenenti sostanze tossiche e nocive). È questa una problematica che risale anche agli anni antecedenti, ma che è esplosa, appunto, negli anni che vi ho menzionato, 2004 e 2005. Fino a quel momento questi residui non si erano ancora infiltrati nei corsi d'acqua. Prima che ai corsi fluviali, mi riferisco alle tubature, cioè ai collettori interrati di cui è disseminata l'area nel sottosuolo.

  PRESIDENTE. Mi scusi, ma l'inquinamento di cui ci sta dicendo, che arriva fino al fiume Sacco, deriva da questi fusti interrati o c'era anche un altro sistema di sversamento diretto senza passare per i fusti ?

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Probabilmente, proveniva da questi fusti, che con il tempo si sono rotti, quindi nel sottosuolo e nel suolo circostante sono state immesse queste sostanze tossiche e nocive. Forse c'erano altri metodi di smaltimento, evidentemente non legali, in relazione ai quali non è stato facile accertare...

  PRESIDENTE. I fusti sono lì...

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Sono lì e purtroppo non si è riusciti ad accertare con assoluta certezza altre fonti inquinanti. Peraltro, si verificava, come è stato constatato anche da alcune testimonianze di operai all'epoca addetti presso questi stabilimenti industriali, che a volte i residui di queste lavorazioni venivano tranquillamente buttati nel suolo senza alcuna forma di cautela, precauzione o misura di sicurezza, mentre altre volte venivano addirittura immessi direttamente nelle tubature sotterranee, che dovevano poi confluire, come ho già detto, in questo fosso cupo, dove a rigore si sarebbe dovuto installare un impianto, se non di depurazione quanto meno di decantazione, allo scopo di evitare Pag. 16che eventuali sostanze nocive provenienti dal sottosuolo del comprensorio industriale venissero immesse nelle acque. Anche su questo, però, purtroppo si è rivelata una notevole carenza da parte di chi deve essere preposto a queste attività.
  Per quanto riguarda, quindi, la vicenda della Valle del Sacco, da quella data è partito un attento monitoraggio della zona, anche attraverso gli organismi istituzionali a ciò preposti. Parlo dell'azienda regionale ARPA Lazio in modo particolare e di una serie di analisi periodiche che hanno verificato l'andamento dell'inquinamento ambientale, che è perdurato con livelli anche particolarmente allarmanti per un bel periodo di tempo, diversi anni.
  Attualmente, la situazione si è ridimensionata. Ovviamente, ci sono stati anche interventi volti a «chiudere un po’ il rubinetto» che...

  PRESIDENTE. I fusti sono stati rimossi o sono ancora lì ?

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. I fusti, almeno quelli rinvenuti, sono stati rimossi o quanto meno erano in corso di rimozione.

  PRESIDENTE. Quando ?

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Nel corso di quest'attività d'indagine, durante la quale sapete che era stato anche istituito un ufficio commissariale, che doveva occuparsi in modo particolare di quest'emergenza ambientale nella Valle del Sacco, sono state assunte delle iniziative sotto il profilo strettamente amministrativo da parte dell'ufficio commissariale sotto una «supervisione» della procura di Velletri. È stata avviata, quindi, un'attività di bonifica, in modo particolare del sito denominato ARPA 1 e una messa in sicurezza del sito ARPA 2.

  PAOLA NUGNES. Per avviato intende anche concluso ?

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. L'ufficio commissariale ha concluso il suo operato e credo che sia stato disciolto, francamente non so da quanto tempo (per la parte conclusa, questa non è ancora stata portata definitivamente a compimento).

  PRESIDENTE. In proporzione, quanto è stato fatto rispetto a quello che era stato previsto ?

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Possiamo dare delle indicazioni approssimative, ma non abbiamo numeri certi e precisi. Oltretutto, ho personalmente seguìto la vicenda fino alla fase del passaggio dall'indagine preliminare alla fase dibattimentale. Ha avuto dei contatti anche il dottor Travaglini (non so se ve ne ha parlato nel corso della precedente audizione).
  Possiamo dire che fino a quella fase, cioè fino al momento in cui si sono chiuse le indagini preliminari e vi è stato l'esercizio dell'azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di taluni soggetti, il processo di «bonifica» o di messa in sicurezza non raggiungeva, forse, il 50 per cento di quello che comunque si doveva fare.

  PRESIDENTE. Quali sono i soggetti rinviati a giudizio ?

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Per i soggetti rinviati a giudizio non ci sono problemi di segreto istruttorio, perché ormai siamo in una fase dibattimentale e gli atti sono pubblici. Purtroppo, adesso un soggetto è deceduto ed era il veterinario ufficiale dell'ASL Roma B presso lo stabilimento della Centrale del latte di Roma. È attualmente a giudizio il direttore dell'epoca dello stabilimento della Centrale del latte di Roma; è a giudizio il direttore dell'epoca dello stabilimento della Caffaro Srl di Colleferro, nonché altri due soggetti, il legale rappresentante, Pag. 17il responsabile tecnico di un consorzio di Colleferro con riferimento al comprensorio industriale della zona e il titolare dello scarico finale del collettore delle cosiddette acque bianche.
  A questi soggetti sono imputate, a vario titolo, delle omissioni in ordine alla mancata predisposizione o alla mancata attuazione dei sistemi di controllo e autocontrollo, previsti anche normativamente, nonché per omissioni in ordine alla mancata osservanza delle normative in materia ambientale, di predisposizione delle misure di sicurezza e così via.
  Abbiamo parlato principalmente dell'esaclorocicloesano, che da studi epidemiologici effettuati può avere effetti molto gravi anche sulla salute umana a livello del sistema nervoso, riproduttivo e così via, ma vi era la presenza anche di altre sostanze, minerali pesanti di varia natura, come arsenico, piombo, mercurio, cadmio, rame, zinco, di cui è stata riscontrata la presenza in valori superiori a quelli normativamente previsti. Anche la presenza di questi minerali è estremamente pericolosa per la salute umana. Se ci sono delle domande...

  PRESIDENTE. Sono indagati degli amministratori o addirittura l'ARPA per mancati controlli ? Qual è l'attuale situazione dei controlli sulle acque, cioè sulle falde ? Quali gli ultimi dati aggiornati ?

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Gli ultimi dati aggiornati hanno finalmente rilevato la presenza di sostanze potenzialmente pericolose inferiori ai limiti vigenti. Al momento, si può dire che la situazione, almeno da quello che viene riferito dagli organismi competenti, è sotto controllo, cioè è rientrata nella normalità.
  È chiaro, però, che deve esservi la necessità di un monitoraggio assiduo e costante. Atteso che, purtroppo, la situazione di quel territorio è abbastanza disastrata sotto il profilo ambientale, proprio anche in virtù delle produzioni industriali che vi venivano svolte senza controlli forse fino a qualche tempo fa, potrebbe nuovamente esplodere. Al momento, gli organismi competenti, principalmente l'ARPA Lazio, hanno disposizioni molto precise per effettuare controlli periodici, costanti e assidui, non occasionali o solo sollecitati da qualche autorità.
  Possiamo dire, quindi, che nella situazione attuale si è comunque rientrati nella normalità, ma il caso è e deve essere sempre oggetto di particolare attenzione. Non avevo precisato che nell'ambito di questo procedimento è stato contestato il disastro ambientale colposo, un delitto che, ovviamente, ha dei presupposti particolari, che sono quelli di un pregiudizio a livello ambientale particolarmente esteso e anche particolarmente pregiudizievole, soprattutto per l'incolumità e la salute pubblica.
  Non posso dire altro, perché sono tuttora in corso attività da parte dell'autorità giudiziaria, su cui non posso soffermarmi, ma che investono sempre quel territorio allo scopo anche di verificare se, al di là delle responsabilità finora emerse, se ne possano individuare anche altre. È ovvio che il riferimento anche agli enti locali territoriali è immediato. Si stanno al momento valutando anche questi aspetti.

  PAOLA NUGNES. Mi perdoni, ma la situazione non è chiarissima e quindi vorrei capire meglio. Innanzitutto, in che anno è cessata l'attività produttiva in quella zona ? Inoltre, vorrei avere maggiore chiarezza sui due procedimenti che sono stati avviati, cioè quello risalente ai fatti del 1987, che ci è stato detto essere finito in prescrizione, e quello attuale, del 2005, che se non sbaglio comunque già sconta termini di prescrizioni. Ci era stato detto, però, che era un procedimento di rivalsa in danno, quindi per i lavori effettuati: c’è un altro procedimento in corso ? Lei parlava di disastro ambientale, quindi non solo per rivalsa in danno, ma anche per disastro ambientale: i soggetti imputati sono gli stessi ? Quelli della prescrizione del 1992-1993, infatti, non saranno più gli stessi.

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Per quanto Pag. 18riguarda la cessazione della produzione industriale, nello specifico, la produzione di quel prodotto, cioè di quel pesticida, il cosiddetto lindano, era cessata già a fine anni Ottanta.

  PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, ma è solo per chiarire. Relativamente alla presenza di diverse fonti di inquinamento, il processo in corso riguarda l'esaclorocicloesano proprio in quanto talmente specifico da essere facilmente riconducibile a quel tipo di attività ?

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Esatto.

  PRESIDENTE. Gli inquinanti, però, sono diversi !

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Gli inquinanti sono diversi. È chiaro che questo tipo di sostanza in particolare, il beta-esaclorocicloesano, era proprio relativa alla produzione industriale di quel prodotto chimico. Ripeto: quella lavorazione è cessata già forse da quindici anni, quando è emerso il problema, ma i residui, mai smaltiti nelle forme corrette, purtroppo erano ancora presenti nel territorio, nel suolo, nel sottosuolo e, come poi abbiamo visto, anche nelle acque.
  La Caffaro in modo particolare, cioè lo stabilimento industriale che produceva quel prodotto – questo pesticida – di cui abbiamo parlato, che utilizzava questa sostanza, nel momento in cui si è intervenuti era comunque ancora attiva. Anche se non produceva più il lindano, l'attività produttiva era ancora in corso. Oltre i prodotti chimici, principalmente erano prodotti per l'agricoltura e questo prodotto veniva utilizzato – possiamo dire purtroppo – proprio in agricoltura.
  Successivamente, la società Caffaro, che tra l'altro ha avuto anche problematiche di natura economica e quindi credo che attualmente sia in amministrazione controllata, se non sbaglio...

  PRESIDENTE. Il principio dovrebbe essere che chi inquina paga: in questo caso, chi pagherà ?

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. È chiaro: lì è aperto un procedimento anche di natura fallimentare, tuttora in corso, nel cui ambito rientriamo. Ovviamente, nell'ambito di quelle procedure qualcuno dovrebbe pagare, ma...

  PAOLA NUGNES. Mi scusi, ci siamo un attimo persi: com’è stato possibile riaprire il procedimento ? Ci sono stati altri capi di imputazione, naturalmente ? Lo smaltimento della Caffaro era tutto di tipo irregolare ? Doveva esserci, come giustamente veniva richiamato, anche qualche responsabilità amministrativa nella parte di controllo, non soltanto nelle parti dirigenziale e dell'autocontrollo. Se questa fabbrica produceva in via del tutto regolare e poi smaltiva in maniera del tutto irregolare, c’è stato un anello mancante nel controllo e anche nelle autorizzazioni di smaltimento !

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Certo ! Partendo da quest'ultima domanda, come accennavo, al di là dei profili di responsabilità individuati in capo ai singoli responsabili e ai direttori degli stabilimenti industriali, vi è stata sicuramente una carenza di controllo e un mancato esercizio dei poteri di controllo da parte di qualche autorità che doveva vigilare. Su quest'aspetto, come accennavo, non posso approfondire più di tanto perché sono tuttora in corso degli accertamenti...

  PRESIDENTE. Se vuole possiamo passare in segreta, o preferisce, visto che sono attività di indagine, non parlarne ?

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. C’è il segreto istruttorio. Se fossimo già in una fase dibattimentale, nulla quaestio, ma siamo in una fase di indagini Pag. 19non ancora concluse, quindi sono vincolato a un segreto istruttorio. Posso confermare, però, che siccome i profili di responsabilità ci sono o possono esserci stati a vari livelli, anche di autorità amministrative...

  PRESIDENTE. Locali ?

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Locali ! Adesso stiamo parlando sinceramente di autorità amministrative locali. È chiaro che quello è un aspetto in corso di approfondimento. Ovviamente, ricollegandomi anche all'altra domanda, i fatti tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Ottanta riguardano soggetti diversi dagli attuali e fatti parzialmente diversi. All'epoca, il problema non verteva sull'esaclorocicloesano, la cui problematica relativa è emersa successivamente, ma riguardava, anche in quel caso – è un problema di vecchia data – uno smaltimento illecito di rifiuti attraverso forme non autorizzate, chiaramente illegali, cioè discariche create al di fuori di ogni previsione e di ogni controllo. Poi, purtroppo, è finita come sappiamo, con la prescrizione.
  Possiamo dire che ci siamo avviati forse verso la stessa conclusione. Mi auguro di no, ovviamente, anche perché il disastro colposo ambientale prevede dei termini di prescrizione un po’ più lunghi rispetto a quelli di altri reati contravvenzionali in materia ambientale. È chiaro, però, che sono fatti comunque risalenti al 2005-2006 e siamo già arrivati al 2015, per cui l'esito è incerto.

  PAOLA NUGNES. Mi perdoni l'ingenuità, ma quando i fatti sono così evidenti, non è una questione di evidenza di reato, non dovrebbero essere più veloci i tempi dei processi ?

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Certo, bella domanda !

  PRESIDENTE. Lo abbiamo visto anche con gli inceneritori di Colleferro e Albano: quello di Colleferro è recente, ma se dopo diversi anni si fa un passaggio alla procura di Roma, questo porta inevitabilmente alla prescrizione. Com’è questo rapporto tra voi e la procura di Roma ?

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. A volte il problema di questa dilatazione dei tempi per questioni processuali, possiamo dire non sostanziali ma processuali, è frustrante anche per chi svolge un'attività di indagine. Non parlo solo, in questo caso, dell'autorità giudiziaria, ma anche di chi nell'ambito di questo processo ha collaborato, ad esempio, come il Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Roma, che era la polizia giudiziaria delegata per quest'attività, come lo era il NAS dei Carabinieri di Roma. Ovviamente, sono stati investiti anche altri organi, come l'ARPA Lazio, sono stati fatti degli studi tramite l'Università «Tor Sapienza» di Roma per lo studio del sottosuolo di questo comprensorio industriale. Si sono utilizzati anche strumenti abbastanza sofisticati, come georadar e simili. Questa mole di attività, che comunque ha portato a far emergere delle responsabilità, ovviamente a parere della procura, poi ci sarà sempre un giudice che dovrà deliberare in proposito...

  PAOLA NUGNES. La responsabilità è della procura, ci sarà un giudice che dovrà pronunciarsi ? Cosa è emerso ?

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. La procura della Repubblica ha ritenuto che, in ordine a questa vicenda, ci fossero delle responsabilità da riconoscere in sede giudiziaria. C’è un processo in corso, quindi la decisione; la sentenza dovrà essere emessa da un giudice e potrà essere di condanna o assolutoria. Su questo non posso sbilanciarmi, anche se dal Pag. 20punto di vista della procura della pubblica accusa credo che gli elementi siano abbastanza solidi. Ripeto: c’è un processo apposta per questo, dove le difese devono far valere le loro ragioni.

  PRESIDENTE. Deciderà il giudice.

  LUIGI PAOLETTI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Velletri. Deciderà il giudice.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Eventualmente, ci riserviamo di ricontattarla per ulteriori approfondimenti. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.